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Shiisa Tsubasa
Unicità: Head Above Water [Transformation]
Età: 21
Altezza: 154cm
Peso: 49 kg
Data di Nascita: 22 Settembre
Gruppo Sanguigno: B+
Orientamento sessuale: Omosessuale
Yen: 9100,00 ¥
Fazione: Villain
Esperienza: 1540 [ Spendibile: 275]
Livello: 7
Peso Trasportabile: [4]
Energia: 750
Forza: 350
Quirk: 210
Agilità: 165
Cronologia: Link» Descrizione Fisica: Shiisa si presenta come una ragazzina dalla pelle particolarmente pallida, dai lineamenti un po' spigolosi. Le orecchie hanno una piccola rientranza in mezzo, rendendole particolarmente sgradevoli alla vista. I suoi canini sono leggermente più lunghi del normale, niente di disastroso e inquietante, ma è comunque un piccolo dettaglio che salta all'occhio. I suoi capelli sono particolarmente sfibrati, pieni di doppie punte e irregolari. Deve curarseli moltissimo ogni giorno per poter apparire vagamente ordinata e spesso rinuncia a questo proposito in favore di legarsi i capelli in codine casuali più o meno simmetriche.
Il suo corpo è sviluppato armonicamente e il suo seno è prosperoso. Nonostante questo, tuttavia, Shiisa non si presenta come particolarmente attraente, nonostante non manchi di femminilità.
» Descrizione Psicologica: Shiisa è rimasta particolarmente cambiata dagli avvenimenti della tenuta degli Tsubasa. Se da molto piccola poteva essere una ragazza solare e fiduciosa, pronta a fare nuove amicizie con lo schiocco delle proprie dita, adesso è invece particolarmente sospettosa di chiunque, nonostante non disdegni la possibilità di parlare con le altre persone. Anzi, spesso sarà lei a ricercare il contatto verbale, non facendosi problemi di timidezza di alcun tipo. E' rimasta, quindi, solare in qualche maniera, sebbene molto meno ingenua e pronta a stringere legami duraturi.
C'è un distorto concetto di giustizia nel suo spargere sofferenza liberamente, cercando di togliere principalmente a chi non ha sofferto abbastanza nella sua distorta ottica. Per lei quel che sta facendo ha senso e non c'è altro modo di riportare un certo equilibrio nel mondo, se così si può definire. Nel caso in cui le venga offerta reale e duratura fiducia, è pronta a ricambiare con tutto l'amore e l'affetto che non è riuscita a donare al prossimo. Tuttavia, è molto difficile che questo accada, salvo gesti puramente e incredibilmente disinteressati portati nei suoi confronti.
La sua voce è particolarmente acuta e ha un fastidioso intercalare simile alla risata di una iena, simile al rumore di ingranaggi che stridono uno con l'altro. "Kekekekek" o qualcosa del genere.CITAZIONEI temi trattati all'interno di questo background sono particolarmente crudi. Nulla che non si sia visto prima, è una storia particolarmente comune. Ma mi sono sempre sentito a disagio nel leggere questo genere di storie, quindi avviso prima. Mi scuso se manco di rispetto all'argomento, ma non l'ho fortunatamente vissuto in prima persona e non è mia intenzione sminuire la cosa in nessuna maniera, anzi.
» Background: Per raccontare la mia storia, è necessario che io prima tessa le lodi di mio padre. Takahashi Tsubasa, conosciuto come Wounder era un eroe piuttosto famoso. Chiaramente non di quelli che finiscono in tv un giorno si e l'altro pure, ma perlomeno all'interno della piccola comunità in cui operava, godeva di un'ottima fama. I suoi poteri ruotavano intorno al poter curare istantaneamente ferite di una notevole importanza e, sempre su quel concetto, poteva indurre i tessuti dei suoi avversari o nemici a crescere sempre più, generando escrescenze e cose orribili. Un potere dalle applicazioni praticamente infinite. Si potrebbe dire che mio padre aveva un Quirk molto potente, aveva vinto la lotteria genetica.
E per fortuna usava questo potere con responsabilità. Il suo volto di tanto in tanto finiva sul giornale perché aveva aiutato questo o quest'altro eroe a compiere grandi imprese. O magari aveva curato questa o quest'altra malattia. O ancora, aveva fermato questo criminale racchiudendolo in una vera e propria prigione di carne, prima di immobilizzarlo e consegnarlo alle autorità. Una persona buona, che con un sorriso era capace di scacciare via le malattie più terribili.
Chi non vorrebbe averlo come padre.
Mia madre, invece, era una persona molto più discreta. Il suo potere non era eccezionale, le consentiva semplicemente di inspessire la superficie del suo corpo, renderla più simile a cuoio. Una persona forte, ammirevole. Mi piaceva, mia mamma. Era sempre buona con me, quando mi parlava riuscivo a capire che mi amava profondamente. Più di ogni altra cosa, forse. Persino più di sè stessa.
Il mio arrivo in famiglia sembrava averla benedetta.
I miei mi volevano profondamente, tutto sembrava essere andato per il verso giusto. Almeno, così mi è stato raccontato. Tutto sembrava andare per il verso giusto, tutto era a posto... ma papà era terribile, quando tornava a casa. Non sapevo perché, non lo capivo all'epoca. Ma ogni tanto, quando tornava, era completamente ubriaco. In quelle sere, era terribile - mamma mi chiudeva in camera, mi diceva di ascoltare la musica. Ma come avrei potuto farlo, quando la sentivo urlare? E sentivo la cintura muoversi su e giù, schioccare e fare quel rumore che mi distruggeva le orecchie. Come se la pelle che stava venendo consumata non fosse quella di mamma, ma la mia. Ancora ed ancora, a volte anche due volte a settimana.
Mia mamma era una guerriera.
Non l'ho mai vista arrendersi, mi sorrideva sempre.
Anche quando tutto sembrava andare per il verso sbagliato. Non si arrendeva, continuava a sorridere. Finché il suo corpo non ce l'ha più fatta. Una sera, ho smesso di sentire quel rumore prima del dovuto. Sono arrivati i dottori, papà si è inventato una storia assurda, gli hanno creduto. Perché lui era buono. Lui era un eroe, lui salvava le persone.
Mi hanno lasciato con lui.
« É stato lui! É lui che picchia mamma! »
Ricordo lo sguardo del poliziotto che era arrivato sulla scena. Ce l'ho ancora bruciato nel cervello, probabilmente è stato quello sguardo a consumare quel poco che era rimasto della mia innocenza, della mia capacità di immaginare cose belle. Lui non mi credeva, perché ero una bambina. Perché mio padre era buono e non era possibile che io stessi dicendo la verità.
La cosa che ancora mi dà fastidio, dopo tutto questo... è il ricordo dei suoni.
Non tutto quello che è successo; penso di essere riuscita a passare in qualche modo sopra quello, di essere andata oltre in qualche maniera, rotta e distrutta come sono rimasta. Il suono di una porta che si chiude mi fa tornare con la mente a quando i poliziotti sono andati via.
Perché di lì, è stato come se l'inferno fosse stato in quella casa.
Ogni volta che papà aveva un momento libero, mi picchiava. E io non son mai stata forte come mamma, non sono mai stata brava come lei a prendere colpi. Il mio corpo si rompeva e lui lo rimetteva insieme. Penso che nella sua mente gli dispiacesse picchiarmi, il fatto di poter cancellare quello che aveva fatto... era una grande fortuna per lui. Ma purtroppo, ogni volta che una ferita si rimarginava, lui ne faceva un'altra. E le mie urla? Soffocate dagli spessi muri della casa, che era così lontana dalla strada, dai nostri vicini. Era come se l'avesse comprata apposta.
E con ogni colpo, con ogni pugno, ogni volta che la mia carne si strappava e si rimarginava, piano piano, piccole cicatrici iniziavano a crescere su di me. Per fortuna, era attento a non colpirmi dove si poteva vedere. Sarebbe stata una catastrofe, se avessi avuto addosso delle prove di quello che stava succedendo. Ma quelle piccole cicatrici non si sarebbero mai viste se non con uno sguardo attento e potevano essere attribuite a semplici malformazioni della pelle.
Perché mio padre era buono. Non mi avrebbe mai lasciato dei marchi addosso.
Non che gli altri avrebbero potuto vedere.
Il tempo passava, quella porta non si era più aperta per mostrare dei poliziotti, per mostrare qualcuno che avrebbe potuto aiutarmi. La scuola era terribile, era come se nessuno dei miei compagni o dei professori fossero in grado di vedere. Ero la figlia del grande Wounder, quindi la mia vita doveva essere per forza bella. E invece, quando tornavo a casa, il terrore s'impadroniva di me. Ogni volta che sentivo una porta aprirsi o chiudersi, un brivido fortissimo mi saliva lungo la schiena sempre più forte.
Sin quando un giorno, papà decise che ero diventata grande.
Che era arrivato il momento di farmi diventare donna.
« No, papà, cosa fai... »
Non temere, bambina mia.
Andrà tutto bene.
Iniziai a urlare. A dimenarmi, a provare a ribellarmi. Gridai fino a consumarmi la voce, ma nessuno arrivò ad aiutarmi. Eravamo troppo lontani, lì in cima a quel piedistallo che mio padre s'era costruito. In quella casa lussuosa, i quali muri iniziavo ad odiare. E quando iniziava a picchiarmi, per farmi stare zitta, non potevo fare altro che... smettere. Abbandonata, sanguinante, persi quel poco che rimaneva della mia infanzia. Con un rumore disgustoso, che si consumava nelle mie orecchie riecheggiandoci sempre di più, rimbalzando sulle pareti fredde e crudeli.
« ... »
La mia voce venne ignorata.
Una, due, tre, venti, trenta, cinquanta volte.
Sino a quando un giorno, era ancora più fradicio del solito. E le mie ginocchia erano sbucciate, le mie gambe stanche, le lacrime erano finite. Fu il giorno in cui decisi di porre fine a quella prigione, scappare dall'unica via che conoscevo e ritenevo possibile. Non avevo mai usato molto il mio potere, ciò che la natura mi aveva regalato. E lasciarmi andare fu così liberatorio. Lasciai che le mie mani strizzassero via la vita dal suo collo - perché il verme amava anche farsi strozzare.
Le mie dita sottili non avrebbero mai potuto fargli del male.
Perché lui era buono e mi stava facendo questo per farmi un favore.
Per non farmi pensare a mamma, della quale non avevo notizie da chissà quanto.
Ah, che bello. La sua faccia non aveva neanche cambiato colore. La sua gola, il suo collo si è semplicemente spezzato. Ma continuo a premere, continuo a scavare dentro di lui e prendo quello che posso, facendolo a pezzi, lanciandolo sul muro.
E solo quando non c'è più niente da smembrare e distruggere, mi fermo.
Respiro affannosamente, guardando la splendida opera d'arte che ho composto. Non ero mai stata violenta prima. Non avevo mai alzato un dito contro nessuno. E affondare le dita nella carne del mio boia e secondino è stato così meraviglioso. L'adrenalina dentro di me non sembra smettere di aumentare.
Ma dopo, resta un vuoto.
Ma io ne voglio ancora.
E allora esco da quella casa, dopo essermi lavata di dosso quell'incubo, consapevole che non ci sarà mai un posto per me in questo mondo. Solo coloro che sono stati dimenticati dalla società potranno accogliermi, provando ad approfittare di me. E allora, che sia. Qualsiasi cosa è meglio di quello che ho dovuto vivere.
La soluzione è diventare come il lupo che vuole mangiarmi.
Se non sono diversa da loro, non mi prenderanno mai più. Non riusciranno più ad approfittarsi di me.
E allora potrò ucciderli tutti.Shiisa è un personaggio di Why Bother,
Copie e modifiche del layout sono permesse solo previa autorizzazione.
La theme è Head Above Water, di Avril Lavigne.
Edited by exquisite†corpses - 18/10/2021, 20:38. -
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Dovrebbe essere tutto! Dimentico qualcosa? . -
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I could be so much worse and I don't get enough credit for that.
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~ Buon gioco!.