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Si parla dell'estate 2014. Cosa dire dello Stan quindicenne di allora? Asociale con bassa comprensione degli standard d'interazione personale, che al contempo impugnava un immeritatissimo senso di superiorità rispetto a chiunque altro. Lo stereotipo dello shitlord grasso e dalla bassa igiene, passavo fin troppo tempo su 4chan, e a guardarmi compilation di FEMINISTS OWNED. Un bimbo insopportabile da riempire assolutamente di sberle.

E infatti la vita mi schiaffeggiava spesso.

Il secondo anno di fila, spendevo l'estate a studiare per gli Esami di Recupero alle Superiori. Ancora una volta il Triforce delle materie in cui ho sempre fatto pena: Matematica, Chimica, e – soggetto di oggi – Disegno Tecnico. I tre spettri delle scienze che mi apparivano la notte di Natale Ferragosto.

Oggi voglio raccontare di un caldo pomeriggio che mi trova fuori casa... Lo so, lo so, evento raro per quei tempi. Ma avevo buone ragioni per espormi agli elementi del selvaggio mondo aperto, lontano dai comfort del mio database di hentai. Attendo, al riparo nell'ombra di uno dei tanti alberi in fila al lato della strada, davanti alla biblioteca in cui m'è stato dato appuntamento.

Finché non la vedo arrivare: Sandra (nome fittizio per proteggere la privacy, se lo merita).

Una nuova trasferta in classe mia, con cui avevo in comune la totale mancanza di talento nella Progettazione Tecnica. Potevo considerarla un'amica, circa. Ci trovavamo spesso a chiacchierare, magari durante Educazione Fisica che noi snobbavamo pesantemente, ciò la rendeva un po' degna di nota dato che tutte le altre ragazze mi tenevano lontano come la peste. E avevano ragionissima, mettiamolo ben in chiaro.

"Ehilà! Come va?", incalza lei solare.

Io sono decisamente più scazzato, e le indico silenzioso l'insegna che stava alle sue spalle, in un gesto che di certo pensavo fosse molto scenico e figo.

"È chiuso oggi."

"...Ah, vabbeh" risponde. Non sembrava troppo sorpresa dalla cosa, né intralciata. Mi lascia abbastanza confuso. Dopotutto era stata lei ad indicare quel posto come luogo dove potessimo ripassare assieme in vista dell'Esame. E non sapeva manco gli orari? Che scema.

"E adesso?"

Davvero ero uscito dalla mia preziosa camera da letto appestata per niente? La disperazione del non capirci un tubo di quella materia mi aveva portato ad accettare l'invito della ragazza, quell'inconveniente mi ricordava perché con gli esseri umani ci interagissi poco.

"Potremmo andare al parco, no?" il suo sorriso non è meno largo, io però sbuffo in un lungo sospiro deluso. Cioè dovevo viaggiare ancora? E magari pure camminare? Stare al sole? E poi le zanzare, e le altre persone che girano per il parco e mi guardano. Che scesa.

Alla fine mi convince, e controvoglia partiamo verso la grossa Zona-Parco poco in là. Un bel posticino a dire il vero, pieno di erba, colline, e un grande lago dove si poteva dar da mangiare ai pesci. C'erano pure rarissime anatre non-stronze che non ti rincorrevano se le guardavi male... Quindi il posto mi faceva schifo, dato che odiavo le cose belle e buone.

Sull'autobus cercavo di evitare contatto visivo con lei, siccome sotto la mia scorza da edgyboy si nascondeva la fondamentale verità che mi sentissi a disagissimo attorno all'altro sesso. Prova ad aprire una conversazione, io rispondo monosillabico, finché non scende proprio un imbarazzante silenzio. Che diventa insopportabile. Devo fare qualcosa.

Quindi mi metto le cuffie.

Lei continua a guardare fuori la finestra, non sorride più.

Scendiamo alla fermata designata, e seguono un paio di minuti di camminata fino ad un posticino con panchine e tavoli da picnic di legno. Lì potevamo tirar fuori fogli, matite H e B, e i vari strumenti del mestiere. Cosa che io feci immediatamente, lei fu un po' più letargica. Ma era lì per far pratica o per cazzeggiare? Se voleva cazzeggiare poteva anche non invitarmi.

Grandi, spessi alberi ci affiancavano, e offrivano la loro folta chioma come scudo al sole, permettendo soltanto alla leggera e fresca brezza estiva di accarezzare i nostri volti adolescenziali, nel pieno della loro gioventù. Più in là, dietro di lei, i riflessi dei raggi di sole facevano brillare le acque tranquille del laghetto, e quasi incorniciavano il volto di Sandra.

Ma io avevo gli occhi dentro il libro d'esercizi.

Non ricordo bene i dettagli del resto della giornata. So che di lavoro alla fine ne completammo ben poco, lei era distratta, svogliata, io ero lì per farmi spiegare cose e invece dovetti improvvisarmi professore e mostrare a lei tecniche, che però non sembravano interessarle troppo. Ad una certa ci siamo arresi, e ci siamo salutati dividendoci.

In realtà io dovevo andare nella stessa direzione sua, ma con una scusa andai nell'opposta, per evitare un altro viaggio in bus con lei che mi avrebbe dato troppa ansia.

Se c'è una cosa che non mi abbandonerà mai della giornata, però, è un certo scambio di frasi, partito senza particolare pretesto da lei, verso l'inizio della nostra avventura. Quando forse ancora delle speranze vivevano nel suo cuore.

"Alla fine sembra quasi un appuntamento, haha."

"Nah, non credo."

...

Col senno di poi, realizzo che fosse un appuntamento. O al massimo dovesse esserlo, secondo le speranze di lei. Probabilmente mi aveva invitato con piena conoscenza la biblioteca sarebbe stata chiusa, così che potessimo spendere una bella giornata al parco. Non aveva tenuto in conto quanto io fossi incapace di vivere.

La domanda per Milk è: Come faccio a smettere di pensare a questa storia in piena notte, e morire dal cringe? Mi tormenta da anni.

Grazie.