It was your kiss, My Love, that made me immortal.

Role Slot Extra Amachi - Ogawa, distr. Hiki, pref. Saitama #NSFW HET

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    Gli ultimi eventi che avevano visto la città di Tokyo presa d'assalto da lepidotteri dagli effetti terrificanti, guidati da persone senza scrupoli e senza il minimo rispetto per la vita altrui, che hanno lasciato sulla pelle della metropoli nuovi cicatrici, che si aggiungevano a quelle che qualche anno prima avevano visto scomparire nel giro di una notte dei ragazzi con le unicità per colpa di uno scienziato pazzo e una buona fetta degli eroi e del corpo docenti della scuola. Lui c'era, aveva vissuto sulla propria pelle quello che era successo e se le ferite del corpo erano state guarite dal suo Quirk, quella della mente erano state più difficili da risanare, per questo si era preso del tempo nella sua patria per cercare di fare mente locale e ritrovare il proprio equilibrio. Se possibile, in quest'ultimo caso la situazione rischiava di diventare ancora più pesante, visto che da quando era tornato dal suo anno sabatico, aveva incontrato ad una festa da ballo in maschera, al Salem, uno scricciolo di ragazza che da quel momento in poi, sarebbe diventato molto di più che una semplice comparsa dagli abiti ispirati ad un film horror. Infatti il ricordo di quella sera, quando la vide con quella parruccona verde acido, il vestitino a righe bianche e nere e la cravatta attaccata al colletto della camicia, il tutto condito da quel viso appena truccato ma che già nel primo momento che si erano incrociati, gli aveva trasmesso tenerezza e poi un bel pò di confusione quando l'aveva vista scappare via al piano di sopra del locale dopo quel saluto. Ma quella era Amachi. Un nome che avrebbe conosciuto dopo, una sera in un locale a Roppongi, dove la giovane si stava esibendo e dove lui era andato a bere qualcosa insieme ad alcuni colleghi tirocinanti. Anche lì, in quell'occasione incrociarono lo sguardo per qualche attimo in più rispetto ad una normale occhiata distratta, non riuscendo a distrarsi da quel visino pulito, da quella voce melodiosa che lo ha rapito per tutta la durata della canzone e poi, quella richiesta, quel selfie. Lei con quell'abito nero smanicato che la fasciava, con la gonna rossa con i pois neri e quel filo di trucco sembrava una bambolina, fragile e delicata, qualcosa da proteggere, qualcosa per cui combattere. L'arrivo dell'inverno, delle vacanze natalizie, l'ultimo anno li nella scuola lo spinse a cercare di allacciare quanti più rapporti era possibile anche con i ragazzi dei primi anni, così da poter dare loro qualche dritta, qualche riferimento nel caso avessero avuto bisogno di una mano. Per questo organizzò con alcuni di loro quell'uscita pre natalizia a Shinjuku, cercando di far collidere i gusti delle varie persone che avevano partecipato all'uscita, tra quelle più serie con la visita alla reggia presente al parco con quelle decisamente più rilassati della pista di pattinaggio. Ma di quella giornata sicuramente gli rimasero addosso i ricordi della lemure che nonostante il proprio carattere stava iniziando ad aprirsi un pò anche con gli altri, oltre ai vari ricordi della sua fame nel buffet del locale e le sue risate e la gioia nei suoi occhi durante i giri sulla pista ghiacciata, accompagnate dai capitomboli che tutti quel giorno, da ragazzi normali, trascorsero assieme. Successivamente ci furono gli incontri a scuola, nelle aree comuni dato che comunque frequentavano anni diversi, proprio lì riuscirono a scambiarsi qualche frase in maniera meno bloccata rispetto ai primi incontri, con qualcosa che si stava iniziando a muovere forse. Qualche confidenza venne scambiata, qualche carezza, qualche occhiata, grattini alla coda e chiacchiere su chi erano stati e chi volessero diventare, niente di troppo segreto ma di certo entrambi non avevano probabilmente tantissime persone con cui parlare di quel genere di argomenti o semplicemente sembravano fatti per ascoltarsi a vicenda. Lo scambio di messaggi divenne più frequente, le chiamate, le chiacchiere fatte insieme. Tutto stava facendo stringere di più i loro rapporti e le loro vite. Infatti non era possibile dimenticare il Tanabata, quella festività nipponica che li vide entrambi vestiti in abiti tradizionali, seduti su una coperta in cima ad una collinetta a guardare in direzione del mare e dei fuochi d'artificio. Forse quelli non li ricorda bene, visto che in quel frangente tra una discussione e l'altra, tra un sandwich al pollo e uno al bacon, le loro labbra si toccarono per la prima volta. Il loro primo bacio, in qualcosa di tremendamente comune per una serata come quella, ma decisamente unico e speciale per loro, che si iniziarono a confessare e legare ancora di più. E se quello poteva essere considerato un punto di inizio di una relazione a livello inconscio, l'allenamento di qualche mese dopo, nella palestra della Yuuei, fu un punto di svolta eclatante nella loro conoscenza. Pugni, calci, schienamenti ed atterramenti, che si conclusero con lui steso a terra e la giovane lemure sopra di lui impegnata in una lotta a terra. Lei tra una lacrima e l'altra riuscì a confessare i suoi sentimenti, una parte di questi almeno, venendo poi ricambiata tra un bacio e quello successivo. Quella giornata di metà ottobre divenne il giorno in cui la loro relazione passò ad uno step successivo, diventando qualcosa di ufficiale anche per loro, che forse erano gli unici ad essersi accorti tardi della cosa.
    Ma tutta quella serie di ricordi si andò a frantumare uno dopo l'altro, come delle vetrate che venivano prese a sassate, sostituite dalle immagini della lemure che faticava a respirare, piangeva, urlava, spariva in un vortice di farfalle blu. Quell'evento aveva destabilizzato non poco la ragazza già fragile di suo, rendendosene conto stando a contatto con lei per gran parte della giornata. I suoi attacchi di panico, lo stress di dover vivere quasi chiusi in casa come animali in gabbia, non erano qualcosa che poteva sottovalutare o ignorare e l'impotenza di non poter fare nulla per aiutarla lo distruggeva in una maniera tale che non credeva possibile. La situazione critica per la città aveva reso difficili se non impossibili anche le attività più comuni e basilari, per questo durante le ore in cui non era di pattuglia si era ingegnato per cercare di tenere la lemure con la mente impegnata in qualcosa di calmo e rilassante: le aveva proposto di fare delle serate a tema culinario diverse a seconda dei giorni della settimana, ascoltare musica assieme, guardare qualche serie tv o film, si era proposto anche di prendere qualche lezione di chitarra per fare qualcosa di diverso, anche se con dei risultati non proprio eccellenti. Stava facendo tutto quello che era in suo potere per cercare di risollevare il morale e lo spirito della ragazza con la quale aveva iniziato a convivere, perchè di fatto quell'incidente lo aveva tagliato fuori da casa sua e quindi aveva dovuto chiedere ospitalità proprio alla lemure, in quel periodo già così difficile. Tra le nottate fatte quasi insonni ad assicurarsi che l'altra riuscisse a dormire un pò o a farle semplicemente compagnia fino a quando non crollava letteralmente dal sonno, cercava una soluzione utile che potesse aiutarlo con la ragazza. Uno spiraglio lo intravide quando pochi giorni dopo l'inizio del nuovo anno la quarantena allentò la presa, permettendo un minimodi spostamenti con più serenità e sicurezza e per questo approfittò di quella settimana in cui tutto riprendeva a muoversi per organizzarsi a sua volta.
    Era stato tutto fatto molto di fretta, tra gli accordi da prendere con Endeavor per quei pochi giorni di permesso e la varia organizzazione dei turni a lavoro, convincere Amachi a lasciare la casa dove erano stati rinchiusi per gran parte del tempo negli ultimi mesi e avvisare sua madre che sarebbe passato a trovarla da li a qualche giorno.
    Alla fine si scosse, era rimasto un mezzo minuto buono a fissare l'altra senza spiccicare una parola probabilmente, tenendo ancora in mano delle coperte invernali ancora piegate. Si trovavano all'interno della camera degli ospiti della casa di sua madre, ad Ogawa, nel distretto di Hiki facente parte della prefettura di Saitama. Una villetta un pò isolata nella natura, ad un piano, con un un giardino attorno abbastanza ampio e curato che si collega poi ad uno dei grandi parchi naturali della zona. Infatti la regione è molto più verde rispetto a Tokyo, soprattutto nell'ultimo peridio, permettendo quindi una maggiore immersione nella natura ed un distanziamento dalla città con il suo caos. Approfittando di una giornata soleggiante, si sono messi in moto, letteralmente, per raggiungere la zona periferica della cittadina dove aveva fatto trasferire la madre dopo il piccolo incidente con un albino che aveva strani dei rapporti con il padre. Ha presentato Amachi alla madre come la sua ragazza, fidanzata, compagna. Ha cercato in quel pomeriggio di far conoscere un pò le due, sorbendosi probabilmente qualche aneddoto di come da piccolo provava a tagliarsi con le forbici dalla punta arrotondata o di come ruzzolava giù dalle scale. Ovviamente durante la cena la madre ha cercato di informarsi dalla lemure se il figlio mangiasse, dormisse e studiasse (?) abbastanza, trattandolo ancora come un poppante o quasi, pensando di essere fuori dalla portata del suo udito, alla fine andò a tirare un sospiro di sollievo nel saperlo al fianco di qualcuno che ricambiasse i suoi sentimenti.
    Finita la cena, dopo aver fatto i piatti, l'albino si stava occupando di portare quella coperta nella camera degli ospiti dove si trovava la ragazza, bloccandosi poco dopo la soglia nel vederla, colpito da quel marasma di pensieri e ricordi. Andò ad appoggiare la coperta ancora piegata a mo di grosso cubo sul letto e si mosse verso di lei, cercando di andarle a cingere i fianchi con le mani per tirarla a se, in una sorta di abbraccio, inspirando forza l'odore di lei e socchiudendo gli occhi per godersi quella sua presenza Allora? Pensi poter resistere qualche altro giorno qui? Le domandò con tono ironico ovviamente, cercando di guardare l'altra in volto, staccandosi così appena da quell'abbraccio. Cerca con le iridi violacee quelle gialle della compagna, alla ricerca di ogni possibile reazione.


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    Farnia_Play Spero che ti possa piacere >.<


    Edited by Sir.Nobody - 2/4/2021, 12:55
     
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    Forse era stata un’idea ben studiata quella di portare Amachi fuori città.
    Doveva svagare con la mente, avere nuovi stimoli e cose diverse da vedere, ma anche vivere con un po' più di pace e tranquillità, senza l’idea dell’aver paura di camminare per Tokyo dopo quello che era accaduto.
    Darius decise di sfruttare un giorno di sole per partire ed andare via dal loro piccolo appartamento, voleva infatti far provare alla mutant l’ebrezza di andare in moto, dato che non lo aveva mai fatto. Tutto cominciò con la sveglia che suonò presto, ma la stessa ragazza non si era alzata minimamente, ci volle infatti il suo compagno che la andasse a destare da quel sonno. Lei non sapeva nulla, o meglio, aveva accennato Darius che quando sarebbe finito tutto, il duo sarebbe partito per andare altrove qualche giorno… Ma fu un po’ una sorpresa per lei. Amachi si alzò e già quando andò al tavolinetto da pranzo si trovò una tazza di cereali al cacao immersi nel latte fresco, una tazza di caffè in stile americano ed una scatola bianca chiusa, proprio davanti alla sua postazione dove solitamente mangiava.
    Ci fu subito della sorpresa da parte della lemure, anche se in quel periodo così drastico -almeno per lei- l’aveva resa poco affamata e poco raggiante. Inizialmente sfarfallò le ciglia e sollevò le piccole sopracciglia per formare due perfette arcate:
    «Che c’è dentro?»
    Chiese lei, mentre si era posta davanti alla scatola e subito incominciò a staccarne il nastro adesivo che sigillava il tappo soprastante. Alternava lo sguardo tra Darius e il misterioso contenuto di quella scatola, fin quando non andò a rivelare qualcosa di lucido, dalla colorazione bianca, rosa e nera…Lei rimase un momento sorpresa e quando tirò fuori quell’oggetto, vide finalmente che era un casco integrale per andare in motocicletta. Se lo girò tra le mani, ne guardò i disegni floreali che ricordavano i fiori tipici Hawaiani e poi si voltò a guardare il ragazzo dai capelli bianchi. Sorrise sulle labbra scure, mentre con timidezza fendette l’aria con la sua lunga coda ad anelli e si strinse nelle spalle, mentre portò quel casco al petto:
    «è bellissimo! Questo lo useremo per-»
    Ma non finì neanche di dire quando poteva usare quel regalo, che Darius stesso le fece capire di dover preparare uno zaino con dei cambi di vestiti e che sarebbero partiti.

    Il rombo della moto risuonò forte quando l’altro l’accese, con quelle vibrazioni che emanava il motore stesso che quasi le sentiva nel proprio piccolo petto. Le mani della lemure si aggiustarono bene l’allacciatura sotto al mento, mentre la visiera era per il moment alzata e di lei si potevano vedere solo i suoi occhi dalle sclera nere e le iridi gialle. Guardava quel mezzo su due ruote, ma ogni tanto cercava di dare qualche occhiata verso l’altro come a domandare se era sicuro. Sarebbe stato un viaggio sicuramente emozionante e diverso dal solito, un po’ come quando andò fuori città con i colleghi di lavoro, ma in quel preciso viaggio usarono il treno.
    Si sistemò il giubbino, la sciarpa ed i guanti, dopotutto era gennaio e anche se c’era il sole, le temperature non erano così alte. Il cuore le batteva forte, ma alla fine si fece coraggio e cercò di avvicinarsi al compagno, pose la mano destra sulla sua spalla destra e cercò di andare a scavallare la sella della moto, per poi sedersi e porre l’altra mano sul fianco sinistro del ragazzo. Quando lui partì, sentì quella leggera scossa di paura che l’attraversò, infatti si strinse maggiormente alla sua schiena e per almeno i primi dieci minuti ci restò ben aggrappata. Il tremore della moto che sentiva era scaturito da quel motore potente che, per fortuna della mutant e grazie al casco che indossava, le sue orecchie ne risentivano poco di quel baccano. L’aria la sentiva che frenetica le scorreva addosso, con la coda ad anelli che si stringeva attorno alla propria vita per impedire di svolazzare malamente dietro di loro e rischiare pure di farsi male. Le mani di Amachi si erano poste sui fianchi di lui, tenendo ben aggrappate le dita a quel giubbotto che l’altro aveva indossato, per cercare di evitare di perdere l’equilibrio o peggio cadere. La testa si sollevò a guardare verso il panorama che scorreva alla propria destra, dove si lasciavano alle spalle una giungla urbana, per riversarsi in un luogo più naturale e tranquillo. Sembrava di vivere in un documentario, era una vista che ormai saranno stati mesi in cui lei non ne vedeva uno così. Anche se era semplice boscaglia, piccoli paesini, campi coltivati o piccole colline incolte, per lei era qualcosa di diverso e soprattutto che la riportava alle origini, quando aveva forse cinque anni o meno… Prima dell’adozione.
    Ricordava ancora quel luogo immerso nella natura, dove i bambini venivano cresciuti con l’intento di insegnare loro la preziosità della terra e tutto quello che ne era collegato. Giocavano a fare l’orticello, crescere e far fiorire il giardinetto dell’istituto, poi quelle escursioni nella foresta per conoscere i vari frutti ed animali del posto. Gli occhi di Amachi, in quel momento, si socchiusero e si poteva leggere in essi che stava sorridendo. Istintivamente si avvicinò col busto a quello di Darius e le mani si arrampicarono sul torace di lui, così che lo strinse in un dolce abbraccio e poggiò la testa -sul lato sinistro- sulla sua schiena. Quel viaggio incominciò bene, con quel senso di benessere che ormai, lei, non riusciva più a percepire e ritrovare. Ogni giorno doveva lottare tra un attacco di panico, un momento d’ansia, ma negli ultimi giorni anche con le allucinazioni. Stava toccando il fondo del baratro ed ora doveva cercare di risalire. Grazie a lui forse ci sarebbe riuscita, in un modo o nell’altro, ma sempre stando al fianco del ragazzo di cui lei si era innamorata.

    Arrivarono a casa della mamma di Darius e quel posto era così tranquillo e ben tenuto, con un’ampia zona verde che circondava la casa, che la mutant ne rimase sorpresa. Lì ci fu il momento che quasi temeva più di tutti: Conoscere la madre. Amachi aveva sempre quel pensiero che non potesse essere la giusta ragazza per lui ed uno di questi problemi era il momento in cui doveva affrontare la famiglia altrui. Lei non avrebbe mai avuto il coraggio di presentare Darius ai suoi genitori adottivi, anche perché loro -per come si sono sempre comportati- lei non doveva pensare a queste cose “superflue”, ma concentrarsi sullo studio e la futura fama da eroina. Si vestì meno trasandata del solito, ma optò per qualcosa di nero e giovanile, un abbigliamento che aveva nell’armadio e che ancora non aveva rinnovato. Era in ansia, ovviamente, soprattutto nei primi momenti perché già dal primo sguardo si accorse che la donna era sorpresa nel vedere una Mutant al fianco di suo figlio. Fu fortunata però, perché quella signora non aveva pensieri malevoli su chi era come lei, così diversa, bizzarra… Ma fu accolta a braccia aperte nella sua casa. Ogni tanto sospirava, come a scaricare la tensione, ma lo faceva quando la madre del ragazzo non se ne accorgeva. Le venne offerta una buonissima cena, anche se per metà non riuscì a mangiarla, ormai aveva lo stomaco meno “ingordo” e non riusciva a finire tutta quella prelibatezza, ma si scusò per questo e mortificata cercò di aiutare sia lui, sia lei, a sistemare la tavola ed i piatti da lavare. Alla fine come giornata fu davvero bella, diversa e ad Amachi ci voleva proprio. Anche se non era così semplice levarle dall’animo quel peso della sconfitta e del terrore, lei comunque aveva passato dei bei momenti fuori dagli standard della vita quotidiana.
    Si andarono a dirigere nella camera degli ospiti ed inizialmente ci fu dell’imbarazzo perché la mamma di Darius non sapeva se far dormire i due separati o meno, ma alla fine ci pensò lui stesso a dare la risposta adatta. Dopotutto stavano convivendo, costretti da quella quarantena, ormai avevano passato molto tempo insieme in quella casina a Tokyo, quindi non sarebbe cambiato molto. Dovevano mettere le coperte sul letto, infatti lui andò a prenderle da un’altra parte, mentre lei attese nella stanza. Si era voltata a guardare fuori dalla finestra, con quel giardino che aveva qualche piccola illuminazione che mostrava il prato ben curato e quegli arbusti particolari che ne decoravano il perimetro del sentierino che serpeggiava tra i giardinetti vari. La madre dell’eroe aveva messo tanta passione nel creare quel piccolo angolo di paradiso, era palese. La coda della lemure era tenuta bassa e solo la punta oscillava lentamente a destra ed a sinistra, mentre le braccia erano tenute conserte, con le mani scure che erano appoggiate vicino ai bicipiti. Lui arrivò con un piumone piegato, ma Amachi si voltò in sua direzione poco dopo che l’altro si riprese dal suo attimo di stallo, dove era preso dai suoi pensieri. Si voltò e sfarfallò le ciglia, mentre lo andò a fissare nei suoi movimenti, fin quando non si pose vicino a lei, costringendola in quel gesto a sciogliere le braccia ed avvolgerle attorno al suo busto. Non era fatto con controvoglia, anzi, lei adorava -soprattutto in questo periodo difficile- stringerlo a se, sentirsi piccola tra le sue braccia e percepire il suo profumo. Si accoccolò sul suo petto, mentre le mani cercarono di passare al di sotto delle sue braccia forti e di posare queste sulle sue scapole. La fronte si posò sotto l’orecchio sinistro di lui, mentre nascose per un momento il faccino sul suo collo e clavicola, con quella pelliccia soffice della faccia che toccava le parti scoperte dai vestiti del ragazzo:
    «Certo, è stata una bella idea venire qui. Tua madre è stata così cortese, carina, forse ho capito da chi hai preso..»
    Accennò una risatina.
    Mentre rispondeva annuì alla sua domanda e si staccò di poco da quella presa, con le mani che si abbassarono sul suo costato al di sopra die fianchi. Sollevò la testa e lo fissò, mentre le orecchie si abbassarono di qualche grado e così anche le piccole sopracciglia, in segno di dispiacere, ma questa espressione le venne fuori solo quando riprese a parlare:
    «Senti…»
    Partì con incertezza e voce tremante, alla fine aveva paura di parlare di un certo argomento con lui. Per diverse ore lo aveva accantonato quel pensiero, ma per quanto lo avrebbe fatto? Adesso era il momento giusto tirarlo fuori quel discorso sul non essere adatta a fare l’eroe? Le mani si strinsero appena ai suoi lati del corpo, mentre gli occhi si abbassarono e così anche la testa, oscurando quella parte con l’ombra dei suoi capelli:
    «…I-Io ti sto per dire una cosa ma.. Non voglio farti arrabbiare, né voglio che il rapporto che stiamo creando si spacchi. Io vedo le due cose separate.. C-Cioè la nostra storia e quella del futuro della carriera, intendo.»
    Stava faticando a trovare le giuste parole, infatti sembrava un po' confusa e si tratteneva, impaurita dalle possibili reazioni altrui. Si umettò le labbra nere e cercò di abbassare ulteriormente le orecchie, mentre si strinse nelle spalle:
    «Dopo quello che è successo, sento che vestire i panni di un eroe non fa per me. Sono una persona paurosa, codarda…Ho messo in pericolo persone e fallito la missione in buona parte, causando danni a Tokyo stesso.»
    Il respiro era più appesantito, mentre il cuore se lo sentiva in gola da come batteva veloce. Le tremavano le fini gambe e così anche le mani, lui poteva percepire quella sua reazione che stava scuotendo il suo corpo ed animo ferito:
    «Voglio lasciare la scuola. Ma non voglio assolutamente tornarmene in Cina, vorrei restare qui in Giappone… C-Con te… Convivere e.. E io troverei un lavoro che mi occupi più ore nella giornata per avere un adeguato stipendio per pagare le bollette, la spesa, affitto…»
    Ma non alzava lo sguardo su di lui, solo intravederne la bocca con la coda dell’occhio la metteva in forte stato d’ansia, con quella pulce nell’orecchio che le consigliava di fissarlo in viso, ma un’altra invece che glie lo impediva. Tremava come una foglia, temeva che ci potessero essere reazioni negative, brutte, tremende, anche se Darius non aveva mai avuto reazioni così brutali in tutto quel tempo che erano stati insieme. La coda incominciò a frustare l’aria più volte, come la coda di un gatto che batteva e si agitava quando era stato disturbato dal suo status di pace e tranquillità. Lei chinò le palpebre e nascose ulteriormente gli occhi dietro di esse, mentre con fil di voce mormorò:
    «Mi dispiace tanto, Darius.»
    Concluse il suo dialogo, mentre restò impalata ad attendere una sua reazione.

    Narrato - Parlato - Pensato | Amachi Jabar | LVL 05 | E 425 - F125 - A136 - Q139
     
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    Per quella giornata fuori porta, con la sveglia presto ed il viaggio in moto andando a rispolverare un tipico look americaneggiante con giubbotto di pelle nero, jeans e anfibi neri, per il più classico dei biker che si vedono in alcune serie tv. Infatti la stessa moto era un forte richiamo a quelle che erano le sue origini, ma con quel tocco di pazzia e tamarraggine che si potrebbe vedere di qualunque giovane uomo che magari la usa per rendersi più "interessante" agli occhi di altri. Un'ora e mezza di viaggio era tutto quello che serviva per potersi lasciare alle spalle Tokyo con il suo grigiore e la fine della quarantena per affacciarsi invece in una cittadina più contenuta e immersa nel verde. Era anche un pò di tempo che non riusciva a stare insieme alla madre e quella era un'ottima occasione per poter presentare la propria compagna e iniziare a far instaurare una sorta d irapporto anche tra di loro. Non era certo di come potessero andare le cose, ma tra l'avere una lemure impazzita in casa e l'incertezza di un incontro con i genitori, la seconda opzione sembrava decisamente più valida e metterla in atto non era così complicato. Ma il fatto che Amachi avesse lasciato qualcosa nel piatto durante la cena gli fece capire che ci fosse un problema nell'aria e anche abbastanza importante, nonostante i sorrisi e le chiacchiere che aveva cercato di intavolare in quella cena in tre che non pensava di poter mettere su in così poco tempo.
    Alla fine, dopo aver sparecchiato e aver fatto i piatti, si occupò di andare a recuperare una coperta più pesante da mettere sul letto della camera degli ospiti, anche se era pronto a dormire sul divano per non far venire una crisi alla madre, che come al solito si dimostrò aperta mentalmente e vista anche la situazione dalla quale i due venivano fuori, dormire nella stanza non era nulla di così strano. Si era messo comodo indossando una delle sue vecchie felpe, che gli stava decisamente più attillata addosso di quanto ricordasse, per questo dopo aver posato la coperta sul letto si andò a passare l'indice tra il collo e il bordo del tessuto, cercando di allargarlo quanto bastasse per stare più comodo. Ma alla fine non trattenne quel sospiro di sollievo, quando abbracciò la piccola, fisicamente, lemure, potendone percepire il calore e l'odore, in un abbraccio che aveva un sapore del tutto differenti da quelli che si erano scambiati ultimamente durante l'ultimo periodo di quarantena. Questo non perchè ci fosse qualcosa di sbagliato in quelli precedenti, ma quello aveva un sentore di liberazione o comunque percepiva dall'altra una sensazione diversa da prima. Speravo ti piacesse...Si sta bene, magari potremmo tornarci, come in una specie di ricorrenza, mh? Le propose, andando a sollevare la mano destra per poter accarezzare la sua nuca, cercando di affondare le dita tra la capigliatura nera, cercando di raggiungere con i polpastrelli la cute dell'altra per una sorta di massaggio. Continuando con quel gesto si ritrovò a dover aggrottare la fronte e abbassare lo sguardo su di lei quando la sentì iniziare a scostarsi da quell'abbraccio, guardandola con un'espressione dapprima confusa e poi sentendola cominciare quel discorso, si ritrovò a deglutire a vuoto non sapendo dove l'altra volesse andare a parare. Rimase in silenzio, lasciando che l'altra buttasse fuori tutto quello che aveva da dire, un pò come aveva già fatto durante quel periodo di quarantena quando magari aveva degli incubi o dei momenti di crisi, lasciandola sfogare su di se, diventando quella valvola di sfogo di cui forse aveva bisogno, pensando dentro di se, di poter assorbire e smaltire poi tutto da solo. Quelle notizie, che forse non avrebbero scosso qualcun altro, sembrarono andare ad intaccare quella corazza di invincibilità che la gente spesso gli metteva addosso, facendogli abbassare lo sguardo ed il volto per qualche attimo con la mano destra che andò a portarsi sulla faccia stessa in un lento massaggio prima che le iridi violacee tornassero sulla figura minuta della ragazza che aveva di fronte. La vedeva tremare, la vedeva mettercela tutta per buttare fuori quelle parole che dovevano essere pesanti come macigni per lei e alla fine andò a sollevare la mano sinistra oltre l'altezza della spalla e quindi la mosse in avanti con la velocità. Di certo poteva sembrare un gesto "ostile" ma di fatto la mano superò il volto di lei per arrivare alle sue spalle e si piantò tra le scapole di lei e cercò nuovamente di portare l'altra a se. 'Machi... Sembrava non essere nemmeno in grado di formulare una frase di senso compiuto in quel momento, andando semplicemente a stringere tra le dita il tessuto dei vestiti di lei, come a voler trovare uno sfogo a quella sua incapacità.
    Il cuore non poteva che battere con più intensità, anche se dal tipo di respirazione stava palesemente cercando di rimanere calmo e controllato ...Io...Veramente... Inspirò con il naso non riuscendo ancora a dare una forma ai pensieri che forse si stavano accavallando nella sua mente in quel preciso istante Penso di poter...Immaginare come ti senti in questo momento Mormorò in direzione dell'altra, cercando di andare ad abbassare lo sguardo in direzione del volto di lei Non ti obbligherei mai a fare qualcosa che non ti piace...Ma non voglio che ti butti in azioni...Affrettate Calcò l'ultima parola con un profondo sospiro, andando a scuotere il capo un paio di volte, come se qualche pensiero lo avesse raggiunto alle spalle in quel momento. Allentò la presa su di lei, lasciandola libera di scivolare via da quel nuovo abbraccio nel caso, provando a muoversi in direzione della finestra che dava sul giardino Qualche tempo fa ti dissi che ti avrei sempre appoggiata nelle tue scelte... La voce era più bassa, anche perchè non voleva di certo che la madre piombasse in camera in stile S.W.A.T. sentendo di cosa stessero parlando, ma ruotando il busto andò a cercare con il proprio sguardo quello di lei, allungando le labbra in un sorriso, un pò tremolante ...Quindi se quella è la tua...Decisione Si stava impegnando per rimanere solo con gli occhi lucidi durante quel discorso, facendo tremare il meno possibile la voce A me va bene...Spero di non averti messo addosso delle pressioni...Per il tuo futuro Forse tutti i discorsi che faceva sull'essere Eroi, sull'agenzia, sul lavoro, le ronde, lo studio e tutto il resto potevano essere state mal interpretate dalla lemure o comunque non aver raggiunto lo scopo che avevano in origine.
    Allungò la mano destra verso di lei, in un sottointeso invito a prenderla. Si voltò a guardare di nuovo fuori dalla finestra Non dispiacerti mai per essere te stessa. Non scusarti mai con nessuno perchè sei te stessa, nemmeno con me Andò a guardarla con la coda dell'occhio, mentre le palpebre si socchiusero lentamente lasciando fuoriuscire delle lacrime che vennero però spazzate via abbastanza velocemente dal braccio sinistro, dal tessuto della felpa che assorbì quanto era sfuggito al suo controllo. Tirò su con il naso per qualche attimo e quindi abbozzò una mezza risata Abbassare la guardia con te è come farlo con Endy... Usò lo stesso nomignolo che la ragazza aveva dato al suo superiore, cercando di ammiccare verso di lei, stringendo la mano di lei nel caso lo avesse raggiunto, in un modo caloroso, per farle sentire la sua presenza, che alla fine, lui, era ancora li.

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    Aveva lanciato una bomba? Forse si.
    Ma perché aveva così paura di Darius, o meglio, temeva nel dire quella verità e liberarsi di quel peso che ormai si trascinava da tempo sulle spalle. Forse doveva davvero dare una svolta alla sua vita? Oppure doveva ascoltare Yoshito che la incoraggiava a dover continuare quel percorso scolastico che l’avrebbe resa un’eroina? Ma…Eroina è una persona che comunque deve diffondere al cittadino sicurezza, donare protezione… Lei cosa avrebbe donato? Incertezze, paure, ma soprattutto poca capacità nel debellare un villain. Poteva degnarsi di fare l’eroina di seconda mano, quelli che stavano dietro le quinte a recuperare feriti e simile, ma anche lì quanto le sarebbe andato stretto il collare che le agenzie ti mettevano appena firmavi il contratto con loro?
    Lo vedeva proprio con Darius, anche se lui lo faceva con il cuore principalmente e non per fama o denaro. Lui aveva coraggio, una tempra invidiabile, ma sapeva donare anche aiuto e protezione come farebbe un qualsiasi paladino. Però c’era sempre quella postilla: Lui era legato ad Endeavor, avrebbe risposto a lui finchè non avesse cambiato lavoro o agenzia. Doveva sottomettersi alle sue regole e se un ordine che gli veniva imposto non gli andava a genio, Darius avrebbe dovuto farlo anche contro i suoi ideali.
    Amachi non sarebbe riuscita a sopportarlo, aveva da troppo tempo sulle spalle una famiglia che decideva anche quante volte poteva respirare al giorno… Non ne poteva più! Aveva aspettato questo momento da tempo, quella maledetta maggiore età e poter fare come le pareva! Adesso avrebbe potuto troncare i ponti con la famiglia adottiva, farsi una vita come le piaceva a lei e non essere per forza al loro servizio.
    Lei una Hero non ci voleva diventare!
    Proprio Shinjiro, pochi giorni fa, aveva chiacchierato per messaggio con la lemure e le aveva pure offerto un posto a tempo pieno nel suo ristorante. Non era il lavoro della vita forse, ma per iniziare sarebbe stato tutto molto più comodo per avere una paga adeguata e soprattutto sapeva già come muoversi tra gli ingredienti e fornelli della cucina del ragazzo.
    Ma queste cose ancora le stava pensando, ragionando, prima doveva risolvere quella situazione dove aveva spiattellato al suo compagno che non avrebbe più continuato la scuola. Doveva ancora dare i fogli delle dimissioni, ma le aveva comunque nascoste le pratiche in un cassetto dell’armadio, sotto la propria biancheria.
    Era impalata in piedi, con lui che la fissava e si era ammutolito. Le orecchie si erano abbassate in precedenza, come la coda che quasi improvvisamente si era adagiata al suolo. Era talmente tesa ed irrigidita che i muscoli le tremavano, mentre gli occhi con estrema fatica si piazzavano sul volto del giovane eroe. Sentiva un nodo alla gola, tant’è che quasi le impediva di deglutire. Conosceva bene il carattere dell’altro e nella sua mente sentiva come un vetro che si rompeva a quella notizia che le aveva dato. Lo aveva distrutto sicuramente, almeno una parte.
    Lui sollevò la mano e lei inizialmente sbarrò gli occhi, mentre un brivido gelido la attraversò sulla schiena. Si strinse nelle spalle, mentre chiuse velocemente gli occhi e sollevò le mani a cercar di proteggere il viso. Pensava di essere colpita o schiaffeggiata dall’altro, ma invece la sua mano la superò e si poggiò con decisione dietro la schiena fine della mutant. Ne sentì la pressione, quella forza impressa per stringere il fine tessuto della maglina in parte fatta di tulle francese elasticizzato nero. In quel momento le mancò il fiato, aveva pensato che lui potesse picchiarla, cosa che quasi si sentì una merd* solo aver reagito in quel modo. La pressione che ci stava mettendo lui, costrinse Amachi ad avanzare e tornare con il corpicino a toccare quello altrui. Le mani si poggiarono sul suo petto che si nascondeva sotto la felpa aderente, mentre la testa si alzò un istante per guardare verso il volto dell’altro, con gli occhi che si aprirono e lo fissarono con dispiacere. Sentiva che quell’abbraccio non era per diffondere calore o affetto, ma era più un gesto per non farla scappare da quella stanza, da lui, dal discorso che si era aperto. Un vaso di Pandora che era meglio non venisse fuori, o forse si? Meglio vivere nella verità o in una menzogna?
    Amachi scelse la prima opzione, aveva ben pensato alle conseguenze. Si strinse nelle spalle, mentre lasciava che l’altro potesse esprimersi e ne sentiva quella muscolatura sotto il suo tocco che era rigida, dura, come se si stesse trattenendo. Sfarfallò le ciglia e socchiuse le palpebre poco dopo, mentre le labbra si schiusero a fatica e mormorò:
    «Perdonami se ti ho deluso.»
    Si limitò a ripetere un’ennesima scusa nei suoi confronti, mentre l’altro allentò la presa e scivolò verso la finestra, mollando la mutant nuovamente al centro della stanza. Lei non si mosse e lo fissò a lungo stare davanti a quella vista sul giardino, forse aveva bisogno del suo momento di spazio e libertà, niente contatti. Lei congiunse le mani poco sotto il ventre, con le dita tozze e ruvide che si stregavano appena tra loro, si stringevano, in segno di nervosismo. Si mordicchiò il labbro inferiore, mentre abbassò l’attenzione al pavimento e cercò di assimilare sia i movimenti che l’altro faceva, sia le sue parole dette con quel tono leggermente strozzato. Non si accorse delle sue lacrime, non lo stava effettivamente guardando e lui donava le spalle alla lemure stessa. Negò con la testa quando l’altro parlò di essere stato pressante nel stimolarla ad andare avanti con gli studi, ma non era quello che la assillava, anzi, lui aveva solamente dato dei consigli..
    «No, non sei stato pressante neanche una volta, Darius. Io ho fatto questa scelta perché stavo soffocando in una situazione che non era la mia. Ho sempre avuto un collare che mi impediva di fare le mie scelte, di vivere la vita come meglio avrei voluto. Ho sacrificato amicizie, hobbyes, sogni.. Solo per colpa di altri che mi mettevano i piedi in testa e sapevano dove avevo i miei punti deboli, approfittandosi di questi per farmi stare al mio posto, come un cane nella cuccia.»
    Sollevò lo sguardo su di lui, ma osservava la sua testa bianca e la sua ampia schiena, dato che le veniva concessa solo la parte dorsale dell’eroe:
    «Adesso ho provato con mano che cosa significa la vita di un eroe… Che cosa comporta. Io non sono temprata per fare queste cose, non ho il tuo stesso carattere, la tua stessa forza fisica e mentale. Cazzo, ho paura della mia stessa coscienza… Figurati un criminale. In quella missione ho rischiato di far morire uno studente di prima, solo perché io ero entrata nel panico e non sapevo gestire la situazione… E sai cosa ho fatto? Nulla, ho solo seguito l’istinto di proteggerlo ma senza una tattica o schema, rischiando di far morire me, civili e lo stesso Yoshito.»
    Sospirò e calò lo sguardo a terra, mentre le mani erano ancora strette in quella morsa salda e dettata dall’ansia e paura:
    «Io non sono come te… Non avrei il carattere di stare in un’ agenzia, di seguire delle regole dettate da qualche eroe più veterano di me. Certe situazioni io non saprei come affrontarle.»
    Si zittì dopo quella spiegazione e lui, sempre stando alla finestra, si limitò ad allungare la mano verso di lei e dire quelle parole dolci, che alla fine fecero tirare un sospiro di sollievo alla ragazza. Lui aveva accettato quella triste scelta che aveva fatto la studentessa e lei, con leggera titubanza, avanzò di un passo e poco dopo staccò le mani da quella presa e andò a cercare con la mano sinistra di prendere la sua. La strinse a sua volta, con una presa dolce e calda, anche se la sua pelle era ruvida e spessa come quella dell’animale che ha nel DNA. Si avvicinò alla finestra e cercò di andare a guardare inizialmente in giardino, poi verso di lui. Sorrise debolmente sulle labbra nel sentire quel nomignolo che lei stessa aveva affibbiato all’eroe number one di Tokyo ed annuì. Sembrava che la cosa fosse risolta, anche se in cuor suo sapeva che l’altro ci avrebbe sofferto per un po’ di giorni e doveva digerirla questa “novità”.
    «Voglio proprio vederti in agenzia che lo chiami Endy.. Ma evita, non vorrei ritrovarti carbonizzato sull’uscio di casa.»
    Lanciò una contro battuta, giusto per alleggerire il discorso e far calmare gli animi scossi.
    Cercò di voltarsi verso di lui e di poter andare a stringere la sua mano con più forza, anche se era una presa dolce e calorosa, non da fargli del male. Cercò di avvicinarsi e di andare a porsi sulle punte quando sfiorò col proprio corpicino quello di lui. Cercò di posare le labbra sulla sua guancia destra, piano, così da poterne sentire il sapore della sua pelle e quel calore che spigionava. Un gesto innocente, affettuoso, mentre cercò di tornare a posare le piante dei piedi a terra normalmente, ma fissando l’altro in viso e sussurrò:
    «Ti amo. Questa è la cosa importante. Tu sei la mia famiglia, la mia forza e la mia ragione per restare qui in questa nazione… Non me ne frega niente degli eroi, dei poliziotti o criminali. Sei tu la mia ragione. Va bene? E non farti altre paranoie, Dà.»
    Finalmente tornò a chiamarlo col nomignolo che lei stessa gli aveva dato quando erano ai primi momenti in cui si erano incontrati. La mano libera cercò di alzarsi e di andare a cercare di porre l’indice a scostare una ciocca candida di capelli dalla sua faccia. Provò a metterla dietro il suo orecchio sinistro e poi cercò di posare il palmo sulla sua guancia del medesimo lato. Fortunatamente in quel momento la vocina della coscienza malata e negativa sembrava non parlare. Forse le medicine per calmare la sua ansia e depressione stavano dando i loro frutti?

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    Sicuramente non avrebbe mai alzato un dito su una donna, figurarsi se avesse fatto qualcosa del genere su di lei, che era la cosa più preziosa che aveva in quel momento e che desiderava proteggere con se stesso. Le dita si muovevano piano, strusciando e stringendo maggiormente la presa su quel tessuto che stava coprendo le spalle della ragazza, tirandola a se e chiudendola in quello che era alla fine dei conti davvero un abbraccio che gli serviva a sfogare quei momenti che per forza di cose avevano un certo peso nella loro vita. Infatti ora non erano più individui singoli, ma una coppia e come tali forse, quello era davvero il primo passo che compievano come coppia, in una decisione che metteva entrambi in gioco anche se con ruoli e risposte ovviamente diverse. Ma il confronto e il rispetto reciproco, erano la base di qualsiasi cosa avessero deciso di mettere su insieme. I polpastrelli sfregarono contro il tessuto di tulle, potendo percepire distintamente la tensione e la rigidità della ragazza, così come ne sentiva anche le mani sul petto, il respiro caldo, il suo profumo e soprattutto il suo mormorio, al quale andò a rispondere scuotendo il capo un paio di volte Non hai...Nulla da farti perdonare Con quelle parole pareggiò il volume usato da lei, tenendo quella conversazione ad un tono tale che rimanesse qualcosa di intimo e privato per loro.
    Dopo essersi staccato da lei e essersi spostato in direzione della finestra, rimase ovviamente in attesa del continuo del discorso su quell'argomento che gli aveva strozzato il fiato in gola e che lo aveva in quel momento colpito come un gancio alla mascella senza tanto preavviso. Quello era un discorso pesante, sentire tutto quello che la lemure aveva dovuto subire e patire fino a quel momento, con il dover sacrificare se stessa e quello che voleva fare lo mandò indietro di molti anni, in ricordi della sua adolescenza, con quello che aveva passato a sua volta. Si ritrovò ad inspirare con forza dal naso e portando le iridi violacee in direzione del vetro che rifletteva quella camera dove erano entrambi ospiti le andò a dire Non voglio essere un collare...Non voglio essere un ostacolo a quello che ti piace fare e quello che vuoi fare... Si ritrovò a ribattere quanto detto in precedenza in altre occasioni, per rimarcare quelle che erano le sue intenzioni ed i suoi punti di vista, soprattutto perchè più di una volta si era ritrovato ad offrirsi come sostenitore delle idee, dei sogni e delle volontà di Amachi, Non aveva molto da aggiungere, non voleva rendere quella conversazione più pesante di quello che fosse ma non riuscì a trattenersi Non lo hai fatto morire...E seguire il tuo istinto ti ha fatto tornare viva da quella missione e non potrò mai essere più felice di questo Erano parole che gli uscivano direttamente dal cuore, perchè quella era una missione di un altro livello rispetto a quelle che si potevano fare a scuola ed ovviamente un esito negativo era da tenere da conto, con tutte le conseguenze del caso, anche se non si sarebbe mai aspettato una decisione di abbandonare la scuola per fare altro. Certo avrebbe potuto passare la serata a cercare di convincere l'altra a cambiare idea, ripensare a quella decisione, finendo magari anche per convincerla a cambiare idea ma non avrebbe fatto altro che bloccare di nuovo la lemure in una sorta di loop di inadeguatezza ed infelicità.
    Sentì la presa sulla propria mano da parte di quella di lei, per questo si andò a voltare verso di lei in modo da poterla guardare e rivolgere un sorriso quando la sente fare quella battuta che poteva essere l'inizio di un nuovo tipo di serata Non lo chiamerò mai così in agenzia...Non voglio ne farmi licenziare...Ne farmi abbrustolire come un cerino per qualcosa del genere Ammette con un tono un pò più leggero e rilassato rispetto a prima, ricambiando la stretta della mano di lei E poi mi dovresti raccattare con scopa e paletta e mettermi in un barattolo, così non svolazzerei ovunque Ridacchia per qualche attimo, finendo per distrarsi e prendendosi quel bacio sulla guancia quasi di sorpresa, rimanendo con la bocca leggermente dischiusa e le iridi violacee che si vanno poco dopo a puntare sulla figura della giovane li di fianco a lui. Le palpebre calano e si vanno a chiudere per qualche attimo quando la mano delicata di lei gli sposta una ciocca di capelli e poi va ad accarezzargli la guancia, invitandolo involontariamente a sporgersi con il volto verso di lei. Riaprì le palpebre solo per poter fissare quelle gialle dell'altra con maggiore intensità e quindi con la mano libera andò a sfiorare il fianco di lei, in una sorta di carezza per poi portarsi poco più in alto del suo fondoschiena e intanto cercò di avvicinare maggiormente il volto a quello dell'altra Dovevo capirlo che la cosa era seria, visto che non avevi usato quel nomignolo Ridacchiò appena per un attimo continuando ad avvicinarsi con il volto a quello di lei, fermandosi però a pochi centimetri da questo Fai quello che ti senti di fare e avrai sempre il mio appoggio, lo sai no? Le fece notare con quella sorta di domanda retorica, prima di avvicinare le labbra a quelle di lei, inclinando il capo di lato di qualche grado sulla destra, in modo da far toccare le loro labbra. In maniera quasi istintiva, prima di quel contatto ruotò lo sguardo in direzione della porta della camera, che fortunatamente aveva chiuso prima e quindi diede il via a quel bacio, che aveva non solo un significato affettivo, ma veniva usato per dare sfogo a quella tensione che inevitabilmente aveva preso i due. Cercò con quel contatto di labbra di far schiudere dolcemente quelle di lei, mentre le mani andavano a stringersi un pò di più su di lei, inspirando aria dal naso e tenendo gli occhi chiusi in quel bacio che stava diventando a tratti più passionale, tanto che si accostò a lei anche con il corpo, finendo per azzerare completamente le distanze tra i loro corpi.
    Solo quando sentì la voce della madre dal corridoio che augurava una buonanotte ad entrambi, si staccò frettolosamente dalle labbra della lemure, voltandosi in direzione della porta della camera Ehm...Ehe...B-Buonanotte anche a te Cercò di rispondere frettolosamente, anche se mezzo impacciato e preso in contropiede dalla cosa, finendo per voltarsi in direzione di Amachi e guardarla in volto lasciandosi andare dopo qualche attimo di silenzio ad una sorta di risata liberatoria, come quella di un bambino che l'aveva scampata dopo una marachella. La risata si andò a trasformare in una sorta di sospiro e una volta che riprese il controllo, andò a fare un cenno con il capo all'altra in direzione delle valigie ancora chiuse vicino al letto e provando a staccarsi da lei si mosse proprio in quella direzione per raggiungere la sua e chinarsi su di essa. Con tutti questi casini...Tra le varie ronde e gli allenamenti e gli altri impegni non c'è stato un attimo di tempo libero Le disse andando ad armeggiare con le cerniere della valigia e dopo qualche attimo di ricerca, tirò fuori quella che era una piccola scatola, che stava perfettamente nel palmo della sua mano e che era incartata ed infiocchettata a tema natalizio Ma penso che questo ora lo sia Riferendosi al momento ovviamente, mentre protendeva il braccio destro in avanti verso l'altra, tenendo nel palmo della mano la scatolina, dando le spalle al letto che era li poco più dietro di lui. Lo sguardo ovviamente era tutto per Amachi, con il solito sorriso che tornò a farsi visibile sulle sue labbra.

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    Si meritava tutto questo il povero Darius?
    Perché proprio lui si era preso una sbandata per quella mutant che neanche sapeva tenere a bada le proprie ansie e problemi? Non meritava tutto questo, aveva passato i due mesi di convivenza -i primi in assoluto tra loro- a dover accudire spesso la ragazza che stava male, con quegli attacchi di panico e nell’ultimo periodo anche allucinazioni dovuti all’evento che aveva coinvolto tutta Tokyo. Si sentiva una merd*a la giovane ragazza, come poteva guardare l’altro con serenità al cento per cento? Sotto, sotto si sentiva sporca, come se avesse macchiato di un colore indelebile quella parte della loro relazione. Eppure, lui era lì. Non se ne era mai andato, aveva fatto sempre e comunque la parte del gentiluomo, del ragazzo premuroso ed anche dell’eroe. Lei lo ringraziava ogni giorno, ad ogni minuti in cui lo aveva lì con se. Lo faceva con i gesti, sguardi, con le attenzioni di una donna che amava chi aveva lì davanti.
    Era tra le braccia di lui, con quella sua premura nel coccolarlo e scostando quella ciocca di capelli che era un fastidio al volto del ragazzo. Lo guardava con ammirazione, amore e quasi ne rimase incantata a quella visione. Socchiuse le palpebre ed annuì appena, per poi sussurrare con dolcezza:
    «Tu non sei un guinzaglio, un collare o che altro. Tu sei il mio ragazzo, ciò che amo ed a cui tengo molto.»
    E si zittì per un momento, mentre sentiva la sua mano che carezzava il fianco di lei, per poi porsi il palmo sulla sua schiena, poco sopra la coda. L’istinto fu di inarcare lievemente la schiena in avanti, con i loro corpi che si sfiorarono teneramente. Amachi se non avesse avuto la pelliccia sul volto, sarebbe risultata viola dall’imbarazzo, ma ormai incominciava ad abituarsi a quei contatti e tenerezze. Dopotutto sono stati due mesi insieme in quarantena. I primi tempi fu dura per lei, anche starsene semplicemente in pigiama per lei era imbarazzante… Soprattutto i primi momenti in cui dovevano dormire insieme. Inizialmente fu lei a dire che dovevano dormire separati, ma durò poco quella separazione, perché fu lei una sera a rifugiarsi nel suo letto per cercare affetto e protezione da quello che lei temeva di più: gli incubi e attacchi di panico notturni. Proprio in una di quelle sere, in cui i due dormivano insieme, ci fu anche una scintilla che fece scoprire ad Amachi i piaceri del corpo, soprattutto quando due persone provano sentimenti che li legano insieme, rendendo tutto molto più profondo e dolce, con quella nota di passione aggiuntiva che aveva reso la lemure più attaccata a lui.
    Lo amava, sentiva che ogni volta che erano così vicini, avvinghiati, il suo cuore incominciava a galoppare, mentre dei brividi le partivano dallo stomaco, dandole come l’impressione di avere delle farfalline nello stomaco. La mano che era sulla guancia scese sulla spalla di lui, mentre l’altra cercò di rimanere sul suo bicipite e restò in quel tenero abbraccio. Socchiuse gli occhi nel vedere il suo volto che si avvicinava, con quel respiro che delicatamente sfiorava la sua faccia, mentre gli occhi si alternavano sulle sue labbra e le sue iridi violacee. Istintivamente si mise sulle punte dei piedi, così da essere più alta e non far ingobbire lui in avanti, con la mano sinistra che salì a cercare il collo dell’altro -dietro di esso- mentre le labbra si posarono sulle sue. Un contatto che ricercava, che lo bramava ormai da qualche minuto. Sentì il cuore che incominciò a galoppare in petto, mentre le labbra si aprirono -sempre unite alle sue- e cercò con la lingua di unirsi alla sua. Movenze lente, i loro nasi che si sfioravano delicatamente e quel bacio così profondo che sembrava quasi un sogno, almeno per lei. La coda si agitò un paio di volte nell’aria, mentre la stretta di lui permise di azzerare del tutto le loro distanze. Il corpicino della mutant aderì a quello più tonico e modellato del ragazzo, mentre il piccolo seno si schiacciò sul suo petto ampio. La mano sul bicipite dell’eroe cercò di scivolare lentamente sulla piegatura dle suo braccio, ma poi cercò di muoversi al suo fianco e di poterne carezzare e massaggiare quella parte lì. Le gambe si aprirono di poco, giusto per posarne la coscia mezza nuda -anche se coperta da quella corta pelliccia grigia- sotto il cavallo del pantaloni di lui, mentre il proprio bacino si aderì alla coscia sinistra dell’altro. Faceva caldo, improvvisamente Amachi sentiva la necessità di avere un minimo di aria fresca a farle passare quei bollenti spiriti, ma come!? Era palese che la ragazza si era lasciata trascinare da quel bacio più intimo e sembrava che quel momento era un’ottima maniera per poter scacciare la tristezza e malinconia da quella notizia che aveva dato a Darius sul lasciare gli studi.
    Fu lui però ad interrompere il tutto, o meglio, la mamma di Darius fu come un pugno in faccia, nel momento sbagliato si accostò alla porta -chiusa- per dare la buona notte ai due. Amachi trasalì e si staccò dal bacio proprio quando lo fece anche lui, anche se rimase ancora attaccata a lui col corpo. Sbarrò gli occhi e spaventata guardò verso la porta. Sospirò nel vederla chiusa:
    «Buona notte signora. A domani.»
    Si limitò a dire, mentre sentiva ancora in petto il proprio cuore che batteva con molta forza. Si umettò le labbra, mentre tornò a guardare verso il ragazzo albino e scoppio a ridere proprio insieme a lui. Forse quell’attimo di paura, nel farsi trovare avvinghiati come serpi nelle stagioni degli amori, aveva fatto venire il sangue gelato alla coppietta innamorata. Sospirò poco dopo, per poi fissare in direzione delle valigie e lasciò andare -a malincuore- il ragazzo. Inclinò appena la testa e cercò di andare a guardare quella mossa che lui fece, ma ne fissò più che altro la sua parte dorsale. La schiena ampia, la sua statura, quei glutei che ora erano ben esposti, anche se coperti dai pantaloni. Amachi si mordicchiò il labbro inferiore, mentre cercò di stringersi nelle spalle “Mi devo trattenere.. Trattenere. Respiri profondi, respiri… Profondi… Resp- OH CAZZO MA CHE CU*O HA!!! Diamine, non riesco a non fissarlo, a non pensare a quando è nudo! Che ca**o, sono una maniaca!!” E calò lo sguardo un momento, mentre cercò di portare la mano destra dietro al collo per massaggiarselo. Dopo poco l’altro si girò e tese in avanti una mano, ma su di essa c’era posizionata una scatolina infiocchettata. Amachi rimase un momento spiazzata e cercò di alzare lo sguardo -ancora imbarazzato- su di lui, o meglio, sul dono:
    «Cosa? Che cosa hai fatto? Ma…Perché questo regalo?»
    Domandò lei con una piccola nota d’ansia “Mi sono dimenticata qualcosa.. Cosa però!? Anniversario non può essere. Forse è la festa degli innamorati? Ma no, non lo è ancora. Che ci sia qualche festa giapponese che non conosco?” Era in preda al panico, infatti sbarrò gli occhi e fissò il ragazzo con preoccupazione. Fece un passo in avanti, mentre imbarazzata e terrorizzata andò ad afferrare quel pacchetto. Inizialmente lo fissò, poi cercò di farsi coraggio e lo scartò. Che cosa c’era lì dentro?

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    Nonostante fosse considerato uno degli studenti più promettenti, un qualcosa fuori dal comune per alcuni, sentirsi dire quelle semplici frasi che testimoniavano un interesse ed un sentimento così profondo, facevano sentire l'americano dalla chioma argentea una serie di brividi lungo la schiena che non erano quelli che di solito percepiva durante le missioni in cui si trovava costretto ad affrontare delle emergenze, ma deliziosamente piacevoli. Di fatto il brivido si protrasse e si espanse dalle sue spalle alle sue braccia, portando le mani a sentire maggiormente il corpo dell'altra per dimostrare l'effetto che queste avevano avuto su di lui, che ancora una volta si dimostrava più che "vulnerabile" quando si trovava in intimità con la mutant, in quei discorsi che erano solo loro. Dall'altra parte riuscì senza problemi a sentire sulla propria pelle le mani della ragazza che ne andavano ad accarezzare il viso prima e il collo poi quando i loro corpi si andarono a spingere l'uno contro l'altra, con le labbra che si andarono ad incontrare prima in maniera più lenta, per poi assumere connotati via via più passionali, trasferendo quell'intensità alle altre parti del corpo con le mani che andarono ad accarezzare con più spinta la schiena della lemure cercando di infilarsi sotto il tessuto della maglia ma trovando però l'ostruzione della cintura e trovandosi così costretto a graffiare con i polpastrelli verso l'alto in direzione delle sue scapole. Al tocco della coscia di lei sul cavallo del pantalone si ritrovò a sbuffare dal naso, con le labbra che si aprirono maggiormente per andare a prendere un piccolo respiro durante quello scambio intenso in cui le loro lingue si erano intrecciate con furore ma occultate dalle loro bocche. La fissò con un sorriso piuttosto malizioso e si stava preparando a riprendere il bacio quando la voce della madre dal corridoio bloccò i due sul posto, scatenando prima un moto di sorpresa e paura che poi sconfinò in una risata liberatoria, anche se quell'attimo in cui si erano avvicinati sembrava essere stato ormai perso, nel suo corpo circolavano ancora tutte quelle sensazioni di piacere e benessere, qualcuna ancora evidente oltre il suo sorriso.
    Approfittò quindi di quella pausa tecnica per poter raggiungere le valigie che per qualche motivo non erano ancora state svuotate del tutto, perdendo così qualche istante nel rovistarci dentro, anche se si andò a fermare per qualche istante sentendo su di se lo sguardo della compagna, infatti nel voltarsi la sbirciò con la coda dell'occhio intenta ad osservarlo e a quel suo gesto andò ad inarcare un sopracciglio in maniera piuttosto interrogativa, finendo per inclinare appena il capo di lato, con alcune delle ciocche di capelli gli finirono davanti al volto penzolando libere dalle cure dell'altra. Con in mano la scatolina porta in direzione dell'altra la continuò ad osservare con un sorrisetto sulle labbra anche alle domande della giovane compagna, stringendosi appena nelle spalle Non ho fatto nulla...E' un pensierino che avevo fatto un pò di tempo fa, ma diciamo che tra una cosa e l'altra non mi pare ci siano stati momenti...Decenti Ammette ammiccando in direzione dell'altra, stringendosi appena nelle spalle, anche se alla fine era davvero successo di tutto da quando aveva comprato quell'oggetto, dagli impegni di lavoro di lui a quelli della scuola di lei, ai vari impegni e alla fine l'attacco delle farfalle con annesso periodo di quarantena, dove nonostante la coppia abbia passato dei momenti assieme l'atmosfera tra i due non era delle migliori. La lemure avrebbe potuto notare una volta aperto il pacchetto che il suo contenuto era poggiato su del tessuto. Quello che si trovava li non era altro che una capsula grande qualche centimetro che portava con se una fascia di colore viola con sopra uno stencil con delle orecchie simili a quelle della lemure e poco più sotto una nota musicale. Sicuramente un adesivo fatto su misura probabilmente su richiesta del ragazzo stesso. Non c'è un vero perchè...Ne avevo presa una per la mia tuta e ho pensato che sarebbe piaciuto anche a te Le andò a dire, approfittando del fatto che lei stia scartando quel regalo per andarsi a muovere dalla posizione da vicino alle valigie, cerca di aggirare la figura della giovane per portarsi alle sue spalle e da quella sua nuova posizione cercherebbe di portare le mani congiunte all'altezza del ventre di lei, poggiando il petto contro la schiena di lei, facendo sporgere il viso di fianco a quello di Amachi, andando a sfregare la guancia contro la pelle di quella di lei un paio di volte, per poi poggiarvi contro le labbra e iniziare a scendere lungo il collo poggiandovi dei lenti baci Al massimo ora puoi usarlo per metterci dentro quello che ti pare... Cercò di far accostare anche il bacino al di dietro di lei, mentre le mani presero ad accarezzarla lentamente, finendo per sospirare contro la pelliccetta del suo collo dopo averla baciata, attendendo una reazione da parte dell'altra.

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    Dio, quel regalo era…Era perfetto.. Se fosse stata ancora una ragazza eroina.
    Quando aprì il pacchetto, lui si mise dietro di lei e poggiò il suo corpo contro la parte dorsale di Amachi, mentre la sua testa si affacciò oltre la spalla e si mise a strofinare delicatamente la sua guancia contro la propria coperta da un fine strato di pelliccina grigia. Solo a sentirne le sue mani che la cingevano e quella vicinanza, un brivido la percorse velocemente lungo la spina dorsale. Inghiottì un nocciolo di saliva, mentre le mani, con una leggera goffaggine, scartarono il pacchettino e andarono a mostrare quella piccola capsula che serviva a contenere la tuta da eroe… Già, quella che aveva deciso di appendere al chiodo. Un regalo che lui aveva fatto col cuore e lei si sentì di nuovo in difetto nei suoi confronti. Sentì nello stomaco un senso di fastidio e nausea, mentre le palpebre si abbassarono a mezz’asta e la coda rimase ferma “Che cosa dovrei dire?” pensì tra sé e sé, non sapeva effettivamente che cosa fare al momento “La userei per cosa.. Per portarci un cambio di vestiti in caso mi bagnassi sotto la pioggia? Diamine, mi sento ancora più stupida.” E la mascella si strinse alla mandibola, mentre chiuse il cofanetto ed andò a cercare di tranquillizzarsi. Quel senso di “emozione” che aveva provato quando lui la toccò ed accarezzò, sembrava essere stata presa a calci per un attimo, mentre il senso di disagio ed ansia la assalì. Per fortuna che lei aveva il ragazzo alle spalle e quell’espressione così afflitta non la poteva scorgere. Cercò di portare al petto il cofanetto e lì di tenerlo per una manciata di secondi, mentre la voce le tremò un istante:
    «è… è davvero un bellissimo regalo, ti ringrazio.»
    Si limitò, mentre cercò di schiarire la voce fingendo di avere un leggero fastidio. Sospirò poi e cercò di andare ad inclinare appena la testa di lato, giusto per dare modo all’altro di avere il collo a portata delle sue labbra. Anche se lui la stava coccolando, lei aveva quel senso di freddo e gelo che la stava avvolgendo “Perché mi sento così adesso?” Non riusciva a capirlo, era confusa… Eppure prima aveva fissato il di dietro dell’eroe e ne era davvero attratta. Era in completa confusione, infatti in quel momento la voce quella negativa, malvagia, spuntò fuori “Perché te lo chiedi? Ti senti così perché lo hai deluso.” E concluse così il suo pensare. Le mani strinsero con più decisione il pacchetto, mentre sospirò ed andò a cercare di abbandonarsi tra le braccia di lui, provare a concentrarsi su loro due e non su quello che la vita le avrebbe dato o le sue decisioni sul ritiro dalla vita da eroe.
    Quando percepì il suo bacino accostarsi al proprio, la coda fu bloccata dal corpo altrui, mentre le natiche si poggiarono sul pube dell’altro. Inghiottì un piccolo quantitativo di saliva, dato che quest’ultima sembrava aumentare nella sua bocca. Era leggermente rigida, come se temesse di andare avanti, ma anche perché era imbarazzata per il momento regalo e quelle sue paranoie che le frullavano in testa.
    Ma lui la voleva, desiderava averla attaccata al suo corpo e come poteva lei dire di no? Un0altra delusione? Non poteva permetterselo, non poteva darla a lui che non meritava tutto quel caos e quella negatività. Lui era la perfezione, il tipico uomo che ogni donna vorrebbe al suo fianco. La testa si inclinò appena in avanti, mentre gli occhi si chiusero e la mano destra andò a cercare di portarsi verso l’alto, proprio dietro la nuca di lui e provò con le dita tozze e ruvide a carezzarne la nuca e la cute sotto la chioma argentea.
    L’altra mano, invece, tratteneva il cofanetto e lo manteneva ancora al petto. Ci volle qualche minuto prima che Amachi si lasciasse un minimo andare, anche se tra le mani dell’altro era ancora come una tavoletta di legno, rigida ed impacciata:
    «Sei così coccoloso stasera, l’aria di casa e famiglia ti fa questo effetto?»
    Disse e cercò così di lanciare una pseudo battuta, giusto per non far scoprire all’altro che la mutant era un momento fuori dal suo equilibrio che già era difficile da mantenere. Ma alla fine lei cercò di non rovinare quella serata, non poteva rendere pure oggi uno spiacevole giorno per il compagno… Cercò di concentrarsi e di pensare solo a lui ed al loro benessere, di poter stare almeno quelle poche giornate insieme, senza pensare ai problemi legati a Tokyo, lavoro e scuola. Non fu una cosa immediata, certo, perché come sapete bene Amachi è una persona fragile e problematica, infatti doveva sciogliersi e perdere quella corazza di ghiaccio che si era creata attorno a se.
    Darius però era il suo fuoco, quello che sapeva come liberarla da quella prigione che spesso la faceva cadere nel silenzio e solitudine. La lemure sospirò e cercò di andare a concentrare il pensiero su quei tocchi, baci sul collo, ma anche quel corpo che sentiva dietro di lei che la toccava. La mano, se era ancora dietro la testa di lui, cercò di stringere per una manciata di secondi i capelli tra le proprie dita, mentre il proprio di dietro venne pronunciato leggermente indietro e la schiena si inarcò in avanti. Si mise leggermente sulle punte dei piedi, mentre gli occhi puntarono inizialmente al soffitto, per poi celarli dietro le palpebre. Il cuore incominciò a battere più forte, mentre i loro corpi a stretto contatto sembravano non volersi scollare. Amachi annaspò l’aria col suo nasino e ne percepì l’odore di lui in maniera più intensa, tant’è che un brivido -questa volta caldo- la attraversò come un fulmine a ciel sereno. Si mordicchiò il labbro inferiore e la testa venne inclinata leggermente indietro per posarla sulla spalla di lui che trovò subito dietro di sé:
    «Siamo a casa di tua madre… Sei sicuro di voler…»
    Sibilò quella frase, anche se la lasciò volutamente in sospeso.. Lei aveva tirato in ballo la storia della mamma di Darius, che erano nella sua casa e non sapeva effettivamente quanto potevano spingersi oltre. A casa loro, nel piccolo nido d’amore che avevano a Tokyo, potevano fare un po’ come le pareva, ma lì no… Se avesse sentito? Oppure se si affacciava dalla porta per chiedere qualcosa e li trovava avvinghiati come serpi in amore? No, si stava facendo di nuovo altre paranoie!! Basta Amachi!!


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    Rimase in silenzio alle spalle della ragazza, continuando a lasciare il volto non lontano da quello di lei, sfruttando quelle occasioni per farle qualche coccola e carezza nel tentativo ovviamente di far abbassare la tensione che riusciva distintamente a percepire provenire da Amachi, anche se non la vedeva direttamente in viso. Infatti oltre alle varie esperienze durante le varie uscite fatte insieme, aveva ora anche l'esperienza di quei mesi di quarantena che gli permettevano di capire quasi immediatamente quando qualcosa non andasse nel verso corretto per la giovane lemure. Mh? Un lieve mugugno interrogativo lasciò le sue labbra ancora serrate tra di loro, avvertendo quella tensione ed il silenzio in cui si era chiusa Se non ti piace possiamo andare a cambiarlo Le propose prima di ascoltare quella risposta tremolante da parte dell'altra, alla quale andò a sua a rispondere stringendosi un pò di più contro il corpo di lei, come a volere far sentire ancora di più la sua presenza. Ci puoi mettere dentro la chitarra quando vai a suonare, così puoi fare un'entrata ad effetto Provò a buttarla sul ridere, per provare a smorzare quell'aria di freddezza che sembrava aver avvolto lei dopo l'apertura di quel regalo, che era stato fatto di certo con le migliori intenzioni e che non si aspettava portasse ad una simile reazione in Amachi.
    Solo quando avvertì la mano di lei dietro la nuca socchiuse per qualche attimo gli occhi, lasciandosi massaggiare dalle dita di lei infilate tra i propri capelli, dischiudendo le labbra in un leggero sospiro che terminò al sentire la battuta della giovane, che lo fece sorridere a propria volta. Scuote appena il capo un paio di volte, grattandosi così contro le dita con la nuca e le andò a rispondere Ho pochi giorni per potermene stare rilassato...E sto ancora sperando che non arrivi qualche chiamata improvvisa... Sospirò appena, alzando le palpebre e lanciando un'occhiata al cellulare poggiato sul letto, il cui schermo era ancora nero, segno che nessun messaggio o chiamata da parte dell'agenzia era giunta a rovinare quel momento idilliaco. ...E poi sembri stare un pò meglio anche tu con l'aria di casa ed in...Famiglia Le fece notare con una leggera risata, cercando di andare a lasciare un nuovo leggero bacio sulla porzione di collo che l'altra aveva esposto con i suoi gesti, cercando di risalire lentamente verso il suo volto, sfiorando quella pelliccia corta e morbida con le labbra fino ad arrivare alla linea della mascella di lei dove arrestò la propria avanzata. Lasciò che l'altra si appoggiasse contro la propria spalla, rilassandosi, sospirando e vibrando, potendola sentire chiaramente vista le distanze ormai azzerate completamente tra i loro corpi, ma quel punto di vista che la mutant andò a mettere in evidenza lo costrinse a ruotare lo sguardo in direzione della porta, storcendo appena il naso un paio di volte. Le mani che ancora si trovavano sul corpo dell'altra, stringendolo e saggiandone ogni curva e centimetro da sopra quei vestiti, rallentarono quel leggero tocco sul ventre della mutant per sciogliere poi quell'intreccio per risalire dapprima lungo i suoi fianchi e poi lungo il costato della giovane, con movimenti sempre lenti e misurati, fino a quando non cercò di fare un mezzo passo indietro per staccarsi da lei, ponendo le mani sulle spalle di Amachi, dove si soffermarono cercando di pizzicare con la giusta intensità i suoi nervi, nel tentativo di massaggiarla e farla rilassare maggiormente. Ovviamente era anche un espediente per prendere qualche attimo per rimuginare sulle parole che la lemure gli aveva messo in testa e che ovviamente non erano sbagliate di base, infatti le iridi violacee si mossero in maniera alternata tra la porta e la zona del letto. Alla fine soffermò sulla porta e quindi dopo un ultimo sguardo alla porta, staccò le mani dalle spalle della compagna cercando di muoversi in direzione dell'uscio, lanciando un'occhiata verso l'altra Bhe...Allora direi che possiamo metterci comodi Commentò stringendosi nelle spalle e dopo essersi diretto alla porta si assicura che sia chiusa, facendo fare uno scatto alla chiave, in modo che potessero essere tranquilli che la madre non potesse irrompere nella stanza in maniera improvvisa. Alla fine si torna a voltare in direzione sua e del letto, dirigendosi verso quello con calma Domani potremo andare a fare un giro al parco...Passare una giornata immersi nella natura sarà sicuramente divertente Parla con calma, con il sorriso sulle labbra e quindi si soffermò nei pressi della valigia dove aveva rovistato in precedenza, alla ricerca di qualcosa da mettere per la notte probabilmente. Una volta trovato quello che cercava, si andò ad afferrare il lembo inferiore della felpa per tirarsela via, rimanendo a torso nudo mostrando così il corpo allenato e coperto di cicatrici di diversa origine e grandezza, che gli coprono per gran parte delle braccia che erano rimaste ferite durante l'attacco a Tokyo di qualche mese prima. Lascia cadere la felpa a terra e quindi si andò a muovere in direzione del letto, sedendosi sul bordo dello stesso, cercando di allungare le mani verso l'altra, per cercare di poterla tirare a se, inclinando il capo verso l'alto visto che ora se ne stava seduto rispetto a lei Allora...Che ne pensi? Domandò, senza specificare su cosa in particolare, ma il un sorriso più leggero e tranquillo permaneva sulle sue labbra, cercando di coinvolgere maggiormente la mutant, per metterla a suo agio e farla rilassare, in quella che era la loro prima serata fuori casa dopo un bel pò di tempo, lontano da tutti.

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    Lui aveva sicuramente pensato a quel regalo come una cosa utile per metterci l’equipaggiamento da super eroe, non per una chitarra. Era palese, aveva dato una risposta che potesse non ledere il fragile animo di Amachi e lei lo aveva intuito. Sentì quella stretta alle sue spalle farsi più intensa, con i corpi che si toccavano e si strofinavano leggermente tra di loro. La mutant rimase per qualche secondo a fissarne quella capsulina, poi chiuse la scatoletta e la tenne a se, mentre cercò di coccolare l’altro stando in quella posizione. Dondolava appena, come a dare l’inizio ad un ballo lì, lento, senza la musica d’accompagnamento. Si limitò ad annuire alla sua risposta sulla chitarra, sull’entrata ad effetto quando sarebbe andata a suonare…Se avesse ripreso a farlo, come ai tempi che incontrò lui in quel bar dove la fecero suonare sul piccolo palchetto di legno ed illuminata da un paio di faretti posti ai piedi di esso.
    Che magico ricordo, quello si che era davvero dolce come incontro casuale… Un selfie, una cioccolata calda e chiacchiere. Fu davvero il primo incontro tra i due e fu tenerissimo. Amachi a quel piccolo pensiero le sfuggì un sorriso dalle labbra nere, mentre la mano che era dietro la nuca di lui continuò a coccolarlo.
    La testa della lemure-donna si posizionò sulla spalla dell’altro, mentre sentì che le labbra dell’eroe si stavano posando sul proprio fine collo. Gli occhi per un momento vennero celati dietro le palpebre, mentre un sospiro venne lasciato andare, lentamente, rilassando il corpo ed i muscoli tra le braccia dell’altro. Erano quei momenti che la tensione sembrava scemare, che tutto quel male e negatività prendesse un’altra strada e lasciassero libera la povera studentessa. Le parole mormorate dell’altro, riferite a chiamate di lavoro, la fecero a malapena mugolare contrariata, per poi mormorare:
    «Non sei l’unico galoppino nell’agenzia del Fiammiferone, quindi… Non preoccuparti.»
    Meno male che quell’uomo infuocato, il number one tra gli eroi, non era lì ad ascoltare il nomignolo che la donna le aveva appioppato! Altrimenti chissà che vampata di fuoco c’era in quella stanza. Lemure arrosto?
    Quando le mani dell’altro si mossero dal suo ventre, pian, piano risalirono sui propri fianchi e costato, Amachi inarcò lievemente la schiena in avanti, impettendosi appena, mentre il fiato quasi le mancò. Quelle carezze, le sue mani ampie e fini che la toccavano da sopra i vestiti la fecero rabbrividire in maniera positiva. Quasi si mise sulle punte dei piedi, che adesso erano coperti da morbide pantofoline che si era portata da casa per girare nell’abitazione della “suocera”. Si mordicchiò il labbro inferiore e gli occhi si assottigliarono leggermente, come se volesse trattenere qualche versetto. Le dita della mano che era tra i capelli di lui, strinse appena di più la presa, mentre un sospiro le sfuggì dalle narici del piccolo nasino nero. A malincuore, dannata lei che lo aveva messo in allerta per la presenza della madre, lui si staccò da lei e la mano che l’altra aveva nella criniera argentea dell’eroe, perse la presa per lasciarlo agire come meglio pensava.
    Sentì un sussulto al cuore, farfalle nello stomaco che veloci vorticavano rendendo quelle sensazioni ancora più evidenti e che la facevano vibrare d’emozioni. Si strinse nelle spalle e la mano destra andò ad aggrapparsi al gomito mancino, mentre il corpo si voltò e lo sguardo si posò sul ragazzo che andò a chiudere la porta.
    La coda si agitò e frustò l’aria alle spalle della lemure stessa, mentre le orecchie fecero un lieve scatto verso l’alto quando percepì il rumore del meccanismo della porta che veniva chiusa a chiave. Sentì il cuore che incominciò a galoppare nel petto, mentre le mani iniziavano a farsi sudate nei palmi. Inghiottì un nocciolo di saliva e cercò di avvicinarsi al comodino lì vicino per posare il piccolo dono che le era stato fatto dall’altro poco prima. Gli occhi si mossero prima sul mobiletto, poi dopo qualche istante su di lui che…Si era levato la felpa. Amachi trasalì e la coda si drizzò come uno spaghetto verso l’alto, col pelo più gonfio e voluminoso di prima. Imbarazzata lo fissò. Non era ancora abituata a guardarne tutto quel ben di Dio. Si, per lei quel corpo era un qualcosa di splendido, anche se segnato da scontri e ferite ormai rimarginate. Quasi le manco il fiato, una vampata calda la prese intensamente in tutto il corpo e viso -meno male aveva la pelliccina a coprirne la pelle, altrimenti era un bel pomodoro!
    Lo vide muoversi e sedersi sul letto, lei si sentì imbambolata e pietrificata allo stesso tempo, con le gambe strette tra di loro ed i piedi posti lievemente storti con le punte che puntavano verso l’interno. Diamine, quella posizione che aveva assunto lui metteva in evidenza i pettorali, anche se schiacciava leggermente l’addome e nascondeva la tartaruga addominale che aveva scolpito negli anni di allenamenti. Amachi calò lo sguardo di colpo, mentre la mano al gomito si strinse maggiormente ad esso, percepì anche come il palmo incominciava ad essere sudaticcio. Non era ancora abituata a quella scena, a quei momenti, anche se sembrava inizialmente che avesse avuto uno sprint più coraggioso e che invogliava lei a fare quella notte calda e focosa. La coda incominciò ad agitarsi, oscillava sinuosa alle sue spalle, con qualche picco di frustate nell’aria che la facevano scaricare nella tensione. Lui la afferrò e trascinò verso il letto, con il volto roseo del ragazzo che puntava in alto, verso di lei, mentre l’altra -rigida come un palo- si mise tra le gambe dell’altro e puntò gli occhi neri e gialli sui suoi viola. Inghiottì la saliva con forza, sentì come un nodo alla gola e la salivazione che si faceva più presente nella sua bocca. Annuì quasi frettolosamente alla sua idea di farsi un giro domani, ma rispose a malapena e con voce tremante, emozionata:
    «Certamente, f-facciamo un giro per vedere la cittadina…E-E intorno ad essa.»
    Era impacciata, era palese.
    La mano dal gomito allentò la presa, mentre le dita tozze e ruvide cercarono di andare a muoversi verso la spalla dell’altro che trovava a portata di mano. Cercò di afferrarla e con tono imbarazzato mormorò:
    «M-Mi sudano le mani, scusa.»
    Che vergogna, infatti le orecchie pellicciose si abbassarono in segno di mortificazione.
    Ad ogni respiro, tocco e quello sguardo, la rendevano sempre più calda ed emozionata. Quei momenti di intimità per lei erano speciali, molto speciali, soprattutto con una persona come Darius che aveva con sé non solo per del semplice sesso, ma perché i due si amavano e completavano il quadretto in maniera perfetta. Sfarfallò le ciglia e dopo poco andò a cercare di portare la mano libera in direzione dell’altra spalla, ma cercò di farla scivolare dietro l’ampia schiena di lui, tra le scapole, per cercarne un appoggio e appiglio. Lentamente la gamba destra si piegò e portò verso l’esterno, così poco dopo fece la gemella e le posò sul letto, proprio ai lati delle gambe di lui, ponendo l’interno delle proprie leve a contatto con l’esterno coscia di lui. Si posizionò a cavalcioni, i loro volti ora erano vicini, ma alla stessa altezza -più o meno. Lei lo guardò e si mordicchiò il labbro, per poi chinare la testa in avanti e sussurrare:
    «Ti amo.»
    Semplici parole, ma colme di quel sentimento che ormai lei ne era piena per lui, traboccante dolcezza ed affetto per quell’eroe americano che l’aveva corteggiata e presa tra le sue dolci grinfie.
    Restò su di lui, ferma, con quel corpo leggermente irrigidito, vestito, ma caldo al tatto e col respiro che era leggermente più appesantito.

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    Non riuscì a trattenere una piccola risata quando le parole della ragazza giunsero alle sue orecchie e quindi scuotendo il capo un paio di volte, distogliendo definitivamente lo sguardo dal suo cellulare, che come sempre teneva a portata di mano in caso ci fosse qualche tipo di emergenza a cui dover far fronte Lo so...Ma preoccuparsi per gli altri è una delle poche cose che mi vengono bene, insieme ai tramezzini Si lasciò andare ad una breve risata per poi tornare per un attimo serio, finendo per assottigliare lo sguardo su Amachi e poi con una finta espressione di sgomento ed incredulità, aggiunse subito dopo Mi hai appena dato del galoppino?! L'espressione sul suo volto mutò subito dopo in una divertita, ma al tempo stesso cercò di approfittare della vicinanza dei due per fare il solletico su entrambi i fianchi della ragazza, in una sorta di piccola vendetta e per farsi una risata entrambi, alleggerendo così l'aria nella stanza, visti i discorsi che comunque si erano affrontati poco prima.
    Il suo sguardo nel mentre si era spostato sulla figura intera della giovane, non potendo non notare la coda ritta come uno spaghetto alle spalle di lei e che lo fece sorridere, era qualcosa di particolare che aveva apprezzato in lei fin dal loro primo incontro, non ufficiale in quel locale la notte di Halloween. ...Ho sempre paura di vederti prendere il volo con la coda un giorno di questi Fece un veloce occhiolino in direzione di Amachi, per via di quella sua reazione, che senza ombra di dubbio aveva apprezzato e gli scaldava sempre il cuore vedere la ragazza con cui aveva deciso di intraprendere quella relazione reagiva in un modo così genuino, quando erano in intimità. Per forza di cose le iridi violacee andarono a seguire i movimenti ondulatori della coda alle spalle della lemure, anche se tra uno spostamento e l'altro, l'attenzione si focalizzava sul volto di lei, cercando con quel gesto di tirarla a se di farla sciogliere un pò vista la rigidità che spesso, ma non sempre, la coglieva in quei frangenti in cui erano lontani da occhi indiscreti. Alla sua risposta impacciata andò a rispondere a propria volta con un cenno del capo in senso positivo Ma sicuro...Magari vediamo se c'è qualche specialità del posto che può apprezzare il tuo fine palato Continuò a parlare con tono calmo, ma più scherzoso e rilassato, per cercare di mettere l'altra a proprio agio. Le scuse da parte dell'altra vennero accettate senza una risposta verbale, quanto un cenno del capo tale da farle capire di non preoccuparsi, alla fine erano una cosa normale, che avveniva a tutte le persone e decidendo di non interrompere in nessun modo quel moto di slancio da parte di lei, la fece muovere come più l'aggradava, sentendo quelle mani sulla spalla e sulla schiena, che si andò ad inarcare non per cercare di evitare il contatto ma per spingersi di più verso di lei, che nel frattempo si era portata a cavalcioni su di lui. Il capo era leggermente inclinato all'indietro, così da poter continuare ad osservare la ragazza e quando le sue labbra si schiusero per quelle due parole che ogni persona vorrebbe sentirsi dire almeno una volta nella vita, il sorriso si andò ad allargare e quindi cercando di sollevarsi con il busto verso di lei andò a risponderle.
    Ti amo anche io. Con il capo sollevato, il busto nudo proteso verso il corpo di lei, portando le mani sulle sue gambe, provò a far entrare in contatto le loro labbra per un primo bacio, lento in cui poter mettere tutti quei sentimenti e quelle sensazioni che con le parole era difficile trasmettere con la stessa efficacia. I palmi delle mani andarono ad accarezzare l'altra con lenti momenti partendo dalla zona vicino alle sue ginocchia fino a risalire verso i suoi fianchi, fermarsi li per qualche secondo e poi percorrere la stessa strada ma al contrario, per non interrompere mai quel contatto, almeno fino a quando non si distaccò con le labbra da quelle di lei, cercando di sfregare la propria guancia contro quella di lei ma solo per spingersi con il volto più in alto che poteva per sussurrarle E comunque...Non sarai l'unica ad essere sudata stasera... Una piccola frase buttata li per farle capire quanto il tutto fosse normale e naturale. Ma anche perchè amava alla follia le reazioni dell'altra e punzecchiarla in quel contesto e momento, magari l'avrebbe aiutata a slanciarsi ancora di più in quel momento di intimità. Una frase per sembrare figo. E con le mani cercò di risalire su i fianchi di lei, provando a tirare con se questa volta i suoi abiti, nessuno strattone o colpo troppo forte, ma un tentativo di sollevare quello che forse in quel momento era di troppo. Provò a creare uno spiraglio sulla sua schiena in modo da poter far scivolare le mani sulla schiena di lei, verso l'alto, per raggiungere il reggiseno dell'altra e provare a slacciarlo. Ma forse non aveva capito benissimo l'anatomia del vestiario di lei o forse per l'emozione, in quel momento si ritrovò a non riuscire immediatamente in quel suo intento, ritrovandosi a pensare come sembrasse molto più facile affrontare psicopatici armati di lanciarazzi o scienziati pazzi con i loro esperimenti, piuttosto che avere a che fare con l'intimo femminile, delle volte.

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    Quel tocco sui fianchi, un chiaro intento di farle il solletico, la fece trasalire e trapelare una risatina che cerco di tenere bassa per non farsi sentire oltre la porta. Era comunque a casa della madre di lui, già per Amachi quello era in parte un disagio e la faceva restare -per il momento- un pezzo di ghiaccio. Deglutì un nocciolo di saliva, mentre gli occhi si fissarono nuovamente sul volto dell’altro che cercò di puntare soprattutto i suoi occhi violacei. Le orecchie si sollevarono di qualche grado nel sentire quella battuta sulla sua coda, che di rimando, quest’ultima, sferrò un fendente nell’aria alle sue spalle. Si era imbarazzata a quella battuta e un sorrisino lieve si formò sulle labbra di lei, mentre il volto -anche se era impossibile che diventasse rosso grazie alla pelliccia- aveva un’espressione tipicamente da timidona. La voce era leggermente tesa, infatti mormorò in risposta:
    «Ehehe, N-Ne dubito.. Divertente come scena di prendere il volo, ma ne dubito.»
    Notò l’occhiolino che le venne fatto e di rimando abbassò lo sguardo con un gesto di timidezza.
    Si strinse nelle spalle quando si sentì tirata a lui, rimanendo a cavalcioni sulle sue gambe e con il fine busto che stava ormai a poca distanza dal suo. Il cuore batteva celere nel petto, mentre gli occhi brillavano debolmente sotto la luce artificiale della stanza. Annuì alla proposta di lui di andare a cercare un ristorantino o chiosco per mangiare qualcosa insieme, ovviamente domani, non ora. Le mani ruvide e lievemente sudate si aggrapparono a lui, una sulla schiena e l’altra sulla spalla e lì rimasero fino ad adesso. Il respiro era leggermente più appesantito, data la mole di emozioni e tensione che si era accumulata nell’animo della lemure umanoide.
    Alla risposta a quel “ti amo”, lei trasalì e sentì quel respiro dell’eroe che carezzava le sue labbra nere e fini. Quasi le mancò il fiato, sentire quelle poche lettere, ma cariche di amore, la fecero sciogliere come del burro al sole. Le mani di lui si posarono sulle ginocchia della lemure stessa e mentre risaliva verso le cosce, lui poteva carezzarne la pelliccia corta ma folta, sollevandola contro pelo e dando alla ragazza quelle sensazioni di brividi che la percorrevano in tutto il corpo. Le orecchie si abbassarono leggermente, gli occhi si socchiusero e un sospiro venne rilasciato dalle narici del nasino nero, dato che la bocca era impegnata a donare un bacio casto e dolce sulle labbra dell’americano. Sospirò, mentre le labbra si schiusero e cercarono di rendere più profondo e sensuale quel contatto, ponendo le labbra a nascondere le due lingue, con la mutant che cercò di insinuare la sua dentro la cavità orale altrui. Sospirò ancora una volta dal naso, mentre la schiena si inarcò appena in avanti per entrare a contatto col torace a quello di lui, con le gambe che si erano irrigidite e strette sull’esterno coscia dell’altro. La mano che era sulla schiena di lui si andò a muovere, infatti cercò di salire dietro la nuca e di insinuare le dita tozze e ruvide tra le ciocche morbide e candide dell’uomo. Una sensazione di calore divampò dentro di lei -no, non è un’altra unicità a farle questo- ma l’emozione che stava provando e quel contatto con lui la facevano eccitare. Le mani di lui si posarono sui fianchi, per poi iniziare a ripercorrere le gambe di lei ma seguendo l’andatura della pelliccia. Una coccola dolce, lenta e sensuale. Si staccarono dopo qualche attimo da quel bacio e lui si pose con il volto al lato di quello di lei, così gli sussurrò nell’orecchio animalesco e con un tono profondo ed eccitante per lei. La mutant si limitò a mugolare in segno di eccitazione, mentre un timido sorriso si dipinse sulle labbra e la mano che stava sulla spalla di lui, la strinse, mentre un senso di imbarazzo la pervase tutta. Balbettò qualcosa, ma cercò di interrompersi per evitare di rompere quella magia che si stava creando tra di loro:
    «M-Ma io non posso sud-! Ok, sto zi-zitta.»
    Come al solito si dimostrò impacciata, anche se non era la sua prima volta, comunque aveva ancora il timore di non essere all’altezza di lui per poter fare certe cose. Si sentiva inferiore, sbagliata, bizzarra. A quel dire, sentì le dita di lui superare il pantalone -leggermente sollevato per permettere di toccarle la pelliccia- passarono le mani sui fianchi e lentamente risalirono dietro la schiena di lei. Passò sotto il tessuto della maglina elegante e nera, infatti trovò con facilità quella parte dorsale di lei, ancora leggermente inarcata in avanti, con i glutei leggermente più pronunciati in fuori data la posizione assunta. La coda fendette nuovamente l’aria, mentre Amachi mugolò emozionata ed imbarazzata, proprio quando sentì le dita dell’altro che si posarono sui due gancetti del reggiseno e li slacciò. Sentì quella costrizione venire meno, infatti lei sospirò appena, anche se di seno lei non ne aveva chissà quanto. Si umettò le labbra, mentre la mano dietro la nuca di lui strinse appena i capelli tra le dita. Ancora aveva il volto di lui al fianco del proprio, con le loro guance a contatto. Lei di rimando, cercò di strofinare la propria gota pellicciosa su quella liscia del ragazzo, lentamente, per poi cercar di avvicinare la bocca al lobo del suo orecchio e di tentare di prendere questo tra le labbra, suggerlo appena, per poi morderlo con delicatezza. Era un chiaro modo di incominciare a stuzzicare lui, anche se i suoi movimenti erano più impacciati rispetto a quelli di Darius che sembrava molto più sciolto.

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    Alla fine con la sua battuta era riuscito a far sorridere la lemure, anche se sembrava ancora abbastanza bloccata nel suo "modus operandi", a cui ormai non faceva più tanto caso anche se vederla nell'espressione della sua timidezza non poteva non trovarla adorabile. Le andò quindi a sorridere di rimando stringendosi appena nelle spalle, provando a far incrociare il proprio sguardo con quello di lei Bhe nel caso dovesse succedere qualche volta...Ti potrei prendere a volo in braccio Concluse quella frase con lo stesso tono che aveva usato in precedenza, facendole un occhiolino ammiccante alla fine, neanche si fosse immaginato qualche scena in cui vestito da principe azzurro afferrava al volo la principessa salvandola da un'orribile fine. Dopo quell'iniziale scambio di battute, la stanza divenne silenziosa, a parte i loro respiri a cui fecero seguito poi il lieve rumore delle loro labbra che si incrociavano in lente carezze, alle quali si andarono ad aggiungere poco dopo anche le loro lingue che si attorcigliavano e rincorrevano alla ricerca della gemella per rendere quel bacio più intimo e passionale. Proprio come la mutant si trovava a dover espirare dal naso ogni volta che ne aveva bisogno visto che la bocca in quel momento era presa dallo scambiare effusioni con quella di lei, dandogli quello stato si rilassatezza e piacere che si permetteva di avere solo quando si trovava in compagnia di Amachi, diventando così meno bacchettone e rigido come invece lo era sul lavoro.
    Le mani continuarono ad accarezzare lentamente il pelo di lei, anche se contropelo cercava di essere il più delicato possibile per non creare nessun tipo di disagio all'altra mentre le massaggiava le gambe, lasciandole al tempo stesso muovere le sue di mano dove più le aggradava, ritrovandosi a sentire le dita tozze tra i capelli e quella sensazione di piacere gli fece inarcare la schiena e sollevare il capo verso l'alto lasciandosi andare ad un mugolio che venne sfiatato distaccandosi da quelle dell'altra. Le iridi violacee che erano sollevate in direzione del soffitto dopo essersi staccato dal bacio e per via del grattino alla nuca che lei gli aveva riservato, la andò ad osservare nuovamente in tutta quella sua eccitazione e timidezza, un mix estasiante per lui. Le labbra si andarono a stendere in un sorriso alle sue parole, mentre la lingua andò a passare sulle stesse in maniera lenta, sensuale, come a voler provocare l'altra A me piace sentire la tua voce...Soprattutto quando sei così Riferendosi allo stato in cui si trovava la giovane lemure in quel momento preciso.
    Tra emozione e poca dimestichezza, ci mise qualche attimo a liberare la giovane da quel capo di intimo che le costringeva il seno, andando ad assumere in un primo momento un'espressione quasi trionfale, intercettando per qualche istante anche lo sguardo della giovane, verso la quale stava continuando a guardare avendo sentito quel suo sospiro di sollievo. Fu questione di attimi prima che le loro guance entrassero in contatto per scambiarsi quelle carezze, che gli fecero socchiudere gli occhi per pochi attimi, in quanto al concatto delle labbra di lei con il proprio orecchio non riuscì a trattenere un ansimo, con le palpebre che si andarono a serrare completamente per potersi godere quel tipo di attenzioni. Di fatto andò a piegare leggermente il capo per offrirlo maggiormente alla compagna, dischiudendo le labbra e lasciandosi andare a bassi mugolii di apprezzamento alternati a movimenti che tendevano a distaccarsi un pò dalle sue labbra, ma per emulare una fuga che non sarebbe mai avvenuta e per spingere lei a "rincorrerlo" in un piacevole tira e molla in cui il suo orecchio subiva piacevolmente le attenzione di Amachi. Le mani che erano rimaste al di sotto della maglia di lei ripresero a muoversi dopo essere riuscite nell'impresa di slacciare il reggiseno, andando a saggiare con i polpastrelli la pelle della sua schiena arrivando ad esplorare tra le scapole e i movimenti delle braccia derivanti andarono a sollevare leggermente anche la maglia di lei. Percependo quel movimento da parte del tessuto di lei, andò a spostare le mani dalla sua schiena nuovamente ai suoi fianchi e da li al ventre atletico della lemure saggiandolo con interesse e risalendo con piccoli movimenti delle dita verso l'alto. L'intento ovviamente era quello non solo di sollevare la sua maglia fin oltre la testa e metterla così di lato, in modo che entrambi potessero essere nudi dalla vita in su, prendendosi qualche attimo per poter osservare il corpo di lei, godendosi la visuale con la lingua che fa brevemente capolino dalle labbra dove si è dipinto un sorrisetto malizioso. Le iridi violacee vanno a muoversi dal seno di lei al suo volto, come ad attendere quasi un suo benestare mentre si sporge in avanti per andare ad avvolgere con la mano destra il seno sinistro di lei avvolgendolo in una lenta e delicata presa con le dita che sfiorano anche la zona non coperta di pelliccia. Il tempo di godersi la reazione da parte dell'altra prima di spingersi con il volto in direzione del seno libero, con le labbra che si dischiusero lasciando che per primo il suo respiro caldo andasse incontro alla pelle di lei, per poi avvicinare la bocca al suo capezzolo e avvolgerlo completamente in essa, così che potesse ricambiare quelle stesse attenzioni che lei gli aveva dato in precedenza all'orecchio, nelle stesse modalità e tempistiche. Di tanto in tanto sollevava lo sguardo in direzione del volto di Amachi alla ricerca di qualche sua reazione o gesto, anche se aveva ancora la mano di lei tra i capelli e l'altra sulla spalla, le occhiate che le lanciava erano dirette a mandarle un messaggio sul "lasciarsi andare" e quindi si teneva pronto ad assecondare qualsiasi tipo di iniziativa che l'altra avesse voluto prendere, in modo che potesse lasciarsi andare al suo istinto. Ma quello non era che l'inizio, rimanendo di fatto seduto sul letto con la ragazza a cavalcioni su di se, non riuscì a non muovere il bacino contro quello di lei visto l'evidente apprezzamento del corpo dell'altra che si era tramutato in un indurimento, e no, quella volta il suo Quirk non si era intromesso.

    | Hero | #Livello 8 | Età 26 | © |
    Energia: 1050 | Forza: 300 | Quirk: 400 | Agilità: 325
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    Le venne spontaneo sorridere con imbarazzo, ma anche con divertimento, al piccolo commento che aveva fatto inizialmente. L’immagine di lei che volava per colpa della coda che si muoveva con frenesia, era una di quelle scene ironiche adatte ai cartoons stile Tom e Jerry o robe così.
    Socchiuse gli occhi dalle sclera nere e le iridi color giallo, mentre sentì quella vampata di caldo che incominciò a farsi strada sotto la sua pelliccia corta, ma folta. Sospirò dal piccolo naso nero, mentre le mani strinsero con leggera forza i punti in cui queste erano poggiate per tenersi a lui, mentre le gambe toniche e semi scoperte erano irrigidite e lui poteva ben sentirle avendole a contatto.
    Quei baci, così profondi e delicati, scaldavano l’anima e corpo della lemure umanoide. Si sentì apprezzata, attraente, amata, delle sensazioni che spesso faticava a capire e riconoscere non essendoci mai stata abituata. Un brivido caldo la attraversò sulla schiena, infatti le partì da dietro la nuca e scese fino alla punta della sua coda ad anelli, infatti questa si mosse in uno scatto repentino nell’aria.
    Fu lei poi a cercare di cambiare, di potersi privare di quei baci, ma andò alla ricerca dell’orecchio di lui che da subito aveva scaturito un gemito di apprezzamento da parte dell’eroe. Amachi chiuse gli occhi lentamente e si beava di quel suono che le sue orecchie pellicciose catturavano e scatenavano in lei brividi di piacere. Anche solo a sentire l’altro apprezzare, lei si sentiva al settimo cielo! Si, perché qualcuno apprezzava la sua persona in tutto e per tutto. Sentì nel frattempo che le mani dell’altro si mossero dietro la schiena fine ed inarcata, con le dita che si premevano e carezzavano quella pelliccia morbida e corta che ne copriva la sua pelle. La mano scura, che era dietro la nuca di lui, scivolò lentamente tra le sue scapole, mentre l’altra mano andò a cercare appiglio sulla spalla, poi lentamente scese verso il bicipite per tastarne la sua pelle e la sua durezza nelle fasce muscolari. Sospirò sul lobo dell’orecchio di lui, con la lingua che uscì dalla bocca e lenta cercò di carezzarne il padiglione auricolare, ma cercò di scendere poi da sotto il lobo e dedicare così la sua attenzione al collo del ragazzo. Inizialmente cercò di creare piccoli cerchietti sulla sua pelle, per poi subito venir ricoperti dalle labbra nere ed umide della mezza lemure, succhiandone delicatamente la carne che aveva circoscritto con la propria saliva.
    Quando l’altro commentò sul fatto che gli piaceva sentire la voce di lei -soprattutto in quei momenti di intimità- Amachi trasalì e le orecchie si abbassarono in segno di timidezza, mentre le spalle si strinsero tra loro e gli occhi si spalancarono. Lasciò un ultimo succhiottino sul collo di lui, per poi sollevar la testa e la portò con la faccia davanti alla sua. Era tremendamente imbarazzata ed andò a cercare di guardarlo in faccia, anche se lo fece con estrema difficoltà:
    «C-Così mi fai imbarazzare! Giochi sporco.»
    Si limitò a dire verso di lui, mentre un sorrisino timido si dipinse sulle sue labbra scure.
    Percepì che i tocchi di lui erano leggeri e delicati, soprattutto ora che cercò di accompagnare il tessuto della maglia e reggiseno, slacciato in precedenza, verso l’alto. Lei chiuse per un breve lasso di tempo gli occhi, mentre chinò la testa e sollevò le braccia in alto, in questo modo aveva permesso al compagno di poterla denudare sulla parte superiore del corpo. I capelli si erano leggermente scompigliati, ma non le importò e li lasciò in quel modo così ribelle e sconfusionati.
    Per un momento i due erano fermi, si guardavano e si contemplavano in quei busti nudi e vicini tra di loro. Lei si strinse nelle spalle per l’ennesima volta, mentre gli occhi guizzavano fugacemente sui suoi viola, ma per la maggior parte del tempo cercò di tenerli bassi e guardare inevitabilmente i pettorali dell’eroe, con segni di battaglie che ne dipingevano la pelle rosea.
    La mano dell’altro poi la colse quasi di sorpresa, infatti quelle dita si avvinghiarono attorno al proprio seno sinistro, piccolo, con quel capezzolo privo di pelliccia che svettava in avanti, turgido, roseo, un chiaro segno che era eccitata. Aveva vampate di calore, piccoli brividi che la attraversavano in tutto il corpo ed andavano a terminare proprio nel punto più intimo e sensibile del proprio corpo, all’inguine. Sospirò ed aveva accompagnato quel verso ad un piccolo gemito, mentre la testa venne voltata appena verso destra, con gli occhi che si nascosero dietro le palpebre. Quando l’altro si attaccò a suggere il proprio seno, lei trattenne il fiato un momento, per poi sospirare e mordicchiare il labbro inferiore. Quelle sensazioni erano così piacevoli, infatti rabbrividì ed inarcò la schiena, pronunciando poco più in avanti il seno. Le mani tozze e ruvide scivolarono sulle spalle di lui e lentamente cercarono di andare a muoversi verso i suoi bicipiti. Sentì che nel frattempo, tra i tocchi dei loro bacini, qualcosa iniziava ad inturgidirsi e farsi più pressante. Istintivamente, anche se con titubanza e timidezza, andò ad abbassare la mano destra verso il basso, tra i loro corpi, con il chiaro intento di raggiungere il cavallo dei pantaloni dell’eroe. Cercò attraverso il tessuto di afferrarne la sua erezione, anche se con difficoltà, volle comunque incominciare a stuzzicare e creare un piacere a lui.
    Voleva ricambiare, percepiva come la lingua e labbra dell’altro stavano lavorando e dando piacere al proprio seno. Il cuore batteva all’impazzata e quella stanza, gradualmente, sembrava essere sempre più calda…Anche se in realtà il caldo lo sentiva lei perché erano le vampate che la stavano assalendo.
    Ansimava, emetteva piccoli gemiti che venivano strozzati in gola. Schiuse appena gli occhi e mormorò con una voce colma di eccitazione ed imbarazzo:
    «T-Ti piace?»
    Anche se stava cercando di toccarlo e carezzarlo al suo sesso attraverso l’indumento che l’altro indossava, voleva essere certa che a Darius piaceva quel che stava accadendo. Non voleva che lo facesse per forza, controvoglia, quindi cercava sempre di essere certa che quel che stava succedendo era una cosa ricercata da entrambi.

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    Dopo tutti quegli eventi che avevano passato ultimamente, un momento di pace e tranquillità, dove poter essere se stessi in intimità senza da una parte tutti i problemi che la giovane si trovava ad affrontare e dall'altra le responsabilità di cui lui si faceva carico nel suo lavoro per cercare di dare una parvenza di normalità per tutte le persone che vivevano nella città e anche fuori. Ora, soli, in intimità potevano entrambi rilassarsi e concedersi all'altro senza farsi troppi problemi su eventuali pregiudizi, visto che non erano mai stati avanzati da nessuno nei confronti dell'altra.
    Quel momento magico era accompagnato da una sinfonia da parte di entrambi di bassi sospiri, ansimi e piccoli gemiti di apprezzamento provocati dai gesti che i due si stavano scambiando in quella camera lontano da occhi indiscreti ed in un clima più "familiare" che stava poco a poco facendo sciogliere le loro inibizioni come neve al sole. Riusciva a sentire chiaramente i brividi e la tensione nei muscoli della lemure grazie ad ogni contatto che i due stavano avendo, incerto se fossero dovuti alla situazione in atto o a qualche pensiero che occupava la mente di Amachi, ma spinto sia dalle endorfine che dalla speranza che l'altra potesse finalmente rilassarsi cercò di non darci peso. Percepiva chiaramente però i suoi brividi in risposta alle sue azioni e su quelli cercava di concentrarsi maggiormente, andando a ripetere con gentilezza e metodicità quei gesti che provocavano nell'altra quel tipo di reazioni, in modo da continuare a far crescere in entrambi quelle sensazioni positive che stavano piano piano accumulandosi e amplificarsi nei loro gesti. Preda delle sensazioni che Amachi gli stava dando, socchiuse gli occhi, riuscendo a percepire distintamente e in maniera maggiore il respiro di lei sulla pelle, la sua lingua calda carezzare l'orecchio, i suoi polpastrelli lungo la schiena che portarono la pelle a rabbrividire a quel genere di sensazioni, alle quali non era di certo abituato da un lato, dall'altro invece che sembrava apprezzare a dimostrazione dei sospiri che stava emettendo. Riaprì le palpebre solamente quando sentì l'altra abbandonare la pelle del proprio collo dopo quei succhiotti che lo avevano deliziato fino a quel momento, potendosi godere così la visuale della lemure imbarazzata. La lascia parlare e poi sorridendole di rimando Ohw....You're so cute! La guardò per qualche attimo negli occhi cercando di sollevare le mani per poggiarle contro le sue guance per cercare di guidare il suo volto verso il proprio per un nuovo bacio, un pò più rapido dei precedenti You're so cute....You're mine now from now and ever! Sorridendo le andò a dare un nuovo bacio, finendo per fissarla negli occhi per qualche attimo, pregustandosi un nuovo momento di dolcezza dell'altra
    Il fisico era tonico, allenato, decisamente in forma come si confaceva per qualcuno che svolgeva il suo stesso tipo di lavoro, e forse come molti altri che si adoperavano nello spesso bistrattato mestiere dell'eroe, era abbondantemente cosparso di cicatrici in parte ricevute nell'adempimento del suo dovere, altre invece, quelle più vecchie erano frutto di suoi studi, personali e non solo. La sua fortuna più grande nello stare insieme ad Amachi stava nel fatto che a lei non facessero schifo, anche perchè sarebbe stato un problema non proprio da poco cercare di nasconderle o addirittura nel cercare di non averne di nuove. Entrambi a torso nudo, iniziò a prendersi cura della sua compagna, concentrandosi con lentezza e dedizione sul suo seno sia con le sue labbra e lingua, che con la sua mano, cercando di andare a stimolare quei bottoncini di carne in maniera metodica, facendo roteare in maniera alternata una volta la lingua e una l'indice attorno ai rispettivi capezzoli, lasciandosi guidare dai sospiri di lei in modo da adeguare eventuali tocchi e quando accentuarli. Preso da quel processo si accorse con qualche attimo di ritardo che lei stava spostando le sue mani dalle spalle verso il basso, vibrando e rallentando di tanto in tanto i suoi movimento fino a quando lei non raggiunse il cavallo dei pantaloni ritrovandosi così a staccarsi dal suo seno, con gli occhi socchiusi e la fronte che si va a poggiare per un attimo contro il suo seno mentre la mano che prima la massaggiava ora cerca un appoggio sicuro sul materasso per fargli tenere l'equilibrio con la parte superiore del busto.
    Ansimò con un'intensità maggiore man mano che l'altra continuava a toccarlo e carezzarlo, staccando di poco la fronte dal suo seno per sollevare le iridi violacee in direzione dell'altra, in modo da poterle rispondere in maniera silenziosa sollevando le sopracciglia in maniera affermativa e riservandole un ghigno malizioso e di approvazione accompagnato da un cenno positivo del capo. Anche se ad ogni carezza dell'altra andava a sospirare di più con dei movimenti del bacino che accompagnavano i movimenti della sua mano, dall'altra parte invece la mano che prima era poggiata sul materasso si mosse di nuovo per raggiungere la coscia di lei, carezzandola e cercando di infilare le dita in una lenta risalita fino a raggiungere la cintura di lei, cercando di disfare la fibbia e tirarla via dal pantaloncino che lei indossava, prima di provare a fare lo stesso con il bottone del pantaloncino, trovandosi decisamente più a suo agio nel farlo rispetto che provarci con la chiusura di un reggiseno alla cieca. Di tanto in tanto sollevava lo sguardo in direzione del volto dell'altra, guardandola e sorridendole in maniera sempre più coinvolta lanciandosi in teneri morsi contro il suo seno mentre con le mani cerca di liberarla dei suoi ultimi indumenti, con un piccolo aiuto da parte di Amachi sperava.

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