Tra incerte ombre effimere

Single Quest: Seishiro Harada

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    Piccola premessa: la Quest sarà suddivisa in tre capitoli, quindi si svolgerà in tre post.
    Nei post successivi non ripeterò più la tabella con le statistiche del personaggio, che lascio qui per presa visione e per i link alla scheda.

    » Seishiro Harada


    Livello 2
    Esperienza 100

    Energia 100
    Forza 10
    Quirk 50
    Agilità 15





    Danni: //
    Tecniche: //
    Equipaggiamento: //


    » Scheda « » Quirk «

    Narrato Parlato Pensato



    Workin' hard to get my fill
    Everybody wants a thrill
    Payin' anything to roll the dice just one more time

    Some will win, some will lose
    Some were born to sing the blues
    Oh, the movie never ends
    It goes on and on, and on, and on

    Strangers waiting
    Up and down the boulevard
    Their shadows searching in the night

    Streetlights people
    Livin' just to find emotion
    Hidin' somewhere in the night
    Workin' hard to get my fill
    Everybody wants a thrill
    Payin' anything to roll the dice just one more time

    Some will win, some will lose
    Some were born to sing the blues
    Oh, the movie never ends
    It goes on and on, and on, and on

    Strangers waiting
    Up and down the boulevard
    Their shadows searching in the night

    Streetlights people
    Livin' just to find emotion
    Hidin' somewhere in the night








    » Capitolo I
    ~ ♫ ~
    Don't Stop Believin'



    Se ne stava sdraiato sul letto con lo sguardo fisso in un punto non precisato del soffitto.
    Giaceva lì, abbandonato sul materasso come una cosa vecchia e dimenticata, la mente occupata da troppi pensieri.

    Era tornato a casa da poco dal Teatro Oshida, sopravvissuto ad una serata tanto strana quanto pericolosa.
    Prima di tutto si era tolto con cura le lenti a contatto per riporle poi nell’apposito contenitore, perché non si deteriorassero; il marsupio si trovava in uno dei cassetti dell’armadio, chiuso al sicuro da occhi indiscreti; infine aveva tolto scarpe e abiti, indossando un morbido pigiama di un cotone blu notte.
    Ed ora eccolo, steso sul letto come un tappeto sbattuto.
    Non ricordava nemmeno d’aver agguantato mp3 ed auricolari, eppure qualche canzone scorreva in sottofondo.

    ♫ ~ And I am not frightened of dying, any time will do, I don't mind.
    Why should I be frightened of dying?
    There's no reason for it, you've gotta go sometime.

    I never said I was frightened of dying. ~ ♫



    Era sfinito, stremato. Il picco di adrenalina che lo aveva sostenuto per tutta la serata era finito, lasciandogli l’orribile sensazione di avere un corpo da buttare.
    Non che la sua mente stesse meglio: nubi di pensieri si affollavano l’una sull’altra, mescolandosi e confondendosi in un mare indistinto ed impreciso di sensazioni.
    Per uno metodico come Seishiro era davvero straziante ritrovarsi a pezzi in quel modo, debole anche per pensare, afflitto dalla stanchezza nella maniera più assoluta.
    Tuttavia era felice.
    Accolto dalla morbidezza, poteva rilassarsi e assaporare le emozioni dell’evento con più tranquillità.
    L’adrenalina, la paura, la sfacciataggine, il senso di forza, tutto non aveva fatto altro che liberare endorfine e neurotrasmettitori nel cervello di Seishiro, ubriacando il suo sistema limbico e dandogli quel placido senso di appagamento, la bellissima sensazione d’aver provato emozioni intense, di essersi divertito, di aver forse vissuto più intensamente di ogni altro giorno. La caducità della vita ne è, in maniera quasi paradossale, l’aspetto più insostituibile: rende ogni momento importante, ogni dettaglio, ogni sfumatura. Il ragazzo avrebbe finalmente potuto dire di aver vissuto; si sentiva davvero vivo, inebriato dalla dolce sensazione di aver mosso il primo passo per dare uno scopo a quell’effimera esistenza.
    Un filosofo, nel lontano continente d’Europa, aveva detto che la vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra dolore e noia attraversando l’intervallo fugace ed illusorio del piacere e della gioia.
    Non era mai stato appassionato di quel genere di discorsi, ma doveva ammettere che dai filosofi si poteva sempre imparare; non sempre si comprendeva un messaggio corretto, ma ogni loro parola spingeva a pensare, riflettere, porsi domande e darsi risposte, spesso ignorando il punto di partenza e di arrivo, beandosi della semplice e pura speculazione.
    Ma forse era proprio quella la vera anima della filosofia.

    In quello stato di ebbrezza, cullato dalle note di quel miracolo musicale di The Great Gig In The Sky, un pensiero si prese il posto rispetto agli altri, facendosi sentire con l’insistenza di chi non può essere ignorato.

    Cosa avrebbe fatto ora?



    Karen era stata molto chiara nell’avvertirlo; una persona coscienziosa le avrebbe dato ascolto senza pensarci, dimenticando quel mondo e tornando nella sicurezza della propria vita quotidiana.
    Seishiro non era uno stupido e non voleva agire in modo troppo avventato, ma sentiva che non avrebbe potuto lasciar perdere tutto in quel modo.
    Aveva paura, sarebbe stato folle a non averne: aveva quasi ingannato una delle criminali più potenti della città, sapeva che questa cosa sarebbe tornata a fargli visita, prima o poi. Sinceramente, si augurava di avere ancora parecchio tempo prima di affrontare Madame de Stael; aveva assolutamente bisogno di organizzarsi.

    Innanzitutto doveva conoscere qualcuno nell’ambiente; avrebbe sfruttato le chat, si sarebbe addentrato anche nella zona più malfamata di internet per ottenere le informazioni che gli servivano. Sperava solo di non vomitare. Era una persona meschina, bugiarda e infida, ma un cuore con una certa sensibilità gli rimaneva ancora. Gli abituali frequentatori del Deep Web non erano il tipo di persone che gli interessava vedere, perché fra loro v’era sempre lo stesso noioso schema, la stessa ricerca del proibito sviluppata senza nemmeno troppa fantasia.
    Oltre alle informazioni sulla parte nascosta della società, doveva conoscere anche le nuove promesse a difesa della giustizia, sia per potervi ricorrere in caso di necessità sia per evitare problemi lui stesso.
    Bastardo e doppiogiochista, insomma.
    Accennò un sorriso all’idea, non gli dispiaceva affatto.
    In realtà non si sarebbe mai considerato un “villain”, come la società definiva i vari criminali con obiettivi di distruzione e sofferenza: si sentiva più un osservatore, una specie di stimolatore che avrebbe volentieri creato pretesti per vedere situazioni evolversi sempre in modo diverso, ma senza l’arroganza di chi si sente superiore. Seishiro non si credeva nessuno, non desiderava essere conosciuto. Voleva poter vivere tante vite, in silenzio e nascosto ma sotto gli occhi di tutti, godendosi quel mondo fino al massimo.
    Ridacchiò.
    In effetti erano pensieri piuttosto arroganti per un adolescente, ma che poteva farci se era più curioso della media?

    Un brivido lo scosse, ricordandogli che probabilmente rimanere in quello stato di dormiveglia sopra alle coperte in piena notte non fosse una grande idea.
    Lentamente si trascinò nel letto, arrancando pigramente e cercando di non ingarbugliarsi negli auricolari.

    Era stanco, ma non riusciva ancora a prendere sonno. Aveva un piano d’azione e questo lo tranquillizzava, ma v’erano troppe incognite… lui era la prima.
    Aveva fatto di tutto per non pensarci, insicuro di cosa sarebbe emerso da quel tipo di ricerca, spaventato dall’idea di guardarsi in uno specchio. Il suo più grande terrore non era tanto quello di vedersi peggio di come immaginava, ma di non trovare nulla. L’idea d’essere vuoto lo trafisse con un dolore straziante e un’angoscia insopportabile.
    Chi era? Chi voleva essere?
    Non parlava di uno dei tanti personaggi che spesso presentava agli altri; era il vero Seishiro quello messo in esame in quel momento.
    Solo, avvolto dalle tenebre e da note malinconiche, si lasciò sfuggire un’unica affannosa lacrima.

    ♫ ~ Come on, and show them your love
    Rip out the wings of a butterfly ~ ♫



    La musica, nel buio, assumeva tutto un altro fascino, prendendosi tutta l’attenzione, insinuandosi nel cuore e nell’anima, emozionandolo, ispirandolo nell’ardua ricerca che ogni persona si trova ad affrontare, ovvero nel ricercare un po’ di felicità.

    Se ne convinse dunque: l’unica vera forza che muoveva l’essere umano era l’amore, manifestandosi nei modi più inaspettati. Non desiderava altre spiegazioni, quella piccola certezza lo riempì e risanò, rinvigorendo il suo animo stanco.
    Seishiro si accorse di essere pervaso da quel sentimento, ne sentiva la potenza.
    Amava la vita, amava quel mondo e amava le persone che lo popolavano.
    Amava ogni cosa, in modo puro e al tempo stesso meravigliosamente perverso.

    Fece un respiro profondo, tranquillo e soddisfatto.
    Lasciò che la canzone terminasse, poi tolse gli auricolari e, finalmente, chiuse gli occhi.
    Cullato dalla notte, si addormentò.


    Edited by ~Wyrd - 23/9/2018, 11:35
     
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    Go on take it out, take it out on me
    'Cause you know I'm the only one who knows what you need
    You want me, to be guilty, to be the one who's wrong
    So easy, to blame me, it's been that way for so long

    Go on, go on and hurt the one that you love
    Go on and make me the one that you wanna hate if it makes you feel better
    Go on, go on and give me the best that you've got
    Go on and make me the villain I'm not
    If it makes you feel better

    I know no one's ever been there for you
    And I know that you think I'm only gonna hurt you too
    So you accuse me, that I'm guilty, like you want it all to go wrong
    So easy, to blame me, it's been that way for so long

    Go on, go on and hurt the one that you love
    Go on and make me the one that you wanna hate if it makes you feel better
    Go on, go on and give me the best that you've got
    Go on and make me the villain I'm not
    If it makes you feel better








    » Capitolo II
    ~ ♫ ~
    Villain I'm Not



    Qualche giorno dopo, Seishiro si svegliò irrequieto.
    Aveva ripreso la propria vita come se nulla fosse successo, solita routine solite menzogne.
    Eppure quella mattina, non appena aveva aperto gli occhi, sentiva una sensazione di disagio decisamente poco confortante.
    Indosso la miglior maschera possibile per presentarsi a tavola; la domenica era praticamente l’unico giorno in cui potevano fare colazione in famiglia senza doversi preoccupare di metterci il minor tempo possibile, con l’ombra degli impegni scolastici e lavorativi a rendere il pasto meno piacevole di come dovrebbe essere.
    Seishiro non voleva in nessun modo che i suoi amati genitori si preoccupassero, quindi sfoderò un sorriso e cercò di non pensare a quella sensazione che lo logorava dentro.
    Fu più difficile del previsto.
    In realtà al ragazzo pesava mentire unicamente di fronte a quelle due persone, perché vedeva la sincerità e l’amore che gli donavano, sentendosi quasi in colpa.
    Quasi.
    La cosa paradossale è che, una volta scoperti il proprio vero carattere e le proprie inclinazioni, si era trovato costretto a tessere sempre nuove bugie proprio per non deludere la propria famiglia, per evitare loro il dispiacere di non avere un figlio perfetto; non era assolutamente colpa loro se Seishiro aveva sviluppato certi interessi: era stato educato in modo impeccabile, con i giusti no e i giusti regali, accompagnati da tutto l’amore possibile.
    Yato e Izumi erano davvero due bravi genitori e, probabilmente avrebbero amato il loro figliolo anche se avessero scoperto la mente contorta che si nascondeva dietro ai personaggi che interpretava; ne sarebbero rimasti senz’altro delusi, ma non l’avrebbero abbandonato. Mai.

    Spesso, quando si trovava in famiglia, Seishiro pensava a quanto la sua vita fosse perfetta: aveva denaro, amore, poteva costruirsi un futuro senza difficoltà. Si sentiva quasi un ingrato a desiderare qualcosa di diverso, come quelle emozioni proibite che le sue attività gli davano.
    Per la prima volta, seduto a quel tavolo, si rese conto di quanto fosse egoista e ingrato, pretendendo di vivere più vite quando ne aveva già una più che invidiabile.
    Per un attimo ebbe la sensazione che tutti i suoi organi viscerali si stessero torcendo, rompendo tutti i legami che li tenevano saldi, e accartocciandosi senza pietà.
    Senso di colpa.
    Per la prima volta da quando aveva iniziato quella folle collezione di maschere, Seishiro si era sentito male.
    Lì. A quel tavolo, con le due persone più importanti della sua vita.

    Fu davvero difficile sorridere ancora, augurando una buona giornata ai due che avrebbero passato la mattina a fare spese; fu facilissimo congedarsi, scappando in camera.
    Si chiuse la porta alle spalle e fece qualche passo fino al centro della stanza. Rimase qualche secondo in piedi, indeciso.
    Aveva un presentimento, ma sperava di sbagliarsi, quindi si trovava a posticipare continuamente, sperando quasi di dimenticarsi di essere un ossessivo e che quindi avrebbe dovuto controllare e verificare ogni cosa.
    Sospirò e si voltò verso il grande specchio, muovendo qualche passo, quasi trascinandosi.
    Dopo interminabili attimi, si trovava finalmente lì davanti. Ma non aveva ancora il coraggio di guardare.
    Aveva già capito d’essere in grado di amare e che quella era, alla fine, la sua più grande forza, ma qualcosa ancora non quadrava.
    Lui.

    Osservò il proprio riflesso, scosso dalle paure che qualche sera prima lo avevano assalito.
    Allungò una mano verso la propria immagine, cercando di evitare in tutti i modi di guardarsi negli occhi.
    Chi era davvero Seishiro Harada?
    Si fece un poco di coraggio e si immerse in quel blu intenso, alla ricerca di sé stesso.

    In cosa consiste la struttura dell’esistenza? E’ formata da relazioni in genere di tre tipi: le relazioni dell’uomo con gli oggetti e le situazioni, con altri uomini e con il proprio organismo.
    Se queste si indeboliscono, si entra in una condizione definita come insufficienza esistenziale, un difetto di adattamento alla realtà, di cui si vedono gli effetti in modo più o meno evidente: rinuncia e ritiro di fronte a scelte fondamentali, rimandando e creando l’illusione che non scegliere e lasciarsi trascinare non sia una scelta; avere difese inconsistenti di fronte alle frustrazioni e all’oggettivazione; incapacità di cogliere i valori esistenziali non assumendosi le responsabilità di ciò che si sta vivendo, trovandosi ad essere spettatore e non protagonista della propria vita.
    Una lacrima bagnò la guancia sinistra di Seishiro nel momento in cui si rese conto di essere così debole e fragile di fronte alle situazioni della vita, senza relazioni valide con gli altri ma sopratutto con sé stesso.
    Provava un forte senso di angoscia; forse si trattava di quell’ansia esistenziale derivata “dall’esserci dell’uomo” “buttato nel mondo” e lasciato in preda a quell’angoscia originaria connaturata all’esserci? Oppure il suo problema non derivava tanto da riflessioni più interiori e filosofiche quanto dalla consapevolezza di sentirsi vuoto?

    Fu costretto a distogliere lo sguardo, spaventato da quella ricerca che non avrebbe fatto altro che metterlo a nudo, con tutti suoi difetti e insicurezze; si morse il labbro inferiore e tornò a fissare lo specchio. Doveva imparare a conoscersi per scoprire che tipo di persona voleva diventare, se lo doveva.
    E, non con poca amarezza, si rese conto che, per tutto quel tempo, non aveva fatto altro che applicare soluzioni inautentiche a quell’angoscia esistenziale. Si era deresponsabilizzato nel mondo dell’uniformità gregaria, nascondendosi nell’anonimato, dimenticandosi della propria individualità come tale e divenendo molti; e poi, ancora più grave, v’era la malafede, quell’enorme bugia che aveva raccontato a sé stesso, ma credendoci, come se non avesse bisogno di tutti i suoi personaggi a causa della sua profonda insicurezza e lo facesse solo per divertimento. Sicuramente gli piaceva, ma ora negare che tutto era nato perchè stava facendo le prove alla ricerca dell'identità che gli avrebbe dato più sicurezza sarebbe stato come annullarsi come persona e sottomettersi a quel teatro, diventando davvero solo un contenitore vuoto.
    E’ terribile mentirsi, perché si porta l’ingannatore sempre con sé; è un’acrobazia complicata e fragile, molto a rischio perché nel momento in cui ci si distacca dalla menzogna si ha un ritorno più forte dell’angoscia.
    Stava succedendo.
    E faceva male.

    ♫ ~ Shut your mouth, you make me sick with
    All the lies, all the lies that you spill
    Slip and fall, I'll watch you drown in
    All the lies, all the lies that you spill ~ ♫



    Scoppiò in lacrime, rendendosi conto dei propri limiti, soffermandosi per la prima volta sul fatto che per uno stupido bisogno di autenticità aveva rischiato la vita.
    Cadde in ginocchio, tenendosi il viso rigato dal pianto, tremando e singhiozzando.
    Era un ragazzino, solo un dannato ragazzino che non era ancora riuscito a trovare un vero progetto esistenziale.
    Ecco il perché di ogni menzogna: non era per noia, ma per riempire quel vuoto, quel baratro enorme che lo dilaniava; per schiacciare la consapevolezza d’essere solo e minuscolo di fronte al miracolo dell’esistenza, illudendosi che il mondo fosse il proprio palcoscenico, alla disperata ricerca di un po’ d’importanza per convincersi che non era nato per caso, una serie di fortunate ricombinazioni geniche e coincidenze.
    Nessuno, nessuno sano di mente si sarebbe trovato a proprio agio rendendosi conto di essere solo un complesso agglomerato di atomi che hanno creato strutture sempre più complesse fino ad ottenere un codice genetico; ma lui stava avendo questi pensieri a sedici anni! Era l’età della pubertà, dove si allungava l’occhio verso le ragazze, dove si scopriva il proprio corpo, dove si assaporava un assaggio di maturità rimanendo però protetti dalla famiglia. Non era l’età per sviscerare il senso della vita e l’angoscia che porta con sé.
    Eppure Seishiro si era prematuramente immerso nella ricerca interiore.
    Si soffermò un attimo su questo: non poteva essere un caso.
    Non voleva che fosse un caso.

    Attingendo ad un'inaspettata forza di volontà, si mise in piedi, diretto verso il bagno: era un locale grande, decorato con piastrelle e pavimento neri, perfettamente abbinate con tutti i sanitari di colore madreperlaceo ma dal design incredibilmente moderno.
    Via i vestiti e fu nella cabina doccia non appena l’acqua raggiunse una temperatura gradevole.
    Lasciò che le lacrime venissero lavate via, respirando piano per qualche minuto come per volersi purificare da ogni pensiero tossico.
    Poi urlò.
    Urlò con decisione, foga e disperazione, battendo leggermente un pugno contro le piastrelle; urlò al mondo, alla condizione umana, ma sopratutto urlò alla propria anima; un grido disperante e disperato, intriso di una profonda umanità al punto d'essere insopportabilmente struggente.
    Si liberò d’ogni frustrazione con la violenza della propria voce, aggrappandosi a quell’intenso desiderio di vivere, d’esistere in modo autentico, di potersi guardare allo specchio e trovare qualcuno di cui essere fiero.

    Non aveva risposte, non sapeva cosa avrebbe fatto, ma ora sapeva che ogni sua menzogna e ogni sua maschera avrebbero avuto uno scopo; non si sarebbe mai più permesso d’essere inautentico, avrebbe lottato con ogni mezzo, per sé stesso e per chi amava.
    Ingannare, fingere, osare erano parte di lui, lo desiderava e ne aveva bisogno come una droga; al tempo stesso aveva bisogno di osservare gli altri e godersi le loro reazioni. Non avrebbe più usato quella parte di lui per coprire, l'insicurezza e dimenticarla. Al contrario si sarebbe servito di ciò che sapeva fare meglio per superare paure e difficoltà, con la certezza nel cuore che, d'ora in poi, si sarebbe accorto di ogni deviazione dal suo progetto esistenziale, correggendola per tempo.
    Ora ne era consapevole: era solo una fragile creatura con dei mezzi per sentirsi meno sola ed insignificante nell’universo. Come ciascuno in quel mondo, in realtà.

    Rise e pianse al tempo stesso, beandosi della sensazione dell’acqua sul proprio corpo, maledicendosi per essere un cretino e ringraziandosi per essersene reso conto.
    Il mondo non è ciò che esiste, ma ciò che ognuno costruisce e crea; e da quel giorno Seishiro avrebbe iniziato a costruire qualcosa per poter essere contento della propria vita. Sarebbe stato difficile, avrebbe impiegato anni e, forse, non ci sarebbe mai riuscito.
    Ma, alla fine, se non avesse nemmeno provato, sarebbe sprofondato in un limbo troppo simile ad una non vita e non poteva accettarlo.

    Non era nessuno.
    Non era un bravo ragazzo.
    Non era un criminale.
    Era solo un adolescente abbastanza adulto per essere spaventato dalla vita e al tempo stesso esserne entusiasta.

    Si concesse ancora qualche minuto, poi chiuse l'acqua della doccia. Una volta uscito dalla cabina, indossò un morbido accappatoio, facendosi abbracciare dal tessuto in un conforto dolce e rassicurante.
    Ancora con i capelli bagnati, alzò lo sguardo verdo lo specchio, guardando nuovamente il proprio riflesso.
    Ed ecco un sorriso sghembo.
    Non aveva bisogno di altro.

    Era solo un foglio bianco sulla cui intestazione v’erano il suo nome e cognome.
    Stava a lui decidere se e come riempirlo.

     
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    Hey girl, don't listen to your mother
    When she tells you you ain't pretty, need to look more like the others
    Hey boy, don't let your daddy tell you
    If you don't get it together that you're gonna be a failure

    Let's stop letting everyone
    Tell us how to feel
    Tell us how to dream
    Let's stop letting everyone
    Tell us how to live
    Tell us who to be

    Oh no no am I getting too loud?
    Am I getting too loud? Am I getting too loud?
    Oh no no am I getting in your head?
    Am I getting in your head? Getting in your head?

    Oh no no am I getting too loud?
    Am I getting too loud? Am I getting too loud?
    Oh no no am I getting in your head?
    Am I getting in your head? Getting in your head?

    You know they're coming for your fire
    When they try to push you lower but you keep on going higher
    You're a flame, and they all wanna water you down
    Wanna water you down down

    Let's stop letting everyone
    Tell us how to feel
    Tell us how to dream
    Let's stop letting everyone
    Tell us how to live
    Tell us who to be

    Oh no no am I getting too loud?
    Am I getting too loud? Am I getting too loud?
    Oh no no am I getting in your head?
    Am I getting in your head? Getting in your head?

    Oh no no am I getting too loud?
    Am I getting too loud? Am I getting too loud?
    Oh no no am I getting in your head?
    Am I getting in your head? Getting in your head?

    Gonna make you listen
    Gonna make you move
    You can't ignore the truth inside you
    Gonna make you listen
    Gonna make you move
    You can't ignore the truth inside you

    Oh no no am I getting too loud?
    Am I getting too loud? Am I getting too loud?
    Oh no no am I getting in your head?
    Am I getting in your head? Getting in your head?

    Oh no no am I getting too loud?
    Am I getting too loud? Am I getting too loud?
    Oh no no am I getting in your head?
    Am I getting in your head? Getting in your head?








    » Capitolo III
    ~ ♫ ~
    Too loud



    Ogni animale possiede un sistema involontario detto di attacco o fuga, la cosiddetta reazione fight or flight; si tratta di una reazione fisiologica in risposta ad uno stimolo dannoso di stress, solitamente causato da un pericolo che sia una minaccia per la vita. A partenza nervosa si sviluppano tutta una serie di segnali fino a raggiungere in nemmeno un battito di ciglia una coppia di ghiandole, adagiate come dei simpatici cappellini triangolari sopra i reni: le ghiandole surrenali. Ivi, nella parte più interna, la midollare appunto, si scatena la produzione di un particolare gruppo di ormoni detti catecolamine; si tratta di un modo più elegante per definire l’epinefrina e la norepinefrina, chiamate, ancor più comunemente ma senza peccare d’ignoranza, adrenalina e noradrenalina.
    Sarebbe inopportuno dilungarsi sul ruolo del cortisolo in tutto questo, ma è sempre un piacere ricordare come sia il vero ormone dello stress, dato che la definizione stessa di questa condizione è basata sul rilevare in circolo un aumento del cortisolo appunto. Torneremo dunque alle nostre catecolamine, ormoni tanto affascinanti quanto complessi; spesso adrenalina e noradrenalina sono considerate molecole quasi sovrapponibili, ignorando come il loro effetti cardiovascolari siano sì simili ma non identici.
    In ogni caso, le catecolamine, in particolare l’adrenalina, sono le molecole che permettono al sistema fight or flight di entrare in funzione, animando il sistema nervoso autonomo e controllando in modo involontario organi e apparati.
    E’ una sorta di assicurazione sulla vita, ostacolata quasi solo dai complessi meccanismi psichici e psicologici che comportano la presentazione di un attacco di panico.
    Nessuno può decidere di fuggire o combattere, sono la fisiologia e i geni a decidere; la reazione è inevitabile, già decisa, espressa come alterazioni della frequenza cardiaca e respiratoria, deviazione di sangue al muscoli piuttosto che allo stomaco e tante altre caratteristiche.

    Combattere o fuggire.


    Seishiro si era spesso interrogato sull’argomento, chiedendosi se fosse possibile conoscere a priori questa verità. Era sempre stato molto insoddisfatto delle risposte, poiché non vi era correlazione con il carattere: l’animale o la persona più mansueti e cortesi avrebbero potuto deviare per l’attacco, così come per la fuga.
    Inevitabile. Ma sconosciuto.
    Qualche bravo genetista potrebbe in futuro essere in grado di dare risposte anche a queste domande.
    Ma, forse, è meglio non sapere sempre tutto. Ci sono molti quesiti che è più affascinante rimangano irrisolti, dando ad ogni mente la possibilità di esercitarsi nella speculazione, inventando, creando nuove sinapsi e crescendo. Studiare è più noioso rispetto a scoprire e ipotizzare.

    In ogni caso, il ragazzo problematico che abbiamo a cuore, era seduto sul proprio letto, con la sola compagnia del proprio riflesso nello specchio.
    Erano passati un paio di giorni da quando aveva avuto la rivelazione dell’inautenticità e non si era più soffermato su certi pensieri, godendo, per il momento, il conforto che l’acqua aveva dato purificando la sua anima.

    Eppure, era ancora lì. Ad affrontare quel sé stesso che nemmeno lui conosceva, lì, spogliato d’ogni difesa, pronto a far scorrere inchiostro sulle pagine bianche della propria essenza.
    Doveva rispondere a dei quesiti ostici come decidere cosa farne della propria vita, ma aveva imparato che certe risposte possono anche non essere date in breve.
    Il tempo è necessario per comprendere; è l’unico fattore che possiamo, in un modo tristemente identificabile con un ossimoro, sia controllare perché possiamo decidere cosa farne, ma all’improvviso può terminare.
    La bellezza e grandezza della caducità della vita, un gran ballo pascaliano in bilico fra gli Infiniti che caratterizzano l’uomo. Danziamo dolcemente, percorrendo il sottile filo sul baratro, beandoci della nostra stessa meraviglia e senza l’angoscia di cadere, poiché è un sentimento che abbraccia già l’esistenza, non è necessario ricordarla ogni volta dopo averla finalmente rivelata.

    Aveva fatto infiniti backup della registrazione al Teatro Oshida e custodiva gelosamente il numero datogli da Karen.
    Aveva vissuto normalmente, senza osare nulla di diverso, lasciando che la propria routine fra istruzione, occasionali uscite, chat e videogiochi si prendesse la sua attenzione; e non era successo nulla.
    Se la Madame avesse voluto rintracciarlo in fretta, conscia di aver permesso ad un ragazzino di registrare la serata, l’avrebbe già fatto.
    Meglio così.
    Non intendeva dimenticarla, solo evitare di regalarle più pensieri del necessario, in particolare quando il protagonista era diventato lui.
    Si alzò pigramente, avvicinandosi allo specchio con passo lento. Cosa cercava nel proprio sguardo? Sembrava quasi implorare per un suggerimento, un segno.
    Sciocco Seishiro, non aveva bisogno di nessun indizio, perché tutto aveva già avuto inizio.

    You can't ignore the truth inside you



    I suoi occhi gli rivelarono la verità che ancora non era riuscito a cogliere, urlandogli un messaggio che si rese conto stava animando ogni fibra del proprio corpo.
    Fu scosso da un tremito quando la consapevolezza lo colpì.
    Appoggiò una mano sulla superficie riflettente, quasi per darsi supporto nell’evitare di scoppiare a ridere.
    Fallì, ridendo con gioia, sinceramente divertito da come quel pensiero avesse colto proprio lui: doveva diventare, era davvero imbarazzante pensarlo, più forte. Lui! Si sentiva quasi come uno di quei bellissimi eroi delle storie, pronti a sacrificare tutto per un obiettivo nobile, impazienti di sottoporsi ad allenamenti estenuanti con il premio d’essere i migliori.
    Lui.
    Eppure, fra le risate, gli venne un’idea.
    Sicuramente avrebbe iniziato a fare qualche esercizio, o almeno si promise di provarci: non intendeva diventare un maestro del combattimento, no. Sarebbe diventato un artista della fuga.
    Aveva ormai capito che i segreti nella reazione fight or flight non sarebbero stati svelati quel giorno, ma decise che a livello conscio avrebbe puntato sull’approfondire come uscire da qualsiasi situazione senza farsi troppo male. Se poi il suo vero io si fosse dimostrato un tipo da attacco, avrebbe ascoltato l’istinto, fidandosi del sé stesso che ancora non conosceva.

    ~



    Il suo Quirk si basava sul controllo dello spazio. Gli studiosi avrebbero potuto definirlo il classico Quirk situazionale: più che poter essere utilizzato contro i cosiddetti villain nei combattimenti tanto scenografici quanto devastanti che ogni tanto venivano proiettati in televisione, Space Control poteva rivelarsi utile per le operazioni di organizzazione e soccorso.
    Ecco perché avrebbe dovuto crearsi un asso nella manica, qualcosa di difficilmente deducibile, così da poter sfruttare al meglio l’effetto sorpresa per darsela a gambe.
    Negli anni aveva già appreso come la possibilità di controllare e plasmare lo spazio avesse degli effetti secondari su ciò che quello spazio conteneva: aveva così imparato a muovere bersagli inanimati, seppur di piccole dimensioni, potendo controllarne a piacimento il posizionamento come in una spaccatura delle leggi fisiche, lasciandoli liberi di tornare sotto il controllo del mondo solo terminato quanto lo dilettava; allo stesso modo aveva appreso come poter spostare un essere vivente, in primo luogo aveva imparato a dislocare sé stesso.
    Non era assolutamente pericoloso, era lo spazio a distorcersi, senza nessun tipo di danno sulla persona.

    Se voleva davvero destabilizzare qualcuno, però, questo risultava un problema: non poteva limitarsi a spostare in giro, sarebbe stato solo estenuante e senza risultato.
    Seduto sul pavimento della propria stanza, rifletteva.
    Come poter destabilizzare qualcuno con un Quirk che non può fare del male?
    Aveva già imparato come cambiare posizione ai viventi ed era stato abbastanza saggio da ribaltarsi sul letto invece che far incontrare la propria testa e il pavimento. Sicuramente sarebbe stato d’aiuto: una persona normale impiegava almeno qualche secondo per ritrovare la posizione eretta, ma quel breve tempo non sarebbe mai stato sufficiente ad uno scricciolo come lui per svignarsela.
    Nel silenzio, la sua immaginazione vagava, cercando di trovare un’idea, una piccola ed insignificante intuizione per potersi almeno illudere di averci provato.

    E lei, forse chiamata forse impietosita dallo struggersi del ragazzo, giunse.
    Le risposte che cerchiamo spesso si trovano già dentro di noi, troppo oppresse da mille dubbi perché ci sia possibile udirle.
    Era stato davvero uno sciocco a non pensarci: non serve davvero fare del male a qualcuno per dargli problemi a muoversi. E lui, con il suo Quirk, poteva andare ad agire su un sistema fisiologico molto particolare.
    Senza nemmeno il tempo di pensare oltre, era già alla scrivania, collegato a vari siti di divulgazione scientifica; certo, a scuola aveva ampiamente studiato scienze, ma gli servivano conoscenze più approfondite.
    Rimase a lungo davanti allo schermo, sfogliando slide e presentazioni di professori in tutto il mondo, cercando di cogliere i punti fondamentali da tomi anatomia e fisiologia il cui contenuto gli risultava particolarmente difficile; impiegò diverso tempo per fare degli schemi semplificati, adatti alla sua preparazione, ma alla fine comprese il funzionamento essenziale del sistema vestibolare, responsabile dell’equilibrio,della percezione del sé nello spazio e, in particolare, i movimenti della testa.
    Cosa poteva essere bersaglio più adatto del proprio Quirk, se non la parte del corpo umano adibita alla percezione spaziale?
    Aveva capito che, per il controllo posturale, erano necessari anche altri meccanismi del sistema nervoso; per esempio la vista consensiva una buona correzione, tanto che l’equilibrio risultava più difficile da mantenere tenendo gli occhi chiusi, ma riteneva troppo complicato indagare in modo più approfondito.
    Alla fine ciò che gli serviva ricordare che il sistema vestibolare permetteva il mantenimento del tono posturale; una volta compromesso quel sistema, avrebbe potuto dare un discreto fastidio, così da rallentare considerevolmente un eventuale avversario.

    Dunque, ora doveva solo pensare a come sfruttare queste nuove informazioni.
    Serviva un po’ d’ispirazione, quindi aprì youtube e chiuse gli occhi, lasciando che l’alternative rock dei Muse cullasse i suoi pensieri; quella musica era in grado di distorcere l’ambiente e proiettare la coscienza dell’ascoltatore in una dimensione più onirica.

    ♫ ~ ♫



    Era, infatti, non ci volle molto prima dell’arrivo dell’idea di applicare quelle emozioni anche a degli sventurati: con il proprio Quirk poteva creare l’illusione della rotazione distorta dello spazio, ingannando il sistema vestibolare tramite gli occhi, dando il tipico sintomo ella vertigine con conseguente disorientamento.

    CITAZIONE
    Hysteria
    L’utilizzatore crea una distorsione continua dello spazio attorno al bersaglio che, pur rimanendo fermo, ha una forte sensazione di disorientamento e vertigine come se fosse stato sottoposto ad un movimento di rotazione continuo.

    Danni: lievi
    Effetto: -10 al bersaglio per tutte le azioni fisiche o che necessitino di mirare
    Costo: 15 + 5 mantenimento
    Requisito: Prova contrapposta Quirk Space Control vs Agilità del bersaglio



    Abbastanza subdolo come metodo: se i calcoli di Seishiro erano corretti, non avrebbe dovuto nemmeno fare nulla di plateale per usare il Quirk in quella maniera; doveva, come per ogni altro utilizzo, semplicemente avere una buona conoscenza dello spazio che intendeva manipolare.
    Non male, in effetti.

    Ma non poteva limitarsi a questo. No, ovviamente.
    Essere per la prima volta su un palcoscenico gli aveva fatto scoprire un lato decisamente curioso del proprio carattere: per poter essere un nessuno, doveva imparare a spiccare; questo avrebbe reso ancora più dettagliate e vere le sue maschere e avrebbe soddisfatto quell’innato bisogno di ognuno di essere almeno un po’ speciale e protagonista.

    Dunque doveva trovare un modo per poter sorprendere, per risaltare: non necessariamente doveva essere vero solo unico, cosa praticamente impossibile in un mondo in cui quasi tutta la popolazione nasce con un’abilità speciale.
    Come poteva sfruttare il proprio controllo sullo spazio in quel senso?
    Si sdraiò sul pavimento, lasciando che Hysteria dei Muse continuasse fino al termine. Osservava il soffitto, non senza un po’ di sconforto: non era bravo ad immaginare scenari che potessero stupire, preferiva lanciare piccoli messaggi, destabilizzare con una parola e poi vedere cosa sarebbe accaduto. Mettersi in gioco in quel modo era difficile per lui, ma si rese conto di come potesse rappresentare un punto importante in un percorso di crescita: è più che giusto affinare e perfezionare le caratteristiche in cui primeggiamo, ma al tempo stesso è fondamentale raccogliere le sfide nei campi dove siamo meno a nostro agio.
    Sbuffò sonoramente. La canzone era già terminata.
    Si mise agilmente in piedi, stupito dei propri addominali. Forse c’era speranza per quell’imbarazzante fisico, doveva solo decidersi a fare qualche esercizio; ma non aveva proprio voglia di andare a sudare in una palestra, era davvero disgustato all’idea di trovarsi con tanti sconosciuti a puzzare. Già doveva sopportare lo spogliatoio maschile a scuola, non si sarebbe fatto ulteriormente del male.

    Tornò dunque nuovamente al pc, scorrendo quasi con indifferenza fra i video consigliati.
    Seishiro ascoltava differenti tipi di musica, senza disdegnare gruppi del secolo passato, con una particolare attrazione per quei gruppi che tendono a sperimentare suoni più distorti e articolati rispetto al classico pop commerciale.

    ♫ ~ ♫



    Quindi si lasciò guidare dall’istinto, finendo con l’aprire il video di Feel Good Inc. dei Gorillaz.
    Interessante e, inaspettatamente, d’ispirazione.
    Spesso la nostra mente si lascia trasportare dai pensieri, senza collegarli davvero in modo razionale; scorre e si affaccia a nuovi discorsi, scegliendo quali portare alla luce in base a chissà quali spunti.
    Così era accaduto anche per Seishiro, forse guidato dalla duplicità della canzone, forse spinto ad un’idea dal ritmo che teneva con il piede.
    Si allontanò dalla scrivania, avvicinandosi invece alla parete.
    Avrebbe camminato contro le leggi fisiche.

    Era un pensiero tanto folle quando possibile: il suo Quirk permetteva il controllo dello spazio e già aveva imparato come spostarsi, doveva solo cambiare il range di spostamento, passando a spazi sempre più piccoli, così che non fosse necessario sottomettersi alla gravità.
    Esitò un attimo, poi osò.
    E, ovviamente, cadde.
    Riverso sul pavimento, sconfitto dalla sua stessa idea, si diede dello stupido. D’altra parte, ora si trovava nella posizione più ottimale per poter riprovare. Appoggiò i piedi alla parete e attivò il proprio Quirk per un’area ristretta a poco più del proprio corpo, provando a spostarsi prima di dieci centimetri e subito della stessa distanza.
    Cadde nuovamente.
    E provò ancora e ancora, deciso a percorrere quei miseri venti centimetri, per poi percorrerne altri e allungare sempre di più la distanza.
    Non si arrese mai, continuando a tornare su quella parete, deciso che quell’inutile azione serviva a provare qualcosa a sé stesso, quasi a sancire che avrebbe davvero iniziato a cambiare e conoscersi.
    Il Seishiro che desiderava diventare sarebbe riuscito a camminare sul soffitto.



    CITAZIONE
    Path
    L’utilizzatore crea una distorsione continua dello spazio attorno a sé e questo gli permette di spostarsi nello spazio come preferisce, senza i vincoli dati dalla legge di gravità e senza bisogno di strutture solide su cui appoggiarsi.
    In movimento dell'utilizzatore può apparire meno fluido e più a scatti rispetto ad un movimento normale, in base alla distanza percorsa: più aumenta e più si vede una sorta di "lag" nello spostamento.

    Danni: //
    Effetti: Lo spostamento è dato da Agilità+Quirk
    Costo: 15 + 5 mantenimento
    Requisito: Parametro Forza < Parametro Quirk Space Control




    Quando, dopo molti tentativi e altrettante cadute, si ritrovò ad osservare la propria stanza da una prospettiva sottosopra, si concesse di sorridere un attimo; poi tornò a terra, certo che cadere da quell’altezza non sarebbe stato per nulla piacevole.
    Era riuscito a camminare lungo tutta la parete e raggiungere il punto centrale del soffitto. Aveva, in qualche modo, affrontato e sconfitto la paura di cadere, che da sempre attanaglia l’uomo perché privo d’alì.

    Era… adrenalina? Soddisfazione?
    Cosa stava provando, davvero?
    Era impreparato a quelle emozioni che si confondevano ognuna fra le urla dell'altra, amalgamandosi, battendo contro le pareti della sua coscienza, bisognose di esprimersi, di urlare al mondo che sì c'erano anche loro, non v'era solo una dettagliata collezione di maschere.
    Seishiro sorrise, con la promessa d'affidare ad ogni emozione un ruolo e, di conseguenza, una diversa identità; sarebbe stato guidato da sè stesso, nascondendosi non più dietro a personaggi fittizzi, ma al suo Io possibile, diventando attore di sè stesso, mostrandosi con sincerità al mondo per nascondere la verità nella propria ombra.

    Si stese sul letto, esausto, abbandonandosi ad una risata accompagnata da lacrime più dolci che salate.
    Con quel pianto di gioia sentiva d’aver, finalmente scritto la prima vera riga di quel foglio bianco.

    ~

    sei3

    Life is waiting for the one who loves to live, and it is not a secret...
    ~ ♫ ~

    Hello, darkness, my old friend.
    I've come to talk with you again
    Because a vision softly creeping,
    Left its seeds while I was sleeping.

    And the vision that was planted in my brain
    Still remains
    Within the sound of silence.

    In restless dreams I walked alone.
    Narrow streets of cobblestone
    'Neath the halo of a street lamp.
    I turned my collar to the cold and damp

    When my eyes were stabbed by the flash of a neon light
    That split the night
    And touched the sound of silence.

    And in the naked light I saw
    Ten thousand people, maybe more.
    People talking without speaking.
    People hearing without listening.

    People writing songs that voices never share.
    And no one dare
    Disturb the sound of silence.

    "Fools," said I, "You do not know:
    Silence, like a cancer, grows.
    Hear my words that I might teach you.
    Take my arms that I might reach you,"

    But my words like silent raindrops fell
    And echoed in the wells of silence.

    And the people bowed and prayed
    To the neon god they made.
    And the sign flashed out its warning
    In the words that it was forming.

    And the sign said,
    "The words of the prophets are written on the subway walls
    And tenement halls.
    And whispered in the sound of silence."


     
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  4.  
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