MSG: Operation Snowman

(Cursed) Fan Fiction

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    Premessa nr.1:
    Visto che non ho ancora avuto un permesso ufficiale non la posterò tutta (asd). Lo shutdown del forum dove la posto generalmente inizia a manifestarsi con un'inusuale inattività intorno all'episodio 8-9 per poi essere chiuso prima che io posti l'episodio 12 (quindi l'episodio maledetto deve essere l'11 o il 12, ai posteri l'interpretazione) :zizi:
    Tutto ciò per dire che: c'è ancora tempo, magari nel frattempo potete decidere se la cosa vi interessa o meno :zizi:
    Per policy personale, posterò un singolo episodio ogni settimana, così da lasciar tempo di leggere/commentare/assimilare. Aperto a tutti i tipi di commento, ma tenete presente che questa storia è stata scritta a cavallo tra il 2012 ed il 2013, mi pare. Quindi, aperto a tutti i commenti ma per favore mostrate clemenza, specie se ho dimostrato che certi errori non li faccio più: ho deciso di lasciarla così com'è come testimonianza di un epoca passata (e perché, in fondo, nonostante l'età non è invecchiata malissimo, contrariamente ad altre... cose che ho scritto).

    Premessa nr.2:
    Sì... è una storia di Gundam. Ma non pensate male, è vero che sono un fanatico dei robot, ma per me sono sempre e comunque un elemento di sfondo, a meno che non abbiano essi stessi una storia interessante da raccontare (stile Brain Powerd o Evangelion), non sostituiscono una trama solida e dei buoni personaggi. Nel franchise Gundam, o perlomeno nell'Universal Century (l'universo canonico in cui ho deciso di ambientare questa storia), buona parte dei robot sono considerati alla stregua di carri armati: sono veicoli militari, punto. Non c'è nessun tipo di focus su di essi, salvo magari per il Gundam, che in questa storia viene introdotto praticamente alla fine (e comunque non è nemmeno cagato più di tanto) :asd:
    Tutto ciò per dire che: ritengo, personalmente, che la storia possa piacere anche se non piacciono molto i robot. O meglio, che il godimento della storia non sarà da essi influenzato, poi ovviamente sono sicuro che a molti farà schifo ma non credo sarà per i robot :asd:

    Premesse fatte... che dire, benvenuti :asd:
    Ho fatto delle premesse talmente lunghe che non so più cosa dire per iniziare in maniera carina, quindi, iniziamo così: senza lubrificante.
    Spero che finalmente qualcuno riesca a leggere questa FanFiction, è finita da sei anni e non la ha ancora letta nessuno fino alla fine. E per nessuno intendo nessuno, non "i miei parenti", nemmeno loro (ai simpatici: sì, io l'ho letta, hahahahah, hai mai pensato di mandare un cv a zelig?).
    Mi permetto solo di fare due appunti di lore per chi non conosce la saga, in modo che possa essere fruibile senza andare sulla wiki di Gundam :asd:

    1) La storia è ambientata subito dopo la One-Year-War, il conflitto principale su cui si fonda la prima serie di Gundam nata nel 1979 dalla mente di Yoshiyuki Tomino, combattimento che sarà ineguagliato in fama per tutta la durata del franchise e a cui si faranno continui riferimenti. La guerra vede coinvolta la Federazione Terrestre, una sorta di ente politico-militare che è a capo di tutte le colonie umane (sia terrestri che spaziali), e la Repubblica di Zeon, che origina il conflitto decidendo di proclamare la propria indipendenza dalla Federazione. Ovviamente siamo nel 1979, gli Zeoniani hanno quasi tutti nomi filo-tedeschi e usano dei robottoni verdi, pieni di tubi e con un occhio solo, quindi sono i cattivi e perdono (SPOILER!!). L'One Year War (o Guerra Di Un Anno) dura dal 3 gennaio 0079 fino al 1 gennaio 0080 (la datazione è un futuro lontano post Anno Domini, intorno al 2050-2100 A.D. hanno azzerato tutto e proclamato la nascita dell'Universal Century).
    2) Durante il conflitto inizia ad affermarsi il concetto di "Newtype", il gradino successivo dell'evoluzione umana, persone dalle capacità cognitive incredibilmente sviluppate, ma dal potenziale ancora dubbio. Amuro Ray (o Peter, se vogliamo essere fedeli al riadattamento italiano originale) fu il pilota del "primo" Gundam, o perlomeno il primo Gundam famoso, eroe di guerra della One Year War nonché protagonista della prima serie, sopracitata.

    E ora basta santo cielo, a voi la lettura!


    MOBILE SUIT GUNDAM
    OPERATION SNOWMAN


    Episodio 1

    Era una piovosa mattina di novembre, volare fra le nuvole nere e sentire l’insistente ticchettio della pioggia sui vetri dell’aereo faceva una certa impressione al giovane Alex Martin.
    Alex era un ragazzo ventiduenne non troppo alto, abbastanza magro, con una muscolatura tonica ed allenata che spingeva da sotto la maglia nera attillata a maniche lunghe che indossava. Aveva dei capelli neri portati lunghi, per un ragazzo, pettinati in un mullet piuttosto disordinato. I suoi grandi occhi verdi scintillavano con i riflessi della luce che penetrava dalla piccola finestra dell’aeroplano. Si trattava di un velivolo militare, il ragazzo stava venendo trasportato in una base in Canada, il suo nuovo incarico.
    Alex Martin era un caporale dell’esercito della Federazione Terrestre, un pilota dell’RGM-79 “GM”, la Mobile Suit prodotta in massa dalla Federazione.
    Era nato e cresciuto in Australia ed aveva partecipato a diverse missioni fra Australia ed Indonesia, per poi compiere l’ultima missione in Africa, nella Base Mineraria del Principato di Zeon, l’ultimo grande raggruppamento di forze Zeon sulla terra.
    Ma ora la Guerra Di Un Anno era finita… ricordava di aver seguito con gioia la vittoria della Federazione alla TV, dove venivano narrate le gloriose imprese dell’eroe della Federazione Terrestre, il Newtype Amuro Ray, a bordo della macchina più temibile mai inventata: il “Demone Bianco”, come lo definivano gli Zeoniani: l’RX-78-2 Gundam.
    Dunque perché lo avevano richiamato alle armi? Ricordava perfettamente il giorno precedente, quando degli uomini in divisa erano atterrati con l’elicottero sopra il suo campo, facendo in mille pezzi i pomodori che stava coltivando. Era uscito di casa in canotta e calzoncini corti, imprecando come un vecchio marinaio ubriacone, urlandogli di spostarsi da sopra i pomodori, ma essi non gli avevano dato retta e gli avevano intimato di presentarsi il giorno dopo in aeroporto, dandogli in mano una carta bollata dall’aria importante che segnava la sua assegnazione alla squadra “Snowbound”, in Canada, senza specificare nient’altro.
    In fin dei conti era stato incuriosito. Dopo aver pilotato Mobile Suits per quasi un anno, tornare alla vecchia vita di fattore non era proprio quel che si dice “esaltante”, aveva proprio bisogno di staccare un po’… tutta quella tranquillità non faceva per lui.
    Molti erano felici di essere tornati alla pacifica vita di sempre, dopo aver rischiato la vita nella guerra. Ma per Alex non era così. Da quando i membri della sua famiglia ed i suoi amici erano morti a causa di un attacco Zeon, la sua casa, la sua terra, era diventato tutto incredibilmente inutile. Non gli interessava tanto tornare a casa intero quanto morire trascinando più Zeoniani possibile con sé.
    Morire prima o dopo, non gli faceva molta differenza, ora che non aveva nulla per cui vivere. Forse era questo che lo aveva portato ad eccellere nelle battaglie della Guerra Di Un Anno, il combattere senza legami, senza limiti, con l’unico scopo di terminare gli Zeoniani.
    Fatto sta che Alex era considerato uno degli Assi della Federazione, lui ed il suo GM erano una coppia temuta da tutto l’esercito di Zeon.
    Alex lanciò uno sguardo distratto fuori dalla finestra e vide che le nubi iniziavano ad infittirsi sempre di più, andando tuttavia schiarendosi, fino a diventare candide come la.. neve?
    Piccoli fiocchi di neve bianchi iniziarono a disfarsi contro il vetro, delicatamente. Alex osservava affascinato: non gli era mai capitato di osservare la neve. Gli venne la tentazione improvvisa di aprire il finestrino, ma il suo buon senso gli suggerì di tenerlo ben chiuso.
    _Caporale! Fra mezz’ora saremo a destinazione! Le consiglio di prepararsi!_ Alex acconsentì, si alzò ed aprì lo spigoloso armadietto in metallo che lo aveva accompagnato per tutto il viaggio: ne estrasse prima una felpa grigia, che indossò sopra la maglia, poi un cappotto mimetico bianco, grigio e nero. Prese poi un paio di occhialoni arancioni che sembravano occhiali da sci, e se li mise al collo. Infine notò un paio di pantaloni in tinta con la mimetica artica grigia e decise di indossarli, dapprima solo per l’accostamento di colore. Quando li infilò, tuttavia, si rese conto che erano imbottiti e l’interno era ricoperto di un corto tappeto di pelo sintetico… li trovò lievemente scomodi e troppo caldi, ma si disse che per il freddo che avrebbe trovato fuori sarebbero stati l’ideale.
    L’aereo iniziò a perdere quota, sino a posare le ruote su una pista d’atterraggio cosparsa di sale per evitarne il congelamento. Quando fu completamente fermo, Alex si mise in piedi davanti alla porta blindata, che venne aperta poche decine di secondi dopo da un addetto dell’aeroporto, che aveva trasportato anche una scaletta di metallo. Alex si sentì investire da una ventata d’aria fredda che quasi lo paralizzò, facendolo sentire come se fosse nudo, immerso in un lago di ghiaccio. Non si aspettava assolutamente un freddo del genere… era preparato al fatto che sarebbe stato “freddo”, ma non credeva che si raggiungessero questi livelli.
    Di certo non era come gli inverni in Australia.
    Inspirò profondamente, sentendosi ghiacciare i polmoni, poi iniziò a rilasciarsi alito caldo dentro il colletto della giacca per illudersi di riscaldarsi un pochino, dopodiché scese gli scalini ed attraversò la pista, raggiungendo un carro armato Type 61, a cui erano stati tolti i cannoni, a fianco del quale c’era un ragazzo che sembrava addirittura più giovane di lui, aveva i capelli neri pettinati in un caschetto ordinato e degli occhi marroni, e sembrava non sentire il freddo, pur indossando la medesima divisa di Alex.
    _Caporale Martin! Da questa parte! Caporale!!_ Continuava ad urlare, sbracciandosi e saltellando. Alex che riusciva a malapena a muoversi dal freddo, alzò lentamente un braccio per far capire che lo aveva visto, dopodiché incrociò le braccia sotto le ascelle tremando come una foglia. Quando vide il ragazzo che alzava il pollice e saliva nel tank, lo imitò, senza fiatare. Quando fu dentro poté tirare un sospiro di sollievo, la cabina era riscaldata. Perciò disse quello che gli era venuto in mente poco prima, alla vista del tank:
    _Era necessario usare un tank? Non bastava una jeep?_ Balbettò, ancora senza fiato.
    _Il fatto è che le jeep non amano particolarmente questi terreni ghiacciati con la neve fonda anche diversi metri, caporale. Il tank è uno dei pochi mezzi effettivi, abbiamo adottato come mezzi di trasporto un paio di Type 61 a cui abbiamo tolto il potenziale bellico._ Spiegò il soldato, quasi disorientato.
    _Non potevate lasciarli, i cannoni? Erano sempre una garanzia in più…_ Il giovane interlocutore di Alex sembrava stupito di tutta quella curiosità riguardo i tank.
    _Il fatto è che a causa della carenza di personale, visto che non molti accettano incarichi in luoghi così impervi, siamo costretti a ricorrere anche a personale civile per mansioni minori come guidare i veicoli da trasporto, occuparsi del pranzo ed altre cose.. quindi i tank non sempre sono guidati da personale militare ed abbiamo preferito rimuovere i cannoni per questioni burocratiche._ Spiegò il soldato, pazientemente.
    _Capisco. Oh, perdonami, non mi sono presentato anche se mi conoscete già. Caporale Alex Martin a rapporto._ Disse, scattando sull’attenti con la mano ancora tremante dal freddo.
    _Non si preoccupi caporale, il freddo di queste zone fa dimenticare a molti novizi le formalità… con il tempo ci si abituerà. Io sono il soldato semplice Elijah Johnson, molto piacere. Mi hanno parlato delle sue gesta, caporale, lei è davvero un Asso! Se guidasse il Gundam sarebbe alla pari di Amuro Ray!_ Alex alzò le braccia.
    _Eh, non esageriamo accidenti, si parla delle centinaia di nemici abbattuti da Amuro contro le decine abbattute da me… Ah, ah, ah!_ Rise Alex, scandendo le risate con i tremolii di freddo.
    _ È solo perché non aveva il Gundam, caporale Martin!_ Alex alzò il pugno.
    _Il mio GM ne valeva dieci, di Gundam, accidenti!_ Ridacchiò, sempre tremando. Nonostante la cabina del tank fosse riscaldata, aveva ancora il corpo pieno di freddo dal breve tragitto percorso a piedi. Elijah si mise a ridere con lui.
    _Freddo eh? Quando saremo alla base mi permetterò di offrirle una cioccolata calda, caporale Martin, che ne dice?_ Propose il giovane ragazzo, sorridendo gentilmente. Alex sorrise di rimando, meccanicamente.
    _Ti ringrazio. Chiamami Alex, non c’è bisogno di formalità. Non quando siamo da soli, almeno._ Concluse Alex, ridacchiando, imitato da Elijah. Sembrava un ragazzo a posto, simpatico e gentile. Si sarebbe trovato bene, in questa nuova base, il problema del freddo poteva essere facilmente superato.
    E poi molto probabilmente, come gli aveva detto Elijah, ci avrebbe fatto presto l’abitudine.
    Alex diede uno sguardo al monitor del tank, notando una sagoma all’orizzonte, vagamente riconoscibile come un edificio basso e squadrato, dall’aria molto funzionale, tutto tristemente grigio.
    _Eccoci caporale! Pochi minuti e ci siamo!_ Il tank si infilò dentro un grosso portellone aperto, che li portò dentro una gigantesca stanza incredibilmente spoglia eccetto per qualche braccio meccanico ripiegato sul soffitto e la bellezza di otto GM colorati di grigio posati lungo il muro.
    Il tank si arrestò, Elijah ed Alex scesero, venendo accolti al volo da una voce roca e profonda.
    _Oh, salve caporale Martin. Mi dispiace, dovremo rimandare i convenevoli a più tardi, se non le dispiace, sono state avvistate delle forze Zeon al confine._ L’uomo indossava una tuta da pilota. Fece un paio di passi su una scaletta che dava al cockpit di uno dei GM, l’unico colorato interamente di rosso e bianco, poi si fermò e si rivolse nuovamente ad Alex.
    _Perché non si unisce alla nostra battuta di caccia, caporale? Sarebbe un’ottima occasione per scambiare due parole e mostrarmi cosa sa fare._ Propose. Alex scattò sull’attenti.
    _Sissignore!_ Elijah gli posò una mano sul braccio, scuotendolo lievemente per attirare la sua attenzione.
    _Seguimi, gli spogliatoi sono di là, muoviamoci a raggiungere gli altri. Non preoccuparti…_ Aggiunse infine, vedendo che Alex esitava _Si tratta di GM Type D, Cold Climate, mezzi studiati apposta per resistere a questo tipo di temperature. Di sicuro si starà molto più bene lì dentro che non nel tank! Ah, ah, ah._


    Glossario:
    GM
    GM TYPE D
    TYPE 61 TANK

    Edited by ddraig - 9/8/2019, 15:38
     
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    facendo in mille pezzi i pomodori che stava coltivando.

    Ma povero licopene che fa tanto bene xd

    CITAZIONE
    con l’unico scopo di terminare gli Zeoniani.

    Terminare?

    CITAZIONE
    Prese poi un paio di occhialoni arancioni che sembravano occhiali da sci, e se

    Simpatica sta cosa xd



    Elijah non è il tipo di asimov?


    Btw, finita, boh a parte tutto suppongo sia presto per dire
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    CITAZIONE (Nobunaga @ 1/7/2019, 10:55) 
    CITAZIONE
    con l’unico scopo di terminare gli Zeoniani.

    Terminare?

    Estinguere. Eliminare. Annullare. Distruggere.

    P.S. So che intendi che probabilmente volevo scrivere "sterminare" e mi sono perso una S, ma no, avevo scelto la parola "terminare", per sottolineare come fosse una sorta di comando scritto nel codice di un robot che ormai nella sua vita ha solo quello scopo :zizi:
    CITAZIONE
    Elijah non è il tipo di asimov?

    Ehm, può darsi. Ma è un nome relativamente comune :asd:
     
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    Sì avevo capito, pensavo ti fossi dimenticato di tradurlo perché magari la avevi scritta in inglese
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    Avevi ragione, nonostante io sia totalmente estranea al mondo di Gundam, sono riuscita comunque a leggere fino alla fine senza incepparmi troppo, capendo più o meno il contesto generale :zizi:
    Mi piace il fatto che il protagonista sia già qualcuno nella storia e non inizi completamente da zero come spesso accade nelle fanfiction.
    Questo è solo il primo capitolo quindi forse l'avrai approfondito nei seguenti ma mi sarebbe piaciuto sapere un po' di più del passato di Alex, sopratutto di come sono morti i suoi genitori.
    Per la scrittura direi che è molto scorrevole anche se a volte c'è un abuso di punti, non sono sbagliati, ma troppi per il mio gusto personale ecco :zizi:
    Beh, siccome è un primo capitolo di introduzione non ho molto altro da aggiungere, spero solo che la maledizione non raggiunga anche questo forum :asd:
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    CITAZIONE (Lostien @ 5/7/2019, 17:15) 
    Avevi ragione, nonostante io sia totalmente estranea al mondo di Gundam, sono riuscita comunque a leggere fino alla fine senza incepparmi troppo, capendo più o meno il contesto generale :zizi:

    Grazie mille innanzitutto della lettura & del commento <3
    Scusami del ritardo nella risposta ma come ti anticipavo, visto che la settimana volgeva al termine ho aspettato di postare il nuovo capitolo u.u
    Spero che la storia continui a risultarti scorrevole e ti motivi a leggerla anche se non ti interessa Gundam, sarebbe un traguardo a cui onestamente non avrei mai ambito :asd:

    Per quanto riguarda il resto...
    CITAZIONE (Lostien @ 5/7/2019, 17:15) 
    Questo è solo il primo capitolo quindi forse l'avrai approfondito nei seguenti ma mi sarebbe piaciuto sapere un po' di più del passato di Alex, sopratutto di come sono morti i suoi genitori.

    Ecco un'altra cosa che avrei dovuto mettere negli appunti di lore. Non viene specificato come sono morti se non in seguito ad un "attacco zeoniano", ma questo perché Alex abita in Australia ed in Australia ha luogo uno dei più terribili attacchi di Zeon alla Federazione, quindi è facilmente intuibile che si parla proprio di quello. Invece di spiegarlo, lo linkerò, nell'improbabile caso qualcuno tenga a non farsi spoiler di un anime del 1979 :asd:
    P.S. il video palesemente non è del 1979, ma questa specifica scena è stata rianimata in un OAV.

    CITAZIONE (Lostien @ 5/7/2019, 17:15) 
    Per la scrittura direi che è molto scorrevole anche se a volte c'è un abuso di punti, non sono sbagliati, ma troppi per il mio gusto personale ecco :zizi:

    Lo so, è terribile, sto lottando con tutto me stesso per non toglierli (come detto in premessa, vorrei fare meno edit possibile, per far fede all'opera originale). Non riesco a capire. Perché al tempo. Scrivevo così. E lo facevo. Quasi ovunque. Mi sembrava fico. Suppongo.

    Spero anche io che la maledizione non giunga a questo forum, ma per sicurezza intorno all'episodio otto inizierò a monitorare eventuali cali di utenza :asd:
    Anyroad, è passata una settimana esatta, quindi è tempo di un nuovo episodio, e con questo la premessa è finalmente gettata e ci possiamo lanciare nel vivo della storia :zizi:


    MOBILE SUIT GUNDAM
    OPERATION SNOWMAN


    Episodio 2

    Alex stava infilando velocemente i pantaloni della tuta da pilota, tuttavia non poté più trattenere una domanda, nonostante la situazione richiedesse di muoversi velocemente.
    _Scusa ma… l’ufficiale di poco fa… ha detto proprio Zeon? Ci sono degli Zeoniani qui?_ Elijah annuì, chiudendo la zip della tuta e prendendo il casco.
    _Sì. L’ufficiale di prima, ovvero il Capitano Kelly, ha detto proprio Zeon. Non ti hanno detto perché sei stato chiamato qui?_ Alex scosse la testa mentre chiudeva la zip della tuta a sua volta.
    _No… non mi hanno detto nulla._ Elijah era stupito, ma scrollò le spalle.
    ¬_Beh, noi, la squadra Snowbound, siamo stati istituiti come corpo speciale per eliminare un piccolo ma pericoloso raggruppamento di forze ostili di radice Zeoniana… dei reduci della guerra che non si sono ancora arresi, evidentemente._ Alex annuì, ora gli era tutto più chiaro.
    _Capisco. Molto bene, siamo pronti._ Sentenziò, allacciando il casco. Elijah gli alzò il pollice e lo condusse alla sua unità GM. Il GM Type D era leggermente diverso dal GM normale anche esteticamente, oltre che nelle funzioni. Prima di tutto il colore era diverso, mentre il GM normale era rosso e bianco, il Type D aveva gli arti e la testa di un grigio chiaro, mentre il corpo, i piedi ed altri dettagli di un grigio più scuro. Sul petto squadrato vi erano quattro prese d’aria anziché due: oltre le classiche posizionate sul petto, il Type D ne aveva altre due vicino alle spalle. Spalle che, nel Type D, erano lievemente più strette ed allungate verso l’alto. Ma una delle differenze che avevano più impatto visivo era la presenza di due prese d’aria supplementari sulla zona dell’altrimenti piattissima faccia del GM. Il loro colore rosso acceso provocava un contrasto notevole con il resto della testa grigia e l’ampio visore azzurro.
    Nel complesso, era un design più apprezzabile, aveva un look molto più militare del suo predecessore.
    Alex si sedette nel familiare sedile ed impugnò le manopole, ripassando mentalmente i comandi mentre li guardava: erano rimasti identici al precedente GM. Il cockpit era insolitamente caldo e confortevole, sembrava di entrare improvvisamente ai tropici.
    E così era di nuovo a bordo di una macchina da combattimento Federale per annientare gli Zeon. Dopotutto non era ancora finita.
    “Tremate, Zeoniani, Alex è di nuovo in pista.” Pensava, sorridendo con un’espressione che incuteva quasi timore.
    _Caporale Martin, eccola, grazie Elijah._ Fece la voce dell’uomo di poco fa, che Elijah aveva detto ad Alex essere il Capitano Kelly.
    _Caporale Alex Martin a rapporto, Capitano._ Disse Alex, pomposo.
    _Vedo che Elijah ha già fatto le presentazioni. In ogni caso mi sembra giusto farlo personalmente, sono il Capitano Richard Kelly, piacere di conoscerti e benvenuto nella nostra squadra. Il soldato Johnson ti ha ragguagliato anche sulla missione?_ Chiese il Capitano Kelly, quasi speranzoso.
    _Mi è stato detto di eliminare quella gentaglia di Zeon al confine, signore._ Il Capitano ridacchiò.
    _Ti è stato detto tutto ciò che ti si doveva dire per questa missione, allora! Al ritorno i dettagli, eh, eh. Andiamo, team!_ Esclamò il Capitano, mettendosi davanti alla squadra. Il suo GM non era un Type D, era l’unico della squadra a pilotare una MS diversa. Era più sottile e slanciata del Type D, ma l’unica sostanziale differenza nel design esterno (oltre alla colorazione rossa e bianca, decisamente più appariscente) era la testa: era molto più stretta. Confrontandola con il design rotondeggiante della testa del Type D e del GM standard, aveva delle proporzioni molto più umane. Inoltre, come tratto distintivo principale, aveva una sorta di protuberanza all’altezza del mento, identica a quella usata dai Gundam-Type, con l’unica differenza di essere bianca. Si trattava di un GM Command, un’unità GM molto performante, prodotta in numero limitato, assegnata solamente ai comandanti di plotone.
    Di fronte ai tre GM grigi e ad i Guntank che componevano la squadra, il GM Command rosso si distingueva a distanza di chilometri.
    I due Guntank, o meglio, la versione prodotta in massa del ben più famoso RX-75 Guntank, erano colorati con una mimetica artica bianca, grigia e nera. I loro cingoli ruotavano veloci nella neve, lasciando due grossi solchi. Si trattava di giganteschi carri armati vagamente antropomorfi, erano riconoscibili testa e braccia. Erano diversi dai GM, perché non avevano mani per equipaggiare armi diverse, avevano le armi direttamente montate addosso: le braccia terminavano in dei mitragliatori di grosso calibro a canna quadrupla, mentre sulle spalle erano equipaggiati due cannoni da 120mm.
    Ed essendo privi di gambe e dotati invece di cingoli, probabilmente erano l’unica unità che procedeva senza intoppi su quel terreno così poco ospitale.
    La marcia nella neve era dura, si diceva Alex. Vi era una bufera di neve, che sembrava essere costante da quelle parti visto che non aveva smesso da quando era arrivato. I piedi del GM affondavano nella neve, muovendosi a fatica, rallentando incredibilmente il movimento. Si sentiva come se avesse avuto due massi appesi alle gambe, lento e goffo come una tartaruga.
    _Eccoli, FUOCO!_ Urlò all’improvviso il Capitano, alzando il mitragliatore da 100mm che stringeva nella mano destra e l’ampio scudo che aveva nella sinistra. Sparò una raffica di colpi contro quello che Alex riconobbe come un cumulo particolarmente grosso di neve. Per quanto si sforzasse e strizzasse gli occhi, non vedeva alcun nemico all’orizzonte. Alzò la guardia a sua volta, continuando a girarsi di scatto, senza vedere nulla. Il cielo era grigio, l’orizzonte era grigio, tutto era grigio, non sapeva dove sparare.
    Per la prima volta ebbe veramente paura: era sperduto in mezzo al nulla. Vide i suoi compagni sparare contro qualcosa che lui nemmeno vedeva, al pari di un fantasma. Qualcosa lo investì in pieno, facendolo sbatacchiare di qua e di là all’interno del cockpit. Quando si rimise in sesto, vide che aveva perso una bella fetta dello scudo. Cos’era che lo aveva attaccato? Si sentì sbalzato via una seconda volta, questa volta però l’impatto fu abbastanza forte per farlo cadere a terra, su una lieve pendenza in discesa che fu sufficiente per farlo scivolare quasi un centinaio di metri lontano dai suoi compagni.
    _Caporale! Tutto bene? Scendo a recuperarla!_ Tuonò la voce giovanile di Elijah, dagli altoparlanti del cockpit del Type D di Alex.
    _Negativo, Elijah! Rimani con il team, non separatevi! È un ordine! Io me la caverò!_ Rispose Alex, infervorato. S’intromise la voce del Capitano.
    _Niente azioni individuali nel mio team, Caporale! Veniamo a recuperarti!_ Insistette, deciso. Ma Alex era irremovibile.
    _Posso farcela! Tornerò lassù da solo! Mi dia dieci minuti!_ Pregava. Il Capitano parve riflettere.
    _Te ne darò cinque, dopodiché verremo a prenderti. Chiudo. Alex sorrise, grato. Si guardò intorno, per cercare di capire dove fosse il nemico. Con orrore si rese conto di aver perso la mitragliatrice. Stringeva ancora il suo mezzo scudo nella mano sinistra. Gli sembrò di vedere un puntino arancione passare, si girò di scatto senza però vedere nulla. Eccolo di nuovo, a destra. Si girò nuovamente di scatto, senza risultati migliori del primo tentativo. Accadde per la terza volta, lo vide più nitido, una sorta di bastone arancione brillante. Ne aveva visti molti così, era chiaramente la Heat Saber di un…
    _DOM!_ Urlò Alex, girandosi di scatto a sinistra e parando la Heat Saber con il mezzo scudo che gli rimaneva. La Heat Saber era una sorta di bastone incandescente, tenuto dalla possente mano di un mezzo Zeon il cui nome da solo poteva far rabbrividire decine di piloti veterani di GM: il Dom. Il Dom era un imponente mezzo dalle forme rotondeggianti: le braccia erano lunghe e possenti, il corpo tozzo e massiccio, le gambe ancora più massicce, a forma di campana. La testa, che sembrava incastrata in mezzo alle spalle, era rotonda con un grande foro a forma di croce giusto in mezzo, in cui il minaccioso occhio rosa si muoveva freneticamente.
    Era un Dom leggermente diverso da quelli a cui era abituato Alex, questo perché si trattava di un Dom Cold Climate. Così come i GM, anche i Dom avevano una variante adatta a sopportare i climi freddi. Era completamente grigio, con alcuni dettagli celeste sui polsi, sulle gambe ed intorno al foro a forma di croce del monocolo. Inoltre sopra la spalla destra aveva montato un cannone dall’aria minacciosa. Alex fece fuoco con i mitragliatori vulcan sulla testa, danneggiando superficialmente il Dom, che fu costretto ad indietreggiare. Alex continuò il fuoco, sperando di colpirlo, ma il Dom scivolò via nella neve, apparentemente senza limitazioni di agilità. Pochi secondi ed era sparito di nuovo. Tornò alla carica un’altra volta, cogliendo quasi impreparato Alex, ma quest’ultimo gli lanciò lo scudo addosso: il Dom lo tagliò in due pezzi più piccoli mentre il Type D estraeva la Beam Saber dalla spalla sinistra. Se fossero stati sulla terra ferma, di quel Dom sarebbe rimasto solamente il ricordo, tuttavia i piedi del GM scivolarono sulla neve ed Alex finì per colpire solamente la gamba del Dom, mentre mirava al cockpit. La giuntura del ginocchio del mezzo Zeon si disintegrò in mille pezzi, facendo crollare la MS a terra. Alex si rimise in posizione eretta con il suo GM e tagliò via anche il cannone al nemico, in modo che fosse inoffensivo.
    Infine alzò la Beam Saber e fece per calarla sul cockpit, quando venne interrotto. Una scarica di colpi da una mitragliatrice vulcan lo colpì in pieno. Egli lasciò cadere la Beam Saber e fece uno scatto indietro con i boosters, riparandosi con le braccia incrociate. Quando tornò a guardare la scena, vide una MS tanto rara quanto incredibile. MS-18E, Kaempfer, una Mobile Suit d’élite dell’esercito di Zeon. Era colorato tutto di bianco, eccetto per qualche dettaglio rosso. In particolare, sul lato sinistro della testa aveva quello che sembrava uno sfregio di colore rosso che partiva dalla parte superiore della testa, attraversava l’area dell’occhio e finiva nella placca di corazza subito inferiore, in corrispondenza del mento. Alex ne aveva visto forse uno in tutta la sua carriera di pilota, ma comunque non ne aveva mai affrontati. Era quanto di più spaventoso avesse mai visto. Armato fino ai denti, con due bazooka che sporgevano da dietro le spalle ed uno shotgun agganciato alla schiena, senza contare le due Beam Saber nascoste nelle gambe. Sotto un braccio stringeva un grosso container che assomigliava vagamente al rimorchio di un camion, mentre l’altro braccio era impegnato a sorreggere il Dom con una gamba sola, danneggiato da Alex. Provvidenzialmente, scivolarono giù dalla pendenza i tre GM compagni di squadra di Alex, sparando quasi alla cieca per coprire il Caporale, ormai disarmato.
    _Caporale! Siamo qui!_ Esclamò il Capitano. Il Kaempfer bianco indietreggiò leggermente, poi si diede alla fuga.
    _Capitano guardi, è lui! Prendiamolo!_ Esclamò Elijah. Fecero per inseguirlo, ma due Dom si frapposero fra il plotone di GM ed il Kaempfer. Fecero fuoco con i bazooka che stringevano in mano e con il cannone sulla spalla contemporaneamente, mirando al terreno, scatenando così una incredibile nube di neve, che appannò la vista ai piloti della Federazione. Quando la visuale tornò normale, le truppe Zeon erano sparite nel nulla.
    _Wow Caporale, alla sua prima battaglia si è trovato faccia a faccia con il Kaempfer Bianco… è un miracolo che sia ancora vivo! Eh, eh, eh!_ Urlò Elijah, entusiasta.
    Più tardi, alla base, Alex era in piedi di fronte ad un uomo piuttosto alto, con i capelli tenuti abbastanza corti castani ed un paio di folti baffi a manubrio del medesimo colore. Indossava una variante della divisa della Federazione bianca, mentre i suoi sottoposti la indossavano grigia.
    _Molto bene, te la sei cavata bene oggi, sul campo di battaglia, per essere la tua prima volta sulla neve. Però cerca di limitare le azioni individuali, da ora in poi, va bene?_ Chiese il Capitano, lasciando intendere che gli sarebbe dovuto andare bene comunque. Alex scattò sull’attenti.
    _Sissignore._ Rispose, secco.
    _Molto bene, ti presento al team, anche se conosci già qualcuno. Ragazzi, questo è il Caporale Alex Martin, dalla divisione Australiana. È stato assegnato al team Snowbound per via dei suoi ampi meriti in battaglia… oltre che per il fatto che è stato l’unico ad accettare l’incarico, eh eh._ Vedendo che nessuno rideva alla sua battuta, si schiarì la voce e diede ai suoi soldati le spalle.
    _Ahem. Elijah, presentagli i membri del team, ho delle faccende burocratiche da sbrigare._ Elijah scattò sull’attenti.
    _Sissignore. Dunque… Alex?_ Fece il soldato, per attirare la sua attenzione.
    _Sì._ Rispose Alex. Elijah gli indicava un ragazzo che pareva avere più o meno venticinque anni. Aveva gli occhi di un blu intenso ed i capelli biondo scuro. Era piuttosto alto ed aveva dei muscoli abbastanza sviluppati. Vedendo che Elijah puntava su di lui, si girò verso i suoi due interlocutori.
    _Questo è il cadetto Ethan Campbell. È nato qui in Canada e compensa la sua scarsa esperienza come soldato con il fatto che è di sicuro quello che conosce meglio il territorio, fra di noi. Ethan…_ Elijah lo invitò a presentarsi. Ethan tese la mano verso Alex, accennando un sorriso.
    _Molto piacere, Caporale. Scarsa esperienza, eh Elijah? Tu invece sono anni che fai il soldato, eh?_ Prese in giro Ethan, mentre stringeva la mano ad Alex.
    _Piacere mio._ Disse quest’ultimo, prima che Elijah rispondesse alla provocazione di Ethan.
    _Oh ovviamente anche io ho un’esperienza che rasenta lo zero, solo che non conosco nemmeno le zone e non ho nulla con cui compensare!_ Ci scherzò su Elijah, anche se era tutto vero. Egli poi si girò verso l’altro soldato presente nella stanza, che si era già preparato con la mano tesa. Alex la strinse vigorosamente senza esitare, sentendo che l’altro ricambiava con altrettanto vigore.
    _Piacere. Lei è?_ Disse Alex.
    _Sono il Sergente Logan White. Molto piacere. Ho sentito molto parlare di lei, Caporale. Spero che sarà all’altezza delle aspettative del team._ Ethan gli diede una forte pacca sulla spalla.
    _Sempre che tu sopravviva più di una settimana! Andare ad attaccare briga con il Demone Bianco già alla tua prima missione non è esattamente la cosa più intelligente che tu abbia fatto, ah, ah, ah!_ Esclamò.
    _Demone Bianco? Non è come gli Zeon chiamavano il Gundam?_ Chiese Alex.
    _Sì. Ma qui abbiamo il nostro Demone Bianco personale, ah, ah, ah._ Ridacchiò Ethan.
    _A dire il vero lo abbiamo chiamato con un miliardo di nomi… Il mio preferito è Snowman, l’Uomo Delle Nevi._ Disse Elijah, quasi sognante.
    _Si tratta di un MS-18E Kaempfer, per la precisione quel Kaempfer bianco con cui si è trovato faccia a faccia e a cui è miracolosamente sopravvissuto._ Spiegò Logan, serio, quasi rimproverando con lo sguardo i due compagni che ci scherzavano su.
    _Miracolosamente? Ah, ah, andiamo…_ Vide che Logan non scherzava.
    _Ha abbattuto decine di soldati senza mai perdere un singolo arto, anzi neanche, senza mai perdere neppure il corno, o quegli spuntoni che ha sulla spalla. È inarrestabile. Il resto delle truppe possiamo annientarle facilmente, ma lo Snowman è fuori dalla nostra portata. Credo sia per questo che hanno richiesto la presenza di un Asso della Federazione come lei, Caporale._ Spiegò Logan.
    Alex lanciò un’occhiata fuori dalla finestra, come per vedere se riusciva a trovare il Kaempfer Bianco, e per un attimo gli parve addirittura di averlo visto, in lontananza. Ma erano i suoi occhi che lo ingannavano.
    Il Caporale si concesse un ultimo pensiero, prima di staccare gli occhi dalla finestra e seguire Elijah e gli altri alla sala mensa per mangiare:
    “A noi due Snowman.”


    GLOSSARIO
    DOM COLD CLIMATE
    KAEMPFER
    MP GUNTANK
    GM COMMAND
    Kelly's GM Command (custom)

    P.S. Per quanto possibile cercherò di evitarvi i miei disegni incresciosi, lo farò solo se ci sono colorazioni particolari, come in questo caso. Ci dovrebbe essere anche il Kaempfer bianco ma tutti i disegni sono troppo brutti per essere visti :asd:

    Edited by ddraig - 9/8/2019, 15:38
     
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    Ops, mi sa che mi era passato di mente di postare :asd:



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    OPERATION SNOWMAN


    Episodio 3

    Ce l’aveva fatta anche questa volta.
    Adrian Larsen era un uomo, o meglio, poco più che un ragazzo, di ventisette anni. Alto, muscoloso e senza un filo di grasso. Aveva dei lunghi capelli biondi, quasi dorati, che ricadevano disordinati ai lati della testa. Gli occhi erano azzurri, limpidi come il ghiaccio di quelle terre inospitali, tuttavia l’occhio sinistro era chiuso in maniera perenne, a causa di una ferita che si era fatto: un notevole taglio cicatrizzato partiva da metà fronte e scendeva giù fino ad attraversare completamente l’occhio sinistro. Non era mai più riuscito ad aprirlo.
    Se ne stava seduto sulla poltrona del cockpit del suo mezzo, felice del fatto che anche questa battaglia fosse andata a buon fine, senza perdite o feriti gravi. Un passo dopo l’altro, camminava in una stanza gigantesca: una sorta di rudimentale hangar attrezzato con quei pochi attrezzi che avevano. Lungo entrambe le pareti erano inginocchiate file di MS, disattivate, senza pilota. Oltre ai Dom Cold Climate c’erano anche diversi Zaku II, colorati di bianco.
    Lo Zaku II, uno dei mezzi più emblematici della OYW in quanto la seconda MS prodotta dalla Zeonic, la casa produttrice di MS che serviva il Principato di Zeon. Con ogni probabilità, si trattava dell’unità più diffusa nell’esercito di Zeon. Si trattava di una MS poco meno alta del Dom, ma solo a causa dell’altezza sopra la media di quest’ultimo. Aveva delle gambe piuttosto grosse, proporzionate al corpo, dalle forme ampollose. Erano nascoste fino a metà coscia dall’ampia gonna, molto più ampia di quella dei GM, attraversata da un tubo dall’aria importante. Il torso era piccolo e squadrato, le braccia abbastanza lunghe e piuttosto massicce. Sulla spalla destra gli Zaku montavano una spallina con diversi speroni che puntavano in direzioni diverse, mentre sulla sinistra avevano una placca di corazza particolarmente spessa, che fungeva da scudo.
    La testa era la parte più particolare dello Zaku: era rotondeggiante con un foro rettangolare per il monocolo, meccanismo simile a quello del Dom, tuttavia sul davanti aveva una protuberanza su cui volgevano due tubi. Assomigliava vagamente al boccaglio di una maschera da sub.
    Adrian superò le due file di Zaku e Dom, fino ad arrivare ad un posto vuoto. Fece inginocchiare il suo mezzo proprio lì. Prima di uscire fissò il soffitto del cockpit.
    Era veramente la cosa giusta, quella che stava facendo? Non potevano vincere, questo lo sapeva già dal principio, come lo sapevano tutti gli altri che combattevano al suo fianco. Zeon era caduto, erano da soli, circondati da Federali. Per ogni soldato della Federazione che moriva, ne arrivavano altri due. Mentre per ogni soldato Zeon morto nella sua squadra, si creava una voragine irreparabile, che lentamente li consumava. In quella maniera avevano già perso cinque alleati. Cinque non è un gran numero, in una guerra, tuttavia per loro lo era, dal momento che non potevano più sostituire quei cinque con altri cinque.
    Ma se non potevano vincere, perché combattevano, alla fine? Se si fossero arresi sarebbero stati integrati nella società Federale senza problemi… beh, almeno all’inizio, prima dell’inizio di questa lotta fra i ghiacci.
    Ora di certo non potevano fermarsi e dire “Ok, sono stanco, integratemi pure nella Federazione”.
    Eppure ogni tanto Adrian ci pensava, alla sua vita, alla vita dei suoi compagni, come sarebbe stata senza la guerra. Gente che sognava di trovare l’amore della propria vita, gente che lo aveva già trovato, ed esso aspettava trepidamente in casa il ritorno del proprio soldato… ed infine lui, senza una casa, senza dei genitori, senza un’anima gemella…
    Si disse che questa storia degli ideali di Zeon era solo una maschera per nascondere la sua egoistica lotta contro il mondo, che non aveva nulla da offrirgli… e probabilmente era così.
    Tuttavia… aveva dato a quegli uomini una ragione per continuare a lottare, per continuare a vivere. Sotto certi aspetti si poteva dire che gli aveva fatto un favore… rinnegare i propri ideali solamente per vivere pacificamente non era certamente la sua idea di una vita “bella”.
    Che senso avrebbe avuto la Guerra di un Anno? La morte di tutti quei soldati Zeon? Sarebbe stato tutto inutile? Non poteva accettarlo. O meglio, DOVEVA accettare il fatto che avrebbe continuato a combattere fino alla morte, per i propri ideali, perché non aveva nient’altro.
    E questa era la cosa giusta da fare.
    Adrian se ne convinse. Lasciò cadere a terra con noncuranza il Dom Cold Climate che aveva trasportato fino a quel momento, in ogni caso il suo pilota era già evacuato. Dopodiché posò a terra il rimorchio di camion che imbracciava ed infine si inginocchiò allineandosi con gli altri Zaku.
    Si stampò in faccia un sorriso esibizionista ed uscì dalla cabina del suo fedele Kaempfer bianco, trionfante.
    Adrian Larsen, era lui lo Snowman che terrorizzava i piloti della Federazione.
    Venne accolto da uno scroscio di applausi che rimbombò in tutto l’hangar. Sempre con il suo sorriso indosso, alzò il braccio per ringraziare e si avviò verso l’interno della base. Con la coda dell’occhio notò che avevano già aperto il rimorchio da lui recuperato: centinaia di piccoli, colorati pacchetti di forme differenti scivolarono a terra, forse originariamente impilati ordinatamente. Un boato di gioia si levò nell’hangar: si trattava di provviste alimentari per almeno un’altra settimana. In fondo al camion c’erano anche diversi componenti di ricambio per le MS, utili per effettuare quelle piccole riparazioni rimandate fino a quel momento per la mancanza di materiale.
    Ogni settimana o due, infatti, una squadra veniva mandata sul confine per recuperare provviste contrabbandate da simpatizzanti di Zeon. Un misto di accortezza e fortuna aveva impedito ai camion di venire trovati, fino ad ora, tuttavia la squadra dello Snowman sapeva benissimo che ogni carico di provviste poteva essere l’ultimo.
    Adrian ripensò alla battaglia di quel giorno. A giudicare dai movimenti di quel GM, sembrava un nuovo pilota, ancora impacciato e goffo, sulla neve. Eppure era riuscito a sconfiggere un Dom, il Dom di Jack, che ormai apparteneva a quelle lande ghiacciate come se fossero una seconda casa. Anzi, come se fossero la sua unica casa, per il momento.
    Forse non era guidato da un pilota ordinario, forse avevano ingaggiato un Asso della Federazione o qualcosa del genere. Adrian si pentì di non averlo ucciso in quel momento, anche se non avrebbe potuto farlo senza esporre inutilmente le provviste raccolte con tanta fatica.
    Non riusciva a risolversi, era stata la cosa giusta da fare?
    Forse sarebbe stato il caso di lanciare un secondo attacco prima che il novellino avesse preso confidenza con la neve. Guardò i suoi uomini e li vide stanchi, affamati, posati alle mura dell’hangar bevendo una bibita calda e ci ripensò. Se fosse diventato un nemico mortale, se ne sarebbe assunto la responsabilità e sarebbe morto a costo di difendere i suoi subordinati.
    Non erano propriamente subordinati, ormai il rango militare era stato dimenticato da tutti. Ma era stato lui il primo ad impugnare le armi e ad accogliere profughi Zeon ancora disposti a lottare, per questo tutti lo guardavano con rispetto ed ammirazione, per questo ne era diventato il capo.
    Larsen attirò l’attenzione di un paio di meccanici, ordinando di far riagganciare lo scudo al suo Kaempfer. Normalmente i Kaempfer non sarebbero dotati di scudo, tuttavia Adrian aveva rimediato lo scudo di un Gouf, con tanto di spada infilata dentro. Lo aveva agganciato al suo mezzo ed aveva usato quella spada e quello scudo quasi come un simbolo, il simbolo dell’ideale di Zeon, che lui ed i suoi compagni si erano portati avanti quasi come dei nobili cavalieri, nonostante il Principato fosse ormai sciolto.
    Dopo aver seguito i movimenti dello scudo che veniva calato dal soffitto ed agganciato al braccio sinistro del Kaempfer, Adrian si disse che sarebbe andato a riposare qualche ora. Del resto, si stava facendo buio.
    Prima di andare riempì i polmoni d’aria e fece echeggiare la sua voce lungo l’intero hangar.
    _Ottimo lavoro oggi!_ Tuonò, sorridendo ed alzando il pugno. Un secondo applauso gli rispose. Soddisfatto, si girò e si diresse verso l’interno della base. Varcò la soglia dell’hangar e si ritrovò immediatamente in uno strettissimo corridoio, simile a quelli dei sottomarini.
    _Comandante Larsen!_ Urlò una voce femminile molto giovanile, quasi infantile, alle sue spalle. Adrian si fermò un secondo per dare tempo di raggiungerlo ad una ragazzina a cui non si sarebbero dati più di quindici anni, ma che in realtà ne aveva quasi venti.
    _Ti ho detto di chiamarmi Adrian, Isabel._ Lei non fece una piega, come se fosse abituata a quelle risposte lievemente sgarbate del ragazzo. Si chiamava Isabel Flores. Era una ragazza abbastanza alta, con i capelli nerissimi raccolti in uno chignon e gli occhi verdi. Indossava una tuta da pilota di Zeon. I capelli e la carnagione piuttosto scura lasciavano intendere che venisse dalla parte meridionale del planisfero: era cresciuta infatti nelle lande inospitali del Messico, prima di essere trasferita su Side 3.
    _Sono così felice che sia riuscito a salvare il signor Brown, Adrian._ Rispose lei, con un sorriso da orecchio a orecchio. Adrian non si scompose.
    _Non era nulla, il pilota del GM era un novellino._ Spiegò.
    _Un novellino? E come fai a esserne sicuro?_ Indagò la ragazza.
    _Da come si muoveva nella neve, come se non fosse ancora abituato. È inciampato sulla neve quando aveva Brown praticamente in pugno._ Spiegò Larsen, paziente. La ragazza annuì.
    _Capisco… ma come ha fatto a ridurre a quel modo il Dom di Brown? Brown ormai è capace di manovrare il suo mezzo piuttosto bene, fra i ghiacci… se fosse stato davvero un novellino non avrebbe avuto scampo!_ Protestò quindi. Adrian scrollò le spalle.
    _Non me lo spiego._ Disse, secco, dopodiché aprì la porta che conduceva allo spogliatoio, seguito a ruota da Isabel. Si tolse la parte superiore della tuta, ma nel farlo mosse bruscamente la spalla destra. Una fitta di dolore lancinante lo costrinse a sedersi sulla panchina e a rimanere immobile, tenendosi la spalla con il braccio sinistro. Isabel si tolse la parte superiore della tuta a sua volta, mentre continuava a chiacchierare, poi si accorse che il ragazzo si teneva la spalla senza muoversi. Una lunga cicatrice partiva dalla spalla ed arrivava fino a metà della schiena muscolosa, attraversando la scapola. Si avvicinò e posò le mani sulla schiena al ragazzo, massaggiandola leggermente.
    _Ti fa ancora male?_ Adrian boccheggiava, aveva dimenticato di prendere gli antidolorifici quella mattina. O meglio, si era convinto che non gli sarebbero serviti: ora pagava le conseguenze della sua avventatezza.
    _ È tutto a posto._ Smentì, gemendo, tutto d’un fiato. La ragazza spostò la mano di Adrian ed iniziò a massaggiare dapprima dolcemente, poi con più vigore, la zona dolorante. Il ragazzo ogni tanto si lasciava sfuggire un gemito o un gesto nervoso del piede. Alzò lo sguardo e vide, nello specchio di fronte a sé, Isabelle con un reggiseno bianco molto semplice. Distolse lo sguardo quasi come si fosse scottato.
    _Fa male?_ Chiese lei, interpretando male il movimento.
    _No. È che…_ Lasciò che la frase cadesse nel vuoto, così la ragazza alzò lo sguardo a sua volta e notò il suo riflesso sullo specchio. Ridacchiò.
    _Come va la spalla?_ Chiese, dolcemente. Adrian provò a muoverla. Faceva ancora abbastanza male, ma poteva sopportarlo.
    _Molto meglio. Grazie._ Disse. Cautamente, si tolse il resto della tuta da pilota, rimanendo in boxer. Appese la tuta dentro un armadietto. Non era propriamente il suo, ma di solito lasciava la sua tuta lì. C’erano altre due tute dentro, solo che erano verde militare come quella di Isabel, i colori standard di Zeon. Adrian invece, solitamente, indossava una tuta tutta bianca con delle strisce rosse. Le parti rinforzate su petto, braccia e cintura erano azzurre. Tutto ciò creava un forte contrasto che faceva brillare la sua tuta e la faceva sembrare così diversa dalle altre, da non sembrare nemmeno una tuta Zeon.
    Il ragazzo si avviò quindi verso le docce. Si trattava di poche docce, massimo cinque o sei, disposte in fila una dopo l’altra, senza porta ma dotate di separé. Poco prima di entrare nella doccia, lasciò i boxer in una cesta di biancheria, che veniva svuotata ogni sera.
    _Sei già sotto la doccia? Aspettami maledizione!_Adrian non l’ascoltò, accese l’acqua calda e chiuse gli occhi, tentando di rilassarsi per la prima volta dopo una giornata. Sentì l’acqua nella doccia accanto alla sua che si apriva e dei passi di piedi nudi. Una voce giunse quindi da dietro il separé.
    _Siamo proprio fortunati ad avere questa sorgente termale qui sotto, vero?_ Fece la ragazza. Adrian, con aria assente, rispose:
    _Non siamo fortunati, ho costruito la base in questo luogo proprio perché era nascosto e c’era la sorgente termale..._ Il tono doveva essere scherzoso, solitamente rispondeva così quando gli altri gli facevano notare quanto fossero fortunati ad avere la sorgente termale proprio sotto i piedi. Tuttavia questa volta aveva un tono neutro e pacato, quasi stanco. La ragazza rimase un secondo in silenzio, delusa, poi decise di cambiare argomento.
    _Comunque non sei molto cavaliere, lo sai? Potevi anche aspettarmi…_ Scherzò. Adrian sospirò, ed Isabel, sentendolo, temette che l’avesse presa sul serio.
    _Ehi Adrian… scherzavo! L’avevi capito, no?_ Il ragazzo scosse la testa, come scrollandosi via i pensieri.
    _Sì, sì, non ti poreccupare._ Sminuì. Il separé si aprì di qualche centimetro e fece capolino l’occhio di Isabel.
    _C’è qualcosa che non va, Adrian?_ Lui non rispose, continuava a fissare insistentemente a terra, il piccolo vortice creato dallo scarico che risucchiava l’acqua.
    _Credo di essere solo un po’ stanco._ Disse. In realtà ripensava a quanto poco era mancato alla morte di Brown, quel giorno. Se quel soldato della Federazione non fosse inciampato… non voleva nemmeno pensarci. Pensò alla moglie di Brown, a sua figlia… ogni giorno, Jack Brown trovava sempre il tempo di mostrare le foto di sua moglie e della bambina sorridente ad Adrian, mormorando con il sorriso stampato in faccia “Guarda le mie donne… non vedo l’ora di riabbracciarle.”
    Tante erano le volte in cui Adrian gli aveva proposto di tornare da loro e dimenticare Zeon, ma lui si era rifiutato categoricamente di farlo, sostenendo di credere fermamente negli ideali di Zeon.
    No, anzi, sostenendo di credere fermamente in Adrian.
    _Adrian? Mi senti?_ Adrian sbattè le palpebre e si rivolse verso l’occhio della ragazza che si intravedeva da dietro il separé.
    _S… sì, scusa. Ho solo bisogno di riposare un po’, va tutto bene, non ti preoccupare._ Disse, mentre si massaggiava la testa con lo shampoo, facendo diventare i suoi capelli un groviglio di schiuma. Isabel, ancora incerta, fece lo stesso. Cosa stava capitando nella mente di Adrian? Sembrava insolitamente stanco.
    Se fosse sceso il morale di Adrian, il morale di tutta la base sarebbe affondato.
    Pochi minuti dopo sentì che muoveva dei passi verso l’esterno della doccia ed affrettò il lavaggio del suo corpo e dei capelli. Uscì dalla doccia, afferrò uno degli asciugamani appesi ai ganci del muro e seguì Adrian di nuovo nello spogliatoio, dove c’erano i loro vestiti.
    Non osò parlargli, avvertendo il suo desiderio di riflettere un po’ in pace. Si vestì più in fretta che poté, riuscendo a superare Adrian, dopodiché si alzò e si mise alla porta. L’aprì e fece per uscire. Sulla soglia, però, non poté evitare di rivolgersi un’ultima volta ad Adrian.
    _Questa sera vedi di farti trovare in camera tua per le otto… ti faccio un massaggio serio a quella spalla, che non stai messo per niente bene. A trent’anni sembri un vecchio di novanta!_ Esclamò. Adrian rimase dapprima spiazzato, poi annuì, ridacchiando.
    _Va bene._


    GLOSSARIO
    ZAKU II
    GOUF

    Edited by ddraig - 9/8/2019, 15:38
     
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    Episodio 4

    _Allora, ci sei, Alex?_ Alex inspirò ed espirò l’aria calda che usciva dalle ventole di destra e sinistra.
    _Sì, credo di sì._ Disse. Il suo monitor era un groviglio di neve, bianco, grigio, vento, confusione. Distingueva a fatica le sagome lievemente più scure dei due GM a poche decine di metri davanti a lui.
    _Hai bisogno di ripassare il programma?_ Chiese la voce di Ethan, dal ricevitore. Alex ebbe un lieve scatto di rabbia, era come se lo trattassero come un idiota. La facevano facile loro. Tuttavia non voleva rischiare che una punta d’orgoglio gli rovinasse il test.
    _Forse un ripassino veloce è quel che ci vuole._ Mormorò. Ethan ridacchiò, mentre Elijah attaccava.
    _D’accordo. Allora, tu conta fino a dieci mentre noi ci allontaniamo. Dopodiché dovrai solo colpirci mentre noi ci avviciniamo. Se riusciremo ad avvicinarti a corto raggio senza essere colpiti in maniera importante, avrai perso._ Spiegò il ragazzo, pazientemente. Alex inspirò ed espirò di nuovo, annuì per convincersi di avere tutto chiaro ed infine, in un respiro, lo rese noto ai suoi compagni.
    _Tutto chiaro, possiamo iniziare._ Disse. I GM dei due compagni fecero un passo indietro, mentre acconsentivano.
    _... Sei… Sette… Otto… Nove… Dieci._ Finì di contare Alex, sussurrando al microfono.
    _Ok Alex, stiamo arrivando._ Fece Elijah.
    _Forza Sydney boy, facci vedere quello che sai fare._ Schernì Ethan.
    _Sydney boy? Dove siamo, in un telefilm vintage?_ Ridacchiò Alex, mentre puntava la sua arma verso il nulla. Impugnava una mitragliatrice Bullpup, l’arma utilizzata generalmente dai GM dalla seconda serie in poi: i Beam Spray Gun, per quanto neppure paragonabili alla potenza di un Beam Rifle, si erano dimostrati troppo costosi da produrre in numeri elevatissimi, perciò dalla seconda parte della OYW in poi si era sviluppata la tendenza di tornare alle armi balistiche, meno efficaci ma decisamente più economiche.
    La Bullpup di Alex, tuttavia, era particolare, in quanto caricata con dei pallini di vernice blu, in modo tale da risultare inoffensiva, ma mostrare dove sarebbe andata a colpire.
    Sapeva che i Type D dei suoi compagni, in questo momento avversari, si stavano avvicinando inesorabilmente, tuttavia non riusciva a vederli, tantomeno a sentirli camminare su quel soffice tappeto di neve che divorava ogni suono. Periodicamente, dagli sfoghi sulle guance del suo GM, uscivano delle sbuffate d’aria, l’unico rumore che riusciva a percepire dall’interno del cockpit. Ad un certo punto, così dal nulla, una mano meccanica spuntò davanti a lui. Lui fece in tempo a malapena a voltarsi, uno dei Type D gli stava posando una mano sulla spalla: era entrato a corto raggio, aveva perso la sfida.
    _... Cazzo._ Imprecò, fra i denti.
    _Non te la prendere, Sydney. La prima volta è così per tutti. Avresti dovuto vedere Elijah, è inciampato nella neve per lo spavento, cadendo a terra e fratturando la giuntura del ginocchio al suo Type D nuovo di zecca. Avresti dovuto vedere il Capitano, mai visto così arrabbiato, ah, ah, ah!_ Elijah ridacchiò a sua volta, passivamente, negli altoparlanti, perciò Alex si sentì autorizzato a fare altrettanto.
    _Eh, eh, eh._ Non lo nascondeva, la sconfitta gli bruciava, ma era stato colpito che un personaggio sbruffone come Ethan non si fosse vantato o non avesse preso in giro, anzi, lo aveva rassicurato!
    Evidentemente non era cosa di cui stupirsi, sentirsi totalmente sperduti in quelle distese bianche. Alex si rincuorò di ciò e sorrise nella cabina, accettando la sfida che quelle lande inospitali gli ponevano.
    Aveva imparato a diventare un grande pilota, durante la OYW, a conoscere ogni singolo bullone del suo GM, a conoscere gli Zeoniani e adattarsi a buona parte del territorio, spesso a tratti molto simile da scenario a scenario, dove aveva combattuto.
    Ed ora era tornato all’accademia, doveva imparare a pilotare un GM da capo, imparare ad apprezzare il nuovo Type D della Federazione, a capire gli Zeoniani delle nevi, così diversi da quelli che aveva affrontato fino ad ora, e a diventare tutt’uno con quella distesa bianca.
    _Sono pronto per ricominciare, quando volete. Ho ancora il caricatore completamente carico, ah, ah, ah!_

    Qualche minuto dopo, Alex era di nuovo solo nella neve. Tese l’orecchio più che poté e strizzò gli occhi. Distinse una sagoma in avvicinamento e fece fuoco con tre pallini di vernice, tuttavia pochi secondi dopo fu raggiunto dai GM dei suoi compagni, senza tracce di blu.
    Ripeterono il procedimento una terza volta. Alex si sforzò più possibile di identificare i due GM nella neve, prestava attenzione ad ogni minimo movimento e sparò un paio di volte a dei fiocchi di neve particolarmente grossi. Infine la vide, una sagoma grigia che si avvicinava come a rallentatore, una mano che diventava via via sempre più nitida.
    _Preso!_ Urlò, sparando una scarica di pallini di vernice, fino a svuotare il caricatore. Il GM di Ethan apparve dal nulla e gli prese la spalla, tuttavia quello di Elijah tardava. Emerse più lentamente dalla fitta coltre bianca.
    _Accipicchia, mi hai preso._ Alex guardò il GM del compagno: il braccio e la gamba destra erano entrambi macchiati pesantemente di blu. Non erano danni mortali, se avesse usato munizioni effettive Elijah sarebbe stato ancora vivo, tuttavia lo avrebbe quantomeno immobilizzato nella neve.
    Alex esultò, alzando le braccia, mentre Ethan fischiava.
    _Niente male come primo giorno. Ora torniamo alla base, è quasi ora di pranzo._
    Alex era seduto al tavolo con un sorriso da orecchio a orecchio, soddisfatto della sua prima, piccolissima vittoria fra le nevi. E affamato, molto affamato. Ancora pochi minuti ed avrebbero iniziato a servire il pranzo. Ad occuparsi della mensa, a mezzogiorno, era una civile che veniva dalla piccola città “vicina”, a poche decine di chilometri di distanza. Aveva l’età di Alex, forse un paio d’anni in meno, era piuttosto bassa, palliduccia e magra. Aveva dei lunghi capelli marrone chiaro raccolti dietro, due grandi occhioni azzurri, un naso piccolo ed appuntito e delle labbra piuttosto sottili. Quando Alex la vide entrare non poté fare a meno di prendere a gomitate Ethan per attirare la sua attenzione:
    _Ehi, Ethan, chi è quella ragazza?_ Chiese.
    _Toglitela dalla testa, Sydney, è la mia fidanzata._ Alex ci rimase dapprima lievemente male, poi Logan s’intromise sedendosi al tavolo con loro.
    _Ti piacerebbe, eh, Ethan?_ Ethan abbassò il capo, teatralmente.
    _Ehi, guarda che l’ultima volta c’era quasi stata. Mi servono solo altri otto - nove anni e riuscirò a portarla a cena._ Disse Ethan, sembrando serissimo, ma scoppiando a ridere un minuto dopo, imitato da tutti i suoi commilitoni. Alex quindi capì che Ethan non faceva sul serio e proseguì la sua indagine sull’identità della ragazza.
    _Diciamo che è la tua ragazza… ma lei ancora non lo sa, giusto?_ Fece Elijah, battendo un colpo sulla spalla di Ethan. Quest’ultimo aprì bocca per rispondere ma venne interrotto da Alex.
    _Alla fine però nessuno mi ha ancora detto chi è!_ Protestò.
    _Si chiama Martha, è una delle civili che abbiamo ingaggiato per aiutarci qui alla base._ Spiegò Logan, con una risatina implicita nella voce, impressa ancora dalle battute precedenti.
    _Martha, capisco. E’ carina._ Commentò Alex.
    _Carina, sì. E’ un po’ il sogno proibito di tutti visto che non ne girano molte di entità femminili, qui alla base._ Spiegò Logan, distaccato, quasi non facesse parte dei “tutti” che la sognavano per sé.
    _Tutti tranne Elijah, ah, ah, ah!_ Alex fraintese e poco mancò che si soffocasse con la sua saliva.
    _Ethan! Non fraintendere, Alex, è che ho già la fidanzata che mi aspetta a casa. E anche Ethan, solo che lui non si contiene._ Ethan si portò una mano alla fronte con aria teatrale, diventando improvvisamente serio.
    _Ogni giorno potrebbe essere l’ultimo, Elijah… sono un uomo, lasciami almeno fantasticare…_ Elijah scosse la testa, quasi contrariato, ma sorridendo.
    _Ehi, non venite a prendere da mangiare?_ Fece la voce femminile di Martha, echeggiando per la sala mensa, diretta ai quattro piloti di GM. Elijah alzò il pollice in sua direzione e fu il primo ad alzarsi, seguito da Logan, Ethan e per ultimo Alex. I quattro presero un vassoio di plastica ciascuno, erano impilati alla sinistra del bancone dietro il quale c’era Martha.
    _Grazie._ Mormorò Ethan, annuendo lievemente, quando il cibo venne calato sul suo vassoio.
    _Grazie._ Disse Logan, sempre con tono distaccato, ma ricambiando il sorriso della ragazza.
    _Grazie tesoro._ Fece Ethan, mandando alla ragazza un bacetto volante, che la fece ridacchiare.
    _Vai vai, cammina!_ Gli urlò dietro, ridendo ed agitando il mestolo con finta aria minacciosa. Poi il suo sguardo cadde su Alex.
    _Grazie mille._ Disse egli, mentre lei gli versava quella che sembrava una zuppa calda in un apposito contenitore modellato direttamente nel vassoio. Gli allungò anche un paio di salsicce dall’aria succulenta, che caddero una dopo l’altra nella parte piatta del vassoio, a lato della zuppa.
    _Di niente! Sei quello nuovo, vero? L’australiano!_ Fece lei. Alex annuì.
    _Proprio io. Mi chiamo Alex, piacere._ Disse, sorridendo.
    _Molto piacere, Martha. Allora, com’è qui? Deve far freddo confronto a casa tua._ Commentò la ragazza.
    _Sì, è piuttosto freddo… ma dentro al GM non si sta per niente male, ah, ah, ah._ Martha ridacchiò con lui, poi gli fece cenno di sbrigarsi.
    _Vai che si fredda, poi non è più buono._ Alex seguì il consiglio, si congedò e vide Ethan che si allontanava da una macchinetta. Era un distributore di bibite. Si avvicinò, selezionò acqua naturale e seguì con le orecchie il percorso della bottiglietta di plastica che precipitava giù per la cavità dell’attrezzo, fino a cadere in uno scompartimento accessibile dalla mano di Alex, che la raccolse e la posò sul vassoio.
    Raggiunse gli altri ed iniziò a mangiare, la zuppa era ancora bollente, ma affamato com’era non ci fece nemmeno caso mentre scivolava giù per la sua gola. E poi era piacevole mangiare qualcosa di così caldo osservando fuori dalla finestra la costante bufera di neve che offuscava l’orizzonte.
    Dopotutto era proprio un panorama affascinante.
    _Allora, Logan, come è andata la ricognizione?_ Chiese Alex, improvvisamente, dando il primo morso a una delle due gustosissime salsicce che aveva sul piatto.
    _Come al solito, una volta giunti nel posto dove erano stati avvistati i cargo, il cui carico è stato recuperato dallo Snowman, non c’era nessun indizio visibile e la neve aveva cancellato ogni traccia anche solo del loro passaggio._ Alex annuì, deluso.
    _Dov’è il Capitano?_ Chiese quindi.
    _E’ partito ieri sera, dovrebbe tornare nel pomeriggio… doveva incontrare un qualche burocrate o qualcosa del genere… sembrava essere una cosa seria._ Fece Ethan.
    _Ho sentito delle voci al riguardo._ S’intromise Logan, cupo, bevendo una sorsata d’acqua.
    _Sì?_ Chiese Elijah, incuriosito, mentre beveva a sua volta dalla bottiglietta di plastica.
    _Sì. Sembra che la Federazione voglia radere al suolo l’intera area._ Gli altri rimasero senza parole, Alex scattò in piedi.
    _Ma COME? Allora perché diavolo mi hanno trasferito qui? Se avevano intenzione di radere al suolo tutto già dall’inizio a che cosa servo io?_ Si infervorò, sentendosi preso in giro inutilmente.
    _Sono solo voci, non è nulla di confermato._ Fece Logan, impassibile.
    _Ma… rischierebbero di coinvolgere anche la città qui vicino…_ Protestò debolmente Elijah, supportato da Ethan.
    _Vi ho detto che sono voci, calmatevi, non è nulla di certo._ Ripeté Logan, lievemente più irritato, cosa che zittì gli altri.
    _Ora mangiate, soprattutto tu, Alex, perché dopo mangiato riprenderanno gli allenamenti._
    Alex si soffermò a guardare fuori dalla finestra, con aria assente, assaporando la seconda ed ultima salsiccia.
    Avrebbero davvero bombardato quel luogo? Se sì allora perché lo avevano chiamato? Non ne veniva a capo, era stato uno spreco inutile di tempo. D’altro canto erano solo voci, voci in netto contrasto con la decisione di trasferirlo lassù fra i ghiacci. Da un lato voci non confermate, dall’altro il suo effettivo trasferimento, tutto ciò gli suggeriva che quelle voci fossero solamente storie messe in giro da quel tipico manovale sbruffone che non manca mai da nessuna parte, che quel pomeriggio non aveva di meglio da fare se non guardare le altre persone improvvisamente più nervose e spaventate.
    Alex si disse che non ci avrebbe pensato, era felice di essere di nuovo su un GM e questo era sufficiente.
    Che fosse utile la sua presenza lì o meno, non lo riguardava. In fin dei conti era un soldato, e doveva solamente eseguire gli ordini.
    Giusto?


    Ho editato anche gli altri messaggi del topic... non ce la faccio più a vedere questa massa di testo non formattato :asd:
    Ho usato il codice che utilizzo anche per le role, spero non sia un problema, in caso tolgo.


    Edited by ddraig - 9/8/2019, 15:38
     
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    Episodio 5

    Il ritorno del Capitano alla base del team Snowbound non fu esattamente trionfale.
    Entrò, scuro in viso come non lo avevano mai visto.
    _Capitano, allora?_
    _Quali notizie ci porta, Capitano?_
    _... Capitano Kelly?_ Lo interpellavano decine di voci senza volto. Lui proseguì dritto verso il suo ufficio, impassibile. Alex fece un paio di passi all’inseguimento, poi si voltò verso i suoi compagni e vide che nessuno lo seguiva. Fece per fermarsi con loro, poi li mandò a quel paese mentalmente e seguì il Capitano di corsa. Elijah e gli altri lo seguirono dopo un attimo di indecisione.
    _Capitano!_ Urlò Alex.
    _Ci vuole dire cosa sta succedendo?!?_ Insistette, infervorato. Dopo la “voce” per nulla incoraggiante che aveva comunicato Logan, non era più tranquillo. Il Capitano si chiuse dentro il suo ufficio poco prima che Alex, ancora carico dell’impeto della corsa, sbattesse contro la porta chiusa con gli avambracci, portati davanti al corpo. Continuò a bussare da quella posizione.
    _Alex, forse dovresti lasciar perdere._ Suggerì Elijah, appena apparso nel corridoio.
    _No._ Disse, secco, continuando a bussare insistentemente. Il Capitano, esasperato, spalancò la porta in faccia ad Alex, mandandolo quasi a terra.
    _E VA BENE!_ Urlò.
    _AVETE VINTO, maledetti arroganti insistenti bastardi che non siete altro. Ecco che notizie vi porto: abbiamo tre mesi._ Sbottò, paonazzo. Tutti si guardarono, disorientati.
    _Tre mesi… per cosa?_ Chiese Ethan, anticipando Alex.
    _Tre mesi per scacciare completamente la feccia Zeon da questo posto._ Rispose il Capitano, più calmo, chiudendo gli occhi e respirando profondamente.
    _... Altrimenti?_ Chiese Logan, cupo. Ancor più cupo, il Capitano spostò lo sguardo su di lui e poi sugli altri.
    _Allo scadere dei tre mesi, la Federazione Terrestre raderà al suolo l’intera zona._ Tutti rimasero a bocca aperta.
    _In… in che modo?_ Azzardò Elijah, titubante.
    _Hanno già mobilitato un sottomarino armato con dodici testate nucleari nelle acque dell’Atlantico._ Spiegò il Capitano, cupo. _Verrà dato l’ordine di evacuazione tre giorni prima, dopodiché si procederà con il bombardamento. Ecco tutto._ Il Capitano scrollò le spalle. _Soddisfatti?_ Chiese, infine. Nessuno parlò. Si rivolse ad Alex.
    _Caporale Martin. La prego. Aiuti gli abitanti dei villaggi vicini a non dover scappare dalle proprie case dove sono nati e cresciuti. Li aiuti a sentirsi più sicuri dalla minaccia di Zeon, che incombe sulle loro teste al pari della spada di Damocle. Lei è l’Asso della Federazione su cui ho puntato tutto, inutile dire che mi aspetto che tale fiducia venga apprezzata e ricambiata._ Offrì la mano ad Alex, che la fissò, titubante. Ora gli era chiaro perché era lì. Era stato il Capitano Kelly a richiedere la sua presenza, aveva intenzione di usarlo come elemento decisivo nel conflitto contro lo Snowman. Era l’ultima speranza di quella gente, per tre mesi.
    Tre mesi, gli sembravano così pochi, considerato che al momento aveva difficoltà anche solo a stare in piedi con il suo Type D. Forse facevano troppo affidamento su di lui, lo sopravvalutavano troppo. Tuttavia prese una decisione di cui forse un giorno si sarebbe pentito: strinse la mano del Capitano.
    _Sissignor Capitano, signore._
    _Molto bene. Intensifichi gli allenamenti. Per gli altri le missioni saranno prioritarie, ma per lei gli allenamenti saranno una priorità assoluta anche prima delle missioni, finché non raggiungerà un livello accettabile di abilità. Confido che un paio di settimane saranno sufficienti perché ciò avvenga. Dopodiché potrà iniziare a partecipare alle missioni assieme agli altri. Mi sono spiegato?_ Ordinò il Capitano, accigliato.
    _Sissignore._ Acconsentì Alex, con vigore.
    _Molto bene. Conto su di lei, Caporale Martin. La chiave del successo di questa operazione dipende da quanto riuscirà a cooperare con gli altri membri della squadra. La prego di ricordarsi che nella nostra squadra le azioni individuali sono assolutamente inammissibili, in quanto team ognuno di noi ha la propria importanza ed il proprio ruolo, e le battaglie si vincono con la strategia._ Alex era abbastanza confuso da quel discorso, non gli sembrava che c’entrasse molto con l’argomento attuale. Il Capitano sembrò accorgersene, perché aggiunse:
    _Quello che intendo dire è che non si monti la testa solo perché l’ho chiamata “Asso” e le ho detto che potrebbe far pendere l’ago della bilancia dalla nostra parte. Se ciò avverrà dovrà essere merito dell’intero team, non solo delle sue “eroiche gesta”, che la porteranno solamente alla morte in queste lande desolate._ Alex intese, annuì e scattò sull’attenti, lievemente infastidito: chi credevano che fosse? Non sarebbe mai andato in giro sbandierando le sue abilità come un bambino… ricordò dunque la sua prima lotta, contro quel Dom, quando aveva insistito per fare tutto da solo e poco c’era mancato che non ci rimettesse la pelle. Quindi capì cosa intendeva il Capitano e decise di accettare il consiglio.
    _Sissignore, signore._
    Una mezz’oretta più tardi, la base al completo era al corrente della situazione, tutti ne discutevano a bassa voce nei corridoi.
    _E quelli chi sono?_ Chiese Alex, indicando un gruppo composto da tre ragazzi ed una ragazza, vestiti con la divisa della Federazione, che non aveva mai visto prima d’ora. Elijah seguì la direzione indicata da Alex con gli occhi, ma fu Ethan il più veloce a rispondere.
    _Quelli? Oh, sono i piloti di Saberfish._ Alex si soffocò con un sorso dell’acqua che stava bevendo.
    _Saberfish?? Qui?? In mezzo alle nevi?? Ma come fanno a guidarli?!?_ Ethan gli diede una pacca sulla spalla mettendosi un dito sulle labbra.
    _Sssh!! Accidenti, se ti sentono quegli spacconi attaccano con…_ Venne interrotto da una voce austera alle sue spalle.
    _Perché lo zittisci, Campbell? Dice il vero, non è per niente facile guidare i Saberfish quassù, in mezzo alle costanti bufere di neve. Di sicuro non è come camminare tranquilli con i GM, sulla terra solida, senza venti che ti spazzano via al minimo errore o cose del genere._ Spiegò, arrogantemente. Alex assimilò le parole pronunciate, capendo che il tizio non solo si stava vantando, ma stava screditando il lavoro dei piloti di GM. I tre alle spalle del pilota di Saberfish, uno degli aerei militari prodotti in massa dalla Federazione, iniziarono a sghignazzare.
    _Come se fosse facile farsi sparare in faccia dagli Zeoniani mentre voi state nel cielo al sicuro da ogni colpo, eh?_ Sbottò Ethan, alzandosi. Il pilota di Saberfish ed Ethan si scambiarono uno sguardo feroce che fece scoppiettare scintille nell’aria.
    _Tu sei quello nuovo, vero? L’australiano, Alex Martin._ Chiese il pilota di caccia, cambiando discorso. Alex annuì, stringendo la mano che gli veniva offerta.
    _Sono io, piacere._ Rispose, diffidente.
    _Piacere mio, sono il Primo Aviere Bernard Dumont. Loro sono i miei colleghi, siamo il plotone addetto ai Saberfish della squadra Snowbound. Siamo gli unici in grado di pilotare questi magnifici velivoli in queste zone._ Disse. Scrutò Alex, come stilando una lista delle sue caratteristiche fisiche. Bernard era un ragazzo piuttosto alto, con i capelli rossi e la carnagione chiara. Una spruzzata di lentiggini e degli occhi marrone chiaro simboleggiavano la sua discendenza Irlandese da parte di madre, nonostante fosse nato e cresciuto in Francia, la terra del padre.
    _Capisco. I miei compliment…_ Fece Alex, ma venne interrotto.
    _Provo disprezzo per questo abuso della parola “Asso”. Voglio dire, cosa ci vorrà ad andare in giro su due gambe, sparando con un fucile mitragliatore o con un bazooka ad altri Zeon che viaggiano alla tua stessa velocità, se non più lenti. Basta che uno ne abbatta dieci invece di otto ed è automaticamente considerato un “Asso”. Mai nessuno che si preoccupi dei piloti dei mezzi “secondari” della OYW, mezzi che purtroppo stanno diventando sempre più obsoleti. Del resto l’evoluzione deve rendere la guerra più facile, mi sbaglio?_ Fece, gesticolando con la mano destra. Alex rimase spiazzato.
    _Non che critichi te in particolare, solo che trovo che la parola “Asso” sia…_ Fu il suo turno di essere interrotto, da Alex, che si alzò in piedi furente.
    _Ma lo sai che hai veramente una gran bella faccia di merda?_ Portò il suo viso a pochi centimetri da quello di Dumont.
    _Alex!_ Protestò Elijah.
    _”Alex” un cazzo, in Australia non conosciamo mezzi termini. Non m’importa se sono “l’ultimo arrivato” o cose del genere, agli occhi di tutti. Non permetto al primo francesino del cazzo di venirmi a dire che le MS sono per gli incompetenti, dopo il culo che mi sono fatto, che ci siamo fatti tutti noi piloti di MS durante la Guerra Di Un Anno._ Uno degli altri piloti di Saberfish, alto poco meno di Dumont, ma molto più robusto, con i capelli corti e neri e gli occhi marroni, scattò verso Alex e gli diede uno spintone.
    _Ehi, chi ti credi di essere?? Solo perché alla Federazione ti considerano un “Asso” pensi di poter venire qui a fare il capo?_ Alex spostò lo sguardo su di lui.
    _Perché rispondi tu e non Dumont? Condividete lo stesso cervello, voi due?_ Il secondo pilota di caccia diede un secondo spintone ad Alex, che sentì la rabbia salire.
    _Non mi mettere le mani addosso, cazzo, non mi mettere le mani addosso!_ Un terzo spintone, Alex non ci vide più. Caricò un destro ed atterrò l’amico di Dumont, che si rialzò subito e si lanciò su Alex. Altrettanto fece Dumont, ma venne intercettato da un pugno di Ethan, che si era lanciato nella mischia a sostegno di Alex. Elijah tentò di farsi sotto per separare i litiganti, mentre Logan osservava la scena con glaciale indifferenza. Gli altri due membri della squadra di Dumont incitavano i loro compagni a suonargliele “a quei piloti di GM”. La sala mensa si era paralizzata ed osservava le sedie che finivano ovunque ed i tavoli ribaltati, finché la porta non si aprì e rivelò il Capitano sulla soglia.
    _Ma che CAZZO state combinando, EH?!?_

    _... UN COMPORTAMENTO INAMMISSIBILE!! UN ALTRO EPISODIO DEL GENERE, E IO VI SBATTO FUORI A SPALARE LA NEVE!! SONO STATO CHIARO?!?_ Concluse il Capitano, dopo una ramanzina di mezz’ora.
    _SISSIGNORE, SIGNOR CAPITANO!!_ Urlarono i quattro coinvolti nella rissa, sull’attenti.
    _Congedati! SPARITE DALLA MIA VISTA!!_ Ordinò quindi Kelly, massaggiandosi le tempie. I quattro quindi uscirono e si trovarono di nuovo faccia a faccia.
    _Ben fatto, idioti._ Rimproverò Bernard ad Ethan ed Alex. Loro sentirono di nuovo la rabbia salire.
    _Ah, saremmo NOI gli idioti?!?_ Sbottò Alex, Ethan tentò di calmarlo, ricordandogli che erano davanti all’ufficio del Capitano.
    _Ciao ciao._ Si congedò Dumont, ridacchiando insieme al suo amico. Ethan ed Alex si guardarono, ancora accigliati, poi scoppiarono a ridere, vedendosi ricoperti di sangue e lividi.
    _”Una gran bella faccia di merda”, AH, AH, AH, AH!! Stavo per crepare quando lo hai chiamato così. “In Australia non conosciamo mezzi termini!”_ Canzonò poi, con un finto tono austero. Alex rise di gusto con lui, mentre venivano raggiunti da Elijah e Logan.
    _Ragazzi, ma siete impazziti?_ Fece Elijah, preoccupatissimo. Alex gli battè un paio di colpi sulla spalla.
    _È tutto ok, ci stavamo solo divertendo un po’._ Ethan non contenne le risate, mentre Alex si asciugava gli occhi delle lacrime.
    _Dovreste andare in infermeria…_ Suggerì il ragazzo dai capelli neri, con una nota di disappunto.
    _C’è una bella infermiera che gestisce l’infermeria?_ Chiese Alex, speranzoso.
    _No, ci dobbiamo accontentare di un dottore dalle tendenze strane e di un’infermiera grassa._ Rispose Logan, ridacchiando.
    _Allora non mi interessa, grazie, non sono ferite così gravi, ah, ah, ah!_ Rise Alex.
    _Ehi, Ethan, ho una domanda._ Fece poi, come ricordandosene all’improvviso.
    _Sì?_ Chiese, trattenendo ancora le risa.
    _Che cazzo vuol dire che è un “Primo Aviere”?_ Ethan ci riflettè qualche secondo.
    _Uhm, è un rango dell’aviazione. Se non sbaglio è come dire che è Caporale Maggiore._ Rispose.
    _Cazzo._ Imprecò Alex, alludendo al suo rango inferiore solo di poco, suscitando nuovamente uno scroscio di risate dapprima solo di Ethan, poi contagiato a tutti gli altri.


    Edited by ddraig - 9/8/2019, 15:37
     
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    Episodio 6

    _Ah._
    _Fa male?_
    _Un po’._
    _Ho quasi finito, su._ Isabel, vestita con una canotta nera ed un paio di shorts in tessuto elastico, era china sulla schiena piena di cicatrici di Adrian. Le sue mani pressavano e si muovevano sinuosamente su e giù, sopra le scapole, lungo la spina dorsale, sui fianchi.
    _Isabel._ Disse Adrian.
    _Sì?_
    _Questa sera è già il terzo massaggio… sei sicura che mi fanno stare meglio?_ Isabel sentì una freccia ghiacciata che la trafiggeva. Perché avrebbe dovuto dire una cosa del genere? Ovvio che non era una fisioterapista di professione, ovvio che quei massaggi erano solamente un gesto carino nei confronti di una persona cara.
    _Beh… ecco… se vuoi smetto…_ Balbettò, indecisa su cosa dire senza suonare sgarbata. Adrian arrossì ed iniziò a farfugliare.
    _N-non è questo… è solo che… non lo so. Scusami, continua pure._ Ma cosa diavolo aveva detto, accidenti, perché lo aveva detto. Sentì che Isabel aveva perso molta energia e si maledì. Era abituato a stare da solo in quelle lande ghiacciate, i suoi unici compagni erano i pochi animali che riuscivano a vivere in quel clima. Tutte quelle attenzioni lo facevano sentire… strano.
    _È tardi._ Disse Isabel, improvvisamente, fermandosi. Si alzò, interrompendo il contatto con Adrian, lasciandolo boccheggiante.
    _Isabel…_
    _Ci vediamo domani, Adrian, io vado._ Fece per uscire.
    _Resta._ Disse il ragazzo, senza pensarci troppo.
    _Devo andare, Adrian, è tardi._ Adrian si alzò, lei indietreggiò ancora di più verso la porta.
    _Ti prego, resta._ Il perché lo stesse dicendo non lo capiva bene neppure lui, ma sentiva di aver fatto qualcosa che non andava, ed Isabel se ne stava andando per colpa sua. La prese per una mano, senza trovare null’altro da aggiungere.
    _ È… è tardi, io…_ Adrian alla fine lasciò il polso della ragazza, come se si fosse appena ripreso da una trance.
    _Sì, scusami. Buona notte._ Isabel chinò il capo, come se sperasse in qualcos’altro, tuttavia se ne andò salutando. Adrian, appena la ragazza fu uscita, ebbe uno scatto di rabbia e diede un pugno al muro.
    Si può sapere che cazzo si aspettavano che facesse?!? Tutti quanti!! Doveva guidare il loro gruppo contro la Federazione, minimizzando le perdite, mentre li teneva tutti nascosti e al sicuro fra i ghiacci ed oltre a questo doveva anche essere un maestro di relazioni sociali??
    Si guardò allo specchio e capì di stare esagerando, inspirò ed espirò profondamente, poi si lasciò cadere sul letto e cadde in un sonno agitato che lo tenne impegnato fino al mattino seguente, quando si svegliò di scatto di prima mattina sentendo la sveglia suonare, stanco come se non avesse nemmeno chiuso occhio. Sbadigliò, si diede una grattata generica alle parti del corpo che prudevano, si passò una mano sulla barbetta ispida che gli si arrampicava sulle guance, sbadigliò ed infine si alzò.
    Adrian aveva un lieve problema di pressione bassa, la mattina faticava un po’ ad alzarsi.
    Iniziò quindi a fare qualche esercizio per svegliarsi, come di consueto la mattina. Si lasciò cadere a terra frenando l’impatto con le mani ed iniziando una serie di flessioni. Terminate queste, si lasciò cadere sul pavimento completamente, si capovolse ed iniziò una serie di addominali alti ed una di addominali bassi. Si alzò, saltellò un po’, corse sul posto muovendosi di pochi metri nella sua piccola stanza, dopodiché si disse che era sufficiente: si diede una rinfrescata al rubinetto vicino al letto, dopodiché si vestì, completamente sveglio.
    Si dipinse un sorriso allo stesso tempo beffardo e carismatico per non tradire il suo personaggio ed uscì dalla stanza a passo spedito, diretto verso la sala mensa, dove veniva servita la colazione. Si guardò intorno e, come ogni mattina, venne raggiunto da Isabel, che sembrava aver dimenticato la “brutta faccenda” della sera prima.
    _’Giorno._ Salutò, ricambiato. I due stavano per entrare la sala mensa, quando Isabel trattenne Adrian per la manica.
    _Scusa per ieri sera._ Disse, sorprendendo Adrian. Lui non voleva ricadere nel discorso, perciò agitò le braccia per zittirla.
    _Non sono sicuro di chi si debba scusare, fra noi due, non sono neppure sicuro di cosa sia successo. Non ne parliamo più, ok? Ieri sera è stata una sera come un’altra._ Sentenziò, entrando per primo in sala mensa. Isabel annuì e lo seguì.
    _Allora, ordine del giorno?_ Chiese la ragazza, seduta al tavolo con Adrian ed un altro paio di soldati vestiti con la divisa di Zeon.
    _Oggi è in programma la ricognizione di routine, che sarà affidata a Brown e Charles, ed una missione di spionaggio della base della Federazione, di cui ci occuperemo io e te, Calloway. Concluse, rivolgendosi ad un ragazzo che dimostrava sui venticinque anni, con dei corti capelli marroni e degli occhi azzurri glaciali. Egli annuì scattando sull’attenti da seduto.
    _Certo, signore._
    _Tutti gli altri, normale routine. Manutenzione, allenamenti… le solite cose._ Sminuì Adrian, agitando la mano mentre sorseggiava il suo caffè. Finita la colazione si alzò con Jim Calloway, il subordinato che doveva portare con sé in questa missione, e si avviò verso uno Zaku. Salì a bordo e fece salire anche Calloway.
    Lo Zaku uscì dall’hangar camminando e continuò a camminare attraverso la neve. Adrian notò subito qualcosa di inusuale: la bufera di neve era cessata. Ora vi era solo un’incessante nevicata. Adrian e Jim percorsero decine e decine di chilometri, per poi arrivare ad una sorta di collinetta. Fecero inginocchiare lo Zaku circa a metà della salita e proseguirono a piedi: arrivati in cima avevano una visuale ottima della base della Federazione.
    Entrambi impugnarono il binocolo ed iniziarono a scrutare l’orizzonte.
    _Nulla da segnalare, per ora. Approfittiamo della tranquillità per accamparci. Tira fuori il materiale, Calloway._ Egli scattò sull’attenti e risalì sullo Zaku, uscendo poco dopo con un fagotto di cose.
    Adrian sperò che la bufera riprendesse, altrimenti le loro tracce sarebbero state molto più visibili: soprattutto quelle dei camion delle provviste. Inoltre i radar avrebbero coperto un’area più vasta senza problemi… prese nota che al ritorno avrebbe dovuto fare un inventario delle provviste rimaste, giusto per essere sicuri di averne ancora per un po’.
    _Signore._ Mormorò Calloway, vicino a lui, offrendogli una tazza di caffè fumante.
    _Ah, grazie._ Mentre Adrian rifletteva, Jim aveva costruito un rudimentale accampamento con una piccolissima tenda, un piccolo fornello e diversi thermos. Si distese sulla neve vicino ad Adrian, sorseggiando a sua volta dalla sua tazza mentre scrutava l’orizzonte con il binocolo.
    _Questi pigroni della Federazione saranno ancora a letto._
    _Più probabilmente si stanno occupando della manutenzione dei loro mezzi. Ho sentito che anche alla loro base il personale scarseggia. Piuttosto, hai coperto lo Zaku vero? Se i Saberfish escono oggi ci vedranno di sicuro senza la bufera._ Jim si diede una pacca sulla fronte, come a ricordarsene all’improvviso.
    _Dai, lo facciamo insieme, vai dall’altra parte con il telo._ Un gigantesco telo bianco venne steso sopra la parte superiore dello Zaku, mentre le gambe vennero semplicemente coperte di neve: lo erano già per metà, vista la profondità della neve nel punto in cui lo avevano lasciato.
    _Ok, torniamo a guardare cosa fanno i Feddies._ Disse Adrian, soddisfatto. Passarono diverse ore senza la minima attività da parte dei Federali, fra un caffè, una barzelletta e un aneddoto random.
    _Signore, si stanno muovendo._ Disse Jim. Adrian smise di versarsi caffè sulla tazza e si avvicinò a Jim, estraendo a sua volta il binocolo.
    _Due… tre GM sono usciti._ I tre GM apparsi sull’obbiettivo si disposero uno di fronte agli altri due. Questi ultimi due si allontanarono, mentre uno rimaneva immobile.
    _Ma… cosa fanno? Si sparano fra di loro??_
    _Si stanno sparando… pallini di vernice._ Dopo una decina di secondi, il GM rimasto solo stava tentando di intercettare i due GM in avvicinamento sparando una serie di pallini di vernice blu, che macchiarono le gambe e la zona del cockpit agli altri due GM. Alcune parole confuse rimbombarono fino ad Adrian e Jim, incomprensibili.
    _ Riesci a sentire cosa dicono?_
    _Prova ad attivare il ricevitore._ Jim estrasse una sorta di auricolare attaccato ad un oggetto rettangolare che aveva agganciato alla vita, premette un pulsante e se lo mise all’orecchio. Annuì, poi passò l’auricolare ad Adrian.

    _... però senza la bufera era troppo facile un esercizio come questo… proviamo qualcosa di diverso!_
    _Ad esempio?_
    _Magari adesso ti spariamo anche noi… magari facciamo un uno contro uno…_
    _Ma non ha senso, il primo che spara vince. Siamo troppo vicini._
    _Allora partiremo dai lati opposti della base, così non ci vedremo. Il primo che riuscirà a distinguere l’avversario e a sparare con precisione avrà vinto. Che ne dite?_
    _Ma non esiste una sorta di allenamento predefinito?_
    _Certo, quello che hai fatto all’inizio della tua carriera. Cammina qui, spara al bersaglio, cammina lì, eccetera eccetera. Credimi, con quel metodo non te ne basterebbero nove di mesi, per imparare a muoverti qui fra i ghiacciai._
    _D’accordo allora, approvo il piano di Ethan._

    Adrian staccò l’orecchio dal ricevitore.
    _Stanno addestrando un nuovo membro… niente di che._ Sentenziò Adrian, sorseggiando un goccio di caffè mentre porgeva l’auricolare a Jim. Quest’ultimo sospirò.
    _Rimarremo ancora molto appostati qui, signore?_
    _Sembra che non abbiano pianificato nulla di particolare per oggi. Rimaniamo qui ancora un’oretta o due, poi torniamo alla base e casomai manderemo qualcuno a fare un secondo giro questo pomeriggio._ Rifletté Adrian. Jim annuì energicamente e tornò a fissare i GM.
    _Sembra che in fin dei conti si stiano divertendo. Quel tizio è appena scivolato sulla neve, ah, ah, ah._
    _Meglio per noi se abbassano la guardia. Ehi Jim, vorrei che tu facessi una cosa per me._ Jim staccò gli occhi dal binocolo e si sedette di fronte ad Adrian.
    _Mi dica, signore._
    _Volevo sferrare un attacco preventivo alla base EFSF prima che il nuovo arrivato diventi un pilota al livello degli altri. Tuttavia non voglio fare troppa pressione ai miei uomini. Non voglio che tu metta in giro nessuna voce, voglio che piuttosto, in maniera casuale, butti lì una qualche frase come “per me sarebbe meglio attaccare la base EFSF adesso” o qualcosa del genere, per vedere come reagirebbero gli uomini._ Jim sembrava piuttosto stupito, ma annuì.
    _Sissignore._
    _Nah, questo va al di fuori dei tuoi incarichi militari, te lo sto chiedendo come un favore personale. Ovviamente poi dovrai farmi rapporto sulla reazione che hanno avuto._ Jim annuì una seconda volta.
    _Lo farò._
    _Molto bene, grazie._ Disse Adrian.
    _Signore!_ Fece Jim, improvvisamente. Adrian si girò verso di lui.
    _Sì?_
    _Se intende attaccare la base della Federazione io approvo in pieno, signore!_ Adrian ridacchiò e gli batté qualche colpo sulla spalla.
    _Ma cert… cazzo._ Fece Larsen, improvvisamente serissimo e preoccupato.
    _Cosa succede, signore?_
    _Uno dei GM, per allontanarsi dalla base, sta venendo da questa parte. È a poche decine di metri. Saliamo nello Zaku, presto!_
     
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    Episodio 7

    Il Type D di Alex avanzò ancora di qualche passo, fino a raggiungere la cima di una collinetta di neve, da dove avrebbe avuto una visuale migliore, si disse. Vide tuttavia una strana conformazione del terreno: sembrava quasi che vi fosse qualcosa nascosto sotto. Si avvicinò, dimenticandosi dei suoi due compagni, ed avvicinò la Bullpup a vernice al fagotto. Con la canna stava per sfiorare la superficie, quando un movimento molto confuso sancì la perdita netta del suo avambraccio destro, che cadde qualche metro lontano nella neve. Alex saltò indietro e quando si stabilizzò vide di fronte a sé uno Zaku bianco e grigio, con una Heat Hawk viola rovente nella mano destra. Fece in tempo a rendersi conto che nella sinistra c’era un oggetto riconoscibile come una granata, che questa gli venne gettata addosso.
    Si riparò con lo scudo: la granata esplose in mille pezzettini che bombardarono lo scudo in ogni suo centimetro quadrato. Essendo un armamento antiuomo, la granata ammaccò lo scudo senza distruggerlo completamente, tuttavia Alex se ne liberò comunque quando vide che dietro l’esplosione lo Zaku si era già lanciato alla carica con l’ascia sguainata.
    Lo scudo del Type D venne divorato dall’affilata arma della MS bianca mentre Alex afferrava la Beam Saber e parava un secondo affondo.
    _È meglio del previsto._ Borbottò Adrian da dentro il cockpit dello Zaku.
    _Dannazione._ Imprecò invece Alex, dal cockpit del suo GM. Lo Zaku attaccò di nuovo, Alex schivò e provò un affondo con la spada, che venne deviato a costo dello scudo montato sulla spalla sinistra dello Zaku, che allontanò il GM assestandogli un potente calcio sull’addome.
    Alex si sentì sbalzato in avanti e sbatté contro la sacca d’aria gonfiata da un punto poco sotto il quadro comandi come airbag.
    _Muori!_ Urlò Adrian, lanciandosi nuovamente contro il GM mentre si riprendeva dall’impatto. Alex sentì come una stretta all’addome, una sensazione molto sgradevole. Vide lo Zaku che si avvicinava a lui, come leggermente rallentato, e parò senza pensarci troppo un colpo che non molti sarebbero stati in grado di parare.
    La scena rimase statica per qualche secondo, mentre Alex si rendeva conto di quello che aveva fatto. Senza farsi domande inutili, tenne duro e riuscì anche a respingere lo Zaku: essendo quest’ultimo un mezzo più vecchio non poteva resistere ad una prova di forza diretta con il Type D della Federazione.
    _Merda, che succede?_ Imprecò Adrian dall’interno del cockpit. Era convinto di averlo in pugno. Vide in lontananza gli altri due GM che si avvicinavano, senza più preoccuparsi dell’addestramento.
    _Alex! Tutto ok??_ Fece la voce di Elijah, preoccupatissimo.
    _Sì, tranquillo, ho tutto sotto controllo._ Rispose Alex, sicuro. Venne raggiunto da Ethan.
    _Come no, siamo fortunati che è da solo, altro che._ Disse egli, senza suonare strafottente e spiritoso come al solito. Lo Zaku rimase immobile di fronte ai suoi tre avversari. Elijah alzò lo scudo, tenendo saldo il Bullpup, mentre Ethan lasciò cadere l’inutile fucile a vernice ed estrasse la Beam Saber. Elijah fece sentire la sua voce con gli altoparlanti.
    _Mezzo non identificato, arrenditi e non opporre resistenza, o saremo costretti ad aprire il fuoco!_ Alex si arrabbiò con Elijah ed attivò gli altoparlanti a sua volta.
    _Sveglia?? Ha GIÀ opposto resistenza, ci ho rimesso un braccio, l’hai notato sì o no? Non mi sembra molto interessato alla diplomazia!_ Come a confermarlo, lo Zaku scattò in avanti. Atterrò Alex con una spallata, si girò con un calcio velocissimo ed atterrò anche Ethan. Poi piantò la Heat Hawk dritta in testa al Type D di Elijah, spaccandola a metà. Lasciò l’arma piantata lì e scappò.
    _Elijah!_ Urlò Alex.
    _È tutto okay ragazzi, sto bene! Sono solo al buio!_
    _D’accordo, allora fai rapporto alla base, io ed Alex inseguiamo lo Zaku!_ Fece Ethan, ma venne bloccato dal braccio rosso di un GM Command.
    _Negativo, Campbell! Voi tre vi ritirate, Lo seguiremo io e Logan!_ Sentenziò categoricamente la voce del Capitano Kelly, mentre Logan sorpassava i Type D dei suoi alleati.
    _Come potevate pensare che non ce ne fossimo accorti? Senza la tempesta è stato uno scherzo vedere che eravate in difficoltà._ Disse quest’ultimo, serio.
    _Signore, il mio GM non ha subito danni, posso…_ Protestò Ethan, ma venne interrotto.
    _Negativo, torna alla base con Elijah ed Alex. Il tuo GM serve alla base, ti ricordo che non rimangono moltissimi Type D, appena cinque. Finché non arrivano le nuove unità, preferisco che ci siano almeno quattro GM in stand by nell’hangar. _ Ordinò Kelly, categorico. Ethan si girò mestamente e si avviò verso la base con la coda fra le gambe, seguito da Alex ed Elijah, che aveva aperto il cockpit per vederci.
    Lo Zaku correva e correva, battendo la neve. Pregò che la tempesta tornasse, per coprire le sue tracce, ma la tempesta non arrivò e le sue tracce rimasero ben visibili sopra la neve.
    Con quei due GM alle calcagna, Adrian non poteva permettersi di tornare alla base, avrebbe fatto scoprire il loro nascondiglio. Jim, al suo fianco, sembrò intuirlo.
    _Signore… scenda e faccia perdere le sue tracce. Li tengo impegnati io._ Adrian dapprima non vide soluzione, poi gli venne un’idea.
    _Non dirlo neanche per scherzo, Jim. Torneremo a casa entrambi, sani e salvi._ Sentenziò.
    _Ma signore, è impossibile…_ Azzardò, ma Adrian lo interruppe.
    _Shh, ho avuto un’idea._ Lo Zaku cambiò bruscamente direzione e si avvicinò ad uno strapiombo sull’Oceano.
    Il Command di Kelly ed il Type D di Logan, nel frattempo, seguivano le impronte dello Zaku correndo.
    _Non può essere lontano._ Disse il Capitano Kelly. Tuttavia, dopo qualche minuto che le seguivano, le impronte si interrompevano bruscamente su uno strapiombo.
    _Si è… lanciato?_ Mormorò Logan, incredulo. Kelly scese dal GM Command e si affacciò giù dal precipizio: le onde si infrangevano fragorose sulla roccia ghiacciata, il mare era molto agitato. Non c’era nessun segno dello Zaku.
    _Figuriamoci, cosa speravo di vedere. Con un’acqua così... Logan, sai quanto è fonda l’acqua qui?_ Logan, che nel frattempo era sceso dal Type D, ci riflettè e scosse la testa.
    _Ricordami di chiederlo a Ethan, dopo, di sicuro lui lo saprà. In ogni caso se si è davvero lanciato da qui… non c’è speranza che sia sopravvissuto._ Sentenziò Kelly. Logan annuì veemente.
    _E se avesse lanciato lo Zaku e fosse uscito all’ultimo secondo?_ Kelly scosse la testa.
    _Qui intorno non vedo tracce di alcun tipo. E comunque qui intorno non c’è niente, nessun riparo, niente di niente._ Disse Kelly, ragionando sulla sorte del pilota dello Zaku.
    Qualche decina di metri più sotto, inginocchiato dentro una cavità nel ghiaccio, c’era uno Zaku bianco e grigio, lo stesso Zaku che aveva tentato il folle salto. Dall’alto era completamente invisibile.
    Ai piedi dello Zaku, Jim ed Adrian erano in piedi e tendevano le orecchie, sentendo il rimbombo delle voci dei Feddies. Quando le voci cessarono, si imposero ancora una mezz’ora di silenzio assoluto, dopodiché Adrian si azzardò a tirare un sospiro di sollievo.
    _Uff._
    _Accidenti, ci è mancato poco! Come facevi a ricordarti che questa cavità era proprio qui?_ Adrian puntò l’indice dall’altra parte di quella che si rivelò essere una grossa baia, su cui volgevano le acque del Pacifico.
    _La vedi quella montagna? Io la chiamo la Lupa. E quelle tre montagnole intorno sono i suoi Lupacchiotti. Vedi, da questa angolazione, ci sono due Lupacchiotti a sinistra della Lupa ed uno che le è esattamente di fronte. Da questa precisa angolazione la lingua di ghiaccio che scende dal Lupacchiotto di fronte la Lupa è quasi invisibile, se ne può vedere solamente un riflesso illuminato dal sole. Vedi? Appena ci si sposta, anche solo leggermente, verso sinistra, acquisisce il suo caratteristico aspetto azzurro, perdendo la luce riflessa. Quando vedo la luce che riflette su quel Lupacchiotto, so che sono più o meno nella zona di questa cavità. Mi ha già salvato un paio di volte, durante la OYW, durante le poche battaglie che sono state combattute qui._ Jim ascoltava affascinato. Adrian sembrava conoscere quelle montagne meglio di chiunque altro, gli appartenevano in parte. Capì che la casa di Adrian non era solo la base Zeon, era l’intera distesa di neve e ghiaccio, e finalmente intese in pieno il suo desiderio di scacciare i Federali da quelle zone, il suo desiderio di lottare nonostante sapesse già, insieme a tutti gli altri che combattevano al suo fianco, di andare incontro ad una sconfitta certa. Sorrise ed iniziò a fissare la Lupa ed i Lupacchiotti.
    Qualche giorno più tardi, Larsen era andato personalmente a fare l’inventario dei beni alimentari rimasti. Erano troppo pochi, sarebbero bastati a malapena per un mese. Per il prossimo camion di provviste avrebbero fatto a meno dei pezzi di ricambio delle MS, avevano bisogno di un carico completo di cibarie. Le MS si stavano comportando bene in ogni caso, fino ad ora non avevano usato troppi dei pezzi di ricambio accumulati.
    Era preoccupato, molto preoccupato, se la bufera non fosse ripresa i camion avrebbero avuto grosse difficoltà a nascondere le loro tracce. Pregò ogni divinità che gli venne in mente che la bufera riprendesse, o la loro campagna contro la Federazione sarebbe finita prima del previsto.
    Era tardi, mezzanotte passata, tutto il personale era a letto o impegnato nelle ronde notturne. Larsen era da solo, in sala mensa, con la testa posata sulle mani ed in mano un bicchiere di liquido ambrato, Rye Whisky, o Whisky Canadese. Nel bicchiere galleggiavano tre grossi cubetti di ghiaccio.
    La porta della sala mensa si aprì ed Isabel entrò.
    _Adrian, ecco dov’eri._ Adrian sollevò il capo, come svegliandosi da un coma.
    _Ah, il massaggio… stavo per alzarmi._ Isabel lo fermò e si sedette di fronte a lui.
    _Per stasera ne puoi fare a meno, immagino._ Disse, sorridendo. Adrian si alzò e si allontanò. Tornò con una bottiglia dalla forma ovale ed un altro bicchiere con tre grossi cubetti di ghiaccio. Lo posò di fronte ad Isabel e svitò il tappo della bottiglia, che recava la scritta “Crown Royal” sull’etichetta. Si trattava di una marca di whisky molto diffusa in Canada.
    Il liquido ambrato precipitò giù dalla gola della bottiglia e cadde dentro al bicchiere, scivolando sui cubetti di ghiaccio.
    _Grazie._ Mormorò Isabel, prendendo il bicchiere. Adrian grugnì una risposta confusa che suonava vagamente come “prego”.
    _Se non è per il massaggio allora, che ci fai ancora sveglia a quest’ora?_ Chiese il ragazzo, scuotendo un po’ il suo bicchiere per sentire il suono dei cubetti di ghiaccio che cozzavano fra loro.
    _Potrei farti la stessa domanda!_ Esclamò Isabel, ridacchiando, mentre beveva il primo sorso di Rye, che le riscaldò lo stomaco e le budella.
    _Niente di che, non ho molto sonno._ Sminuì lui.
    _Neppure io, perciò ti faccio compagnia._ Adrian annuì, come a dire che non aveva nulla in contrario.
    _Capisco._ Disse, semplicemente, prima di tornare a sorseggiare il suo Rye.
    _Stavi pensando a qualcosa in particolare?_ Chiese Isabel. Adrian si chiese se avrebbe dovuto dirgli cosa pensava. Poi si disse di no, non valeva la pena di caricarla con questo pensiero così pesante.
    _Direi di no._ Nel momento in cui lo disse, Isabel seppe che mentiva e s’intristì lievemente, stando ben attenta a non darlo a vedere. Perché le nascondeva ancora i suoi pensieri? Dopo tutto quel tempo?
    Non si fidava ancora, forse? O magari non credeva che potesse sopportarli?
    La ragazza guardò il suo viso riflesso sulla superficie liscia del liquido ambrato e sospirò, bevendone un’altra sorsata e decidendo di non indagare oltre.
     
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    Episodio 8


    _Alex! Che cosa combini con quelle componenti di Type C?? Dobbiamo restituirle alla Federazione!_
    Quella mattina, alla base, era arrivato un imponente carico di spalline ed altre corazze superficiali appartenenti ad un altro modello Federale, il GM Type C. Evidentemente si trattava di un carico portato alla destinazione sbagliata, dal momento che sembrava nessuno le avesse ordinate, pertanto stavano per essere rispedite indietro.
    _Non ti preoccupare! Il Capitano Kelly mi ha dato il permesso di tenerne un paio!_ Urlò Alex, appeso ad un’imbracatura che pendeva dal soffitto, mentre aggiustava dei bulloni sulla spalla del suo Type D.
    _Ca.. capisco, ma lo stesso, cosa stai facendo?_ Insistette la voce di Elijah, rassicurata ma ancora un po’ tentennante. Alex non rispose subito, era impegnato nello sforzo sovraumano di stringere un bullone fino all’ultimo centimetro. Si convinse che era abbastanza e si fermò. Tenne premuto un grilletto sul cavo che lo agganciava al soffitto, ed esso iniziò ad allungarsi e a far scivolare Alex giù. Il ragazzo allentò la presa sul grilletto quando fu a circa un metro da terra, facendo rallentare la discesa del cavo ed atterrando morbidamente.
    _L’armatura del GM Type C è lievemente più spessa di quella del Type D. Perciò pensavo di sostituire le placche delle spalle e della gonna, tutto qui. Ora, con le spalle ho finito, e con l’aiuto di qualche meccanico mi metterò al lavoro sulla gonna._ Disse Alex.
    _Ma… la differenza di corazza è minima! Non ne valeva la pena…_ Protestò Elijah. Alex ridacchiò, mentre strattonava il cavo sul soffitto, come a verificarne la stabilità.
    _Certo che no! Ma sai, il primo passo per familiarizzare con un’unità è renderla unica e diversa dalle altre. Avevo ricolorato il mio GM di verde, durante la OYW, sai? Questa volta, visto che ne ho la possibilità, voglio provare qualcosa di diverso. Quando avrò finito di montare le componenti le vernicerò di nero, per mescolarle meglio alla colorazione del Type D. Che ne pensi?_ Elijah era perplesso, ma sorrise lo stesso all’entusiasmo di Alex.
    _Mi sembra ottimo!_ Esclamò. Alex, preso com’era dall’entusiasmo, non si accorse che l’amico non era davvero convinto, perciò proseguì imperterrito.
    _Vero? Ora scusa, torno al lavoro!_
    _Sì, io consegnerò le componenti di Type C che rimangono al trasporto che attende in aeroporto… a più tardi, Alex!_ Alex non lo sentì nemmeno, mentre Elijah se ne andava ridacchiando, un po’ stranito. In fin dei conti, ognuno aveva le sue stranezze: se questo avrebbe aiutato Alex a tener fede alla sua reputazione di Asso della Federazione, tanto meglio.


    Il Type D con le spalline nere sparò due colpi precisi nella neve, colpendo altri due GM Type D, abbastanza vicini ma che sarebbero sfuggiti ad un occhio meno allenato.
    _Direi che ormai come bersagli normali ci siamo. Procediamo con qualcosa di più difficile, che ne dici?_ Fece la voce di Ethan, dall’altoparlante del Type D di Alex. Egli sorrise ed alzò il pollice, entusiasta di aver finalmente terminato almeno una parte del suo addestramento.
    _Certo! Passiamo pure avanti!_ Esclamò quindi, rendendosi conto che nessuno poteva vederlo alzare il pollice.
    _D’accordo. Io ed Elijah torniamo alla base, ti facciamo sapere quando siamo pronti alla nuova sessione. Chiameremo anche Logan credo._ Alex acconsentì e rimase nella cabina minuti interminabili, emozionato per la prossima sessione di allenamenti. Finalmente l’altoparlante nella sua cabina si accese.
    _Sei pronto Alex?_ Sentì chiedere alla voce di Ethan.
    _Certo!_ Esclamò egli, saltando sulla poltrona del cockpit.
    _Il tuo obbiettivo sarà trovarci prima che noi ti spariamo! Allora… via!_ Appena pronunciata la parola via, decine di palline di vernice silenziose sferzarono l’aria.
    Tutte, una dopo l’altra, colpirono il Type D di Alex, riducendolo una sagoma blu colante vernice.
    _... Che diavolo è stato?_ Sbottò Alex, confuso. Da molto lontano, uno a nord e due a sud di Alex, c’erano tre carri Mass Production Guntank in mimetica artica.
    _Se ti può consolare, Alex, a memoria d’uomo nessuno è mai sopravvissuto fino a trovare tutti e tre i Guntank._ Alex aveva chinato il capo, depresso, ma lo alzò dipingendovi su un’espressione determinata.
    _Riproviamo._


    Alex si tolse un guanto e toccò l’acqua di un ruscello, che si rivelò essere gelida, prevedibilmente.
    _Fantastico eh?_ Chiese Ethan. Lui ed Alex partecipavano ad un’escursione per far conoscere al nuovo arrivato quei luoghi sperduti.
    _Mozzafiato._ Disse Alex, alzando lo sguardo e guardandosi intorno. Erano vicino ad un ruscello, intorno a loro la neve era un po’ più rada, si vedeva la terra scura sotto, inoltre la vegetazione era più fitta: dietro avevano un bosco piuttosto fitto, ma anche vicino alla riva c’erano diversi piccoli, coraggiosi arbusti scheletrici. La fauna del luogo iniziava ad abituarsi ai due visitatori, in quel luogo da qualche ora ormai, pertanto ogni tanto una volpe faceva capolino, mentre un paio di linci temerarie si azzardarono persino ad abbeverarsi al ruscello, a qualche decina di metri di distanza da Ethan ed Alex. Ad un certo punto ad Alex sembrò di scorgere anche un paio di lupi che li osservavano diffidenti con i loro occhi scintillanti dal fitto del bosco.
    _Non temere._ Disse Ethan, anticipando un pensiero di Alex.
    _Gli animali non sono come gli uomini: attaccano solo per fame o se sono minacciati. Rilassati e vedrai che anche loro si rilasseranno._ Alex annuì, ma scrutò ancora una volta preoccupato nel bosco, prima di tentare di non pensarci.
    _Ci sono anche gli orsi?_ Chiese.
    _Beh qui nella foresta è più che probabile che ci sia qualche orso bruno. Ne ho visti abbastanza di frequente, qui intorno. Oltre quel ghiacciaio ci sono gli orsi polari, ma purtroppo non li ho mai visti._ Disse Ethan, indicando con un sorriso un ghiacciaio non proprio vicinissimo, all’orizzonte.
    _Purtroppo?_ Fece Alex, ridacchiando.
    _Beh devono essere uno spettacolo incredibile… tu non sei curioso?_ Alex ci rifletté.
    _Penso che mi accontenterò di vederli nei documentari._ Ethan incrociò le braccia.
    _Accidenti… ma come fai!? In Australia ci sono talmente tanti animali particolari ed unici… se vivessi io lì, penso che perderei metà della mia vita solo per tentare di vederli tutti di persona. Non ti è mai interessato?_ Alex si sorprese di nuovo a pensarci.
    _Direi di no… fino a diciott’anni non sapevo bene che fare, ho scelto un anonimo istituto tecnico come indirizzo di studi proprio perché non c’era nulla che mi piacesse particolarmente, poi ai diciotto sono stato reclutato nell’esercito, quindi il problema non si è più posto. Tutto ciò che dovevo fare era salire a bordo e sparare..._ Alzò la mano, estendendo indice e pollice, mimando uno sparo. _”Bang…”_ Ethan lo guardò storto, notando che si era intristito parecchio. O meglio, gli era sparito il sorriso ed aveva lo sguardo fisso: non era triste, sembrava più sovrappensiero.
    _Ehi Alex. Oggi è sabato vero?_ Alex scosse la testa, scrollando via i suoi pensieri, pensò alla domanda e si costrinse ad elaborare una risposta.
    _Mi sembra di sì._ Ethan alzò il pollice.
    _Allora è il momento che tu conosca un posto. Ormai sei uno dei nostri, del resto._ Alex alzò il capo, incuriosito, ma allo stesso tempo lievemente preoccupato che si trattasse di una scampagnata in mezzo agli orsi, ai lupi e a tutte le altre bestie assassine che sembravano popolare quelle zone.

    _Ragazzi… siete sicuri che possiamo uscire? Lo avete chiesto a Kelly?_
    _Certo, ci accorda un’uscita quasi ogni settimana. Le settimane precedenti non siamo usciti perché avevamo da fare, ma questa settimana un’uscita è d’obbligo, visto che stai anche iniziando ad ambientarti._ Rispose Ethan dal sedile dietro di una jeep bianca dall’aria pesante, dando una pacca sulla spalla ad Alex, che guardava fuori dal finestrino la distesa di neve bianca. Elijah guidava, concentrato sulla strada.
    _Ehi Elijah, ricordati di girare a sinistra qui eh._ Ricordò Ethan. Elijah annuì e svoltò a sinistra qualche secondo dopo, gettandosi in un sentiero fra gli alberi innevati che Alex notò a fatica.
    _Accidenti, con tutto questo bianco mi chiedo come fai a ricordarti tutte le strade a memoria, Ethan._ Chiese Alex, grattandosi il capo, e chiedendosi come avesse fatto con tale prontezza ad indicare un sentiero semi-invisibile. Ethan scrollò le spalle.
    _Amico, io qui ci sono nato. Questi sono i boschi dove andavo a smaltire la sbornia con i miei amici alle superiori, ah, ah, ah!_ Rispose, riempiendo la jeep delle risate di tutti quanti.




    _Ehi, guarda che lo so a cosa stai pensando._ Fece Isabel, tutto d’un tratto, ad un Adrian Larsen assorto nei suoi pensieri.
    I due erano al bancone di un bar, il bar del paese vicino. Lui faceva dondolare un bicchiere di liquido ambrato fra le mani, lei un boccale di quella che sembrava birra. Erano ovviamente in borghese, lei indossava un cappotto grigio dall’aria pesante, con dei guanti, una sciarpa ed il cappello tutti rosa. Adrian invece indossava un paio di blue jeans ed un giubbotto in pelle marrone. Sotto, una felpa grigia che faceva capolino dal colletto. Un paio di occhiali da sole dalle lenti grandi coprivano gli occhi, compresa buona parte della cicatrice che attraversava l’occhio di Adrian.
    _Eh?_ Fece lui, sovrappensiero.
    _Stai pensando che dovremmo smetterla di venire qui._ Sentenziò lei. Adrian sospirò.
    _È rischioso venire qui. Potremmo essere scoperti da un momento all’altro. E se venissimo scoperti cosa diremmo ai nostri compagni? Che ci hanno scoperto perché eravamo andati a farci un giro al bar?_ Biascicò sottovoce il ragazzo. Nel farlo però mosse bruscamente la spalla, che gli protestò facendogli stringere i denti in un gemito.
    _Fai già troppo per i nostri compagni. Devi dedicare del tempo anche a te stesso. Venire qui è un toccasana per te, rinunciarvi sarebbe veramente autodistruttivo._ Adrian parve rifletterci, non poteva darle torto. Tuttavia non voleva mettere in pericolo i suoi compagni solo per un piacere personale.
    _Adrian…_ Adrian la fermò con un cenno della mano.
    _Hai ragione, venire qui ogni tanto è un toccasana. Ma sappi che se un giorno dovessi dubitare anche solo per un secondo, smetterò di venire._ Concluse, solenne, Adrian. Isabel sorrise, soddisfatta del risultato ottenuto. Era già qualcosa. La porta del bar si aprì, facendo tintinnare lo scaccia-spiriti decorativo ivi appeso.
    _Salve gente!_ Esclamò affabile la voce di Ethan Campbell, entrando. Era vestito con un paio di blue jeans ed un giubbotto in pelle nera dall’aria piuttosto pesante.
    _Ehi guarda Adrian, ci sono i tuoi amici Federali._ Sussurrò Isabel, dando delle pacchette sulla spalla ad Adrian. Lui sbuffò. Era una comitiva chiassosa, e visto che più o meno si occupavano delle stesse cose gli era capitato altre volte di trovarsi al bar insieme. Ovviamente loro non avevano problemi a sbandierare il fatto di essere acclamati piloti della Federazione, tuttavia cosa potevano fare Adrian ed Isabelle, senza scatenare un trambusto che probabilmente avrebbe fatto scoprire l’intero gruppo Zeon in pochi giorni? Quello, più la stanchezza fisica e mentale dei due Zeoniani, li avevano sempre tenuti alla larga dallo scatenare scandali, nonostante avessero i loro mortali nemici a pochi metri. Senza contare che quelle uscite al bar, per loro, rappresentavano proprio una scappatoia, un momento in cui potevano non essere dei pericolosi criminali braccati dalla legge.
    Adrian vide che fra di loro c’era un nuovo ragazzo. Era vestito con un cappotto imbottito grigio con delle strisce arancioni, portava guanti e berretto, e nonostante ciò sembrava ancora infreddolito. Evidentemente non era di quelle parti, probabilmente era la nuova recluta mandata dal centro di comando della Federazione. A sottolineare la sua non appartenenza a quei luoghi, la carnagione molto abbronzata della sua pelle. Infine entrò il terzo, che Adrian ricordava essere tranquillo e sorridente, un po’ riservato ma di compagnia, un certo Elijah. Vestito con un cappotto marrone ed un berretto piuttosto buffo, si sedette all’estrema sinistra del bancone. Ethan si sedette accanto a lui, ed infine, a destra, si sedette il nuovo arrivato.
    _Ehilà Ethan, ciao Elijah. Chi è il nuovo arrivato? È uno dei vostri?_ Chiese, affabile, la barista. Era una ragazza abbastanza bassa, con i capelli rossi raccolti in uno chignon ordinato e gli occhi di un verde scuro tendente al marrone.
    _Sono Alex, Ace Pilot della Federazione, molto piacere!_ Alla parola Ace Pilot, Adrian si contrasse leggermente.
    _Katleen, piacere mio. Cosa ti porto, Alex?_ Alex ci rifletté un secondo, per poi cadere sulla decisione più banale.
    _Una bionda media._ Disse. Ethan ed Elijah si accodarono.
    _Facciamo due._
    _Tre._
    Alex afferrò il boccale che gli veniva posto e bevve una lunga sorsata. Guardandosi attorno, notò Adrian ma soprattutto Isabel.
    _Oh, finalmente un po’ di colore! Tutti questi visi pallidi mi avevano messo tristezza. Non sei di queste parti, vero?_ Chiese Alex, sorridendo spavaldo. Isabel realizzò che parlava con lei.
    _Io? Oh, in effetti hai ragione, sono nata e vissuta in Messico, mi chiamo Isabel. E tu di dove sei? Neppure tu sei una mozzarella…_ Commentò, ridacchiando. Alex ridacchiò a sua volta, rispondendo:
    _Sono australiano._ Alzò la sua birra per indirre una sorta di veloce brindisi, ma notò che il bicchiere della ragazza era irrimediabilmente vuoto.
    _Oh, così non va. Ehi… Katleen? Riempi il bicchiere di Isabel e… uhm… ehi tu, come ti chiami?_ Chiese Alex ad un taciturno Adrian. Egli non rispose subito.
    _Adrian. Non prendo nulla, grazie._ Aggiunse, sorridendo.
    _Oh andiamo, non farti pregare. Katleen, fai il bis anche per Adrian. Offro io!_ Adrian protestò ancora debolmente, ma quando il bicchiere arrivò di fronte al suo naso, lo afferrò e fu il primo a levarlo in direzione di Alex, che ricambiò allegro. Adrian bevve una sorsata, poi si fermò e si rivolse di nuovo verso Alex.
    _La prossima volta offro io._
     
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