Add Kimama Evans & Zen Daichi

Utenti: Lucious & Bonch

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    ADD KIMAMA EVANS

    Erano le vacanze primaverili. Il nuovo anno scolastico sarebbe iniziato di lì a breve e quella era ovviamente una delle più concitate sessioni per gli esami d'ingresso nelle più grandi accademie del Giappone. Molto spesso, proprio in occasione di questi esami cruciali, gli istituti scolastici facevano riferimento ad organi governativi. Dovendo formare le vere e proprie forze dell'ordine del futuro, la collaborazione tra questi organi e gli istituti era fitta e consolidata. Più consci dei parametri richiesti per l'ottenimento della licenza, gli esaminatori del governo avevano un occhio clinico nel riconoscere chi fosse portato per il mestiere dell'eroismo e chi no. Come al solito, all'ex detective Henry Elfin era stata assegnata la UA. Gli aspiranti eroi lo odiavano, perché da quando aveva iniziato ad effettuare quei test - tra una cosa e l'altra - nessuno era riuscito a superarli. Insomma, l'unica possibilità per entrare nella famigerata scuola per eroi sembrava avere la fortuna di non averlo come esaminatore vista la severità del suo giudizio.
    Il muro di cinta della Yuuei era immenso ed entrati dal colossale portone, dopo una buona camminata, si sarebbe giunti all'edificio vero e proprio. Le porte erano aperte e l'ambiente brulicava di ragazzi, tra chi era lì per frequentare i corsi di recupero nelle vacanze e chi, come Kimama, era lì proprio per tentare il test d'ingresso e poter camminare in quei corridoi assieme a loro. La sua convocazione, in particolare, era fissata per le nove e mezza, un orario abbastanza mattutino. Varcate le porte, sulla sinistra vi era la segreteria a cui poter chiedere informazioni. Quel giorno, però, qualcosa era diverso. In mezzo al corridoio si trovava un uomo di età avanzata, dai capelli e folti baffi bianchi, vestito elegante in tonalità di blu e azzurro. Il suo sguardo scrutava l'entrata con particolare attenzione. Normalmente Henry attendeva i suoi studenti seduto su una panca in corridoio, ma quel giorno sembrava stranamente all'erta, vigile ed interessato. All'iscrizione al test d'ingresso era necessario sottoporre i propri dati anagrafici, una propria foto a mezzo busto e i dettagli della propria unicità. Avrebbe dovuto esaminare una certa Kimama Evans quel giorno: canadese, falena, molto alta, falena, quattro braccia, falena. Era difficile capire cosa lo interessasse così tanto, ma qualcosa nella ragazza doveva averlo colpito abbastanza da farlo stare sull'attenti.



    CITAZIONE
    Benvenuti nel tuo Addestramento, Lucious . Inizia pure con un post di apertura in cui puoi parlare un po' di ciò che vuoi: se fare un piccolo sommario della vita del tuo pg e delle sue ambizioni, della colazione o altro. L'importante è ovviamente recarsi all'istituto e lì puoi fare un po' ciò che vuoi con le informazioni in tuo possesso, puoi dare retta allo (sconosciuto) esaminatore o provare a rivolgerti alla segreteria. Se possibile, mi piacerebbe sapere le motivazioni che hanno spinto Kimama a voler diventare un'eroina dato che - a meno che non mi sia sfuggito - nulla è menzionato in scheda. In ogni caso verranno certamente approfondite in seguito. Per il post usa uno dei layout presenti qui, oppure un layout a piacimento ma che rispetti quelle linee guida. Per qualsiasi dubbio scrivimi pure in mp!
     
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    Kimama Evans
    «Dove osano le falene»



    Da quando era arrivata a Tokyo quasi un anno fa Kimama ebbe più di qualche problema ad adattarsi a quella vita così opposta e diversa rispetto a quella del suo paese natio. Non per la lingua, il suo spirito curioso l'aveva portata a studiare autonomamente il giapponese sin dalla prima partenza del padre, praticando spesso assieme a lui in video chiamata ed aiutandosi l'un l'altra ad inglobare quel linguaggio così strano e diverso da quello a cui erano abituati. No, il primo grande nemico fu il clima. Giunsero in inverno, con la neve ed il freddo, non gelido come quello Canadese ma comunque piacevolmente fresco e comodo per Kimama il cui corpo era premunito di ogni difesa necessaria ai rigidi climi della terra natia. Fu con l'incombere della primavera che qualcosa nell'aria cambiò in modo inaspettato, e nei mesi che seguirono Kimama fu soggetta al flagello annuale che i locali chiamavano Estate. Certo, anche in Canada c'erano le stagioni, ma li l'estate manteneva alla meglio un clima temperato e difficilmente le temperature azzardavano oltre i trenta gradi, soprattutto con la complicità delle grandi foreste e della posizione isolata della cittadina rispetto alle grandi metropoli come Toronto. Il caldo era semplicemente terribile, per sfuggirvi Kimama si trovava a consumare regolarmente ghiaccioli alla frutta e a doversi affidare al condizionatore di casa per resistere alle ondate di caldo sino alla fine del torrido periodo estivo. Non le dispiaceva, le dava molto tempo per dedicarsi alla cultura e alla letteratura giapponese, a comprendere meglio quella strana cultura in cui si era catapultata. In particolare fu il lato religioso e spiritico ad attirarla, la storia a volte turbolenta e i grandi nomi del passato. Anche loro come il popolo Inuit soffrirono seppur diversamente per colpa delle grandi colonizzazioni, ed anche loro resistettero e mantenerono la loro cultura al sicuro. Fu durante il secondo inverno che Kimama cominciò a muoversi per trovare un piccolo lavoro con cui immergersi meglio in quella strana cultura, e questo presentò le sue difficoltà. Essere alti come lei in Canada era di per se qualcosa di straordinario, nonostante la popolazione Canadese fosse prevalentemente di buona stazza e statura. Ma in Giappone salvo pochi fortunati l'altezza media era davvero bassa, e molti erano intimoriti dalla poderosa stazza di Kimama molto di più di quanto non lo fossero i suoi distintivi tratti da falena. Anzi, quelli per contrario sembravano essere quasi ammirati, ma questo comunque non sembrò aiutare molto. Tentò di tutto dalla scaffalista, alla commessa, persino consegne a domicilio che immaginava di poter fare sfruttando le sue ali visto che il suo corpo non era propriamente aerodinamico e di stazza giusta per un mezzo a due ruote. Lo sapeva, in Canada aveva provato a prendere la patente ma semplicemente se gli antenati le avevano dato le ali probabilmente doveva usare quelle e non i cavalli di ferro dell'uomo bianco. Tutto cambiò con il sopraggiungere del nuovo anno. Gli Eroi, di loro ve ne erano anche da dove veniva, anche se nessuno scontro memorabile o grande atto fu mai commesso nella sua cittadina. Ve ne era uno che ammirava, il suo nome era Greenhorn e la sua unicità gli aveva dato corna e muscoli di un'alce. Lo ammirava perché proprio come lei il suo quirk gli aveva causato qualche problema prima che trovasse la sua vocazione come eroe.

    Ponderò quel pensiero per giorni mentre tra giornali ed internet si acculturò sugli eroi nazionali Giapponesi, sulla storia che riguardava principalmente Tokyo e soprattutto su come si facesse a diventare un'eroe in Giappone. Avevano delle scuole, ma l'ingresso veniva fatto prevalentemente tra i quattordici ed i sedici anni, e lei avendone venti non era nemmeno certa di rientrare in quelle possibilità. Eppure perché non tentare comunque l'iscrizione? La Madre le aveva sempre insegnato che, seppur con criterio, ogni piccola occasione nella vita può portare a grandi cambiamenti e gli Inuit le avevano insegnato che una famiglia non è legata dal sangue ma dal volersi aiutare l'un l'altro. Forse per capire appieno quella terra doveva solo diventare parte di essa come fosse una grande famiglia, e quale miglior modo che divenire uno degli individui dediti alla sua protezione per farne parte?

    Si svegliò di buon ora come sempre, era inevitabile con la sensibilità che i suoi occhi avevano alle fonti di luce e poi a lei piaceva vedere il sole che sorge dal balcone di casa. Per quell'ora anche la madre era già in piedi, abitudini e desiderio di tenersi sempre impegnata. Certamente aveva parlato di questa sua scelta con i genitori, ed entrambi furono entusiasti di quello che voleva tentare. Il mestiere dell'eroe era un mestiere fatto di rischi, ma era anche qualcosa che rendeva gli Evans ben orgogliosi della loro unica figlia. Il padre si offrì di accompagnarla in macchina sino all'istituto, ma Kimama rifiutò preferendo una camminata sotto la luce mattutina. Camminare lungo le piccole e silenziose vie del suo quartiere le dava modo di pensare, di riflettere, di confrontarsi. Aveva soppesato quella scelta molteplici volte, alcuni di esse dubitando o temendo di aver commesso un'errore. No. Sapeva di essere forte, sapeva che ciò che era le era stato dato in dono dai suoi antenati e sapeva che doveva farne buon uso per renderli orgogliosi di lei tanto quanto i suoi genitori e la grande famiglia che si era lasciata alle spalle. Con questi pensieri ed un sorriso sul viso la falena varca le soglie dell'UA, e come era sua consuetudine si dirige subito verso il banco della segreteria. Sapeva solo che il suo test era in meno di quindici minuti, ma ben poco altro su dove si sarebbe tenuto all'infuri dell'istituto stesso.

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    "Buon giorno!" Esclama Kimama, le mani congiunte assieme a coppie, la schiena ben dritta ed il capo reclinato per guardare la segretaria negli occhi. "Sono Kimama Evans, sono qui per il test d'ingresso."

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    Ahem. - si schiarì la voce l'uomo, ignorato dalla gigante falena. A dire il vero era anche abbastanza intimorito, ora, avendocela davanti. Solitamente i parametri "altezza" e "peso" erano spesso ignorati nella lettura dei file dei futuri studenti. Ad attirare erano ovviamente nome e cognome, foto ed unicità. Da una foto è difficile evincere le dimensioni di una persona ed immaginandosi una giovane falena Henry si aspettava certamente tutto tranne che una ragazzona alta più di due metri. Tra le altre cose, Henry era un europeo ed era comunque più alto della media giapponese, ma quella ragazza lo batteva comunque sotto ogni punto di vista. Avrebbe comunque cercato di attirare la sua attenzione anche se si sarebbe probabilmente visto guardare dall'alto verso il basso, non poco imbarazzante a dire il vero.
    Signorina Evans, sarò io il suo esaminatore. - disse quindi in perfetto giapponese - Il mio nome è Henry Elfin, ma può chiamarmi Mr. Elfin. - aggiunse come suo solito, sottolineando il "mister" anglofono e non giapponese pur adottando quella lingua per parlare in generale. Nonostante il cognome della ragazza, il nome era di difficile localizzazione e non voleva rischiare di metterla in imbarazzo approcciandola in inglese. In ogni caso, le sue parole giunsero prima della risposta della segretaria per la prima volta in numerosi test. Si aggiustò il gilet bluastro con la mano destra accennando un inchino formale.
    La accompagno al campo di addestramento, prego. - fece cenno di seguirlo - Facciamo due chiacchiere nel frattempo. - aggiunse. La situazione era spinosa, molto spinosa. Attratto dalla sua unicità aveva pensato di testarla personalmente, ma vedendola in carne, ossa e ali si era reso conto che forse non era il caso. Era ormai un vecchietto prossimo ai sessanta e non aveva più il fisico di una volta: il suo braccio era ancora vagamente marchiato da un livido provocatogli da quel bizzarro aspirante eroe dalla pelle di leone, ed era un fatto accaduto più di un anno prima.
    Quindi, cosa l'ha spinta a voler diventare un'eroina, signorina Evans? - le domandò mentre i due si incamminavano fuori dalla struttura, avventurandosi alla destra della struttura. La UA delimitava un territorio enorme poco fuori Tokyo: circondata da un muro di cinta, comprendeva l'istituto scolastico, il dormitorio e vari campi di addestramento. Quanto alla domanda, Elfin non la faceva spesso. Sapeva che il 75% degli iscritti cercavano fama, denaro o avevano un frivolo desiderio di riconoscimento mascherato da ricerca della giustizia. In questo caso, però, sembrava davvero interessato alla sua risposta - Immagino non debba essere facile vivere con quel corpo, non con tutto quello che è successo. - aggiunse lisciandosi i baffi con la mano destra - Sa, anche se non si direbbe anche io sono un mutant. - fece un paio di secondi di silenzio mentre un sorriso si dipingeva sul suo volto ma la ragazza, probabilmente al suo seguito, non avrebbe potuto notarlo - Siamo molto simili, io e lei. - al termine di quelle parole, una farfalla dalle ali bluastre evase dal polsino della manica destra dell'allevatore di insetti e iniziò a svolazzare attorno alla giovane aspirante studentessa.

    henry elfin | 58 y/o | POLICE | UA | ART | Code ©


    CITAZIONE
    Il post andava molto bene, mi è piaciuto. Questo è un semplice post di roleplay quindi agisci come preferisci. Devo solo avvertirti che al prossimo turno si aggiungerà a noi un altro utente: il suo compagno ha abbandonato l'add e purtroppo in un periodo con così tanti nuovi arrivi dobbiamo essere il più efficienti possibili. Dal punto di vista della situazione, in ogni caso, sarà tutto reso plausibile quindi non preoccuparti. Ti chiedo solo scusa per la manovra non programmata e spero non ti dia troppo fastidio.
    Quanto al "tutto quello che è successo" Elfin si riferisce ai moti razzisti contro i mutant, giusto per darti un contesto di trama. Ciò detto, a te la mossa. :**:
     
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    Kimama Evans
    «Dove osano le falene»



    Quell'ahem risuona chiaro e vicino a Kimama, abbastanza dal farle rapidamente comprendere a chi fosse rivolto quando la segretaria sul punto di rispondere guarda oltre le sue spalle. Si volta senza rapidità, troppe volte le sue ali pur se chiuse avevano sbattuto contro volti di innocenti che attiravano la sua attenzione con una bussatina sulla spalla o un ahem. E quando si volta inclina il capo verso il basso senza perdersi in ricerche inutili, un tempo quando era distratta e appena uscita dalla sua metamorfosi lo faceva senza malignità ma questo offendeva la gente che semplicemente si sentiva schernita. Guarda l'uomo e gli sorride senza timore, con la serenità e la dolcezza con cui trattava ogni creatura dal grande orso alla piccola formica. Lui si presenta e il nome, combinato al suo aspetto fanno immaginare subito a Kimama la sua non appartenenza a quel luogo, proprio come lei e soprattutto come suo padre. Lui era ben più giovane di quell'uomo, non portava una barba e soprattutto non aveva un quirk. Eppure a discapito di quelle differenze le faceva pensare come non fosse l'unica a trovarsi in quella situazione, e questo la fa sorridere ancor di più.
    "Mi fa piacere conoscerla, Mister Elfin." La risposta è cordiale e semplice, a discapito della stazza Kimama faceva tutto i l possibile per non spostarsi troppo, timorosa di incappare in qualcosa o qualcuno. "Oh! Ma se non vi piacciono le formalità posso chiamarla Henry! O se vi piacciono molto Signor Esaminatore!"

    Era chiaro che le sue vere preoccupazioni non andassero a qualsivoglia prova o test che la attendessero la dentro, sapeva a cosa andava incontro e cosa doveva aspettarsi. Ma relazionarsi con gli altri era sempre stato particolarmente spinoso, in grossa parte perché tanta stazza e tanta poca arroganza l'avevano resa estremamente cauta tanto in quello che diceva quanto in quello che temeva di dire. Annuisce rispettosa all'uomo mentre comincia a seguirlo lungo i corridoi dell'accademia, ed il suo cortese sorriso non l'abbandona mai, nemmeno per un'istante. Si guardava attorno, verso tutte le persone in quel luogo, verso tutti i giovani aspiranti eroi ed i professori, il chiasso dei corridoio di una scuola, gli sguardi ricambiati non con imbarazzo ma con interesse. Poi la domanda, che le fa rizzare le grandi antenne come si mettessero sull'attenti ad un'ordine. La grande domanda, se la faceva ogni giorno da diversi mesi e quasi ogni giorno la risposta era diversa. Non le importava dei costumi, non le importava della fama, ne si credeva così grande dal potersi fare simbolo della giustizia assoluta. Lo aveva imparato bene proprio da sua madre, molti dei massacri compiuti verso i suoi antenati furono accordati dalle leggi di chi li commetteva. Ed anche a distanza di secoli certe cose non cambiavano, come le aveva insegnato suo padre-...
    "La storia non si ripete, però fa rima." E i suoi occhi si spalancano; spesso pensava ad alta voce, e questo non è qualcosa che si fa in pubblico. "Ah-...! Mi scusi, stavo... pensando. Immagino che sia spiacevole da dire trovandomi qui con lei, ma non credo di avere un motivo per voler essere un'eroina. Però la mia gente mi ha sempre insegnato che anche quando c'è discordia e dubbio dobbiamo sempre poter contare su chi ci sta accanto, e che ognuno di noi ha un talento. Sino ad ora ho fatto ed imparato molte cose, ma di tutte queste cose nessuna ho mai sentito davvero come mia. E credo che forse qui avrò questa risposta, sono qui perché... me lo dice il mio istinto!"

    Più mandava avanti quella frase e più le veniva voglia di spalancare le ali e volare via da una delle grandi finestre delle aule, cosa le saltava in mente di mettere a nudo i suoi dubbi come fosse una chiacchiera da falò? Eppure l'istinto le diceva anche questo. Era li per essere messa alla prova, e per lei quella prova era cominciata appena aveva varcato il grande cancello dell'accademia. Non aveva mai copiato in un singolo compito in classe, quale verità poteva esservi nel mentire all'uomo che doveva soppesarne ogni tratto? Le antenne si rilassano solo quando Mister Elfin fa riferimento ad alcuni fatti che erano accaduti quasi in contemporanea con il suo arrivo nell'isola Giapponese. Quello era qualcosa di insolito, nel popolo Inuit i Mutant come venivano riferiti dal pubblico erano associati alle antiche creature e miti della loro cultura, averli tra di loro veniva persino considerato un segno che gli antenati donassero benedizioni ai nascituri. La risposta a quegli avvenimenti si trovava, tristemente, sempre nel passato del suo popolo. I Mutant salvo eccezioni potevano essere ben diversi dagli esseri umani, con o senza quirk. La storia non si ripete, però fa rima. Ripete questo pensiero e le antenne si abbassano deboli in un moto di tristezza. Era triste per quel pensiero, ed era triste per la familiarità che aveva con esso.
    "Il problema è che ci guardano, ma non stanno veramente guardando. Capisco la loro paura, quando il mio quirk ha cominciato a svilupparsi ho avuto paura di me stessa e di quello di cui stavo diventando capace. Io però ho potuto guardare oltre me stessa, di guardare quello che facevo e quello che donavo al mondo. Quando qualcuno mi guarda vede solo una grande falena. Non vede Kimama che ha paura dei ragni, non vede Kimama che coccola il gatto della vicina, non vede Kimama che guarda i fuochi d'artificio o che ha paura di inciampare su qualcuno. Loro vedono e non capiscono, e quando non si capisce una cosa è più facile odiarla che imparare a capirla." Eppure la tristezza andava svanendo con ogni parola di quella frase, che nulla aveva all'apparenza di felice o gioioso. E quando la farfalla blu le svolazza intorno, Kimama ride compostamente, e sorride solare a Mister Elfin. "Penso che se vi fossero meno raduni e tanti piccoli tavoli per poter parlare molti capirebbero che non c'è motivo di aver paura."

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    "E sono sicura che un giorno sarà così. Nulla è per sempre, nemmeno le cose brutte!"



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    Edited by Lucious - 30/3/2020, 20:37
     
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    Va benissimo Mr. Elfin. - sorrise all'altissima ragazza mettendo le mani avanti, sia fisicamente che figurativamente - Non vorrei che sentendo un simile grado di confidenza qualcuno possa pensare a qualche tipo di favoritismo. - aggiunse. Beh, considerato l'anormale interesse che stava dimostrando nei confronti di quella ragazza non sarebbero certo stati gli epiteti a cambiare la realtà delle cose - Qui in Giappone danno inoltre molta attenzione al modo in cui ci si rivolge alle altre persone. Immagino che l'arcipelago non sia la sua terra natale? - le domandò quindi mentre i due si incamminavano fuori dall'edificio principale della scuola, dirigendosi verso un campo di addestramento per svolgere l'esame.
    Si lasciò sfuggire un lugubre sorriso ascoltando le parole della falena, la quale non avrebbe potuto vederlo considerato che si trovava alle sue spalle. In una situazione normale avrebbe probabilmente disprezzato la sua motivazione (o meglio, la mancanza di essa) e quello che sembrava il tipico, inguaribile ottimismo di chi spesso tentava di iscriversi a quella scuola, ma oggi era diverso.
    A conti fatti, nonostante fosse stato lui stesso a tirar fuori l'argomento, in questo caso l'Elfin pendeva di più verso la parte di coloro che erano appena stati descritti dalla ragazza-falena più che dal lato del mutant discriminato o incompreso. Non stava in fondo facendo ciò che la giovane con quattro braccia stava criticando? Non la stava giudicando interessante in quanto falena piuttosto che per ciò che davvero aveva da dire? Il fatto che a differenza dei membri del Movimento Anti Mutant o chi per loro non si trattasse di un pregiudizio negativo non significava che non stesse giocando allo stesso gioco. Il fatto è che da quando l'aveva vista, qualche giorno prima, tra le centinaia e centinaia di file di ragazzi da esaminare in quei giorni di vacanze primaverili, si era subito chiesto cosa ne avrebbe pensato Atropos.
    Ahahahah. - rise di gusto alla sfacciataggine dimostrata dalla ragazza nel rivelare che, in realtà, non aveva alcuna motivazione per stare lì. In un certo senso le ricordava sé stesso ma più giovane, quando era indeciso sul proprio futuro: diventare un apicoltore come i suoi genitori o dedicarsi alla sua passione, la criminologia? - Beh, magari sarà stato proprio il destino a farci incontrare, quest'oggi. - aggiunse muovendo veloci i suoi occhi azzurrognoli. No, non era il caso, non ora almeno. Avrebbe dovuto testare le sue potenzialità, capire cosa poteva fare la sua unicità. Solo allora...
    Mi sembra una persona molto sensibile, signorina Evans. - le disse, ora più sincero - Spero solo che questo mondo non si riveli troppo crudele per lei. In ogni caso, abbiamo indugiato abbastanza. Ora... - ... ora è il momento del test. Come detto, l'ex poliziotto britannico aveva inizialmente in mente di testarla di persona, insomma, di combatterci. La sua stazza però lo aveva onestamente scoraggiato. Che fare?
    Camminando verso il campo di addestramento una patetica figura nera attirò il suo sguardo: si trattava di Miss Plague, la docente di Soccorso della UA. Di fronte a lei due ragazzini bizzarramente vestiti uguali. Bene.
    Oh, MIss Plague, è un piacere incontrarla. - sorrise sornione alla figura che, mascherata, era come al solito nel suo inconfondibile vestito da medico della peste del '400 occidentale - Purtroppo uno dei miei due studenti non si è presentato all'appello, ma avevo preparato un test per due persone, potrei per caso...? - era una bugia, ma una funzionante. Tempo di un paio di convenevoli ed Henry era riuscito ad accaparrarsi uno dei due studenti, un certo Zen Daichi.
    Bene, benvenuto. - lo salutò sommariamente quando ormai erano giunti al gigantesco campo d'addestramento. Si trattava di una grossa muraglia di cemento, alta svariati metri, che fungeva da muro di cinta per uno scenario simulato. Dietro ad Elfin si stagliava enorme un portone in ferro con sopra scritto "C4". Non si trattava ovviamente di un tipo di esplosivo ma semplicemente del codice identificativo del campo stesso.
    Bene, eccoci qui. - sorrise - Il test è molto semplice: all'interno di uno scenario simulato, entrambi avrete una benda colorata legata ad un polso. L'obbiettivo è... - fece un attimo di pausa, senza alcun motivo al di fuori del pathos - Ammanettare il vostro avversario. Sarete uno contro l'altra e dovrete utilizzare la benda presente su un polso per legare anche l'altro assieme, semplice. - spiegò con un sorriso - Essere eroi non significa essere dei buzzurri che si picchiano per strada, bisogna essere in grado di fermare i criminali senza fargli troppo male. Al di là della difesa personale, la violenza non va incentivata. - aggiunse - Avete delle domande, prima di iniziare? - concluse con un sorriso.

    henry elfin | 58 y/o | POLICE | UA | ART | Code ©


    CITAZIONE
    Bene, come preannunciato il turno scorso, ora si aggiungerà a noi Bonch direttamente da qui.
    @Lucious, ruola normalmente in base a quanto accaduto. @Bonch il tuo post scritto di là è valido, quindi prosegui direttamente da lì con ciò che accade in questo mio post. Ciò che ti compete è ovviamente da quando si parla di Miss Plague (l'esaminatrice del tuo add con Ninja). Mi raccomando, impegnati e fai dei bei post! :**:
    Se avete dei dubbi chiedetemi pure per MP.
    Il turnaggio d'ora in poi sarà: master, Lucious, Bonch.
     
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    Kimama Evans
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    Sensibile. Erano stati in molti a rivolgersi a lei descrivendola con quello specifico aggettivo una volta che avevano imparato a conoscerla anche solo marginalmente. Quando era piccola considerava la cosa come una sorta di crudele maledizione, ogni volta che vedeva qualcosa e dedicava anche pochi istanti per fissarla non poteva fare a meno di potersi immergere nella percezione della stessa. Forse in parte era anche colpa delle serie poliziesche a cui si era affascinata tanto, ma le piaceva fissare i dettagli, le piaceva mettere assieme i pezzi come un puzzle di pensieri e cercare la soluzione più plausibile. E quando il risultato era cupo allora anche lei si faceva cupa: vestiva i panni del gatto affamato o del bambino triste, del cane randagio o di quel vecchio birraio che sedeva solo la mattina presto al porto credendo che nessuno lo guardasse. Vedeva gli occhi, sentiva come vibravano le loro voci, e anche se nessuno la guardava a quei tempi lei non smetteva mai di guardare. E consciamente sapeva che non poteva fare nulla per aiutare, o spesso non capiva cosa ci fosse di sbagliato pur se il suo istinto le suggeriva altrimenti. Fu solo crescendo che quella che percepiva come una maledizione cominciò ad essere percepita come un dono, perché crescendo cominciò a capire quello che vedeva nelle persone, cominciò a capire come poteva aiutare quelle persone. E forse entrambi i pensieri erano veri, e forse quella sensibilità l'avrebbe portata a soffrire come era già stato, ma grazie ad essa avrebbe potuto aiutare altri a non soffrire.
    "Il mondo ha molta crudeltà in se, Mister Elfin, e se nessuno si sforza per contrastarla allora un giorno ne sarà sommerso." Non c'era arroganza o senso di superiorità nella sua voce, sorride a spalle strette come se stesse suo malgrado constatando una realtà. Poi rizza le antenne, realizzando di aver completamente tralasciato la prima domanda. "Oh no! Vengo dal Canada, dalla cittadina di Sawlog Bay! Mio padre si è trasferito qui inseguendo un suo sogno, e io e la mamma lo abbiamo seguito subito dopo!"

    Le piaceva parlare con quell'uomo, era interessante trovarsi con qualcuno che come lei veniva da molto lontano, come un alieno su un mondo diverso da quello a cui era abituato. Ma con ogni passo quel piacevole momento si fa sempre più breve, ed il pensiero che una sfida la attendesse per poter anche solo dare un senso alla sua presenza in quella struttura si concretizza. In tutto quel tempo non aveva dato indicazioni sulla natura della prova, e da come sembrava guardarsi attorno per un'istante Kimama si chiese se forse non aveva nemmeno pensato ad una prova adatta a lei. Ma era un pensiero sciocco, quell'accademia aveva visto aspiranti eroi ben più strambi di lei, sicuramente. Lo segue silenziosa con le mani ancora congiunte a due a due mentre va a parlare con una donna vestita come quel dottori che usavano le sanguisughe che ricordava dai libri di storia. Parlano e per poco, alla fine Mister Elfin prende possesso di un ragazzo dei due che si trovavano con la donna. Un ragazzo non particolarmente alto, capelli rossi come il fuoco, e occhi di un castano così chiaro che quasi tendevano al giallo. Kimama lo saluta con il gesto di una mano ed un sorriso, ma non parla preferendo attendere il permesso del suo esaminatore per ciò. Ed alla fine rivela la natura della prova, a cui Kimama sembra storcere il naso, confusa. Una benda al suo polso e doverla ammanettare con essa, concettualmente era semplice, praticamente per poter ammanettare qualcuno come lei lo sforzo era triplicato.
    "Mi scusi, Mister Elfin, non è ingiusto?" IL suo viso non tradiva arroganza, la domanda giungeva genuina e con una certa preoccupazione rivolta al suo compagno. "Io ho quattro braccia, sarà molto difficile per lui riuscire a legarle tutte quante assieme!"


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    Zen Daichi




    Narrato - Parlato - Pensato



    Arrivato nella zona per me decisa, aspettai con Zaraki immerso nel sudore.
    Ma perché s'è vestito come me questo scemo? Oof, sarà difficile non sembrare gli scemi del villaggio, immagino.
    Mio cugino era stranamente taciturno, probabilmente spaventato come me. Come mai? Beh, la nostra esaminatrice non sembrava proprio la donna più amichevole di questo mondo! Cosa avrei dovuto fare? Ne sarei stato in grado? Di nuovo le stesse domande per cui mi ero tirato un pugno poco prima. Non ero troppo sicuro di me e, chiaramente, la situazione non aiutava. Dopo ogni sguardo alla donna, sentivo l'insicurezza crescere in modo incredibile.
    Ora vedi se questa non mi riempie di manate, eh...
    La situazione non mi piaceva un granchè, però sapevo di avere solo quella possibilità: dovevo almeno provarci!


    Apparve però un altro uomo. Un miracolo? Il mio angelo custode? Oddìo, già sembrava più gentile e, sull'età, direi che c'eravamo senza problemi. Era accompagnato da una raga... No, direi donna. Mizzica se era alta! Con quattro braccia, ali e dei folti capelli grigi. Balzò subito ai miei occhi anche la sua muscolatura massiccia nascosta, in parte, dalla pelliccia. A primo impatto avrebbe potuto impaurire qualcuno, ma la sua espressione era amichevole. Per tornare al nostro racconto, l'uomo andò dalla spaventosa esaminatrice a scambiare quattro chiacchiere.
    Non sarebbe male passare sotto la sua custodia, piuttosto che rimanere con questa che sottomette solo con la pressione...
    Sembrò quasi che il mio desiderio fosse stato ascoltato da qualche divinità, perché questo mi chiamò e mi venne detto che mi avrebbe esaminato. Dopo un breve inchino, mi presentai.
    Buongiorno signore, mi chiamo Zen Daichi.
    Mi accorsi che la ragazza dietro di lui mi stava salutando con la mano, ricambiai sorridendo. Successivamente, un po' più tranquillo ci spostammo verso il campo C4. Una grande muraglia si stagliava davanti a noi. L'esaminatore spiegò quale sarebbe stata la nostra prova: un vero e proprio combattimento per immobilizzare l'altro. Ci venne chiesto se avessimo domande e la ragazza esordì dicendo:
    Mi scusi, Mister Elfin, non è ingiusto? Io ho quattro braccia, sarà molto difficile per lui riuscire a legarle tutte quante assieme!
    Sul momento pensavo mi stesse sottovalutando non poco, probabilmente anche visto come mi aveva trovato davanti all'esaminatrice: sudato e nervoso. Mi soffermai però sulla sua faccia, ancora una volta, tradiva le aspettative. Sorrisi un po' imbarazzato per la situazione come se mi potessero leggere il pensiero grattandomi la testa con il braccio destro. Successivamente cambiai espressione, verso una più seria. Un motivo c'era, ovviamente. Presi l'unica cosa positiva della scena: sapevo come si chiamava l'uomo.
    Beh, suppongo, forse sbagliando eh, che ci sia stata affidata questa prova per vedere le nostre reali capacità. Mi dirai che è ovvio, ma cosa significa veramente? La vittoria non è la sola cosa che verrà considerata. Il giudizio sarà oggettivo e terrà conto sia di svantaggi ma, soprattutto, delle nostre reazioni. Sono solo supposizioni, ma non credo di aver sbagliato di troppo, giusto mister Elfin?
    Qualunque fosse stata la risposta, una cosa era certa: non sarebbe stato affatto facile. Certo, il mio quirk era perfetto per immobilizzare, però non avevo mai avuto modo di esercitarmi su un bersaglio così muscoloso e, effettivamente, con 4 braccia. Iniziai a scrutarla in modo più approfondito, cercando di capire come avrei potuto compensare la mia inesperienza.

    SCHEDA PG - 1

    Forza: 7
    Quirk: 10
    Agilità: 8
    Energia: 50
    Tecniche/Equipaggiamento usato
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    La gigantesca porta alle spalle dell'esaminatore iniziò ad aprirsi lentamente e cigolando mentre i due esprimevano le loro perplessità. Henry cercò di mantenere una faccia da poker ascoltando le parole dell'altissima ragazza cercando di non far trasparire che, fondamentalmente, non ci aveva neppure pensato. Si trattava di un allevatore di farfalle, amava le farfalle e se la situazione era completamente a favore di una ragazza a forma di farfalla... beh, non aveva molto da ridire. Al di là di quello, Elfin odiava i giovani eroi. E' innegabile che si trattasse di un pessimo partito per eseguire i test ed era proprio questo pregiudizio alla base della leggenda che gli aleggiava intorno, il non aver quasi mai promosso nessuno. La giovane falena, a questo proposito, non era differente. Ciò che gli interessava era osservare le sue capacità, dopodiché avrebbe potuto benissimo farla fallire. A conti fatti la sua motivazione per intraprendere il percorso degli eroi era tanto debole quanto quella di chiunque altro, non faceva eccezione.
    Provvidenzialmente, come a voler ricambiare il tacito salvataggio di poco prima, fu il ragazzino con la bandana a prendere parola ed offrirgli una via di uscita. Non si trattava tra le altre cose neppure di una bugia, ma preso così in contropiede l'uomo era rimasto un attimo interdetto. Il detective Elfin era stato un ottimo poliziotto, ma probabilmente sarebbe stato un pessimo criminale.
    Sì, precisamente. - rispose con un sorriso - Alla UA possono iscriversi persone di diversa età e quindi, necessariamente, di capacità diverse. Non si tratta di un test ad eliminazione, potreste benissimo fallire entrambi anche se uno dei due riesce ad imbavagliare l'altro, o a passare entrambi anche se nessuno dei due ci riesce. - aggiunse - Inoltre, dopo più di vent'anni nella polizia posso assicurarvi che per la maggior parte dei criminali un paio di manetta basta e avanza. - concluse quindi con una risata. Il portone dietro di lui era ormai aperto e rivelava un paesaggio cittadino ben dettagliato: difficile capire se si trattasse di vera e propria edilizia urbana o se era tutto stato costruito utilizzando delle unicità.
    In ogni caso... In un momento di crisi non è possibile scegliere il proprio avversario. - riprese quindi dirigendosi verso l'interno del campo di addestramento, facendo cenno ai due di seguirlo - Una dote importante per dei Pro Hero, così come per dei poliziotti, è la capacità di rendersi conto di cosa si ha davanti. Se lei ha quattro braccia, signorina, sarà compito del suo compagno capire come agire nel migliore dei modi per superare il problema. - spiegò, fermandosi poi all'altezza di un negozio di stoffe in quel paesaggio simulato. Vi entrò dentro e vi uscì poco dopo con due lunghe strisce di tessuto. Poteva essere semplicemente organizzato, oppure poteva significare che quella era davvero una città disabitata in miniatura: lo avrebbero scoperto una volta entrati alla UA e presa familiarità coi campi di allenamento, forse.
    Per la prova sarà comunque necessario legare solo un paio d'arti, un destro e un mancino. - specificò quindi porgendo le strisce di stoffa ai due, una di colore rosso alla falena e una di colore bianco al ragazzino. Si trattava ovviamente delle bende necessarie per il test, da legare al braccio.
    Non ci volle molto per giungere ad uno spiazzo circolare. Si trattava di una normalissima rotonda cittadina del diametro di circa trenta metri, al cui centro campeggiava una fontana marmorea del diametro di quattro metri. Il monumento era in funzione e il suo getto d'acqua verso l'alto causava un ritmico, gradevole scrosciare d'acqua.
    Se non avete altre domande potete cominciare. La piazza sarà il vostro ring. - disse l'uomo sorridendo. Henry non amava particolarmente le scaramucce tra ragazzini, vere o simulate che fossero, ma se ci fosse stata Vanessa si sarebbe probabilmente goduta lo spettacolo.

    henry elfin | 58 y/o | POLICE | UA | ART | Code ©


    CITAZIONE
    Bene, avete fatto tutti e due un buon post.
    Se avete delle domande per Henry ponetele pure. Per la sfida vi rimando ovviamente al Regolamento sul Combat System. Vi ricordo che questo è un combattimento masterato per cui sarò io ad indicare ogni volta gli eventuali danni subiti ed indicare se ciò che avete fatto va bene o meno, fondamentalmente ad indicare l'esito delle vostre azioni dato che si tratta di una sfida un po' diversa dal solito. Se doveste in futuro effettuare combattimenti liberi, sarete voi stessi in fase di difesa a decidere quali colpi subire.
    Se invece avete delle domande "meta" sapete come contattarmi. :**:
    Turnaggio: Master, Lucious, Bonch.
     
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    Kimama Evans
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    Mister Elfin, un uomo che diceva di essere un mutant pur non mostrando nulla che suggerisse ciò, almeno non all'apparenza. Forse era una sua prerogativa, a Kimama fu insegnato dal popolo, di come i doni degli antenati spesso rappresentassero uno specchio della persona a cui essi fossero dati. Alle volte Kimama si chiedeva se lei non fosse quello che era e si comportasse come si comportava per come il dono l'aveva resa, ma anche così fosse il pensiero la rendeva felice perché mai Kimama è stata triste di ciò che è e mai avrebbe rinunciato al dono. Elfin invece è un uomo che nasconde i suoi propositi, proprio come nasconde i suoi veri propositi dando le spalle a chi lo guarda. Non che Kimama potesse congiurare simili malevoli pensieri, per lei Elfin era un uomo ben più anziano di lei che sicuramente aveva visto molte più cose di lei. Kimama si fidava di quell'uomo, non solo per una misura di semplice educazione ma soprattutto perché nella sua mente quell'uomo la capiva e lei seppur non del tutto poteva capirlo. Ed è con passo leggero e la calma del cuore che raggiungono la loro area per il test, ad occhio una ricostruzione ben accurata di un modesto quartiere di città. Lo sguardo di Kimama si perde lungo i piccoli negozi, le strutture alte e basse, la piazza e la immaginava piena di vita e di persone. E quelle persone erano in pericolo, perché un cattivo aveva deciso di fare una rapina in banca o un atto di forza. Seguiva i telegiornali e simili, aveva visto cosa alcuni di loro potessero fare per i motivi p banali ed egoisti. E cercava di comprenderli, di capire cosa li avesse portati a fare quello che facevano. Non sempre ci riusciva, e questo la rattristava.
    "Ah, così mi sembra molto più corretto!" Esclama Kimama con rinnovata giovialità alla menzione della necessità di un solo paio d'arti per decretare un vincitore. I suoi occhi si poggiano poi su Zen, a cui annuisce. "Non preoccuparti di farmi male, gli antenati mi hanno fatta ben robusta!"

    Non avrebbe certo ammesso che il confronto fisico con quel ragazzo in realtà l'avrebbe intimorita, per motivi tanto sciocchi quanto sensati. Non era una sprovveduta, sapeva quanto era grossa, sapeva quanto fosse forte e sapeva quanto una sua sconsideratezza potesse costare a qualcuno se non fosse stata attenta. Nella sua mente ogni genere di informazione e pensiero confluivano come ruscelli ad un fiume cercando di trovare un modo per ottenere un risultato positivo in quell'interazione col minor numero di contatto fisico possibile con l'altro potenziale eroe. Perché quello erano, potenziali eroi, in futuro certi alleati e forse anche possibili amici. Che figura ci avrebbe fatto se gli avesse spezzato un braccio cercando di ammanettarlo? Avrebbero pensato di lei come di una goffa falena, una bulla che usava la violenza come metodo di risoluzione per ogni cosa. Il suo strumento migliore era il suo corpo, ma questo non significava che dovesse usarlo barbaramente. Si guarda intorno, poi i suoi occhi vanno al sole e le sue antenne si rizzano come fossero morbide corna. Cammina dando le spalle al gigante gassoso, e guarda a lungo Zen prima di spalancare le sue grandi ali all'improvviso, ma quello che poteva sembrare un gesto intimidatorio è seguito da un tremore delle stesse come quello generato dallo stiracchiarsi di un arto. Ali enormi, a vederle sembravano fatte di velluto e la loro piena apertura sembrava quasi raddoppiare le dimensioni già considerevoli di Kimama, proiettando una lunga ombra sopra ed oltre Zen. E non fa altro, anzi sorride al suo compagno, abbassando le antenne con fare mansueto.
    "Puoi cominciare tu!"" Esclama senza timore, serrando le mani per darsi una buffa carica emotiva, annuendogli più volte. "Fai del tuo meglio!"

    png

    "Dopo oggi dovremo sempre farlo, meglio cominciare sin da subito!"




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    Zen Daichi




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    Mister Elfin rispose alla mia domanda in modo affermativo, anche se sembrava che non se ne stesse interessando moltissimo. Non diedi troppo peso a quella sensazione e seguii lui e la ragazza all'interno di quella che pareva essere una città in miniatura.
    Si può sapere quanto diavolo sia alto il budget che lo stato riserva alla Yuuei?! Il peso economico che ha sulla gente deve essere abnorme.
    Ovviamente c'erano Quirk che avevano reso più facile la costruzione in generale, ma rimaneva il fatto che quello era "solamente" il campo di addestramento C4, quindi c'era da supporre che esistessero ancora molti altri campi simili. Va bene essere facilitati nella costruzione, ma sia la manutenzione e sia le materie prime avevano un costo non irrisorio. A cosa stavo pensando? All'economia? Era davvero il momento più adatto per farlo? Ovviamente no, visto e considerato che non avevo nemmeno studiato abbastanza da poter sostenere una vera e propria tesi al riguardo. Era una mia abitudine: divagare. Forse per smorzare la tensione o forse perché avevo un disturbo dell'attenzione senza saperlo o immaginarlo, però in quel momento stavo teorizzando, senza un motivo preciso. Tergiversando e passeggiando tra quegli edifici che sembravano inutilizzati, ricevemmo entrambi una bandana per "ammanettare" il nostro avversario, ringraziai l'esaminatore e la misi in tasca. Mi accorsi però di avere qualcos'altro in tasca: altra stoffa. Tirai fuori l'oggetto misterioso: era la mia bandana da cuoco. Sovrappensiero me l'ero portata dietro, magari come portafortuna
    Vorrei evitare di confondere la mia bandana da cuoco con quella per ammanettarla, quindi...
    Me la legai sulla fronte, così avrebbe impedito ai miei capelli di darmi fastidio cadendomi sugli occhi a causa del sudore.
    Bene, così dovrebbe andare!
    Continuammo a camminare, finché non arrivammo ad una sorta di piazza al cui centro si trovava una fontana. Elfin ci disse che quella piazza, abbastanza grande, sarebbe stata il nostro ring.
    Sto iniziando a credere che quest'uomo mi odi... Anche il terreno è svantaggioso per me, in uno spazio così formato dovrò per forza ingaggiare il combattimento contro di lei senza poter sfruttare particolari stratagemmi. Sembra proprio sarà una bella gatta da pelare.
    La ragazza, di cui ancora non sapevo il nome, sembrava preoccupata più per me che per se stessa, non mi stava chiaramente prendendo sul serio.
    Non preoccuparti di farmi male, gli antenati mi hanno fatta ben robusta!
    Sicurezza? Forse era quello che mi mancava, ma non sarebbe cambiato tutto in due secondi nel mio animo.
    Non posso competere in forza fisica e probabilmente nemmeno il mio quirk mi aiuterà da quel punto di vista. Sapevo che mi sarei dovuto impegnare di più e avrei dovuto prepararmi meglio per uno scontro simile, ma, avendo mio cugino come avversario, nonho potuto esercitarmi in quel senso. Devo puntare sulla tecnica, non ho esperienza combattiva, quindi dovrò basarmi sull'istinto e la mia poca intelligenza!
    Mi stavo preparando mentalmente: avevo finalmente realizzato veramente in che situazione mi trovassi. La ragazza mi invitò ad attaccarla.
    ntenne con fare mansueto.
    Puoi cominciare tu! Fai del tuo meglio!

    Ancora questa fiducia nelle proprie abilità... Non so ancora se sia un bluff, ma di certo non posso rischiare.
    Allargai le gambe, abbassai il busto e il baricentro. Tesi le mie braccia in avanti, pronte per una presa, tenendo i palmi diretti verso di lei.
    Sai, non credo mi lancerò tra le zanne del nemico per essere schiacciato!
    Dovevo aspettare, la mia posizione così irregolare credevo sarebbe stata efficace, in quanto era molto più alta di me e per vincere avrebbe dovuto ammanettarmi.

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    Partite pure con la sfida, vi ricordo le regole scritte sopra. Mi sembra superfluo fare un post dato che non avete chiesto nulla ad Henry, ma vi chiedo scusa per non avervi risposto già ieri, ho avuto un problema di salute ed altri post da fare.

    Go!
     
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    Kimama Evans
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    Molto tempo fa Kimama credeva che combattere fosse qualcosa che andava evitato, che ogni confronto potesse essere risolto con le giuste parole, che ogni creatura non importa quanto fosse rabbiosa o cattiva potesse sentir ragioni. Non fu una lezione violenta ne eccessivamente traumatica, imparò tutto alla buona e vecchia scuola pubblica canadese. Nulla da togliere al popolo che il mondo conosce soprattutto per la gentilezza quando a debita distanza da una mazza da hockey, ma in fondo una scuola è una scuola ed è proprio li che si impara a fare certe differenze. Prima della metamorfosi Kimama era per semplice definizione bruttina, sempre tonda, facilmente prona alla fatica, in termini didattici una perdente con poche qualità fisiche e facile preda dei più meschini. Nulla come il male commesso dai giovani, spesso guidato non dalla malizia ma dal semplice non comprendere le conseguenze dei propri gesti. Dopo la metamorfosi avvenuta in uno sputo di anni Kimama passò un piccolo guaio dopo aver infilato uno degli studenti in un armadietto per averle tirato un'antenna. Piegò anche il metallo per impedirgli di uscirne, ma questa parte spesso preferisce non dirla. Non per codardia, semplice vergogna, ma quella fu la prima volta in cui prese coscienza della sua forza e la tranquillità che seguì l'incidente le fece comprendere l'utilità di una misurata dispensazione di forza bruta. Questo certo non la rese mai meno testa nel doverne far uso.
    "No no! Non intendevo-... uff..." Molto banalmente non aveva mai pensato ad una simile evenienza, ma quel ragazzo pensava alla guerra, non alla pace, non in quel momento. "Non importa..."

    Ed anche Kimama pensava alla guerra, lo aveva fatto da quando si era messa il sole alle spalle ed aveva proiettato la sua grande ombra sul ragazzo. La luce era sempre stato un problema per lei, soprattutto durante la pubertà i suoi occhi erano divenuti incredibilmente fotosensibili, per quanto utili in assenza della stessa. Ed in un certo senso è così anche per chiunque, soprattutto con variazioni improvvise. Poi c'era la mente, uno stato mentale sicuro è innegabilmente fondamentale durante un combattimento, e di libri di filosofia e non Kimama forse ne aveva consumati anche troppi. Per questo fa la cosa più banale del mondo e comincia ad incamminarsi verso il ragazzo. Nessuno scatto ferale, nessun movimento improvviso, cammina come se dovesse avvicinarsi a lui per parlargli o per dargli un abbraccio. Le mani sono tenute basse, una passeggiata nel parco, non una battaglia. La fascetta è sull'arto inferiore destro, che Kimama porta alle sue spalle e sotto le ali, rinunciando ad un quarto del suo potenziale offensivo per una legittima sicurezza. Mani che si muovono, il pelo del collo che si sgonfia, poi il lampo a ciel sereno. Unisce le ali all'indietro in un movimento rapido, permettendo alla luce del sole di cozzare improvvisamente contro gli occhi del ragazzo, e poi nel medesimo fluido movimento le riporta celermente in avanti per forzare una folata di vento e polvere in sua direzione. Non era una sprovveduta, sapeva riconoscere una posa da combattimento quando la vedeva, e sapeva anche che molto probabilmente lei era più lenta di lui. Niente più parole di perdono, una carica frontale in avanti con tre braccia che si dirigono verso il ragazzo. Ogni arto superiore cerca il corrispettivo speculare all'altezza dei gomiti, non dei polsi ben più difficili da acchiappare, e l'arto mancino inferiore libero si serra e monta con il peso del corpo per portare un singolo pugno all'altezza dello stomaco. Doveva solo prenderlo, poi il peso e la stazza superiore le avrebbero permesso di costringerlo a terra per legarlo. E le ali che aveva sbattuto con tanta forza per sollevare il polverone sono ai suoi fianchi, pronte a chiudersi per proteggerla se qualcosa dovesse andare storto. Kimama aveva letto molti libri, e non tutti erano libri di fiabe.


    🦋 | 1

    Forza: 10 - Quirk: 5 - Agilità: 10
    Energia: 50/50

    TECNICHE

    Turbosabbia [Livello 1]: Kimama sbatte vigorosamente le sue grandi ali per produrre una densa coltre di polvere o sabbia davanti a se e cercare di accecare o infastidite i suoi bersagli, inoltre se il Quirk di Kimama dovesse risultare superiore alla Forza dei nemici questi si troverebbero respinti ed impossibilitati ad avvicinarsi.
    Costo: 15
    Danno/Effetto: Lieve/Offensiva

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    Zen Daichi




    Narrato - Parlato - Pensato



    Finalmente, la tensione si placò. La ragazza mi venne con calma contro. Aveva qualcosa in mente, questo era certo. Improvvisamente spiegò le ali, lasciando i miei occhi alla preda del sole. Gli sbattei un paio di volte, non credevo non avrei visto per una cosa del genere. Non aveva certo coperto completamente il sole alla mia vista, era alta, certo, ma non così possente. Iniziò però a sbattere le sue ali. Ovviamente aveva capito che anche io avevo un'idea, che però sembrava essersi vanificata grazie a quella raffica. Mi sentii trascinato.
    Com'è che si dice nei giochi? Era il match-up? Mmh... Credo fosse quello, sì. Questo pessimo match-up si fa subito vedere!
    Strizzai un po' gli occhi, non perché prevedessi un'eventuale polverone, visto che la strada non credevo si potesse sgretolare con una folata di vento. Capii però che era forse il caso di sfruttare questo vento. Chiaramente avrebbe accorciato le distanze e le quattro braccia, anche senza considerare la sua forza, l'avrebbero messa in vantaggio. Mi dovevo allontanare, quindi saltai indietro seguendo la corrente, nel momento in cui avrebbe smesso di battere le ali, ovviamente non in modo eccessivo, in modo da non cadere rovinosamente a terra. Avrei portato intanto la mano avanti.
    Posso finalmente sfruttare il mio quirk "nascosto"!
    Avrei condensato il più possibile la gelatina e l'avrei rilasciata tutta in un colpo. Se fosse andata male, avrei avuto problemi ad usare il mio quirk immobilizzante, visto che ci sarebbe stata sicuramente più attenta. Nervosismo ma sicurezza: dovevo dimostrare di avere sangue freddo. Con la mano un po' tremolante, sferrai il mio colpo. Ero davvero pronto a fare l'hero? L'avrei visto adesso. Capacità e sicurezza erano le cose che servivano ad un eroe.

    SCHEDA PG - 1

    Forza: 7
    Quirk: 10
    Agilità: 8
    Energia: 50-15=35
    Tecniche/Equipaggiamento usato
    CITAZIONE
    Jelly Leap! [Livello 1]
    Zen rilascia una variabile quantità di gelatina abbastanza densa ma appiccicosa. Questa viene lanciata contro il nemico a forma di laccio per poter immobilizzare o comunque limitare i movimenti del bersaglio.
    Costo: 15
    Effetto: Blocco



     
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    Zen decise di assecondare il movimento dell'aria generato dal battito d'ali della compagna dalle forme da lepidottero, ma nel farlo non prese alcuna accortezza per difendersi da quella che a conti fatti era un'effettiva tempesta di vento in miniatura. Mentre i suoi vestiti svolazzavano all'indietro alcune piccole ferite si formarono sulle parti scoperte come se ferite da un foglio di carta impugnato con poca accortezza. Il giovane si mosse quindi per tentare di immobilizzare l'avversaria: come avrebbe reagito quest'ultima?

    CITAZIONE
    Kimama: illesa
    Zen: danni lievi alle braccia

    Tutto regolare fin qui! Lucious, scala pure il costo della tecnica dall'energia. Di solito sul GDR lo facciamo appena la tecnica viene utilizzata - come fatto da Bonch - e poi il costo viene recuperato al turno successivo qualora l'utilizzo dovesse essere compromesso dalla mossa dell'avversario.
    Ora è il turno di difesa e contrattacco di Kimama: subito dopo il post di Lucious dirò l'esito della sua difesa e poi toccherà a Bonch con la sua difesa e contrattacco. Non preoccupatevi, non durerà molto, giusto il tempo di assicurarsi che abbiate correttamente compreso il sistema.
    Nel frattempo, avendo ormai fatto 5 post, vi segnalo che - volendo - potete ritirare uno Slot Role per poter fare una Role già in Add qualora lo voleste, come Achievement.
    Per dubbi, come al solito, scrivetemi pure. :**:
     
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    Kimama Evans
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    Il cuore di Kimama saltò più di un battito quando vide le ferite manifestarsi sugli avambracci del suo avversario, le antenne sino a quel momento ritte e attente si afflosciarono come rami secchi piegati dal vento. Voleva spingerlo via, fargli perdere l'equilibrio, evitare di fargli del male per quanto le fosse stato possibile. Ma la vista del sangue sembra paralizzarla, un secondo lungo un'eternità, la peluria attorno al collo che si rizza come gli aghi di un porcospino, gli occhi allargati come sfere di cristallo. Continua a ripetersi che non voleva accadesse, che semplicemente non immaginava che una sua raffica di vento potesse causare delle ferite vere e proprie al di la di un paio di pantaloni impolverati e dei capelli sin troppo mossi. Ed in quel suo sciocco sconforto fa per sollevare una mano in direzione del ragazzo, le antenne che si risollevano il giusto per comunicare un moto di lieve sollievo nel vederlo ancora in piedi. Gli sorride persino, come quello scontro fosse già finito.
    "Stai be-..." Ed è in quel frangente che il suo avversario scaglia quello strano liquame verde dalle sue mani. "...-ne?"

    Alcuni filosofi stabiliscono che per quanto l'essere umano sia a tutti gli effetti una creatura capace di stabilire e mantenere un senso civile, in fondo al suo animo rimane comunque una bestia. Una verità a cui alcuni Mutant decidono persino di appellarsi per giustificare i loro istinti, i loro comportamenti e persino le conseguenze dei loro gesti. Un pensiero che a Kimama non era mai piaciuto, Mutant o meno sono comunque esseri umani, non esiste scusa fatta di istinto o natura a giustificare alcun gesto. Ed il motivo per cui non le piaceva era che in fondo ne riconosceva la veridicità. La fissazione per le fonti di luce, la necessità di tenere le antenne alzate per percepire ogni cosa attorno a se come si trovasse in un perpetuo stato di pericolo. Una falena normalmente è una preda, quasi mai un predatore, un fiore non cerca di scappare e non ha nulla da temere da un lepidottero. Un'essere umano d'altro canto non era solo un predatore, bensì il predatore per eccellenza. Nature contrastanti, ed il risultato finale è che una preda capace di difendersi può sentirsi al sicuro solo quando il predatore viene reso inoffensivo. E le antenne si rizzano come corna, la peluria si rilassa tutta in una volta e le ali si ritirano facendosi piccole mentre Kimama esegue una torsione a sinsitra con la gamba destra come suo fulcro. Scansarsi richiede tempo, ruotare su se stessi un po' di meno. Sarebbe bastato per evitare quello strano liquame verde che a Kimama tanto faceva pensare a qualcosa di corrosivo? Non lo sapeva, ma la sua natura aveva già stabilito quello che sarebbe seguito. La gamba sinistra ritrova contatto col suolo scavandolo in un forte impatto, e Kimama si lancia a piena velocità contro il suo nemico. Non voleva essere violenta, non voleva far paura, non voleva sembrare un mostro. Ma di certo non voleva far morire il suo sogno cercando di essere quello che non era. E dalla gola lancia un grido graffiato come quello di un mostro, e le tre mani cercano all'unisono si impattare rispettivamente sulle spalle ed il busto del ragazzo, non a pugni chiusi ma con gli artigli sguainati di carapace pronti a sminuzzare maglietta e carne. E non avrebbe chiesto scusa per questo.

    🦋 | 1

    Forza: 10 - Quirk: 5 - Agilità: 10
    Energia: 25/50

    TECNICHE

    Nottesferza [Livello 1]: Kimama da fondo alle sue doti da falena per esibirsi in una serie di attacchi graffianti con le punte affilate delle sue dita in carapace, cercando di colpire il bersaglio con ognuno dei suoi quattro arti superiori.
    Costo: 10
    Danno/Effetto: Lieve/Offensiva

    EQUIPAGGIAMENTO

    //


     
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