Learning to Breathe Again

SQ - Yumeru Shinso

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    Yumeru Shinso
    Narrato - Parlato - Pensato

    Un altro tentativo fallito.

    Yumeru si accasciò con la schiena sul pavimento del suo soggiorno. Erano ormai ore che si esercitava senza sosta e adesso il sole facendo il suo ultimo inchino prima di ritirarsi dietro l’orizzonte, lasciando la stanza in un cupa penombra.

    Il petto nudo del ragazzo si alzava e si abbassava ritmicamente, mentre i suoi occhi fissavano il soffitto senza uno scopo. La sua mente era colma di stanchezza e frustrazione.
    La sua attenzione si portò su suo respiro. Ascoltava in silenzio il suono di ogni respiro. Il suono dell’aria che filtrava il suo naso riempiendo i suoi polmoni, e il suo suono dell’aria che fuggiva come una corrente dalla sua bocca.


    Negli anni si era allenato a controllare il suo respiro e sfruttarne il massimo potenziale. Esercizi anaerobici erano diventati una costante nella suo routine di allenamento, per poter colmare la sua insormontabile lacuna. Non importava quanto si allenasse, alla fine dei conti la limitazione di non poter usare il proprio quirk liberamente era uno ostacolo troppo ingente per il futuro della sua carriera da eroe.

    C’era un limite a quanto potesse estendere la sua autonomia d’azione durante un apnea, e questo senza contare eventuali interferenze esterne.
    Il ragazzo scosse il capo con testardaggine. Non poteva di certo gettare la spugna. Dedizione e determinazione non l’avevano mai deluso. Era diventato quello che era grazie ai sacrifici e al suo duro lavoro.

    Doveva fare un altro tentativo.

    Regolò ancora una volta il suo respiro utilizzando come punto di riferimento il suo battito cardiaco.Il ritmo del battito era lento e rilassato. Tum. Tum. Tum.

    Inspirò aria per un ultima volta. Lasciò che i suoi polmoni si riempissero di ossigeno quasi a volerli fare scoppiare come palloncini. Adagiò la sua mano sinistra sul proprio addome al livello del diaframma.

    Mentre la sua scorta d’aria cominciava a consumarsi protese la mano destra verso il soffitto e finalmente attivò il suo quirk. Un manto di gelatina ambrata avvolse rapidamente l’arto partendo dall’avambraccio e ricoprendo interamente la mano.
    Yumeru manipolò la gelatina facendole assumere forme spiraliformi mentre questa si estendeva, come animata di vita propria, verso il soffitto.

    Era passato ormai un intero minuto quando Yumeru finalmente decise di riprendere fiato cercando però di mantenere attivo il suo quirk.
    La gelatina per un breve istante sembrò rimanere sotto il suo controllo, ma alla fine si scompone afflosciandosi come una pianta morta e finendo a formare una piccola chiazza gelatinosa sul pavimento, malgrado gli intensi sforzi mentali del ragazzo per impedire questo esito.
    Il ragazzo si lasciò sfuggire un grido di frustrazione.


    Un altro tentativo fallito.


    “Dannazione” imprecò Yumeru fra i denti, sentendosi improvvisamente stanco sia mentalmente che fisicamente lasciò che il braccio destro ricadesse su stesso andandogli a coprire gli occhi, mentre chiuse la mano sinistra a pugno colpendo il pavimento in un gesto di stizza.
    Rimase in quella posizione in silenzio ancora una decina di minuti, mentre le ombre divorano la stanza, lasciandolo al buio.

    Alla fine trovò la forza di volontà di rialzarsi. Il suo viso era una maschera di malumore e frustrazione. Si sentiva debole e impotente. Sentiva dentro di se che quello che stava cercando di fare era la strada giusta, ma c’era come un blocco che non riusciva ad oltrepassare. Erano mesi che aveva cercato di liberarsi dalla limitazione, cercando di controllare il proprio quirk senza trattenere il respiro, ma in vano.

    Il ragazzo controllò l’ora sullo schermo del suo cellulare. Era ormai quasi ora di cena e non aveva neanche pranzato. Come a puntualizzare la cosa il suo stomaco gorgogliò rumorosamente in protesta. Avrebbe dovuto prepararsi la cena, ma in quel momento non si sentiva in vena di mangiare. Decise invece di voler calmare i suoi nervi con un lungo bagno rilassante e, dopo essersi rimesso in piedi, fece per avviarsi fuori dalla stanza buia quando il suo piede urtò dolorosamente qualcosa nascosto nell’ombra “Ouch! Fuck!” si lamentò ululando il ragazzo saltellando su un piede, mentre teneva il piede dolorante con un mano e cercava l’interruttore della stanza con l’altra.

    Al ‘click’ dell’interruttore la luce s’impadronì nuovamente della stanza, e Yumeru poté constatare su cosa avesse sbattuto il piede. Era uno scatolo impolverato di vecchie scartoffie di famiglia che aveva lasciato li per mesi, con l’intento di conservarlo a posto… un giorno, che in genere era un ipotetico “domani” costantemente rimandato al “domani” seguente fino a che l’esistenza dello scatolo sul pavimento non era diventata una entità permanente.

    L’urto con il suo piede aveva scoperchiato lo scatolo rovesciando il contenuto per terra: documenti, certificati, appunti incomprensibili e note illeggibili.
    Ma qualcosa di inaspettato attirò l’attenzione del ragazzo: una foto aveva fatto capolino in quella marea di scartoffie. Era una vecchia foto, in cui erano ritratti lui e i suoi genitori.


    Yumeru si chinò sulle carte raccogliendo la foto per esaminarla meglio. Ricordava vagamente quando la foto era stata scattata, lui avrà avuto sette anni, e stavano festeggiando con dei fuochi d’artificio estivi nel giardino di casa. Yumeru sospirò malinconicamente mentre i suoi occhi viaggiavano attraverso la foto verso momenti felici del passato.

    Il ragazzo si forzò per distogliere lo sguardo e, senza indugiare oltre sulla foto, si diresse verso il bagno dove appoggiò la foto sul bordo della vasca e aprì il rubinetto per far scorrere l’acqua calda. Mentre la vasca si riempiva di acqua bollente il ragazzo si spogliò e si osservò allo specchio: il suo viso traspariva visibilmente i segni della stanchezza e i suoi occhi che in genere brillavano di energia ed entusiasmo erano piuttosto spenti.

    Non volle indugiare oltre di fronte al suo deprimente riflesso e cosi si infilò nella vasca ormai piena.

    Per un lasso di tempo indefinito si lasciò cullare in silenzio dalla piacevole sensazione dell’acqua calda sulla sua pelle, immergendo il suo corpo fino alle orecchie e chiudendo gli occhi.
    Quando gli apri nuovamente gli occhi questi, come se fossero magnetizzati, gravitarono immediatamente verso la vecchia foto sul bordo della vasca. Il ragazzo cercò di combattere la tentazione immergendo la testa completamente fino in fondo, nascondendosi sotto la superficie dell’acqua, per poi riemergere qualche istante dopo liberandosi il volto dai lunghi capelli bagnati, che si avvinghiavano come alghe. Yumeru stirò all’indietro i capelli bagnati con entrambe le mani, e i suoi occhi ritornano nuovamente sulla foto.


    A questo punto il ragazzo prende in mano la foto per osservarla nuovamente. Chi lo conosceva per come era adesso avrebbe avuto difficoltà a riconoscerlo nel bambino ritratto in questa foto: quando era piccolo portava i capelli corti a caschetto, un paio di occhiali con la montatura spessa, un fisico piuttosto gracile e un sorriso timido e riservato. Ben lontano dal palestrato con piercing e tatuaggi che era oggi.

    Nella foto indossava uno yukata blu ed era posizionato fra il padre e la madre. Il suo linguaggio del corpo comunicava palesemente timidezza e timore di fronte all’obbiettivo, mostrandolo mentre cercava parzialmente di nascondersi, aggrappandosi al braccio della madre. Suo padre, Haruto Shinso, troneggiava sulla foto con la sua stazza e il suo fisico imponente, che Yumeru aveva infine, seppur inaspettatamente, ereditato da lui. I suoi tratti del volto sono duri e severi, ma dai suoi occhi traspariva gentilezza e il suo sorriso era genuino.

    La madre invece occupava il lato destro della foto. Ayaka Shinso, era una donna di delicata bellezza, con lunghi capelli neri e setosi, un viso dai tratti morbidi e un sorriso che emanava il calore del sole. Gli occhi della madre erano estremamente simili a quelli di Yumeru, ma avevano un tonalità più chiara e accesa, quasi come se brillassero di luce propria.
    Non era solo nell’aspetto che il piccolo Yumeru differiva da quello attuale. Da piccolo era un bambino dal carattere estremamente timido ed introverso, e piuttosto che passare le giornate a giocare con bambini delle sua età le passava lì in quel giardino con sua madre. Un vero e proprio cocco di mamma.

    Gli altri bambini erano solito prenderlo in giro perché era sempre gracile e impacciato, il che scoraggiò fin da subito il suo interesse nel fare amicizia con i suoi coetanei.


    Yumeru inclinò la testa poggiandola sul bordo della vasca alzando la foto sopra di se, frapponendola fra il suo sguardo e il soffitto, mentre ne stringeva il bordo fra le dita bagnate.
    L’immagine portò a galla un momento in particolare dal fiume dei ricordi. Era estate. Yumeru ricordava la sensazione del sole sulla sua pelle e il costante sottofondo sonoro delle cicale.
    Yumeru avrà avuto circa sette anni, la stessa età che aveva in foto. Era appena rientrato a casa correndo in lacrime nel giardino per trovare conforto dalla madre.
    La madre Ayaka, con la pazienza che solo un genitore può avere, era riuscita a calmare la cacofonia di singhiozzi e di lamenti indecifrabili, cosi che lui potesse spiegarle cosa fosse successo “Va tutto bene, mio piccolo girasole. Su respira. Respira e calmati. Gli altri bambini non vogliono giocare con te perché sei troppo lento e maldestro?” Lei chiese al bambino che inspirando grandi boccate d’aria e tirando su con il naso, mentre si strofinava con il dorso della mano gli occhi arrossati dal pianto, balbettò “S-Si… dicono che gioco male come una f-femminuccia e che quindi dovrei andare a giocare con le femmine.” La madre gli carezzò gli carezzo il viso portando via le lacrime dalla guancia “Povero girasole… Forse non è un idea cosi malvagia? Magari puoi divertirti giocando con delle simpatiche bambine piuttosto che con quei bambini cattivi?” Al che in risposta il piccolo Yumeru scosse energicamente la testa in protesta “NO! Non voglio. Le bambine fanno solo giochi noiosi! V-voglio stare qui con te a giocare con i fiori.”

    Ayaka sorrise pazientemente alle parole del bambino, sapendo che nell’arco di qualche anno sicuramente avrebbe decisamente cambiato idea sul gentil sesso. Ma adesso era solo un bambino che non riusciva ad integrarsi con i suoi coetanei, quindi decise si assecondarlo “Va bene, mio piccolo Yume. Puoi restare qui ed aiutare la mamma in giardino per oggi, ma domani dovrai provare di nuovo a giocare con i tuoi amichetti, magari puoi convincerli a farti giocare con loro portando loro dei biscotti? Hm? Che ne dici?” Il piccolo Yumeru dondolò con incertezza sui suoi piedi distogliendo lo sguardò per poi borbottare di malavoglia “Va b’n.” Non gli andava a genio di dover dividere con quegli antipatici i suoi biscotti. Ma domani era lontano e almeno per oggi poteva stare a giocare con la mamma.

    La madre rise di fronte al broncio del bambino e si chinò per abbracciarlo: il bambino si lascio avvolgere dall’abbraccio e inspirò avidamente il profumo della madre. Era l’odore di fiori e terra. Yumeru amava quel profumo. E amava molto sua madre.

    Purtroppo un improvviso flash back sgradevole del funerale dei suoi genitori s’intromise nel suo ricordo e lo forzò a ricollegarsi alla realtà. Yumeru si scosse dentro la vasca la cui acqua ormai era diventata fredda. Il ragazzo congiunse le mani a mò di coppa per portarsi un pò d’acqua alla faccia.

    Aveva lasciato cadere la foto a terra di fianco alla vasca.

    Inevitabilmente il suo viale di ricordi lo aveva portato a pensieri sgradevoli. Yumeru aveva mantenuto il suo carattere introverso e ansioso fino alla morte dei suoi genitori, dopo di che finì in custodia a suo nonno, che aveva cercato in maniera implacabile di “rafforzare” il suo carattere applicando un intensa ed austera disciplina. Il ragazzo doveva ammettere che in un certo senso per vie traverse alla fine l’intento del nonno era stato raggiunto.

    Yumeru rammentò tutti gli episodi in cui il nonno lo aveva sottoposto ad allenamenti e punizioni brutali. “Debolezza” e “insicurezza” non erano termini che esistevano nel vocabolario di Ryuji Shinso. Erano due difetti di carattere che andavano estirpati con il pugno di ferro.

    E immancabilmente la mente di Yumeru tornò all’incidente della competizione di kendo: il giorno in cui aveva manifestato pienamente il suo quirk.

    Yumeru ricordava quanto fosse stato nervoso e ansioso all’idea di partecipare di quel torneo. Ricordava come fosse terrorizzato da tutti i suoi avversari e dagli spettatori. Ma soprattutto dallo sguardo impietoso di suo nonno, colmo di fredde aspettative che sarebbero rimaste insoddisfatte. Ricordava la sensazione di sudore freddo e la fitta che gli attanagliava lo stomaco come le spire di un serpente quando si trovò di fronte al suo avversario. Nonostante si fosse allenato duramente seguendo i rigidi standard del nonno l’avversario lo superava sia in stazza che in abilità.

    La sola cosa che lo spaventava più del suo avversario era ciò che avrebbe fatto suo nonno una volta che avrebbe perso.

    E fu in questo stato di panico che smise di respirare.
    E attivò inconsciamente il suo quirk.

    Non ricordava bene cosa fossa successo di preciso, tutto ciò che ricordava era il suo avversario a terra in una pozza di gelatina e la folla che urlava in piena indignazione. Ma soprattutto lo sguardo di gelida furia nel volto di suo nonno.

    Il resto era storia.

    Quella fu la prima volta che aveva attivato il suo quirk ed era stato in maniera… inconscia. Yumeru iniziò a contemplare le sue mani a mollo nell’acqua. Aveva una sensazione, una sorta di pizzicore alla base del collo. Senti un sentimento d’ispirazione che non riusciva a spiegare.

    Alla fine che male poteva fare un tentativo fallito in più?

    Il ragazzo distese i muscoli del collo facendolo scrocchiare prima da un lato poi dall’altro. Poggiò entrambe le mani sui lati della vasca afferrandone saldamente i bordi. Regolò ancora una volta il suo respiro con il ritmo del suo battito cardiaco. Tum. Tum. Tum.

    Inspirò un ultima volta e sprofondò la testa. L’acqua fredda della vasca gli coprì il capo mentre i suoi capelli iniziarono a fluttuare sulla superficie. Yumeru si sforzò di liberare la mente da ogni pensiero e cercò di concentrarsi unicamente su battito del suo cuore.

    Attivò il suo quirk lasciando che la gelatina fluisse dalle sue mani colando dal bordo della vasca, mischiandosi alla superficie dell’acqua in un movimento a spirale. Quando sentì di aver quasi raggiunto il suo limite d’aria però le immagini dell’incidente riaffiorarono con prepotenza nella sua mente disturbando la sua concentrazione. Nella sua mente si affollarono gli sguardi, gli insulti e le urla. Vorticavano freneticamente nella sua mente e al centro di essi il volto rigido e odioso di suo nonno.

    Il volto di Yumeru si contrasse in un smorfia di astio e fastidio. E una parte di lui era già pronta a considerare anche questo tentativo fallito.
    Poi una voce del passato sovrasto dolcemente il resto delle voci “Respira, mio piccolo girasole, respira.”

    R E S P I R A



    Yumeru alzò la testa con uno scatto, con tale impeto che causò un ondata di schizzi che trasbordarono dalla vasca. Il ragazzo annaspò aria freneticamente e solo in un secondo momento notò l’anomalia: il suo flusso di gelatina stava continuando indisturbato formando un globo gelatinoso al centro della vasca. E lui stava respirando.

    Il ragazzo non comprese a pieno come ci fosse riuscito e fissò con occhi increduli il globo portando entrambe le mani, tremanti per l’emozione, a stringerlo fra esse. Il flusso era debole ma stabile.

    E in quel momento notò un'altra anomalia, questa volta nel suo riflesso sulla superficie d’acqua: i suoi occhi stavano brillando. Letteralmente. Era come se qualcuno avesse acceso due torce dietro le sue pupille. Il ragazzo si sentì sovrastato dall’improvviso ammontare di eventi inaspettati e riuscì a reagire solo ridendo sguaiatamente in maniera tanto euforica quanto incredula per poi infine permettersi di piangere.

    Non poteva fare a meno di trovare il suo successo un evento dal sapore dolce e amaro allo stesso tempo. Aveva finalmente raggiunto un incredibile traguardo personale ma non c’era nessuno con cui poteva condividere la felicità di questo evento.

    La felicità di questa sua vittoria personale non poteva sostituire il calore di una famiglia che non c’era più.

    Una volta calmatosi Yumeru uscì dalla vasca con uno spirito più leggero e rinvigorito. Quella sera festeggiò in solitudine ordinando una pizza familiare che divorò per intero con un insolita voracità e infine si mise a letto pensando al domani. Lo aspettavano allenamenti ancora più duri e sfide sempre più ardue che avrebbe trovato sulla strada che aveva scelto per se stesso. Il ragazzo lanciò un ultimo sguardo di gratitudine e malinconia alla foto che aveva recuperato con cura e per la quale aveva trovato una collocazione sul suo comodino e mormorò fra se e se "Grazie... mamma. Continuerò a fare del mio meglio."

    Quella notte , dopo tanto tempo, poteva finalmente riposare con la mente tranquilla e quando si addormentò sognò di ricordi felici: profumo di fiori e terra, fuochi d’artificio e l’amorevole sorriso di due genitori…


     
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    Sounds good (soprattutto l'uso del passato :asd: )
    Yumeru: +25 exp
    Passo e chiudo!
     
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