Due giorni prima...Pioveva. Si, prima del festival dell’estate aveva messo pioggia per tutto il giorno… Da una parte era un bene, perché avrebbe un minimo rinfrescato l’aria in quella città così afosa ed umida. Il clima era insopportabile in questo periodo, faceva troppo caldo e spesso la gente si doveva rifugiare nei centri commerciali alla ricerca dell’aria condizionata.
Ma quello che era più piacevole in un giorno di pioggia era proprio l’odore che sprigionava. Se avevi la fortuna di abitare in una zona non troppo urbanizzata, magari vicino un parco o nella periferia dove era più facile trovare delle zone pseudo campagnole. Amachi adorava quel profumo che veniva rilasciato da quei giorni così grigi e tristi,per lei era un momento di pura calma, dove la testa era libera dai pensieri e c’era solo pace in lei. Proprio in quel giorno aveva deciso di farsi largo tra le vie di Tokyo, precisamente in un piccolo centro commerciale più spostato sulla zona esterna al cuore della metropoli, magari avrebbe trovato un po’ meno caos all’interno della struttura. La ragazza era vestita con un semplice pantalone di una tuta leggera color nero, scarpe da ginnastica bianche e nere ed in fine una maglia a maniche corte di cotone color blu notte. Con se aveva il suo zainetto portato sulle spalle e stringeva nella mano destra il suo ombrellino verde che era ancora umido di pioggia. La mutant si aggirava nell’ampio corridoio del piccolo centro commerciale ed osservava con attenzione le varie vetrine illuminate e splendenti che mostravano le loro merci migliori ed all’ultima moda: abiti, gioielli, accessori, casalinghi e molte altre cose. La mano destra, quella libera, passò per un momento tra le ciocche corte ed ispide dei capelli neri e li smosse per renderli meno appiattiti sulla propria testa per colpa dell’umidità che aveva comunque sprigionato la pioggia. Ad un certo punto gli occhi neri e gialli della donna lemure si piantarono proprio su una vetrina di abbigliamento, ma la cosa che la fece trasalire, facendole pure scattare la lunga coda ad anelli a fendere l’aria alle sue spalle, fu proprio quel manichino di una donna ed un uomo -privi di volto- che indossavano due abiti tradizionali che venivano usati nei festival giapponesi, come quello che ormai era alle porte: il festival dell’estate. Proprio qualche giorno fa si era accordata con Darius per poter andare insieme a farsi una serata sulla spiaggia, tra tramezzini e qualcosa da bere, mentre si guardavano i fuochi artificiali insieme… Sarebbe stato carino che andassero entrambi vestiti in maniera tradizionale, anche se aveva qualche dubbio lei che le balenava nella testa. Rimase imbambolata davanti alla vetrina, con la testa che ogni tanto si muoveva e puntava lo sguardo verso l’alto, all’altezza del torace del manichino, fino a discendere ai piedi di esso. Ammirava quel capo, un kimono femminile bellissimo, almeno per i suoi gusti. Magari era anche sbagliato il tessuto usato, il modo in cui era cucito, era una cosa pensata per attirare il turista ignorante… Un po’ come lo era lei dato che non era originaria del luogo. Inghiottì un noccioli di saliva e le orecchie scattarono appena verso l’alto, mentre mormorò:
«Al diavolo, facciamo questa pazzia!»Si fece coraggio e cominciò a camminare verso il grande ingresso del negozio di abiti, proprio quello che aveva esposto quel kimono in vetrina ed aveva ipnotizzato la giovane studentessa. Lì sparì e chissà quanto pagò per quel capo…
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Fu la sera dell’appuntamento e l’emozione era davvero palpabile. Due giorni fa era brutto tempo, ma oggi era stata una giornata soleggiata e la sera si prospettava priva di nuvole. Ormai la gente era in strada e si stava radunando per seguire lo stesso esempio di Amachi e Darius, cioè andare a farsi un pic nic sulla spiaggia in attesa dei fuochi d’artificio. Non erano gli unici ad aver avuto questa deliziosa idea.
La zona in questione era stata allestita a festa, sembrava di essere su un’altra strada, dove c’era solo colori, gioia e voglia di festeggiare quel festival estivo. La gente era felice, chiacchierava, si radunava per andare a bere o mangiare qualcosa, ma anche passare le prossime ore tra le bancarelle per prendere qualcosa come ricordino di quell’evento. Proprio tra la gente c’era una figura minuta che si aggirava per poter raggiungere una zona ben precisa, un gazebo.. Si stava trattando di Amachi, la lemure mutant che faceva notare la sua presenza grazie a quella vaporosa e lunga coda ad anelli nera e bianca che ondeggiava alta alle sue spalle. Gli occhi della ragazza guizzavano a destra e sinistra, mentre si faceva largo tra la gente e serpeggiava tra gruppetti fermi a parlare, oppure persone che erano lente a camminare. Proprio dopo pochi metri che continuò il suo percorso, ecco che sbucò su una parte più ampia e meno affollata, dove finalmente si mostrò agli occhi dei presenti nella piccola piazzola, come Darius che la stava aspettando al Gazebo. Una lunga cascata di capelli lisci neri le incorniciava il volto dai lineamenti femminili ma leggermente duri, con quegli occhi dalle sclera nere e le iridi gialle che erano stati truccati con un filo di mascara e ombretto scuro. Sui capelli -
che erano una Parrucca di buona fattura- aveva una frangia ben tagliata a coprirle la fronte, mentre sulla parte destra aveva un fermaglio che aveva sopra dei fiori colorati di viola e con qualche fogliolina verde che puntava da sotto i grossi petali. Il corpo era coperto da un kimono dalle rifiniture nere, ma con un tessuto colorato -quasi arcobaleno nelle sfumature con sopra ricami e stampe di fiori tipici del Giappone, questi erano solo i contorni neri dato che il tessuto stesso riempiva di colore i loro petali. La parte bassa, sulle gambe, era color pece, mentre alla vita aveva una fasciatura color viola. Ai piedi aveva delle ballerine, stonavano un po’, ma c’era un motivo: non sapeva ben camminare sulle calzature di legno tipiche giapponesi.
Al polso destro aveva un sacchettino agganciato da un nastro di raso nero, sembrava una specie di pochette versione sacchettino di velluto per non stonare troppo dal suo abbigliamento, mentre nel palmo stringeva una busta di plastica contenente due bibite e qualche bicchiere usa e getta. Le maniche ampie e lunghe le coprivano fino a metà delle mani, infatti si notavano poco quelle mani scure e ruvide. La ragazza si guardava intorno, mentre le orecchie pellicciose erano tenute leggermente inclinate verso l’alto per udire magari la voce del suo amico Darius. Non servì di sentirlo richiamare il nome di lei, infatti in pochi attimi scorse la figura del Pro-Hero nei pressi del punto designato del loro incontro. Amachi sorrise con dolcezza e timidamente calò lo sguardo per una manciata di secondi, per poi rialzarlo su di lui e portò la mano sinistra a scostare una ciocca di capelli della parrucca per posarli dietro il padiglione auricolare del medesimo lato. Sfarfallò le ciglia lunghe e nere, mentre incominciò ad avvicinarsi. Il cuore le iniziò a battere forte, sentì una sensazione di formicolio alle gambe, mentre il sorriso si allargò a mostrare la sua candida dentatura, di cui i canini sono leggermente più pronunciati del normale. Lui era bello come al solito, ma in quelle vesti così eleganti e tradizionali lo rendevano ancora più regale ed affascinante. Aveva quel volto spesso serio, preoccupato, ma cercò lei da subito di farlo sciogliere con quel suo sorridere. Era senza fiato, sentì il cuore battere con ferocia nel petto, quella figura lì in piedi era proprio lo studente della UA divenuto Eroe, che l’aveva sempre trattata con i guanti e fatta sentire sempre bene.. A suo agio..
Ora che si era avvicinata, lui poteva scorgere le labbra di lei che erano state toccate appena da un po’ di lucidalabbra, mentre sulle palpebre aveva un’ombretto leggermente scuro, come un’ombra lieve posata sulla pelliccia, ma che mostrava dei brillantini che le facevano brillare di più il viso. Si strinse nelle spalle e guardò in direzione del volto del ragazzo, sollevando appena il mento data la loro differenza di altezza. Era felice, si leggeva sul suo visino e nei suoi occhi che brillavano debolmente sotto le luci delle lanterne colorate:
«Scusami se ho fatto tardi, non ho neanche pensato di usare il telefono, in mezzo a questa calca rischiavo di farti sentire solo confusione… Eheheh!»Si scusò preventivamente, anche se in realtà era in orario e non aveva fatto così tanto ritardo.
Era una serata calda, l’estate a Tokyo si faceva ben sentire, infatti Amachi colse la palla al balzo e guardò verso la bustina delle bibite che aveva portato, ancora fresche:
«Fa caldo vero? Spero siano ancora fredde così ci rinfreschiamo anche noi.» Cercò di guardare in direzione del viso di lui, di nuovo, per poi fare spallucce e guardare intorno a loro:
«Dove andiamo?»Lasciò carta bianca a lui, poteva scegliere dove potevano andare a farsi il loro pic nic. Arricciò il nasino nero e percepì un flebile odore nell’aria, quello di cibo. Forse non era il cestino del ragazzo che emanava quelle fragranze, ma lei cercò di cogliere l’occasione per sdrammatizzare un po’ e rompere il ghiaccio…E l’ansia!
«Sento un odorino di mangiare buono, buono… Ti sei impegnato? Ehehe..»E fece una piccola smorfia divertita, una linguaccia innocente strizzando appena gli occhi.