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.Sumire MurakamiSumire non aveva lasciato nulla al caso. Era la prima volta che festeggiava il Tanabata a Tokyo, così tutta la settimana precedente si era informata sui luoghi che poteva visitare e sulle attività che poteva svolgere, per poi girare per i negozi e comprare lo yukata più bello che potesse trovare.
Inizialmente aveva pensato di trascorrere la giornata al DisneySea, ma venne subito scartato al sorgere di un problema: o invitava Gin, oppure invitava i suoi amici, perchè non sarebbe stato quello il giorno in cui presentava il suo ragazzo a quei tre, voleva evitare situazioni imbarazzanti. Una serata al parco della Disney assieme a Fuyuko, Tobi e Yumeru sarebbe sicuramente stata divertente, andare sulle giostre era un attività che trovava più consona da fare con loro piuttosto che per un appuntamento.
Quella festività però preferiva passarla assieme a Gin.
La Festa delle Stelle infatti celebrava il ricongiungimento dei due amanti Orihime e Hikoboshi, cui secondo la leggenda vennero separati dalla Via Lattea potendosi incontrare solo una volta all'anno. Sumire non aveva mai dato un particolare peso alla leggenda, le piaceva la festa più per l'idea di riversarsi tra le strade decorate di mille colori, tra la gente in yukata, e i rami di bambù che albergavano desideri e preghiere; ma quell'anno era diverso, quell'anno aveva Gin. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, solo un anno prima le sarebbe sembrato impossibile, ma ora capiva benissimo cosa voleva dire essere così preso da qualcuno da trascurare tutto il resto. Forse il ragazzo dai lunghi capelli corvini era arrivato al momento giusto, in cui lei ne aveva più bisogno, non riusciva proprio a immaginare la sua assenza. E per lei tutto ciò era assurdo, quei mesi erano stati assurdi. Sumire non aveva pianificato di innamorarsi, era troppo presto. Aveva altre cose da fare, doveva finire scuola, doveva iniziare la sua carriera da eroe e sistemare la sua vita lavorativa, non aveva tempo per storie d'amore. Ma lui era apparso all'improvviso e aveva scombussolato i suoi piani e le sue priorità.
Ricordava perfettamente il giorno in cui si era resa conto di essersi presa una cotta per Gin, era stato un suo messaggio, un giorno d'inverno, nell'ora di una noiosa lezione alla Yuuei. Il messaggio non diceva nulla di speciale, come ormai avevano iniziato a fare ultimamente, l'aveva invitata ad uscire. Lei aveva sorriso, e si era accorta di averlo fatto. Si era accorta di come un semplice suo messaggio potesse rallegrarle la giornata, di come si sentiva pervasa da una strana felicità al sapere di rivederlo e di come avrebbe volentieri abbandonato quella stessa lezione se lui gliel'avesse chiesto. E si era spaventata. Era assurdo che un ragazzo potesse cambiare il suo umore o un suo messaggio fosse in grado di farle sentire quelle maledette farfalle allo stomaco.
Allora era iniziato il suo periodo di negazione —durato davvero poco—: si era resa conto di essersi presa una cotta per Gin e allora aveva fatto di tutto per farsela passare. Lo aveva evitato, aveva risposto di rado ai suoi messaggi, senza mai smettere del tutto. E dopo sole due settimane si era arresa, la sua tattica non stava funzionando e al non vederlo era anzi più in ansia.
Gin non era nemmeno lontanamente il suo tipo di ragazzo ideale, Sumire preferiva i biondi dagli occhi castani, e invece lui aveva dei lunghissimi capelli corvini e gli occhi che ricordavano quelli d'un gatto. Di un gatto, animale che odiava. A Sumire piacevano i ragazzi decisi, che sapevano quello che volevano e lo prendevano, e Gin non era nemmeno sicuro di cosa voleva farne della sua vita.
Se qualcuno avesse chiesto a Sumire con chi si vedeva in una relazione tra le persone che conosceva allora lei avrebbe nominato Darius, oppure Tobiko, perchè le sembrava più probabile prendersi una cotta per quei due. Darius era un ragazzo gentile, responsabile e sarebbe diventato un'ottimo eroe, per l'albina era come un modello a seguire. Tobi invece era suo amico, aveva il suo rispetto e per qualche ragione le ispirava fiducia, con lui era certa non avrebbe mai litigato. Sarebbe stato molto più semplice se le fosse piaciuto uno di quei due. Ma non era Darius, e nemmeno Tobi. Era quel ragazzo sei anni più grande di lei, coperto di tatuaggi e con un futuro incerto di nome Gin.
Sumire si era sempre sentita padrona di se stessa ed era spaventoso come a volte la sua felicità dipendesse da una persona che non si sarebbe mai aspettata.
La ragazza dai capelli bianchi aveva organizzato un appuntamento nelle ore in cui il sole si rifugiava all'orizzonte e le temperature calavano di qualche grado per rendere la serata più sopportabile, evitando la spiaggia nei cocenti pomeriggi di luglio dove i raggi bruciavano la sua pelle fino a farla diventare delle stesse tonalità del tramonto. Una cosa che apprezzava molto di Gin era la sua puntualità, i due si sarebbero incontrati a casa della ragazza verso le sette e mezza e avrebbero preso la metro, come prima tappa Sumire volle percorrere le bancherelle che costeggiavano la spiaggia di Odaiba.
Erano quasi le otto di sera quando i due arrivarono ad Odaiba, il sole era ormai tramontato, lasciando spazio al cielo blu, decorato da alcune nuvole e poche stelle, a illuminarlo quel giorno era più la città in sè. Le strade sul lungo mare erano illuminate dalle tipiche lampade di carta arricchite di diversi colori e decorazioni, da cui in molte di esse pendevano strisce di carta variopinte. Le vie erano gremite di giapponesi vestiti da abiti tradizionali, e curiosi turisti che si fermavano davanti a diverse bancarelle, molte di esse vendevano cibo, maschere di carnevale, oppure erano dedicate ai giochi a premi o concorsi. Vi erano alcuni spazi, non occupati dalle bancherelle dove vi erano stati posti rami di bambù, da cui pendevano fogliettini di carta dove la gente vi riponeva i loro desideri.
Sumire ci aveva impiegato molto tempo a trovare lo yukata perfetto, ne aveva provati di tutti i colori con una miriade di stampi diversi, ma alla fine quello che era riuscita a convincerla non era stato che uno dei primi ad aver adocchiato: era lungo e giungeva fino alle sue caviglie, aveva un colore particolare, non un rosa accesso, ma più color pesca. Era ornato da rami, foglie e fiori che riprendevano una palette spenta che non stonasse troppo col vestito; la fascia invece era blu notte con decorazioni floreali dorate, e ai piedi indossava dei sandali bianchi. Aveva lasciato i suoi capelli sciolti e lisci, che le ricadevano sulle spalle.« I once believed love would be burning red
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.Sumire MurakamiSumire amava i complimenti, le davano quella conferma e sicurezza di essere brava in qualcosa, o più carina, o migliore di altri, ma con Gin, nonostante fossero passati parecchi mesi da quando stavano assieme ed aveva avuto la speranza che prima o poi si sarebbe abituata, non sapeva mai che cosa dire, perchè era imbarazzante. Se ne spuntava dal nulla con quel genere di frasi che la lasciavano parecchio attonita, non capiva come per lui fosse così facile complimentarla quando lei ricambiava molto di rado. Non era come se non avesse mai nulla per cui fargli un apprezzamento, ma Sumire preferiva tenerseli per sè, sopratutto quelli un po' più banali: Gin sapeva perfettamente che Sumire lo trovava attraente —anche se le volte in cui glielo aveva esplicitamente detto si potevano contare sulle dita di una mano— come Sumire sapeva il contrario, e quindi non trovava necessario ripeterglielo. Forse tendeva a dare quel genere di cose per scontato, era molto più facile capire quello che realmente provava dalle sue espressione o dalle sue azioni piuttosto che dalle sue parole, per quanto anch'esse fossero sempre sottili e implicite. Era difficile far sciogliere Sumire, anche per se stessa, essere affettuosa era difficile e non capiva come a Fuyuko invece risultasse così semplice, e non si trattava solo della sua relazione con Yumeru, lei era premurosa con tutti. A volte aveva pensato di chiederle alcuni consigli ma poi si era tirata indietro, non si immaginava ad essere come lei. Le poche volte in cui l'albina si era complimentata era sempre stata sincera, come quando lo aveva visto aspettarla vestito in yukata sotto il suo appartamento, pochi minuti prima. Nemmeno se l'albina stessa lo avesse organizzato sarebbero riusciti a combinare così bene i loro vestiti, entrambi dalle decorazioni floreali che sbocciavano sui loro yukata, ma dai colori opposti. Per essere un ragazzo tutto tatuato che studiava alla facoltà d'arte, si vestiva bene e l'albina non aveva avuto occasioni per criticare i suoi outfit, e anzi trovava piacevole il modo in cui riusciva a combinare tutto, quando di solito i ragazzi erano un disastro o nemmeno era di loro interesse.
I suoi occhi si assottigliarono fino a diventare due fessure, le sue sopracciglia si aggrottarono ad indicargli che quello che aveva detto suonava davvero ridicolo, ma sorrideva. ‹ Dimmi una cosa, te li scrivi la notte i tuoi elogi? › rise, pensando che a volte Gin lo facesse apposta per metterla in imbarazzo, e quindi lei rispondeva con quello stesso intento.
Quando il corvino nominò i suoi amici lei spostò casualmente lo sguardo sulle bancherelle. Un po' sperava che non ci fosse mai bisogno di presentare loro Gin, o almeno, probabilmente sarebbe stato molto più facile se un giorni lo avesse per caso incontrato a Ueno mentre si allenava con loro, perchè a quel punto sarebbe stata costretta a presentarlo, invece non era mai successo e quindi continuava a rimandare la cosa all'infinito. E poi come avrebbe dovuto fare? Di certo non si vedeva a chiedere a quei tre "Hey volete uscire con me e il mio ragazzo?", ed aveva molta paura a passare più di cinque minuti tutti e cinque assieme, era sicura che Yumeru avrebbe detto qualcosa di poco appropriato, raccontare cose a Gin che lei non voleva sapesse oppure prenderla in giro per come si comportava con il suo ragazzo, esattamente come lei faceva al vederlo assieme a Fuyuko. Perché era divertente far notare a Yumeru come fosse diverso quando si rivolgeva alla ragazza dai capelli turchesi. Avrebbe tanto voluto sapere se anche lei era diversa quando stava con Gin, se assumeva quello stesso sguardo del suo amico quando vedeva Fuyuko.
‹ Può darsi... due di loro sono una coppia quindi è probabile che siano venuti qui, anche se lui non mi sembra molto il tipo... probabilmente lo dovrà trascinare. ›, le era capitato alcune volte di parlare dei suoi amici, anche se non molto spesso, ed erano principalmente solo lamentale verso Yumeru, probabilmente Gin nemmeno aveva capito fossero amici dal modo poco gentile con cui ne parlava. Forse li avrebbero incontrati, Sumire però preferiva trascorrere la serata da sola con lui.
La mano del corvino si avvicinò alla sua e lei lasciò che i loro mignoli si incrociassero. Rispetto ai primi tempi, in cui Sumire evitava qualunque tipo di contatto, sopratutto se in pubblico, si era poco a poco sciolta, ancora strano che fosse lei a prendere iniziativa, o che afferrasse la sua mano in giro per Tokyo, ma non lo rifiutava mai.
‹ In realtà no... pensavo di fermaci in qualche bancarella qui in giro, credo sia la prima volta che mangio street food. › disse, senza nascondere un leggero entusiasmo all'idea. Era da quando era piccola che non percorreva le bancherelle, e ora voleva provare a fare un po' di tutto, dai più tipici giochi, al comprare qualche collana agli artigiani del posto. ‹ Tu eri già venuto a festeggiare il Tanabata qui prima d'oggi? › gli domandò, notando come lo yukata di lui fosse leggermente più aperto rispetto a prima, rivelando il muso del drago dipinto sul suo petto. Dopo sette mesi in cui era uscita con lui, Sumire aveva fatto abitudine alle occhiate storte che ogni tanto i suoi compaesani lanciavano al suo ragazzo per colpa del tatuaggi, all'inizio le ricambiarle tutte, il che la faceva sembrare perennemente arrabbiata, ma con il passare dei mesi aveva iniziato ad ignorarle finché non ci fece più caso. Ora però le strade erano percorse anche da turisti di tutto il mondo, perciò sarebbe stato più facile passare inosservato.
La sua attenzione fu catturata da una bancherella, una coi tipici giochi a premi. Vi erano esposti sul tavolo alcuni piccoli peluche, action figures, caramelle, braccialetti, insomma un po' di tutto, e alcuni adolescenti erano impegnati a cercare di prenderli con dei grandi anelli in plastica.
‹ Hai una buona mira Gin? › chiese al dirigersi verso la bancherella, un po' affollata, per sbirciare. ‹ Non sembra così complicato. › aggiunse, nonostante nessuno di quelli che stava provando avesse ancora centrato nulla. ‹ Sono sicura di poterli prendere tutti. ›« I once believed love would be burning red
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.Sumire MurakamiTra le tante cose, amava ed odiava non riuscire mai a mettere Gin in imbarazzo ed essere costretta a lasciargli avere l’ultima parola perchè lei rimaneva senza. Il ragazzo tatuato riusciva a dire cose imbarazzanti, come quella che aveva appena detto, in modo così naturale che era lei alla fine quella a sentirsi a disagio. Si disse che non lo avrebbe degnato di risposta, ma in ogni caso non ne aveva una e si limitò a scuotere il capo ed alzare le iridi cerulee al cielo, dissimulando quel lieve rossore sulle sue gote.
Era difficile capire se lo pensava davvero, oppure lo facesse soltanto perchè si divertiva a provocarla. In verità le era sempre risultato complicato capire quando Gin era serio e intendesse davvero quello che diceva e quando no, ed era quella remota possibilità che veramente sperasse di sognarla ad essere tremendamente imbarazzante.
Il sorriso le si congelò sul volto quando il ragazzo dai capelli corvini si paragonò ai suoi due amici, sottintendendo che non voleva essere lì. E Sumire si ritrovò in un bivio: fare uno scandalo perchè avrebbe dovuto dirglielo e rovinare la serata, oppure ridere e proseguire come se niente fosse. Ovviamente l’unico motivo per cui stava prendendo in considerazione la seconda opzione era perchè almeno avrebbe potuto andare avanti con la sua serata pianificata e magari fare il broncio più tardi.
Peccato che ultimamente l’albina avesse deciso di smettere di trattenersi così tanto e dire tutto ciò che pensava. “Avresti dovuto dirmelo.”, gli avrebbe voluto dire, mentre il suo volto aveva già rapidamente assunto un’espressione corrucciata. Sumire pretendeva che il suo ragazzo fosse sincero con lei e se non voleva andare al Tanabata non c’era bisogno di nasconderlo, lei lo avrebbe ascoltato e poi lo avrebbe convinto ad andare comunque in un modo o nell'altro perchè non avrebbe permesso a nessuno, nemmeno al suo ragazzo, di rovinare i suoi piani. Quell'ultima parte però avrebbe evitato di dirla e gli avrebbe lasciato l’illusione di aver avuto davvero una scelta. Si sarebbe offesa, per farlo sentire in colpa, ma lui stava scherzando. Ed ecco cosa succedeva quando si prendeva troppo sul serio Gin. Ah-ah-ah, molto divertente. commentò sarcastica, mantenendo quello sguardo imbronciato. Ora offesa davvero perchè per un attimo le aveva fatto crollare tutte le sue certezze.
Sai, avevo pensato di invitarti a casa questa notte, così che non dovessi dormire col pensiero di sognarmi. Ma credo di aver appena cambiato idea. disse, ritrovando il sorriso. Non faceva parte del suo piano, e lo aveva pensato giusto in quel momento solo per fargli pentire di essersi preso gioco di lei, ma forse lo avrebbe inviato comunque.
Solo dopo alcuni mesi Sumire aveva capito il motivo per cui Gin la ringraziava sempre quando lo invitava ad uscire, o almeno pensava fosse per quello che gli era capitato al Salem. La ragazza aveva scoperto che anche lui aveva partecipato a quella strana serata di Halloween, e ne era rimasto piuttosto scosso. Sumire, a cui era andata relativamente bene e si era ritrovava in un castello con pallide persone che parlavano un’altra lingua, continuava a credere che si fosse trattato solo di uno strano sogno, nonostante il suo compagno Yumeru le avesse poi confermato di aver vissuto la stessa cosa. Non avendo vissuto niente di troppo emozionante, e anzi che fosse successo assieme a Shinso, gliel'avevano fatto dimenticare molto in fretta. Per Gin invece sembrava più difficile riuscire a rimuovere quei ricordi e Sumire provava ad aiutarlo come poteva, e spesso finiva per dirgli che quello che aveva vissuto non era successo per davvero, anche se ormai non ne era più tanto sicura.
Non fare quella faccia! E’ normale... voglio dire, sono giovane, non è come se avessi quarant'anni e non avessi mai acquistato cibo da una bancarella... per strada... ma sei proprio sicuro che sia igienico? . Iniziò a guardarsi attorno in cerca di bancherelle in cui vedere cosa stavano preparando da mangiare, facendosi un po’ prendere dalla paranoia. C’era un motivo se la ragazza non aveva mai mangiato niente che non fosse cucinato in un ristorante possibilmente stellato in cui era sicura di quello che le veniva servito. Non è che tipo può venire chiunque a vendere del cibo qui, no? Qualcuno li controll—AHI! si lamentò l’albina, trascinando la sua mano lontano dalle proprie guance, non le aveva fatto male ma detestava i pizzicotti.
Non credo di aver mai provato il caviale, per tua informazione. E comunque no, semplicemente seguo una dieta equilibrata a differenza di qualcun altro che se continua a mangiare tutto quel cibo spazzatura avrà un infarto a trent'anni. , si preoccupava per le abitudini alimentari poco sane del suo ragazzo e spesso si domandava come riuscisse a mantenersi in forma nonostante tutto quello che mangiava.
Come aveva immaginato, anche Gin non era mai stato ad Odaiba per la festa delle stelle, forse nel suo scherzo di poco prima c’era un fondo di verità e nemmeno lui era tipo da quelle cose. Sumire aveva scoperto solo quell'anno di essere quel tipo di persona a cui piacevano le leggende un po’ sdolcinate e platoniche, non per nulla pensava di assistere allo spettacolo teatrale dedicato a Orihime e Hikoboshi che si sarebbe tenuto più tardi.
Vedi? Per te è la prima volta qui, eppure hai ventiquattro anni... nessuna delle tue ex ti ha mai chiesto di festeggiare in Tanabata? , la sua era una domanda più o meno velata: quante fidanzate aveva avuto Gin prima di lei? Non glielo aveva mai chiesto in modo esplicito, ma approfittava sempre quando ne aveva occasione di indagare sulla questione e, in quel caso, vantarsi di essere la migliore ragazza con cui fosse uscito. D’altro canto anche per Sumire era la prima volta che festeggiava il Tanabata assieme al suo ragazzo, non sapeva ancora se considerava il suo rapporto con Gin qualcosa di serio nonostante sette mesi erano molto più di quello che si era immaginata sarebbe durato, ma oltre a quella attuale, aveva avuto soltanto un’altra storia seria, era stata giovane e stupida ed era paradossalmente durata meno rispetto a quella con Gin.
Sumire era davvero convinta di riuscire a centrare il bersaglio già al primo tentativo, non sembrava una cosa così complicata e lei era la precisione in persona, non si poteva far battere da un giochetto. Mh? Non mi credi? E va bene.
La ragazza attese pazientemente il suo turno, studiando nel mentre le persone che prima di lei provavano l'impresa per capire un po' meglio come funzionava. Pagò l'impiegato che si occupava della bancarella e si fece dare cinque anelli, che equivalevano ai cinque tentativi che aveva, qualunque cosa avrebbe preso con quei anelli sarebbe stata sua.
Il primo anello che lanciò finì sul tavolino senza centrare nulla. ...era una prova. si giustificò, per rassicurare se stessa, più che per Gin. Il secondo finì incastrato nell'orecchio di un piccolo peluche a forma di panda a fargli da orecchino, ma siccome non era entrato non valeva, Sumire non si sarebbe lamentata ma quella era una palese truffa. Il terzo, finalmente, passò per la testa del peluche. Ce l'ho fatta!! esclamò, voltandosi in un saltello verso Gin, con un ampio sorriso sulle labbra.
Allungò il braccio, e gli porse gli ultimi due anelli. Tocca a te ora. , Sumire voleva concludere il suo gioco con quella vittoria e non avere la possibilità di fallire nei suoi ultimi due tentativi.« I once believed love would be burning red
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.Sumire MurakamiLe iridi cerulee di lei erano fisse sul volto di Gin, le piaceva vedere le sue guance assumere quel colore rosato, era difficile accadesse, e questo oltretutto voleva dire che aveva vinto. Non era come se ogni volta che il corvino la provocava lei ne facesse una sfida a chi avesse l'ultima parola... solo le poche volte in cui vinceva, ed era una cosa che accadeva soltanto nella sua testa. Lo guardava con un barlume di crudeltà in quel sorriso, probabilmente Gin la conosceva abbastanza per cogliere quel dettaglio; Sumire aveva un'aspetto che non accompagnava affatto il suo carattere, il suo fisico petit, i capelli bianchi e gli occhi azzurri le donavano candore e innocenza, di cui però in realtà mancava. Era quindi fondamentale saper riconoscere i suoi sorrisi, sopratutto quando la maggior parte di essi non esprimevano emozioni positive.
‹ Non mi interessa. › dichiarò capricciosamente l'albina, in quello che stava diventando il nuovo modo per torturare il suo ragazzo. ‹ Chi mi assicura che tu non stia mentendo? ›, ormai non si trattava nemmeno più di punirlo, si divertiva solo a tenerlo sulle spine e sicuramente non avrebbe cambiato idea fino alla fine della serata dove avrebbe davvero valutato la possibilità.
Sumire sospirò alle parole di Gin riguardo alle sue abitudini alimentari, con un sopracciglio inarcato di chi sapeva che stesse mentendo. ‹ Se tu mi lasciassi ti potrei scrivere una dieta più salutare, con delle ricette facili da preparare. › gli propose, sapendo perfettamente che il suo tempo a disposizione fosse poco, tra l'università e il suo lavoro. Lei però reputava che la sua era soltanto pigrizia, e che al suo posto avrebbe trovato il modo di conciliare il tutto —organizzandosi la settimana in un'agenda— ed avere anche tempo per mangiare in modo decente. Anche se era difficile immaginarsi Gin a pianificare le sue giornate, quando anche Sumire aveva smesso di essere così ossessionata, o almeno ci stava provando.
Se il corvino gliel'avesse permesso, la ragazza si sarebbe davvero messa a cercare delle ricette semplici e salutari; se non avesse avuto altro da fare probabilmente, dispotica com'era, avrebbe invaso il suo appartamento tutte le mattinate e serate per cucinare direttamente al posto suo in modo da essere sicura che le desse retta.
‹ Forse avremmo potuto assaggiare del caviale se avessi fatto in tempo a prenotare al Hoshi. ›, il piano iniziale di Sumire infatti non era stato mangiare alle bancherelle, ma al ristorante, purtroppo si era dimenticata di prenotare in tempo e quando se n'era ricordata era già troppo tardi. Non era ancora convinta della qualità del cibo che vendevano lì in giro, ma se Gin lo mangiava praticamente sempre ed era ancora vivo voleva dire che poteva fidarsi. ‹ So che non vendono veleno, baka... e comunque sarebbe discutibile. Sto solo dicendo che ci potrebbero rifilare cibo scaduto. › rabbrividì al solo pensiero, si chiedeva se sarebbe davvero riuscita a mangiare qualcosa alla fine oppure avrebbe lasciato perdere e si sarebbe accontentata di un ghiacciolo.
La breve risposta di Gin riguardo le sue ex fece assottigliare lo sguardo dell'albina, lei avrebbe voluto sapere di più. Non era nemmeno certa del perchè le importasse così tanto, forse le interessava capire se il corvino usciva con persone come lei, anche se di Sumire Murakami ce n'era soltanto una e chiunque le assomigliaste vagamente era una copia. Già, voleva sapere se lui era uscito con delle sue copie, o se al contrario le persone che aveva frequentato erano completamente diverse da lei.
Statisticamente parlando Gin aveva ragione, anche se Sumire non gliel'avrebbe data. ‹ Si, però io sono io. A Kyoto avevo le domestiche a prepararmi da mangiare e se uscivo di solito andavo sempre in qualche ristorante. Quindi fino ai sedici anni non ho avuto possibilità di mangiare cibo spazzatura. Quindi, rimane solo circa un anno, ossia questo dove mi sono trasferita e vivo da sola, in quel caso avrei comunque avuto più opportunità di te di andare al Tanabata... ma non mi capita spesso di dire "non ho niente da mangiare nè soldi da spendere e quindi vado ad un fastfood". Perciò no, tu hai comunque avuto più possibilità di andare al Tanabata che io di mangiare cibo di strada. ›, probabilmente Gin si sarebbe perso a metà del suo contorto discorso sul perchè lei aveva ragione e lui no, nemmeno lei verso la fine era sicura di quello che aveva detto, ma l'aveva fatto con una sicurezza tale da far sembrare tutto molto naturale e ovvio.
I tiri di Gin alla bancherella andarono a vuoto, ma a Sumire non importò un granché, glieli aveva rifilati solo perchè non fosse lei a perdere. La studentessa afferrò il suo nuovo panda, accarezzandogli distrattamente il muso soffice con le dita. I suoi occhi si assottigliarono in uno sguardo indagatore, aveva una vaga idea di cosa intendesse Gin, ma con lui non si poteva mai sapere. ‹ Sei imbarazzante. › constatò, anche se il suo era più un velato "mi metti in imbarazzo". Stava a lui capire se parlasse delle sue parole, oppure del fatto che non fosse riuscito a centrare nemmeno un bersaglio.
‹ Andiamo. › la ragazza si voltò o proseguì il percorso di bancherelle, scuotendo la sua chioma bianca, facendo finta di non sentire quello che aveva detto. ‹ Lascio a scelta a te stavolta. ›, dato che Gin se ne intendeva molto più di lei per quel genere di cibo, si sarebbe fidata del suo gusto.« I once believed love would be burning red
but it's golden like daylight »SPOILER (clicca per visualizzare)Sorry il ritardo,,. -
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.Sumire MurakamiLa ragazza era troppo immersa nei suoi pensieri per accorgersi della mano di Gin che si avvicinava al suo volto, stava pensando a qualcosa di abbastanza facile e veloce da cucinare, che allo stesso tempo fosse sano. Avrebbe potuto iniziare con delle insalate, era impossibile non riuscire a prepararle, e glielo stava per dire, quando senza preavviso si ritrovò il suo viso a qualche centimetro di distanza, a sfiorargli il volto le sue dita... chiunque dicesse che servivano due occhi del colore del oceano per perdercisi dentro, si sbagliava. Le piaceva il dorato delle sue iridi, quella tonalità calda che accompagnava alla perfezione la sua persona. Ed ella si perse a captare ogni piccolo dettaglio, perchè il suo viso era perfetto ed amava quei pochi momenti in cui le sue labbra rimanevano chiuse e la guardava, in silenzio, come se ci fosse soltanto lei. Sumire avrebbe potuto, anzi voleva, rimanere così per il resto della serata. Gin però parlò, disse qualcosa di sdolcinato e stupido come suo solito, facendole ricordare che non erano solito, erano al Tanabata, circondati da altre persone. Non potevano rimanere così per il resto della serata.
Lui si avvicinò ancora, ma venne subito bloccato dalla mano dell'albina, che si spostò un po' bruscamente sulla faccia del tatuato, spingendolo di nuovo al suo posto.
‹ Smettila... › lo sgridò, con le gote rosse, e la mano che prima aveva spinto via Gin che sventolava davanti al proprio viso. ‹ ...ci stanno guardano tutti. › aggiunse, mentre i suoi occhi saettavano sulle persone che le passavano accanto. Non li stavano guardando proprio tutti, e quei pochi che si erano voltati era possibile lo facessero per Gin in sé e non per quello che stava facendo, non importava se alla Festa delle Stelle vi fossero anche parecchi turisti, il ragazzo attirava l'attenzione di chiunque, se non per i tatuaggi, per i suoi capelli lunghissimi.
Generalmente Sumire odiava i nomignoli, perchè non li sapeva dare, oppure erano stupidi, o troppo sdolcinati e per questo chiamava Gin per il suo nome e ciò non sarebbe mai cambiato, lui era l'unico a cui permetteva di chiamarla tesoro, White-chan, bimba, o qualunque altro appellativo gli venisse in mente di usare... anche se a tutto c'era un limite e quando si trattava di Sumire era molto facile oltrepassarlo.
Il suo sguardo si abbassò sullo yukata del ragazzo, e poi sui suoi capelli. Lo avrebbero fatto entrare? Conciato così sicuramente no. La giovane si spostò rapidamente davanti a lui, camminando all'indietro, le sue mani avrebbero afferrato i lembi dell'abito e lo avrebbero tirato per richiuderlo di nuovo sul petto e nascondere il muso del drago che faceva capolino. Poi si sarebbe dedicata ai capelli —e in quel caso sarebbe stata costretta quasi a mettersi in punta di piedi—, spostandogli una ciocca dietro l'orecchio; c'era poco da fare, comunque, probabilmente avrebbe dovuto legarli per farli sembrare perlomeno accettabili.
‹ Certo che sì... e se no, potrei sempre corromperli. › ridacchiò, con un misto di ironia e malizia nel suo tono. Se si fosse presa il disturbo di fare la prenotazione, per poi sentirsi dire che non poteva entrare per colpa del suo ragazzo, sarebbe davvero stata capace di pagare perchè li lasciassero passare. Non era una cosa molto legale, né morale, sopratutto per lei che studiava alla UA, ma non era nemmeno giusto che negassero l'accesso perchè Gin aveva più colore sulla sua pelle che sul suo yukata.
Sumire mise il broncio. ‹ Io non sono viziata. › affermò indignata. Era conscia di essere fredda, arrogante e anche altezzosa —secondo lei per dei validi motivi— ma detestavano le dessero della viziata: solo perchè era ricca non voleva dire fosse anche capricciosa.
Non seppe se prenderlo come un complimento o come un insulto, quando il corvino la paragonò ad un panda, o almeno al suo peluche. Sumire non era un panda: non era grossa, non era pelosa e non passava le sue giornate stesa a non fare nulla ad aspettare di estinguersi. Forse intendeva solo che era tenera, e fu l'unico motivo che la fece desistere dal chiederglielo, non voleva mettersi in imbarazzo da sola. ‹ Un nome...? ›, fissò intensamente il peluche ma non le veniva in mente niente. Lei era negata coi nomi, il che le riportò alla mente la volta in cui un ex professore le aveva chiesto di scegliere un nome da eroe, e alla fine era stato proprio lui a suggerirglielo. Da quel giorno non aveva più pensato ad altri nomi, aveva adottato Shockwhite nella sua mente, ed era probabile che non l'avrebbe più cambiato. ‹ Daglielo tu. ›
Lasciò che prendesse la sua mano, gli camminava accanto, con le maniche del suo abito che quasi nascondevano la sua presa, e le sue dita che si intrecciavano timidamente a quelle di lui.
Gin la trascinò verso uno stand dove la fila non era troppa e il menù era esposto su una lavagnetta affianco a loro, e per lei era tutto molto rustico.
Il ragazzo cercò di spiegarle in cosa consistevano alcuni piatti, e citò il loro primo appuntamento, di cui ancora ricordava quel che aveva ordinato. ‹ L'appuntamento alla galleria? È passato davvero tanto tempo, eri molto più... tranquillo, quella volta. ›, ora che o conosceva un po' meglio, poteva dire che Gin si era mostrato meno provocatorio, e un po' più introverso di com'era veramente. Sumire invece, dopo aver inizialmente nascosto la sua identità, non aveva fatto altrettanto col suo carattere; se avesse potuto tornare indietro l'unica cosa che avrebbe modificato era proprio l'essere partita mentendo sul suo nome.
‹ Non so cosa prendere... ›, alzò le spalle ed aspettò che giungesse il loro turno, lanciando ogni tanto qualche occhiata al menù. Alla fine, lasciò che fosse Gin ad ordinare per primo, e poi chiese semplicemente lo stesso, permettendosi anche una bibita gassata, che di solito evitava.
‹ Mentre mangiamo possiamo dirigersi verso la spiaggia, voglio andare a vedere lo spettacolo che hanno allestito. ›« I once believed love would be burning red
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.Sumire MurakamiChe Gin attirasse tutte le attenzioni su di sè non era più una novità per Sumire, che ormai abituata aveva smesso di farci caso, a volte si domandava come sarebbe stato Gin con i capelli corti e senza tatuaggi, era difficile da immaginare, avrebbe perso la sua aria da bulletto e sarebbe stato irriconoscibile. La infastidivano però i momenti in cui entrava sotto i riflettori assieme a lui, sopratutto se si trattava di mostrarsi affettuosi in pubblico, quando lei lo era difficilmente anche in privato. Sumire non era affettuosa, il corvino doveva saperlo più che bene, e lo diventava ancora meno con lui dato che era abbastanza sentimentale per entrambi e lei doveva contrastare tutto quello zucchero —spesso volutamente esagerato— con la sua asprezza.
‹ Non essere così tragico, come se non ti piacesse attirare l'attenzione. › lo prese in giro, sorridente. Lei era l'ultima persona a potergli fare la predica, quando si credeva il centro del mondo, e le piaceva avere gli sguardi della gente puntati addosso, ora un po' meno rispetto al passato.
La sua espressione cambiò in finta sorpresa al suo "ricatto". ‹ Gin Nakano, stai minacciando la tua ragazza? › rise, scuotendo la testa. Se Sumire avesse lasciato Gin, questo voleva dire che lui aveva fatto qualcosa di sbagliato che l'aveva fatta arrabbiare e probabilmente non sarebbe stato così fortunato da rimanere vivo per raccontarlo. ‹ Mi sottovaluti, non lascio in giro testimoni. Se dovesse succedere qualcosa saresti il primo che farei fuori, sai troppo. ›. Un pensiero, che non avrebbe ripetuto ad alta voce, attraversò la sua mente: le sembrava impossibile voler lasciare Gin ora come ora, non trovava motivi per volersi allontanare da lui, e le sembrava infantile pensare di restare con lui per sempre, come fosse tornata ad avere dodici anni e credesse nelle favole. Si disse che doveva essere la dopamina ad annebbiarle il cervello, aveva letto da qualche parte che il periodo di innamoramento dove gli ormoni alteravano le sue emozioni poteva durare più di due anni. Come se la sua vita non fosse già abbastanza complicata, anche il suo cervello aveva deciso di mettersi contro di lei per allearsi con Gin, quando nessuna persona, o organo, normale avrebbe dovuto dargli fiducia.
‹ Tao... › pronunciò, osservando il piccolo panda tra le sue mani. ‹ È carino. Suona come un nome da panda. › sentenziò, anche perchè lei non avrebbe saputo fare di meglio. Colse subito il riferimento al taoismo, il panda bianco e nero, in rappresentazione dei due principi opposti, lo yin e lo yang, non era geniale ma nemmeno scontato, a Sumire non sarebbe mai venuto in mente il collegamento, lei però era particolarmente negata.
Probabilmente gliel'avrebbe rinfacciato per sempre, quella piccola bugia del loro primo appuntamento, anche se lei sperava che se la dimenticasse come anche lei cercava di fare. ‹ Credo che scriverò una lista di argomenti proibiti, e il primo sarà sicuramente Sherry. ›, nessuno, se non loro due sapevano del primo appuntamento, o almeno sperava, dato che non sapeva a chi aveva raccontato della sua relazione con lei.
Come al solito pagò la sua parte, lasciando a Gin la busta che conteneva i piatti ordinati, con una certa curiosità e diffidenza osservava gli spiedini venire riposti in confezioni di cartone. Si concentrò a lasciare da parte i pregiudizi che doveva avere solo lei dato che non erano certo gli unici ad aver ordinato in quella bancherella e nessuno sembrava esserne ancora uscito avvelenato.
‹ Non è per le persone... › borbottò. Principalmente Sumire non voleva andare in un posto appartato per evitare gli sguardi delle persone, voleva andarci per stare da sola con Gin lontano dalle persone, che li guardassero o meno era secondario.
L'albina trattenne un sospiro quando si vide lo spiedino di pollo vicino al suo viso, dove sorse un sorriso divertito e imbarazzato, e mentre nella sua mente si ripeteva che non lo avrebbe fatto, la sua bocca si era schiusa e un vago timido verso che somigliava alla prima lettera dell'alfabeto uscì dalle sue labbra. Gli occhi azzurri che prima fissavano il cielo, tornarono a guardare lo spiedino, evitando il viso del suo ragazzo. Ne morse un piccolo pezzo di pollo grigliato, portando la mano sotto al suo viso, era delizioso e diverso dai sapori a cui era abituata. ‹ È buono, sono quasi sicura che non sia avvelenato. › disse, rubando lo spiedino dalla mano di Gin.
La spiaggia era illuminata dalle luci delle bancherelle e in lontananza da quelle artificiali dei palazzi che riflettevano sull'acqua del mare. Le persone erano stese qua e là sulla sabbia, sopra teli che fecero ricordare a Sumire di non aver portato nulla su cui sedersi. ‹ Qui dove rischiamo di mangiare spiedini di sabbia o scogli in cui potrebbe accidentalmente cadere il cibo in acqua? ›« I once believed love would be burning red
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Edit: avevo lasciato due asterischi e volevo toglierli.
Edited by Lostien - 19/8/2020, 17:20. -
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.Sumire MurakamiSchiuse le labbra al voler rispondere all'assurda frase di Gin, ma decise che era meglio non farlo, non c'era bisogno di dargli troppa corda con le sue assurdità. Vestito così però, lo poteva immaginare a praticare qualche arte marziale immerso nel verde della foresta. Non era una brutta visione, escludendo il panda.
Scesero in spiaggia e la sabbia toccò i suoi sandali, affondandoli ad ogni passo che compieva. ‹ No. › sbuffò, cercando di ignorare quella parte del suo cervello che le ricordava questa pecca nel suo perfetto piano, ora rovinato solo perchè lei si era dimenticata di portare il telo. Sapeva che sarebbero andati in spiaggia a guardare i fuochi, come le era potuto sfuggire quel dettaglio? Sumire tendeva ad essere catastrofica quando qualcosa che lei aveva organizzato iniziava a mostrare qualche imperfezione, e iniziava a pensare a come tutto potesse andare a rotoli per quel suo errore, come ora erano costretti a mangiare sulla sabbia o affidarsi agli scogli. La sua espressione cambiò per un secondo, assumendo quella di una bambina che non aveva ottenuto ciò che voleva, ma poi tornò a rilassarsi; a Gin non importava di quello stupido telo, e l'unica che avrebbe rovinato l'appuntamento poteva essere lei al rimanere imbronciata.
‹ Potremmo... › La soluzione però esisteva e qualche mese prima probabilmente avrebbe trascinato il corvino di nuovo tra le bancherelle in cerca di qualche asciugamano, dopotutto lì vendevano di tutto, ma non mancava molto perchè lo spettacolo iniziasse e Sumire non voleva perderselo. Inoltre era un ottimo modo per lottare contro la sua mania di perfezionismo, gli imprevisti potevano capitare e non sempre erano tragici come lei se li immaginava. ‹ ...sì, andiamo sugli scogli. ›
Ogni volta che portava lo spiedino alle labbra, con la mano libera le copriva, non amava essere osservata mentre mangiava, ancor meno se doveva farlo con le mani e non con le bacchette o le posate, lo trovava volgare in qualche modo. ‹ Mh, se i miei sandali preferiti si rompono dovrai ripagarmeli, sappilo. Costano più o meno come l'affitto del tuo appartamento. ›, i sandali erano piuttosto semplici, bianchi —immacolati, risplendevano quasi quanto i suoi capelli—, con appena un po' di piattaforma che la staccavano dal suolo, e sui suoi passi marchiavano la sabbia di un grazioso disegno geometrico, per precauzione li tolse, e a coprire i suoi piedi adesso vi erano le calze altrettanto chiare. ‹ Piuttosto, sei tu che hai i geta, sei sicuro di riuscire a salire sugli scogli senza ammazzarti? › mostrò una certa preoccupazione, che Gin condivideva col cibo forse non avvelenato che portava in mano, lui poteva anche cadere se non si faceva troppo male, l'importante era che tenesse in salvo gli spiedini di pollo.
Man mano che si avvicinavano al mare il suono delle onde di sostituiva al chiacchiericcio delle bancherelle e la luce che li raggiungevano era per lo più quella fioca delle stelle, ed in lontananza quella dei palazzi. Il mare aveva assunto il colore del cielo, riflettendo le sue stelle, ed era quasi impossibile distinguere l'orizzonte. I due non erano completamente soli come Sumire avrebbe voluto, ma i piccoli gruppi di persone non sembravano badare troppo a loro, e con la fioca luce avrebbero intravisto solo le loro sagome sedute sugli scogli.
La ragazza dai capelli bianchi rifiutò il suo aiuto, con un sopracciglio inarcato e le braccia incrociate al petto. Sumire, innanzitutto, non era il tipo di persona che gradiva essere aiutata, e ancor meno quando si dubitava delle sue capacità fisiche. Probabilmente l'innocente domanda di Gin era posta soltanto per afferrare la sua mano, ma lei lo prese più come un affronto personale. ‹ Certo che ce la faccio. ›, lei che frequentava la UA, era una persona abbastanza atletica, quanto inutile doveva essere per non riuscire a salire uno scoglio senza cadere? E, sopratutto, anche se fosse successo, lei più di lui avrebbe saputo come cadere e magari farlo anche con stile così che nemmeno si notasse.
E così con una mano occupata dai sandali e l'altra dallo spiedino ormai quasi terminato, la ragazza si avventurò tra gli scogli assieme a Gin.
Fu lei a decidere quale roccia potesse andare bene, alcune erano bagnate e scivolose, le onde vi s''infrangevano contro, altre erano un po' più alte in modo che la parte venisse raramente sfiorata dall'acqua e si allungavano verso il mare; lei si sedette su una di queste, le gambe ciondolavano nel vuoto e di pochi centimetri non sfioravano l'acqua che, nel punto in cui aveva scelto, era abbastanza alta.
‹ Stavo pensando... › Aspettò che Gin si sedesse accanto a lei e poi iniziò a tirar fuori le lattine dalla busta e i contenitori degli yakisoba, posandoli il più possibilmente stabili sulla fredda roccia, quasi stesse apparecchiando. ‹ ...magari per le vacanze invernali puoi venire a Kyoto con me... ›« I once believed love would be burning red
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.Sumire MurakamiLa sabbia era fredda e soffice, anche se riempì subito le sue calze di piccoli granelli scuri, macchiandone il candore. Era vero, lei aveva scelto di andare in spiaggia, e non era colpa di Gin se si era dimenticata il telo, ma stava solo scherzando, non gli avrebbe mai fatto ripagare niente di suo nemmeno se fosse stato lui a romperlo con le sue mani.
‹ Mh, certo. › disse, con evidente scetticismo nel tono, osservando il piccolo peluche tra le sue mani. Se fosse stata in un qualche anime o film e dovesse essere addestrata da un animale, il panda sarebbe stata la sua ultima scelta, e quella che avrebbe considerata più stupida —che cosa sapevano fare? Nulla—, quindi perfetta per il suo ragazzo a cui piaceva andare sempre contro corrente. ‹ L'importante è che non cada il cibo. Tu puoi anche tornare a casa fradicio. › alzò le spalle. Ovviamente cercò uno scoglio cui acqua non toccasse la superficie, con meno alghe e robaccia addosso, altrimenti nessuna tecnica imparata in due anni di allenamento li avrebbe salvati dal scivolare direttamente in mare.
Camminare sugli scogli risultò quasi più semplice scalza che non con i sandali addosso, richiedeva comunque una certa abilità, sopratutto quando essi erano illuminati solo dalla fioca luce della luna. ‹ Ti serve una mano? › imitò Gin allungando il braccio verso di lui e ridacchiando al vederlo un po' più in difficoltà rispetto a lei. Alla fine ne scelse uno leggermente lontano dalla riva e quindi dai qui gruppi che aveva precedentemente visto isolati sulla spiaggia, un po' immerso nell'acqua ma abbastanza alto per assicurarsi che non li toccasse.
Afferrò il secondo contenitore dei yakisoba, mentre pronunciava quelle parole, con lo sguardo rivolto alle propri gambe che danzavano a qualche centimetro dalla superficie del mare. Sumire no era brava con le parole, come poteva se quando si parlava di sentimenti il novanta percento delle volte non capiva nemmeno lei quello che provava? Aveva impiegato mesi a capire che Gin le piaceva sul serio, e solo in quelle ultime settimana stava realizzando che non era più una relazione passeggera, che non avrebbe potuto lasciarlo così facilmente come immaginava. Aveva fatto un po' d'introspezione dalla volta in cui in quella giornata calorosa di giugno aveva avuto una chiacchierata con Yumeru, e tra le tante cose aveva capito che Gin era diventato parte fondamentale della sua vita. Non riusciva nemmeno ad immaginare come sarebbe sopravvissuta senza di lui in tutti quei mesi in cui si era sentita così sola, la sua sola presenza le avevano rallegrato le giornate più sconsolate. Gin non doveva essere nemmeno cosciente di quanto fosse importante per lei, e lei non lo aveva lasciato trasparire facilmente.
Ci stava già pensando da un po', ormai non voleva più tenere nascosta quella relazione, agosto però era troppo repentino, aveva bisogno di organizzarsi, ma sopratutto di abituarsi all'idea perchè non sarebbe stato per niente facile e se tutto fosse successo troppo in fretta sarebbe stato un disastro. Voleva solo godersi quegli ultimi mesi di vacanza, ora che aveva trovato un po' di stabilità emozionale, godersi quei mesi di quiete e non pensare a niente se non a loro due.
‹ Se non ti va-. ›, stava rispondendo subito all'esclamazione confusa di Gin, pronta comunque a tirarsi indietro, dopotutto che fosse pronta lei non equivaleva al contrario, ed era disposta ad aspettare tutto il tempo che lui avrebbe voluto. La sua mano abbandonò il contenitore per raggiungere le labbra del corvino; le guance d'ella si riempirono di chiazze rosate e sentì il suo viso improvvisamente caldo, lei sentì un calore che niente aveva a che fare con la temperatura estiva, né dall'imbarazzo del gesto. Era felice che avesse accettato, per lei significava molto. Come non era brava con le parole, non lo era nemmeno nell'interpretare i sentimenti a meno che questi non fossero palesi, e nonostante Gin glielo rendesse più facile, lei semplicemente non capiva quanto fosse ricambiato quel sentimento che lei provava. Era bastato quell'assenso, però, a farla sentire più sicura.
Ancora rossa, i suoi occhi si assottigliarono a quella provocazione e scosse la chioma con fare falsamente imbronciato. ‹ Non ti salvi dicendomi che sono bella. E poi sono io quella che ti deve sopportare fino a fine anno! › protestò, ritraendo il braccio, per riprendere a mangiare gli spaghetti, ancora caldi.
‹ Uhmm... ci sono un sacco di cose che potremmo visitare. ›, e già la sua testa era partita ad organizzare attività per ogni giorno che sarebbero rimasti a Tokyo. ‹ Ad esempio potremmo andare ad Arashiyama, si trova a pochi minuti dal centro e i suoi paesaggi sono meravigliosi. È famosa per la foresta di bambù e il ponte Togetsukyo, ma ci sono anche molti templi, circondati da edifici tradizionali. ›, il tono carezzevole con cui ne parlava lasciava intuire che la sua città dopotutto le mancava.
‹ Sarebbe bellissimo andarci con te... ›, quella città era una parte di lei e voleva condividerlo con Gin. Quelle parole furono quasi un sussurro fugace, coperto poi dal suono del primo bagliore nel cielo.« I once believed love would be burning red
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