ARC III — L'origine della cieca obbedienza

15 aprile 2023

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    L'origine della cieca obbedienza

    d8ryce4

    Gli interni del sontuoso grattacielo che ospitava l'Eclipse Casinò erano colorati e sgargianti come sempre. Fra chi era lì per scommettere e chi, invece, voleva solo passare la serata in un posto chic e alla moda, un numeroso andirivieni di persone si alternava nelle sale da gioco al piano terra, lasciandosi alle spalle un chiacchiericcio piuttosto diffuso che andava di pari passo con la musica. Forse poteva sembrare strano che fosse pieno e molte camere dell'hotel prenotate nonostante l'economia di Tokyo si stesse ancora riprendendo dopo la catastrofe di novembre, ma in realtà, per incentivare il turismo e non contribuire al collasso della città, il Casinò stesso - che durante e dopo l'emergenza si era distinto proprio per aver ospitato molti civili in difficoltà - aveva promosso svariate iniziative e sconti dai prezzi più abbordabili per chiunque. Proprio lì, al ventiduesimo piano, dietro la porta chiusa di una saletta riservata di uno dei ristoranti, al riparo dagli sguardi indiscreti della alte persone che affollavano il vano, sedevano due donne dalla levatura sociale piuttosto alta.
    L'ambiente era confortevole, accogliente ed elegante: le pareti in marmo scuro venato d'oro, il soffitto alto e candido dal quale pendeva un enorme lampadario dalla forma circolare che diffondeva una tenue luce arancione, accompagnato da altre fonte luminose sparse per tutta la stanza; dei rami rosati di ciliegio in fiore ornavano la sale, il tavolo in legno d'ebano era largo e quadrato, affiancato da due poltroncine di velluto bordeaux, una di fronte all'altra. C'era una vetrata che occupava un'intera parete, delle tende rosso scuro pendenti ai suoi lati, che si affacciava su una vista niente male della Shibuya sottostante.
    Solitamente, quel ristorante era riservato a chi alloggiava al casinò, era il migliore dei tre che vi si trovavano dentro, ma al mondo talvolta esistono persone che sono autorizzate per natura ad essere al di sopra delle regole.
    Ogni tanto un cameriere interrompeva quella quiete per entrare e servire gli ordini, ma le due avevano chiesto di non essere disturbate più del necessario, e quindi usciva e se ne andava appena terminato il suo compito. Erano lì a cena, ma forse non solo per diletto.
    «Spero che il posto sia di vostro gradimento, comunque. — disse la prima, riallacciandosi alla conversazione che stavano avendo. Era una donna alta, lunghi capelli rossi come sangue acceso e lo sguardo del medesimo colore. Era vestita con un lungo abito nero, semplice e raffinato, le maniche in pizzo e la schiena scoperta. — In realtà è un'esperienza piuttosto nuova anche per me. Non amo molto frequentare posti come i casinò, ma ero qui per lavoro quando è scoppiata l'emergenza a novembre e ho finito per rimanervi bloccata più a lungo del previsto. Alla fine mi ha sorpreso. Avrei ovviamente preferito discutere nel mio ufficio, vista l'importanze della questione, ma siamo entrambe a conoscenza della triste situazione nella prefettura di Shinjuku, dico bene?»
    «Purtroppo la situazione del quartiere è quella che è. — la seconda donna rigirò il cibo attorno alla propria forchetta, formando attorno ad essa un vortice con le ricche pietanze del ristorante. Le stesse posate ed ogni portata sembravano brillare di una luce che le rendeva più invitanti all'occhio di chi era così fortunato da poterle gustare. Un gesto ed avrebbe provato il gusto dell'Eclipse, non rimanendo delusa. — Certamente, cara. Personalmente pagherei per rimanere bloccata qui dentro, con quest'ottima cucina.» Un sorriso suadente sarebbe apparso sul suo volto, illuminandole le parti del viso che i capelli non potevano raggiungere. Frutto del caso o di un destino a cui piaceva giocare con gli esseri umani, indossava un lungo abito bianco che riproduceva delle delicate foglie lungo le spalle e la schiena, un tessuto che tentava di brillare quanto il caschetto bianco della donna. Nonostante il colore associato alla vecchiaia, l'interno di quella pettinatura brillava delle sfumature dello spettro le quali si estendevano fino alle punte. Se qualcuno avesse osservato superficialmente le due avrebbe provato forse a paragonarle rispettivamente ad un diavolo ed un angelo, non sapendo che all'interno di quella stanza c'erano seduti solo due demoni.
    «Ho sentito molto parlare di lei e della sua famiglia, Miss Magase. E non nego che questo invito a cena mi ha sorpreso parecchio. Cosa potrebbe mai volere una persona così importante da una semplice imprenditrice? — Se la frase di prima era composta da parole che potevano essere offerte a chiunque, quasi una gentilezza di una povera donna d'affari, non si era risparmiata in quel momento di andare dritta al sodo. Non era solita a parlare in maniera così diretta a chi riteneva uno strumento per raggiungere qualcosa, ma anche solo l'atteggiamento e l'aria di quella donna le ispirava una mente sveglia. Chiamatelo intuito femminile o un occhio attento per gli affari, come preferite. — Si tratta, per caso, di quell'ordine La conversazione stava prendendo una piega strana.
    Mieko Sasaki, però, aveva tutte le ragioni per dubitare di quell'incontro: cosa mai poteva volere da lei un membro del governo? La politica non era il suo campo, la famiglia Magase, al contrario, si occupava di politica da generazioni, sebbene alla donna dai capelli rossi non piacesse adagiarsi sui successi dei suoi avi.
    «Per lo più, sì. — confermò, calando un attimo le palpebre sulle iridi scarlatte ed annuendo debolmente. — Ho letto la vostra intervista sul Rising Sun Magazine assieme ad una vecchia conoscenza di mio padre, qualche settimana fa. E sono rimasta sorpresa dalla sua reazione. Lungi da me voler parlare male di lui, ma non ha fatto altro che definire i vostri ideali spaventosi e "una follia", mentre io non riuscivo a pensare ad altro se non che lei avesse ragione.» continuò la donna, con una gentilezza che pareva innata.
    Ma d'altronde aveva ricevuto un'ottima educazione, non c'era da stupirsi. Fissava curiosa l'altra donna che mangiava con le posate argentee che si era fatta portare, i continui viaggi all'estero dell'imprenditrice doveva aver influenzato molto le sue abitudini.
    La CEO della società di robotica spalancò poco di più gli occhi sentendo confermate le proprie parole come se fosse un felino che adocchia una preda, fissando la rossa avida di carpire informazioni ed espressioni. Quella sembrava quasi non essere lì, nonostante l'aura di importanza che circondava lei ed ogni cosa che possedeva.
    «Ma non mi dica. Non capita così spesso di trovare qualcuno d'accordo con me. — quel sorriso di circostanza si trasformò quasi in un ghigno. Che persona curiosa quella Magase. Posso capire la riluttanza nell'accettare ciò che dico. Dopotutto nessuno vuole essere sostituito, ma il progresso umano deve andare avanti. Se vuole posso fornire a questa persona un campione gratuito dei miei prodotti, non tornerebbe più indietro.» una risata contenuta ma ricca di sicurezza ed un pizzico di arroganza si allargò da quel tavolo, facendo compagnia alle vivande. Era ben abituata ad essere trattata come un terribile ragno a cui piaceva muovere le proprie finanze e la propria influenza lungo un'intricata tela. L'intervista sul Rising Sun era un metodo per tenere a bada l'opinione pubblica dalle sue idee rivoluzionare ed era riuscita a dire tutta la verità, seppur nascosta tra le righe.
    «Esattamente! — rispose la rossa, con una certa enfasi. — Il pensiero di avere le capacità, ma rifiutarsi di progredire è una nota che mi infastidisce enormemente.» Anche lei era abituata ad essere vista come una visionaria, da alcuni. Soprattutto perché era una donna in politica che non aveva sposato un politico e che non si era ritirata a vita privata quando suo marito era venuto a mancare. Molti ancora non si capacitavano di come potesse non avercela a morte con il male che permeava la città di Tokyo, dopo quel terribile incidente. Eppure non era così, Magase Ai aveva sofferto molto per la perdita del marito, possedeva solo un indistinguibile flemma che in qualche modo pareva differenziarla dagli altri.
    «Come procede la sua ricerca?» domandò, di seguito. Nonostante il tono apparentemente disinteressato si poteva intuire che non lo volesse sapere unicamente per curioso altruismo.
    «Piuttosto bene, anche se recuperare la fiducia degli investitori dopo l'attacco di quel culto e l'incidente con 240 è stato estenuante. — appoggiò la schiena coperta dal vestito sullo schienale sospirando, come per riposare un po' il suo corpo stanco. Sia la domanda che la risposta erano velate da una certa genuinità, ma non c'era niente di normale o chiaro in quella conversazione. I modelli sono pronti al 94 per cento ma possono essere già messi in campo se necessario. Le licenze hanno aiutato enormemente a raccogliere dati, anche se spesso mi sembrano manuali su cosa non fare.» guardò la donna nascondendo il divertimento che provava nel vedere quei piccoli insetti muoversi nelle sue simulazioni, parlando con persone che non esistevano e provando emozioni totalmente costruite da lei ed il suo team.
    «Me lo immagino. La formazione di un eroe è un percorso complesso, ma sono il nostro futuro, è anche per questo che ho grandi speranze nei suoi progetti.» commentò la rossa, lasciandosi sfuggire una lieve risata. Non aveva mai assistito ad un esame ufficiale per ottenere la licenza da eroe, ma non le risultava difficile immaginarseli. «Dopotutto stiamo tutti vivendo la stessa cosa. Il dissenso della popolazione aumenta, quando i cittadini non si sentono protetti abbastanza. La pressione che stiamo ricevendo per affrettare la bonifica delle aree contaminate è molta. Per questo io ed altri membri del mio partito vorremmo farle una proposta.» concluse, posando le bacchette affianco al proprio piatto e incrociando le dita smaltate di nero sotto il mento. Era convinta che se il primo ministro non si fosse dato una mossa ci avrebbe rimesso d'immagine, ed anche parecchio.
    «Oh-oh. Sono tutt'orecchi.» La donna vestita di bianco si dimostrò per la prima volta interessata apertamente a ciò che l'altra stava dicendo, appoggiando le mani incrociate tra di loro sul tavolo e Magase non tergiversò oltre.
    «Si tratta di Shinjuku. L'intera zona è ad alta priorità, ma la situazione sta procedendo ancora troppo a rilento. La causa principale è che anche gli eroi e le forze dell'ordine hanno bisogno di riposare, è una situazione stressante e pericolosa. — cominciò, con tono serio, sebbene fossero informazioni di cui entrambe già disponevano. Bastava un errore ed era tutto finito, era sufficiente pensare a quanti eroi avevano perso l'unicità in quei giorni di buio completo. — Vorrei affidarle la bonifica della circoscrizione. Abbiamo i mezzi forniti da 30MINUTES, ma... carenza di personale. Sono sicura che con i suoi mezzi sia un compito alla sua altezza. Ovviamente mi assicurerei di affiancarle dei professionisti, come Providence. Credo che un incarico del genere possa portare grande lustro alla sua azienda. La consideri come... un'area di test, e noi avremmo una Shinjuku pulita più in fretta. Mi sembra che nessuno abbia niente da perderci.» concluse, lasciando affiorare un sorriso appena obliquo su quel viso adulto e incorniciato di rosso. Non che avesse dubbi sulla risposta che avrebbe ricevuto.
    «Capisco la situazione.» La donna in bianco corrugò le sopracciglia pensierosa. Era una proposta certamente interessante ed aveva attirato il suo istinto per gli affari ma, al contempo, non la convinceva del tutto. La diffidenza per Magase Ai era una cosa che non toccava quel contratto che era in attesa di essere stipulato. Lei non si fidava di nessuno se non dei suoi automi ed era dirla lunga considerato che aveva il modo per disattivarli quando desiderava. Era leggermente infastidita che non si fossero rivolti subito a LIVE INC. per quella situazione, anche se riteneva Matsumoto un uomo rispettabile, forse dal cuore fin troppo buono.
    «Mi dia due settimane per perfezionare il loro programma e saranno operativi. Shinjuku verrà ripulita senza intoppi. — Mieko aveva valutato i rischi di esporre in quel modo la sua creazione ed aveva deciso che valeva la pena mettere la mano sul fuoco in quell'occasione. — Spero che gli eroi saranno all'altezza delle mie macchine. Non ho dubbi sulla loro programmazione, ma avrei una richiesta. Nessuno fuori da questa stanza deve sapere la vera natura dei macchinari, nemmeno Providence o chi altro per loro. Sono sicura che capirà e manterrà questo piccolo dettaglio per sé.» La donna era particolarmente seria su quel punto, anche se non aveva adottato un tono minaccioso. Era piuttosto conscia che nella pratica non sarebbe cambiato quasi nulla a rivelarlo o meno, ma per ora - soprattutto per una questione di pubblicità - era meglio tenerlo nascosto. Avrebbe terminato lì di parlare e sperò che la donna rossa accettasse quella condizione necessaria al loro accordo.
    «Ara, che richiesta curiosa. — mormorò l'altra stupita, spalancando appena gli occhi, sorpresa dalla strana politica che la regina bianca sembrava intenzionata ad attuare. Ma non aveva intenzione di essere indiscreta, anche lei aveva i suoi segreti e, caso voleva, che non le cambiava nulla, per cui era ben disposta a venire incontro alla sua futura collega e collaboratrice. — Nessuna rimostranza da parte mia, e sono sicura che non ve ne saranno neanche da parte degli altri. Due settimane sono un'ottimo compromesso.» confermò annuendo, essendo ormai a fine della cena.
    Neanche aveva finito di parlare che dalla porta che le separava dal resto del ristorante si udì un fioco bussare, prima che la porta si socchiudesse e ivi si affacciasse un cameriere con un'elegante divisa nera e bianca. Le due donne si scambiarono uno sguardo veloce e, ad un loro cenno, il cameriere entrò spingendo un carello argentato con sopra posata una bottiglia dal collo lungo e sottile e due trasparenti calici di cristallo. Si avvicinò al tavolo e fece per prendere la bottiglia, ma la donna dai capelli rossi lo fermò e gli disse che ci avrebbe pensato lei: poteva congedarsi. Il cameriere non proferì parola, si esibì in un lieve inchino, cortese, lasciò tutto dov'era ed obbedì, uscendo dalla sala e chiudendosi la porta alle spalle. Magase posò lo sguardo su ciò che era stato portato loro e sorrise divertita, lasciandosi sfuggire una lieve risata.
    «Non pensavo che lo avrebbero trovato sul serio. — disse rivolta più a sé stessa che alla sua compagna, allungando un braccio ed afferrando il collo della bottiglia. La bottiglia era di vetro trasparente, larga e tozza sul fondo e sigillata con un tappo di sughero. Al suo interno c'era un liquore dal caldo color arancione chiaro e, per metà attorcigliato sul fondo, per metà con il corpo sollevato come se fosse ipnotizzato, vi era immerso un serpente, scaglie grigie, fauci spalancate e zanne in mostra, probabilmente affogato lì dentro. Era shéjiǔ, vino di serpente. Nel guardarlo, lo sguardo della donna si assottigliò appena. Era difficile capire se ne fosse affascinata o disgustata. — Ho saputo da un amico che in Cina è un alcolico molto pregiato.» spiegò, sollevando lo sguardo verso Mieko, con un tono che sembrava voler sottolineare come fosse cosciente che il giorno in cui sarebbe stata troppo curiosa ci avrebbe rimesso le mani. Non era nemmeno troppo sicura che fosse legale, ma - alla fine - lei era il governo: per quella sera avrebbe fatto un'eccezione.
    «È abbastanza coraggiosa da provarlo con me?» chiese. Nelle sue parole non c'era nessun tono di sfida, solo genuino interesse per la risposta che avrebbe ricevuto dall'altra. Mieko non poteva affermare di essere abituata a quel tipo di stranezze. Preferiva le cose raffinate ed eleganti, ma non si era mai negata i piaceri più curiosi se aveva la possibilità di prenderli.
    «Oh cielo. Non avevo mai visto una composizione simile e ci vuole molto per stupirmi. Non posso rifiutare questa gentilezza.» Un'espressione soddisfatta sarebbe apparsa sul suo volto, mentre colei che l'aveva ospitata sembrava prendere per sé il compito di servire l'alcolico. Con quel colore, sembravano quasi sul punto di brindare col veleno del rettile.
    «Propongo un brindisi al successo di questa collaborazione. Alla nuova Tokyo.» disse, sottolineando quell'aggettivo con un'enfasi decisamente particolare.
    Magase si sporse leggermente per agguantare anche i due lunghi calici e stappò la bottiglia. Ci si sarebbe potuto aspettare che il serpente scattasse fuori per azzannare chiunque l'avesse liberato, ma non successe nulla. Versato l'alcool nei bicchieri, qualche attimo dopo i due calici tintinnarono l'uno contro l'altro sugellando quell'accordo nato sul sangue degli altri.

    ---

    Un'ora più tardi, ormai a notte inoltrata, mentre da altre parti le luci stavano accingendo a spegnersi, avendo deciso che avevano parlato a sufficenza del più e del meno e altre questioni triviali, anche per quella bizzarra coppia venne il momento di salutarsi.
    Era stato certamente un incontro proficuo.
    «La ringrazio per l'ottima cena. Ah, un'ultima cosa. Se mai le capiterà di viaggiare di nuovo, le consiglio la Germania. I tedeschi sono come i giapponesi sul lavoro, solo un po' più rumorosi.» La donna dai capelli arcobaleno aveva apprezzato sul serio ciò che le aveva offerto, ma era il momento per lei di andarsene. Accennò una risata ed uscì da quella stanza con la borsetta bianca tra le mani, mentre scendeva al piano terra col lussuoso ascensore. Abbandonò quel tavolo e si chiese se quello era il momento che aspettava da anni, nascosto nell'ombra e che si rivelava di fronte a lei solo in quel momento.

    Rimasta sola, Magase attese qualche istante nel silenzio più assoluto. Poi prese la sua borsa, estrasse un cellulare e digitò velocemente un numero di telefono che non aveva in rubrica, ma sembrava ricordare a mente in modo perfetto. Partita la chiamata si alzò in piedi, lasciando che il lungo vestito nero le scendesse lungo le cosce, e si avvicinò alla vetrata della saletta privata del ristorante, scostando le tende e posando gli occhi sulle luci della metropoli che si estendeva metri e metri sotto di lei. Dall'altro capo del telefono le rispose un'assonnata voce maschile.
    «Ti ho svegliato? Scusami. Grazie per il consiglio sul vino. Credo abbia fatto una buona impressione.» mormorò, e sorrise. Tokyo era proprio una bella città.

    Non conta ciò che la gente pensa di noi, ma ciò che noi pensiamo di loro.


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