UA Spring/Summer 2022

Role libera | Sumire & Tobi [slot extra]

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    Ora che Tobi le aveva confermato di avere un fratello, si chiese come fosse, se gli somigliasse o al contrario fosse completamente diverso da lui, oppure che tipo di rapporto avessero. ‹ Davvero, Africa? E cosa fa? ›. Era strano scoprirlo solo in quel momento, quando per tutto quel tempo aveva immaginato fosse figlio unico, non ne aveva mai parlato, o forse semplicemente non ce n'era mai stata occasione.
    Non aveva nemmeno pensato che l'evoluzione naturale della conversazione portasse il suo amico a ricambiare la domanda, e si ritrovò a socchiudere le labbra come a dire di sì e poi richiuderle, per poi riaprirle per dire di no, e non dire assolutamente niente. Non era qualcosa che nascondeva, al contrario dei suoi genitori lei non rinnegava il fratello, e non le dispiaceva parlare di lui, sempre che riuscisse a schivare le domande scomode. ‹ Sì, anche io ho un fratello maggiore. › rispose, alzando le spalle ed incrociando le braccia al petto come a segnalare che si stesse di nuovo chiudendo in se stessa. Non sapeva dove fosse o cosa facesse e non le andava di mentire e inventarsi false storie, quindi non lo specificò nemmeno.
    Ci si sentiva così ogni volta che ci si sfogava un po'? Era una sensazione insolita, da una parte sentiva come se si stesse liberando di un peso che non sapeva nemmeno d'aver avuto fino ad allora, ma era anche spaventata dal confessare così tanto di se stessa, dei suoi timori e dei suoi problemi a qualcuno, e se lo aveva fatto era solo perchè era Tobi la persona a cui ne stava parlando, o forse perchè nelle parole che diceva rivedeva un po' se stessa e quindi lui poteva capirla. Allo stesso tempo era l'unico modo che aveva per cercare di aiutarlo, perchè non aveva consigli magici che potevano risolvere la sua situazione, né parole di conforto che non sembrassero superficiali e prefabbricate. Quasi si stupì che gli dispiacesse davvero che ci fosse qualcosa che non andava nella vita di Tobi e di non essere in grado di aiutarlo, di solito non le importava così tanto degli altri.
    I suoi genitori erano delle persone. A volte lo dimenticava, e loro non si degnavano certo di ricordarle che erano esseri umani come lei, perchè se per Sumire c'erano persone più perfette di lei allora quelli erano i suoi genitori. Partendo quasi dal nulla erano riusciti a conquistare chi la fama, e chi un ruolo importante in un'azienda. Avevano tutto quello che volevano, erano acculturati e intelligenti, ma forse davvero poco umani. ‹ Sarebbe facile se fossimo come loro, però. › le sembrava di avere un modello irraggiungibile, dove sforzarsi non portava a nulla se non un vago sentimento di frustrazione che continuava ad accumularsi in un angolo della sua testa. Aveva quasi diciotto anni e che cosa aveva combinato? Nulla. Sua madre a quell'età stava già cominciando a dipingere i suoi primi quadri, e il padre stava per finire scuola, e lei era appena al secondo anno.
    Si ritrovò davvero stupita allo scoprire che Tobi aveva vissuto un'esperienza simile, anzi, praticamente la stessa, con sua madre. E anche in quel caso non era finita bene. ‹ È irritante quando fanno finta di non sentirti, o inventano scuse per allontanarti e non parlare. › ormai aveva iniziato a sfogarsi, e non sembrava volersi fermare. ‹ Insomma, si suppone che siamo i loro figli, dovrebbe essere naturale che ci diano retta, è una legge non scritta. Ma non lo fanno... e noi non sappiamo come fargli capire che dovrebbero. › parlava al plurale ma era ovvio stesse parlando per se stessa... Tobiko però in certi aspetti le assomigliava e lei dava per scontato che provasse quelle stesse identiche emozioni.
    ‹ A volte mi viene voglia di urlare... magari smetterebbe di far finta di nulla. › lo disse come se fosse il pensiero più assurdo del mondo, e almeno per lei lo era. Non aveva mai alzato la voce con i suoi genitori, e in generale Sumire era sempre così controllata che non aveva bisogno di sfogare le sue frustrazioni gridando, quando il sarcasmo e la crudele ironia erano spesso più utili.
    A Sumire non sarebbe bastato cambiare una cosa, ce n'erano così tante che forse avrebbe fatto prima a cambiare direttamente famiglia, ma non era come se disprezzasse i suoi genitori. Li amava, ed era per questo che voleva che tutte quelle cose che non le andavano bene cambiassero, ma era difficile quando non riusciva nemmeno a comunicare con loro e manteneva quel rapporto quasi reverenziale. Probabilmente sarebbe dovuto essere lei a cambiare, prima di loro.
    ‹ Tante cose... ma principalmente mi piacerebbe sapere che cosa pensano, almeno ogni tanto. ›, insomma Sumire avrebbe voluto che fossero meno simili a lei.
    La stessa albina era cosciente di essere terribile anche nella sua ridotta statura da minion, ma era convinta che una Sumire alta sarebbe stata ancora più terrificantemente, e considerava la sua bassezza come un punto debole, sopratutto quando Yumeru la prendeva in giro per questo. Probabilmente era l'unica cosa del suo corpo che avrebbe voluto cambiare, era un peccato che non esistesse alcuna chirurgia estetica per diventare più alti.
    Ma sorrise a Tobi, anche il portamento era importante. Fuyuko ad esempio era alta più o meno quanto lei, eppure nella sua testa la immaginava almeno dieci centimetri più in basso.

    Chissà se Tobi si accorgeva della differenza quando aveva addosso quei jeans rispetto a quando aveva i pantaloni della tuta, come la sua figura cambiasse e fosse quasi magicamente più gradevole alla vista. Vestito come lei diceva le ragazze sarebbero state più propensa a fermarsi a guardarlo senza cambiare strada... oppure i ragazzi. Sumire non era ancora del tutto convinta della sessualità del suo amico, ed era stato Gin, un paio di mesi fa, a fargliela dubitare: al loro primo appuntamento, quando le aveva raccontato di come lo aveva conosciuto e del fatto che Tobi si era messo a seguirlo, e lei aveva pensato che forse poteva piacergli Gin.
    Ala fine non aveva avuto occasione di chiederglielo direttamente, era raro che Tobi e Sumire stessero da soli e di certo non ne avrebbe parlato davanti a Yumeru o Fuyuko, non voleva metterlo in imbarazzo. Quel giorno poteva essere l'occasione perfetta, ma come avrebbe dovuto tirare fuori l'argomento?
    Mentre Tobi finiva di provarsi i jeans, Sumire andò a vedere i cinturoni, che erano solo cinture solo che da uomo. Nella sua testa la parola cintura indicava solo quelle da donna, mentre cinturone quelle da uomini, ma sempre della stessa cosa si trattava. Ne prese una nera in ecopelle, molto semplice e sobria, con il laccio(?) del tipico colore argentato, in metallo.
    Tornò così dal ragazzo, con la cintura in mano, e quando uscì dal camerino gli disse: ‹ Provalo sui tuoi jeans. ›
    In quel negozio dovevano aver finito, dopo aver acquistato tutti quei capi Sumire aveva intenzione di andare in qualche negozio di scarpe sportive e prendergliene un paio, o due se poteva permetterselo.

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    Narrato. ; "Pensato." ; -Parlato Tobi.- ; -Parlato altri- ;
    -Si sta occupando di alcuni grandi macchinari industriali, è un programmatore e manutentore.- Spiegò il ragazzo, senza entrare troppo nel dettaglio. Quando lui ricambiò la domanda vide la ragazza andare letteralmente in tilt, come un androide che non sa come rispondere ad un determinato input e cerca nel suo database un modo consono di reagire: aprì e chiuse la bocca un paio di volte senza dire nulla, alla fine scrollò le spalle con nervosismo (comportamento che Tobi conosceva molto bene, visto che la scrollata di spalle nervosa era un gesto onnipresente nella sua mimica) ed incrociò le braccia sul petto, prima di comunicare che sì, aveva un fratello maggiore anche lei. Il ragazzo non aveva minimamente considerato che, se Sumire aveva dei problemi familiari, anche il fratello poteva essere uno di questi: lui e suo fratello erano distanti ma tutto sommato erano sempre stati complici, chi poteva dire che fosse così anche per la ragazza? Era chiaramente un argomento difficile, anche più difficile dei litigi con i suoi genitori.
    -Tranquilla. Non dobbiamo parlarne per forza.- Mormorò il ragazzo, a voce bassa, appena udibile dalla ragazza, deciso a lasciar perdere se lei avesse voluto lasciar perdere.
    Ancora una volta, Sumire sembrò seguirlo con attenzione e simpatizzare con ciò che aveva da dire. Alla fine mormorò, con aria quasi sconsolata, che sarebbe stato facile essere come i loro genitori.
    -Mah. Però non credo vorrei essere come mia madre.- Forse la frase era uscita più "cattiva" di quanto intendesse, ma ovviamente Tobi si riferiva solo agli aspetti che lo portavano a litigare con la donna, a ciò che non gli piaceva. Certo, sarebbe stato più facile forse essere esattamente come lei e quindi non avere nulla di cui litigare, ma era quello il tipo di persona che voleva diventare? Era il tipo di persona che probabilmente sarebbe diventato, se un certo giorno non avesse avuto una certa illuminazione a cambiargli la vita. Ma gli piaceva la nuova direzione che stava intraprendendo, un dialogo di questo tipo a cuore aperto con una sua amica se lo sarebbe sognato, il vecchio Tobi. Si sentiva più libero e leggero, e si era quasi dimenticato di quello sgradevole mostro tentacolare di ansia che lo seguiva ovunque, un tempo.
    Il ragazzo si sorprese, di nuovo, di quanto le loro vicende si fossero ricalcate: Sumire aveva pronunciato delle parole che avrebbe potuto tranquillamente aver detto lui, la frustrazione di non sentirsi compresi dalla propria madre era quanto di più fastidioso potesse esistere. Strinse istintivamente un pugno, di nuovo.
    infuriante. Non credo di essere mai stato più arrabbiato in vita mia. Tanto che...- Alzò la mano che aveva stretto poco prima, ancora un po' tremante. -Sto facendo finta di credere che mi sia passata, ma ogni volta che ci ripenso mi sento ribollire. Sicuramente anche io ho le mie colpe, ma se si rifiuta di comunicare con me come posso iniziare a capire dove sto sbagliando?- Domandò, infine, rivolgendosi a Sumire con lo sguardo sebbene la domanda in sé fosse prettamente retorica. -Io ho provato anche ad alzare la voce, ma non è servito a nulla. Non mi sentirebbe nemmeno se le parlassi con un megafono, è che non vogliono sentire.- Concluse il ragazzo. Non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire, recitava un famoso detto, e mai parole furono più vere. -Vorrei poterti aiutare in qualche modo, ma non so dove mettere le mani nemmeno con mia madre.- Pun not intended. -Q-quantomeno non siamo... soli.- Azzardò, sottointendendo "ad affrontare questo disastro" ma non volendo dirlo esplicitamente per quanto suonava smielato e imbarazzante: già a pronunciare quella frase mutilata le sue gote si erano arrossate abbastanza, meglio non esagerare. Era sicuro che la ragazza avrebbe capito, comunque.
    Come a dimostrarlo, nel rispondere alla domanda che Tobi aveva ricambiato su quante cose ci fossero che non andavano nella sua famiglia, fu lei a descrivere con precisione anche quello che desiderava Tobi, non che a quel punto non fosse esplicito visto che ne avevano parlato fino a poco prima, ma era veramente raro poter sovrapporre a quel modo due situazioni di persone distinte. Insomma, perlomeno a Tobi non era mai capitato, gli era capitato di simpatizzare con Aoi perché condivideva con lei la sensazione di essere un po' un outcast, rifiutato dalla società perché strano e diverso, ma sentiva che lui e la ragazza affrontavano la cosa in maniera fondamentalmente diversa e ad essa davano pesi diversi. Con Sumire era diverso, sentiva veramente di poterla capire e che lei poteva capire lui, quando aveva iniziato quel discorso non immaginava di arrivare a quel punto ad essere sinceri, era una cosa che in primis faceva perché aveva avvertito una certa sofferenza nelle parole della sua amica e voleva capire se poteva farci qualcosa. Ma era contento di quel risvolto, non perché gioisse dei drammi della compagna, ma perché la sentiva decisamente più vicina. Sumire Murakami era un essere meno trascendentale di quel che credeva, e la cosa andava assolutamente a suo favore. Poteva finalmente esserle amico.

    Quando uscì dal camerino con indosso i pantaloni jeans attillati blu con gli strappi ai polpacci, vide Sumire porgergli una cintura e ordinargli di provarla: inutile dire che alla parola cinturone si era aspettato chissà cosa, ma accettò con aria quasi sollevata quella normale cintura: quantomeno non era niente di troppo eccentrico, poteva conviverci, anzi, ne apprezzava molto il look sobrio e compatto. Lo provò subito, proprio dinanzi a lei, e lasciò a lei il verdetto.
    Credeva che avrebbero acquistato anche le scarpe in quel negozio, ma Sumire pareva intenzionata ad andarsene e cercare un qualche punto specifico: si avviò dunque alla cassa e pagò i generosi (per i suoi standard) acquisti di quel giorno, realizzando che tutto sommato poteva andare peggio.
    -Credo di avere ancora abbastanza soldi per almeno due paia di scarpe, alla fine.- Osservò, per dare un certo margine alla ragazza, sicuro che stava attendendo aggiornamenti dopo il "momento della verità" avvenuto alle casse. -U-ultimo sforzo allora, ahah.- Mormorò, ridacchiando. In realtà quell'uscita si era rivelata molto più... intensa, di quanto avesse immaginato. Dopo quel discorso nei camerini sentiva di essere più vicino a Sumire ed in qualche modo bastava questo per rendere le circostanze più piacevoli. Gli sarebbe piaciuto se si fossero fermati a mangiare qualcosa, magari, al termine del loro compito.
    Più tardi glielo avrebbe chiesto.





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    ‹ Oh sai, vedo anche te a fare quel genere di cose, tipo meccanica... per il tuo quirk. › disse, quando scoprì che il fratello di Tobi lavorata su macchinari industriali, per lui sarebbe stato molto più semplice riparare una macchina quando capiva il suo funzionamento toccandola solo. Molti lavori sarebbero stati più semplice con l'utilizzo del suo quirk, eppure lui aveva scelto di fare l'eroe. In quel momento le tornò in mente la lezione con l'ex professore... Okada. Lui, Sumire e Akane. Ricordava quando gli aveva chiesto il motivo per cui volevano diventare eroi, e incredibilmente ricordava anche la risposta di Tobi... chissà se in quel tempo era cambiata, oppure era rimasta la stessa.
    Fu lieta che Tobi capisse che suo fratello non era un argomento di cui aveva voglia di discutere in quel momento, e in un sussurro le assicurò che non era obbligata a dire niente. Sumire accennò appena uno strano sorriso di circostanza, cercando di scacciare quella sensazione d'imbarazzo nel chiudere la conversazione così bruscamente, le sembrava quasi d'essere stata scortese, e allo stesso tempo d'essere rimasta un po' troppo esposta.
    Essere così egocentrica le aveva fatto credere che nessuno potesse avere i suoi stessi problemi, che nessuno potesse capirla eppure Tobiko sembrava esprimere ciò che provava anche meglio di se stessa. Le loro situazioni erano incredibilmente simili, probabilmente i motivi erano diversi, ma entrambi soffrivano dello stesso male. La ragazza dai capelli bianchi annuiva energicamente a tutto ciò che il corvino diceva, si sentiva quasi esaltata, perchè finalmente aveva trovato qualcuno che potesse comprendere almeno un po' ciò che stava passando, ed era contenta che quel qualcuno fosse Tobi, le era facile parlare con lui, non era solo la situazione che condividevano ad essere simile, in alcuni aspetti lo erano anche loro.
    Le sue labbra si arricciarono in un sorriso imbarazzato, ma felice, e le sue guance assunsero una tonalità rosea, quando egli disse che non aveva consigli da darle quando nemmeno lui sapeva cosa fare, ma che almeno adesso non erano più soli. Quella stessa frase avrebbe potuto dirla lei, escludendo l'ultima parte, che avrebbe tenuto solo ne suoi pensieri, temendo di diventare troppo sentimentale. ‹ Mi hai rubato le parole di bocca. › ridacchiò, con gli occhi che saettavano ovunque tranne che alla figura del ragazzo. Avrebbe voluto chiedergli che cos'era che sua madre non voleva sentire, ma sentiva che si sarebbe intromessa troppo, e non era il caso.

    Sumire si accertò che la cintura gli stesse bene e poi si diresse alla cassa, aspettando che concludesse gli acquisti lì vicino. Quando era uscita di casa quella mattinata, non aveva immaginato quel genere di discussioni assieme a Tobi, pensava che avrebbero parlato prettamente della scuola, oppure dei loro amici in comune, invece era rimasta piacevolmente —forse? non ne era ancora sicura— sorpresa dalla piega che avevano preso le cose; oltretutto aveva scoperto di essere anche brava come consulente di moda, un altro talento da aggiungere alla sua già lunga lista.
    Il corvino tornò, e le disse che poteva permettersi almeno altre due paia di scarpe. ‹ Bene, è proprio quello che andremo a prendere adesso. › gli spiegò, scendendo per le scale mobili fino al piano terra, per poi uscire dal locale. L'edificio in cui erano stati, con l'aria condizionata, era un po' più fresco rispetto alle affollate strade di Shibuya quella primavera, e la differenza una volta usciti, si sentiva.
    ‹ Per adesso direi che possiamo limitarci a comprare delle scarpe sportive, ma dopo dovrai prenderne anche di eleganti, come quelle che hai ora... ma nere. Niente marrone, è difficile da combinare. › o almeno sarebbe stato difficile per lui che aveva problemi a abbinare colori, in quell'aspetto era allo stesso livello di Shinso... o forse un po' sopra perchè nessuno era a livelli così disastrosi.
    Percorsero così le strade della città, Sumire teneva gli occhi sul proprio cellulare, seguendo la mappa per giungere al negozio sportivo, dato che era la prima volta che si ritrovava a fare acquisti a Shibuya, e che raramente entrava in negozi di quello stile. ‹ Quindi... sei già al terzo anno, giusto Tobi-san? Hai già preso la licenza provvisoria? › chiese lei, giunta davanti ad un edificio a più piani, simile a quello precedente, ma dall'interno più scuro, le pareti erano nere, colorate soltanto dalle scarpe variopinte che vi erano esposte, la luce che illuminava il locale era soffusa e calda, illuminando più i capi esposti che non il percorso.

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    Sorry il ritardo =w=
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    -Aye. Infatti ha un Quirk simile al mio.- Rispose Tobi, forse sottolineando l'ovvio, ma in fondo non era stato esplicito e poteva anche trattarsi di una semplice coincidenza: lui stesso voleva fare letteralmente uno dei pochi lavori in cui il suo Quirk non lo avvantaggiava direttamente.
    Certo, ammesso che volesse ancora farlo. Diciamo che per ora aveva intrapreso quel percorso di studi, poi chissà, in fin dei conti non era nemmeno più lontanamente la persona che era anche solo tre anni prima. Era ancora sicuro di ciò che voleva diventare? Lo era mai stato? In realtà non proprio, aveva voluto provare per vedere come sarebbe andata prima di porsi l'effettivo problema di cosa fare se fosse andata bene. Perché, per quanto non lo ammettesse nemmeno con sé stesso, probabilmente non si era posto domande credendo che prima o poi avrebbe fallito. E invece stava andando stranamente liscia, e forse era davvero il momento di iniziare a chiedersi cosa fare una volta ottenuto quel maledetto pezzo di carta. Chissà, magari poteva anche riprendere a studiare altro all'università.
    Il ragazzo notò di aver fatto centro ipotizzando che il fratello fosse un argomento doloroso per Sumire e fu lieto di averle evitato di farsi venire il sangue amaro. In fin dei conti, al momento stavano affrontando già un argomento piuttosto spinoso, e non se non era particolarmente facile parlarne per lui, figurarsi per Sumire. Un passo alla volta. Il muro di mattoni che Sumire si era costruita intorno non andava abbattuto a cannonate, andava smontato mattone dopo mattone, in modo che avesse il tempo di guardarsi intorno e si rendesse conto che quel muro non la stava affatto proteggendo, le stava semmai impedendo di uscire.
    La vide pendere dalle sue labbra quando invece riprese a parlare dei suoi problemi con sua madre e tutto il resto, stupita probabilmente quanto lui delle loro esperienze così sovrapponibili: sicuramente ognuno stava combattendo la propria battaglia, unica e diversa, ma il modo in questo caso era praticamente ricalcato. La vide anche piuttosto imbarazzata (una visione quantomai rara e di cui avrebbe fatto tesoro) quando lo sentì pronunciare quelle smielate parole e quasi se ne pentì, pensando a dire qualcos'altro per giustificarsi o sminuire, ma alla fine lasciò perdere. Era felice di aver trovato il coraggio di dirlo, in fondo, e non voleva che una passeggera sensazione di imbarazzo rovinasse il momento di intimità che si era andato a creare fra i due. Le sorrise senza scoprire i denti, quando disse che lui le aveva rubato le parole di bocca, non riuscendo a celare il rossore sulle sue gote, dunque raccolse le tre camicie che aveva appena finito di provare e fece per uscire dal camerino, proseguendo assieme alla ragazza verso le t-shirt e poi verso i pantaloni.
    Una volta completati gli acquisti, si lasciò guidare dalla sua amica di nuovo lungo le strade di Shibuya: non si lasciò sfuggire che stava usando il telefono come navigatore e si sentì di nuovo un po' in colpa per averla trascinata in un quartiere con cui non aveva molta confidenza, ma lei non si stava lamentando dunque seppe che non le dava troppo fastidio. Era proprio per questo che aveva scelto proprio Murakami, no? Lei non le mandava a dire.
    -D'accordo. Uguali ma nere. Penso di potercela fare anche senza supervisione.- Ridacchiò, con finta aria colpevole. -... Al massimo ti mando una foto al volo prima di pagarle.- Aggiunse poi, più per scherzo che per reale intenzione: va bene essere totalmente incompetenti, ma se l'indicazione era semplicemente "uguali ma nere" ce l'avrebbe potuta fare anche un bambino. -Però con la divisa che è verde e grigia, queste marroni vanno bene o devo iniziare a mettere quelle nere anche a scuola?- Domandò poi, colto da un dubbio più concreto.
    Si lasciò guidare lungo le trafficate strade di Shibuya con aria serena e due borse di carta con i suoi acquisti al negozio di prima.
    -A dire il vero, io la provvisoria l'ho saltata. Non ne avevo grande necessità, ne ho approfittato per concentrarmi sugli studi ed arrivare in terza il prima possibile. Punto a prendere direttamente quella permanente, sono già in lista per un tirocinio da Providence. Tu, invece? Mi pare che Yumeru mi avesse accennato che la dovevate fare a breve.- Rifletté il ragazzo, tamburellandosi sul mento.
    A quanto pare erano giunti a destinazione: un tipico negozio sportivo con la ispida moquette scura, gli ambienti dalle luci soffuse ed immensi display di scarpe di ogni forma e dimensione lungo ogni parete disponibile. Il ragazzo fu avvicinato da un commesso che volle immediatamente sapere se poteva aiutare, ma Tobi rifiutò garbatamente e seguì la ragazza. Era il momento della verità: scarpe bianche o no?




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    A Sumire non dispiaceva scoprire nuovi posti in cui fare shopping, quella volta aveva deciso di dedicarsi soltanto a Tobi che dal momento in cui ebbe scelto Shibuya per fare acquisti, aveva passato alcune ore del suo pomeriggio alla ricerca di negozi che potessero fare al caso loro, ma non aveva cercato nulla per lei; magari tra tutti quei negozi si nascondeva qualche piccola boutique che potesse gradire. L'albina aveva dei gusti difficili, il suo armadio era pieno soltanto grazie ad anni di accurata selezione, parecchi dei vestiti che lo riempivano appartenevano a Kyoto, complice anche il fatto che dopo i sedici anni non era più cresciuta nemmeno di un centimetro e ciò che aveva indossato a quell'età le stava ancora alla perfezione. L'abito azzurro che vestiva in quella giornata d'aprile era tra i suoi preferiti e anche tra i più vecchi, lo indossava almeno una volta tutte le primavere.
    Il cellulare la guidava così verso l'ultimo negozio, era strano fare shopping in quel modo per lei, avevano trovato tutto quello di cui Tobi aveva bisogno in un singolo edificio in cui c'era così tanta varietà che volendo avrebbero potuto concludere lì tutti gli acquisti, lei invece era abituata a scegliere un negozio per ogni singolo capo, impiegandoci così il doppio del tempo, ma per una cosa così importante come l'outfit era disposta anche a sprecare un'intera giornata.
    ‹ Sì, mandami una foto per favore. ›, non colse l'ironia dietro quella sua frase, perchè per Sumire, Tobi non sarebbe stato in grado di comprare dei bei mocassini, c'erano troppi modelli ed era meglio che fosse certo che quello che prendeva era accettabile, non importa se gli aveva detto che dovevano essere uguali a quelli che già aveva, perchè poteva sempre cadere in tentazione. ‹ Per scuola vanno bene quelle marroni. ›, la divisa rendeva tutto monotono e finchè le scarpe non erano di un colore troppo acceso non sarebbero risaltate comunque. ‹ Mi chiedo chi abbia disegnato la nostra divisa... è orrenda. Tra tutti i colori che potevano scegliere perchè il grigio e il verde? › disse con una certa gravità nel tono, come se avessero commesso un grave delitto. L'albina già odiava le divise di per sè, credeva che le togliessero parecchia personalità e in più la rendevano troppo simile al resto degli studenti, ma odiava ancora più la divisa della Yuuei perchè la costringeva a indossare qualcosa che non le piaceva nemmeno esteticamente. ‹ E poi a te sembra una divisa da miglior scuola per eroi del Giappone? A me non pare proprio. ›, quei colori spenti e opachi la rendevano molto più anonima di una qualsiasi accademia. Il parere richiesto a Tobi comunque era più una domanda retorica, sapeva che lui non doveva mai nemmeno aver pensato a quanto fosse brutta la divisa della UA, quando probabilmente era la cosa più bella che aveva nel suo armadio fino al momento.
    ‹ Oh, quindi hai scelto Providence alla fine. Pensavo saresti andato al Dojo Saotome. ›, l'albina infatti sapeva che Tobi aveva praticato —o praticava ancora— alcune arti marziali e quindi pensava avrebbe scelto qualcosa d'affine. ‹ Io invece penso andare da Endeavor per il tirocinio, sarebbe carino se ci andassimo io e Fuyu-chan assieme, so che è interessata... anche se forse più a Endeavor che all'agenzia in sè. ›, non era una novità che Sumire puntasse alla migliore agenzia, era una cosa che aveva deciso dal momento in cui era entrata alla UA e non serviva che lo ripetesse mille volte come faceva di solito, chiunque la conoscesse un minimo doveva saperlo.
    ‹ Ne ho giusto parlato con Darius-senpai alcuni mesi fa per chiedergli qualche informazione. ›, nel mese di dicembre erano accadute davvero parecchie cose, era uscita con Darius e le altre, aveva conosciuto Gin, e poi c'era stato lo stage. Non aveva dimenticato quel giorno al teatro Kabuki, il corpo carbonizzato di quel bambino tornava ogni tanto sotto forma di incubo. Si destò dai suoi pensieri, e rispose: ‹ Comunque sì, devo ancora fare la licenza provvisoria. ›
    Un commesso arrivò appena i due entrarono, offrendo il suo aiuto e subito Tobi rifiutò gentilmente. Sumire si diresse subito tra gli scaffali delle scarpe, divise per marca e gamme di colori, lei ovviamente puntò subito a quelle bianche. Ce n'erano di tutti i tipi, alcune lisce e monocromatiche, altre che mischiavano il bianco con decorazioni o strisce dorate, rosa, azzurre. ‹ Lascio la scelta a te di come le preferisci, più o meno dovrebbero andare bene tutte. ›, lo mise di nuovo alla prova, anche se questa volta era abbastanza difficile sbagliare.
    Una volta scelte le scarpe bianche, vagò tra gli scaffali, osservando più attentamente quelle più colorite, le scarpe sportive non rientravano nelle cose che lei indossava spesso ed odiava quelle troppo vistose o sgargianti. ‹ Direi che per il secondo paio dovremmo prenderle di un colore scuro, magari blu, o direttamente nero. ›

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    Evidentemente, Sumire non colse l'ironia del ragazzo, o meglio, magari poteva anche averla colta ma non si fidava ancora di accollargli un onere del genere. Tobi fu immediatamente assalito dai dubbi: non poteva essere davvero così difficile, si trattava letteralmente di cercare un modello uguale, eppure forse se Sumire non si fidava significava davvero che non ne era in grado, o non quanto pensava. Magari ne avrebbe trovato un paio di quasi uguali e le avrebbe comprate, ignaro che erano palesemente rovinate da quel singolo dettaglio su cui lui aveva deciso di sorvolare. Stava sottovalutando la difficoltà del compito o si era solo lasciato mettere soggezione da Sumire? In quel momento temeva che se lei gli avesse detto che lo faceva in modo sbagliato non sarebbe nemmeno più riuscito ad allacciarsi le scarpe (sì, nonostante il suo Quirk).
    Esalò un sospiro di sollievo quando Sumire gli comunicò che le scarpe marroni per la divisa potevano andare bene: una spesa in meno.
    -Almeno eviterò di consumare le scarpe buone per la scuola.- Commentò, con un filo di ironia. Ascoltò le lamentele della ragazza sulla divisa e non poté non ridacchiare: a lui non faceva così schifo, ovviamente, ma non si sentiva certo di definirla una bella divisa. Anche dal basso della sua totale ignoranza in merito, grigio e verde era davvero una combinazione... strana. -Probabilmente qualcuno che non lo fa di mestiere. Beh, non più almeno, spero.- Rispose, scrollando le spalle. -No infatti, non rispecchia minimamente ciò che dovrebbe rappresentare. Per assurdo credo la tuta da ginnastica, per quanto sgargiante e sopra le righe, quantomeno sia più evocativa.- C'era quel giochino intrigante di ricreare le iniziali della scuola con le righe bianche e poi i colori richiamavano quantomeno la tuta di un supereroe. Insomma, avevano un minimo di senso ed era una tuta riconoscibile.
    -Il Dojo...- Beh, sì, era stato la sua prima scelta per molto tempo, e probabilmente ne aveva parlato con i suoi amici prima di propendere per Providence. -Sì, mi piaceva il Dojo, ero abbastanza convinto che sarei finito lì. Però, non so, ho fatto qualche stage per Providence e mi sono trovato molto bene con loro e con Whisper.- Il ragazzo scrollò le spalle. -E poi volevo provare a fare qualcosa che fosse un po' fuori dalla mia comfort zone. Non nego che gran parte del motivo per cui volevo entrare al Dojo Saotome era perché ero già abituato a far parte di un Dojo.- Il ragazzo sorrise, con aria un po' nostalgica: era da un po' che non andava a trovare i suoi amici a Hinode, chissà come se la passavano. Era un po' come con sua madre, più tempo passava senza vederli e più gli sembrava difficile, sebbene si trovasse a sentirne la mancanza. Forse lasciar andare parti del proprio passato era un semplice processo associato alla crescita. Perso com'era nei suoi pensieri, quasi si scosse quando Sumire riprese a parlare.
    -Endeavor, fico. Non mi aspettavo niente di meno.- Rise, poi alla battutina su Fuyuko. -Mi chiedo come funzionerà con questa cotta ora che esce con Yumeru.- Ci rifletté per un paio di secondi, poi scosse il capo. -Ripensandoci, in fondo non lo voglio sapere.- Concluse, rendendosi conto di quanto suonava imbarazzante quello scenario anche solo nella sua testa, figurarsi l'avere uno dei due che glielo raccontava. Annuì quando Sumire parlò di Darius, rassicurato che il saggio senpai sarebbe stato in grado di aiutarla nella sua scelta. Anche se quasi sospettava che Fuyuko fosse informata tanto quanto lui sul programma, seppur senza partecipare attivamente al tirocinio.
    In contraddizione con la faccenda delle scarpe eleganti, Sumire lasciò a lui la scelta di come voleva quelle sportive. Non sapeva bene se era una trappola o no, ma aveva detto che andavano bene più o meno tutte quindi il ragazzo decise di iniziare ad esaminarle. Decise alla fine di sceglierle come faceva di solito, ossia toccandole e cercando di capire quali gli sembrassero quelle fatte meglio: l'utilizzo del suo Quirk era sempre passato inosservato perché era normale, quando si sceglievano delle scarpe da ginnastica, prenderle in mano e provare a sentire quanto fosse flessibile la suola piegandola un po', e quel semplice gesto gli bastava per capire con quanta cura erano state assemblate, la qualità dei materiali e delle cuciture. Alla fine la sua scelta ricadde su delle scarpe di un bianco accecante, dalla suola abbastanza alta e divisa in due da un piccolo spacco fra il tacco e la pianta del piede. La tela era robusta e leggermente imbottita, i lacci erano seminascosti da una sorta di fibbia dove fioccava il logo della scarpa, una marca piuttosto famosa - ed infatti erano piuttosto costose. Ma ne valeva la pena, gli sembravano belle e come qualità non erano seconde a nessun altro paio lì presente.
    Infine, fu il turno del secondo paio, che a dire di Sumire doveva essere blu o nero.
    -Mi sta bene. Sapevo che non mi avresti fatto comprare niente di sgargiante.- Commentò il ragazzo, sorridendole e seguendola fino a quando non avesse trovato uno scaffale con una selezione che la soddisfaceva. -Uh... scelgo sempre io o...?- Avrebbe atteso, dunque, ben determinato a seguire le sue indicazioni fino alla fine. Mentre attendeva la risposta, fu colto dall'improvvisa realizzazione che il loro giro stava per terminare: quell'ultimo paio di scarpe era letteralmente l'ultimo step della loro missione. Si ritrovò a fare un recap mentale di quanto avesse speso e sì, sebbene fosse preparato a spendere così tanto, era comunque una bella botta per le sue finanze. Per un po', avrebbe dovuto risparmiare su molte altre cose. Al momento la spesa più grossa che aveva era costituita dall'affitto e, sebbene la borsa di studio della Yuuei lo coprisse... beh, non avanzava molto altro. Poi doveva anche iniziare a considerare che non sarebbe rimasto alla Yuuei ancora per molto tempo, se di lì a poco avesse iniziato il tirocinio poteva anche concludere il tutto in relativamente pochi mesi. No, forse doveva iniziare a pensare ad una soluzione un po' più a lungo termine per risparmiare un po' su affitti e bollette.
    Con Sumire nel suo campo visivo, l'associazione di pensieri fu inevitabile, e gli tornò in mente per la seconda volta quel famoso post in cui la ragazza cercava coinquilini.
    -Oh... ma poi lo hai più trovato un coinquilino? Ricordo che tempo fa lo cercavi.- Decise di prendere la questione molto alla lontana, ma sì, aveva tutta l'intenzione di chiedere se quel posto fosse ancora libero e forse era anche abbastanza palese dove volesse andare a parare: già dalla prima reazione di Sumire si sarebbe fatto un'idea se a lei sarebbe dispiaciuto troppo o no.






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    Fu piacevolmente sorpresa dal fatto che Tobi concordasse con lei, voleva dire che c'erano delle speranze e non era messo così male, ma anche preoccupata perchè se perfino lui si era accorto dell'orribile accostamento di colori dovevano saperlo tutti quant'era quella divisa. E se tutti lo sapevano perchè nessuno aveva mai pensato di modificarla? Sarebbe bastato sostituire quel grigio topo con un colore che stesse meglio col verde, essendo il principale problema che rendeva così anonima l'uniforme.
    ‹ Sì, avrebbero dovuto usare il blu e il bianco anche per la divisa, non capisco perchè abbiano voluto fare la tuta e la divisa così diverse. › concordò con lui. Se non avesse già altre cose a cui pensare, come la licenza o il dover passare al terzo anno, avrebbe sicuramente iniziato una petizione per cambiare l'uniforme.
    ‹ Oh, anche io ho fatto uno stage per lei. ›, anche se nel suo caso non aveva avuto occasione di conoscere Whisper, sapeva che anche Yumeru aveva lavorato per quell'agenzia alla Manifestazione Anti-Mutant, e Tobi doveva aver fatto parte dell'altro gruppo in quel suo stesso stage. Sumire non avrebbe potuto dire di essersi trovata bene in quello stage, era partita con un'idea ma si era ritrovata davanti con tutt'altro. Non avrebbe saputo ancora descrivere cosa sentiva dell'esperienza, era stata un po' inconcludente nei fatti, e si sentiva come vuota, come se la cosa non fosse nemmeno successa davvero. Non aiutava il fatto che i due compagni con cui l'aveva condivisa non li conoscesse così bene, le sarebbe piaciuto parlarne con uno dei due, ma odiava Shoya, ed aveva la sensazione che Amachi la temesse, sopratutto dopo quell'escursione con lei a dicembre, e ciò le impediva di parlarle normalmente da sua pari, detestava chi si mostrava debole o intimorito dal suo atteggiamento, ma la infastidiva ancora di più che per colpa sua era stata ripresa da Darius.
    ‹ Eri? Non ci vai più? › gli domandò riguardo al Dojo, sinceramente curiosa. Pensò che se lo aveva lasciato doveva trattarsi per gli impegni scolastici, anche lei da quando era a Tokyo non si era iscritta a nessuna attività fuori dalla scuola, non aveva abbastanza tempo. ‹ Comunque mi sembra una buona scelta. ›
    Nemmeno lei voleva sapere come funzionava il rapporto tra quei due, anche se era del parere che Yumeru non aveva nessun diritto di arrabbiarsi o dire qualcosa a Fuyuko per la sua cotta di Endeavor quando lui aveva una cotta per l'intera popolazione femminile. ‹ Io spero sinceramente che vada tutto bene tra loro per sempre e che non litighino mai. Poi dovremo sorbirceli noi, te lo immagini? ›, da quando Fuyu le aveva chiesto consiglio su come vestirsi per l'appuntamento con Yumeru, era sicura che la ragazza dai capelli turchini si fidasse di lei abbastanza per raccontarle come andavano le cose con Shinso e a Sumire non dispiaceva, si sarebbe sempre mostrata disponibile per lei, anche quando chiedeva consigli d'amore quando chiaramente l'albina era al suo stesso livello.
    Il bianco delle scarpe che scelse Tobi sembrava quasi brillare più dei suoi stessi capelli, non dovette nemmeno preoccuparsi di dirgli che sarebbero dovute rimanere così immacolate ogni volta che le indossava, conosceva il suo compagno e sapeva che era ordinato e pulito con le sue cose, era la persona perfetta per possedere delle scarpe di quel colore. Aveva notato il modo in cui aveva toccato alcune scarpe, ed era quasi certo che le avesse analizzate meglio con il suo quirk, cosa che non avrebbe dovuto fare, ma lei non si prese la briga di fargli notare.
    ‹ Faccio io. ›, si spostò davanti agli scaffali, osservando tutta la gamma di scarpe nere e blu che le si presentava davanti. Alla fine optò per delle scarpe nere, la tela che e componeva era in alcune parti più ruvida, in altre lisca, ed alcuni dettagli d'un blu opaco riempivano i lati, la suola, anch'essa nera, presentava sulla parte del tallone un cuscinetto.
    Lasciò che il corvino si provasse le scarpe con tranquillità, per vedere se la taglia andava bene, ed osservare come gli stavano, e lui se ne uscì con una domanda inaspettata. Dalla volta in cui lo aveva annunciato su twitter non ne aveva parlato molto con i suoi amici, più per paura che si proponesse Yumeru. L'unico ad averglielo proposto era stato Gin al loro primo appuntamento, ma non era sicura che fosse stato serio, e se quella volta non lo voleva dato che si conoscevano da letteralmente qualche ora, ora che stavano assieme la risposta non sarebbe affatto cambiata. Un cipiglio insorse sul suo viso, convivere con lui sarebbe stato troppo, sarebbe significato che la loro relazione era così tanto seria, e di certo non poteva nascondere ai suoi che viveva con un'altra persona.
    Si rese conto che non aveva ancora risposto a Tobi. ‹ No, no. › si affrettò a dire, scuotendo la testa. ‹ Il problema è che non voglio una persona che non conosco in casa mia, sarebbe strano... e poi dovrei anche sperare che tale persona non sia disordinata, o maleducata, o sporca... ›.
    Ma se Tobi lo stava domandando non doveva essere a caso, che avesse intenzione di proporsi? La cosa un po' la sorprendeva, aveva rinunciato ormai da mesi a condividere l'appartamento con qualcuno. ‹ Ti stai offrendo? › chinò leggermente la testa d'un lato, con un tono indagatore, osservando il ragazzo quasi lo stesse analizzando come poco prima aveva fatto con le scarpe.

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    Narrato. ; "Pensato." ; -Parlato Tobi.- ; -Parlato altri- ;
    Sumire parve concorde nel fatto che la tuta da ginnastica fosse in realtà una divisa migliore di quanto non lo fosse la divisa stessa, e a Tobi questo parve una sorta di segno divino che forse non era così male come pensava, nello scegliere vestiti ed abbinamenti. Semplicemente, nessuno gli aveva mai insegnato che era una cosa di cui doveva interessarsi: aveva finito per diventare una sorta di muscolo striminzito, quasi atrofizzato per il mancato utilizzo, ma nulla che un po' di riabilitazione non potesse sistemare. La sua riabilitazione, in questo caso, erano intense (per i suoi standard) sessioni di shopping con Sumire.
    In fondo, aveva persino azzeccato l'idea delle scarpe bianche. Non poteva andare troppo male.
    La ragazza disse di aver fatto a sua volta uno stage per Providence, ma parve non avere nulla da dire al riguardo. Forse non era rimasta soddisfatta come lui, in fin dei conti ogni esperienza è diversa e basta poco per renderla più o meno godibile. Se non ricordava male, Sumire aveva partecipato allo stesso stage a cui aveva partecipato lui (era poi venuto a sapere che c'erano stati due gruppi, quel giorno, con scene del crimine analoghe), lo stesso giorno, quindi per forza di cose non aveva conosciuto Whisper di persona. E visto che nulla che coinvolgeva Shoya Ishida passava inosservato, in quella scuola, sapeva che anche lui vi aveva partecipato, dunque doveva per forza essere stato messo in squadra con la sua amica: lui tollerava Shoya, ma non ci voleva affatto un genio ad immaginare cosa sarebbe successo costringendo lui e Sumire a stare a stretto contatto, erano quel tipo di persone che non sarebbero mai dovute trovarsi nella stessa stanza.
    -Uh, sì, è un'agenzia molto attiva dal punto di vista degli stage formativi. Mi sembra che la maggior parte di quelli organizzati siano stati con loro.- Osservò il ragazzo, ricordando che anche durante gli eventi del Corteo Nero lo stage era stato organizzato da loro. Non che fosse proprio un vanto, ma in fondo leggendo e rileggendo i verbali non riusciva a dare la colpa all'agenzia in sé: avevano semplicemente agito come avrebbero dovuto, ben poche erano le loro responsabilità.
    La ragazza parve stupirsi un po' del fatto che Tobi non frequentasse più il suo vecchio Dojo, ed il ragazzo in effetti si rese conto di non averne parlato con nessuno (salvo forse per Yumeru, che inevitabilmente poteva aver notato che aveva più pomeriggi liberi da buttare davanti ai videogiochi con lui). Non che fosse un segreto o una fonte di vergogna, solo non era uno dei suoi argomenti di punta per una normale conversazione. Prima che potesse risponderle, tuttavia, concluse dicendo che le sembrava un'ottima scelta. Cosa, aver abbandonato il Dojo o Providence? Per qualche motivo, Tobi ebbe l'impressione che Sumire parlasse di entrambe le cose, perché in un certo senso abbandonare il Dojo di arti marziali era la "scelta responsabile" per potersi dedicare pienamente alla scuola e alle sue attività. Non commentò, comunque, non era sicuro di esserne felice ma in fondo se di lì a poco avesse iniziato il tirocinio non avrebbe avuto scelta.
    -No, ho mollato qualche mese fa.- Confermò dunque, con un sorriso un po' distante.
    Si distrasse rapidamente dalla sua nostalgia quando Sumire scherzó (sembrava molto seria in realtà) sul doversi sorbire Yumeru e Fuyuko che litigano e chiedono consiglio a loro due.
    -Oh no. Non ci avevo pensato. È terribile.- Confermò, pur non chiarendo se scherzava o meno, in realtà sembrava piuttosto serio anche lui. Che non ci avesse pensato era vero, che lo reputasse un problema così grosso decisamente no. Certo, non si sentiva proprio la persona più adatta a dare conforto e consigli, ma questo poi non era un problema suo, quanto più di chi gli si rivolgeva.
    Osservò un po' di silenzioso disappunto negli occhi di Sumire quando scelse le scarpe. Forse non andavano bene? Forse poteva fare di meglio? La ragazza tuttavia non gli disse nulla, quindi Tobi si convinse che qualunque cosa fosse non doveva essere troppo importante. Il secondo paio lo scelse Sumire, sporgendosi per afferrare due scarpe nere dalla suola alta ed ammortizzata da un piccolo cuscinetto d'aria nel tacco. Tobi le accettò, si sedette per un istante a uno sgabello e provó entrambe le paia, tastando dove gli arrivavano le dita dei piedi per evitare di prenderle troppo piccole.
    Vide un po' di esitazione in Sumire quando le chiese se cercava coinquilini, come se la cosa la mettesse in imbarazzo in qualche modo. Dopo qualche istante, la ragazza gli si rivolse dicendo che aveva esitato perché aveva dei criteri molto restrittivi su chi avrebbe potuto farle da coinquilino. Doveva essere una persona fidata ed estremamente pulita e ordinata. La ragazza inclinó dunque il capo di lato. Studiò attentamente Tobi, che al momento stava finendo di provarsi l'ultima scarpa, per infine chiedergli se la sua domanda era un'implicita offerta. Il ragazzo scrollò le spalle con finta aria innocente, tradita da un sorrisetto che non lo era affatto.
    -Potrebbe darsi. Rientrerei nei canoni del tuo coinquilino ideale?- Abbandonò poi quel tono sagace assunto solo per gioco. -Beh, sempre se stai ancora cercando, chiaramente.- Concluse, con tono più serio ma sempre cortese, non voleva darle l'impressione che ci sarebbe rimasto male se avesse ricevuto un rifiuto. Insomma, se mesi prima stava cercando coinquilini poteva benissimo aver cambiato idea a quel punto.



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    ‹ Ora che mi ci fai pensare hai ragione. › nonostante lei non avesse assistito al Corteo, sapeva che era stato organizzato dalla stessa agenzia, in realtà in mezzo al casino che si era creato era impossibile non saperlo dato che molti l'additavano come responsabile. Sumire si era fatta raccontare i fatti da Yumeru e Fuyuko, e come Tobi non riteneva l'agenzia avesse tutta la colpa.
    ‹ So che tu ti sei iscritto al mio stesso stage, è un peccato che ci abbiano separato. A te com'è andata? ›, aveva letto i nomi di tutti i partecipanti ma ai tempi conosceva solo quello di Tobi, e Amachi sua compagna di corso, sapeva che lui era stato accompagnato da un'altra compagna ma non aveva idea di chi fosse. In ogni caso non lo lasciò parlare: ‹ È stato agghiaiante vedere quel cadavere nel teatro... › ammise, la voce un po' assente e gli occhi vacui, tornando con la mente al momento in cui lo avevano esaminato per la prima volta, da lontano, e poi più da vicino mentre quella soffocante puzza di carne bruciata si faceva sempre più insistente. ‹ Amachi-san ha vomitato. › un sorriso obliquo apparse sulle sue labbra, voleva risultare beffardo ma invece sembrava solo strano. Quelle parole, oltre che per prendere in giro la ragazza mutante, erano intente a far intendere che lei comunque non era stata la più debole del gruppo, a Tobi, e forse anche a se stessa. Non era nemmeno sicura che la ragazza avesse davvero vomitato o lo avesse solo usato come scusa per allontanarsi dalla scena del delitto, dopotutto era stata via per un bel po', ed era tornata ormai quasi alla fine. ‹ Siamo rimasti lì a formulare ipotesi per tutto il tempo. Voi che cosa avete fatto? ›, un altra domanda posta a cui non avrebbe lasciato tempo di risposta.
    ‹ I miei compagni erano un disastro, Amachi-san si è assentata per parecchio tempo, e avresti dovuto sentire le assurdità di Shoya-san. › stavolta il sorriso sulle sue labbra era compiaciuto, ma nei suoi occhi si poteva vedere un pizzico di risentimento al parlare del suo compagno. Ormai Tobi doveva averci fatto l'abitudine, Sumire era solita criticare i suoi compagni, chi più e chi meno, ma quando si ossessionava con qualcuno diventava quasi insopportabile, e Shoya si era guadagnato tutte le sue attenzioni.
    Sumire augurava tutto il bene alla nuova coppia, perchè erano entrambi suoi amici e voleva vederli felici, ma c'era anche un pizzico d'egoismo in quell'augurio. Condivideva con Tobi il fatto che sarebbe stato terribile, anche se per lei la parola assumeva un tono più grave di quanto non facesse per il corvino. ‹ Forse se facciamo fronte comune riusciremo a resistere. Tu mi dirai le lamentele di Yumeru e io quelle di Fuyuko e vedremo di risolvere assieme. Che ne dici? › propose improvvisamente, cercando di liberarsi delle responsabilità, perchè quando parlava di assieme si riferiva per lo più a lasciar fare a lui. Non si fidava più di lui che di se stessa quando si parlava di consigli di coppia, Tobi era sicuramente messo peggio di lei, ma Sumire lo aveva catalogato come il saggio del gruppo e non importava se era il single del gruppo, probabilmente avrebbe dato comunque migliori consigli di lei. Sopratutto se il primo consiglio di Sumire sarebbe stato "molla Yumeru".
    L'attenzione che fino al momento aveva dedicato alle scarpe passò in secondo piano nel momento in cui lui confessò di starsi offrendo, chiedendole se rientrava nei suoi canoni di coinquilino ideale, strappandole un sorriso. ‹ Coinquilino ideale forse è un po' troppo. ›
    L'albina non aveva mai pensato di chiedere a lui, e l'idea le stava sembrando così scontata, adesso. Lei era già stata qualche volta a casa sua ed era rimasta sorpresa dell'ordine —maniacale quasi quanto la sua— che ci aveva trovato dentro, che forse accanto al totale disastro che era l'appartamento di Yumeru, risaltava ancora di più. Tobiko rientrava sul serio in quasi tutti i rigidi canoni di Sumire, era ordinato, pulito ed aveva tutta la sua fiducia, l'unica pecca era il fatto che non fosse una ragazza. Sumire avrebbe preferito una donna per trovarsi un po' più a suo agio, non aveva mai vissuto con persone esterne alla propria famiglia, ora che per parecchi mesi si era abituata a stare da sola se avesse accettato avrebbe dovuto rinunciare ad andarsene in giro per casa in pigiama, e avrebbe dovuto imparare a condividere. Pensandoci bene forse era comunque meglio un suo amico che già la conosceva, piuttosto che una totale sconosciuta.
    ‹ In realtà avevo smesso di cercare... ›. Un sentimento di solitudine in passato l'aveva spinta a cercare coinquilini, ora che aveva Gin ciò si era affievolito, alla fine si era data per vinta e aveva rinunciato.
    ‹ Ma sei tu a chiedermelo. E non posso perdermi l'opportunità di avere il coinquilino quasi-perfetto. ›. Ora non era più un'urgenza come all'inizio, ma sentiva un certo entusiasmo all'idea di condividere il suo appartamento con Tobi. Ultimamente restava davvero poco tempo a casa, come al voler evitare di rimanere troppo tempo da sola, ed avere la certezza ci fosse già qualcuno ad aspettarla le avrebbe migliorato l'umore.
    ‹ Mi hai sorpresa, però. Non pensavo che tu volessi trasferirti. Hai qualche problema in casa? › L'albina aspettò che lui finisse di provarsi le scarpe e se tutto fosse andato bene lo avrebbe accompagnato alla cassa.

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    Le sue labbra si incurvarono leggermente di sbiego quando Sumire gli chiese com'era andata. Beh, come poteva essere andata? Di tutto ciò su cui avevano speculato, l'unica cosa che avevano capito è che non avevano capito un bel niente, e l'immagine di quella ragazzina carbonizzata non era una di cui Tobi si sarebbe dimenticato facilmente.
    -Beh, è stato... intenso.- Confessò il ragazzo. Abbassando lo sguardo, si rese conto che in fondo aveva molti meno ricordi del cadavere di quello che pensava. Gli sembrava veramente una vita fa, per quanto si fosse trattato di appena pochi mesi addietro: forse era un'impressione data dal suo sentirsi così diverso rispetto a prima, chissà. Non che non ricordasse cosa era successo, ovviamente, ma era come leggere un fascicolo di un archivio: non provava più le sensazioni che aveva provato lì in prima persona, era tutto sfumato e distante. -Già, non è stato un bello spettacolo.- Confermò, annuendo con aria assente. Gli venne da ridere quando Sumire, senza battere ciglio, raccontò che Amachi si era sentita male: non tanto per il fatto in sé, che a dire suo era perfettamente comprensibile in una situazione del genere, ma per il sorrisetto malvagio con cui Sumire lo aveva tirato in ballo. -Pfwah. Poverina.- Si trattenne, riuscendo a sfumare il tutto in un risolino seppur piuttosto evidente. -Anche noi, perlopiù. C'eravamo io, Houou-san e un investigatore privato, oltre a Whisper s'intende. Non è stato molto costruttivo in termini di conclusioni tratte, ma mi è piaciuto potermi confrontare di persona con Whisper e Suzuki-sama, cioè, l'investigatore. È stato interessante.- Concluse Tobi, annuendo con aria vagamente soddisfatta. Ridacchiò invece quando Sumire gli raccontò con evidente disapprovazione le performance scadenti dei suoi compagni di avventura: Shoya con le sue ipotesi assurde ed Amachi con il suo malore. -Immagino, ah ah. Che tipo quell'Ishida.- Al tempo aveva solo una vaga idea di cosa potesse inventarsi Shoya, quindi il suo "immagino" era molto vago. Sicuramente avrebbe inteso meglio quando Shoya avesse provato a coinvolgerlo nel suo progetto di studenti d'elite alla guida dell'istituto, di lì ad un paio di mesi.
    Sumire sembrava decisamente molto più preoccupata di lui delle lamentele di Fuyuko e Yumeru. Sinceramente, lui non pensava che si sarebbero rivelati un problema del genere, forse perché non era stato bombardato di messaggi come invece era successo a Sumire da Fuyuko: fatto sta che non riusciva a considerarla una cosa troppo realistica. Insomma, in fondo erano due bravi ragazzi, probabilmente si sarebbero capiti prima o poi, ammesso che non fosse già successo. Poi, per carità, di attenzioni, rassicurazione e conforto prima o poi hanno bisogno tutti, ma quella era un'altra questione. Gli piacque, però, la soluzione proposta dalla sua amica, anche in assenza di un vero problema, dunque le sorrise gentilmente ed annuì con vigore.
    -Sicuramente affrontare le cose in due le alleggerirà molto.- Confermò, accettando implicitamente "l'accordo". Non aveva ovviamente idea dei piani di Sumire di sbolognargli tutto, ma non tanto perché non se lo aspettasse quanto perché aveva completamente frainteso il livello di stima che l'albina aveva nei suoi confronti: non credeva che lei lo credesse così in gamba. Altrimenti, ovviamente, le avrebbe fatto presente quanto era fuori strada, nella sua mente era sempre lei a piegarsi a comunicare con i comuni mortali, non era concepibile che ci fosse qualcosa in cui lui era migliore. Anzi, nella sua mente la proposta di Sumire era quasi un'offerta di aiuto, visto che palesemente ne sapeva più di lui.
    La vide sorridere quando le chiese, sornione, se rispondeva ai suoi canoni ideali: ovviamente non si sarebbe sbilanciata tanto nemmeno se fosse stato così, quindi bene o male il ragazzo si aspettava una risposta anche più dura, invece se l'era cavata con un "ideale forse è un po' troppo." Ridacchiò soavemente, ritenendola comunque una specie di vittoria: essere considerato accettabile da Sumire Murakami era curricolare.
    La vide poi riflettere, forse sulla proposta in sé o forse sul trovare un modo gentile per rifiutare. Tobi non se la sarebbe certo presa, era passato veramente tanto tempo, non era colpa di nessuno se lui ci aveva riflettuto solo in quel momento: solo che, prima di iniziare a chiedere in giro se qualcuno era disposto a condividere, meglio chiederlo alla propria cerchia di amici, e nello specifico a Sumire che non gli avrebbe riempito la casa di gatti, piantine o altre seccature di cui occuparsi (senza offesa, Yumeru).
    -Se hai smesso di cercare non...- Esordì, al sentire la prima frase della ragazza, pronto a rassicurarla. Ma si interruppe, stupendosi nel sentir riprendere il discorso con un "ma". Un momento, coinquilino quasi-perfetto? Questa sì che era una frase da scrivere nel curriculum. Se lo sarebbe fatto stampare nero su bianco ed autografare come lettera di referenze per trovare lavoro praticamente ovunque. Le fece un gran sorriso sorpreso, arrossendo un po'. -Addirittura? Ah ah. Ti ringrazio.- Sminuì, carezzandosi la nuca. -Non voglio forzarti, però, se non stavi più cercando non è un problema, giuro. Ho solo pensato di chiedere prima a te perché... beh, per lo stesso motivo tuo, preferirei condividere con qualcuno di cui mi fido.- Rassicurò, come ultimo scrupolo nell'improbabile caso in cui la ragazza volesse solo essere gentile con lui, sebbene fosse sicuro le sue parole fossero sincere. Se già si fidava che Sumire sarebbe stata sincera in ogni circostanza, figurarsi in una in cui poteva crearsi dei fastidi diretti e a lungo termine come l'accasarsi qualcuno che non voleva accasarsi. La ragazza giustificò in qualche modo il suo essere pensierosa con lo stupore, non credeva Tobi volesse cambiare casa.
    -No, no, nessun problema.- Rassicurò. -Vorrei solo ridurre un po' le spese. Per quanto Ginza sia un quartiere costoso, dubito l'affitto di casa tua costi il doppio di quello di casa mia.- Sminuì. -E poi... sono un po' stanco di stare da solo.- Aggiunse, scrollando le spalle. Non ci aveva mai riflettuto fino a quel momento, ma la vita solitaria lo aveva un po' stancato. Si sentiva alienato, specie in periodi in cui per un motivo o per l'altro gli capitava di vedere poco i suoi amici, sentiva fisicamente il bisogno di uscire e fare qualcosa e spesso si ritrovava ad andare in giro senza meta, esasperato dal poco che il suo appartamento aveva da offrirgli.
    Nel frattempo si era provato le scarpe e, non trovandovi alcun difetto (o eccesso) di taglia, le aveva portate alla cassa per pagarle.
    -Vuoi mangiare qualcosa?- Avrebbe domandato infine, rendendosi conto che tutto sommato le tre borse che si ritrovava per le mani erano meno ingombranti delle sue previsioni: era quasi ora di pranzo, inoltre, e lui aveva un certo languorino.







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    L'esperienza di Tobi non sembrava essere stata così diversa dalla sua, con la differenza che lui potè confrontarsi con l'eroina Whisper, mentre lei, Amachi e Shoya avevano incontrato solo un detective della polizia. ‹ Mh, già, anche noi stavamo con un detective. ›, se avesse avuto la possibilità di scegliere di sicuro non avrebbe avuto dubbi nel andare con la squadra di Tobi, non solo per lui, ma le sarebbe piaciuto potersi confrontare con un eroe, senza nulla togliere al detective, lasciando da parte i suoi compagni, l'esperienza era stata comunque interessante.
    L'albina sbuffò, già, che tipo Shoya, uno psicopatico con manie di grandezza. Anche lei aveva manie di grandezza, ne era cosciente, ma era irritante vedere ciò in altre persone, sopratutto quando riteneva che la sua arroganza fosse ben giustificata, perchè lei era un passo sopra ai suoi compagni, Shoya invece cercava di esserlo, ma, almeno nella testa di Sumire, non ci sarebbe mai riuscito. ‹ Prima delle vacanze ci siamo allenati assieme... in realtà lui mi aveva sfidata il giorno dello stage. Non mi conosceva, pensava che fossi brava solo sui libri. ›, ricordava abbastanza bene cosa le aveva urlato ai piedi delle scale nel teatro Kabuki. Come ricordava anche quel loro scontro, e il suo quirk assurdo; era risultato subito ovvio che quel ragazzo avesse molta più esperienza di lei, ma ad irritarla non era tanto quella differenza ma il suo atteggiamento: quando l'aveva sgridata o pretendeva farle da maestro, quello l'aveva fatta infuriare.
    ‹ È finito in parità. › affermò, anche se non era del tutto vero, Sumire era stata salvata dal suono del suo allarme che segnava lo scadere del tempo. ‹ Anche se ha tentato di ammazzarmi. ›. Spesso anche i suoi combattimento con Yumeru diventavano intensi, ma ciò andava da ambedue le parti, il ragazzo del terzo anno invece sembrava solo essersi divertito a torturala, come la volta in cui, ormai verso alla fine, lei era allo stremo delle forze e lui comunque aveva deciso di farle prendere la scossa a chissà quanti volt di potenza. Aveva voluto darle una lezione ed aveva abusato della sua esperienza, insomma, aveva fatto il bullo, ed era strano per Sumire trovarsi dall'altra parte, quando di solito era lei quella arrogante, anche se in modo molto più sottile di lui: non sprecava le sue giornate a picchiare i primini.
    Lei aveva già avuto esperienze di amici che si fidanzavano e poi finivano per lasciarsi per qualche motivo, e non finiva mai troppo bene, sopratutto quando ti spingevano a scegliere di chi dover rimanere amico, sperava che non dovesse mai succedere trai suoi due compagni. Era quindi contenta che Tobi avesse accettato di aiutarla nel caso Fuyuko e Yumeru si ritrovassero in disaccordo, anche se le sembrava davvero difficile vederli litigare, Fuyuko era una ragazza dolce e da quando la conosceva non l'aveva mai vista arrabbiata, Yumeru... beh, era più di lui che Sumire aveva paura, sperava che mettesse da parte la sua parte da Don Giovanni e si impegnasse nella relazione che stava intraprendendo.
    ‹ Se non ti volessi nel mio appartamento ti assicuro che te lo avrei detto. ›, era un po' sorpresa dalla reazione del ragazzo, sembrava un po' imbarazzato e le sue guance avevano preso un vivace colore rosa, era raro vedere Tobi arrossire almeno quanto lo era per lei, era una visione particolare. ‹ Hai chiesto a Yumeru-san, comunque? ›, aveva posto quella domanda per semplice curiosità, e anche per capire se lei era stata la prima o la seconda scelta. Avrebbe capito se avesse chiesto per primo al suo migliore amico, anche se dubitava lo avesse fatto, dopotutto stava chiedendo a lei, e non vedeva motivo per cui Yumeru avrebbe dovuto rifiutare, avere Tobiko come coinquilino sarebbe stato una benedizione per lui.
    ‹ Oh, in realtà non sono in affitto. L'appartamento è dei miei, lo usava mio padre quando doveva fermarsi qui a Tokyo per qualche settimana. ›, sarebbe stata sicuramente una buona notizia dato che a quel punto avrebbero dovuto solo dividersi le bollette. ‹ E non osare chiedermi di farti comunque pagare l'affitto, perchè sei mio amico e sarebbe strano. ›, si sapeva che Sumire avesse più soldi di quelli di cui aveva realmente bisogno e non aveva intenzione di chiederli a Tobi, che li avrebbe spesi meglio rifacendosi l'armadio, era sicura che i suoi sarebbero stati d'accordo, o almeno non avrebbero fatto problemi. ‹ Comunque beh, ti capisco. È lo stesso motivo per cui anche io mi ero messa a cercare un coinquilino. Però tu almeno hai Yumeru vicino, no? I miei vicini nemmeno li conosco. ›
    Uscirono dal locale subito dopo aver pagato le due paia di scarpe, ora liberi dal vincolo dello shopping, Tobi l'anticipò, invitandola ad andare a mangiare. ‹ Certo. Ti lascio la scelta, dato che devi conoscere Shibuya meglio di me. ›, alla fine non aveva comprato nulla per se stessa, si era persa tra le chiacchiere e non aveva avuto tempo per sbirciare nel reparto delle donne, in cui in ogni caso difficilmente avrebbe trovato qualcosa di suo gradimento.

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    Narrato. ; "Pensato." ; -Parlato Tobi.- ; -Parlato altri- ;
    Annuì distrattamente alle parole di Sumire, ma pian piano iniziò a collegare il fatto di averla vista per qualche giorno con le braccia fasciate.
    -Aspetta, è stato lui a sfasciarti le braccia? Wow.- Inutile dire che la sua stima di Shoya non aumentò affatto, in quel momento. Va bene dare il massimo, ma il non sapersi contenere in un addestramento amichevole era una cosa molto grave. Soprattutto contro una persona in una classe meno avanzata della tua: quello era solo infierire, le scazzottate amichevoli devono essere costruttive, e l'unica cosa che Sumire poteva aver imparato in quell'occasione era quanto avrebbe voluto scassare di botte Shoya. -... Che irresponsabile.- Nel parlare aveva istintivamente abbassato il capo e scosso la testa con aria contrariata, non c'era il minimo bisogno di specificare che non stesse parlando di lei, ovviamente.

    Annuì, poi, alle parole della ragazza: aveva già immaginato che se non lo avesse voluto fra i piedi semplicemente glielo avrebbe detto, ma non si pentì di aver insistito in quel senso, mosso da semplice cortesia. Ridacchiò, invece, quando lei gli chiese se avesse considerato la convivenza con Yumeru. Buffo come ci avesse pensato proprio poco prima: non seppe bene cosa dire alla ragazza, le sue erano considerazioni serie e non intendeva sminuire il suo amico per questo, semplicemente la riteneva una convivenza difficile, o forse proprio incompatibile. Boccheggiò, dunque, in cerca delle parole giuste.
    -No.- Esordì, pensando di dover quantomeno rispondere alla parte facile della questione. Non aveva inteso che la ragazza voleva semplicemente sapere se era la sua prima scelta o meno, altrimenti glielo avrebbe semplicemente detto: in parte credeva di doversi giustificare per preferire convivere con lei piuttosto che con Yumeru. In fondo era comprensibile che l'albina credesse si sarebbe trovato meglio con Yumeru, anche solo per il semplice fatto che erano due uomini. -Io... mi fido di Yumeru e tutto quanto, ma ho un rapporto difficile con i gatti e con le piante, entrambe cose che possiede in sovrabbondanza. Mi stanno bene, ma li preferisco fuori al balcone.- Scrollò le spalle. -Non voglio svegliarmi con un gatto posato addosso, non voglio dover combattere con i peli da togliere dai vestiti e dai cuscini, e così via. E il giardinaggio è semplicemente un hobby dove ci si sporca troppo.- Non aveva più il grande terrore dei germi e dei batteri che lo aveva accompagnato per buona parte della sua vita, ma era inutile negare che si schifasse ancora abbastanza dello sporco in generale. -N-niente di insormontabile, ma ecco, non era la mia prima scelta. Senza offesa.- Sminuì, scrollando le spalle: chiaramente non escludeva a priori la convivenza con Yumeru, era pur sempre un suo amico ed i problemi a cui aveva fatto cenno prima potevano facilmente trovare risoluzione.
    Però, potendo scegliere, avrebbe scelto Sumire.
    Lei disse di capirlo e che aveva iniziato a cercare un coinquilino per il suo stesso motivo, Tobi indovinò che dei due che aveva detto la ragazza si stesse riferendo al suo essere stanco della solitudine, perché problemi di soldi non gli risultava ne avesse. Certo che non ne aveva, gli aveva appena detto che la casa non era nemmeno in affitto, era sua. Figuriamoci. Tobi non protestò più di tanto quando lei gli disse che non gli avrebbe fatto pagare nessun affitto, ma più che altro perché non credeva che avesse tanto potere decisionale in merito. Si limitò ad annuirle con aria cortese e cercare di essere vago, magari poteva accordarsi direttamente con i coniugi Murakami all'insaputa di Sumire o chissà, magari loro avrebbero semplicemente imposto alla figlia di far pagare il suo amico.
    -Beh... per quello ci metteremo d'accordo in qualche modo. Dovrai anche parlarne con i tuoi, immagino.- Asserì il ragazzo, senza compromettersi più di tanto. -Comunque sì, non sto particolarmente male dove sto ora, ed è comodo avere Yumeru vicino. Ma c'è qualcosa nel tornare a casa la sera e trovarla vuota, esattamente come l'avevi lasciata, che...- Lasciò morire la frase nel nulla, senza saper bene come continuare. Non capiva bene che sentimenti gli scaturissero nel vedere la casa vuota. Ansia? Nostalgia? Depressione? Semplice vuoto? Forse un miscuglio di tutto ciò, seppure si trattasse a malapena di un retrogusto e non di un vero e proprio sentimento fatto e formato. -Non lo so.- Ammise, infine, rendendosi conto che stava allungando troppo il suo silenzio.

    Annuì poi, quando Sumire gli lasciò scegliere il posto dove mangiare. Se di negozi non si intendeva tantissimo, aveva mangiato almeno un paio di volte a Shibuya, in compagnia. Ricordò un posto dov'era stato diversi mesi prima con i suoi vecchi amici del dojo, per quanto fosse un ristorante di fascia media si mangiava bene ed il locale era abbastanza elegante, forse più adatto ad una cena che ad un pranzo per una persona come Tobi, ma era convinto che potesse quantomeno risultare non-disprezzabile per Sumire. Si guardò un po' intorno, tentando di orientarsi, ma alla fine dovette cercare su google l'indirizzo e calcolare il tragitto, quantomeno per farsi un'idea. Non avviò il navigatore, si limitò a posizionarsi correttamente e memorizzare dove si trovava il locale, poi intascò il telefono (pur senza chiudere l'applicazione delle mappe) e condusse Sumire lungo le affollate strade del quartiere commerciale.
    -Ti porto in un locale dove sono già stato mesi fa. Niente di che, ma non si mangia male.- Si trattenne dal regalare complimenti troppo generosi al ristorante, perché non voleva innescare in Sumire un qualche tipo di aspettativa che l'avrebbe portata ad essere più critica del dovuto con quello che doveva semplicemente essere un ristorante di fascia media. Cinque minuti di cammino furono sufficienti per raggiungere il posto: vennero accolti all'ingresso da una cameriera che sembrò dapprima un po' preoccupata dalla mole di borse da shopping che Tobi si trascinava dietro, ma che poi li fece accomodare ad un tavolo per due vicino ad una delle pareti. Da una parte un divanetto color sabbia e dall'altra una sedia in legno nero, Tobi avrebbe lasciato a Sumire la scelta di dove sedersi ed avrebbe occupato il posto rimanente, cercando di stipare le borse vicino ai propri piedi in modo che non fossero d'intralcio a nessuno.
    Il menù del posto era semplice, con tutti i piatti tipici dei ristoranti giapponesi (anche se sembrava si occupassero solo di cibi cotti), ed il locale era piuttosto comfortevole e semi-vuoto. L'aria condizionata rinfrescava l'ambiente, il mobilio in legno nero era piuttosto minimalista, l'illuminazione era prevalentemente data dalla luce del sole che filtrava dalle vetrine, sebbene fossero visibili file di faretti al LED accesi posti sul soffitto. Le pareti erano prevalentemente color ocra, tuttavia arricchite da del bianco che spezzava un po' la monotonia senza risultare troppo in contrasto. Tutto sommato, un locale carino.
    Chissà se Sumire l'avrebbe pensata allo stesso modo.
    -Sì, prendo degli Yaki Udon alle verdure ed una porzione di Tori Karaage. Da bere un tè verde freddo. Grazie.- Fu il suo ordine alla cameriera, che era tornata dopo circa cinque minuti, concessi ai due per prepararsi ad ordinare.



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    Un sospiro scappò dalle labbra dell'albina al ricordarsi di quei terribili giorni in cui aveva dovuto fasciare le sue braccia, e pregare che non vi rimanesse alcun segno, perchè in caso contrario avrebbe sul serio premeditato l'uccisione del suo senpai. ‹ Già. › mise parecchia enfasi in quella parola come al volerci imprimere tutto il suo odio; la cosa non era passata inosservata, chiunque però domandasse che cosa le fosse successo aveva ottenuto solo un'occhiataccia, parlava male di Shoya a chiunque fosse disposto ad ascoltarla, ma nessuno sapeva il motivo per cui ce l'aveva così tanto con lui. Tobi era il primo —secondo, dopo Gin— che veniva a sapere ch'era stato Shoya ad averle procurato quelle ferite. Erano passate solo alcune settimane, Sumire aveva comprato un arsenale di creme contro le bruciature che le sarebbe bastato per il resto della sua vita, ed avevano funzionato: le sue braccia erano guarite, abbandonando l'antiestetico rossore e le dannate bolle, per tornare bianche ceree. Più che irresponsabile, Sumire lo avrebbe definito immaturo, se ne andava in giro con quell'aria prepotente, come se capisse più di tutti i suoi compagni, probabilmente doveva essere così montato da credersi superiore perfino ai professori.

    La ragazza assottigliò gli occhi, studiando l'espressione di Tobi per capire se quello che stava per dire era vero o meno, le importava capire se era o meno la prima scelta, sopratutto se la concorrenza era Yumeru. Sembrava incerto...
    "No" Lo sapeva.
    Un sorriso vittorioso illuminò il suo viso, se avesse chiesto per primo al suo amico, conoscendolo non avrebbe mai rifiutato, quel che la incuriosiva era però il motivo per cui non aveva pensato di trasferirsi assieme a Shinso, quando sembrava l'opzione più ovvia... anche se una minima idea ce l'aveva: doveva avere a che fare con il disordine nel suo appartamento.
    Ci impiegò qualche secondo a giustificarsi, parlando come se il ragazzo tatuato fosse lì con loro e non volesse offenderlo, ma Shinso non era lì e non poteva sentirlo... Sumire però glielo avrebbe fatto sapere: il suo migliore amico l'aveva preferita a lui e questo doveva valere un centinaio di punti nella classifica mentale delle loro sfide. Non l'avrebbe raggiunta mai più.
    Parlando di rapporti difficili, Sumire poteva capire benissimo il suo non volere convivere con un gattaro, e dover costantemente lottare con i peli che si lasciavano in giro e venire graffiati perchè sì, i gatti erano delle bestie ingrate... e lei ne era allergica in tutti i modi possibili. ‹ Beh, di gatti in casa mia non ne vedrai mai, sono allergica. E le piante... diciamo che io le amo ma questo amore non è ricambiato e tendono a morire nel giro di qualche mese. ›, nella sua casa a Kyoto aveva un bellissimo giardino pensile, pieno di fiori variopinti e cespugli rigogliosi ed ovviamente non era lei a prendersene cura. E non poteva che concordare con Tobi, nel giardinaggio ci si sporcava troppo ed era troppo impegnativo in generale, era come doversi prendere cura di un animale, solo che te ne dimenticavi molto più facilmente, e lei non ne aveva proprio il tempo.
    ‹ Non credo che Yumeru se la prenderà se mi preferisci, insomma è naturale. › finì per pavoneggiarsi, e sì, si era già montata la testa.
    ‹ Sì, giusto. › il suo entusiasmo si era spento per un secondo. Non era un problema parlare di Tobi ai suoi genitori, era un problema parlare con loro e basta, da quando era tornata a casa aveva evitato conversazioni troppo lunghe, non li aveva nemmeno mai chiamati e si era limitata a qualche messaggio. Sentiva di dover riallacciare i rapporti ed aveva sperato che ad un certo punto fossero loro a fare il primo passo, ma non era ancora successo e infondo sapeva che avrebbe dovuto farlo lei. ‹ Non dovrebbero avere da ridire, e in caso ti faccio entrare in clandestinità. › scherzò. E c'era anche qualcos'altro che le premeva: avrebbe dovuto chiedere a Gin? Beh, forse non chiedere dato che avrebbe fatto comunque come voleva lei, ma quanto meno informarlo perchè non si ritrovasse un giorno senza preavviso un altro ragazzo in casa sua. Non sarebbe stato divertente da spiegare. E forse avrebbe dovuto dire anche a Tobi che non era sempre sola a casa... sarebbe stato il primo in assoluto a saperlo, si doveva preparare, non poteva semplicemente buttarlo lì a caso.
    Alzò le spalle, nemmeno lei sapeva descrivere con precisione il sentimento che provava nel ritrovarsi da sola nel suo appartamento, forse nel caso di Sumire si trattava più di non potersi ignorare quando non c'era nessuno con lei, ed essere costretta ad ascoltatore i propri pensieri.

    Sperava di non pentirsi ad aver lasciato la scelta a Tobi se ne sapeva di ristoranti quando di vestiti erano spacciati. Se si era affidata a lui, quando google avrebbe potuto essere d'altrettanto aiuto, era perchè non voleva andare in un ristorante costoso e fargli spendere troppi soldi, gliene aveva già fatti fuori abbastanza con lo shopping.
    ‹ Oh, okay. ›. Si lasciò guidare da lui per le strade di Shibuya, sollevata che avesse parlato di locale e non di fastfood, non avrebbe rifiutato in quel caso dato che di solito avevano una fascia di prezzo abbastanza bassa, ma non era proprio il suo luogo preferito, la qualità del cibo era pressoché pessima e detestava mangiare con le mani.
    Cinque minuti dopo entrarono nel ristorante, accolti dalla brezza fresca del condizionatore e da una cameriera che continuava a fissare le borse tra le mani di Tobi con un'espressione poco professionale, forse pensava che appartenessero a lei e che il povero ragazzo gliele stesse trasportando per compiacerla.
    Li fece accomodare ad un tavolo per due, contro una delle pareti. L'ambiente era carino, l'arredamento minimalista dava la sensazione di spazioso, e molto illuminato, dalla luce naturale delle finestre ai lati del locale. Era molto più di quello che aveva sperato. ‹ Non ricordo l'ultima volta che ho pranzato in un posto così normale. ›, normale, almeno rispetto ai luoghi che era solita frequentare con il ragazzo con cui usciva. Mangiava bene con Gin, era più il posto ad avere sempre qualcosa di particolare, come la prima volta che si erano incontrati alla galleria.
    Si accomodò sul divanetto. ‹ La cameriera però fissava in modo così insistente le tue borse... credevo che ad un certo tempo te le avrebbe prese e portate qui al posto tuo. › commentò, sfogliando distrattamente il menù.
    Quando, dopo qualche minuto tornò per prendere i loro ordini, Sumire ordinò un okonomiyaki e dell'acqua minerale. ‹ Quindi, con chi sei stato qui? ›, la ragazza aveva incrociato le gambe sotto al tavolo, togliendosi il grazioso capello che ora riposava tra le sue cosce. Stava facendo tempo, doveva dirglielo, in qualche modo.

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    Narrato. ; "Pensato." ; -Parlato Tobi.- ; -Parlato altri- ;
    Sumire gli ricordò di essere allergica ai gatti, cosa di cui sinceramente si dimenticava abbastanza spesso perché la ragazza non ne faceva menzione troppo di frequente. Annuì, però, senza volerle dare l'impressione che se ne fosse dimenticato, in fondo quantomeno il fatto che i gatti le stessero antipatici se lo ricordava e non si lasciò sfuggire nessuna espressione strana. Rimase invece un po' sorpreso di sentire che le piante a Sumire piacevano, ma era semplicemente negata: in tutta onestà pensava che non le piacesse più di tanto stare a contatto con la natura in generale, gli sembrava più una tipa da chiudersi nel suo lussuoso appartamento o in un lussuoso negozio.
    -Beh, se si tratta di un paio di piantine da appartamento posso darti una mano io, non ho particolari problemi.- Abbassò lo sguardo e storse le labbra, poi. -Basta che non ci mettiamo a coltivare un campo di girasoli in terrazza.- Il riferimento, ancora una volta, era piuttosto esplicito. -Hai provato l'aloe? Arreda un sacco ed è abbastanza facile prendersene cura.- Asserì poi: era decisamente la sua pianta da appartamento preferita, non faceva neanche troppo sporco, non perdeva foglie, non attirava troppe bestiacce.
    Ridacchiò poi alla frecciatina (o forse sarebbe stato meglio dire cannonata) a Yumeru: sicuramente non se la sarebbe presa tanto per la preferenza quanto per il fatto che Sumire considerasse la cosa naturale. Ma del resto probabilmente ci era anche abituato, e in fondo ci metteva anche del suo per alimentare quell'eterno conflitto, a volte giocoso e a volte meno giocoso.
    -Naturale.- Scrollò le spalle, poi. -Penso sia solo questione di compatibilità di stili di vita, alla fine. Se gli piace andare in giro con le magliette piene di peli di gatto, è liberissimo di farlo. Semplicemente, io non lo voglio.- Concluse, diluendo un concetto serio e veritiero con un'ennesima battutina sui gatti per non sembrare che stesse tentando di condurre una conversazione troppo seria.

    Sei un coglione, Tobi. Le aveva davvero tirato in ballo i genitori? Con quello che si erano detti prima? Fu colto dall'improvvisa tentazione di andare a sbattere la testa su uno spigolo e procurarsi un'amnesia per giustificare l'improvvisa caduta di stile, ma purtroppo le amnesie non erano retroattive ed ormai aveva parlato.
    -Uh-uh, in clandestinità. Mi piace.- Mormorò, con aria furbetta, deciso a sviare l'argomento su lidi più sereni. Anche se forse era un po' da vigliacco nascondere il braccio a quel modo dopo aver tirato il sasso, dunque i sforzò di pensare se c'era qualcosa da aggiungere. -Ti chiedo scusa, non avevo pensato alla storia dei genitori, mi è uscita così. Per quanto mi riguarda, mi rimetto a te. Puoi anche usarmi come mezzo di ribellione rendendomi un clandestino.- Propose, in maniera abbastanza giocosa ma comunque con un certo tono complice che voleva rafforzare la disponibilità accennata prima, durante quel breve ma intenso scambio nel camerino maschile. Improvvisamente si sentiva meno propenso a trattare con i coniugi Murakami per l'eventuale affitto. Certo, voleva pagare in qualche modo, ma lo intrigava la possibilità di una lotta alle autorità genitoriali. In quel caso sarebbe anche stato disposto a fare il parassita, se fosse stata una presa di posizione di Sumire nei confronti dei suoi. Prima o poi dovranno pagare anche loro - i genitori in generale, non necessariamente quelli di Sumire, anzi ovviamente i pensieri di Tobiko stavano volando verso il proprio nucleo familiare.

    Sumire fu la prima a commentare la scelta del locale, dicendo che era da tanto che non mangiava in un posto così normale. Non riuscì a capire bene se doveva essere un complimento o meno, la sua espressione sembrava serena ma si trattava pur sempre dei glaciali ed imperscrutabili occhi di Sumire Murakami.
    -Uh... ed è una... bella cosa?- Domandò, incerto, sorridendole con aria di scuse per gratificarla della sua pazienza nel rispondergli ad una domanda che le sarebbe probabilmente suonata così stupida. Ridacchiò alla storia della cameriera. -Ci ho fatto caso. Chissà cosa si aspettava che ne facessi, che le abbandonassi in mezzo al locale forse?- Si concesse qualche istante per far scemare la sua risatina, coprendosi la bocca. -Tanto a pranzo è mezzo vuoto, non ci inciamperebbe nessuno, credo lavorino di più a cena.- Mormorò infine il ragazzo, osservando i numerosi tavoli vuoti intorno a loro. I loro ordini arrivarono appena una decina di minuti dopo e gli furono posati davanti agli occhi: avevano un aspetto invitante e un profumino niente male, dunque Tobi si servì subito di un Karaage, trovandolo delzioso e cotto al punto giusto. Fu di nuovo Sumire a spezzare il silenzio con un'altra domanda di circostanza: sinceramente la cosa lo stranì un po', sembrava quasi stesse facendo di tutto per occupare il silenzio con delle parole, come se stesse nervosamente tentando di coprire un qualche frastuono di sottofondo o distogliere l'attenzione da qualche altra cosa. Il ragazzo finì di masticare ed inghiottì il boccone, dunque si rivolse a lei.
    -Mi ci hanno portato i ragazzi del vecchio Dojo. La domenica quando vado a trovare mia madre, poi spesso passo la serata con loro e mi faccio riportare in centro in automobile - sai, perchè il Dojo era ovviamente vicino alla vecchia casa. Mi hanno portato qui due mesi fa, mi sembra.- Rifletté, cercando di ricostruire la vicenda ed infine afferrando un altro bocconcino di pollo. -Ultimamente sento la gente impazzire per un izakaya a Ueno, tipo vicino all'appartamento di Yumeru.- Scrollò le spalle: non ricordava come si chiamava, ma era più che sicuro che sarebbe riuscito a farsi dare un nome in caso. -Magari potremmo farci un giro se ci troviamo da quelle parti, mi è venuta un po' di curiosità.- Propose, ignaro che avrebbe finito per capitare nel modesto locale in tutt'altra maniera, mesi dopo.



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    Sumire Murakami
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    Il sorriso di Sumire si allargò, complice, a quel riferimento al loro amico. Yumeru aveva una strana passione per i girasoli che l'albina aveva scoperto fin dal primo giorno in cui si erano incontrati; ricordava bene quel giorno al mall, durante la loro prima competizione ufficiale, la sua strana domanda riguardo quello specifico fiore, e poi la sua foto, sporco di terra, e sullo sfondo dei vivaci girasole e un brutto gatto. A quei tempi non l'era importato, ma ora pensava che ciò rendesse la figura del castano un po' più profonda di quel che di solito mostrava. ‹ L'aloe? Si potrebbe fare. ›, se Sumire non l'aveva ancora provata era perchè la considerava una pianta brutta, dalla forma un po' tentacolosa e quelle spine orribili, e quindi poco degna della sua attenzione, forse se riusciva davvero a tenerla in vita per più di due mesi avrebbe iniziato ad apprezzarla un po' di più.
    Sumire si riteneva una coinquilina perfetta: con lei l'appartamento sarebbe sempre stato impeccabile, non era chiassosa, non organizzava feste che duravano tutta la sera e se lasciata in pace era anche relativamente tranquilla. Certo, Sumire era la coinquilina perfetta per una persona che avesse i suoi stessi livelli di perfezionismo o che almeno le somigliasse un po', altrimenti vivere con lei non sarebbe stato molto diverso da stare con la propria famiglia ed avere la mamma che ti ricordava costantemente di mettere in ordine la stanza da letto. E per questo era naturale che Tobi preferisse vivere con lei e non con Yumeru, che era un disastro. ‹ Beh, in realtà credo che i peli di gatto siano l'ultimo problema nelle sue magliette... piuttosto dovrebbero fargli un favore e strapparle tutte, magari è la volta buona che si compra qualcosa di decente. ›, Tobi ci poteva scherzare, ma l'albina era seria quando si parlava di vestiti e un po' sperava che essendo ora fidanzato con Fuyuko iniziasse a vestirsi un po' meglio, anche solo per non far imbarazzare la ragazza d'uscire con lui.

    La ragazza dalla chioma bianca non se l'era presa, certo, avrebbe preferito non pensare più alla sua famiglia per un po', il discorso che i due avevano avuto in quel camerino era stato abbastanza forte per lei e ora voleva solo rilassarsi e occupare la sua mente con qualcosa di più leggero, ma non ne faceva una colpa a Tobi, dopotutto avrebbe davvero dovuto parlare con loro se intendeva ospitarlo. Ora però quasi desiderava che osassero dirle di no, che le dessero quella scusa per ribellarsi e che si arrabbiassero con lei, qualunque cosa sarebbe stata meglio di quella fredda indifferenza. ‹ Mi stupisce tutta questa tua disponibilità. › ammise, ed era davvero sorpresa. Per Sumire era quasi una novità che qualcuno si immolasse per lei, dopotutto niente di tutto ciò era affar suo ed avrebbe facilmente potuto tirarsi indietro ed evitare inutili guai. Era sorpresa, e anche grata, c'era qualcosa in quelle parole che le avevano fatto sentire una piacevole sensazione di calore nel suo petto di ghiaccio.

    ‹ Sì, lo è. › rispose, un po' stranita, la sua in realtà era stata un'osservazione sovrappensiero e Tobi ovviamente non poteva capire il perchè. ‹ Era solo... ›, ma lasciò subito perdere, lasciando piuttosto che Tobi parlasse della cameriera.
    Guardandosi attorno si poteva ben notare che il locale fosse abbastanza vuoto, il che era un bene, Sumire odiava mangiare con troppa gente attorno come spesso accadeva nei fast food dove a volte bisognava addirittura appostarsi ad un tavolo ed aspettare che qualcuno finisse di mangiare per poterlo occupare. Era quasi inquietante il pensiero di qualcuno che si fermava accanto a lei e non la lasciava finire il suo cibo in pace, semplicemente orribile.
    I loro ordini arrivarono poco dopo ed avevano proprio un'aspetto invitante; mentre Tobi le raccontava che quel posto lo conosceva grazie ai suoi amici del Dojo, Sumire assaggiò la sua pietanza agrodolce, era squisita. Ora capiva meglio il motivo per cui avesse lasciato il Dojo, si trovava vicino alla sua vecchia casa e doveva essere diventato pesante fare avanti e indietro in settimana quando aveva già altri impegni.
    La ragazza annuiva anche se sentiva appena ciò che diceva, il corvino parlava di un izakaya a Ueno e della possibilità di andarci, ma la mente dell'albina era occupata da altri pensieri, pensieri che avevano a che fare con Gin.
    ‹ Sto uscendo con un ragazzo. ›, scappò improvvisamente dalle sue labbra, un po' bruscamente. Aveva pensato a un modo per introdurlo nella conversazione, un po' meno casuale di così, ma alla fine inconsciamente aveva preferito buttare l'argomento come quando si vuole strappare un cerotto in fretta perchè faccia il meno male possibile. E ora lo aveva finalmente detto, qualcuno oltre a lei lo sapeva... sentiva come di essersi liberata di qualcosa, più libera in un certo senso.

    | 👗 | Hero | #Liv. 4 | 17 y.o | © |
    Energia: 300 | Forza: 46 | Quirk: 120 | Agilità: 109
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