Kimama Evans

🦋 Kimama Evans 🦋

Kimama viene alla luce in una fredda mattina del quattordici di marzo nella piccola cittadina Canadese di Sawlog Bay, data alla luce nella casa dei nonni materni secondo le loro tradizioni e nascendo in piena salute e con genitori già consapevoli dell'unicità che si era sviluppata nel ventre materno. Dal lato del padre la notizia era stata presa con gran gioia, ma dal lato materno molti consideravano quella nascita come un evento funesto per il colore scuro nei primi accenni di peluria che presentava sul collo. Nella cultura nativa, infatti, le falene tendenti al castano o al nero vengono viste come un presagio di sventura o addirittura un futuro pieno di morte. Non vi fu da sorprendersi se pur venendo accettata dalla comunità per la gioia naturale che la sua nascita aveva portato molti membri della tribù che abitavano la cittadina la trattavano con un certo distacco. Non la madre, per lei la sua Kimama era la cosa più preziosa che vi era al mondo. Nella loro cultura chiunque presentasse l'unicità della falena orso nasceva già con piccole ali e un corpicino robusto, ma Kimama era tondeggiante nonostante mangiasse il giusto ed era sempre un po' troppo grassoccia e spesso rimproverata per questo. I suoi primi anni di vita furono comunque sereni nell'ambiente familiare, venendo amata e coccolata esattamente come ci si aspetterebbe da due bravi genitori.

I primi problemi cominciarono con la scuola dell'obbligo, per gli uni o gli altri motivi. Qualcuno si prendeva gioco di lei perché, semplicemente, era fin troppo tonda e i bambini pur se privi di malizia sapevano come ferire anche solo con le parole. Altri ben più meschini appartenente al popolo degli Inuit invece la scansavano perché, a detta dei loro genitori, starle vicina avrebbe causato null'altro che malasorte per loro e le loro famiglie. Ma a Kimama non importava di questo, lei adorava andare a scuola e imparare tutte quelle bellissime cose sul mondo che la circondava, così come adorava tornare a casa ed imparare l'antica cultura del popolo Inuit dalla madre. Nulla definiva Kimama meglio della curiosità: per lei ogni occasione in cui si poteva imparare qualcosa di nuovo era un'occasione che andava colta. Vedeva il sapere come un tesoro che andava accatastato e custodito con gran cura, ma anche dato e offerto senza alcun indugio. Adorava le storie del suo popolo ed i suoi miti, fossero essi narrati per portare gioia o per incutere timore. La gioventù non le portò alcun amico e questo per lei non fu mai un problema, le piaceva avere tutto il tempo per se e perdersi nei meandri di cento e più libri, le piaceva spendere le giornate sul letto ad apprendere le arti del popolo Inuit come l'intaglio e la cucitura di indumenti. Una vita ripetitiva e serena che venne spezzata dall'evento più memorabile che la sua vita poté subire: la pubertà.

Quando il pensiero torna a quel periodo e tutto viene messo assieme quello che avvenne ha perfettamente senso, ma per la giovane Kimama fu tanto una sorpresa quanto un motivo di nervosismo e timore. All'età di dieci anni la sua altezza non superava il metro e venti, ma nei cinque anni che seguirono il suo corpo cambiò in quella che poteva definirsi solo come una metamorfosi. Le sue forme grassocce che si ostinavano a conservare grasso come fosse la cosa più utile del mondo cominciarono ad affinarsi allo stesso ritmo con cui il suo corpo cominciò a crescere e svilupparsi esponenzialmente. La peluria marroncina ed i capelli neri come la pece cambiarono completamente colore diventando rispettivamente bianchi come la neve seppur con sfumature nere e blu come il mare colorato da un cielo plumbeo. Nulla a confronto dello sviluppo di quello che nessuno pensava avrebbe mai avuto: ali; dapprima piccole e approssimate ma che nel giro di poco tempo crebbero e si distesero come un mantello lungo le spalle della mezza-inuit. A dodici anni misurava già sul metro e cinquanta, a quindici poteva guardare dall'alto verso il basso quasi chiunque nella sua classe e a diciotto anni era ormai completamente matura con la sua torreggiante statura e delle ali così grandi e potenti che spesso si dilettava a planare sul pelo dell'acqua marittima davanti casa. La sua gente cominciò ad additarla come una benedizione, la grande falena bianca portatrice di speranza e di buona sorte. Nei due anni che seguirono fu spesso accolta e quasi venerata durante le festività del suo popolo, e lei di animo buono non portava astio verso coloro che in passato l'avevano scansata. Era felice di essere finalmente parte di qualcosa di grande e caloroso come la comunità Inuit, di guardare così da vicino quei rituali e quelle danze che in passato aveva solo osservato da lontano, dietro il vetro di una finestra.

E poi tutto cambiò, fortunatamente in meglio. Joshua Evans, il padre, aveva lavorato sin da giovane come pescatore, ma a casa aveva come hobby quello dapprima del disegno e poi dell'animazione. Si dice che nella vita tutti abbiano almeno un talento e che molti muoiano senza scoprire mai quale sia; ma questo non fu il caso di Joshua. Quando cominciò ad essere soddisfatto delle sue animazioni classiche decise di aprire un canale youtube dove caricava le sue creazioni, e venì fuori che alla gente piaceva tanto il talento quanto la creatività di quell'uomo. Dapprima fu solo qualcosa di locale, poi qualcuno in Europa scoprì per caso quello che faceva e lo condivise con altri suoi amici in tutto il mondo, incluso il Giappone. Ed in Giappone un uomo parte di uno studio d'animazione osservò uno di quei video, poi un altro, ed un altro ancora sino a consumare quattro ricche ore di contenuti prima di operarsi a scoprire chi fosse l'uomo dietro al nickname. Ed un giorno, tornando a casa da lavoro, Joshua Evans apre la sua e-mail e legge qualcosa che avrebbe cambiato la sua vita. Un invito a trasferirsi in Giappone per sei mesi, vitto e alloggio pagati, a far parte di quella casa d'animazione come stagista per mettersi alla prova e vedere se fosse in grado di lavorare a quel tipo di livelli. Sei mesi che passarono lenti per Kimama e sua madre, ma che portarono ad un grande stravolgimento quando il padre le contattò dicendogli che volevano assumerlo definitivamente e che voleva far trasferire anche loro due a Tokyo con lui. Aponi all'inizio era incerta sul da farsi, ma per Kimama quella era solo una nuova grande opportunità per espandere le sue conoscenze e vedere un lato del mondo completamente diverso a quella a cui era abituata. Una settimana prima del suo ventesimo compleanno la madre accordò le ultime manovre per l'atto di vendita della casa, e salirono per la prima volta su un aereo che le portò alla caotica metropoli di Tokyo. E da qui la storia di Kimama sarebbe cambiata per sempre.

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