Wrath

«Fear is the path to the dark side. Fear leads to anger. Anger leads to hate. Hate leads to suffering»

James vide il colpo arrivare e riuscì ad evitarlo rotolando di lato: una volta si sarebbe potuto far fregare, due sarebbe stato da allocco. “Gran bel discorso, complimenti...” mormorò con il fiato corto, Raul era decisamente un avversario più interessante dei due pupazzi gonfiabili con una vaga volontà. “Peccato che non sia sorpreso, sai?”. Con le spalle si appoggiò al muro sorridendo stancamente, il sudore che gli rigava la fronte. Alle sue spalle il gigantesco androide si animò, il processo di iniziazione era terminato giusto in tempo. Il piano originale sarebbe dovuto essere tutt'altra cosa ma poco importava: ora le maschere stavano cadendo, l'importante sarebbe stato rimanere vivi e trovare una via di fuga. Prima che Raul potesse fare una qualsiasi cosa, Kregan fece scattare la macchina contro Raul mentre con un balzo raggiunse Ryuga afferrandolo per il collo. Le tenebre iniziarono a fluire fuori dal suo corpo penetrando dentro quello dell'eroe come un liquame insondabile agli occhi. Ryuga iniziò a scuotersi forsennatamente mentre la materia oscura iniziava ad entrare dentro di lui. Pochi secondi dopo cadde a terra rialzandosi come una marionetta mossa maldestramente, alle sue spalle un Kregan con un largo sorriso. Ryuga non aveva più veri e propri occhi ma solamente fossi neri dal quale uscivano fumi scuri che non facevano che dargli un'aria decisamente sinistra. “Combattere con un nemico richiede coraggio, combattere contro un amico invece deve richiedere la volontà più ferrea” commentò andandosi a sedere mentre l'apprendista eroe schivava i raggi emessi dal robot. “Vediamo quanto ci vuole prima che tu riesca a spezzarti, Raul”. Persino il migliore della Yuuei non sarebbe riuscito a reggere a lungo contro due avversari contemporaneamente del genere, specialmente la macchina di Stark. Le tenebre fecero barriera a Kregan difendendolo da ogni possibile colpo, seppur vagante, fosse partito: quello era il potere dell'oscurità. “Dev'essere un momento difficile, vero? Non puoi andarci troppo pesante con Ryuga perché sai essere lui in carne ed ossa, non puoi andarci troppo pesante con la bestia di metallo perché altrimenti il tuo amico ti potrebbe seccare sul posto e non puoi concentrarti su di me: dev'essere decisamente fastidioso, vero?”. Il fronte dello scontro non volgeva per il meglio, i colpi martellanti dei due non facevano che tempestare Raul che doveva continuamente fare attenzione al non essere colpito. Non passò troppo prima che venisse messo spalle al muro: “Sei un eroe coraggioso, Raul. Spero che si ricordino di te...”. La bocca del gigante d'acciaio fece per aprirsi e vomitare l'ultimo raggio sul ragazzo quando si udì uno schiocco di dita. Una fiammata proruppe colpendo alle spalle l'aggressore dell'apprendista e distraendo Ryuga. “Perché ogni qualvolta ci siano problemi, ci sei sempre te di mezzo, Raul?” commentò alzando un sopracciglio l'Inglese. Andò a sbattere la mano contro il muro ed immediatamente un pugno alchemico allontanò i due dal compagno che riuscì a riottenere un minimo di respiro. “Io mi occupo del Gigante di Ferro, tu vai a friggere il culo dell'altro” gridò prima di andare a liberare la strada all'amico. Erano solo più Raul contro Ryuga e Kregan nascosto nel buio, il cuore che batteva dall'emozione. Dopo tanto tempo si sentiva finalmente “vivo”. Il posseduto si scagliò con tutta la propria forza contro Raul cercando di colpirlo con ogni tecnica potesse: come affrontare un duello del genere? Non parlavamo più di manichini, questa era una persona in carne ed ossa nonché amico. In tutto questo, il corpo svenuto di Bruce giaceva contro un muro poco distante dal teatro della battaglia.

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“Cosa vuoi che ti dica, Hans... Ho una particolare empatia con i fanatici esagitati a quanto pare!”. L’inglese ridacchiò e si scagliò contro il Gigante di Ferro. Tramite il proprio quirk non risultò troppo complesso gestirlo, non era stato evidentemente programmato per affrontare determinati quirk estranei al classici legati agli elementi naturali. Probabilmente Stark l’aveva tarato solamente su quelli più comuni non prevedendo uno scontro a breve, non con degli studenti dentro il proprio stesso ufficio. Sarebbe bastato poco alla macchina, comunque, per attivare la propria intelligenza artificiale ed analizzare il biondo. Praticamente un gioco da finire il prima possibile per evitare di diventare una frittata di alchimista. Se solo fosse riuscito ad arrivare alla console per disattivarlo! Nel frattempo Kregan ridacchiava guardando i due affrontare i loro due avversari: una macchina incapace di provare stanchezza ed un manichino incapace di sentire dolore. Guardò allegramente Raul perdere la pazienza, quasi godette nel vederlo degenerare al punto da diventare egli stesso “il mostro”. “Hans, questo ufficio sta per diventare la "Piana dei Lampi". Proteggi Bruce e te stesso, con la tua alchimia dovresti farcela!” disse l’eroe facendo alzare un sopracciglio al ragazzo che senza nemmeno aprire bocca andò in scivolata sotto le gambe di Golia per arrivare al corpo svenuto di Bruce. Le mani, nel frattempo, toccarono terra generando al contatto una cupola intorno ai due sufficiente ad evitargli di diventare frittura umana. “Usa tuono, Tidus! Fagli diventare il culo un parafulmine!” gridò preparandosi all’impatto della tecnica. Se avesse ricalcato la citazione fatta, sarebbe stata una tempesta di fulmini degna d’essere chiamata tale. Hans sentii lo schiocco delle mani e poi l’ira scatenarsi sopra le loro teste. Una tempesta vera e propria avrebbe imperversato distruggendo l’ufficio: fuoco, fiamme, il robot totalmente fuori controllo ed in balia ad un sovraccarico, la barriera di Kregan che faticava ad annullare colpo per colpo l’offensiva di Garrett e la piccola cupola dell’Inglese che iniziò a creparsi lentamente fulime dopo fulmine. Fortuna volle che la tempesta terminasse poco prima che crollasse sulle loro teste. Lo spettacolo era devastante: sembrava veramente che una delle evocazioni di un Final Fantasy si fosse scatenata in quell’ufficio. “Raul, stai bene?” chiese l’Inglese strisciando fuori dalle macerie. Kregan fece svanire il proprio scudo e puntò i due: “Cosa farò? Niente più di quanto tu non abbia già fatto, Raul…”. La sua voce era tranquilla, sarcastica e nessuno dei due sarebbe riuscito a comprendere il perché. Alle loro spalle giaceva anche il corpo di Ryuga, bruciacchiato dalla tempesta. C’era solamente da sperare che avesse subito meno danni possibili, già il solo cuore sarebbe potuto essere stato compresso con una sola delle scariche. “Vedi, io e te non siamo diversi: cosa ti rende migliore di me? Perché combatti in nome della pace, del benessere e del giusto? Eppure hai lasciato che un tuo amico venisse trucidato da una tua stessa tecnica, ti sei lanciato a colpire un presunto innocente in base a delle supposizioni ed ora stai ribollendo di rabbia. La realtà è che combatti per una menzogna, per qualcosa che nemmeno tu comprendi veramente: se ciò che ritenessi giusto, un giorno, dovesse frapporsi contro una qualche direttiva dei tuoi padroni, cosa faresti? Tutto grazie ad una legge! Una legge che ci tiene rintanati come topi di fogna! Una legge che soffoca la nostra vera natura! Una legge che costringe a vivere nella paura, a farsi piccoli per non rischiare di essere scoperti e puniti per ciò che siamo! Ti chiedo, Raul Garrett, lo chiedo anche a te, Hans Hawking… questa legge chi protegge? Noi? O loro che ci usano come cani ammaestrati? Mi rifiuto di inchinarmi oltre…” disse il ragazzo aprendo le braccia, quasi stesso arringando una folla. Senza che avessero nemmeno tempo di vederlo, come un cannone sparò un raggio della stessa sostanza nera che sgorgava dal ragazzo verso Raul. Hans si lanciò davanti al compagno attivando il processo alchemico sul raggio tentando di trasmutarlo frammento per frammento. Kregan, nel frattempo, avrebbe tentato la fuga facendo esplodere la parete alle proprie spalle che dava verso l’esterno della Yuuei. “Io qua posso cavarmela, tu occupati di lui!” gridò l’inglese piantando i tacchi degli stivali il più possibile a terra. A Raul la scelta: seguire Kregan o aiutare l’amico? Inseguendo il nemico avrebbe avuto la possibilità di catturarlo come di rimanere a mani vuote, non aveva idea se qualcuno potesse essere in sua attesa o meno. Aiutando Hans sicuramente gli avrebbe evitato una seconda gita all’infermeria ma avrebbe perso quella, seppur flebile possibilità, di catturare Kregan. L’onere della caccia ricadeva, per l’ennesima volta, sul capo di Raul.

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I due riuscirono a fermare la tecnica di Kregan prima che potesse sopraffarli. “Giocare da boy scout non ti aiuterà in eterno: sei consapevole di ciò, vero?” borbottò l’Inglese sistemandosi i capelli, le gambe alla ricerca di una anche precaria stabilità. Per quanto annullato, lo sforzo fisico per i due sarebbe rimasto impresso per un bel po’. “E cosa staresti insinuando, Garret? La mia relazione con l’infermeria è puramente platonica!” aggiunse con un sorrisetto complice, passi infermi verso i loro due compagni di sventure. Raul sarebbe scattato a chiamare Tsunade mentre Hans, con ciò che aveva, avrebbe tentato di prestare un primo soccorso di fortuna. Quando la professoressa arrivò, praticamente sfondando quel poco che restava dell’ufficio di Stark, dovette strabuzzare gli occhi davanti alla scena che le si presentò. “Non sono messi bene…” mormorò il ragazzo al loro capezzale, il viso cupo e gli occhi freddi. Nelle ore successive, Tsunade ed il suo gruppo di medici, avrebbero dato del loro meglio per sistemare quei due ragazzi rimasti invischiati in qualcosa più grande di loro. Tanto quanto Bruce, semplicemente tramortito al punto da lasciarlo praticamente in coma, il problema fu Ryuga. Nemmeno Tsunade riuscì a comprendere la natura del quirk che l’aveva colpito ed i registri di Stein indicavano un quirk completamente diverso: Kregan era riuscito ad ingannare la Yuuei con una facilità incredibile. Persino l’Inglese venne interpellato per l’operazione dello studente posseduto. I fulmini di Raul causarono, paradossalmente, i danni minori: il problema risultò essere quel, seppur breve, periodo a contatto con la sostanza oscura a loro ignota. Le tenebre avevano come bruciato parti degli organi interni danneggiandoli gravemente, fortuna volle che ci fossero delle disponibilità per dei trapianti d’urgenza. Ciò che fu irreparabile, invece, fu la vista del ragazzo: gli occhi risultavano come completamente rovinati. Il massimo che Ryuga avrebbe mai potuto rivedere sarebbero state vaghi puntini sbiaditi in un mare di oscurità. James Kregan era riuscito, in qualche modo, a punire entrambi i ragazzi gettandoli nel suo mondo privo di luce, un profondo pozzo dal quale sperare di rivedere una stella cadente. Bruce tornò dalla riabilitazione dopo relativamente poco tempo, Ryuga invece dovette rimanere per imparare come adattarsi alla sua nuova condizione da non vedente. Qualche giorno dopo, in quello che fu l’ufficio raso al suolo, Hans e Raul cercarono qualche traccia per trovare una pista da seguire: la caccia a Kregan era iniziata.

-Da qualche parte a Tokyo, 22:00
“Buonasera, James”. Il ragazzo entrò sedendosi comodamente sulla poltroncina di morbida pelle nera. “L’ho fatto, sa?” disse, la maschera che finalmente cadeva rivelando il volto di un ragazzino spaventato da un mondo più grande di lui. “I file del progetto “Sentinella” li ho venduti ad Orochimaru, il criminale…”. La fragilità del ragazzo emerse tramite quelle timide parole, quasi fosse un bambino che cercasse delle sicurezze ammettendo le proprie colpe. “Come l’ha fatta sentire, James?”. “Mi sono sentito… potente” sussurrò abbassando lo sguardo. Qualche secondo e qualcuno bussò alla porta delicatamente. Kregan balzò in piedi avviandosi verso l’uscita sul retro salutando frettolosamente l’uomo che andò ad aprire la porta. Hans Hawking attendeva educatamente dietro di essa, profonde occhiaie ed il volto segnato dal sonno mancato le notti precedenti. “Buonasera, Hans”. “Buonasera, Hannibal. Mi dispiace di irrompere in casa sua a questa della sera…”. Lecter lo invitò ad entrare ed accomodarsi: “Gli orari sono per i pazienti, la mia cucina è sempre aperta per gli amici”.