The Breakthrough of Rena Sakashima

SQ Rena Sakashima

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    Rena Sakashima

    “But on the question of whether the robots will eventually take over, Rodney A. Brooks says that this will probably not happen, for a variety of reasons. First, no one is going to accidentally build a robot that wants to rule the world. He says that creating a robot that can suddenly take over is like someone accidentally building a 747 jetliner. Plus, there will be plenty of time to stop this from happening. Before someone builds a "super-bad robot," someone has to build a "mildly bad robot," and before that a "not-so-bad robot.”

    - Michio Kaku -





    Nella tetra, umida e soffocante umidità della sua stanza, Rena Sakashima, imprecò nuovamente.
    Silenziosamente.
    Carezzandosi la voragine creata dagli occhiali sulla curva del naso.
    Ma aggressivamente nonetheless.
    Una irritazione coltivata e alimentata da ore e ore di concentrazione, da una notevole mancanza di sonno e da litri di Energy drink.
    Allungò alla cieca una mano vicino a sè, tastando ciecamente alla ricerca di un'altra lattina.
    Le dita scivolarono febbrilmente attorno ad uno dei cilindri prima di sollevarlo.
    Con foga, anche troppa forse.
    Realizzando che la latta era vuota, la tirò rabbiosamente alle sue spalle, facendola ricadere rumorosamente in un mucchio di contenitori identici.
    Schizzi di liquido opaco finirono sulla lunga e slargata T-shirt che indossava, sulla sua spalla nuda (anche perchè indossava ben poco altro) ed equamente sul tavolo da lavoro e sul pavimento.
    Non fece nessuno sforzo per ripulirla.
    Da nessuna parte.
    L' odore dolciastro le fece arricciare il naso.
    Non tanto per il profumo in sè, le piaceva proprio per questo e per l'oscena quantità di eccipienti ed eccitanti che conteneva.
    No, quello che la infastidiva era che il resto degli odori erano abbastanza pungenti da far risaltare un aroma del genere.
    Scosse la testa, tornando a concentrarsi sul compito che aveva davanti.
    Chiunque avesse conosciuto Rena Sakashima, avrebbe stentato a riconoscerla in queste condizioni.
    I capelli incolti, unti e spettinati, qualunque sembianza di cura era sparita, persino la vezzosa coda alta che portava, solitamente mantenuta alla perfezione sembrava una palma ornamentale tanto era rastremata e i ciuffi incollati.
    Gli occhi spenti,arrossati per lo sforzo, incorniciati da due occhiaie profonde e scure tanto da sembrare più lividi che altro.
    Era così faticoso mantenere lo sguardo fisso, che era stata costretta ad indossare un paio di occhiali.
    E per chi conosceva la ragazza, era un chiaro segno di come la faccenda le fosse sfuggita di mano.
    Era esausta.
    Non dormiva da quasi cinquantasei ore e si reggeva in piedi solo grazie ad un consumo smodato di integratori ed energy drink, che giacevano insieme a montagne di immondizia sul pavimento.
    Fortunatamente, nessuno abitava negli appartamenti vicini, altrimenti non avrebbero esitato a chiamare la polizia per scoprire l'origine di quel fetore nauseabondo che stava iniziando a riempire il complesso.
    Non erano condizioni di lavoro salutari, ma alla ragazza in rosa, questo palesemente non importava.
    Inserì nuovamente una stringa di codici lunga centinaia di caratteri come se niente fosse e una volta terminato si lasciò cadere a terra, finendo sopra un mucchio di sacchi neri da immondizia, pieni di materiale, che ora usava come sedia.
    Sospirò.
    Un lungo e modulato lamento che assomigliava di più ad una valvola piena di vapore che saltava che altro.
    Lasciò la testa molle sulla plastica nera e lucida, facendola adagiare mollemente sui rifiuti.
    Chiuse gli occhi qualche secondo.
    Sperando di trovare sollievo dal mal si testa dilaniante che le circondava la fronte, ma ben presto rinunciò.
    Sarebbe bastato a malapena qualche istante di distrazione per cadere addormentata.
    E non poteva permetterselo, aveva troppo da fare.
    Con uno sforzo biblico si rimise in piedi, in un clangore di rumenta, si aggiustò pigramente il lato degli slip con un dito e contro il suo migliore giudizio, si accorse che doveva andare in bagno.
    Per un unico, terribile secondo osservò una lattina vuota, attraversata dai più turpi pensieri.
    Poi, deciso che quello era troppo anche per lei, si rassegnò ad andare in bagno.
    Tre minuti dopo era già di ritorno.
    Una nuova lattina di Energy drink in mano.
    Tornò a fissare nuovamente gli schermi che aveva attorno.
    La diagnostica era nuovamente in corso,.
    Ancora una volta, una cascata di errori riempiva l'interezza del display.
    Ripetuta in ogni schermo come una pessima, pessima battuta.
    Una di quelle battutacce che aveva lei stessa come oggetto di scherno.

    Quale è il tuo problema?


    Sibilò velenosa, voltandosi verso l'oggetto alle sue spalle.
    Il suo sguardo passò distrattamente sulla struttura adagiata sul tavolo da lavoro.
    Seguito a ruota dalla sua mano, mentre passava delicatamente sul metallo.
    Come un enorme miriapode di acciaio, plastica e fibra ottica, un complesso e futuristico apparato se ne stava riverso verso l'alto, del tutto simile ad una creatura marina delle profondità immobile su un tavolo in attesa della dissezione.
    I cablaggi interni fuoriuscivano come viscere di un preistorico rettile, per andarsi a collegare ad innumerevoli socket presenti sui dispositivi elettronici.
    Talvolta una delle pseudo-terminazioni nervose si illuminava per un istante, attraversata da corrente elettrica, facendo muovere una delle appendici simili a zampe.
    Una bizzarra parodia di motilità biologica...no.
    Si corresse subito.
    Era esattamente come un cadavere di rana attraversato da corrente elettrica, spasmava perchè i muscoli si contraevano.
    Odiava quell'aggeggio.
    Lo detestava con tutta se stessa.
    Non perchè le faceva schifo l'idea di doverselo appiccicare dietro al collo, affatto.
    No, lo detestava perchè era un emblema del suo fallimento.
    Lo odiava perchè si rifiutava di funzionare.
    E soprattutto perchè la causa di questo fallimento era unicamente lei.
    Non poteva prendersela con Nemo.
    Il suo lavoro era stato ineccepibile.
    Aveva fatto diagnostiche su diagnostiche, e il risultato era sempre quello.
    Gli hardware check erano assolutamente all-green.
    Il problema era sempre l'attivazione del software.
    Quando veniva dato il comando di mobilità freezava e a cascata tutte le periferiche smettevano di funzionare.
    Forse era una questione di compatibilità?
    Probabilmente era stata troppo arrogante nel cercare di trasformare delle braccia in code.
    Chiunque fosse Long Shadow aveva creato un capolavoro.
    E lei, non era certo meglio di qualche falsario che cercava di applicare un twist ad una idea geniale avuta da qualcun'altro.
    Non stava inventando niente, stava solo copiando.
    Sorrise.
    Un sorriso così acido che avrebbe fatto cagliare il latte.
    Ovviamente stava copiando.
    Lei era Rena.
    Non sapeva inventare, non aveva idea di cosa fosse l'originalità.
    Come un parassita imitava e trasformava.
    Pervertiva le idee altrui e le presentava come farina del suo sacco.
    Non sapeva creare.
    Ma questo lo sapeva benissimo.
    Ancora una volta fece partire il programma di attivazione.
    Come centinaia di piccole zampe metalliche, le vertebre della spina dorsale si mossero all'unisono, quasi la struttura stesse cercando di rovesciarsi.
    Con apprensione gli occhi assonnati corsero lungo lo schermo.
    In attesa spasmodica di vedere apparire quello schermo rosso.
    Quel riquadro di errore che oramai aveva imparato a conoscere bene.
    Era arrivata al punto che ormai non attendeva altro di veder sparire quel problema, anche solo per andare a dormire.
    Non che non ci riuscisse, sia chiaro.
    Ma sapeva cosa sarebbe successo se fosse riuscita ad addormentarsi.
    Se avesse ceduto al sonno.
    Incubi.
    Terrificanti visioni scatenate dal suo senso di inadeguatezza.
    Il suo fallimento l'avrebbe aggredita, le avrebbe fatto male.
    E stavolta non solo emotivamente.
    No, affatto.
    Nei suoi sogni, la sua paura, finalmente poteva anche farle male fisicamente.
    Aveva perso il conto di quante volte le aveva letteralmente strappato il cuore dal petto.
    Lo aveva posto davanti ai suoi occhi perchè lo guardasse battere.
    Una cosa nera, secca e avvizzita.
    Un perfetto riflesso di quella voragine che formava il suo centro...
    Scosse nervosamente la testa.
    Lo stava facendo di nuovo.
    Stava nuovamente per addormentarsi:
    Respirò a fondo, cercando di calmare i battiti di quello stesso cuore di cui aveva immaginato poc'anzi.
    Fu allora che si accorse, che il testo scarlatto era stato sostituito da una infinità di messaggi di colore giallo, assieme al ben più rassicurante bianco.
    [ERROR:Parsenum-00135 could not be selected]
    [Alternative Pathaway Connected]
    [Error will be deprecated and archived]
    [String code will be removed in successive iterations]

    [ERROR:Parsenum-00136 could not be selected]
    [Alternative Pathaway Connected]
    [Error will be deprecated and archived]
    [String code will be removed in successive iterations]

    [ERROR:Parsenum-00137 could not be selected]
    [Alternative Pathaway Connected]
    [Error will be deprecated and archived]
    [String code will be removed in successive iterations]

    Il cuore tornò a battere agitato.
    Stavolta non di paura.
    Nè di ansia.
    Era proprio eccitazione.
    L'algoritmo di correzione che aveva inserito stava funzionando.
    Invece di bloccarsi a causa dell'errore, aveva stabilito una seconda connessione neurale.
    La Mind.Interface.Unit stava completando il controllo di ogni singola giuntura Bionica.
    Il Bridging delle connessioni stava avvenendo ad una velocità incomprensibile per un normale essere umano.
    Ben presto, la centralina di controllo, avrebbe mosso qualunque parte della struttura come fosse una singola estensione di una unica entità.
    Il che, era esattamente quello che avrebbe dovuto fare.
    Senza pensarci, la ragazza dai capelli rosa allungò la mano e afferrò un bizzarro dispositivo.
    Simile ad una fascia per capelli riempita di borchie metalliche e cavi.
    Lo calcò in testa, ignorando le rigide parti metalliche che grattavano la cute.
    Non era comodo, ma non importava.
    Attese qualche secondo che la scritta

    <initialization program complete: BOOT-UP>

    Apparisse, prima di premere solennemente il tasto invio.
    Per un solo frenetico, inconcepibile istante, fu come se qualcuno avesse gettato acqua gelata direttamente sul suo cervello.
    Nausea.
    Brividi.
    Capogiro.
    Tutto quanto assieme la investì come una ondata, mentre il suo corpo cercava di reagire ad una presenza estranea.
    Inspirò.
    Espirò.
    A fondo.
    Più volte.
    E fece per girare la testa, quando un rumore cacofonico la investì.
    Metallo, vetro, alluminio.
    Un tonfo sordo.
    Schegge di legno.
    Si alzò in piedi.
    La mano che andava istintivamente al coltello che...
    Non era lì.
    O forse c'era, ma non era in grado di vederlo, sepolto come era sotto chili di immondizia.
    Una maledizione sibilante fuoriuscì dai denti stretti.
    Non sapeva chi, nè come, fosse riuscito a trovarla.
    Questo appartamento, il suo laboratorio personale, era un buco nero nel catasto.
    Un appartamento sfitto che mai avrebbe trovato un compratore in un edificio in disuso il cui unico altro affittuario era costantemente via.
    Un luogo che esisteva e al contempo non poteva destare sospetti perchè non esisteva.
    Come lei era al di fuori di ogni sospetto e di qualsiasi chance di attirare attenzione.
    Eppure, qualcuno, qualcosa doveva averla trovata...
    La sua immaginazione le stava giocando brutti scherzi.
    La sua attenzione era iperattiva.
    Per forza, non c'era altra spiegazione.
    Mosse per un secondo un piede in avanti, lentamente, tentativamente.
    La delicata pianta del piede, seguita dalle dita affusolate, le unghie laccate il cui smalto stava iniziando a sfaldarsi privo di cure, che carezzavano il tatami.
    Rieccolo.
    Stavolta un fruscio.
    Secco.
    Dietro al....tavolo?
    Il tavolo era a terra, notò piccata.
    Aveva bisogno di un'arma, aveva bisogno di qualcos...

    Hyaaaaaaaaaaaahn?!!!


    Un lamento, un miagolio, un grido di sorpresa.
    Qualcosa di gelido le aveva sfiorato il piede!
    Fece per calciarlo via, ma era inutile.
    Pesava una tonnellata.
    No, un momento.
    Non pesava una tonnellata, pesava esattamente tre kili.
    3.867 grammi, per la precisione.
    Un peso che diventava una piuma quando gli stabilizzatori inerziali e i giroscopi erano attivi.
    Come un orrendo millepiedi metallico, l'asse cerebro-spinale su cui stava lavorando, le si stava strusciando lungo il piede.
    Rimase immobile.
    Così fece la struttura.
    ...
    Per un istante stava pensando di chinarsi a raccoglierlo.
    E immediatamente il blocco di metallo prese a contorcersi.
    Si fermò.
    L'altro fece lo stesso.
    La realizzazione la colpì come una tonnellata di mattoni.
    Aveva indossato l'interfaccia di controllo, questo doveva in un qualche modo aver attivato il meccanismo di tracciamento tattile.
    Ridicolo vero.
    Ma voleva dire che funzionava!
    Come una scena uscita da una delle opere di H.R .Giger, Rena si chinò in basso e prese l'orrendo miriapode di acciaio, silicone e fibra ottica e lo sollevò in aria.
    Estatica.
    Una espressione spiritata negli occhi.
    Come una balia che esponesse un neonato per la prima volta alla luce del mondo esterno.
    E la creatura, rispondeva.
    In sincrono con la gioia della sua padrona muoveva le proprie parti componenti.
    Un semplice riflesso dei segnali elettrici che lo attraversavano.
    Eppure per la prima e forse unica volta in vita sua Rena Sakashima, credette di capire, come si doveva sentire una madre.
    Esausta.
    Sopraffatta da troppe ore di veglia.
    Si accasciò nell'immondizia in posizione fetale, cullando tra le braccia il frutto degli sforzi suoi e di Nemo.
    Incurante della sporcizia, delle lattine, degli avanzi di cibo.
    Strinse a sè la spina dorsale e per la prima volta in quasi due giorni e mezzo, si concesse di dormire.
    Un sonno senza sogni.
    Finalmente, un sonno felice.
    18 yo Liv. 6 Villain Stalker X Gyaru Complete Scheda Cronologia © by ReЙ
     
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    Hello,
    niente di particolare da segnalare.

    Rena. +25exp

    Chiudo.
     
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