Tiki Tiki Summer Love Special Remixed

Role | Lawrence & Mirai (extra)

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    MIRAI ISHIGAMI
    «PARLATO » / PENSATO / LINGUAGGIO DEI SEGNI

    Zainetto in spalla con tutto l’occorrente per una giornata al mare già trascorsa, sabbia fresca che le solleticava dolcemente i piedi nudi e un copricostume in formato camicia da notte lunga fino alle ginocchia di un giallo canarino a maniche larghe e lunghe che copriva il bikini azzurro e blu che si intravedeva dalle poche parti scoperte.
    Si era presentata così, ancora in tenuta da mare, a quel locale strano e affascinante che accoglieva i clienti con tavolini, bevute e molto altro direttamente sulla spiaggia, quasi a bordo mare.
    Era quasi un peccato varcare con le infradito quella soglia delineata da piccole lucine, candele poste sopra strane teste di legno e fiaccole che separava il mondo fatto di relax e di mare e di sole con un mondo dove la notte, il fuoco e il divertimento prendevano il sopravvento.
    Si era domandata cosa ci fosse di così tanto attraente in un locale in quello stile tribale ed esotico, eppure anche lei ci era finita come l’ape su un fiore.
    Un Tiki-bar che sorgeva sulla spiaggia, aperto sempre anche se all’imbrunire e soprattutto di sera dava il meglio di sé con quelle luci accattivanti e fuochi danzanti, quella musica – che Mirai ahimè non poteva sentire – e quei cocktail stratosferici, per la maggior parte alcolici, per tutti i gusti più uno.
    Mirai aveva varcato la soglia, forse per provare qualcosa di diverso o forse per rivivere quell’atmosfera che aveva segnato l’inizio del suo cammino.
    Si guardò intorno, osservando i tavolini e le panche, i divanetti pensando a quanto erano stupendi visto che sembravano fatti interamente di piante intrecciate – forse bambù? – e altri ancora di legno levigato.
    Aveva adocchiato un posticino, un po’ lontano dalla calca vicino al bancone del bar ma non troppo lontano per sembrare una sfigata che se ne sta da sola a bere.
    Era un tavolino per due persone, forse per tre se si fosse aggiunta una sedia da quanto era accogliente.
    In mezzo a questo – un po’ come in tutti gli altri – vi era un centrotavola con un vaso azzurro raccapricciante che prendeva la forma di una testa di Tiki che al posto dei capelli foglie provenienti da piante diverse che nell’insieme lo facevano apparire inquietante e buffo allo stesso modo.
    Non c’erano dubbi per la giovane ragazza: quello era uno dei locali più belli e intriganti di tutta Tokyo – quella da lei conosciuta -.
    Colori, forme e materiali che richiamavano giungle inesplorate e antiche e strane culture – a volte anche molto grezzi eppure finemente ricercati - per far immergere chiunque si avvicinava a quel “bar” in un’atmosfera unica dal sapore esotico e misterioso.
    Mirai aveva scelto quel posto per passare la serata dopo una lunga giornata sulla spiaggia.
    Erano quasi le sette di sera, il sole era già all’orizzonte e a breve sarebbe stato inghiottito dall’Oceano e la ragazzina non aveva punta voglia di tornare a casa: aveva voglia di vivere quella serata prima dell’inizio del lavoro part-time al Patisseryo e dei molti altri impegni che avrebbero preso vita con l’inchiostro sul suo calendario.
    Mirai Ishigami osservò il menù dei drink andando direttamente nel reparto “analcolico” e dato che non ne aveva mai provato uno… andò a caso.
    Ne scelse uno dal nome strano, senza badare agli ingredienti. Per quale motivo? Non lo sapeva neanche lei.
    Si rilassò sulla sedia, osservando le persone, cercando con lo sguardo se poteva conoscere qualcuno…
    Ancora si ricordava quella serata sulla spiaggia un anno prima, il giorno in cui aveva incontrato sia Yoru che Mira: avrebbe dato chissà cosa per rivederle entrambe lì, per parlare e per poter anche solo sciogliere i suoi dubbi, le sue perplessità, i suoi timori e chissà… parlare di ragazzi? Perché non aveva mai avuto nessuno effettivamente con cui parlare anche riguardo alla sua sfera emotiva.
    Peccato però che quella non sarebbe stata la sera da rimpatriata tra amiche.

    Il giovane cameriere la servì con il cocktail che aveva appena ordinato.
    « G-Grazie. » disse semplicemente osservando il calice che le era stato portato.
    Aveva preso un cocktail analcolico, per il semplice motivo che era ancora una ragazzina, che era da sola, e che soprattutto non reggeva molto bene l’alcool perché… beh! Non aveva mai bevuto niente di alcolico in vita sua…
    Inquietante. Però carino. Ma comunque inquietante! pensò osservando perplessa questa specie di calice lungo, di ceramica – probabilmente – di un colore verde lucido dalla forma antropomorfa che richiamava chissà quale idolo dell’Oceania che la squadrava malissimo facendole quasi la boccaccia.
    D’altronde il tema di fondo era quello, si chiamava Tiki bar per un motivo, giusto?
    Gli occhi ambrati della giovane squadravano il bicchiere mentre con un gesto si portava dietro i suoi grossi e strani oggetti dorati – che aveva sulle orecchie- un ciuffo di capelli che le stava dando fastidio. Si era acconciata i capelli come suo solito, con due crocchie sui lati della nuca; peccato però che con i bagni in mare e la giornata intera sulla spiaggia la capigliatura si era andata a farsi benedire.
    Aveva cercato di rimettersi in sesto prima di sedersi a quel tavolino ma c’erano ancora delle ciocche ribelli che non riuscivano a fare altro che a caderle su un lato del volto offuscandole la vista.
    Per fortuna il suo corredo fungeva non solo da copertura per i grossi fori neri che aveva al posto del condotto uditivo ma anche come pinze per capelli, visto che reggevano piuttosto bene i suoi ciuffi.
    « E così strano… » sussurrò osservando il liquido all’interno del boccale che aveva un colore strano, quasi avessero frullato dei sogni felici.
    Era rosa, con qualche strana velatura di bianco e tocchi di colore giallo qua e là.
    Il tutto sormontato da questo vapore che come se fosse azoto liquido fuoriusciva dal boccale: non sembrava neanche essere un drink. Probabilmente era un mix tra liquido e ghiacciato. Chissà.
    Tiki Tiki Summer Love Special Remixed questo era il nome del cocktail che aveva scelto (remixato probabilmente perchè non conteneva bevande alcoliche come l'originale).
    Aveva il timore di provarlo a bere, e per fortuna in suo soccorso arrivò lo stesso cameriere a porgerle una lunghissima cannuccia color azzurro che fu ben accetta dalla giovane.
    Ci fu un attimo di silenzio in cui mise la cannuccia all’interno del liquido e rimase così a fissare il vuoto prima che il suo cervello realizzasse … MA COME SEMBRO COSI’ PICCOLA??? Ho diciassette anni!! in quel momento tra il panico e l’irritazione avrebbe fatto volare via la cannuccia ma mantenendo un volto serafico e dolce lasciò che il suo io interiore si sfogasse.
    Non all’esterno, ovvio.
    « Io non sono piccola. Non lo sono più. » sbuffò facendo roteare la cannuccia sulla punta delle sue dita « Sono grande, adulta, ho un lavoro, ho una missione e ho un obiettivo nella vita. » parlò all’idolo raffigurato nel bicchiere come se fosse una persona vera « Dimostrerò a tutti che non sono più una bambina. Dimostrerò a me stessa che posso farcela a combattere la mia battaglia. Anche a costo di farlo da sola. » per la prima volta in vita sua aveva parlato a sé stessa in modo schietto e sincero. Una dichiarazione di intenti.
    Forse era anche per questo che si trovava là.
    Per festeggiare la sua indipendenza, per festeggiare la sua forza, per festeggiare un nuovo inizio.
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    Why Bother =P

    [slot role extra] per Mirai!
    Edit: ho aggiunto il nome del cocktail nel testo, avevo incollato male.
     
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    Lawrence Jenkins
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    Ero chiuso in casa da otto giorni, ventidue ore e quarantasei minuti circa. Non pensavo che sarei potuto essere molto più produttivo continuando quel tour de force fatto di stringhe di programmazione, firewall, parole a caso che quando le dicono nei film sembrano così intelligenti e in realtà si tratta semplicemente di stare ad aspettare che il programma faccia il suo lavoro, che qualcuno trovi la soluzione ai problemi e così via.

    Insomma, mi ero stancato.
    Non della vita al pc, chiaro.
    Ma la mia stanza iniziava a starmi stretta.
    Proprio a livello fisico, c'era una pila di immondizia alta un metro e venti. Pertanto, era diventato necessario buttare un poco di roba e prendere una boccata d'aria. Ma non avrei scoperto cosa si nascondeva dietro Babel stando a socializzare e simili. No, avevo intenzione di continuare a lavorare sul mio lavoro di analisi database - chiaramente nel limite di quello che potevo scoprire dal lato client

    « Tiki Tiki che cosa? »

    Avevo chiesto ingenuamente a FROST, il mio sistema operativo custom, di trovarmi un posto sulla spiaggia che avesse una connessione internet accessibile. Non avevo voglia di avere a che fare con il piano dati e visto che stavo lavorando su cose poco compromettenti al momento, potevo benissimo agganciarmi a una rete pubblica. Buona fortuna a entrare nel mio pc, poi.

    Pertanto presi posto a quel locale che mi era stato indicato.
    Odiavo le lucine.
    Odiavo i divanetti e le panche di bambù intrecciato.
    Odiavo i fuochi danzanti.
    Odiavo I tavolini.

    E odiavo il nome del cocktail che la tipa di fianco a me aveva appena ordinato. Ero seduto al mio tavolino, con il mio laptop impegnato a fare cose che non sto a spiegare ai profani. Indossavo una camicia bianca e un paio di shorts azzurro cielo, con piccole decorazioni a forma di nuvolette bianche. Avevo i capelli tutto sommato in ordine, ma non mi ero fatto un bagno perché ero arrivato da poco. Ritenevo stupido l'atto di fare il bagno in mare. La salsedine, bleh. Mi piaceva il rumore del mare, quello si.

    « Sento di starmi ripetendo, ma... Tiki Tiki che cosa? »

    L'assistente vocale di FROST mi rispose dalle casse del mio pc, con tono saccente.

    FROST: IL TIKI TIKI SUMMER LOVE SPECIAL REMIXED HA UNA VALUTAZIONE DI DIECI STELLE SU DIECI. LA RECENSIONE PIU' VOTATA DICE CHE E' IN GRADO DI CURARE QUALSIASI RAFFREDDORE, PORTARE LA FELICITA' E PERSINO GARANTIRE MIGLIORATE PRESTAZIONI SESSU-

    « Anche meno, FROST. Attivare modalità fascia protetta. »

    E a giudicare da quanto aveva detto la ragazza al tavolo di fianco, avevo fatto bene. Tanti piccoli spiritelli dentro di me mi dicevano di lasciar stare e non dire niente. Probabilmente la ragazza avrebbe attaccato bottone e non sarei più riuscito a scollarmela di dosso. Ma qualcosa - o meglio, qualcuno - mi spinse a fare un grasso sospiro e rivolgermi a lei.

    Forse il fatto che sembrava avere l'età di mia sorella.

    « Grande e adulta non credo. Per il resto non so giudicare, ma fidati. Sei sicuramente ancora una bambina. »

    Avrei potuto farmi i fatti miei.
    Invece, dovetti mettere bocca in quella faccenda. Iniziai a scrivere sul pc rapidamente, tenendo gli occhi bassi. Con un poco di fortuna, il mio commento sarebbe passato inosservato e tutto sarebbe andato per il verso giusto.

    Forse.

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    MIRAI ISHIGAMI
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    Essere completamente sordi dalla nascita, quando si trattava di non prestare orecchio a molte persone – soprattutto quelle che sparlano – poteva essere considerato quasi un dono.
    In fondo, dopo tutto, Mirai Ishigami aveva fatto del proprio handicap un vero e proprio punto di forza: le aveva permesso di sfruttare altri sensi, affinare le proprie capacità intellettive per comprendere il mondo circostante e aveva sviluppato sensibilità alle vibrazioni e infine grazie ai suoi genitori aveva imparato a farne un punto di forza e non una debolezza sebbene non fosse proprio semplice la vita per lei.
    Il poter non ascoltare le persone che stanno tutte intorno poteva rivelarsi una benedizione, per molti, ma lei giudicava questa cosa una lama a doppio taglio.
    Poteva evitare di sentire commenti orrendi – come quelli che aveva sempre ricevuto fin da bambina quando andava a scuola e che cercava di non guardare per far sì che non arrivassero alla sua mente – e altre situazioni spiacevoli, insomma poteva avere una scusa per “non stare ad ascoltare”; allo stesso tempo però poteva perdersi cose importanti.
    Molto importanti.
    Più della ferita alla caviglia, di cui ancora si vedeva il segno, da quel giorno si era sempre domandata cosa potesse fare per evitare che qualcuno si facesse male alle sue spalle… nel completo silenzio.
    Sarebbe potuto succedere ancora, anche in casa sua, magari con i suoi genitori… potevano sentirsi male e lei poteva non sentire il loro grido di aiuto.
    Era una delle tante cose a cui cercava rimedio.
    Tutto questo per arrivare ad una conclusione: quel tipo di fronte a lei che le aveva detto quelle parole non era stato tanto furbo da commentare il suo discorso nella sua testolina e tanto meno di dirlo alle sue spalle.
    Era lì, di fronte a lei, sul tavolo accanto: pensava davvero che lei non gli avesse letto le labbra?

    Era un tipo strano, da solo come lei.
    Aveva un computer portatile, probabilmente di ultima generazione – per quanto ne sapeva Mirai che nel momento in cui si era seduto a quel tavolo, mentre aspettava il suo strano drink, aveva iniziato un processo di analisi nella sua mente.
    Perché?
    Le sembrava parecchio strano. Anomalo in quel posto.
    Non per il modo in cui vestiva, tutto sommato non sembrava proprio un tipo da spiaggia ma almeno un completo adatto al mare ce l’aveva indosso.
    Era quell’espressione che l’aveva rapita: una sorta di “non mi piace stare qui ma è l’unico posto disponibile”.
    Per cosa poi? Per la connessione? Pareva di sì visto che non si era poggiato neanche due minuti sul tavolo e aveva già iniziato a spippolare sul suo laptop.
    Perché poi me ne sta fregando tanto? pensò, ma non c’era proprio una spiegazione, era che si era messo di fronte a lei e non aveva poi di meglio da fare per aspettare il cocktail che di osservarlo – anche solo per staccare il cervello dai suoi mille pensieri.
    Quasi quasi nel vederlo tutto solo con quel pc tra le mani senza nessuno con cui condividere quella piacevole e fresca brezza estiva ad un tavolo di un tiki-bar le aveva quasi fatto venire voglia di alzarsi e sedersi assieme a lui.
    Non era stata proprio l’idea migliore che potesse balenarle in mente.
    Arrivato il drink, dopo il suo cin-cin a ciò che sarebbe diventata e alle sue intenzioni future, prima che le sue labbra potessero aspirare il succo dallo strano boccale fumante i suoi occhi si posarono un’ultima volta sul tipo. Aveva paura di aver parlato troppo a voce alta e averlo disturbato nel suo studio? Lavoro? Così si ritrasse nelle spalle e … prima che potesse chiedere scusa, i suoi occhi si fissarono sulle labbra del giovane dai capelli di uno strano colore blu molto acceso e lessero quel commento.
    Mirai si fermò, divenne un ciocco di legno.
    Grande e adulta non credo? UNA BAMBINA? il suo sguardo da dolce e tenero come quello che aveva ogni giorno della sua vita si venò di una piccola nota di irritazione.
    Non era mai stata così. Non si irritava mai, quasi mai, ma quando avveniva scattava in lei una piccola fiamma di agitazione e di caos che difficilmente riusciva a fermare.
    Era anche questo il prezzo di diventare grandi? O forse stava scoprendo un’eredità genetica ancora sconosciuta per lei?
    Prese il suo cocktail tra le mani e si alzò, in silenzio, forse sarebbe stato esagerato il suo comportamento ma di certo non voleva lasciar perdere o correre quello che si era permesso di dirle quel tipo.
    Si avvicinò al suo tavolo e – se l’avesse lasciata fare o no – avrebbe tentato di chiudere il laptop quanto bastava per avere la sua attenzione.
    « Pensi che non ti abbia visto? » la sua voce leggermente nasale non presentava balbuzie ma si poteva sentire che era palesemente irritata « Chi ti credi di essere per giudicare le persone senza neanche conoscerle? Si credi più adulto di me? Beh, notizia del giorno. Non lo sei. Sei solo un maleducato e mi dispiace per te ma io so leggere le labbra, perfettamente. La prossima volta dovresti fare più attenzione. » disse e fu un miracolo che il drink per l’agitazione non si versò sopra il prezioso laptop del ragazzo.
    Era scossa, tremolava, non amava arrabbiarsi e non sapeva neanche come farlo e per questo forse sarebbe risultata anche buffa a vedersi con quelle guanciotte gonfie e rosse e la sua vocina che cercava di non cedere alla balbuzie.
    « Ora, se vuoi scusarmi, non importunerò più il tuo lavoro. Buona serata. » sbuffò impettita, chiudendo gli occhi e voltandosi dall’altra parte per poi andare al bar e chiedere se poteva gentilmente avere un altro posto per poter sorseggiare il suo drink in santa pace.
    Il cameriere che le aveva portato il cocktail la direzionò verso un tavolo, uno strano tavolo, le cui panche erano delle sorte di strane altalene tenute sospese da grossi cordami.
    Ma tu guarda che tipo! Io …sgrunt… questa gente che si crede furba e che pensa che solo perché sono sorda non ho modo di ascoltare le loro parole… che fastidio!! non si era domandata se effettivamente il tipo sapesse che fosse sorda o no, ma la cosa comunque non le interessava.
    Si mise a sedere su una parte della panca e per poco non sembrò caracollare a terra, ma per fortuna riuscì a trovare una sorta di equilibrio.
    Poggiò il drink sul tavolo e cercò di rilassarsi e ritrovare quella pace e quella serenità giuste per consumare finalmente la sua bevanda.
    Era curiosa di voltarsi per vedere la reazione del tipo, e allo stesso modo era così infastidita che non lo avrebbe fatto Chissà come l’ha presa, Mr.Simpatia.
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    Lawrence Jenkins
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    Oh no.
    Oh no.
    Oh no no no no no.

    E dopo questa breve parentesi di stupidi social cinesi, possiamo proseguire con la nostra vita. Avevo fatto del mio meglio per essere discreto, soffocare quella parte di me che mi obbliga a non farmi i fatti miei quando vedo qualcosa di bleah. Ma a quanto pareva, non era stato abbastanza per assicurarsi una permanenza tranquilla in quel tiki bar, pieno di statuine di donnine che ballano la hula.

    ugh.
    Rimasi immobile durante l'exploit della ragazza dai capelli rossi. Il mio sguardo era neutro a dir poco, mentre la osservavo in maniera vuota. C'erano tante domande che mi frullavano in testa - cosa si aspettava che le rispondessi? Tamburellai per qualche istante sul tavolo, dopo che quel piccolo tornado rosso scomparve dal mio tavolo.

    Avrei potuto affrontare quella situazione in diversi modi.
    Ignorarla, ad esempio. Oppure cambiare locale, visto che sicuramente ne avrei potuti trovare a secchiate.
    Ma...

    ... quando notate un terrapiattista lamentarsi su Babel, non avete l'irrefrenabile istinto di correggerlo?
    Quanto difficile è trattenere le vostre dita dal demolire ogni singolo mattone di ciò in cui crede?
    Normalmente, resisto a quell'impulso, lo lascio annegare nel mare dell'accidia.

    Ma oggi?
    No.

    Mi alzai dal mio posto, mantenendo il mio portatile con una mano e il drink che la cameriera mi aveva appena portato con l'altra. Pigramente, seguii la ragazza, andando ad identificarla ad un tavolo più lontano, con delle strane altalene come sedute. Ugh. Mi avvicinai con i miei oggetti al tavolo di fianco e li poggiai in quest'ordine lì vicino, di fronte a lei. Non chiesi permesso o altro, era semplicemente accaduto.

    « Mi fa piacere che tu sappia leggere le labbra.
    Breaking news.
    Non importa a nessuno. »


    Non spostai lo sguardo verso di lei. Non ero interessato a che aspetto avesse, che espressione stesse facendo. Ma visto che aveva parlato di leggere le labbra, mi preoccupai di tenermi ben visibile durante tutto il mio discorso, per permetterle di leggermi le labbra come aveva detto prima. Anche se con le dita stavo continuando a lavorare sul mio programmino.

    « Non sono maleducato, sono uno scostumato. Ho ricevuto una perfetta educazione, ma non sono interessato a metterla in pratica in questo contesto. Ti faccio notare che, dando tanto peso alla mia opinione, stai solo provando il mio punto.

    Uno sconosciuto ha fatto un commento cattivo su di te.
    Apriti cielo. Non sono il primo e non sarò l'ultimo. »


    Non alzai lo sguardo.
    In quel momento quel ciclo ricorsivo non voleva saperne di ricorrere.
    Ma potevo gestire quella conversazione e allo stesso tempo cercare di capire perché quell'IF non diventava un ELSE.

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    Non era un atteggiamento tipico da lei quello, solitamente era buona e cara con tutti ma se qualcuno riusciva a tastare i punti dolenti che le davano profondamente fastidio ecco che faceva uscire fuori la parte più “bambinesca”.
    Indispettita dall’atteggiamento del ragazzo che probabilmente aveva poco più della sua età – a suo avviso – si era alzata con il suo drink e aveva preferito sedersi su un altro tavolo libero perché non avrebbe sopportato restare lì e fare finta di niente.
    Non dopo le parole che aveva usato.
    …uuuffff…. Volevo solo godermi la serata. bofonchiò tra sé e sé con le guanciotte ancora gonfie mentre giocherellava per farsi passare il momento di frustrazione.
    Osservava il mare e mai si sarebbe immaginata che il ragazzo le piombasse di nuovo lì.
    Lo inquadrò con la coda dell’occhio che si era messo esattamente nella stessa identica posizione in cui erano prima: si era messo ad un altro tavolo vicino al suo portandosi dietro laptop, drink e ogni altra sua roba.
    E adesso … che vuole? pensò restandolo a guardare senza neanche rivolgergli la parola, cosa che fece lui tagliando quel silenzio con quei movimenti di labbra fin troppo perfetti per non essere compresi.
    Lo sta facendo… apposta? la risposta era palese, non serviva neanche una domanda per capire che cosa stesse facendo.

    « Ti sei alzato e mi hai seguito solo per dirmi questo? » avrebbe voluto rispondergli altro ma si trattenne.
    Era buffo vederla così infastidita, sembrava quasi una caricatura di sé stessa eppure ancora non sembrava voler cedere, inglobarlo nella sua bolla di pura assenza di suono e fargli capire cosa si provava davvero a passare anche solo due minuti nelle sue condizioni.
    Ma uno: era fin troppo buona per poter fare una cosa del genere a cuor leggero ad uno sconosciuto anche se era decisamente un rompiscatole.
    Due: non voleva assolutamente passare dei guai. Già aveva avuto un fine ultimatum al Mori Museum, le era andata bene solo perché c’era il suo sensei con lei.

    C’era una cosa che più di tutte poi le dava fastidio. Aveva fatto tutta quella sceneggiata per potersi mettere di fronte a lei in modo che leggesse le labbra e poi non la degnava neanche di uno sguardo.
    … facevo davvero questo effetto ad Akacchan? Ora ho capito perché si comportava così… in effetti… non so proprio come si sia trattenuto dal non buttarmi in mare. pensò comprendendo adesso meglio cosa significava la parola “persona irritante” e “persona scostumata” tutte nella stessa essenza di creatura.
    La ragazza si massaggiò il lato destro del corno mentre lui le rivolgeva ancora la parola presa da nervosismo.
    Lo “ascoltò” per bene, non lo interruppe.
    Aveva proprio voglia di sapere quale altra perla Mr.Simpatia aveva in serbo per lei, e non la deluse.
    Trasse un profondo respiro che già sentiva una leggera smania fredda passarle dalle orecchie e arrivare alla sua fronte e non era mai una cosa buona.
    « Non sei il primo e probabilmente non sarai l’ultimo ma ciò non toglie quello che sei. Mpf. Ti senti forse in grado di giudicare le persone senza neanche conoscerle solo perché le hai sentite dire alcune cose che non ti andavano a genio? Sei per caso in carica per vincere il premio Nobel per simpatia? Ci stai andando molto vicino.» il suo tono di voce era quasi canzonatorio, anche se lei non poteva sentirlo. Sembrava come se lo stesse punzecchiando così come aveva fatto lui con lei.
    Una sorta di piccola vendetta o semplicemente aveva solo da dire quello che le passava per la mente.
    La cosa più strana di tutto questo era che si sentiva a disagio più in una situazione come questa che quando si era frapposta per proteggere quella guida al Mori Museum.
    Non sapeva perché. Eppure era così.
    « E comunque, quando parli dovresti guardare le persone negli occhi. Anche questa si chiama maleducazione. Per tua informazione. » tamburellò il dito indice sul tavolo per poi mettersi a dondolare sulla sedia osservando la distesa del mare di fronte a lei.
    « La cosa divertente, è che ti sei alzato da quel tavolo per venire qui a rovinare la mia serata di nuovo. Se questo è una tua personale tattica per abbordare una ragazza, mi spiace. Hai proprio sbagliato persona. E sai cosa c’è?... » disse continuando a dondolarsi lasciando perdere il drink che aveva di fronte giusto perché non aveva il sentimento di berlo tanto era irritata « Se sei venuto fin qui a dirmi quelle cose solo per avere ragione e stuzzicarmi ancora di più, ti dico solo che hai fatto proprio un pessimo errore. Perché a me, a differenza tua, basta semplicemente ruotare lo sguardo altrove e tornerò a vivere e starmene da sola come ero prima… » gli sorrise, un ghigno lieve le attraversò le labbra pensando che forse, in alcune situazioni, essere sorda poteva avere i suoi grandi vantaggi.
    Questa era una di quelle situazioni.

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    Adorabile.
    A differenza di questo maledetto programma, quella ragazza stava reagendo proprio come immaginavo avrebbe fatto. Mentre le mie dita si muovevano rapidamente sulla tastiera, non potevo fare a meno di ascoltare a mezzo orecchio la sua risposta, lasciandomi andare in un piccolo sospiro subito dopo.

    No, non era perché le sue parole mi avevano toccato il cuoricino. Semplicemente, ero riuscito a incastrare quel ciclo IF.

    « Strano, i miei compagni di gilda pensano che io sia un simpatico umorista. »

    Risposi pigramente, aprendo una nuova pagina del compilatore per passare a un'altra sezione del programma che stavo scrivendo. FROST aveva decisamente bisogno di una messa a nuovo e potevo mettere in pausa il progetto di Babel per passare a questo adesso.

    « Sono sufficientemente convinto che rientri sempre nella definizione di scostumato. In fondo, come ti dicevo, i miei genitori hanno fatto un buon lavoro, non è colpa loro se sono venuto fuori così. »

    Quando parlò di serata rovinata, sbattèi le palpebre.
    Oh, no. Avevo rovinato la serata di quella ragazza. Magari era lì per cercare di rilassarsi, prendersi una pausa dalla vita frenetica che doveva affliggere una sedicenne - o qualcosa del genere. A meno che non mi avesse rivelato di essere una villain costretta a compiere azioni orribili per sopravvivere, difficilmente mi sarei convinto del contrario.

    « Ah, no, guarda. Hai una dimensione in più per essere il genere di ragazza che mi interessa. La terza, per essere precisi. »

    Nonostante le mie parole fossero enigmatiche ai più, ero convinto che una persona giovane avrebbe potuto senza problemi capire che mi stavo riferendo alla differenza tra 2D e 3D. In caso contrario sarei potuto finire in galera per atti osceni in luogo pubblico e sarei dovuto fuggire in qualche maniera. Sollevai le braccia a quel punto, mettendo in mostra un paio di guanti trasparenti che avevo indossato sino a quel momento, ma sottili com'erano e grazie alla particolare illuminazione che c'era sino a quel momento, probabilmente erano passati inosservati. (Oppure li hai notati prima, è che me sò dimenticato di descriverli)

    Tornai a guardare lo schermo, ben più interessante delle espressioni che la ragazza stava assumendo durante la nostra conversazione.

    « Beh, sarebbe la cosa giusta da fare. Ho preso parola perché volevo esporre il mio non richiesto punto di vista, ma puoi tranquillamente voltarti dall'altra parte. Era un piacevole sottofondo mentre scrivo questo programma. »

    Non c'era nient'altro, sotto.
    Non stavo cercando di fare amicizia, oppure risolvere i suoi problemi. Avevo sentito qualcosa che mi sembrava sbagliato e mi è venuto naturale rispondere. Come quando si sente quell'impulso irrefrenabile di dire all'antivaccinista che no, non ci sono le farfalle nei vaccini.

    « E poi le bibite sono buone. Giusto FROST? »

    FROST: Babel riporta una votazione di 9/10 per questo locale.

    « Precisamente. Grazie, FROST. »

    Commentai, ridacchiando divertito fra me e me. Tirai nuovamente su le braccia per stiracchiarmi un'altra volta e nel farlo, i filamenti di carne che mi uscivano dagli avambracci si agitarono un pochino, tornando poi al loro posto come se si fossero stiracchiati per bene. La mia mano, quindi, si portò in direzione della mia borsa, per estrarne un paio di auricolari da pochi yen.

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    Compagni di gilda? …. Forse ho letto male ma se ha detto così… a cosa si riferisce? Mirai lo osservò con uno sguardo che oscillava tra il curioso e l’infastidito senza sapere esattamente su dove far fermare l’ago di quella bilancia.
    « Simpatico umorista? Tu? … Seeh. Certo. » pensò però che in fondo non era quindi la sola a considerarlo Mr.Simpatia numero 1. Soltanto che non poteva sapere chi fossero questi “amici di gilda” e se riuscivano a sopportare un tipo simile da chiamarlo “amico”.
    « Sicuramente non è colpa loro se loro figlio è un molestatore e uno scostumato. Certo. E ne vai piuttosto fiero di questo? … per quale motivo, si può sapere, ti comporti così con le persone che neanche conosci? Ti fa sentire superiore… o ti fa stare meglio? »
    Già si ricordava di aver fatto simile discorso ad Akacchan e sapeva che le persone potevano comportarsi in mille modi diversi e nascondere altrettanti misteri che potevano dare spiegazioni sull’argomento.
    Mirai sapeva che il mondo fuori dalle quattro mura del Patisseryo e della sua casa era popolato da gente strana, uomini, eroi, soggetti in bilico tra legge e criminalità e criminali.
    Tutti avevano un passato che si rifletteva sulle loro azioni. Su tutte le azioni di tutte le persone o almeno questo credeva la giovane con il corno da unicorno.
    « Non avrei dovuto parlarti così. Scusami. » si ricompose sospirando e smettendo di giocherellare con la cannuccia del suo drink « E' solo che mi hai solo profondamente irritato. »
    Sbuffò gonfiando le guanciotte, voltandosi dall’altro lato per non incrociare lo sguardo del giovane Mr.Simpatia per poi aspettare giusto qualche secondo per tornare a guardare il ragazzo.
    Giusto in tempo per leggergli sulle labbra quella… dichiarazione? Quella sorta di… complimento forse?
    Mirai rimase a fissarlo e per un attimo si sentì avvampare le guance dall’imbarazzo.
    « C-C-ome prego?! Cosa vorresti dire?! » replicò balbettando sulla prima parola e mangiandosi quasi la seconda e si fermò come se il tempo avesse smesso di avere un senso in quel momento.
    Si fermò a guardarlo, aspettando chiarimenti su quello che aveva appena detto interdetta se allungarsi e tirargli uno schiaffo o ritirarsi nel suo guscio per l’imbarazzo di aver appena preso un complimento dal ragazzo che avrebbe voluto gettare in mare fino a pochi minuti prima.
    Sollevò la braccia come in segno di resa e Mirai Ishigami non riusciva a capire se quel gesto volesse dire qualcosa in particolare o se l’intenzione del giovane era soltanto mostrarle quei guanti trasparenti che portava alle mani.
    Mr.Simpatia è proprio strano. pensò mentre lo vedeva tornare ad osservare con interesse lo schermo del pc.
    Cioè... si tiene pure i guanti con tutto questo caldo! sembrava come se fosse dentro ad un film poliziesco, uno di quelli in cui non sospetteresti mai che l’assassino stia bevendo con la vittima un’amabile drink in riva al mare.
    NAAAAAH questo qui non riuscirebbe mai a far del male neanche ad una mosca. Sa solo ferire con le parole. pensò mentre si sventolava il volto con una mano scompigliandosi un po’ i capelli rossi mentre lo osservava parlare di un certo programma che stava scrivendo e che se voleva poteva voltarsi dall’altra parte.
    « Mpf… sei proprio un tipo particolare. Sì. » non si rivolse a lui con l'appellativo "strano" perchè non voleva essere scortese e abbassarsi al suo livello di frecciatine, nel mentre diceva questo poggiò la guancia sul dorso della mano, con il gomito che sosteneva il peso sul tavolo.
    Lo osservò e in quel momento si convinse che forse in lui non c’era proprio niente che corrispondeva alla normalità e quasi si incuriosì. Più che del programma che stava scrivendo di quello che aveva detto riguardo al “sottofondo” E adesso si mette pure a parlare da solo! ....
    « Sei la prima persona che sento dire a cui piace il rumore, o il suono di una voce al silenzio per lavorare. E' una cosa ... strana... molto strana. Sì. » questo era il punto che più le interessava di quello che aveva detto il ragazzo.
    Al di là della persona/cosa con cui stava parlando e che aveva chiamato con un nome che suonava come "Furu e qualcosa" e poco piacevole da ripetere perché semplicemente più complesso del normale.
    Probabilmente era una parola inglese, perché Mirai era abituata a leggere sulle labbra parole inglesi e non riuscire mai a pronunciarne una alla prima.
    « Non è da tutti non amare il silenzio come me. » disse con una nota di amarezza e tristezza nella voce. Anche se oramai aveva scelto di essere ciò che era in tutto e per tutto e di apprezzare ogni essenza di sè ... amava le persone che la pensavano come lei sul silenzio.
    « Visto che comunque non sei da solo a quel pc... potrei in effetti lasciarti al tuo lav- … -o – ro… o... » avrebbe voluto chiedergli di spegnere quella roba e parlare un po' davanti ai loro drink come farebbero persone normali se non che qualcosa colpì lo sguardo della ragazza che si fermò e rimase interdetta su ciò che i suoi occhi avevano visto mentre il ragazzo si era preso un momento per stiracchiarsi.
    « A-A-Aspetta. » lo fermò un attimo prima che potesse mettersi gli auricolari, alzando un pochino di più la voce « Che …Che cosa… sono… quelli? » pronunciò quelle parole come se avesse appena visto dei parassiti alieni appiccicati al ragazzo.
    Indicò le sue braccia, o i suoi avambracci, o un punto imprecisato in corrispondenza di questi dove vi erano, o dove aveva visto quelle specie di filamenti di ciccia.
    Non se l’era immaginato, lì aveva visti agitarsi come percorsi da fremiti per rilassarsi completamente come se fossero parte del suo sistema biologico.
    E se invece fossero davvero dei parassiti alieni? … a volte, ma solo a volte, Mirai dimenticava che il mondo fosse per lo più abitato da persone dotate di Quirk…
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    Chiedo scusa per il ritardo T^T
     
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    Molestatore mi sembrava una parola grossa.
    Non avrei toccato un altro essere umano neanche sotto minaccia - o forse l'avrei fatto sotto controllo mentale. La situazione dell'altra sera era stata quantomeno complessa da definire e comprendere appieno.

    « No, no, che superiore. Meglio dire le cose in faccia, piuttosto che nascondersi dietro la cortesia. »

    In realtà, sapevo essere cortese, quando mi conveniva.
    Sarei stato bravissimo a strisciare di fronte a qualche potente, per cercare di guadagnarmene il favore. Non sapevo quanto la mia performance sarebbe stata convincente, ma avevo troppa poca morale per farmi dei problemi a riguardo.

    ---
    poi successe.
    Mi chiese scusa.
    What.

    Sbattèi le palpebre, perplesso, smettendo persino di digitare. Ehi, era andata meglio del previsto.
    Tornai a digitare quasi subito, però, non lasciando che quell'evento strano mi impedisse di continuare a compilare il codice. Stavo anche per cercare di rispondere, ma... aveva frainteso le mie parole. Sicuramente, non c'era altra spiegazione. Alzai lo sguardo a quel punto, perplesso.

    « Mi piacciono solo le ragazze in 2D. Non quelle tridimensionali. Detesto il contatto fisico e potrei uccidere chiunq... »

    Oh no.
    C'era un altro problema.
    Sembrava che quella conversazione stesse degenerando rapidamente verso il festival della stranezza - con un pochino di fortuna saremmo riusciti ad arrivare a fine serata senza farci arrestare. Era il traguardo a cui puntavo.

    Guardai la mia mano, feci un piccolo sospiro.
    Ah, già. Forse dovevo starci più attento e evitare le mezze maniche d'ora in poi. Però in genere non reagivano così terrorizzati. Altro merito del giocare online e non dal vivo. Mi grattai una guancia, tornando a digitare freneticamente.

    « ... è la mia unicità. Sono dei piccoli tentacoli che emettono scosse elettriche. Niente di preoccupante. »

    Si, non ero molto di compagnia. E probabilmente non stavo facendo molto per mandare avanti il discorso - ma la parte interessante per me era finita. Adesso si passava a qualcosa di più convenzionale. Non era propriamente ciò a cui ero più abituato - e forse era meglio così.

    « Riguardo il mio pc, stavo parlando con FROST. Il mio sistema operativo. »

    Mi sentii in dovere di precisare.
    Non ero da solo, ma le presentazioni sono quantomeno d'obbligo.

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    L’universo dei Quirk per Mirai era ancora un autentico mistero, era una cosa a cui non aveva mai dato particolare attenzione per cui ogni Unicità che osservava per lei era una grande sorpresa.
    Quelle specie di piccoli tentacoli che fuoriuscivano dal braccio del ragazzo molto simpatico nella sua piccola mente avevano lasciato il posto alla sorpresa in senso negativo più che positivo.
    Parassiti, l’unica cosa che le era venuta in mente era “parassiti alieni” e sicuramente sulla sua fervida immaginazione nessuno poteva dire nulla.
    … uuughhh sono davvero bruttini… commentò mentre il suo sguardo si posò sulle sue labbra in attesa di quella spiegazione, non tanto sul che cosa fossero quei cosi che gli fuoriuscivano dalla ciccia ma più per il fatto che non si era minimamente agitato dopo che gliel’aveva fatti notare.
    « Ohw…. Ah… ehm… ehe… » iniziò una sequela di parole che esprimevano esattamente il suo stato d’animo.
    Ohw: quei cosi erano la sua unicità.
    Ah: piccoli tentacoli che emettono scariche elettriche, figurati!
    Ehm: ho fatto una gran bella figura
    Ehe: sono proprio scema, come ho fatto a non pensarci!…
    Questo era il riassunto mentre con una mano si grattava nervosamente la nuca e i capelli rossicci.
    « N-non ho mai visto niente del genere… ti chiedo scusa. » arrossì leggermente per l’imbarazzo e tornò a guardarlo.
    Calò per un breve momento il silenzio in cui Mirai non sapeva cosa dire, cosa fare o cosa aggiungere, eppure si sentì palesemente a disagio.
    Un po’ per la figuraccia che aveva fatto, un po’ perché il ragazzo non sembrava poi così “molestatore” come aveva creduto.
    « Oh… sistema operativo. Sì, certo. » come se ne sapesse parecchio di questa roba. Non ricordava però di avere mai sentito nessuno parlare con un sistema operativo… era forse dovuto al fatto che fosse sorda?
    Lo osservò, e pensò per un attimo a quello che aveva detto che non amava il contatto fisico e che preferiva di gran lunga le ragazze virtuali piuttosto che quelle in carne ed ossa, e che se ne stava su un tavolino da solo a parlare con un computer e a sentenziare su altra gente.
    Sentì per un attimo un senso di vuoto, di tristezza, di solitudine.
    Deve essere davvero tanto solo … sì… in quel momento il suo piccolo cuoricino ebbe un sussulto, un moto improvviso, non era forte come quello che l’aveva spinta a frapporre la sua vita tra una lancia di una terrorista e la guida di un museo… ma era comunque qualcosa che la fece alzare dalla sua sedia dondolante e portarsi al tavolo del ragazzo.
    Senza convenevoli, senza chiedere il permesso, prese la sedia vuota che se ne stava al bordo tavolo sulla destra del ragazzo – drink alla mano – e si mise a sedere.
    « S-sei stato tu a crearlo? E dimmi… anche gli altri sistemi operativi… parlano? » chiese evitando di stargli troppo vicino per non metterlo a disagio – più di quanto non stesse già facendo probabilmente.
    Una domanda assai strana, eppure nella sua voce c’era davvero una sorta di curiosità, sembrava quasi seria nell’aver pronunciato quelle parole.
    Sembrava quasi avergli chiesto di ricevere una verità sul mondo.
    « E’ un bel nome quello che gli hai dato, anche se… non riesco a pronunciarlo bene. » disse imbarazzata poggiando il drink sul tavolo e mettendo entrambe le mani sul bicchiere, lei e l’inglese non erano mai stati buoni amici ma almeno aveva trovato qualcuno a cui poter chiedere una mano.
    « Mi chiamo Mirai, Ishigami. Mi dispiace per prima… è stato un brutto periodo per me e volevo festeggiare l’inizio di una nuova vita. Per questo mi sono molto arrabbiata e non è stato corretto. » disse abbassando lo sguardo.
    I tentacoli, le scariche elettriche e tutto il resto erano stati accantonati, Mirai si sentiva in colpa e l’unico modo per chiedere scusa era cercare di risistemare tutto e partire da zero, ammettendo per prima cosa le sue colpe.
    « Me la sono presa con te per…perché hai ragione. » disse sbuffando e stringendo tra le mani ancora di più il bicchiere « Penso di essere abbastanza forte da cambiare il mondo, ma in realtà non lo sono. Però… tu lo sei. » disse cercando di smorzare quell’attimo strappalacrime di autocommiserazione.
    Mirai si era sempre sentita persa in quei giorni, sapeva cosa voleva fare, aveva trovato qualcosa e qualcuno per cui continuare ad avanzare in quella strada tortuosa ma… alla fine era vero. Restava pur sempre una bambina, una piccola pesciolina in mezzo ad un branco di squali.
    « Insomma…hai creato Fr-Fr- Furo-chan. » sorrise e visto che non riusciva ancora a pronunciare quel nome senza storpiarlo in qualcosa che già conosceva, aveva deciso di dargli un soprannome.
    Questo solitamente le riusciva parecchio bene.
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    Come dicevo spesso, a me era andata bene.
    Avevo avuto un quirk poco invasivo, che mi tornava comodo per tante piccole cose. Ma io ero uno di quelli più fortunati, c'era gente che viveva male a causa del suo quirk e non potevo che non chiedermi quale fosse l'abilità speciale della ragazza di fronte a me. Ma solo chiedermelo, non avrei formulato la domanda perché in fondo non mi interessava.

    « Non preoccuparti. Per essere un Mutant mi è andata bene. C'è gente orribilmente deformata. »

    Poi la ragazza scelse di invadere il mio spazio personale.
    Se fosse stato un eroge, probabilmente ci sarebbe stato il pezzo di testo che descriveva le sue forme che si muovevano insieme a lei e come ad ogni protagonista di quel genere di giochi, mi sarebbero caduti gli occhi dove non dovevano, causando incomprensioni. Ma... non ero il protagonista di un eroge. Di quel genere di giochi apprezzavo unicamente la complessità del gameplay. E ogni tanto le eroine - rigorosamente in 2D.

    « FROST. Vuol dire congelato, freddo. Ha una Interfaccia azzurro ghiaccio, il nome viene di lì. »

    Le spiegai, tornando ad ascoltare poi quello che mi stava spiegando a riguardo delle sue paure e il motivo che l'aveva portata ad arrabbiarsi. Mi stava persino dando ragione - forse non ero così odioso come pensavo. Tornai a guardare il mio drink, assumendo un'espressione leggermente infastidita. In grado di cambiare il mondo? Non avevo ancora trovato mia sorella - probabilmente non ero neanche io, in grado di cambiare un bel niente.

    « Mi chiamo Lawrence. E ... »

    Girai il mio portatile, per mettere lo schermo a suo favore. Un'emoticon arrabbiata, sulla falsa riga di :< tutta azzurra e bianca comparve sullo schermo a sfondo nero, mentre FROST prendeva parola.

    FROST: Io mi chiamo Frost. Posso cercarti la scuola d'inglese più vicina, se hai bisogno. E se hai difficoltà a pronunciare Frost, saranno ben felici di aiutarti.


    « ... penso Frost abbia preso il mio carattere. »

    Dissi alla fine, mantenendo il pc in quella posizione per permetterle di rispondere a FROST qualora l'avesse voluto. Portai una mano a sorreggermi la guancia, un'espressione leggermente annoiata in volto.

    « Non devi chiedere scusa - hai ragione ad arrabbiarti. E nessuno può davvero cambiare il mondo. »

    Commentai alla fine, in maniera forse un pochino sbrigativa. Non elaborai ulteriormente, lasciandole spazio per rispondere.

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    Il concetto di invasione dello spazio personale per Mirai era molto astratto, solitamente si avvicinava alle persone senza pensare a chi si trovava di fronte.
    Era un modo come un altro per stabilire un legame leggermente più stabile di sconosciuto e sconosciuta.
    Aveva annuito senza dire niente riguardo al fatto dei Mutant, aveva compreso che il suo corno e il suo apparato uditivo alla fine non erano mutazioni così tremende e probabilmente neanche quelle specie di tentacoli lo erano.
    Di sicuro sono meno evidenti del mio corno… sospirò toccandosi la punta del corno dorato con il dito « Anche a me è andata piuttosto bene. E’ un po’ ingombrante e tutto un po’ troppo silenzioso ma hai ragione. Scusa per la reazione … non sono abituata ad avere a che fare con tante persone…» e di sicuro tutte quelle che aveva incontrato non presentavano certo mutazioni come le loro.
    Mirai si prese un attimo per ridere sotto i baffi guardando il bicchiere che aveva di fronte: in qualche modo le era piaciuto parlare così del suo Quirk.
    Per la prima volta non ne aveva parlato in senso negativo ma quasi giocoso e questo sembrava averle strappato una risatina.

    « Oh…che carino. Furo-chan. » quindi il nome che lo strano ragazzo aveva dato a quella cosetta che appariva sullo schermo del suo portatile si chiamava Frost per via dei colori freddi come il ghiaccio.
    « Beh i colori freddi trasmettono tranquillità, è un nome perfetto per un aiutante. » disse senza neanche sapere cosa fosse un’interfaccia, pensando a Frost come una sottospecie di Robin per Batman ma versione computerizzata.
    « La-wu-re-n-ce » aveva cercato di memorizzare il suo nome e per la prima volta forse era riuscita a capirlo alla prima anche se era difficile la pronuncia « P-posso chiamarti Roren? Ah…già. Mi chiamo Mirai. Piacere di conoscerti. » chiese leggermente imbarazzata prima che il suo sguardo venisse letteralmente catturato dall’emoticon versione molto arrabbiata di colore azzurro e bianco che appariva in mezzo alla schermata del portatile nero.
    « F-Furo-chan? » chiese indicando l’emoticon « Awwwwww è così carinaaaaa! Guarda quanto è teneraaaa, verrebbe voglia di toccargli la testolina per levarle quel brutto broncio. Hihihi » sghignazzò come se fosse una bambina che avesse appena visto la cosa più pucciosa al mondo su uno schermo.
    Quello che la sorprese più di tutto il resto era che la cosina iniziò a prendere parola e a parlare mediante sottotitoli a lei.
    Stava letteralmente parlando con lei.
    « Furo-chan… p-può sentirmi? » no, non gliene era importato della scuola di inglese, era solo felicissima di poter vedere quanto fosse intelligente quel ghiacciolino.
    Roba da non credere per il cervello di Mirai che in quel momento si dimenticò completamente di Lawrence.
    « Piacere Furo-chan. Mi chiamo Mirai. E, grazie ma ho un insegnante di inglese che… mi sta aiutando di tanto in tanto. » si voltò verso il ragazzo con degli occhioni così grandi che poteva vedere perfino le celluline della sua retina « E’ una cosa stupenda! Non ho mai visto niente del genere prima di adesso! » portò entrambe le mani dal bicchiere a unirsi di fronte a lei ignorando quello che il ragazzo avesse appena detto.
    « Sai… quante persone potresti aiutare con Furo-chan? Potresti davvero cambiare la loro vita e renderla migliore. Sai? » pensava a quanto in effetti Frost poteva essere utile anche a lei, sarebbe stata una cosa fantastica perché… perché semplicemente lui poteva sentire.
    Si voltò verso l’interfaccia, la guardò e sospirò.
    « Furo-chan… tu… puoi fare tutto? Puoi fare ricerche? Puoi vedere o solo sentire? … oh, ehm…scusami Roren-kun m-mi sono fatta prendere la mano. T-tu sei davvero un genio comunque… che…che cosa fai? St-studi o lavori? Come hai fatto a creare Furo-chan? » chiese prendendo il drink tra le mani e portando la cannuccia alle labbra e tirando su per la prima volta il primo sorso specchiandosi negli occhi del ragazzo.
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    Beh, effettivamente avevo notato il corno sul capo della ragazza. Ma ero indeciso se associarlo a uno strano accessorio di uno strano costume o una costruzione nata dal suo quirk, quindi non lo avevo considerato più di tanto. E nel giro di pochi secondi aveva storpiato sia il mio nome, che quello di Frost. Quindi la giornata probabilmente sarebbe ben presto finita in un secchio di disperazione e tristezza.

    Feci un piccolo sospiro e le emoticon di FROST sembrarono quasi imitare il mio movimento. Ma non c'era motivo di incaponirsi su quella semplice richiesta, pertanto decisi di...

    « Chiamami come ti torna più comodo, Mirai-san. »

    Tuttavia FROST non sembrava essere particolarmente contento a quell'idea e l'espressione divenne di puro disagio. Osservai silenziosamente il comportamento della mia rudimentale AI, per tornare a rivolgermi alla ragazza che si era invece sciolta in un brodo di giuggiole di fronte allo schermo del mio pc.

    « Ti prego di non toccarlo. Lo schermo costa più dell'arredamento di casa mia, probabilmente. »

    Tutto quanto ottenuto da un salvaging selvaggio di qualsiasi cosa mi fosse capitata a tiro, arrivando persino ad assemblare qualche pezzo di sana pianta, completamente da zero. E dovevo ammettere che funzionava meglio del previsto, nonostante qualche acciacco qua e lì. Dovevo trovare un lavoretto il prima possibile. Non potevo andare contro tutto e tutti con un pc del genere.

    FROST rimase in silenzio per qualche istante, sotterrato dalla mole di informazioni che le erano state richieste.
    Dopo essere diventato tre puntini di sospensione, rapidamente mutò in una cosa simile a :>.
    Esplicativo e pronto a rispondere a tutto ciò che le era stato chiesto.

    FROST: Posso fare ricerche su un motore di ricerca a tuo piacimento, su Babel. Posso vedere nel caso in cui riceva autorizzazione a farlo, attraverso la webcam del computer. E sì, posso sentire. Ribadisco che comunque hai cinque insegnanti di inglese a prezzi modici nelle tue vicinanze.

    Mi grattai una guancia, trattenendo una piccola risatina al commento di FROST. Forse dovevo ridurre un pochino il suo essere passivo-aggressivo, ma mi divertiva in fondo. E magari anche pensare di disegnargli un avatar o qualcosa del genere. Magari una versione femminile. Sì, sentivo già che stavo scadendo in direzioni orripilanti.

    « Nonostante FROST sia simpatico, a modo suo, non è niente di eccezionale, ho ancora tanta pratica da fare nel settore. Per quanto mi riguarda, ho un piccolo negozio di informatica nel quartiere dell'università. Ho terminato gli studi, ma non ho trovato di meglio, per il momento. Per ora mi diverto abbastanza con il negozio, mi lascia più tempo libero del previsto. »

    Chissà, magari un giorno avrei trovato una svolta che mi avrebbe permesso di raggiungere il mio obiettivo il prima possibile - un indizio su una banda di Villain, qualcosa. Tutte cose che questa ragazza, probabilmente, non avrebbe mai vissuto. Meglio per lei.

    « Sentiti libera di passare, se dovessi avere bisogno di un cellulare nuovo o magari aggiustare il tuo pc. »

    Momento marketing.
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    Il primo sorso fu un autentico sollievo.
    Fresco, fruttato, tropicale e paradisiaco.
    Il sapore era un perfetto mix tra fra frutti di cui forse non conosceva neanche il nome, magia, unicorni, e chissà cos’altro che lo rendeva speciale.
    « E’ davvero buonissimo… » si lasciò sfuggire mentre ancora aveva la cannuccia in bocca e prima di abbandonarsi alla seconda boccata di freschezza chiuse gli occhi per ovattare uno dei suoi sensi migliori e tirò su il liquido tropicale dallo strano colore e lo lasciò scivolare assaporando ogni suo aspetto.
    Non riusciva ancora a credere di essersi affidata ad uno strano nome come “Tiki Tiki Summer Love Special Remixed” per scoprire di aver fatto una scelta fenomenale.
    Quando aprì gli occhi pensò per un momento di essere capitata nel posto giusto con una compagnia a dir poco insolita ma alla resa dei conti apprezzabile.
    Era un tipo strano, un po’ tanto sulle sue ma era affascinata dal suo mondo.
    Non era proprio un asso nella tecnologia, eppure il fatto che quel tipo avesse dato vita a qualcosa come Frost le faceva pensare che avesse molte più cose da poter condividere di quelle che lei poteva immaginare ed era curiosa di sapere.
    « khihi. Davvero? Uno schermo può davvero costare più dell’arredamento di una casa?... E…cosa ha d’incredibile per costare così tanto? » no, Mirai non era proprio una cima in fatto di computer e non ne aveva mai avuto uno a casa. O meglio, sua madre ne teneva uno ma la ragazzina unicorno era più tipa da cellulare.
    Lo trovava decisamente più comodo.
    La curiosità di Mirai non si fermò ad una sola domanda, e fu così che il povero piccolo esserino creato dalla mente geniale di Lawrence sembrò per un attimo perdersi nella ricerca di risposte alle richieste della giovane.
    « Oh… forse ho chiesto troppo, vero? Scusami Furu-chan. » disse osservando i tre puntini di sospensione che si trasformarono poi in una faccina sorridente Aww quanto è carinoooo i suoi occhioni brillarono quando comparvero accanto alla faccina tutte le informazioni che aveva richiesto.
    La ragazzina rimase affascinata da una cosa simile, e il suo sguardo rimase per qualche istante fisso sulle parole “e si, posso sentire” senza neanche andare a leggere il resto sugli insegnanti di inglese.
    Quella cosetta fatta di chissà quale magia tecnologica poteva sentire.
    Rimase ad osservare lo schermo per qualche istante, rimase a pensare a quanto potesse esserle utile qualcosa di simile, a quanti avrebbe potuto fare la differenza.
    Si accorse solo dopo poco, tramite il riflesso nello schermo che il ragazzo le stava parlando.
    Si era persa tipo un bel po’ del discorso prima di potersi voltare e leggere sulle sue labbra la parte relativa al non aver trovato di meglio, che si divertiva col negozio e che questo gli lasciava più tempo libero del previsto.
    « Anche io mi sono messa a lavorare terminati gli studi, e poi c’è stato il culto e … ho dovuto lasciare il mio lavoro e trovarne un altro. Sono un aiuto pasticcera, festeggiavo il mio nuovo lavoro. E’ un posto molto carino e il proprietario è davvero una brava persona. Si chiama Patisseryo, facciamo degli ottimi dolci e dolcetti. » disse facendo occhiolino.
    Entrambi avevano giocato la carta marketing sulla spiaggia.
    « Di computer non ne so molto. A casa non lo uso quasi mai, ma il cellulare per me è fondamentale. Per la vita di tutti i giorni ecco. Dalla sveglia alle videochiamate… ai messaggi. » sorseggiò un’altra boccata del drink che per poco non le congelò il cervello da quanto era fredda.
    « M-Mi chiedevo. Non ho molta disponibilità economica al momento ma… tu hai dato vita a Furu-chan, giusto? Quindi… sarebbe possibile per te metterla su un dispositivo come il cellulare? » chiese per poi abbassare leggermente lo sguardo e guardare lo schermo del computer « E tu, Furu-chan. Potresti scrivere quello che senti da lui? »
    Stava conducendo un esperimento? Ebbene sì.
    Poteva sembrare strano il suo ragionamento e quello che aveva chiesto a Furu-chan ma aveva un suo perché, e aveva una sua spiegazione almeno per la ragazzina.
    Era strano poter avere delle orecchie che potessero sentire al posto suo quando lei non avrebbe potuto farlo e forse il ragazzo non aveva pensato a questa evenienza così Mirai si prese coraggio e continuò senza guardarlo.
    « Roren-kun, sei davvero una grande persona. Forse non lo sai o forse quelli come te non si ritrovano a pensare che quello che hai creato è molto più di quello che puoi immaginare per chi è come me. » disse senza distogliere lo sguardo dallo schermo sperando che Furu-chan potesse scrivere qualsiasi cosa uscisse dalla bocca del ragazzo.
    « Lo sai perché? Perché Furu-chan può sentire. » calcò la parola come se fosse magica, come se servisse a sciogliere l’incantesimo più vecchio del mondo « Così facendo, può scrivere ciò che stai dicendo adesso ed io posso leggere… e quindi posso sapere cosa dici anche senza sentirti, anche senza leggere le tue labbra. » i suoi occhi diventarono lucidi, grandi e immensi mentre diceva questo.
    Un’emozione davvero forte seppur per una cosa così banale, perché sicuramente dotare quell’intelligenza artificiale del percepire la voce umana poteva essere una cosa banale per lui, ma non per Mirai.
    « Per questo posso considerarti non solo un genio ma anche un vero eroe. Hai davvero creato qualcosa che può cambiare la vita per chi non ha la possibilità di sentire alcuna voce e di questo dovresti esserne orgoglioso. Puoi davvero aiutare un sacco di persone con Furu-chan. Ma dimmi… è parte anche lui del tuo Quirk? »
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    Beh, si, il drink non era male in effetti.
    Si poteva bere, ma aveva un nome troppo lungo per i miei gusti. La sua domanda quasi mi strappò un sorriso - ma non ero propriamente tipo da sorrisi. Sospirai appena, con un tono grave, come se avesse appena fatto una domanda stupida. Non serviva dirglielo apertamente, però.

    « Dipende da una serie di paroloni tecnici, come refresh rate, quanti nits ha sulla luminosità, che tipo di led usa, la risoluzione... »

    Iniziai ad elencare, tenendomi comunque sul vago e non entrando troppo nei dettagli. Ovviamente non avevo pagato quella cifra - chi aveva anche solo la possibilità di immaginarla - ma avevo ricavato il mio pc attraverso piccole riparazioni che avevo fatto in giro, recuperando pezzi e comprando hardware dati per morti su ebay. Rimasi ad ascoltarla, mentre confessava di volere anche lei FROST.

    Forse avrei dovuto dirglielo.
    Mi sentivo come in quelle situazioni in cui qualcuno dice qualcosa di incredibilmente ingenuo e... semplicemente bisogna dirglielo, ma è in quella sua bolla di ignoranza e felicità che quasi spiace scoppiare. Feci un piccolo sospiro, ancora, guardando stavolta verso di lei.

    «Non credo di poterla rilasciare su mobile molto presto, inoltre è una cosa... abbastanza personale. Sono sicuro che tuttavia ci sono molti altri assistenti vocali più sviluppati, come Siri o Alexa. Hai mai provato? »

    Quello che mi stava dicendo, mi metteva particolarmente a disagio. Un eroe? Un genio?
    Non ero nessuna di quelle due cose. Specialmente per ciò che stava descrivendo lei, non avevo fatto nessun major breakthrough in nessuno dei campi in cui mi ero applicato.

    « Ad ogni modo, prova prima quelli. Se dovessi avere un giorno intenzione di rilasciare FROST sul mercato, ti farò sapere. »

    Non pensavo di essere stato troppo duro.
    Anzi, ero stato persino gentile, visto che lei era stata così... accomodante con me prima.

    « ... cosa intendi, come te? Intendi con un corno in testa? »

    Mi ritrovai a chiedere alla fine. Avevo avuto qualche idea su cosa potesse essere, ma non ne ero sicuro.

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    MIRAI ISHIGAMI
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    La tecnologia per Mirai era un argomento del tutto sconosciuto. Non si era mai appassionata e sebbene l’affascinasse non riusciva proprio ad entrare nel mondo in cui stava Lawrence.
    Le sarebbe piaciuto capire cosa fossero tutte quelle parole strane che le sue labbra avevano composto alla stregua di parole magiche e arcane per evocare strane divinità.
    « Ohw, che forza… » disse e forse l’unica cosa che aveva compreso di tutto quel discorso era “risoluzione” ma non certo nel modo tecnico che intendeva il ragazzo.
    Eppure Mirai era rimasto a guardarlo con interesse mentre sorseggiava allegramente il suo drink e si beava del suo gusto unico e particolare… un po’ come il tipo che le stava di fronte.
    Solitamente la ragazzina con il corno riusciva in qualche modo ad identificare la persona che gli stava di fronte, dagli atteggiamenti, dal modo di muovere le labbra, dal linguaggio del corpo… ma quel ragazzo di nome Lawrence era un autentico mistero.
    Non era ancora riuscita ad identificarlo del tutto, sebbene la sua presenza fosse piacevole anche se aveva avuto modo di ridire su questo particolare all’inizio di quello strano incontro.
    Certo che… non sorride proprio mai e poi… mi guarda con quegli occhi come se stesse rimproverando? Compatendo? Il fatto che non stia capendo proprio nulla di quello che dice. se ne era accorta dei suoi movimenti, impercettibili forse al resto degli esseri umani ma così fondamentali per lei per capire quello che da tutti veniva chiamato “tono di voce”.
    Per un attimo il suo sguardo divenne leggermente più torvo ma lasciò che finisse la spiegazione su FROST per poi spostarsi un ciuffo di capelli dal volto, dietro l’orecchio, per poi abbassare il drink sul tavolo e prendere parola.
    « Scusami. Non pensavo ci tenessi così tanto a Furu-chan. Insomma l’hai creato tu, è giusto che sia tuo e tuo soltanto. Non sono così stupida, Roren-kun, almeno non quanto credi. Mi sembrava solo una cosa buona. » disse senza guardarlo negli occhi, mentre osservava il ghiaccio roteare attorno alla cannuccia che mescolava il drink come se fosse un calderone.
    Non sembrava seccata, solo che non le era proprio piaciuto il modo in cui l’aveva guardata. Tutto qua.
    Si era sentita a disagio e sottovalutata sul comprendere le emozioni legate a qualcosa di propria creazione « Non c’era bisogno che girassi attorno alla questione. Non c’è niente di male a non voler condividere la propria creazione. Io posso comprendere anche se… dal mio punto di vista Furu-chan trovo una cosa fantastica e questo è il motivo per cui Siri0 o quell’altra cosa non sono fatte per me. » disse mentre tornava ad osservare l’emoticon di Furu-chan sul computer con uno sguardo diverso, quasi malinconico in qualche modo.
    Come quello di una ragazza che in vetrina osserva l’abito dei suoi sogni e sa che forse non lo potrà mai avere, o forse dovrà aspettare parecchio tempo per averlo.
    « Furu-chan è diversa perché semplicemente ha un cuore. Che sia il tuo o sia il suo vattelappesca cosa di programmi o memorie o chissà cos’altro… ma ha un cuore. E soprattutto riesce a rispondere a stimoli esterni che vanno oltre una semplice intelligenza artificiale. Lei riesce a sentire come farebbe la maggior parte delle persone e a rispondere meglio di qualsiasi altra persona. » sghignazzò « E poi è davvero buffa. Mi piace un sacco. » sorrise e tornò a guardare il ragazzo specchiandosi nei suoi occhi.
    « Beh, sicuramente ci sono poche persone che hanno un corno in testa… l’unica era una foto di mia nonna poi non ne ho viste molte altre…ma, quello che intendevo è che… » pausa sorseggio del Tiki Tiki Summer Love Special Remixed « Io sono sorda. O meglio… Possiedo i padiglioni auricolari ma non ho un condotto uditivo. Sono… letteralmente vuota. » calcò l’ultima parola con un leggero tremito della voce.
    Non era riuscita mai a dire la cosa con così tanta leggerezza, o meglio aveva iniziato da poco ad abbracciare il suo essere fatta così.
    Si era letteralmente studiata, aveva studiato per comprendere come potesse funzionare il suo Quirk – certo non era arrivata a grossi risultati ma il solo accettarsi e sventolare ad uno sconosciuto ciò che la faceva sentire a disagio ogni giorno… era un piccolo passetto per poter progredire in quel lungo percorso che era soltanto alle porte.
    « AAAAh, ma niente facce serie. Sono nata così ma riesco a parlare bene, tranne l’inglese, riesco a leggere il labiale e so il linguaggio dei segni ma… ammetto che avere delle orecchie come quelle di Furu-chan in qualche occasione non sarebbero poi del tutto male. Per questo ho chiesto… cambierebbero davvero la vita alle persone come me. Sì. Su questo non avrei alcun dubbio. » tornò a finire il suo drink lasciando che il ghiaccio rimanesse ancora a galleggiare su quel poco di succo rimasto in fondo.
    Non amava molto il sapore di annacquato, ma era rinfrescante e ciò bastava per dissetarla.
    Una goccia sembrò scivolarle dalle labbra fino all’attaccatura del petto ma venne repentinamente asciugata dalla mano della giovane che approfittò per tirarsi su lo spallino del costumino da bagno azzurro.
    « Senti. Forse ti sembrerò un po’ sfacciata ma… hai bisogno di una mano? Hai un volto così pensieroso e così triste e così… perso. Dovresti sorridere di più. Concordi con me Furu-chan? »
    Mirai molto spesso non si faceva gli affari propri, era molto invadente e per molti questo non era visto di buon occhio ma era più forte di lei quando vedeva le persone comportarsi in quel modo.
    Non ce la faceva, era un richiamo troppo forte il conoscere perché una persona si sentiva così, perché a quel punto poteva vedere di riuscire a volgere la sua vita e la sua giornata in meglio.
    « E comunque, questo drink avrò anche un nome lunghissimo e im-impro-impronunc-iabile ma è davvero tanto tanto buono. Eppure è come te. Nonostante abbia fatto tanti apprezzamenti e sia in qualche modo riuscita a farmi perdonare – altrimenti mi avresti cacciato – per quanto sia dolce alla fine rimane solo il ghiaccio. » forse non era proprio il modo giusto di dirlo ma la mente di Mirai era speciale, unica, e infinitamente ingenua per cui tutto quello che le passava in quel momento di dire lo disse.
    « E io penso invece che tu non sia così. Ti sei dimostrato carino non riesco a capire perché ti ho dato così tanto fastidio. Non potevi semplicemente lasciare perdere o magari attaccare bottone in un’altra maniera? Magari offrendomi un drink. Mmmhnn. » si fermò un secondo a rimuginare prima che il suo cervello ripartisse « L’ho fatto di nuovo vero? Ho detto qualcosa che non dovevo dire. Aww… scusami. A volte non riesco a tenere la bocca chiusa... dovrei davvero chiudermi nella bolla di silenzio quando sono così. Però… però mi dispiace ecco. Vedere una persona così e non ci posso fare niente. » se non avesse avuto accanto Lawrence probabilmente avrebbe attivato la sua unicità per chiudersi in silenzio e andarsi a scavare una fossa sulla sabbia in riva al mare da sola, e lo si poteva notare dall’imbarazzo che le colorava le guanciotte.
    Agitò nuovamente il ghiaccio nel bicchiere, sospirò e si voltò verso Lawrence.
    « Beh, non me ne intendo di tecnocose ma almeno so che il ghiaccio si scioglie sempre se accanto si trova una fonte di calore. Ne, Roren-kun? » disse con il sorriso più caloroso che poteva sbocciare sul suo volto.
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