Stufato di Cinghiale e Insalata di Polpo

Role | Akahito&Kensei

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    Akahito Mori
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    Quella mattina il mercato del pesce non era particolarmente affollato. Sì, come al solito al banco pescheria Mori c’era una grande affluenza di clienti, ma rispetto agli altri giorni erano di meno: che le condizioni climatiche avessero giocato a sfavore dei pescivendoli, quel giorno? In effetti il cielo era coperto da nuvole e, di tanto in tanto, si vedeva cadere qualche goccia. Ad Akahito, così come a tutti gli altri lavoratori del luogo, poco cambiava: per terra era praticamente sempre bagnato e il tasso di umidità in quei locali non era dei più bassi. Le diverse pescherie, come al solito, erano addossate l’una all’altra e non era semplice distinguere dove finisse una e dove iniziasse un’altra. Storia diversa era per lo stand di Akahito, che spiccava in grandezza rispetto a quelli che lo circondavano.
    «... e quindi sto un po’ in ansia, Masaki. Mi sono spiegato?»
    Akahito aveva appena finito di sproloquiare con uno dei suoi dipendenti circa le condizioni che, ormai da diversi mesi, viveva a casa propria. Masaki era un uomo di cinquantasette anni, leggermente più basso di Akahito. Si trattava uno dei più gentili, tra i dipendenti del Vigilante, ed uno dei pochi che lo ascoltava attentamente ogni qualvolta il ragazzo avesse un problema: tutti gli altri avevano seri problemi nel concentrarsi anche solo su una frase, motivo per cui Akahito li evitava categoricamente, prediligendo la preziosa compagnia di Masaki.
    «Secondo me non c’è motivo di preoccuparsi, Capo. Se fin’ora non ha combinato nessun guaio, non vedo perché debba iniziare a farlo adesso.»
    Gli rispose l’uomo, tentando di essere quanto più gentile e delicato possibile. Akahito, intanto, non l’aveva degnato di un solo sguardo, troppo impegnato a fissare il pavimento, assorto nei propri pensieri: le parole di Masaki lo raggiunsero solo in parte.
    «In realtà non è lui il problema. Sono i suoi gatti. Non mi fido di loro. Io odio i gatti.»
    Pronunciò l’ultima frase in maniera nervosa, quasi come se il disprezzo che aveva deposto in essa potesse far sparire nel nulla quei dannati felini.
    «Finché saranno in casa mia, non vivrò tranquillo. Li prenderò a calci in culo e li sbatterò fuori da casa, non c’è altra soluzione.»
    «Capo ma—»
    «Sì, so esattamente cosa fare. È tutto chiaro. Non posso lavorare e avere il pensiero costante di quei fottuti gatti del cazzo.»
    Interruppe immediatamente Masaki, senza neanche dargli il tempo di rispondere. Sì, se non si fosse ancora capito, ad Akahito importava principalmente essere ascoltato: di sentire il parere degli altri non gliene fregava granché, motivo per cui interrompeva il lavoratore quasi sempre senza potergli dare effettivamente il tempo di esprimere la propria opinione.
    «E se cagassero sul mio DVD dei “10 Predatori Più Feroci dell’Oceano”? Eh? Ci avevi mai pensato, Masaki
    Domandò, estremamente serio come suo solito, ma anche in quel caso non dette al lavoratore nemmeno un istante per rispondere.
    «No, non esiste. Mi vengono le convulsioni solo a pensarci. Forse dovrei tornare a casa e mettere al sicuro il mio DVD, per poi tornare qui.»
    «Io non credo che—»
    «Non c’è bisogno che tu me lo dica, Masaki. So di doverlo fare. So bene di dover andare a casa e di assicurarmi che il mio DVD sia sano e salvo.»
    «Io veramente volevo dirl—»
    «Ma non posso farlo. Non posso. Devo lavorare. E dovresti farlo anche tu, Masaki. Adesso muovi quel sacco di patate che ti ritrovi al posto del culo e datti una mossa.»
    Spiegò, nervoso e con la sua solita espressione tutta imbronciata, cosicché il collaboratore annuì ripetutamente alle parole del Vigilante e si apprestò a risistemarsi per tornare alla propria posizione.
    «Aspetta. Ti aggiusto la bandana.»
    Akahito trattenne l’uomo afferrandogli la spalla e, con la delicatezza di un elefante, gli sistemò il pezzo di cotone che Masaki aveva precedentemente indossato per proteggere i prodotti ittici dai propri capelli (per quanti pochi fossero).
    «Grazie, Capo, lei è un uomo gentile.»
    Disse lui, sorridendo con fare sincero.
    «Adesso sbrigati, prima che ti tiri un calcio nel fondoschiena.»
    Lo minacciò, cosicché il dipendente si volatilizzò tornando ad occuparsi delle proprie mansioni.
    Nel frattempo, nei pensieri del nostro pescivendolo tornarono a frullare le più disparate idee riguardo il proprio DVD preferito. Una preoccupazione del tutto inutile, dal momento che questo era custodito con attenzione all’interno di uno scatolo contenuto in un cassetto. Eppure, Akahito non poteva fare a meno di pensarci, non trovando una soluzione migliore per rimediare alla propria ansia che non vedesse quei due fottuti gatti fuori dalla porta.
    O forse poteva parlarne con Gabriel Daystar.
    Sì, aveva quasi dimenticato che quell’idiota era il padrone dei due felini.
    Ma ormai lo conosceva bene, che cosa avrebbe mai potuto ricavare da una chiacchierata con l’ex-Villain? Probabilmente gli avrebbe detto di sì, che li avrebbe cacciati, soltanto per evitare di sorbirsi le proprie urla, per poi lasciarli tranquillamente stazionare ancora in appartamento finché il moro non si fosse dimenticato di nuovo della questione.
    E allora, cosa poteva fare?
    Non ebbe tempo sufficiente di pensarci ancora che venne distratto da un’enorme cassa di polpi che veniva trasportata verso i banchi di esposizione al pubblico.
    Si diresse a passo rapido verso il contenitore, seguendo i due omoni che lo reggevano, finché non li raggiunse a sufficienza da potersi far sentire senza sbraitare come una scimmia urlatrice come suo solito.
    «Fermatavi subito.»
    Ordinò, cosicché i due si guardarono l’un l’altro con espressioni che trasmettevano confusione e spavento, per poi posare lentamente la cassa su un piano di legno poco distante da lì.
    Una volta comodo, Akahito avrebbe indossato dei guanti e avrebbe iniziato ad ispezionare la cassa, facendo attenzione alle ventose. Dopo circa cinque minuti - in cui i due trasportatori furono costretti a rimanere lì impalati guardando il Vigilante - Akahito tirò fuori dall’acqua quello che sembrava essere in tutto e per tutto un polpo. Non aveva granché di diverso rispetto agli altri, anzi, dall’aspetto era indistinguibile.
    Prima di aprir bocca, il ragazzo lo osservò con attenzione, ponendolo sul piano di legno - naturalmente pulendo prima la superficie - e scrutando a fondo i suoi tentacoli.
    «Chiamate subito il veterinario ispettore. Siamo appena stati oggetti di una frode Aliud Pro Alio.»
    Disse, senza nemmeno guardare in faccia i due - troppo occupato ad ispezionare il polipo - proferendo quell’ultima frase come se avesse risolto il crimine più importante della Storia.
    «Questo è un Ottopode ma non è un polpo. Guardate le ventose, sono di meno e sono distribuite su meno fila rispetto agli altri.»
    Spiegò, strizzando gli occhi, non assicurandosi nemmeno che qualcuno lo stesse ascoltando.
    «Stavolta li faccio neri questi bastardi...»
    Sussurrò, nervoso. Ad Akahito non capitava quasi mai di essere ingannato, ma col tempo aveva imparato a riconoscere tutte le possibili frodi che potevano coinvolgere il mercato ittico. Aveva imparato tutti i caratteri di freschezza dei pesci, dei molluschi, dei crostacei e dei cefalopodi, con una facilità sorprendente. Sì, sorprendente se comparata al tempo che invece impiegava a scuola per memorizzare mezza pagina.
    «Venite qui, vi faccio vedere!»
    Sbraitò, in modo da ottenere l’attenzione dei dipendenti che in quel momento si trovavano nei pressi del grosso contenitore.
    «Adesso vi spiego cosa differenzia questo da un polpo, così che in futuro possiate accorgervene anche voi. Sturate per bene quella fogna marcia che avete dentro le orecchie perché non lo ripeterò due volte.»
    E così Akahito iniziò a urlare come se non ci fosse un domani, non curante del fatto che qualche passante avrebbe potuto tranquillamente assistere alla scena, attirato da quelle grida selvagge.
    In tutto questo, il Vigilante maneggiava l’animale in maniera tutt’altro che carina, dal momento che le ventose di quest’ultimo tendevano ad attaccarsi di continuo ai guanti che coprivano le proprie mani: non poche sarebbero state le volte in cui Akahito l’avrebbe agitato senza porte attenzione, più interessato a liberarsi dalla presa dell’ottopode che dell’ottopode stesso.


     
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    KENSEI KURAYAMI

    « No. NO. Io mi rifiuto! » incrociò le braccia e i tentacoli, a due a due, seguirono quel movimento incrociandosi davanti al suo ombelico e poco sotto il punto vita.
    Kensei non intendeva cedere alla richiesta della vecchia signora Naneki, la donna che lo aveva preso come coinquilino, factotum presso la sua libreria, una sorta di nipote.
    “Kenchan. Lo sai che a me piace l'insalata di polpo. Ma non viene buona se non ci sono ingredienti freschi, caro.” La vecchia non sembrava cedere altrettanto il terreno di scontro: voleva l’insalata di polpo per cena e l’avrebbe avuta.
    Non importava come avrebbe fatto ad ottenerlo, ma lo avrebbe ottenuto dal figlio dell’Eden a costo di scendere a biechi escamotage.
    « *Sgrunt* Niente da fare. Col cazzo che vado in quel posto! Lo sai, vecchia, che mi fa senso! » disse alzando leggermente la voce e battendo un piede per terra ribadendo che andare al mercato del pesce, per lui, era una sottospecie di tortura gratuita che avrebbe dovuto subire volontariamente per far felice la vecchia a cena.
    La vecchia parve per poco sorridere prima di mettere una delle manine rugose vicino alle labbra rinsecchite e gonfiare le guanciotte per poi voltarsi verso la finestra aperta e urlare un “Hai per caso detto CHE VUOI FARE SES-?” I tentacoli di Kensei si mossero prima delle sue mani e si gettarono sulla vecchietta minuta e ringobbita – molto più bassa di lui – e per poco non riuscì a finire quella frase prima che tutto il vicinato potesse sentirlo.
    « Shhhhh!!! Ma dico? Ti sei rincoglionita tutta in una volta per caso! Cosa cazzo urli?? E ho detto senso, SENSO, S - E - N- S - O. E poi io stasera voglio lo stufato, vecchia! Mettiti l'anima in pace! Stufato di cinghiale. » ribadì secco, anche se il suo cuore pompava a mille e sentiva avvamparsi da testa ai piedi per l’imbarazzo.
    La vecchietta lo guardò dalle fessure che aveva a causa delle palpebre calanti e sorrise di nuovo prima di gonfiare ancora le guance flaccide e provare ad urlare di nuovo “ HAI PER CASO DETTO CHE VUOI FARLO An—” grazie al cielo un tentacolo si precipitò a tapparle prima che potesse finire quella maledetta frase – sempre molto delicatamente - perché altrimenti tutto il vicinato gli avrebbe dato del pervertito che faceva cose estremamente sconce con una nonnetta e già si vedeva dietro le sbarre a passare il resto della sua vita per colpa di un insalata di polpo.
    Un – insalata – di – POLPO.
    E’ davvero così che la mettiamo?
    Dopo la morte di sua madre era scappato, si era dileguato, si era trovato una vita sostitutiva – in parte – si era trovato una casa e un lavoro, tutto un piano perfetto per poter mantenere l’anonimato e no.
    Non aveva alcuna intenzione di mandare a puttane tutto per un insalata di polpo e una vecchia che aveva ancora tutti gli assi nella manica per essere molto più Villain di lui.
    Mi fa passare per un depravato?! E i vicini cosa diranno?! Non posso passare per quello che fa cose sconce con una nonnetta! No! E va bene! Maldetta....
    « VA BENE! CI ANDRÒ. MA. NON. URLARE. HAI VINTO. »
    La lasciò andare e un sorriso bieco si era dipinto sul volto rugoso e antico della vecchina che lo congedò dicendo che i soldi gliel’avrebbe scalati dall’affitto del mese successivo.
    “Bravo, Kenchan. E adesso vai tesoro o non troverai nessun polpetto buono ad aspettarti.” c'era qualcosa di oscuro in quella vocina e dietro quel sorrisetto rinsecchito. Un "non vorrai mica tornare a casa a mani vuote, vero?"
    « Vado. » e in fretta e furia si vestì con quello che aveva a portata di mano, ovvero pantaloncini corti, un haori bianco con i bordi grigio cenere – e nulla sotto, ovviamente – e un paio di infradito.
    Si avvoltolò i tentacoli in fondo alla vita in modo che sembrassero ad un occhio poco attento una cintura piuttosto stravagante mentre con l’haori tentò di coprirli in fondo il più possibile lasciando il petto scolpito all’aria.

    Il mercato del pesce era come un girone infernale creato apposta per lui.
    Da una parte aveva la tentazione della gola derivata da ogni crostaceo che i suoi occhi potevano incrociare, dall’altra era una tortura vedere polpi, e cose simili, venire maltrattate – tagliate – sventrate.
    Era una cosa che gli faceva senso… forse perché ci si rivedeva? Molto probabile.
    « Devo assolutamente trovare un polpo fresco o… » deglutì a vuoto e si massaggiò la nuca dietro come se sentisse il peso della spada di Damocle sopra la sua testa. Un errore, un solo piccolo errore ed era un Kraken morto.
    Anche se nel suo cuoricino c’era comunque la speranza di tornare indietro con un no, affrontare la sua ira, e cucinare lo stufato di cinghiale…. Ma la parte della “sua ira” per Kensei era una cosa da evitare.
    Si ricordava la prima volta che l’aveva fatta arrabbiare. Dormì con il cane nella libreria e il mattino dopo dovette lavorare il triplo del normale.
    Un brivido lo scosse nel profondo e lo spinse ad addentrarsi nel viottolo che percorreva il mercato.
    Tra la nausea e l’acquolina in bocca, Kensei cercò in lungo e in largo ogni banco alla ricerca di qualcosa che somigliasse vagamente ai suoi tentacoli ma… niente.
    Un banco dopo l’altro erano un fallimento e ad ogni “no, ci spiace è finito” la spada si avvicinava sempre più pericolosamente alla sua testolina.
    Devo assolutamente trovare un polpo fresco o sono fritto… ti prego. Fa che questo…
    « Mh? … ooh. » le sue preghiere parevano essere state esaudite.
    Kensei Kurayami si fermò di colpo attratto da quelle urla di quel tizio che non sapeva se stesse facendo una ramanzina o stesse facendo una lezione di biologia marina.
    Al ragazzo non gliene importava più di tanto, neanche stava osservando il tizio che stava facendo tutto quel chiasso: i suoi occhi vennero completamente inchiodati a quello che aveva in mano quel ragazzo. Tentacoli e un corpo molle: un polpo. Sicuramente era un polpo che veniva brandito come una scimmia poteva brandire un enorme sasso.
    Si avvicinò a passi svelti come se potesse lanciare l’unica sua possibilità di salvezza, quando notò che un sacco di gente che lavorava presso quel bancone del mercato si era tutta fermata vicino ad una cassa di cui ignorava il contenuto e lo sentì inveire contro qualcuno o qualcosa.
    « Ehm. Mi scusi… » borbottò alzando il ditino in direzione di quello che agitava la povera creatura, pensando che fosse il proprietario di tutto ma le parole si congelarono in gola. O meglio non si stava sentendo poi così bene a vedere quella povera creatura così maltrattata e non riuscì a finire la frase – che tanto il ragazzo dagli strani capelli blu non pareva neppure averlo sentito -.
    Si sentiva torcersi le budella e più i tentacoli di quella cosa si avvinghiavano sulla mano di lui e più lui la scuoteva via per liberarsi da quella presa più Kensei si sentiva girare la terra sotto i piedi.
    Gli faceva male, veramente male a vedere una scena simile: era come assistere ad una violenza gratuita su una povera creaturina indifesa con i tentacoli. Un mini mini kraken maltrattato.
    Era una sofferenza.
    Troppo, non poteva starsene fermo a guardare e subire.
    Ho bisogno che si fermi.
    Non sapeva ancora come fare ma sentiva la necessità che tutto si fermasse, che prendesse quell’essere che aveva in mano, che lo portasse alla vecchia e che sparisse per cena prima di vedere una versione di sé stesso cucinata con le patate.
    Era davvero una sofferenza.
    Un girone infernale creato apposta per lui.
    Doveva finire.
    « La smetta, per favore. » disse a fil di voce… quasi lo chiedesse per cortesia, o avesse paura di chiederlo a voce alta per non fare brutta figura. In realtà non aveva proprio una bella cera, non riusciva a tollerare oltre.
    All’ennesima volta che il ragazzo tentò di liberarsi malamente da quella presa Kensei preso da un istinto primordiale - come poteva essere la sopravvivenza della specie – si gettò con tutto sé stesso fino bicipite del ragazzo (in fondo era la parte più libera dai tentacoli che cercò di evitare con meticolosità) che teneva la povera creatura in mano per porre fine a quella tortura.
    Tentò di fermargli il braccio con una mano, visto che avrebbe impiegato troppo tempo a sciogliere i tentacoli e a sfruttare quelli e visto anche che utilizzarli avrebbe attirato attenzioni che non avrebbe voluto in quella giornata.
    Sarebbe stata la ciliegina sulla torta.

    Non avrebbe dovuto farlo, forse, ma lo fece.
    Cercò di stringergliela abbastanza per fermare ogni movimento mentre con uno sguardo freddo e rigido stavolta trovò la voce per dire di nuovo la stessa identica frase di prima mettendoci un po’ più di enfasi « La smetta. Per favore. » batté quelle parole come se fossero su un’incudine, stringendo i denti per evitare di vomitargli addosso – la bile in gola già c’era quindi non era una cosa del tutto impossibile che potesse accadere – « Non si tratta in questo modo una così nobile specie. » disse come se stesse parlando della sua stessa genealogia.
    In realtà Kensei non aveva la più pallida idea della differenza che c’era tra un ottopode e un polpo: per lui avevano entrambi i tentacoli -come lui-, entrambi avevano ventose sotto i tentacoli – come lui - , ed entrambi erano mollicci e vellutati - come i suoi capelli - .
    Stava proiettando la sua figura in quella massa tentacolosa che risiedeva nella mano del tipo? Probabile.
    Si sentiva soffocato in quel momento, e sperava davvero che quel tipo potesse assecondare la sua richiesta e liberarlo di quella tortura, dargli ciò che voleva affinchè potesse andarsene e far contenta la vecchia e scappare per tutta la serata.
    « P-Potrebbe incartarmelo, ho una certa fr-°burb°-fretta. » deglutì la saliva a metà discorso, perché? Perché si era accorto che quel braccio era tanto… parecchio…muscoloso e non se l’aspettava proprio.
    Oh. si era davvero messo a saggiare il suo muscolo in una situazione simile?
    Sì. Lo aveva fatto.
    Inconsciamente l’aveva fatto.
    Villain 22 y/o Liv.2 Scheda ©


    Come detto in Assenze e in pvt, scuuusami per l'immenso ritardo >///<
     
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    Akahito Mori
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    Akahito sarebbe stato disposto a calmarsi, pur essendo appena stato sottoposto ad una truffa.
    Sì, esatto, avete capito.
    Non aveva intenzione di alterarsi eccessivamente, perché negli ultimi tempi stava cercando di ridurre le sue scenate da scimmia urlatrice (soprattutto a lavoro).
    Mettersi a sbraitare non faceva bene né alla propria figura, né alla serenità lavorativa dei propri dipendenti.
    Ed era proprio questo il motivo per cui, quella volta, il nostro pescivendolo sarebbe stato ben lieto di limitarsi a spiegare agli altri lavoratori le differenze che caratterizzavano quelle due tipologie di prodotto che erano state scambiate per identiche.
    Nonostante tutte queste buone premesse, la sorte quel giorno sembrò avere in serbo per Akahito dei piani ben diversi.
    Già, perché il Vigilante - proprio mentre stava spiegando - si era improvvisamente sentito afferrare il braccio, cosicché chiuse istantaneamente la bocca e spalancò le palpebre, rimanendo immobile per qualche secondo.
    All’inizio non si voltò quindi verso Kensei, ma rimase a fissare il vuoto, quasi come se qualcuno gli avesse improvvisamente piantato un coltello nel cuore.
    In realtà, nel cuore del ragazzo altro non si era impiantato se non un sentimento di nervosismo che da lì a poco avrebbe dato probabilmente adito ad un incendio.
    No.
    Doveva calmarsi.
    Chiunque fosse e qualsiasi cosa stesse facendo, Akahito non poteva buttare nel water mesi e mesi di esercizi di autocontrollo.
    Non che avessero sortito chissà quali grandi risultati, ma erano comunque dei passi avanti e non era corretto nei confronti di sé stesso mandarli all’aria come se fossero polvere.
    Tirò un profondo respiro.
    Era, indubbiamente, la prima cosa da fare.
    Poi tentò di rilassare le palpebre, che però rimasero più o meno spalancate.
    Lo sconosciuto gli aveva persino chiesto di fermarsi, di non agitare l’animale, di incartarglielo.
    Tutte frasi che, all’apparato uditivo del Vigilante, arrivarono soltanto in parte, in forma marcatamente ovattata.
    Quell’idiota.
    Non solo era entrato nella pescheria.
    Non solo aveva invaso il proprio spazio personale.
    Non solo l’aveva toccato.
    Ma adesso pretendeva anche che Akahito gli vendesse quell’ottopode come se niente fosse.
    Il giovane Mori si voltò quindi in direzione di Kensei e, una volta che gli si fosse ritrovato davanti, l’avrebbe guardato fisso negli occhi.
    Si ritrovò davanti un ragazzo che doveva avere su per giù la sua stessa età, vestito in una maniera che normalmente Akahito avrebbe anche apprezzato. A corniciare il proprio viso, una vistosa chioma di un particolare colore che sembrava contrapporsi in tutto e per tutto al proprio.
    Dall’altro lato, il Villain di Eden’s Thorn avrebbe avuto la possibilità di notare che Akahito portava una bandana bianca da cui sgattaiolavano innumerevoli ciuffi blu che finivano col poggiarsi sulla propria fronte, guance, collo. Quella mattina indossava una maglietta a maniche lunghe, bianca e stretta, con uno scollo a V sul petto; attorno alla propria vita, invece, Akahito portava un grembiule blu che non era proprio pulitissimo.
    In ogni caso, il Vigilante avrebbe fissato Kensei per un po’.
    Quanto, su per giù?
    Diciamo per alcuni secondi, secondi durante i quali avrebbe tentato di fulminare il Villain con lo sguardo e costringerlo con gli occhi a mollare immediatamente la presa.
    Nonostante ciò, quel tizio sembrava avere del fegato per cui il Vigilante non era sicuro che si arrendesse tanto facilmente.
    Poco gli fregava.
    Se fosse stato necessario, Akahito si sarebbe tenuto pronto a smollargli un bel pugno al centro della faccia.
    «Si può sapere…»
    Sussurrò, strizzando gli occhi e digrignando i denti, manco fosse una tigre pronta ad assalire la preda.
    «… Che cazzo stai facendo, razza di idiota?»
    Chiese, ringhiando, e - se Kensei non l’avesse già lasciato andare - avrebbe scosso il braccio attanagliato con vigore, con l’intento di liberarsi dalla presa del Villain.
    «Si può sapere come osi toccarmi? Vuoi forse morire?»
    Continuò e, come stabilito, riuscì - per il momento - a non alzare la voce ma a comunicare in maniera quasi calma, benché il contenuto delle proprie frasi fosse tutt’altro che tranquillo.
    A quel punto, Akahito avrebbe stretto il polpo e l’avrebbe avvicinato alla faccia di Kensei, ma senza spiaccicarglielo sul volto (o meglio, ancora no).
    «Anche se volessi sorvolare sulla tua voglia di finire all’Inferno, questo non posso vendertelo.»
    Disse, mostrandogli per bene l’animale, come se il nostro povero Kensei non fosse già abbastanza disgustato da quelle circostanze.
    «Rischierei molto nel cederlo ad un cliente, si tratta di una frode alimentare. Sono stato abbastanza chiaro? E poi perché vuoi proprio questo che ho in mano? Ce ne sono tanti altri.»
    Sì, Akahito stava davvero riuscendo a controllarsi, Signori, ma il mantenimento di quella stabilità sarebbe dipeso interamente da Kensei e dal modo con cui avrebbe reagito ai propri gesti ed alle proprie parole.
    «O forse vuoi semplicemente rompere i coglioni?»
    Domandò, inclinando leggermente il capo a sinistra, abbassando l’arto che teneva il polpo - sempre che Kensei gliel’avesse permesso - e tentando di afferrare il Villain per gli indumenti con la mano dell’altro braccio, stringendoglieli per bene all’altezza del petto.
    «Rispondi immediatamente oppure sparisci dalla mia vista.»
    Lo minacciò, come per non fornirgli delle scelte alternative.
    Come si sarebbe comportato il membro dell’Eden, rispetto a quelle minacce tanto dirette?
    Nel frattempo, Akahito avrebbe continuato a fissarlo dritto negli occhi senza mostrare neanche un briciolo di esitazione nello sguardo.


     
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    KENSEI KURAYAMI
    Aveva solo bisogno di un misero polpo.
    Una povera creatura da immolare per il piatto della cena della vecchia.
    Una sola povera sfigata creatura.
    Doveva solo prendere un polpo e andarsene, senza soffermare troppo i pensieri, senza rimuginare o farsi venire strani sensi di colpa e senza starci troppo male.
    Eppure non era riuscito a fermarsi, non era riuscito a trattenere il suo istinto – naturale? – nel vedere quella povera bestiola – schiattata – nelle mani del pescivendolo che la sciaguattava come se fosse un mero cencio da dare in terra.
    Era una cosa per lui inaccettabile.
    Si sentiva ferito nel profondo.
    E’ pompato per essere solo un pescivendolo… pensò mentre la sua mano si era stretta sul muscolo del braccio che teneva il non-polpo e aveva messo un bel po’ di forza per fermare quel movimento.
    Kensei non era pompato tanto quanto, anzi, muscoli nelle braccia quasi non ne aveva visto che le utilizzava solo per rimettere scaffalate di libri, sfogliare pagine, cucinare, lavare, stirare, abbracciare e altro ancora che non richiede troppa forza.
    Ne era rimasto stupito insomma e affascinato sebbene la sua voglia di fuggire da quel posto il più presto possibile aveva smorzato un po’ la scena comica dei due che si erano fermati, bloccati nel tempo, l’uno aggrappato al braccio dell’altro.
    Rimasero così, immobili, il ragazzo smise anche di parlare e non degnò sulle prime il Kraken che percepì solo per un istante energia negativa e pressione, deglutì a vuoto e non si mosse.
    Kensei. Kenny-boy. Quel tipo con i tentacoli che sale su qualsiasi ring clandestino e si diverte a sbattere a terra, strangolare – ma senza uccidere eh!- e menare calci rotanti come un famoso Texas Ranger chiunque gli si pari di fronte. Sì, Kensei Kurayami in quel momento avvertì per un breve istante di essere dalla parte sbagliata del Rubicone.
    Sarà stato perché quel posto lo faceva sentire vulnerabile, sarà stato per il fatto che aveva abbassato la guardia e che si era sentito ferito nell’anima ma rimase immobile sperando che non lo guardasse.
    Come un povero sauro di quartiere che si trova a dover fare i conti con un T-Rex.
    Si sentiva minacciato?....
    Quando il giovane T-Rex si voltò nella sua direzione, Kensei strinse ancora più la presa sul suo braccio: non perché effettivamente voleva fargli del male o per minacciarlo di avere una specie di ostaggio, perché in quel momento sentì un fremito corrergli lungo la schiena quando gli occhi del pescivendolo si specchiarono nei suoi.
    Il pescivendolo non solo era muscoloso, ma era anche apprezzabile, deglutì di nuovo: i suoi capelli di un colore blu oceano che gli cadevano a spruzzi un po’ ovunque tenuti fermi per la maggior parte da una bandana bianca come la maglietta aderente che delineava ogni tratto del suo corpo scolpito Oowh. e poi il grembiule che non degnò neanche di uno sguardo perché troppo lercio, intaccava quella sorta di visione.
    Non poteva stimare il tempo che rimasero a fissarsi così, Kensei era solito finire in questo limbo di sensazioni contrastanti che non riusciva quasi mai a gestire… eppure non sembrò arrossire, i suoi cromatofori non ricevettero alcun impulso dal suo cervello, rimase semplicemente a sostenere lo sguardo del Vigilantes.
    Forse perché ad un primo sguardo tutto può sembrare magico, ma al secondo… non avvertiva nessuna scossa e quindi il suo cervello lo catalogò soltanto come un pescivendolo pompato, dal volto carino ma scorbutico.
    Kensei alzò la testa e il petto come per mostrarsi un po’ più sicuro di sé rispetto a quello che aveva dato a vedere poco prima e lasciò che il ragazzo parlasse o meglio gli ringhiasse contro peggio di un tirannosauro che rivendica il proprio territorio e la propria preda e tu sei proprio nel mezzo ad entrambi.
    MI HA DAVVERO MINACCIATO DI MORTE? la ciliegina sulla torta, era già la seconda minaccia di morte, bella la giornata!
    Kensei non l’aveva presa bene comunque. Certo non sembrava essere proprio minaccioso ma farsi trattare così da un estraneo… per giunta lui che era un cliente. Si sentì offeso.
    Il pescivendolo forse non aveva idea di chi aveva di fronte, e sebbene non sembrasse avere una bella cera, per un momento Kensei si dimenticò del polpo e strinse ancora di più il braccio del giovane come … segno di sfida?
    Il Kenny-boy forse era tornato in sé. Forse.
    « E tu » disse freddo e gelido imitando lo sguardo del tipo che aveva di fronte, socchiudendo gli occhi a fessura e digrignando anche lui i denti.
    Tigre contro tigre.
    « come osi parlarmi in questo modo? » perché in fondo si sa che per Kensei, l’onore è la chiave di volta per entrare nel suo magico mondo una volta lasciato quello su cui poggiava i piedi e non poteva permettere a nessuno – neanche ad un pescivendolo – di infangarlo.
    Sentì il braccio del vigilantes scosso come se volesse liberarsi da quella presa e avrebbe voluto taaaanto prenderlo con i tentacoli e chiuderlo in una delle sue morse che spesso usava quando si trovava ai ferri corti con avversari tosti e cazzuti.
    « Come osi infangare il mio onore. » sibilò senza che ci fosse nessun punto di domanda in fondo a questa frase.
    Più avrebbe cercato di liberarsi e più avrebbe stretto – nei limiti delle sue possibilità.
    « Dovresti avere più rispetto per i tuoi clienti. » avrebbe voluto dire per il Kraken, ma in quel momento non gli sovvenne di spiattellare il suo nome e forse era meglio così o l’avrebbe di sicuro preso per il fondoschiena.
    « In realtà, faccia d’angelo, è proprio perché non voglio morire che sono qui. Quindi vedi di moderare i termini e incartami quel cazzo di polpo che hai in mano. E non lascerò la presa finchè non me lo darai. » la calma dei due nel sostenere quella discussione era pari a quella che preannunciava l’arrivo di una grossa tempesta o di una catastrofe naturale.
    Di rimando a quelle parole, il Vigilantes avvicinò il polpastro che aveva in mano vicino alla faccia di Kensei muovendogli il braccio come se niente fosse e il ragazzino non provò neanche a opporre resistenza anzi… la vista di quella cosa gli fece senso.
    B-Bastardo… gioca pure sporco!
    Lasciò andare il braccio muscoloso come se avesse preso la scossa, allontanandosi di un passo indietro senza lasciare travisare dal suo atteggiamento il disagio che aveva dentro.
    Portò le braccia libere al petto che gonfiò come quello di un gallo pronto al combattimento.
    « Inferno? Di che parli? Non esiste mica! E di sicuro non è grazie a te che raggiungerò il Banchetto degli Dèi. » sottolineò tornando a sostenere il suo sguardo « Quindi dammi quel cazzo di polpo e facciamola finita, faccia d’angelo. Va bene? » non voleva sentirne ragioni, non gli interessava per niente il fatto che quello specifico polpo non poteva venderglielo. Lui lo voleva e lo avrebbe ottenuto a tutti i costi pena la sua testa.
    Continuò ad agitarglielo contro e ogni qual volta quella cosa si avvicinava spaventosamente a lui un moto di disgusto e di disagio gli faceva arricciare il labbro e tremolare l’occhio e scostare la testa dalla parte opposta.
    « Frode? Ma di che cazzo parli! A me non interessa se ti hanno fregato, sono affaracci tuoi! E poi io non ne voglio altri. Voglio quel polpo che hai in mano… o sei anche sordo per caso? E’ così che trattate la clientela e… le… creature che vendete? » non sembrava aver proprio mollato la presa.
    Il fatto era che già provava senso a vederne solo uno. Figurarsi se posava gli occhi sulle casse piene di creature e tentacoli! Probabilmente era la volta buona che vomitava anche l’anima.
    « A romp- cosa? » nuova provocazione, anche stavolta prese in pieno il Villain che gli lanciò un’occhiata torva « Senti. Mi hai davvero stancato. » sospirò gettando aria e acquistando una posa da classico tipo losco che vuole passare alle mani solo per spaventarlo o per mostrarsi più forte e più “pericoloso”.
    Non voleva proprio passare alle mani, no, non davanti a tutta quella gente. Certo se fosse stato un luogo più appartato un calcio giusto per fargli mollare la presa sul corpo molliccio e tentacoluto dell’animale non gliel’avrebbe proprio tolto nessuno.
    « Vuoi che sparisca davvero dalla tua v-vista? Allora incartami quel cazzo di polpo che ti trovi in mano. La vecchia lo vuole per cena e non posso proprio tornare a mani vuote. Quindi… mettilo giù e dammi una buona ragione per cui non dovrei prendere quel polpo e io me ne andrò. E non iniziare con quelle stronzate sulla frode perché non ci casco. Chiaro? » seriamente, stava cercando di trovare delle buone ragioni per rimanere calmo e non finire arrestato per aver picchiato un pescivendolo e aver rubato un polpo.
    « E poi… dì un po’ è tutto naturale o ti fai di steroidi? Non ho mai visto un addetto al banco del pesce muscoloso come te…» disse puntando con la testa e lo sguardo ai bicipiti del ragazzo.
    Questa domanda era più una curiosità che si voleva togliere, sì, e non c’entrava proprio niente col discorso Non è che la vera frode è questo tipo in persona?
    « Dì un po’, sbruffone, ma sei davvero un pescivendolo? » e passò direttamente la mano al Vigilantes.
    Avrebbe anche voluto chiedergli se fosse un maschio o una femmina sotto troppe pasticche ma lasciò perdere, il gioco era rischioso, e ne era consapevole. Non voleva mica buttare tutte le carte proprio in quel momento.
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    Akahito Mori
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    Akahito stava forse sognando?
    Quello era un incubo?
    Avrebbe fortemente desiderato che una voce, dal cielo, gli disse di sì, ma così non fu.
    Al contrario, l’unica cosa che ottenne dall’alto fu una goccia d’acqua che cadde una delle tegole d’alluminio che coprivano quella parte di stand.
    La goccia attraverso rapidamente la propria fronte fino a mescolarsi nei propri occhi e rendendo così ancora più luminose le proprie iridi smeraldine, che in quel momento erano impegnate nel trasmettere a Kensei tutta la rabbia che il nostro Vigilante stava inesorabilmente tentando di arrestare.
    Come avrebbe potuto fare?
    Non solo quel figlio di puttana non aveva voluto lasciargli il braccio (se non solo dopo un po’ di tempo), non solo gli aveva proferito tutte quelle parole volte - evidentemente - a comunicargli che non si sarebbe mosso di un centimetro, non solo lo stava fissando con la sua stessa sfacciataggine, non solo voleva ancora quel fottutissimo ottopode, ma aveva persino dubitato che potesse effettivamente essere un pescivendolo.
    Akahito rimase in silenzio.
    Era allibito.
    Eppure c’erano degli atteggiamenti contraddittori da parte del proprio interlocutore.
    Sembrava quasi che si imponesse di rispondergli a tono, come se fosse soltanto come una copertura.
    Erano i suoi sguardi, a comunicarglielo; sguardi che trasmettevano un mix tra disagio e determinazione.
    Ma chi accidenti si era appena ritrovato davanti?
    Akahito rimase in silenzio.
    Non rispose a nessuna delle provocazioni da parte di Kensei.
    Era sotto choc.
    Non gli capitava mai di imbattersi in una personalità del genere, era così abituato all’obbedienza dei propri dipendenti che il termine “ribelle” aveva ormai abbandonato il proprio vocabolario.
    Se il Villain avesse fatto attenzione, avrebbe potuto facilmente notare che il colore della pelle di Akahito aveva preso a farsi più rosato, mentre delle piccole strisce di vapore abbandonavano lentamente le proprie orecchie ed il proprio naso.
    Sì, il pescivendolo si stava arrabbiando sul serio, ma nonostante ciò riuscì comunque a rimanere lucido.
    Aveva lavorato sulla propria ira e Kensei poteva essere un ottimo strumento per poter raggiungere un nuovo livello di auto-controllo, così come poteva essere - invece - la persona che avrebbe mandato all’aria il suo percorso per diventare un essere umano civile.
    Sarebbe dipeso tutto da Akahito.
    E, miracolosamente, il nostro giovane commerciante avrebbe scelto la strada della calma.
    Per farlo, però, avrebbe dovuto trovare qualcosa di positivo in tutta quella situazione: l’unica nota gradevole che riusciva ad estrapolare da tali circostanze era rappresentata dal coraggio del Villain.
    Sì, Kensei poteva anche essere un imbecille di merda con una nocciolina al posto del cervello, ma aveva avuto di certo del fegato per resistere al proprio sguardo e per avergli risposto a tono in quel modo ma chi ti credi di essere Akahito.
    Il Vigilante abbassò lentamente l’ottopode, cosicché uno dei propri dipendenti accorse immediatamente in sua prossimità per recuperarlo dalle mani del ragazzo, quasi come se gli avesse letto nel pensiero.
    Il giovane dai capelli blu, intanto, non avrebbe distolto gli occhi da quelli di Kensei per un solo istante. Una volta avute le mani libere, ne avrebbe approfittato per scrocchiare le dita e si avvicinò a passo sicuro all’altro per quanto più potesse.
    Tra il proprio naso e quello di Kensei ci sarebbe stata una distanza di, sì e no, un solo centimetro (se il Villain non si fosse tirato indietro, naturalmente).
    Le labbra del Vigilante erano serrate, il naso arricciato, la fronte lievemente corrugata e gli occhi sbarrati a scrutare a fondo quelli degli altri. La pelle continuava ad assumere una tonalità rossastra e, dalle aperture naturali presenti a livello della propria faccia, il vapore continuava a venir emesso lentamente, poco a poco. Probabilmente Kensei avrebbe avvertito un leggero calore.
    «Non permetterti mai più.»
    Sussurrò, feroce.
    «Non azzardarti mai più a dubitare che io sia un pescivendolo. Io, Akahito Mori, il miglior venditore di pesce di questo intero mercato ittico di merda
    La situazione, da un occhio esterno, sarebbe anche potuta risultare divertente, da momento che Akahito stava insultando il suo stesso luogo di lavoro.
    «Sei fortunato ad essere arrivato soltanto adesso.»
    Continuò, con fare minaccioso.
    «Se mi avessi conosciuto qualche mese fa, probabilmente adesso saresti steso per terra, agonizzante, in una pozza di sangue.»
    Sembrava quasi posseduto da chissà quale demonio, eppure si trattava proprio del solito Akahito lo stupidino.
    «Non ti ammazzerò.»
    La pelle di Akahito avrebbe ripreso un colore normale, così come si sarebbe arrestato repentinamente il flusso di vapore che emetteva dal corpo.
    «Ascoltami, sconosciuto.»
    Disse, come per attirare la sua attenzione (nel caso si fosse distratto).
    «Ho dei problemi mentali, sono sociopatico. Me lo sono diagnosticato su internet. Non sono mai andato da uno psicologo o uno psichiatra, anche se probabilmente dovrei.»
    Spiegò tutto con calma, senza un briciolo di vergogna ed in maniera terribilmente seria, manco conoscesse il Villain da molto tempo.
    «Non sono in grado di gestire la rabbia e questo mi ha portato a molti incovenienti, in passato. Adesso sto affrontando un percorso personale volto quantomeno a smettere di alzare la voce e sbraitare come una belva.»
    Continuò. Nessun tremore avrebbe accompagnato la propria voce, nessuna traccia di esitazione sarebbe apparsa sul proprio volto né di vergogna.
    «Capisci? Non posso arrabbiarmi.»
    Qual era il modo migliore per non arrabbiarsi? Dire a Kensei che non poteva arrabbiarsi, naturalmente, no?
    «Quindi mi dispiace ma dobbiamo trovare un’altra soluzione.»
    Akahito, a quel punto, si sarebbe finalmente allontanato da Kensei, recuperando due sgabelli.
    Uno sgabello lo tenne per sé.
    L’altro lo passò a Kensei.
    «Siediti.»
    Il Vigilante prese posto quindi sul proprio, incrociando le braccia al petto, come per aspettare che il Villain facesse lo stesso.
    «Tu vuoi che io ti venda quell’ottopode, ma non posso. Come vogliamo risolvere la situazione senza che io mi innervosisca? Hai qualche idea? Come ti chiami, innanzitutto?»
    Domandò a raffica, strizzando gli occhi, manco fosse un interrogatorio.
    Gli eventi avevano preso una piega inaspettata e probabilmente Kensei sarebbe rimasto un po’ sbigottito dall’atteggiamento del pescivendolo.
    Ma lo sappiamo.
    Sappiamo che Akahito non aveva tutte le rotelle a posto.


     
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    KENSEI KURAYAMI
    Ma che gli prende adesso…? lo aveva davvero fatto arrabbiare. Quel silenzio che incombeva tra i due era così gonfio di tensione che si poteva tagliare con un coltello e afferrare quasi con una mano.
    Kensei era abituato ad avere a che fare con tipi tosti, tipi loschi, energumeni dal gancio poderoso e tipi mingherlini da abilità straordinarie e pochi… veramente pochi riuscivano davvero a tenerlo sulle spine e uno di questi era proprio il pescivendolo.
    Questo tipo… deglutì e tentò di rimanere impassibile sotto il peso di quegli splendidi occhi smeraldini che trasudavano rabbia come ogni poro della sua pelle …mette i brividi. iniziò ad avvertire la pelle d’oca stuzzicargli la pelle.
    Aveva combattuto avversari ben più forti e più grossi di lui, e molto più rumorosi e molto peggio educati… Kenny-boy nonostante la giovane età e la faccia da bimbo sperduto non era una mammoletta alle prime armi in fatto di scontrarsi contro un’altra forte personalità.
    Lo stupì, sì.
    Venne stupito da come quel ragazzo senza dire o fare niente, soltanto con lo sguardo e con quell’atteggiamento da duro, soltanto con la sua energia spirituale aveva già iniziato una guerra contro di lui.
    E la stava vincendo anche se il ragazzo non sembrava voler cedere di un solo passo, o di un solo battito di ciglia a quella provocazione.
    Sta per caso bollendo?... eppure nonostante si sentisse sopraffatto da un po’ troppe cose, la sua mente continuava a partorire pensieri stupidi, come questo. Perché in quel momento il pescivendolo era diventato più rosato del normale in volto e Kensei aveva notato come dei piccoli fiochi getti di vapore uscivano fuori dalle sue orecchie e dalle sue narici Che abbia anche lui la pelle simile alla mia? forse, anche se non si spiegava il vapore…
    Oh… Ha finalmente deciso di darmi quel coso? OOOh si ti prego. Così me ne vado via da questo posto…! pensò e si sentì sollevato quando vide il ragazzo abbassare il polpo o quello che era mentre un altro pescivendolo accorse per afferrare la bestiola stecchita.
    MA CHE CAZZO STA FACEN--? non finì di urlare dentro la sua testa – che già sapeva che quell’animale non sarebbe andato dritto in un sacchetto diretto a lui – che vide il ragazzo dal volto fanciullesco scrocchiare le dita e avanzare di un passo verso di lui.
    VUOLE SERIAMENTE FARE A BOTTE? come se non fosse stato lui a provocarlo fino a quel momento Questo è matto. continuava a ripetersi nonostante fosse stato lui a stuzzicarlo fino a quel punto anche se – a sua discolpa – non pensava che fosse un tipo irritabile e pronto a cedere alle provocazioni come lui.
    O forse erano più simili di quanto pensassero.
    Lo sguardo di Kensei tornò a fissare Akahito dritto negli occhi e non si mosse di un solo millimetro dalla posizione in cui era, semplicemente spostò le braccia davanti al petto incrociate alzando il mento e impettendosi come se fosse pronto allo scontro.
    Non fiatò, non serviva, lo sguardo di Kensei – che cercava di non scendere sulla cassa piena di poveri animaletti tentacolosi – squadrava il giovane di fronte a sé pronto a ricevere qualsiasi cosa avesse avuto intenzione di fare.
    Ma il pescivendolo non sembrava accennare a fare niente, anzi, continuava ad avanzare verso di lui e superò la soglia di spazio personale e vitale ed entrò nella zona rossa quella che Kensei chiamava a contatto (alla fine combattere e relazionarsi con persone non era poi una cosa così tanto diversa).
    Non voleva tirarsi indietro, ma non voleva neanche che lui andasse troppo avanti e cercare di respingerlo con i tentacoli era escluso per cui tentò di restare impassibile mentre il ragazzo si portò ad un centimetro dalla sua faccia.
    Oh… no. n-N-Non così vicino. poteva sentire quello strano vapore dalle sue narici diretto sulla sua pelle, quello strano calore giungergli proprio dalla persona che lo guardava fisso negli occhi – nessuno l’aveva mai fatto prima così intensamente - e le sue guance iniziarono a tingersi di un lieve colorito rosato.
    Deglutì a vuoto, e la sua fronte iniziò ad imperlarsi di sudore e il suo cuore iniziare a pompare a mille: si sentiva a disagio, come se fosse con le spalle al muro. E soprattutto un ragazzo era davvero troppo, troppo vicino al suo volto. Alle sue labbra NO ASPETTA. NO. Non ci siamo. Non ci siamo per niente.
    Scacciò quel pensiero dalla sua mente ma non riusciva ad arrestare quell’imbarazzo crescente dovuto alla situazione che lui stesso aveva creato e di cui adesso un po’ se ne pentiva.
    Dall’altra parte invece, il pescivendolo sembrava aver raggiunto una nuova tonalità di rosso arrabbiato, con il volto corrugato in un’espressione di pura rabbia.
    Lo ascoltò sussurrare parole taglienti come lame che si conficcarono dritte nel suo petto, arrivando quasi a ringhiargli contro perché egli si era azzardato a dirgli quelle parole poco prima.
    K-Kawaii. chiunque al suo posto avrebbe tremato dalla testa ai piedi a trovarsi il pescivendolo parecchio arrabbiato a un centimetro dal proprio naso ma lui no.
    Rimase lì a fissarlo come un baccalà, ascoltando le sue parole e cercando di non interromperlo proprio sul bello.
    « Che peccato. » commentò socchiudendo gli occhi con aria sorniona. Quel tipo era davvero simpatico e dopo tanto tempo finalmente aveva trovato qualcuno che riusciva a farlo sentire così, così in vena di tornare a combattere. Oh gli mancava un po’ il ring.
    « Non riusciresti neanche a sfiorarmi. » sussurrò, tirandosela un poco perché amava pavoneggiarsi con chi pensa di essere più forte di lui.
    Osservò come quell’Akahito Mori stesse tornando a prendere coscienza di sé e quelle sfumature di rosso divenire sempre più come la sua normale carnagione e non si interessò per nulla a quello che disse sul suo conto.
    A Kensei Kurayami non gliene fregava molto se era un sociopatico, se aveva bisogno di uno psicologo, psichiatra, medico o di una bella e sana notte di svago ma doveva ammettere che quel ragazzo aveva davvero avuto un gran bel coraggio a rivelare quella sua parte così intima di sé senza alcuna vergogna.
    Sono molto colpito… certo che è davvero un tipo strano. Ma è simpatico. se i tentacoli fossero stati lasciati liberi di muoversi, probabilmente si sarebbero messi a scodinzolare come il cane della vecchia.

    « Ciò ti fa davvero onore. » non sapeva neanche cosa fosse più consono dire in quel momento, in quella determinata situazione. Pensò che quello era il modo migliore per farlo.
    « Forse, in effetti… potrei avere un po’ esagerato e porgo le mie scuse. » era comunque un uomo d’onore e anche se un po’ rosicava, non poteva che sentirsi in qualche modo… sporco e inadeguato a poter condividere una conversazione con Akahito Mori. Non dopo averlo portato fino a confessare.
    « Un’altra…. Soluzione? » Quindi avevo ragione quando voleva fare a botte! Vuol risolvere così il problema? …Beh, a trovato pane per i suoi denti. i tentacoli lasciarono lentamente la presa che avevano sul suo ventre, anche perché per la tensione era riuscito a stringerli più del dovuto e iniziava ad avere un po’ di dolore.
    « Che… ci vuole fare con quei due sgabelli? » chiese indicando i due oggetti che il pescivendolo aveva recuperato dai dintorni ma presto detto il nostro Kraken ricevette la risposta alla sua domanda.
    Akahito gli passò uno sgabello e gli chiese di sedersi. Anzi, non glielo chiese. Glielo intimò.
    Kenny rimase ad osservare lo sgabello con aria interrogativa, con un ciglio alzato come se non avesse compreso bene cosa dovesse farci con tale oggetto.
    « Va bene. Come vuoi tu. » non comprendendo bene volesse fare, Kensei si limitò a sedersi di fronte ad Akahito e lo imitò mettendosi anche lui a braccia incrociate sul petto. Si sentiva in qualche modo osservato fin dentro l’anima da quegli occhi smeraldini.
    Si aspettava una gara di schiaffi, o semplicemente un “ va bene hai vinto, ti incarto il mollusco” e invece quello che ricevette fu una sequela di domande neanche fosse alla centrale della polizia sotto inchiesta.
    Avrebbe voluto ribattere che nervoso lo era fin da quando aveva aperto bocca, ma evitò prima di arrivare al punto di fare esplodere la rabbia che quel tipo covava dentro: anche perché non aveva davvero alcuna intenzione di fare a pugni in mezzo al mercato del pesce sotto gli occhi di parecchia gente.
    Non voleva finire sul giornale o peggio… sulla bocca delle sorelle e alle orecchie dei fratelli, se c’era un modo per uscirne in modo civile da quella situazione, stavolta avrebbe provato a scendere a compromessi.
    « Prima cosa. Sei un tipo tosto, hai tutto il mio rispetto ma… non provare mai più ad arrivarmi così vicino o quello che si ritroverebbe agonizzante in una pozza di sangue non sarò io. » disse con una voce giocosa per ribadire il concetto che Kensei detestava gli sconosciuti che entravano nel suo raggio d’azione a contatto. In realtà non voleva più provare così tanto imbarazzo in pubblico e per evitare ciò era meglio se gli restava almeno a un metro di distanza.
    « Seconda cosa. Non ho ancora capito per quale motivo non puoi vendermi quel polpo. La vecchia ha bisogno, necessita di quella cosa per farsi da cena, un insalata di polpo – bleah- e io non posso proprio tornare a mani vuote a casa. Comprendi? » più che un interrogatorio era diventato quasi un ritrovo tra due capi di gang che rivendicavano ognuno il proprio territorio e ognuno le proprie ragioni.
    Il pensiero che potesse tornare a casa a mani vuote gli metteva i brividi, scosse la testa più e più volte cercando di non pensare ai mille modi per morire per mano di un’anziana signora e del suo cucciolo di cane – quel botolo di neanche un anno che amava masticare i tentacoli di Kensei.
    « Non vuoi davvero rendere triste una povera e vecchia signora vero? Dovrebbe essere anche una vostra cliente affezionata. » era una bufala, certo, ma sperava di aver fatto breccia nel cuore del ragazzo. Solitamente quando tirava fuori l’argomento vecchia signora le contrattazioni erano sempre più semplici.
    La vecchia gli aveva insegnato un po’ i trucchetti per sopravvivere sul mercato.
    « Kensei Kenma. E’ il mio nome, Akahito Mori. » rinunciare al proprio nome era una cosa che lo disturbava parecchio. Non sapeva come mai, ma gli faceva così strano che solitamente era il cognome a variare la sua forma, sempre e comunque.
    « E comunque… Sì, un’idea ce l’avrei. » disse sorridendo, un ghigno che si aprì quasi a mezza luna sul suo volto mentre i suoi occhi continuavano a specchiarsi in quelli smeraldini del pescivendolo « Giochiamocelo. Se vinco io, mi porto a casa il polpo. Se vinci tu, ti lascerò in pace e non mi vedrai per un bel pezzo. Che ne dici? Ci stai? » sghignazzò pensando a quale gioco sarebbe stato più allettante o divertente da fare in due per aggiudicarsi la cena della vecchia « Potremmo farne solo uno, chi vince prende tutto. O prolungare e magari cambiare anche gioco per eventuale rivincita da parte dell’uno o dell’altro. Che ne dici… braccio di ferro potrebbe essere una buona idea, per te? Voglio proprio vedere se quei muscoli sono tutto vapore e niente stufato di cinghiale. » come gli era venuta questa non lo sapeva, ma già bramava il piatto bello fumante e caldo a cena, quasi ne poteva sentire l’odore.
    « Che te ne pare come proposta per risolvere la situazione? Pensi che possa andarti a genio, Akahito Mori? » disse tenendosi strette le braccia pensando che in effetti aveva omesso il fatto che lui, di braccia, in effetti, non ne aveva solo due.
    Le sue parole aveva tutta l’aria di una sfida, chissà se il principe del Mercato del Pesce avrebbe acconsentito a scendere a patti col Kraken.
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    Akahito Mori
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    Fortunatamente Kensei aveva deciso di seguire le indicazioni di Akahito senza opporsi, prendendo posto sullo sgabello. Poco prima, però, il nostro pescivendolo non poté fare a meno di notare che i tentacoli del Villain si fossero mossi: non li aveva affatto degnati di uno sguardo fino a quel momento, perfettamente adagiati e nascosti attorno al ventre del ragazzo dai capelli rosati.
    Il Vigilante fece quindi oscillare lo sguardo tra il viso del membro di Eden e quella che fino a poco fa riteneva potesse essere una semplice cintura, come per captare qualsiasi passo falso volesse attuare l’altro.
    Ma non ce ne fu bisogno.
    No, come già detto, i due ragazzi si sedettero tranquillamente su quegli sgabelli e fu solo a quel punto che il nostro Vigilante ascoltò pazientemente cosa avesse da dirgli l’altro.
    «Le tue scuse me le arrotolo attorno alla mano e le uso come carta igienica per pulirmi il culo.»
    Proferì. Nonostante la brutalità di quanto appena detto, quella frase venne proferita in maniera perfettamente calma e controllata.
    «Pensi di mettermi paura?»
    Domandò, senza dare nessun accenno ad alzare la voce e mettersi a sbraitare.
    Non.
    Doveva.
    Urlare.
    «Io quelli come te li scuoio al primo accenno di fastidio.»
    Spiegò, tenendo le braccia incrociate al petto, tranquillo. Certo, comunicare in quel modo non era il modo migliore per non arrabbiarsi, ma finché non gli metteva le mani addosso andava bene lo stesso… giusto?
    «Se non hai capito ancora perché non posso venderti questo ottopode, allora il tuo problema non devi risolverlo qui ma in un centro specializzato nella cura della demenza.»
    Ancora una volta, non c’era alcun segno di ironia, nervosismo, sarcasmo, nel proprio tono di voce: solo tanta serietà.
    «Della tua “vecchia” non me ne frega proprio un gran bell’accidenti. La correttezza, in questa pescheria, è alla base di tutto il mio business.»
    Non aveva alcuna intenzione di vendere quel prodotto a Kensei. Lo avrebbe sottoposto all’attenzione di un veterinario in modo tale che questo potesse poi sanzionare e fare il culo a strisce a chiunque l’avesse fatto finire in quella vasca. Akahito Mori non ammetteva il benché minimo errore durante il lavoro, dal momento che l’enorme successo del proprio stand era basato proprio sulla qualità indiscussa dei propri prodotti (da quella igienico-sanitaria a quella merceologica).
    «Va bene, ci sto, Idiota-Kensei.»
    Rispose, dopo aver ascoltato la richiesta del ragazzo, chiamandolo col nomignolo con cui l’avrebbe ricordato per sempre da lì a quel momento.
    Kensei era un ragazzo intrigante, aveva fegato di scontrarsi con lui ma al tempo stesso sembrava essere abbastanza maturo da ammettere i propri errori. Per certi versi il Villain gli ricordava un po’ sé stesso, se non fosse per i momenti in cui mostrava delle espressioni imbarazzate e poco controllate.
    Aveva deciso di accettare la sua richiesta semplicemente perché voleva dargli una bella lezione, ma avrebbe posto anche le sue condizioni in quella sfida.
    «Ma se vinco io…»
    Esordì, un po’ pensieroso, grattandosi delicatamente il mento e sollevando gli occhi al cielo per pochi secondi. Forse quella era la prima volta che aveva interrotto il contatto visivo con il Villain ma in ogni caso non sarebbe durato a lungo.
    «Dovrai lavorare qui.»
    Dichiarò, probabilmente scioccando Kensei e - soprattutto - i dipendenti del pescheria, che nel frattempo stavano ascoltando e osservando l’intera scena, alcuni mangiandosi le unghie dall’ansia. Sì, sembravano un gruppo di adolescenti mentre assistevano ad una interessantissima scena di gossip.
    «Su internet c’è scritto che bisogna provare a trovare punti di incontro e andare d’accordo con i propri nemici, quindi potresti servirmi per il percorso sociale che sto attraversando.»
    Spiegò, gesticolando, come per far capire meglio a Kensei tutta l’assurdità che stava abbandonando le proprie labbra.
    C’era qualcosa di più folle di qualcuno che dava retta soltanto a ciò che c’era scritto in rete?
    Nonostante lo stesse provocando con tutte le forze, il Villain non gli stava proprio sulle palle, diciamo solo un po’. Già, gli atteggiamenti di Kensei continuavano a ricordargli un po’ i propri per cui non riusciva neanche sforzandosi ad odiarlo. Diciamo che avevano iniziato col pessimo piede, ecco.
    «Queste sono le mie condizioni. Sono stato abbastanza chiaro? Perché in alternativa puoi alzare il tuo culo moscio e allontanarti subito da qui.»
    Proferì quelle ultime frasi in maniera leggermente più severa, ma mantenendo comunque un tono di voce accettabilmente umano.
    «Ah, e ovviamente durante il braccio di ferro non devi utilizzare quei… cosi che si sono mossi prima.»
    Aggiunse, puntando l’indice verso i tentacoli di Kensei, che nel frattempo sarebbero dovuti (probabilmente) tornare alla loro posizione iniziale.
    «Che cazzo sono?»
    Akahito non era sicuro di averli visti per bene, dal momento che questi erano stati coperti dall’abbigliamento del ragazzo stesso. Nonostante ciò, non era difficile immaginare che potesse trattarsi di una mutazione che avrebbe potuto aiutare il membro di Eden in quella sfida.


     
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    KENSEI KURAYAMI
    I tentacoli erano sempre stati un piccolo problemino quando doveva andarsene in giro per strada senza dover dare troppo nell’occhio, soprattutto quando non erano più piccini e gestibili ma lunghi tanto quanto la sua statura.
    Grazie al cielo non erano senzienti e quindi con un po’ di volontà e sforzo poteva riuscire a tenerli avvoltolati attorno alla zona della pancia e delle cosce senza strozzarsi troppo.
    Per questo portava vestiti larghi, parecchio larghi, o semplici vesti tradizionali che comunque andavano sempre bene.
    Si guardò un attimo attorno, come se sentisse altri sguardi, oltre agli occhi smeraldini del giovane pescivendolo, fissi su di sé: ed in effetti quelle scenate avevano attirato la curiosità della gente pettegola che va al mercato non solo per comprare il pesce, ma per portarsi via anche un transatlantico di fatti non suoi.
    Aveva avuto un opzione per la testa , quella chiamata “Prendi il polpo e scappa” ma di sicuro era la meno onorevole e oltremodo quella che l’avrebbe portato dietro le sbarre di sicuro. Se aveva quasi avuto la mezza intenzione di farlo quando Akahito avrebbe avuto un attimo di distrazione… beh, gli sguardi della gente che aveva attorno gli avevano fatto abbassare la probabilità di riuscita allo 0%.
    Per non parlare del fatto che probabilmente il nostro caro Vigilantes lo avrebbe di sicuro acciuffato.
    Perché quello era il suo territorio.
    Quella era la sua pescheria.
    E poi diciamocelo, Kensei non era il tipo da compiere una scempiaggine del genere. Sapeva analizzare le situazioni e anche se il suo cuoricino era propenso a rimanere lì tipo tutto il giorno, il suo cervello non vedeva l’ora di finire il supplizio di quella macelleria di poveri animaletti indifesi.
    Devo trovare una soluzione… e in fretta. Pensa. Pensa. Pensa. si sforzò, spremette le meningi mentre il tempo passava, si portò perfino il dito indice ad uncino al mento per sforzarsi a trovare una soluzione.
    Le sue sorelle probabilmente avrebbe agito in altro modo.
    Momo avrebbe fatto un casino come al solito.
    Robin avrebbe semplicemente fatto sparire il polpo in un’altra dimensione, tipo ad Asgard? Sarebbe stato divertente vedere un polpo piombare sulla faccia di Thor Mppfffff, no! Torna serio! Ne vale della tua stessa vita! Sisi… Ok. Calma. e fu proprio in questo momento quando strinse i tentacoli attorno al suo stomaco per soffocare quella risatina che Kensei seduto su uno sgabello di fronte ad Akahito Mori scelse la una strada, la più sicura forse, che l’avrebbe portato ad una vittoria.
    Un sorrisetto di sfida si colorò sulle sue labbra prima di abbassare la mano e proporre al buon pescivendolo la sua idea.
    « Ehi. Modera i termini. » sbottò dopo aver sentito le dure e scurrili parole del giovane dal volto d’angelo che era tutto tranne che questo.
    Poteva sembrare all’apparenza carino e puccioso. Se non apriva bocca. Perché probabilmente era peggio dello scaricatore di porto che lo riforniva della merce.
    « Khihihi. Ammetto. » sghignazzò incrociando le braccia al petto, mettendosi nella stessa identica posa del nostro Vigilantes, era una sfida? – ovvio. Il gioco era già iniziato - « Sei davvero un tipo simpatico. » disse continuando a sghignazzare sul fatto che avrebbe potuto spellarlo anche lì sul momento con i coltellacci che aveva a portata di mano Per quanto sia carino, no. Decisamente non è il mio tipo. disse.
    Si ricompose appena il tipo tornò a punzecchiarlo sul fatto che non poteva vendergli quell’ottopede.
    « Correttezza? Ma dico… ti senti come parli? Correttezza. E non permetti ad un tuo cliente di soddisfare le voglie di una vecchina indifesa » ebbe un brivido che gli fece venire la pelle d’oca su tutta la schiena a pronunciare quelle parole e la spada probabilmente si inclinò in maniera brusca verso il suo collo « Insomma! Io sarò anche demente come dici tu. Ma non me ne andrò senza ciò che voglio! » ribadì fermo, deciso e freddo nelle sue parole.
    Quindi la situazione in stallo si sarebbe decisa con un semplice gioco.
    In fondo il Kraken aveva valutato bene la situazione e sapeva che poteva avere una chance di successo per portarsi via il povero polpo e far felice la vecchia.
    Sorrise quando Akahito Mori accettò la sua proposta: sempre meglio che giocarsela a carte. Non era bravo con i giochi d’azzardo.
    Ma a Braccio di Ferro riusciva a battere chiunque, se fossero caduti nell’accettare il gioco senza considerare il “braccio” che avrebbero usato.
    Era fatta.
    Sentiva già la vittoria in pugno, pochi minuti e sarebbe uscito da quel girone infernale.
    Pochi minuti e sarebbe stato lib-
    « Cosa. Cazzo. Hai. Detto? » Scandì le parole come per porre enfasi in ognuna di esse. Se avesse perso avrebbe lavorato lì, lì, con quella sottospecie di angelo scurrile in mezzo a quella roba… a sventrare poveri animaletti – cioè i gamberetti e i gamberi andavano bene… ma il resto?! Se perdo devo davvero lavorare qui con questo matto? … Questo tipo è peggio di Momo… No aspetta… forse non così tanto peggio ma.
    Alzò la mano con il palmo rivolto verso il giovane.
    « FRENA. » non urlò, alzò leggermente il tono di voce che da ragazzino divenne quasi più profondo « Tu mi vuoi dire che se vinco ottengo un polpo e se perdo lavoro qui. Con te? Vuoi scherzare vero? » cosa avrebbero detto i suoi fratelli e sorelle se lo avessero saputo… già si sentiva lasciato in disparte, come uno che conta meno di zero. Se avesse perso questa sfida – sapeva di poterla vincere ma se per qualche errore avrebbe perso si sarebbe ritrovato a … vendere il pesce al mercato.
    « Io sarò anche scemo. Ma qui c’è qualcuno che mi batte, cazzo. Tu sei proprio fuori di testa! E poi, “angelo” io ho già un altro lavoro. » avrebbe quindi rifiutato l’offerta? Deglutì. Si sentiva in una posizione difficile, per qualche strano motivo si sentiva alle strette.
    Eppure era stato lui a scegliere a cosa giocarsi il polpo, no?
    « Andare d’accordo con i propri nemici. Perché pensi che davvero io sia un nemico? Io sono solo un cliente che non è stato accontentato ma se tu questo lo chiamo nemico… fai pure. Il risultato rimane lo stesso. Scendere a questi patti è da idiota. » però… però lo aveva chiamato nemico. Che avesse intuito qualcosa a proposito della sua famiglia? Naah impossibile. Era solo un bamboccione che voleva avere ragione a tutti i costi e che gli avrebbe fatto pentire il fatto di averlo sfidato gettandolo nel suo stesso inferno.
    Non aveva scelta.
    Ma a quel punto la cosa si sarebbe complicata parecchio: se fosse tornato a mani vuote e in più dicendo che avrebbe abbandonato l’essere commesso di libreria per quel lavoro di merda lì gli faceva accapponare la pelle.
    La vecchia sarebbe stata scontenta e forse arrabbiata per non parlare dei suoi fratelli e sorelle….
    Sentiva il peso di quella decisione, ma non era mai venuto a meno o fuggito da una sfida qualsiasi essa fosse.
    « Ufff. Sei proprio uno stronzo. Vuoi davvero avermi tra i piedi durante il lavoro? Sai che se mi ci metto d’impegno posso renderti la vita… impossibile? Tsk! » commentò mentre si massaggiava la parte sinistra della faccia per poi lisciarsi i capelli rosati all’indietro che tornarono nella stessa identica posizione neanche fossero fatti di gelatina. Cosa che in parte era.
    Si sentiva con le spalle al muro ma sapeva di poter avere una chance di vittoria quindi…
    « Cosa? » i suoi pensieri vennero interrotti dalle parole di Akahito riguardo qualcosa che si muoveva sotto i vestiti. Quando solitamente si sentiva agitato, come una specie di tic nervoso i tentacoli reagivano ai pensieri di Kenny agitandosi il più delle volte.
    Se fossero stati liberi si sarebbero messi a fare “pop”. Quel rumore, come quando si preme le bollicine d’aria degli imballaggi, creato da due ventose di due tentacoli che si accoppiano e poi si staccano ripetutamente facendo “pop”. Ma in quel caso essendo in pubblico si stavano semplicemente muovendo attorno al suo punto vita.
    Questo complicava di gran lunga tutte le cose.
    Aveva visto i tentacoli e aveva espressamente chiesto di non usarli.
    « Sono i miei altri arti. » disse con fredda naturalezza, tanto oramai gli aveva visti. Le mutazioni derivate da Quirk erano comunque non rare. Probabilmente meno ben viste ma di sicuro non del tutto rare.
    « C’è qualche problema, per caso? » disse sciogliendo un tentacolo dal suo abbraccio con una serie di rumori scoppiettanti lievi mentre le ventose si staccavano dall’altro arto su cui era aggrovigliato e fece uscire solo una mezza parte dalla giacca facendo “ciao ciao” da dentro i vestiti.
    Sarebbe stato disgustato? Chissà.
    « Non dirmi che non hai mai visto un Mutant in vita tua. »
    Oramai però che gli aveva visti, negare di possederli era inutile.
    « Andiamo, Angioletto. » disse.
    Era in effetti anche quello il grosso problema di Kensei, forse per quel motivo non era così stato mai preso in considerazione dalla sua famiglia? Il fatto di non avere un Quirk “invisibile” come li chiamava lui era un grosso problema. Nascondere i tentacoli era una bella impresa, e passare inosservato molto spesso riusciva ancora meno.
    Quindi oramai che era un ballo avrebbe giocato le sue carte migliori.
    « Sai, c’è chi è nato con un bel faccino come il tuo. E c’è chi come me è nato con il dono di possedere un braccio in più. Anche se non del tutto umano. Che c’è? Vuoi per caso ritrattare? Hai paura di essere battuto…da questo… per caso? » disse sfrontato mentre puntò direttamente il dito e il tentacolo contro il pescivendolo per poi roteare entrambi in sincro come se fossero l’uno l’ombra dell’altro.
    « Sei così schiappa che pensi di perdere contro un povero polpo? » disse anche se non definirsi “il Kraken, guardiano dell’Eden” gli faceva un po’ male. Essersi abbassato così tanto al livello di quell’Akahito Mori era dura da digerire ma era una provocazione.
    Avrebbe abboccato?
    Si alzò senza dire nient’altro e prese lo sgabello e si prestò a trovare un posto sul banco da lavoro abbastanza libero e pose lo sgabello lì, da una delle due parti. Si mise a sedere lasciando il tentacolo pendere come un braccio ferito sullo scollo dell’haori e si mise a sedere con sguardo serio e poi con un gesto plateale invitò il suo “nemico” a prendere posto di fronte a lui.
    Villain 22 y/o Liv.2 Scheda ©


    Come scritto in pvt e in assenze, mi spiace un sacco per il mega-ultra-iper-ritardo ma nonostante il braccio sia messo così così... ce l'ho fatta! Sarebbe utile avere in questi giorni i tentacoli di Kenny xD
     
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    Akahito Mori
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    Kensei aveva la testa dura, c’era da ammetterlo, ma aveva dinanzi a sé Akahito Mori per cui la sua testardaggine gli sarebbe servita a poco e nulla. Il Villain era ben più che determinato a non muovere un passo e sembrava vacillare soltanto in minima parte rispetto alle parole ed i gesti del Vigilante: più passava il tempo, più il nostro pescivendolo comprendeva con sempre più convinzione che il proprio interlocutore non si sarebbe allontanato senza aver ottenuto ciò che desiderava, ovvero quel dannato ottopode.
    All’offerta di lavoro, il membro di Eden rispose con un fare a dir poco incredulo. C’era da ammettere che nessuno si sarebbe mai aspettato una proposta del genere dopo aver discusso in malo modo come stavano facendo ormai da diversi minuti; eppure si sa, Akahito era totalmente svitato e prevedere le proprie intenzioni era un’impresa a dir poco titanica.
    «Puoi trovare la situazione assurda quanto ti pare, a me non importa assolutamente niente.»
    Rispose, mantenendo la calma spirituale che tanto lo stava caratterizzando quel giorno.
    «Qualsiasi lavoro tu abbia, dovrai licenziarti e farti assumere qui. Riceverai uno stipendio molto più alto di quello a cui puoi aspirare nel tuo attuale merdoso impiego.»
    Disse, senza neanche sapere di che cosa si occupasse Kensei. Quante possibilità c’erano che il Villain fosse ricchissimo e che avesse uno stipendio molto alto? Akahito non riusciva a quantificarlo e onestamente non voleva neanche farlo: pur di raggiungere gli obiettivi relativi al proprio percorso psicologico (che si era inventato per intero e senza consultare uno psicoterapeuta, se non si fosse già capito) sarebbe sceso ad ogni compromesso.
    «Non sei un cliente. In questo momento sei una persona ostile, e io ho bisogno di un rompicoglioni come te che possa mettere a dura prova la mia pazienza. È solo confrontandoci con difficoltà sempre più grandi che diventiamo più forti.»
    Spiegò, senza permettere alla propria voce di vibrare o trasmettere incertezza per anche solo un istante.
    «Rendermi la vita impossibile è proprio quello che devi fare. Potrei anche pagarti solo per infastidirmi, ma ho bisogno di averti comunque tra i piedi quindi devi passare gran parte della giornata qui. Sono stato abbastanza chiaro? Queste sono le mie condizioni.»
    Stabilì, perfettamente serio e freddo, proferendo quelle ultime parole con una certa solennità. Akahito sembrava in tutto e per tutto irremovibile rispetto alla propria posizione e non avrebbe cambiato idea per nessun motivo al Mondo: stava a Kensei decidere. Se il Villain non avesse voluto accettare, in alternativa avrebbe anche potuto mentire al Vigilantes e dicendogli di sì… ma in quell’ultimo caso, si sarebbe assunto tutte le responsabilità di quel possibile ignobile e disonorevole gesto.
    L’attenzione venne poi spostata sui tentacoli del membro di Eden, che poc’anzi aveva definito “altri arti” in modo abbastanza offeso. Akahito sollevò istintivamente un sopracciglio, mentre udì quel fiume di parole abbandonare le labbra del ragazzo .
    «Adesso stai zitto, hai rotto le palle.»
    Proferì, severo, sollevando un braccio e sperando di interrompere quello sproloquio che il Villain stava portando avanti con così tanta convinzione e arroganza.
    Uno sproloquio, per altro, totalmente errato e fuori linea rispetto a quelle che erano le considerazioni del Vigilante nei confronti di quei tentacoli (o meglio, nei confronti dei Mutant in generale).
    «Le tue supposizioni sono infondate, oltre che idiote, dal momento che io stesso sono un Mutant
    Dichiarò. Certo, la mutazione di Akahito non era così vistosa come quella che aveva interessato il corpo di Kensei, ma in ogni caso il nostro pescivendolo rientrava in tutto e per tutto in tale categoria. Inoltre, c’era da specificare che il giovane dai capelli blu non provava alcun rigetto nei confronti degli “arti aggiuntivi” dell’altro, anzi: li trovava molto fighi. Da qui ad ammetterlo ad alta voce, però, ce ne sarebbe voluta di strada. Già, Akahito non stava vivendo uno dei suoi migliori momenti con quello strano soggetto e non se la sentiva di sbilanciarsi già con complimenti simili nei suoi confronti (e non fu affatto semplice contenersi, dato che il Vigilante era solito parlare come un fiume in piena senza un briciolo di autocontrollo).
    Per qualcuno che conosceva abbastanza Akahito, comunque, non sarebbe stato difficile intuire che quel Quirk gli sarebbe piaciuto eccome.
    «La mia mutazione non è ben visibile a occhio nudo, ma il mio corpo è ricoperto da tanti piccoli buchi. Capisci, Idiota-Kensei?»
    Domandò, ancora una volta senza un briciolo di ironia.
    «Che poi…»
    Sussurrò, grattandosi leggermente il capo, a voce abbastanza alta da farsi sentire dall’altro.
    «Sei un mezzo polpo e mangi dei polpi? È legale?»
    Chiese, istintivamente, senza neanche chiedersi se quella domanda potesse esser ritenuta offensiva da parte di Kensei. A conti fatti, comunque, era come se il Villain mangiasse un suo simile… no?
    Il pescivendolo non aveva idea di come funzionassero le cose tra Mutant con caratteristiche animali, a quel punto sarebbe toccato al membro di Eden stesso illuminarlo a riguardo.
    «Non ho nulla contro ma se vuoi utilizzare i tuoi tentacoli fallo pure. Io non farò ricorso alla mia Unicità.»
    Disse, scrollando le spalle e facendo sì che il proprio volto si increspasse in un’espressione che lasciava trasparire un chiarissimo “non me ne frega niente”.
    «L’unica cosa che mi interessa è che tu accetti le mie condizioni, così come io ho accettato le tue. Allora? Prendere o lasciare.»
    Akahito si dispose di fronte al proprio avversario ma senza sbilanciarsi troppo ad iniziare quel confronto: prima di farlo voleva assicurarsi di aver stipulato quel patto in maniera efficace.


     
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    KENSEI KURAYAMI
    Era chiaramente una sfida.
    Kensei lo squadrò da capo a piedi, di nuovo, -quante volte lo aveva fatto?- e lo aveva perdonato per i suoi modi bruschi. Lo aveva perdonato per il fatto che era stato costretto a scendere a patti con lui pur di riportare a casa il polpo che aveva chiesto.
    Che aveva chiesto da cliente, per essere più precisi.
    Aveva sorvolato sul fatto che lo aveva minacciato più volte, e che si era rifiutato di vendergli la povera bestiola stecchita – e da lui stesso maltrattata.
    Era sceso a patti, concedendogli di provare a giocarsi il polpo – o l'ottopede, come lo chiamava lui, che per Kensei era lo stesso animale con nome diverso – con ciò che gli riusciva meglio: mettere in mostra la propria forza.
    Qualcosa a cui aveva abboccato anche il pescivendolo con la faccia da angelo.
    Aveva messo da parte perfino un po' di orgoglio pur di raggiungere il suo obiettivo. Finchè il nostro Akahito non pronunciò le parole sbagliate.
    “merdoso impiego”.
    Quelle due parole risuonavano nella testa del nostro membro dell'Eden come un insulto. Un insulto al suo lavoro, alla sua passione, ad una parte della sua vita e alla vecchia che lo aveva accolto come un nipote in casa sua.
    « heh » una linea sottile si aprì sul suo volto e le sue palpebre si socchiusero appena e impiegò un tempo assai breve a cercare di reprimere quell'insana voglia di saltargli alla gola.
    Aveva osato gettare fango sul suo onore. Perchè di questo si stava parlando, no? … NO?!
    Restò ad ascoltare gli sproloqui del giovane Akahito sul fatto che sarebbe dovuto rimanere lì tutta la giornata e più gli avrebbe reso la vita difficile e più sarebbe stato felice e contento.
    Questo coglione è proprio fuori di testa. Dicono di me ma c'è qualcuno che mi batte alla grande! pensò che per quanto fosse anche lui un tipo "particolare" c'era qualcuno al mondo che era messo molto peggio di lui.
    Perchè in fondo uno che è disposto a pagare qualcuno per farsi rompere le uova nel paniere non è proprio del tutto rifinito.
    « Certo che ci sai proprio fare con le persone. » sibilò osservandolo da due fessure quali erano diventati i suoi occhi. Si portò una mano a sorreggere la guancia destra mentre il capo si reclinò seguendo la conca del suo palmo Ti farò pentire di quello che hai detto. era già pronto a schierarsi in campo, non più tanto per l'ottopede quanto per il suo onore.
    Così aveva tentato di risollevare la situazione in suo favore giocandosi il ruolo della vittima, e cercando di punzecchiare il povero malcapitato mettendolo in una situazione in cui non avrebbe potuto assolutamente rifiutare: quella di lasciargli usare i tentacoli al posto delle mani.
    « Oh, maddai?... questa sì che è una bella coincidenza. » e così Kensei aveva scoperto che il giovane Vigilantes era un mutant proprio come lui.
    Che bella coincidenza. Peccato che il Kraken non riuscisse a comprendere bene come egli fosse un mutant visto che non si vedeva niente di anormale o strano ma fu ben presto preso in contropiede dal pescivendolo - forse perchè aveva visto la sua espressione di dubbio e curiosità stampata in volto?-
    « Tanti piccoli buchi... eh? » no, niente cose sconce passavano nella testa del Villain. Si domandò soltanto a cosa potesse essere utile avere un corpo pieno di tanti fori. E soprattutto, che sensazione poteva dare?
    Quando i suoi cromatofori cambiavano colore poteva percepire una sorta di lieve scossa e calore pervadere o l'arto o la zona in questione - ad eccezione degli occhi che lì non sentiva niente. -
    Il fatto che lo avesse chiamato idiota era niente in confronto a quello che aveva sentito sul suo lavoro. Essere chiamato "idiota" gli scivolò via come gocce d'acqua sulle piume d'oca.
    « Io non mangio quella roba. » concluse secco, rispondendo alla domanda del tipo « Sei per caso sordo o quel piccolo e unico neurone non ha mai fatto contatto? La prima cosa che ho detto riguardo a quel polpo è che non è per me ma per una vostra vecchia cliente. » ribadì il concetto mentre si preparava mentalmente allo scontro. Aveva indugiato anche troppo e più il tempo passava e più le parole del ragazzo lo irritavano e più lo irritavano e più avrebbe voluto dargli una testata - cosa che non poteva fare in mezzo a tutta quella gente.
    E poi il fatto che l'aveva ferito nell'orgoglio lo stava rodendo, sì, parecchio, e aveva voglia di tornare a casa « Per la cronaca preferisco mangiare crostacei. E carne. Soprattutto il cinghiale, e dato che dovrò cucinarmi lo stufato per cena... e sono in ritardo sulla mia tabella di marcia... perchè non posso tornare a mani vuote a casa, e grazie a te mi tocca pure fare tardi! Tsk... che rottura. » bofonchiò prima di alzarsi e mettersi al tavolo e preparare il terreno di sfida.
    « Che poi tanto casino per un cazzo di polpo. Mi vuoi spiegare quando te lo mangi che differenza c'è? »
    Domanda forse inutile considerata la cocciutaggine di Akahito e il suo essere fermo sulla decisione di non vendere la bestiola a Kensei, era quindi il suo un atto di provare a convincerlo con le buone? Forse... anche perchè le provocazioni erano state del tutto inutili con quel tipo.
    Questo qui è anche un tipo tosto. Devo ammetterlo, è in gamba. Anche se non mi sta simpatico per niente. Gli spaccherei la faccia... ma dopo mi sentirei pure in colpa a colpire quel bel visino.
    « Che poi ... se la tua unicità è composta da buchi nella pelle... mi spieghi che cosa te ne fai? La usi solo come scusa per tenere il petto nudo per caso e vantarti?» cosa che non gli dispiaceva affatto sotto sotto.
    «No, seriamente. E' davvero solo quella cosa a renderti un Mutant? » sì, Kensei sotto sotto era curioso di sapere che cosa rendeva un Mutant quella sottospecie di vulcano di cattive maniere, perchè i fori nella pelle potevano essere assimilabili ai suoi cromatofori. Doveva esserci dell'altro no?
    Quindi erano lì, faccia a faccia. Avrebbe potuto usare i tentacoli al posto delle mani e questo già lo fece sospirare di sollievo pensando che non avrebbe sporcato le sue sacre manine con puzza di pesce e sudore di un pescivendolo... anche perchè avrebbe perso ancora prima di cominciare visto che la sua vera forza stava nelle gambe e nei tentacoli.
    Incrociò le braccia al petto e prese un istante per riflettere su quelle condizioni: avrebbe tentato di vincere con qualsiasi mezzo, ma non era così ingenuo da non pensare alla sconfitta.
    Avrebbe bruciato e sarebbe stato un duro colpo ma doveva metterla in conto perchè non era su un ring. Non aveva a disposizione trucchetti, terreno di scontro, possibilità di combinazione dei suoi arti per attacchi micidiali e soffocanti.
    Non poteva però ritirarsi adesso.
    Doveva farlo per sè stesso e per la vecchia e in caso - dato che lavorava quasi senza contratto - avrebbe preso qualche settimana di ferie dalla libreria per diventare di Akahito il suo peggiore incubo, farsi pagare e poi lasciare una lettera di dimissioni e successivo licenziamento.
    « Ci sto. Angioletto. » sentenziò allungando il tentacolo destro, quello che si diramava dal suo fianco per allungarlo verso il Vigilantes.
    « Ma sappi che non perderò. » ...anche se perderò la sfida non perderò la guerra. Ti renderò la vita un inferno. perchè uomo d'onore com'era non sarebbe mai scappato ne andava ancora più del suo onore.
    Kensei si avvicinò al tavolo e poggiò il tentacolo su di esso mettendolo alla stessa maniera in cui si posizionerebbe un braccio per giocare alla sfida che aveva scelto.
    « E' da tanto che non mi diverto. Non renderlo noioso... » strizzò un occhiolino e sempre con le braccia incrociate attese che Akahito tendesse la mano verso il tentacolo per poi avvinghiarsi con l'estremità al suo arto.
    Sarebbe stata forse una sensazione sgradevole ma probabilmente il pescivendolo sarebbe stato capace di non farci forse neanche caso alle ventose che si appiccicavano alla sua pelle: oramai era abituato ad avere a che fare con polpi ed ottopedi. No?
    Lo sguardi di Kensei si fece quasi giocoso, a dir poco inquietante considerato un ragazzotto che sfrutta i tentacoli come delle vere e proprie mani (o quasi).
    « Decidi tu quando iniziare. Io sono pronto. » gonfiò il petto ed attese -no, in realtà non era pronto per niente ma aveva voglia di dire quella frase perchè secondo lui, era troppo figa e ad effetto.
    Villain 22 y/o Liv.2 Scheda ©


    Eccchime! Sono tornata e d'ora in poi dovrei tornare ad essere più regolare col postaggio. Chiedo ancora infinitamente scusa anche qui per il ritardo anche se ci siamo sentiti in pvt. >////< Ora posso tornare a scrivere senza urlare *^*
     
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    Kensei era proprio una seccatura. Quel tipo continuava a starsene con i piedi ben saldi per terra e sembrava non volersi muovere da lì neanche di un centimetro. Possibile che il desiderio di accontentare la propria nonna andasse contro qualsiasi pensiero logico, anche il più semplice?
    Già, perché Kensei avrebbe potuto semplicemente chiedere un altro polpo ma no, lui voleva quello e basta.
    Una cocciutaggine ammirevole, non c’era che dire, seppur allo stesso tempo alquanto scocciante.
    «Guarda che non c’è bisogno di inventare questa patetica scusa di tua nonna. Pensandoci meglio, in teoria, un mutant-polpo che mangia un polpo non è esattamente un cannibale. Credo
    Rispose, mantenendo ancora una volta una calma spaventosa. Sì, Kensei si stava rivelando davvero un ottimo strumento per mettere a dura prova i propri istinti selvaggi.
    Doveva assolutamente assumerlo, non poteva lasciarlo scappare.
    «Il cinghiale?»
    Domandò, sollevando un sopracciglio, eppure il riferimento all’animale non gli diede alcun fastidio. Già, benché fosse il suo animale preferito, Akahito trovava profondamente ipocrita preferire la carne di un animale ed evitare di mangiare quella di un altro. Tutto o niente, era così che ragionava il Vigilante.
    «Non mi trovo a mangiarlo spesso. È buona la versione che cucini?»
    Chiese, vagamente interessato, per un attimo dimenticando il motivo per cui aveva iniziato a discutere con il Villain. Si trattò davvero di un momento, però, perché da lì a poco Akahito sarebbe tornato alla riscossa.
    «Non si tratta del sapore. Si tratta del fatto che è illegale vendere un prodotto spacciandolo per un altro. Mai sentito di frode Aliud Pro Alio, razza di idiota senza cervello?»
    Domandò, assottigliando le palpebre e strizzando gli occhi, quasi volesse sfidarlo con lo sguardo.
    «Se un ispettore dovesse scoprire che faccio cose del genere, mi farebbe chiudere. Ma forse a te non interessa, o mi sbaglio? Sei forse un criminale, oltre che un povero imbecille?»
    Inarcò il sopracciglio sinistro, inclinando lievemente il capo a destra.
    Poco gli fregava se Kensei fosse un fuorilegge, di certo non gli avrebbe permesso di trascinarlo nel suo stesso vortice.Akahito, in teoria sei un criminale pure tu comunque giusto per
    La pelle di Akahito prese a farsi più rosata e, nel giro di pochi secondi, il proprio interlocutore avrebbe avuto modo di constatare che del vapore lo stesse lentamente abbandonando. Si fermò non appena il membro dell’Eden avesse avuto modo di accorgersi chiaramente dell’esalazione e del calore provocato da questa, cosicché la propria cute tornò allo stesso colore di prima e il gas si disperse.
    «Da questi buchi che ho ci esce vapore. Non posso mostrarti la mia Unicità più chiaramente di così perché altrimenti spazzerei via te e tutto ciò che mi circonda. Probabilmente i tuoi tentacoli finirebbero anche per cuocere.»
    Spiegò, squadrandolo dall’alto verso il basso, sperando di esser stato abbastanza chiaro. Non avrebbe mai potuto liberare per intero le potenzialità di Boar’s Breath lì, sia per l’incolumità dei propri dipendenti che per i prodotti ittici. Ah, e sì, anche perché in teoria utilizzare la propria Unicità era illegale.
    «Bene. Ma non chiamarmi di nuovo angioletto se non vuoi che ti prenda i tentacoli e te li lanci su per il culo.»
    Disse, in assoluta serenità, come se fosse una semplicissima raccomandazione.
    Il Vigilante era contento che il Villain avesse accettato la propria offerta, aveva proprio bisogno di uno scassacoglioni come lui nel proprio team e avrebbe fatto qualsiasi cosa per trascinarlo con sé. Non l’avrebbe lasciato andare via così facilmente ma, se fosse accaduto, era altamente probabile che il nostro pescivendolo si sarebbe messo nuovamente alla ricerca di un nuovo Kensei.
    Avvertì il tentacolo dell’altro avvolgersi intorno alla propria mano ma non mostrò il minimo segno di esitazione: per Akahito quella sensazione era assolutamente normale. Certo, avrebbe potuto provocargli qualche difficoltà durante la sfida, essendo l’arto più scivoloso, ma non sarebbe stata quella sciocchezza a fermarlo.
    «I tuoi modi di fare e di parlare ricordano vagamente i miei.»
    Gli disse, fissandolo dritto negli occhi. Le iridi smeraldine di Akahito parvero quasi risplendere, in quel preciso istante.
    «Peccato che però, rispetto a me, tu sia parecchio più esaltato, stupido e infantile. E saranno proprio queste caratteristiche a portarti alla disfatta.»
    Continuò e, di scatto, avrebbe esercitato una possente forza che sarebbe stata mirata a ribaltare immediatamente il tentacolo così da sbatterlo con violenza sul piano sottostante in una sola mossa. Ci sarebbe riuscito? Probabilmente no, Kensei aveva la testa fin troppo dura per farsi battere tanto facilmente.
    «Che taglia porti? Sai com’è, devo ordinare un’uniforme nuova.»
    Lo provocò, sia che l’avesse già battuto, sia che Kensei avesse opposto resistenza.




    Edited by .Dim - 1/1/2022, 17:23
     
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    KENSEI KURAYAMI
    “Nonna”.
    Il pescivendolo aveva definito la sua vecchia proprietaria di casa sua nonna.
    Ora l’età probabilmente c’era tutta, i modi di fare verso di lui – il più delle volte – erano proprio quelli di una nonnina con suo nipote ma… Kensei non avrebbe mai e poi mai e poi mai definito nonna quella donna.
    Non perché in fondo non gli volesse bene ma perché di certo piccina e indifesa come le nonnine non era e poi… non amava molto sentirselo dire.
    Un brivido gli corse lungo la schiena a pensare a cosa avrebbe potuto fare se si fosse lasciato sfuggire il termine “nonna”.
    « No. Guarda. Non è questione di cannibalismo… è più una sorta di… di… » si mise un indice a coprire il mento e non riusciva a trovare le parole per dire come mai non amava mangiare il polpo « E’ come se qualcuno mangiasse pezzi di carne umana… insomma. Come posso dirlo?... Mi fa senso. » per quanto si sforzasse non riusciva a trovare parole migliori per definire la cosa.
    Era come se si vedesse in ognuno di quei polpetti, e quella parte di dna proveniente da loro lo inducesse a non cibarsi delle loro carni: o forse era una cosa prettamente mentale che non aveva niente a che fare con tutto ciò.
    La cosa comunque non cambiava, preferiva animali di terra da mangiare – il cinghiale e il maiale soprattutto – ma amava e adorava – come i polpi – tutto ciò che faceva parte del magico mondo dei crostacei.
    Evitò di specificare quest’ultima parte semplicemente perché non voleva fornire troppe informazioni riservate al suo attuale avversario.
    Oooh…. è così che vuoi giocartela vero? Vuoi farmi vacillare? Vuoi davvero giocare la tua mano così, Dolce angioletto?
    « Non ne hai idea. » lo sguardo di Kensei si fece serio, non sembrò neanche cedere alla domanda del pescivendolo sulla bontà della sua ricetta.
    Più si sentiva minacciato e più – come i suoi antenati – cercava di farsi più grosso e più severo e più freddo rispetto al normale.
    Puoi pungermi nell’orgoglio quando vuoi, ma non te la darò vinta.
    « Uso ingredienti di prima qualità. » molti hanno il giro di droga, lui aveva il giro del buon cibo. Sapeva dove andare a prenderlo e a chi chiedere per farsi portare gli “ingredienti segreti” perché ogni ottima ricetta – come lo stufato di cinghiale – ne aveva.
    « E alcuni molto speciali che rendono il piatto una bontà divina, degna del grande Odino in persona. » disse pavoneggiandosi e assaporando già il gusto dello stufato che l’avrebbe atteso per cena.
    Tutto questo sarebbe accaduto se avesse portato a casa quel dannatissimo polpo che il dannatissimo Vigilantes non voleva vendergli.
    Ascoltò le parole del giovane mormorando « Aliud… pro… alio? » e cercò nella sua memoria di studioso della mitologia questo nome come se dovesse apparire la scheda anagrafica di un eroe greco o romano « Ammetto che questo nome mi sfugge. Non so chi sia ma ha un nome degno di nota. » la risposta alla seconda domanda di Akahito venne di seguito a questa frase anche se il fatto che gli avesse dato del criminale … un po’ gli aveva sciolto le budella.
    « Hai ragione. Angioletto. A me non interessa proprio niente se chiudi o no. Ed è un bene che non abbia chiamato la polizia per oltraggio alla clientela. E poi il tizio senza cervello sarei io? Ma che sguardo dolce… per caso ci stai provando? » sghignazzò ricambiando lo sguardo di Akahito rannicchiandosi tra le spalle per un attimo come una driade nuda presa di mira dagli apprezzamenti del satiro di turno.
    « E soprattutto, se dai di “criminale” a chiunque voglia comprare con onesto e sudato » si fermò per qualche secondo pensando che quei soldi li aveva letteralmente sudati sul ring « denaro, allora forse è solo un bene chiudere questa baracca. E poi sarei io l’idiota senza cervello. » incrociò le braccia al petto e cercò di non rispondere alla frecciatina sulla sua saluta mentale.
    Dare spago a tipi come quello era pericoloso, non voleva certo che esplodesse. O sì?
    Un sorriso bieco si distese sul suo volto.
    « Sei così immaturo e privo di tatto che quasi mi dispiacerebbe farti una brutta figura di fronte a loro. Mori-chan. » forse aveva esagerato?
    « Oh… interessante. » Kensei notò la pelle del ragazzino cambiare colore nel giro di poco tempo e divenire più rosata del solito ma la cosa più stupefacente per lui era qualcosa che veniva esalato dai pori del giovane Vigilantes.
    Vapore.
    Quella pelle emetteva vapore, come tanti piccoli minuscoli geyser.
    Kensei si sporse ancora di più dal panchetto per osservare lo strano fenomeno e rimase fermo a guardare con stupore finchè lo spettacolo finì e la pelle ritornò al classico colore naturale.
    Il ragazzo sbuffò e si rimise comodo strofinandosi i capelli morbidi con un’espressione del tipo: “quella è davvero un’unicità figa. Sarebbe davvero parecchio utile”.
    Avrebbe voluto cambiare le carte in tavola e chiedergli se avesse perso di unirsi a lui ma non era mai stato questo il suo scopo e il suo posto nell’Eden e quindi evitò di scoprire il Jolly.
    « Ammetto che è interessante, Angioletto. Dovresti sfruttarla per qualcos’altro… » si lasciò ad un sorrisetto di derisione « Hai mai pensato di farti cuoco per specializzarti nella cucina a vapore? E poi i miei tentacoli diventerebbero stoppacciosi, proverei con qualcosa di più semplice. I raviolini magari? » stava letteralmente camminando su carboni ardenti ma si divertiva troppo e ciò riusciva in qualche modo a distrarlo dai brutti pensieri che si stava facendo da qualche mese a quella parte.
    Poi quella frase arrivò, diretta al suo cuoricino. Lo fece irrigidire sul posto e se quella minaccia avrebbe dovuto farlo vacillare in qualche modo, quella frase… lo fece vacillare in un altro modo
    « Rude. » commentò sentendosi per un attimo caldo allo sterno.
    No, no, no, quel tipo era irritante. No, per quanto l’idea che volesse giocare con i suoi tentacoli potesse allettarlo in qualche modo, no. Non avrebbe dovuto cedere, non per un pescivendolo screanzato e senza tatto come lui.

    « Vagamente? I tuoi. Oh no mio caro. Io sono molto meglio. » ricambiò lo sguardo di sfida con un altro molto simile, non sapeva se i pigmenti dei suoi occhi fossero cambiati di colore ma cercò di eguagliare in pressione quelli del pescivendolo (dopo essersi ripreso a suon di schiaffi sulle cosce per evitare di cadere nella trappola della seduzione messa in atto dal classico cattivo ragazzo).
    « Infantile? Ehi, Angioletto bada bene a chi rivolgi questi insulti. Tu non sai con chi hai a che fare, Occhi-dolci. Quello infantile e rompi coglioni sei tu. E non solo. Sei così stupido e incivile che mi hai costretto a scendere a patti per conquistarmi un polpo da portare per cena ad una vecchia signora…. Dovrei essere quindi io il peggiore di noi due? » probabilmente chiunque intorno che stesse assistendo a quella scena avrebbe di sicuro preso nota che tra i due, forse, c’era quasi una parità schiacciante « Stronzate. Vedrai... » Kensei si ringalluzzì e alzò il petto come un gallo cedrone, pronto alla sfida.
    Il tentacolo si strinse attorno a quella mano così robusta e nerboruta con tutte le sue ventose così che la presa sarebbe stata di sicuro salda.
    Non che non avesse dato il mille per mille in quello scontro ma sapeva che anche se avesse perso avrebbe potuto vincere lo stesso in un altro modo.
    Oh si, gli avrebbe reso quella vita un inferno.
    Avrebbe costretto il pescivendolo in ginocchio a pregarlo di porre fine alle sue sofferenze e avrebbe agognato quel giorno in cui gli avrebbe delicatamente carezzato il mento sussurrando “ No.”
    Il solo pensiero lo rendeva comunque carico ed era una cosa che non succedeva molto spesso, che perdere equivaleva a molto più di una semplice vittoria.
    « Disfatta? Ohoho no mio caro. Comunque vada, io vincerò. Perché se anche perdessi alla fine rimpiangerai di non avermi dato quel polpo. » e quando percepì il brusco e repentino colpo portato con una forza quasi sovraumana da Akahito, il giovane figlio dell’Eden tese tutti i muscoli a partire direttamente dalle anche pochi centimetri prima che il suo tentacolo venisse abbattuto come un pesce morto sulla tavola sottostante.
    Cazzo. Questa non me l’aspettavo. la muscolatura dell’arto sembrò faticare sotto la forza bruta del pescivendolo e ciò sembrava rendere ancora più eccitante quello scontro.
    Con le braccia incrociate al petto per non barare il tentacolo di Kensei tremava per la forza che impiegava a non toccare i pochi centimetri che lo separavano da una bruciante sconfitta.
    « Una large. Odio la roba troppo stretta. E metti nel conto anche la bandana. E un bel po’ di ghiaccio… » davvero? Tutta qua la provocazione? Ne aveva sentite a sufficienza di quelle e non attaccavano sulla sua pellaccia. Se avesse cambiato tattica e lo avesse preso su certi argomenti probabilmente sarebbe stato sbattuto fuori al primo round Ti servirà per il braccio. » lo schernì a sua volta e in quell’istante ci fu un istante in cui una parte dell’arto divenne molliccia in modo da far perdere una parte della potenza di Akahito per poi irrigidirsi tutta di colpo e riportare la situazione al centro.
    Non voleva ammetterlo ma il tipo era davvero forte.
    « Dimmi un po’, quei muscoli te li sei fatti vendendo il pesce o per apparire meno femminile, ne? Mori-chan? » lo schernì, cercando di farlo vacillare ma probabilmente non avrebbe funzionato così tanto bene.
    Spostò il peso del suo corpo per favorire il tentacolo combattente e mosse il piede corrispondente in avanti per offrire maggiore stabilità, ruotò leggermente il corpo e tentò di attorcigliare il tentacolo sulla sua mano in modo che questa ruotasse leggermente quanto bastava per tenerla sotto scacco.
    E poi… tirò con tutta la forza che aveva verso di sé, e non lateralmente, cercando di portare la mano di Akahito a sfiorare il tavolo senza mai raggiungere il piano.
    In fondo perché finire così presto visto che si stava divertendo?
    Chissà se le persone e i dipendenti del Vigilantes avevano iniziato a piazzare scommesse su di loro… se fosse stato così, quasi si sarebbe sentito a casa.
    « Sentiamo, Angioletto. Hai mai provato a cucinare cose a vapore con i tuoi geyser? » lo stuzzicò facendogli l’occhiolino « Ovviamente in casa, non sia mai tu possa passare dei guai per un raviolo! »
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    Akahito Mori
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    Quel Kensei era poco più che un idiota montato. Akahito iniziava ad essere stanco del suo atteggiamento: se fino a poco prima era ben più che sicuro di volerselo tenere nella sua pescheria, a quel punto stava pensando che il Villain avrebbe compiuto il proprio dovere in maniera eccessivamente egregia, facendogli perdere - oltre alla pazienza - anche la testa. Inoltre, quel tizio dai capelli rossicci sembrava essere persino più infantile di lui (e ce ne voleva eh). Insomma, le impressioni del Vigilante nei confronti dell’avversario si annerivano via via sempre più, ma non doveva cedere: c’era una certa probabilità che Kensei si comportasse come un imbecille provocatore soltanto per portare il nostro uomo-cinghiale all’esaurimento, così da spingerlo a non volerlo più nella propria “ciurma” neanche in caso di vittoria. Sì, doveva essere quella la strategia del nemico e Akahito non aveva affatto intenzione di dargliela vinta.
    Ignorò le provocazioni altrui finché queste non si fecero eccessivamente fastidiose per essere rette da una persona impulsiva e attaccabrighe come Akahito, benché tutto l’impegno che potesse metterci per restare calmo.
    «Ascoltami, razza di idiota senza cervello.»
    Esordì, con fare ben più aggressivo rispetto a quello adoperato fino ad allora, tentando di stabilire un contatto visivo con Kensei quanto più freddo e rigido possibile.
    «Adesso chiudi quel water che ti ritrovi al posto della bocca. Stai sparando soltanto sciocchezze e la mia pazienza ha un limite.»
    Disse, con fare risoluto, come se quella questione dovesse concludersi in fretta.
    «L’ho capito, sai, che stai facendo così solo per non farti assumere. Beh, indovina un po’: non ci casco, coglione.»
    Proferì quelle parole con immenso onore e soddisfazione, come se fosse stato intelligentissimo a svelare il piano del Villain (che poi non era nemmeno quello). Sì, Akahito, sicuramente sono queste le circostanze migliori per mostrare agli altri il proprio acume, certo.
    «Continua anche a insultarmi, a chiamarmi “Angioletto”, a prenderti gioco di me e del mio Quirk. Prima ti spezzerò un braccio, e poi ti obbligherò a startene inchiodato in questa pescheria, che ti piaccia o meno.»
    Non sembrava affatto star scherzando, anche se… beh, Akahito sembrava non scherzare praticamente mai. Però, ecco, diciamo che quella volta sembrava particolarmente convincente, ancor più delle altre volte.
    Inconsciamente, Kensei stava già svolgendo il ruolo che Akahito desiderava occupasse al proprio banco di vendita, e quella prova non stava andando poi così tanto male: insomma, il Vigilante non aveva ancora messo le mani addosso al Mutant e non aveva ancora alzato la voce a tal punto da farsi sentire dall’intero Mercato. Era un ottimo risultato per uno come lui, no?
    Non c’era altro modo per far capire al ragazzo che aveva urgente bisogno di lui se non quello di passare alle maniere forti: continuare a parlare e provocarsi in quel modo era del tutto inutile.
    Akahito era partito bene ma Kensei era riuscito a reggere il suo primo attacco, benché con una certa difficoltà.
    Continuò ad ignorare le provocazioni del Villain che non chiuse la bocca neanche un istante durante il match, concentrandosi piuttosto sul vincere nel tempo più breve possibile.
    Akahito sentiva di essere, fisicamente, più forte rispetto all’altro e questo doveva averlo avvertito anche Kensei perché iniziò ad utilizzare una strategia per volgere la situazione a suo favore pur senza ricorrere alla forza bruta (cui il Vigilante sembrò invece attingere), ma quanto più praticando un gioco di “polso” (se polso poteva chiamarsi quello del tentacolo).
    Quel coglione stava cercando di fregarlo, era evidente, o almeno così la pensò Akahito, dal momento che aveva una conoscenza di “braccio di ferro” e delle rispettive regole alquanto scarsa.
    «Vuoi imbrogliare, pezzo di merda? E va bene, ti accontento subito.»
    Ringhiò, mentre ormai sentiva pian piano crollare quel castello di pazienza che tanto accuratamente aveva costruito nel corso degli ultimi mesi. Già, peccato che però - anziché che con il cemento - fosse stato costruito con delle carte da gioco.
    Kensei avrebbe avuto la possibilità di avvertire un calore sempre crescente sul ventre del proprio tentacolo, quello a contatto con la mano di Akahito, fino a farsi via via sempre insopportabile fino a diventare ustionante: il Vigilante stava rilasciando vapore direttamente nella presa con l’avversario e questa nascondeva perfettamente la coltre, benché una minima quantità di gas bianco sfuggì comunque dissolvendosi nell’aria. Non era molta, anzi, Akahito stava usando vapore a bassa pressione: sufficiente per scottare Kensei e rendergli le cose ancora più complicate, ma abbastanza poco da farsi notare da occhi indiscreti (oltretutto lì non c’erano clienti, erano all’interno della pescheria).
    «Lo sai, di solito sono una persona onesta ma so essere anche molto incoerente. Potrei aver cambiato idea sul fatto di non ricorrere alla mia Unicità, spero che non ti dispiaccia.»
    Commentò, sollevando l’angolo sinistro della bocca in un ghigno, per poi tentare di ribaltare la situazione e portarla nuovamente a suo vantaggio, riprendendo a tentare di scaraventare nuovamente il braccio del ragazzo dall’altro lato, stavolta col malus del forte calore che si stava trasmettendo al suo tentacolo.
    «Adesso arrenditi subito. Mi hai sentito? ARRENDITI!»
    Gli urlò in faccia, stringendo ancora di più la presa. Kensei avrebbe avuto i suoi buoni motivi per metter fine lì a quella sfida, dal momento che Akahito aveva violato le regole, oppure avrebbe potuto cogliere quella nuova sfida e darla in pasto al suo orgoglio. Cosa avrebbe deciso?


     
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    KENSEI KURAYAMI

    Bene. sogghignò il giovane Kurayami vedendo il suo avversario cedere.
    Se non di forza bruta, di spirito.
    La sua tattica era minare la sua pazienza, logorarla e portarlo all'esaurimento nervoso portarla all'esaurimento, ma quello che aveva di fronte non era un pescivendolo qualsiasi.
    Era il più tenace e il più cocciuto e il rompi palle pescivendolo che avesse mai incontrato sulla faccia della terra.
    Se ci fosse stata Momo lo avrebbe preso per il culo più di me... con battute più squallide... dovrei provare anche io questa tattica? non era certo tipo da copiare lo stile delle sue sorelle, soprattutto quello di Momo – non quella tutta d'un pezzo. L'altra Momo.
    Ancora un po'... solo un altro po'. pensò mentre si sentiva vomitare addosso parole fredde e risolute, strette tra i denti per cercare di mantenere una sorta di calma, di compostezza e di professionalità che se ne andava a farsi benedire ad ogni secondo che Akahito passava con Kensei.
    Chissà cosa avrebbe pensato la folla attorno, a vederli così concentrati, occhi fissi e freddi a specchiarsi gli uni negli altri, tensione nell'aria e nei muscoli dei loro rispettivi arti.
    Uno scontro tra titani che avrebbe visto solo un vincitore, e un vinto.
    Ahahahahaha! Ma non farmi ridere! E questo sarebbe il mio piano? Kheheheheh. Allora sei proprio un'idiota. Come pensavo! tentò di ribattere alla provocazione del Vigilantes che pensava di avere compreso tutto quello che passava sotto quella testa gelatinosa e rosa.
    Oooh ora passiamo alle minacce...? Non ho ancora ben capito se mi sta davvero sul cazzo o inizia a piacermi... tsk.
    Lo derise.
    Non servivano parole, bastava l'espressione che aveva sul volto il figlio dell'Eden per scorgere quanto lo stesse prendendo per il fondoschiena. E oltre ad un sorrisetto e agli occhietti quasi socchiusi e ammiccanti, Il ragazzo alzò non solo le braccia al cielo ma anche i restanti tre tentacoli che fuoriuscirono dall'haori e si alzarono all'unisono scuotendosi come per fare “ciao ciao” con le loro punte
    ... Braccio? Quale braccio? disse per poi far scivolare di nuovo via sotto le vesti i propri arti tranne le braccia che si posizionarono di nuovo conserte.
    Fu così che passò all'attacco, non era così tanto forte come l'avversario... per questo provò a tentare una manovra per portarsi in vantaggio sfruttando non solo la forza ma il trascinamento e la rotazione del polso di Akahito per avere anche solo una possibilità non certo di batterlo ma di fargli vedere di che pasta era fatto.
    E la cosa ebbe successo... ooh sì. Non perchè era riuscito a batterlo.
    Ma perchè era riuscito davvero a farlo incazzare.
    Ehi!! A chi hai dato dell'imbroglione brutto stronzo?! sbraitò imitando il tono di voce del pescivendolo che si era alterato parecchio per la mossa poco ortodossa di Kensei, e lui, di rimando era caduto nella trappola della provocazione.
    La situazione iniziò a scaldarsi e non nel verso giusto, anzi iniziò davvero a diventare bollente. Nel senso letterale del termine.
    I tentacoli possedevano molte terminazioni nervose e questo lo avvantaggiava in combattimento, sul ring, contro avversari per portare a termine attacchi o contrattacchi poiché i loro tempi di reazione erano molto più veloci rispetto alle sue braccia umane.
    Il rovescio della medaglia è che sfortunatamente il dolore lo avvertiva molto di più, e quello che era iniziato come una sorta di calore derivato dalla stretta serrata della mano di Akahito divenne sempre più caldo e ancora, ma quel calore che poteva essere da febbre, Kensei iniziò a percepirlo come se la mano del Vigilantes fosse una pentola dell'acqua a bollore.
    Cosa cazzo stai facendo? gli urlò senza degnarsi degli sguardi delle altre persone, e il calore divenne sempre più insopportabile, sempre più doloroso e lo costrinse a scivolare sempre di più in un'espressione di dolore che divenne sempre più lancinante ogni minuto che passava.
    E' così allora? … Sei arrivato a ricorrere ai tuoi sporchi trucchi per.... ngh—vinchere? strinse i denti mentre le sue labbra iniziarono a tremare, ma non poteva sapere se per la rabbia o per il dolore Sei caduto davvero in basso, Akahito Mori. sibilò a denti stretti trattenendo quasi il fiato, resistendo al dolore come spesso era abituato anche se il calore era una sensazione che durante gli scontri derivava solo dal sangue o dall'adrenalina che gli scorreva in corpo.
    Ks.... Stronzo. Me la pagh-pagherai!
    Gli faceva male, tanto, ma ora come non mai non sopportava l'idea di farlo vincere così. No. Non poteva.
    Lui che aveva giocato secondo le regole si era fatto mettere all'angolo da un colpo basso di un avversario di cui aveva sottovalutato il potenziale, la pericolosità e la sua infida e bieca malvagità.
    Il tentacolo riusciva a stare ancorato ancora alla mano del Vigilantes per buona volontà e grazie anche alle ventose, altrimenti a quest'ora avrebbe mollato la presa subito dopo aver percepito il dolore.
    MAI! gridò, freddo e deciso, con un nuovo vigore nello sguardo e se non fosse stato per quel braccio di ferro probabilmente si sarebbe dato lo slancio per arrivargli fronte contro fronte a urlarglielo addosso.
    Non mi arrenderò di fronte ad un CODARDO COME TE.
    Con una smorfia sul volto, fu abbastanza pronto per comprendere cosa avrebbe fatto l'avversario, ovvero sfruttare di nuovo la sua enorme forza bruta per scaraventare nuovamente l'arto del Kraken fino a farlo scozzare col pavimento del tavolo.
    E così avvenne, ma prima che il tentacolo finisse per toccare il piatto del tavolaccio sfruttò i suoi due tentacoli per avvinghiarsi ad elica su quello martoriato per poi eseguire una forza contraria a quella di Akahito per cercare di riportare la situazione nuovamente in stallo.
    Non ti dispiace, vero.... se la uso anche io? chiese ma si poteva leggere dal volto che era arrivato ad un punto di sopportazione vicino al cedimento, eppure ancora non sembrava arrendersi.
    L'orgoglio lo rendeva più forte e più determinato di prima.
    Avresti potuto vincere anche senza la tua fottuta Unicità. avrebbe voluto far scivolare il suo terzo quarto tentacolo, quello libero, sotto il tavolo... fino alle sue gambe per poi avvinghiarsi ad una e tirare con tutta la forza che aveva per fargli sbattere quel maledetto muso sul bordo del tavolo. Ma non voleva problemi e neanche sangue da quel nasino.
    Invece gli era venuta un'idea molto più subdola e bieca: non era pari al dolore che provava in quel momento ma era considerata una forma di tortura anch'essa... sperava solo di non finire con il tentacolo cotto prima di averci almeno provato.
    Il quarto arto si sarebbe mosso sotto il tavolo, per arrivare proprio lì, su quel fianco, su quel fianco scoperto con la punta per iniziare a solleticare quella parte con grande piacere negli occhi del giovane Kraken. Il solletico se sfruttava punti giusti poteva essere un'arma viscida tanto quanto il calore... ma.... ma rimase soltanto un'idea.
    Scelse di dare man forte agli altri tre. Non avrebbe infangato il proprio onore per colpa di Akahito Mori.
    Sai cosa c'è... Angioletto? Ti darò oggi una bella lezione. disse stringendo ancora i denti e cercando di non mostrargli un volto provato ma uno di quelli che è conscio della propria vittoria.
    Era per caso una minaccia velata? Sembrava che gli stesse dicendo che lo avrebbe pestato a sangue nel parcheggio sul retro all'uscita da lavoro ma non aveva queste intenzioni sebbene avesse tanto desiderato in quel momento renderlo inerme.
    Che l'onore e la gloria nobilitano l'uomo e lo rendono al pari di un dio. E tu non hai onore, e di sicuro non è stato nobile il tuo gesto. sì, gli era rimasto un tantino sullo stomaco l'utilizzo di quella Unicità che lui stesso aveva preso in giro fino a poco prima Io non sono come te.
    In proprio tutti i sensi.
    Kensei continuò a spingere nella direzione opposta assieme all'ausilio dei suoi altri tentacoli, con uno sforzo immane mentre quello che teneva la mano sembrava stringere un tizzone ardente.
    E ora dimmi, stronzo. Cos'è una vittoria... se è il tuo avversario a farti vincere? un sorriso quasi bieco si illuminò sul suo volto.
    No, l'intento di Kensei fin dall'inizio non era cercare di spingere la mano dell'avversario a toccare il tavolo... no... egli stava semplicemente caricando il colpo.
    Non avrebbe perso contro Akahito Mori, non avrebbe lasciato decidere a lui la sua sconfitta... perchè sapeva che non sarebbe resistito a lungo in quelle condizioni. No.
    Kensei Kurayami avrebbe perso per mano sua, e avrebbe lasciato il pescivendolo a gustare qualcosa che non aveva lo stesso sapore di una vittoria.
    Quando ebbe caricato a sufficienza il colpo, non avrebbe fatto altro che lasciare la presa dei tentacoli che aveva sull'uno per far diventare questo una molla che una volta rilasciata si sarebbe andata a schiantare sul tavolo.
    Per volere del Kraken.
    E se questo avesse avuto successo probabilmente Kensei si sarebbe sciolto da quell'intreccio bollente.
    Ti consiglio di passarmi del ghiaccio se non vuoi che la prossima sfida sia farti finire affogato assieme ai tuoi dannatissimi pesci.
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    Akahito Mori
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    Se Akahito si fosse pentito di quanto stesse facendo con Kensei? Ovviamente no.
    Vedere l’espressione sofferente dell’avversario e sentire l’odore di polpo arrosto erano delle sensazioni a dir poco appaganti.
    Eppure, nonostante lo stesse abbrustolendo, il Villain non accennava a chiudere quella dannata bocca. No, al contrario Kensei continuava a vomitare parole tremendamente fastidiose che ad altro non erano mirate se non insultarlo. In quello, Akahito dovette ammettere a sé stesso di star manifestando un autocontrollo a dir poco inusuale.
    Ancora una volta, il pescivendolo ignorò tutto ciò che gli stesse dicendo Kensei.
    Le parole del Mutant non minavano neanche un minimo il suo Onore, dal momento che - secondo Akahito - il membro di Eden era stato il primo ad imbrogliare, con quella mossa (no, evidentemente questo cretino di un Vigilante non conosce le regole), per cui non si sentiva affatto in colpa o in dovere di dare spiegazioni/chiedere scuse.
    Kensei era stato il primo a comportarsi come un idiota scorretto e ora non stava facendo altro che raccogliere ciò che aveva seminato.
    Cazzi suoi.
    Akahito era convinto di avere la vittoria in tasca, ormai, ma Kensei stava dimostrando una resistenza fuori dal comune. Una resistenza che gli consentì di compiere un’ultima, potente mossa che fu mirata a far sì che il pescivendolo sollevasse quanto più possibile il braccio per poi lasciarlo crollare, con tutta la forza che aveva caricato, sulla superficie del tavolo di legno, che finì per essere colpita violentemente.
    Akahito aveva vinto.
    Ma aveva anche perso, sotto un certo punto di vista.
    Kensei aveva compiuto quel gesto estremo con l’intento di farlo sentire in colpa, ma… non ci era riuscito.
    Il ragazzo dai capelli blu scrutò a fondo la superficie del “campo di battaglia”, su cui ormai c’era soltanto il suo pugno, prima di riportare l’attenzione sul proprio interlocutore, che nel frattempo gli aveva chiesto del ghiaccio.
    «Il rispetto ha senso soltanto se è univoco. Deve procedere in entrambe le direzioni, altrimenti perde il suo significato intrinseco.»
    Proferì, a quel punto, stringendosi per bene la bandana dietro la testa e riprendendo a fissare il Villain negli occhi.
    «Nel momento in cui hai usato quella mossa, hai perso il briciolo di rispetto che potevo nutrire nei tuoi confronti.»
    Spiegò, dimostrando ancora una volta di essere un totale ignorante in quel gioco, benché tutto ciò che diceva venisse dichiarato con una certa sicurezza.
    «Ho dimostrato di avere pietà di te, Idiota-Kensei, perché se avessi voluto vincere avrei potuto affermare fin dall’inizio che sarei ricorso alla mia Unicità.»
    A quel punto si prese una breve pausa, facendo un cenno col capo ad uno dei dipendenti: nonostante un attimo di esitazione, questo scattò in una direzione non ben definita.
    «Hai perso perché sei un viscido, c’è poco di cui discutere. Le mie azioni sono state solo conseguenze delle tue.»
    Il dipendente che prima era sgattaiolato via tornò con un panno con dentro del ghiaccio. Akahito lo ringraziò e recuperò lo straccio freddo, per poi allungarlo col braccio verso Kensei. Dopo averlo fatto, sia che il Villain avesse accettato che meno, il pescivendolo avrebbe compiuto due o tre passi verso un cumulo di buste bianche.
    «Inizierai tre volte a settimana. Lunedì, Mercoledì e Venerdì. Dalle nove alle tredici. Ho bisogno di assumerti a piccole dosi, perché potrei mandarti a fare in culo subito.»
    Disse, impostando quelle parole quasi fossero un ordine, mentre sembrava star facendo qualcosa con una busta, pur senza mostrare esattamente cosa, trovandosi dinanzi a essa.
    «Naturalmente ti occuperai delle attività di magazzino, non posso assolutamente permettere che un incompetente come te venga a contatto con i clienti.»
    Spiegò, chiudendo e stringendo per bene la busta, per poi voltarsi di nuovo in direzione di Kensei e avvicinandosi a lui.
    «Non hai mai acquistato questo ottopode qui. Io non ti ho neanche mai visto prima di questo istante
    Passò la famosa busta contenente il simil-polpo al Villain, naturalmente senza chiedere neanche una moneta in cambio.
    «Te lo sei meritato, Idiota-Kensei. Sei insopportabile, una spina nel fianco, ma mi dà fastidio che al Mondo ci possa essere qualcuno più rompicoglioni di me. In questo mi hai decisamente battuto.»
    Tirò un sospiro, come se fosse stanco. Le proprie giornate di lavoro erano molto più ordinarie di così, quella era in tutto e per tutta una giornata particolare.
    «Adesso vedi di prendere il tuo culo moscio da mollusco e sparisci via di qui
    Akahito non aveva intenzione di sentire altre storie. Non era nemmeno sicuro che Kensei si fosse presentato di nuovo lì, anzi, c’era un’altissima probabilità che il Villain si prendesse il bottino e scappasse via alla velocità della luce senza più mostrarsi.
    Tuttavia, non c’era più nulla che il pescivendolo potesse fare, se non l’aver tentato di essere quanto più convincente possibile.
    Il resto sarebbe dipeso dal suo avversario.


     
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