Tiki Tiki Summer Love Special Remixed

Role | Lawrence & Mirai (extra)

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    Lawrence Jenkins
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    Rimasi ad ascoltare la sua spiegazione sul motivo che rendeva FROST tanto speciale, credendoci poco. Non che sottovalutassi la mia creazione, ma la stava rendendo molto più poetica di quanto non fosse. Non ero ancora così bravo da poter generare una IA completamente senziente, come se fossi uscito da un film fantascientifico, ma un poco alla volta stavo dando qualche piccolo perk al codice sorgente di FROST per avvicinarmi a quell'obiettivo.

    « Non ho detto che sei stupida. Ingenua, sicuramente. Ma la stupidità è un'altra cosa. »

    Le risposi pazientemente, senza volermi tuttavia sbilanciare troppo. All'atto pratico, la frase che avevo detto non significava niente. Ma non era necessario che se ne rendesse conto, era una cosa carina da dire e tanto mi bastava. Per alleggerire un pochino quell'atmosfera pesante che si stava andando a formare, anche una frase del genere poteva andare bene.

    « Dai una possibilità a Siri, comunque. Non è così malvagia come la dipingi. »

    Pubblicità occulta per la grande Mela? Forse.
    Ma era vero, a livello di dialoghi e intelligenza artificiale Siri era quella tra tutte le IA che avevo provato che sembrava più reale. Poggiai la testa sulla mia mano, tornando a guardare verso di lei, visto che sembrava che stesse avendo grandi difficoltà a confessarmi quella parte di sè. Ouch.

    Troppo sentimentale per i miei gusti.

    « Beh, non mi sembra la fine del mondo. Come dici tu, la tua vita va avanti in una maniera o nell'altra. Perdonerai se sembro un pochino cinico, ma sei stata molto più fortunata di tanta gente che conosco. »

    Ero quasi sicuro che almeno sei o sette membri della mia gilda fossero in sedia a rotelle o incapaci di muoversi in maniera autonoma. I quirk producevano una quantità imbarazzante di disabili e tanti cercavano rifugio online. Oppure conoscevo un sacco di gente in cerca d'attenzione, una delle due opzioni. Quando poi Mirai provò a mettere il naso nelle mie faccende, pensai bene a come affrontare la cosa. Non mi andava di dirle perché ero così - non ero neanche sicuro dipendesse da mia sorella.

    Non sono uno psicologo e credo poco in tutte quelle cavolate fatte per spillare soldi alla gente.

    « Semplicemente, mi dà fastidio la gente che parla e non fa le cose. Specialmente quando non ha idea di cosa sta dicendo. Riguardo al mio sorridere, ogni tanto lo faccio. Quando è necessario, almeno. Non si tratta di problemi che una sconosciuta incontrata al bar può risolvere, comunque. »

    Quando interpellato, FROST prese parola.
    Spostai pigramente lo sguardo verso lo schermo del pc.

    FROST: Non ho capito la domanda, Mirai.

    Sospirai appena, continuando a parlare.
    Non mi interessava particolarmente che Mirai capisse, oppure provasse a crescere e diventare grande. Non ero grande neanche io, perché dovevo imporlo a qualcun altro di cui non mi interessava nulla?

    « Personalmente, penso che se qualcuno si offende o infastidisce, sono problemi suoi. Non serve chiedere scusa, in casi come questo. Come ti dicevo, comunque, non sono problemi che una persona appena incontrata può risolvere. »

    Forse ero stato troppo duro? No, assolutamente no.
    Ero stato onesto, sincero ed era tutto quello che dovevo al prossimo.

    « Tch. Hai usato il ghiaccio come metafora perché ho i capelli blu, oppure perché la mia IA si chiama FROST? »

    FROST: Propendo per la seconda opzione, Dreamweaver.

    Guardai storto verso il pc.
    Hm. Non era previsto che spifferasse il mio nickname.
    Beh, non era grave, visto che Mirai non conosceva l'inglese, da come diceva.

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    MIRAI ISHIGAMI
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    « MMhn… » quel ragazzino le aveva appena dato dell’ingenua? Oh si, in effetti Mirai lo era, ma sentirselo dire era in qualche modo leggermente irritante.
    Lasciava la stessa sensazione nello stomaco di un piatto a base di peperoncino, frizzava quasi: sebbene cercasse di non dare troppo peso a quelle parole dette da un -quasi- totale sconosciuto, non ci riusciva proprio del tutto.
    « Mpf. E’ solo perché non chi hai mai provato nelle mie condizioni. » sospirò scrollando le spalle, quel Lawrence di certo non poteva capire quanti sforzi e quante soluzioni aveva provato per renderle la vita meno complicata e quante erano fallite clamorosamente.
    Siri poteva essere un’alleata vincente ma Mirai si era stancata di usarla quando le traduzioni e la ricezione vocale a volte prendevano strade totalmente diverse… e visto che lo usava quando lavorava come fattorina, sia come aiuto per cercare il luogo di consegna sia appunto come “innovativo apparecchio acustico” e viste le varie figure cacine che aveva fatto, lei aveva deciso di non utilizzarla più.
    Di possibilità ne aveva date anche fin troppe.
    La vita va avanti, del resto, in un modo o nell’altro Sono stata fortunata sì… me ne sono resa conto parecchio tardi. Sono davvero tanto fortunata. Ho tante persone che mi vogliono bene e questo è più di tutto quello che potrei mai desiderare. tenne questo pensiero per te, lo conservò e lo buttò giù con un sorso di ghiaccio sciolto che aveva ancora il retrogusto dolciastro del cocktail.
    E per fortuna riuscì in qualche modo a deglutire prima che il ragazzo aprisse di nuovo le labbra per formulare una frase che la lasciò quasi senza fiato per qualche secondo.
    Si era voltata giusto in tempo per poter vedere cosa dicesse in proposito a quel sorriso che non sembrava proprio mai accennarsi su quel bel volto.
    Lo trovava carino, anche se sembrava essere un pezzo di ghiaccio.
    Rimase in silenzio per qualche secondo, non si voltò neanche a vedere cosa FROST avesse risposto in seguito alla sua domanda diretta perché aveva visto qualcosa in quello sguardo, in quel movimento del petto così ampio come per ingoiare più aria possibile per spazzare via ogni pensiero.
    Una sensazione che Mirai poteva comprendere bene.
    Inutile dire che si sentì in colpa per quello che aveva detto e per il fatto di essersi dimostrata un’impicciona, tremendamente inutile.
    Non solo aveva rievocato probabilmente brutte cose in quel povero ragazzo ma aveva anche avuto la presunzione – lei sconosciuta incontrata in un bar – di poter risolvere quella questione.
    Eppure le faceva male.
    Non riusciva a starsene zitta quando vedeva, e non riusciva a starsene ferma quando sentiva che c’era qualcosa che non andava.
    Aveva il volto fisso verso la spiaggia e rimuginava sui quei pensieri mentre una lieve brezze le scompigliava i pochi ciuffi rossi ribelli che aveva.
    Sapeva che avrebbe dovuto controllare quell’impulso, sapeva che avrebbe dovuto imparare a conoscere quando agire e parlare e quando starsene zitta e restare ferma anche se in cuor suo sapeva che questo non sarebbe mai accaduto.
    Perché era fatta così.
    Perché lei alla fine era come un piccolo e minuscolo diapason che una volta percorso da vibrazioni non poteva far altro che servire ad accordare ogni strumento musicale ed ogni voce che avrebbe avuto bisogno della sua esistenza.
    Sembrò un attimo eclissarsi nel suo silenzio, non percepì la domanda del ragazzo sulla sua metafora del ghiaccio, ma notò con la coda dell’occhio come sullo schermo apparve la scritta: Propendo per la seconda opzione, Dreamweaver.
    Non sapeva neanche cosa potesse significare, ma sembrava che l’IA avesse appena soprannominato Lawrence con il termine Dreamweaver.
    Che fosse una sorta di “sensei” in inglese? Mirai non lo sapeva e non gliene stava poi importando più di tanto, ma fu decisamente un buon “la” per sbloccarla da quello stato in cui era.
    « E tu come fai a sapere che sono una di quelle? » non lo guardò in volto, non sembrava si sentisse in grado di farlo, eppure la sua voce stranamente era mutata in un tono più serio e più fermo rispetto all’insicurezza e alla dolcezza che aveva avuto fino a poco prima.
    « Pensi che sia ingenua, e forse lo sono. Ma so cosa voglio. Non so ancora come ottenerlo ma sono sicura al diecimila per cento di cosa voglio. » si osservò la mano infreddolita dal bicchiere che aveva tenuto stretto in mano fino ad adesso, leggermente umida e rossa mentre sentiva quel formicolio dato dal sangue che cercava di riportava a temperatura la sua carne.
    « Sai. Neanche io sopporto la gente che parla e non fa niente. Che sia nel risolvere il più banale dei problemi o il più grande. Ma non sopporto ancora di più quelli che nonostante tu abbia fatto qualcosa quando tanti non hanno fatto niente, non hanno comunque approvato la tua scelta e ti hanno costretto a sentire frasi come “sei solo un intralcio” o “avresti dovuto lasciare fare a chi di dovere”. Non hai idea, di quanto sia motivata a portare avanti ciò in cui penso – e non credo che uno sconosciuto incontrato ad un bar potrà mai capire. Per questo mi sono arrabbiata. Perché mi danno fastidio le persone che pensano di sapere, quando in realtà non sanno proprio un bel niente. » qualcosa in Mirai era riaffiorato, con una rabbia e un disgusto e un amarezza tale che non sembrava neanche essere la stessa piccola ragazzina indifesa e ingenua che era poco prima e se ne accorse.
    Sospirò mentre la sua mano si era inconsciamente chiusa a pugno sul tavolo.
    Forse aveva esagerato, ma si era sentita così punta nell’orgoglio e aveva ancora così bene in mente la faccia di quello stronzo della polizia che le aveva fatto quella ramanzina come se difendere una persona innocente fosse stato un crimine e non qualcosa di cui andare fieri che non ci riuscì… non riuscì a trattenersi.
    « Non sono in grado di risolvere tutti i problemi, hai ragione, e di sicuro non i tuoi. Visto che io non posso arrivare neanche a comprenderli. E mi dispiace di questo ma è più forte di me. » sembrò cambiare discorso perché non voleva entrare nel dettaglio di quanto faceva male essere stata considerata al pari di un intralcio per la giustizia e per gli eroi, o meglio per il suo sensei « Io non ce la faccio a starmene zitta e a guardare.»
    Ci fu una pausa lunga, molto lunga, una di quelle classiche da film in cui Mirai si limitò a sorseggiare un po’ di ghiaccio sciolto mentre ogni suo muscolo si scioglieva proprio come quei cubetti mentre teneva stretto con ambe le mani il bicchiere perché quella sensazione fredda stavolta le piaceva.
    Voleva cercare di cambiare discorso e riprendere il controllo di sé, anche se ultimamente essere così la disturbava… in fondo era in una fase di crescita emotiva e fisica e di sicuro questa sua determinazione e sfacciataggine sembravano essere in costante rottura di quell’equilibrio di dolce, buona, tenera fanciullina che era.
    La seconda faccia della stessa medaglia, e non che le dispiacesse, ma non sopportava affatto quella sensazione che le faceva ribollire lo stomaco.
    Aveva così optato per sospirare di nuovo e buttare via assieme all’aria ogni riferimento al Mori-Museum che aveva nella mente e a tornare pian piano a riprendere controllo delle sue emozioni e del suo immenso e solare sorriso.
    « Dorīmuu~ībā, è un tuo altro nome? Qual è il suo significato? » storpiare i nomi in inglese era la sua specialità, aveva un po’ imparato qualcosa dal suo Teacher ma ancora era davvero pessima nella pronuncia e cercava di rendere giapponese qualsiasi parola in inglese che trovava.
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    Lawrence Jenkins
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    Oh beh.
    Almeno avevamo passato questa fase di imbarazzo iniziale su FROST. Non mi sentivo a mio agio a dare in giro, o anche valutare l'idea di commercializzarlo. Intanto perché il suo codice sorgente non era completo, non era... neanche passabile, dal mio punto di vista. Scelsi di non inseguire oltre quanto era stato detto, lasciando che il discorso scivolasse timidamente altrove.

    Beh, non tanto timidamente.

    « Beh, è importante sapere cosa vuoi. C'è gente che ci mette anni a comprenderlo. »

    Replicai senza troppo trasporto, contrariamente a quello che stava dimostrando lei. Nonostante stesse cercando di assumere un atteggiamento più maturo, ai miei occhi restava comunque la ragazzina che parlava da sola poco fa. Poggiai la testa sulla mano, ascoltando quello che stava dicendo. Era come se le fosse successo qualcosa di molto specifico che stava cercando di raccontarmi, senza però farlo. Beh, comprensibile, del resto ci eravamo appena conosciuti. E con un pochino di fortuna non ci saremmo rivisti, ma...

    « Non sono cose carine da dire a qualcuno. E la gente, nella maggior parte dei casi, non sa mai quello che dice. Ma i silenzi sono difficili da riempire, dovresti saperlo meglio di me. »

    Non era una battuta, ma una semplice constatazione. Decisi di non premere oltre sulla questione dei miei problemi, in parte perché mi faceva piacere cambiare argomento e non parlare di mia sorella, in parte perché... beh, non avevo niente di carino da dire a riguardo. E non avrei sbagliato di nuovo, ecco.

    « Qualcuno direbbe che dovresti provare a fare l'eroe. Almeno, il settanta percento della letteratura per ragazzini dice così. »

    Feci spallucce. Il mio era un commento estemporaneo, non nutrivo quest'odio profondo e indescrivibile per la società eroistica - anzi, aveva anche i suoi risvolti positivi. In fondo era gente che faceva del suo meglio, anche se aveva fallito profondamente con mia sorella. Del resto, non possono essere ovunque. Come non può farlo la polizia. Magari un giorno?

    « Dreamweaver. E' un nickname, ma non lo uso più così tanto spesso. Vuol dire Tessitore di Sogni. I nomi che ci si inventa da ragazzini, eh? »

    ... che origine aveva quel nome?
    Tch, me l'ero persino dimenticato.
    Ormai lo usavo dappertutto, al punto che era diventato il nome che usavo più spesso. Anche più spesso del mio vero nome. Ma chi è a definire cosa è vero e cosa è falso, in fondo?

    « Ripeti. Dreeeaaam weeeaver. »

    Dissi, dopo aver chiuso il portatile e aver spostato lo sguardo completamente su di lei, muovendo il dito come se stessi facendo il direttore di orchestra. Speravo che potesse vedere bene bene come muovevo le labbra, ma ero quasi certo che non sarebbe stato così semplice per lei.

    Forse era stato poco gentile da parte mia.

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    MIRAI ISHIGAMI
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    Lawrence non poteva minimamente immaginare quanta voglia aveva Mirai di sputare fuori quel rospo che si portava dentro dai fatti accaduti al Mori Museum. Non aveva trovato il coraggio di parlarne con nessuno, neppure con il suo Sensei che era presente quel giorno in quel posto.
    E se anche avesse qualche volta il coraggio di svuotare il sacco non aveva la persona giusta con cui parlare in quel momento.
    Abbassò le spalle sospirando pensando che alla fine gira e rigira gli unici con cui poteva parlare erano Hikoboshi e Orihime. I pescetti rossi.
    « Già. Che fortuna…eh? » si ritrovò un attimo in imbarazzo pensando che forse quel ragazzo non aveva poi tutti i torti.
    Cosa voleva lei veramente?
    Trovare qualcuno di importante? Trovare un posto nel mondo? Aiutare le persone? Diventare una Vig-
    « Vorrei davvero troppe cose… e non so da quale cominciare. Forse non hai proprio tutti i torti. » gli disse poggiando il suo volto sulla mano giocherellando con la cannuccia con l’altra con aria assorta e stranamente fu emulata dal suo nuovo amico, cosa che la fece sorridere.
    « Non puoi neanche immaginare quanto. » era stata la prima persona a parlare così a quel modo, era davvero un tipo misterioso e questa cosa la affascinava da una parte e la irritava profondamente dall’altra.
    Tuttavia trovava la sua compagnia piacevole e questo le bastava.
    « Non indagherò oltre, comunque. A volte è vero quello che dici tu, non sai mai quello che la gente potrebbe pensare ma… credo allo stesso modo che starsene in silenzio a volte sia ben più straziante di ricevere anche solo una mano di aiuto o semplicemente una parola. Io la vedo così. Forse credo troppo nelle persone e a volte ci rimango fregata. Ma a differenza degli altri io lascio a tutti un motivo per credere in me. » e nel suo ideale di un mondo migliore.
    Pareva che in quel momento fosse una visionaria, una di quelle che pensa che il Castello nel Cielo possa esistere davvero e che il Grande Gundam muoverà i suoi passi per proteggere tutto il mondo da gravi minacce.
    Quando lesse sulle labbra di Lawrence la parola eroe, Mirai fece una smorfia e gonfiò le guanciotte come se in qualche modo l’avesse offesa.
    « No grazie. » rifiutò come si rifiuta un invito ad un ballo o un invito a cena alzando la mano libera dal peso della sua testa con il palmo rivolto al suo interlocutore « Non fa per me. Anche se in fondo sarebbe stata effettivamente la strada più semplice per arrivare dove voglio arrivare io ma… no. Grazie. Preferisco stare qui, con i piedi per terra, senza un foglio in mano, ad aiutare davvero la gente. » era la prima volta che parlava così apertamente di quel tema così spinoso per lei e non pensava assolutamente di farlo con lui ma… c’era entrato lui in quel discorso!
    « Credi che serva davvero una licenza… per essere un eroe, Lawrence? » stranamente riuscì a pronunciare quel nome, come non lo sapeva neanche lei, ma c’era riuscita. Certo suonava un po’ nasale e la pronuncia non era proprio al cento per cento corretta ma già il fatto che si era sforzata di dire quel nome significava che quello che aveva chiesto era un argomento serio. Molto serio per lei.

    « In realtà… lo trovo un nome molto forte! Sì. Ti si addice.» Tessitore di Sogni era un nome molto altisonante che in qualche modo ce lo vedeva bene sfoggiato da quel ragazzo Di sicuro non lo considerava proprio da ragazzini, era un nome che racchiudeva molto di lui e il mistero si infittiva sempre di più e più informazioni aveva e più diventava intrigante quella storia Chi sei tu in realtà…Roren-kun? lo squadrò cercando quasi di leggergli nella mente ma quello che ottenne fu soltanto una … lezione di inglese.
    Chiuse il portatile e iniziò a muovere il suo dito verso di lei in moti non del tutto continui e ripetitivi cercando quasi di dare un ritmo a quel nome che cercava di farle pronunciare.
    Mirai lo osservò inarcando un sopracciglio, ed era quasi sul punto di dire “mi stai prendendo in giro? Screanzato! Ed io che credevo fosse in via di miglioramento questa serata!”
    Sospirò.
    « E vaaa bene. » osservò le labbra del giovane e cercò di emulare ogni singolo movimento « Duriim-uib-uiva. Duriimuiva. » sembrava che stesse per avere un crollo nervoso da quanto aveva smesso di battere ciglio e da quanto si stava sforzando di osservare la costruzione di quella parola così astratta per lei.
    In qualche modo ci era riuscita però… quasi. Era una sottospecie di inglese mischiato a giapponese con l’aggiunta di un pizzico di lezioni di Des-san.
    « E’ davvero complicata. » crollò infine completamente distesa con le braccia sul tavolo e la testa in mezzo a queste ad osservare dal basso il volto del ragazzo con un espressione a dir poco arresa « L’inglese è veramente una lingua strana. » come tutte quelle che erano diverse dal giapponese.
    Poteva dire che il linguaggio dei segni, almeno, era universale e invece si sbagliava anche in questo visto che cambiava ad ogni lingua straniera.
    « Sigh. » emulò il classico mugolio triste da fumetto e per un attimo rimase in silenzio osservando la spiaggia di fronte a lei con il mento poggiato sul tavolo e le braccia buttate lungo questo.
    « Roren-kun. » il fatto che lo avesse chiamato per bene una volta era stato un raro caso fortunato « Se… ti chiedessi di trovarmi un indirizzo…tu e Furu-chan mi aiutereste? » Mirai rimase ad osservare la distesa di sabbia di fronte a lei, persa nei suoi pensieri.
    E in quel momento le tornò di nuovo quella domanda, quella domanda così naturale come bere un sorso d’acqua: cosa desiderava davvero?
    Riuscirò mai ad incontrarlo? si rese conto che per quanto fuggiva o per quanto cercava di tenere lontano da lei quel ricordo, quella rivelazione, Mirai non riusciva a scappare da quel fantasma….eppure si rese conto che forse, in quel momento, quel ragazzo che aveva accanto e che aveva cercato di insegnarle nuove cose di tecnologia e di inglese poteva aiutarla.
    Lui, quel pc, quel programma, che FROST poteva fare al caso suo.
    Non sapeva come fosse arrivata a quello ma come un’epifania gli occhi della ragazza si sgranarono e si posarono su Lawrence.
    Se qualcuno poteva aiutarla davvero a trovare quella persona erano loro, loro e basta.
    « Sto… cercando una persona, molto importante per me ma… non so come fare. So davvero poco su di lui e so che mia madre mi ucciderebbe se lo scoprisse – sai era…beh come dire… è complicato. Dire “amante” è riduttivo. » disse e le faceva ancora male dire una cosa del genere di fronte ad un estraneo ma era utile che comprendesse la delicatezza di quella richiesta.
    Era riuscita a tenere dentro per così tanto tempo quel desiderio, e adesso che aveva accanto a sé un genio della tecnologia non poteva non provare a chiedergli aiuto.
    « Sai. Mi hai fatto capire che so cosa fare della mia vita ma che allo stesso modo ho ancora tanti pezzi da mettere insieme. E a volte provo a tenere nascosto ciò che voglio davvero per…non far soffrire le persone a cui voglio bene ma… devo sapere. Devo trovare questa persona e tu sei l’unico che può aiutarmi. Lo farai? » lo guardò con un’aria di supplica, incrociando le mani in un atto di preghiera con i suoi occhioni ambrati e languidi che si specchiavano in quelli di lui « Purtroppo non so niente di lui, tranne il suo cognome e nome… Bur- Buran-… » si fermò e sospirò bofonchiando tra sé e sé un « maledetto inglese » per poi sfregare ripetutamente il dito sulla condensa del boccale e tracciare sulle assi del tavolo il nome "Brandon Irwing" – che ovviamente non riusciva a pronunciare nonostante avesse un’importanza parecchio grande nella sua vita.
    Per sua fortuna aveva letto così tante volte quel nome che ricordava ogni singola lettera che lo componeva.
    « Sì ecco, si scrive così. E… so solo che…dovrebbe lavorare nel mondo dello spettacolo, non so però di preciso dove…ecco. E’ troppo poco vero? Non so nient’altro, e chiedere a mia madre equivarrebbe a gettarmi in una vasca di squali…ma… tu puoi riuscirci, no? Tu e Furu-chan potete trovarlo, vero? Sei l'unico che può farlo. » in quel momento sembrava proprio la principessa spaziale di un famoso film mentre si rivolge al suo fidato cavaliere con un messaggio di aiuto.
    -Sei la mia unica speranza- cit.
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    Certo che non avevo tutti i torti.
    Avere sempre ragione è una fatica incredibile. Ma anche stavolta avrei fatto del mio meglio per sopportare questo peso sulla mia testa e andare avanti. Incrociai le dita sotto il mento, osservandola per un attimo mentre parlava degli eroi - pezzo di carta? Beh, nel mondo dei grandi la cosa era un pochino più complicata di così. Aiutare il prossimo era qualcosa che bisognava fare nel rispetto delle regole, secondo la mia modesta opinione. E una licenza era necessaria per poter stare all'interno delle regole che definivano una società come tale. Il fatto che a me di quelle regole non importasse nulla, era un altro paio di maniche ovviamente.

    « Credo che le regole siano state create per una ragione. E gli eroi, fondamentalmente, non esistono. E' gente che fa del proprio meglio, fallendo nella maggior parte dei casi. Ma, nondimeno, è quello che abbiamo. »

    Ignorai il suo sguardo di protesta al mio tentativo di farle pronunciare correttamente il mio nickname, più per noia che per altro. Dopo qualche tentativo, l'aveva quasi azzeccato, quindi decisi di lasciarla in pace. Quindi, mi si addiceva, uh? Non ero propriamente d'accordo. Ma ormai era un nome che mi era rimasto addosso e non me ne sarei liberato troppo facilmente.

    « Visto? Meno peggio del previsto. Brava. »

    Aprii nuovamente il portatile, iniziando a lavoricchiare sulle solite stringhe di codice che stavo portando avanti già da qualche ora. Tirai un nuovo sorso dal drink, che ormai era diventato annacquato, complice il tempo che avevo perso in chiacchiere. Riguardo alla sua richiesta, assunsi un'espressione pensierosa. Trovare l'indirizzo di una celebrità? Non era la cosa più difficile che avevo fatto oggi.

    Non le risposi, neanche la guardai.
    Ero impegnato a fare altro.
    Quanti Brandon Irwing potevano esserci a Tokyo? Non tantissimi.
    Specialmente visto il fatto che aveva quasi sicuramente più di un numero di telefono intestato a sè. Attraverso una backdoor ormai famosa nei sistemi di determinate compagnie di telemarketing avrei potuto facilmente ottenere almeno uno di quelli. Lasciai che una delle mie appendici filamentose si infilassero nella presa USB più vicina del mio computer, per permettermi di applicare maggiore controllo e assicurarmi che tutti i vari VPN che stavo utilizzando funzionassero a dovere. La russia va di moda, in questo periodo, per dissimulare la propria posizione. Successivamente, con il numero di telefono in mano, risalire a una mail, dalla mail accedere alla sua history di geolocalizzazione, verificando dove trascorreva la notte. Scartando qualche hotel qui e lì, una serie di studi ... per esclusione, si arrivava alla sua abitazione. Nel giro di tre minuti, durante i quali avevo fatto silenzio e non avevo pronunciato una parola, presi il bicchiere della ragazza e con un pennarello che avevo tirato fuori dal mio zaino ci scrissi sopra l'indirizzo che mi aveva chiesto.

    « Non sono l'unico che può farlo. Ma l'indirizzo che cerchi è quello. Sono quattrocentocinquanta yen. »

    Il mio tono di voce era rimasto piatto e atonale per tutta la frase e lo sguardo si era solo alla fine alzato dallo schermo.
    Serio come un funerale, decisi di vedere come la ragazza avrebbe reagito prima di parlare ancora. Le avevo in ogni caso restituito il bicchiere. Per fortuna avevo i guanti.

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    In quel momento un mix di forti emozioni la pervadeva, aveva fatto bene a chiedergli di trovare l’abitazione di quella persona? Era la cosa giusta ricercarlo, ora che i suoi erano tornati felici e spensierati dopo tutto quello che era successo durante i mesi di quarantena?
    Soprattutto, perché non lo aveva fatto di persona di fare questa ricerca? In fondo non era proprio un nome sconosciuto, avrebbe potuto forse trovare anche lei quelle informazioni… allora perché non l’aveva fatto?
    … vorrei davvero, ma ho paura. sì, proprio per questo. Quello era il motivo che l’aveva trattenuta per così tanto tempo dopo quella scoperta.
    Aveva paura.
    Aveva paura di poter scombussolare l’equilibrio di tutte le cose e mandare a pezzi il suo universo creato in principio su una piccola e semplice menzogna: Obi Ishigami era suo padre.
    Glielo aveva chiesto infine.
    Aveva vinto quella paura e aveva chiesto a Lawrence l’indirizzo di quella persona, certo proprio una celebrità famosa non era ma era comunque conosciuto nel suo campo… o almeno questo le aveva detto sua madre e non sapeva neppure se tutto questo era vero o era ancora un’altra menzogna ma tanto valeva provare e l’unico che davvero poteva riuscire in questa impresa sedeva proprio lì accanto a sé.
    Era stata forse quello un segno del destino? Di sicuro non avrebbe avuto un'altra occasione per chiedere aiuto.
    Il ragazzo continuò a scrivere sul suo computer e non sembrava neanche averla ascoltata nel mentre, neanche la degnò di uno sguardo a quella richiesta e per un attimo Mirai si ritrovò a fissare il bicchiere pensando che forse non gli interessava la questione e che avesse cose più importanti da fare.
    Come posso biasimarlo?... non si mise neanche a curiosare sullo schermo del pc, non si mise ad osservarlo utilizzare il suo Quirk, portò lo sguardo verso il mare.
    Il mare così placido e tranquillo, illuminato da una bella luce che si rifletteva sulla sua superficie: c’era pace in quel posto, una pace che Mirai avrebbe voluto avere dentro di sé.
    Mirai restò a contemplare lo scenario con la mente vuota, senza focalizzarsi sull’acqua, sulle onde o sulla spuma marina, sui bimbi che giocavano a racchettoni o sui sospiri di vento che le scompigliavano leggermente i capelli.
    Rimase in silenzio, con il mento poggiato sulla mano e passarono pochi minuti prima che potesse percepire un movimento del braccio del ragazzo.
    « Mh? » Lawrence le prese il bicchiere con ancora un po’ di ghiaccio rimasto e ci scrisse un indirizzo « Ma…l’hai trovato? » chiese spalancando gli occhi con immensa sorpresa « L’hai trovato DAVVERO? » richiese osservando quell’indirizzo senza neanche pensare a dove fosse… ma il fatto di avercelo lì, tra le sue mani, scritto a pennarello era come se… era come se le avesse fatto un regalo magnifico.
    Quando riprese il bicchiere le sue mani tremarono e per un attimo sentì un colpo allo stomaco dalla gioia.
    I suoi occhi si inumidirono e sentì l’emozione salirle in gola tanto da formarle un groppo che non riuscì a mandare giù nonostante tutte le volte che cercava di deglutire.
    « I-Io non ... non so che dire... » si voltò verso di lui per ringraziare ma fu presa alla sprovvista dalle sue parole sui 450 yen che gli doveva.
    Per un attimo si fermò e poi gli sorrise e si mise a ridacchiare.
    Non che avesse tutti quei soldi a portata di mano ma la cosa sembrò per un attimo riportarla con i piedi per terra e sollevarla da quello stato di agitazione che aveva dentro.
    « P-Purtroppo non ho quella cifra con me … ma… posso darti il mio numero. Così appena avrò il mio primo stipendio, posso passare al tuo negozio e ripagare il mio debito. » disse con una voce rotta dall’emozione mentre stringeva a sé il bicchiere come se fosse un tesoro di inestimabile valore.
    Poi afferrò il pennarello di Lawrence senza neanche chiedergli il permesso e scrisse il suo numero sul suo bicchiere e glielo porse non prima di averlo ringraziato « Grazie… Roren-kun. Grazie di tutto cuore...» sorrise, e nel momento in cui lo avrebbe afferrato, Mirai si sarebbe letteralmente lanciata – come suo solito – al suo collo « Sei… stato davvero gentile e buono. Sei… davvero una persona fantastica. » e lo strinse a sé con tutta la forza che aveva « Grazie. Mi hai davvero cambiato la vita. » forse era una frase piuttosto complessa e grande da dire in questa circostanza ma in effetti… le aveva cambiato la vita.
    Perché adesso poteva ritrovare quella persona, adesso non aveva più scuse per rimandare quell’incontro.
    Adesso non aveva più scuse per ritrovarlo.
    Si ricompose, con il volto arrossato, accanto a lui « Bhe, non ho così tanto denaro per pagare il mio debito ma che dici se intanto ti offrissi un nuovo giro? Posso restare ancora per un po’… e … non mi dispiacerebbe passare un altro po’ di tempo con l’eroe Dureamuiva! » eroe, non era forse questo per lei in quel momento?
    Un eroe che le aveva dato la possibilità di fare un grande passo verso un’altra grande avventura.
    Forse la più grande... dopo quella per diventare Vigilantes.
    Vigilantes 17 y/o Liv.4 Scheda ©


    /Ho ringraziato in pvt ma ti ringrazio anche qui per avermi dato la possibilità di sfruttare le abilità di Lawry per alcuni sviluppi di Mirai. Grazie ancora per tutto!/
     
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    ... perché era stupita?
    Non era stata un'operazione troppo complessa.
    Avevo violato qualche legge qui e lì, ma le possibilità di essere scoperto erano minime. Ero certo che avrebbe potuto trovare un'altra soluzione per trovare questa persona - perché chiederlo proprio a me? Sinceramente... non mi interessava più di tanto. Scelsi ancora una volta di non indagare troppo. Avevo appena... davvero, guadagnato quattrocentocinquanta yen?

    Era metà dello stipendio medio di un lavoratore part-time.
    Questa ragazza non si rendeva conto di come la gente avrebbe potuto approfittarsi di lei e ingannarla. In fondo, cosa le impediva di andarsene senza aver pagato? Le avevo dato l'informazione... certo, volendo avrei potuto cercarla, farle arrivare ordini di pizze a domicilio in una quantità spaventosa.

    « Non serve. Mi devi un favore, semplicemente. Lascia stare i quattrocentocinquanta yen. Prendo volentieri il tuo numero. Prima o poi ti farò una telefonata, se mi dovesse servire una mano in negozio. »

    Rimasi ad ascoltarla senza muovermi, indeciso se spostare o meno lo sguardo. Semplicemente perché avrei avuto qualche problema ad assumere un'espressione che non la deludesse - era più forte di me. Provai a fare del mio meglio allora per fare un piccolo sorriso, ma mi venne fuori solo una smorfia disarticolata e poco convincente. Scelsi quindi di tornare alla mia solita espressione pacata.

    Eroe?
    Nah.
    Non ero un eroe.
    Che cosa avevo fatto, in fondo?
    Un eroe è qualcuno pronto a sacrificare parte di sè per aiutare il prossimo. Qualcuno che fa del suo meglio per risolvere dei problemi. Quello che era successo era solo un banale evento nella vita di tutti i giorni. Il panettiere non è un eroe, l'uomo che ti ripara il pc non è un eroe. E' solo qualcuno che si trova lì e ti offre un servizio. Gli eroi sono un'altra cosa. Gli eroi non esistono.

    « Va bene, allora. Però stavolta prendo un cocktail alla frutta. Questo... coso impronunciabile ha un nome troppo lungo. »

    Dissi, scrivendo rapidamente il suo numero di telefono nella rubrica al computer, prima di mettere via il bicchiere. Per la cronaca, l'avevo messo in borsa, ma nessuno avrebbe dovuto saperlo.

    | Vigilante | #Livello 4 | 23 anni | © |
    Energia: 300 | Forza: 040 | Quirk: 135 | Agilità: 100
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    Ciao ragazzi, innanzitutto mi scuso per il ritardo ingiustificato.
    Non ho nulla di particolare da segnalare salvo che avete fatto 22 post quindi prendete il bonus.

    Mirai: +50exp +25exp
    Lawrence: +50exp +25exp

    Chiudo.
     
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22 replies since 29/6/2021, 21:32   422 views
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