Meet me in the Afterglow

tanabata festival [role estiva]; sumire&gin

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    Sumire Murakami

    Sumire non aveva lasciato nulla al caso. Era la prima volta che festeggiava il Tanabata a Tokyo, così tutta la settimana precedente si era informata sui luoghi che poteva visitare e sulle attività che poteva svolgere, per poi girare per i negozi e comprare lo yukata più bello che potesse trovare.
    Inizialmente aveva pensato di trascorrere la giornata al DisneySea, ma venne subito scartato al sorgere di un problema: o invitava Gin, oppure invitava i suoi amici, perchè non sarebbe stato quello il giorno in cui presentava il suo ragazzo a quei tre, voleva evitare situazioni imbarazzanti. Una serata al parco della Disney assieme a Fuyuko, Tobi e Yumeru sarebbe sicuramente stata divertente, andare sulle giostre era un attività che trovava più consona da fare con loro piuttosto che per un appuntamento.
    Quella festività però preferiva passarla assieme a Gin.
    La Festa delle Stelle infatti celebrava il ricongiungimento dei due amanti Orihime e Hikoboshi, cui secondo la leggenda vennero separati dalla Via Lattea potendosi incontrare solo una volta all'anno. Sumire non aveva mai dato un particolare peso alla leggenda, le piaceva la festa più per l'idea di riversarsi tra le strade decorate di mille colori, tra la gente in yukata, e i rami di bambù che albergavano desideri e preghiere; ma quell'anno era diverso, quell'anno aveva Gin. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, solo un anno prima le sarebbe sembrato impossibile, ma ora capiva benissimo cosa voleva dire essere così preso da qualcuno da trascurare tutto il resto. Forse il ragazzo dai lunghi capelli corvini era arrivato al momento giusto, in cui lei ne aveva più bisogno, non riusciva proprio a immaginare la sua assenza. E per lei tutto ciò era assurdo, quei mesi erano stati assurdi. Sumire non aveva pianificato di innamorarsi, era troppo presto. Aveva altre cose da fare, doveva finire scuola, doveva iniziare la sua carriera da eroe e sistemare la sua vita lavorativa, non aveva tempo per storie d'amore. Ma lui era apparso all'improvviso e aveva scombussolato i suoi piani e le sue priorità.
    Ricordava perfettamente il giorno in cui si era resa conto di essersi presa una cotta per Gin, era stato un suo messaggio, un giorno d'inverno, nell'ora di una noiosa lezione alla Yuuei. Il messaggio non diceva nulla di speciale, come ormai avevano iniziato a fare ultimamente, l'aveva invitata ad uscire. Lei aveva sorriso, e si era accorta di averlo fatto. Si era accorta di come un semplice suo messaggio potesse rallegrarle la giornata, di come si sentiva pervasa da una strana felicità al sapere di rivederlo e di come avrebbe volentieri abbandonato quella stessa lezione se lui gliel'avesse chiesto. E si era spaventata. Era assurdo che un ragazzo potesse cambiare il suo umore o un suo messaggio fosse in grado di farle sentire quelle maledette farfalle allo stomaco.
    Allora era iniziato il suo periodo di negazione —durato davvero poco—: si era resa conto di essersi presa una cotta per Gin e allora aveva fatto di tutto per farsela passare. Lo aveva evitato, aveva risposto di rado ai suoi messaggi, senza mai smettere del tutto. E dopo sole due settimane si era arresa, la sua tattica non stava funzionando e al non vederlo era anzi più in ansia.
    Gin non era nemmeno lontanamente il suo tipo di ragazzo ideale, Sumire preferiva i biondi dagli occhi castani, e invece lui aveva dei lunghissimi capelli corvini e gli occhi che ricordavano quelli d'un gatto. Di un gatto, animale che odiava. A Sumire piacevano i ragazzi decisi, che sapevano quello che volevano e lo prendevano, e Gin non era nemmeno sicuro di cosa voleva farne della sua vita.
    Se qualcuno avesse chiesto a Sumire con chi si vedeva in una relazione tra le persone che conosceva allora lei avrebbe nominato Darius, oppure Tobiko, perchè le sembrava più probabile prendersi una cotta per quei due. Darius era un ragazzo gentile, responsabile e sarebbe diventato un'ottimo eroe, per l'albina era come un modello a seguire. Tobi invece era suo amico, aveva il suo rispetto e per qualche ragione le ispirava fiducia, con lui era certa non avrebbe mai litigato. Sarebbe stato molto più semplice se le fosse piaciuto uno di quei due. Ma non era Darius, e nemmeno Tobi. Era quel ragazzo sei anni più grande di lei, coperto di tatuaggi e con un futuro incerto di nome Gin.
    Sumire si era sempre sentita padrona di se stessa ed era spaventoso come a volte la sua felicità dipendesse da una persona che non si sarebbe mai aspettata.

    La ragazza dai capelli bianchi aveva organizzato un appuntamento nelle ore in cui il sole si rifugiava all'orizzonte e le temperature calavano di qualche grado per rendere la serata più sopportabile, evitando la spiaggia nei cocenti pomeriggi di luglio dove i raggi bruciavano la sua pelle fino a farla diventare delle stesse tonalità del tramonto. Una cosa che apprezzava molto di Gin era la sua puntualità, i due si sarebbero incontrati a casa della ragazza verso le sette e mezza e avrebbero preso la metro, come prima tappa Sumire volle percorrere le bancherelle che costeggiavano la spiaggia di Odaiba.
    Erano quasi le otto di sera quando i due arrivarono ad Odaiba, il sole era ormai tramontato, lasciando spazio al cielo blu, decorato da alcune nuvole e poche stelle, a illuminarlo quel giorno era più la città in sè. Le strade sul lungo mare erano illuminate dalle tipiche lampade di carta arricchite di diversi colori e decorazioni, da cui in molte di esse pendevano strisce di carta variopinte. Le vie erano gremite di giapponesi vestiti da abiti tradizionali, e curiosi turisti che si fermavano davanti a diverse bancarelle, molte di esse vendevano cibo, maschere di carnevale, oppure erano dedicate ai giochi a premi o concorsi. Vi erano alcuni spazi, non occupati dalle bancherelle dove vi erano stati posti rami di bambù, da cui pendevano fogliettini di carta dove la gente vi riponeva i loro desideri.
    Sumire ci aveva impiegato molto tempo a trovare lo yukata perfetto, ne aveva provati di tutti i colori con una miriade di stampi diversi, ma alla fine quello che era riuscita a convincerla non era stato che uno dei primi ad aver adocchiato: era lungo e giungeva fino alle sue caviglie, aveva un colore particolare, non un rosa accesso, ma più color pesca. Era ornato da rami, foglie e fiori che riprendevano una palette spenta che non stonasse troppo col vestito; la fascia invece era blu notte con decorazioni floreali dorate, e ai piedi indossava dei sandali bianchi. Aveva lasciato i suoi capelli sciolti e lisci, che le ricadevano sulle spalle.

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    TANABATA FESTIVAL
    In camera di Gin risuonava una canzone degli Hitsujibungaku mentre il giovane si stava preparando per uscire. Era pomeriggio e quel giorno, come tanti altri in fondo, aveva appuntamento con Sumire. Era stata la ragazza a chiedergli di uscire e sul momento il giovane tatuato aveva ovviamente accettato senza neppure ricordarsi che si trattava della sera del Tanabata. Erano stati i suoi genitori a farglielo notare quando li aveva avvisati che quella sarebbe uscito e questo ovviamente voleva dire che era completamente impreparato all'evenienza. Per sua fortuna la sua famiglia era legata strettamente alle tradizioni del loro paese di origine e kimono e yukata erano abbastanza abbondanti nei loro armadi. Rimaneva ovviamente decidere quale indossare.
    Ci mise un'ora a decidersi, perché quando doveva uscire con Sumire metteva sempre particolare attenzione nella scelta di ogni singolo elemento del suo vestiario: sapeva quanto in fondo la ragazza tenesse al proprio aspetto esteriore e non voleva farla sfigurare o, ancora peggio, subire le sue critiche. Gin trovava ridicoli quei ragazzi che andavano a fare shopping con la propria ragazza (o peggio, con la propria madre) per riuscire a scegliersi una maglia decente e non aveva certo intenzione di farsi trascinare da un orecchio per negozi assieme alla giovane di Kyoto.
    Non si erano messi d'accordo ma quasi come fosse uno scherzo del destino anche Gin quel giorno aveva optato per uno yukata a motivo floreale ma di colore diametralmente opposto a quello della sua ragazza. In un modo o nell'altro - forse frutto dell'inconscio - non avevano fatto altro che sottolineare quella differenza implicita che divideva i due a partire dal colore di capelli. Normalmente erano gli yukata femminili ad essere i più decorati ma la sua eccentricità non gli avrebbe permesso di uscire di casa con un abito monocromo. I fiori rossi che sbocciavano lungo il tessuto erano perfettamente intonati con quelli che decoravano la sua pelle e le maniche, più corte che negli abiti ad uso femminile, lasciavano scoperti i tatuaggi che ornavano le sue braccia.
    La fascia che cingeva i suoi fianchi, non troppo estesa, era di un semplice colore nero. Ai piedi, nudi, indossava dei geta di colore nero: per fortuna di Sumire i tacchi non erano particolarmente alti e non avrebbe sottolineato più di tanto la già esistente differenza di altezza che divideva i due.
    Fatto. - borbottò stringendo con forza la fascia ai fianchi. Anche se aveva dovuto improvvisare il tutto era uscito un risultato abbastanza gradevole e sperava che sarebbe riuscito a soddisfare lo sguardo di Sumire. Ora tutto ciò che restava era un'ora di lavoro per pettinare i capelli che - aveva deciso - avrebbe quella sera lasciati liberi di ciondolare alle sue spalle senza alcuna coda.
    Uscito di casa prese la metro e si diresse verso casa della ragazza, aspettandola sotto. Erano passati ormai sette mesi dalla prima volta che l'aveva riaccompagnata a casa dopo quell'appuntamento alla galleria d'arte e i due si erano fatti progressivamente più vicini. I primi tempi Gin non faceva che dannarsi di non aver avuto il coraggio di baciarla o di aver fatto un passo in più ma, nonostante le prime incertezze, i due avevano continuato ad uscire e le cose erano andate avanti in modo abbastanza naturale. Compatibilmente coi loro impegni formativi i due si vedevano spesso e al giovane tatuato piaceva molto passare il tempo con lei: nel corso delle uscite Sumire non aveva fatto che confermare le sue prime impressioni riguardo alla sua maturità mentale e lui personalmente adorava quel suo modo distaccato e quasi autoritario di guardare al mondo che la circondava. Si sentiva un po' come se fosse stato scelto in qualche modo. Non per questo, però, aveva abbandonato il suo normale comportamento. Le piaceva provocarla quando possibile, che fosse prendendola in giro o mandandole qualche foto stramba al mattino: gli piaceva il fatto che lei l'avesse fatto entrare nella sua vita così organizzata e il pensiero di provare a sconvolgerla ogni tanto.

    Non so come fai ad essere sempre così bella. - sospirò Gin mentre passeggiavano per Odaiba. Il sole era ormai tramontato e le tinte bluastre del cielo lo avrebbero lentamente lasciato sciogliersi nel mare unendoli in un connubio che, forse, sarebbe stato rotto in seguito solo dai fuochi d'artificio. Al ragazzo piaceva adulare Sumire anche se la sua maschera imperturbabile lasciava spazio solo raramente all'arrossire. Al Nakano piacevano i suoi capelli bianchi, i suoi occhi chiari e il suo aspetto sempre sereno e a tratti distaccato. L'aveva vista scossa solo quella volta in cui un qualche bulletto aveva esagerato durante un addestramento e l'aveva ustionata: non importava quante malelingue girassero nei confronti di quella 30MINUTESINDUSTRIES, li avrebbe sempre ringraziati per quella pomata contro le bruciature e come li aveva aiutati quel giorno.
    Pensi che incontreremo i tuoi amici, white-chan? - le domandò, con una pronuncia non proprio ottima, utilizzando il soprannome con la quale l'aveva battezzata anche sul suo telefono. Erano ormai sette mesi che si frequentavano e Gin la considerava a tutti i fatti la sua fidanzata, eppure lei non gli aveva mai presentato i suoi compagni di scuola. Sapeva che non erano in molti quelli che considerava amici, anche perché ne avevano parlato a quel loro primo appuntamento, ma qualcuno doveva esserci per forza. Quel Tobiko ad esempio. Non era geloso, più... interessato. Sarebbe stata una nuova pagina da scoprire a riguardo della ragazza in fondo.
    Gin avvicinò la sua mano destra a quella della ragazza dai capelli bianchi con l'intenzione di intrecciare mignolo col suo per tenerla un po' più vicino, ammesso che la giovane glielo avesse permesso ovviamente.
    Quella sera avrebbero visto i loro primi fuochi d'artificio insieme e per quanto potesse sembrare banale era una cosa che stava a cuore al giovane tatuato, che portò la mano sinistra allo yukata aprendolo leggermente e lasciando proprio quei tatuaggi a fare capolino, nella speranza che nessuno gli rompesse le scatole per quelli. Il drago inciso sul suo petto era ora più visibile, ma il Nakano non lo aveva messo in mostra per vantarsi quanto più per caldo. Era infatti piena estate e nonostante il sole si fosse già ritirato si trovavano comunque in mezzo ad una massa di gente. Sumire lo aveva aiutato molto a rimettersi in gioco ed uscire dopo quello che era successo al SALEM e nonostante il suo timore non fosse passato del tutto ora non aveva più così tanti problemi ad uscire in posti trafficati, ed era principalmente merito suo.
    Tra l'altro... Hai già deciso dove mangiare? - le domandò alzando gli occhi al cielo. Sapeva benissimo che probabilmente preferiva essere lei a decidere e soprattutto, come ogni ragazzo, preferiva evitare di sentirsi fare storie qualora la sua scelta non le fosse andata bene. L'istinto di autoconservazione supera di gran lunga il desiderio molto spesso.
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    Sumire Murakami

    Sumire amava i complimenti, le davano quella conferma e sicurezza di essere brava in qualcosa, o più carina, o migliore di altri, ma con Gin, nonostante fossero passati parecchi mesi da quando stavano assieme ed aveva avuto la speranza che prima o poi si sarebbe abituata, non sapeva mai che cosa dire, perchè era imbarazzante. Se ne spuntava dal nulla con quel genere di frasi che la lasciavano parecchio attonita, non capiva come per lui fosse così facile complimentarla quando lei ricambiava molto di rado. Non era come se non avesse mai nulla per cui fargli un apprezzamento, ma Sumire preferiva tenerseli per sè, sopratutto quelli un po' più banali: Gin sapeva perfettamente che Sumire lo trovava attraente —anche se le volte in cui glielo aveva esplicitamente detto si potevano contare sulle dita di una mano— come Sumire sapeva il contrario, e quindi non trovava necessario ripeterglielo. Forse tendeva a dare quel genere di cose per scontato, era molto più facile capire quello che realmente provava dalle sue espressione o dalle sue azioni piuttosto che dalle sue parole, per quanto anch'esse fossero sempre sottili e implicite. Era difficile far sciogliere Sumire, anche per se stessa, essere affettuosa era difficile e non capiva come a Fuyuko invece risultasse così semplice, e non si trattava solo della sua relazione con Yumeru, lei era premurosa con tutti. A volte aveva pensato di chiederle alcuni consigli ma poi si era tirata indietro, non si immaginava ad essere come lei. Le poche volte in cui l'albina si era complimentata era sempre stata sincera, come quando lo aveva visto aspettarla vestito in yukata sotto il suo appartamento, pochi minuti prima. Nemmeno se l'albina stessa lo avesse organizzato sarebbero riusciti a combinare così bene i loro vestiti, entrambi dalle decorazioni floreali che sbocciavano sui loro yukata, ma dai colori opposti. Per essere un ragazzo tutto tatuato che studiava alla facoltà d'arte, si vestiva bene e l'albina non aveva avuto occasioni per criticare i suoi outfit, e anzi trovava piacevole il modo in cui riusciva a combinare tutto, quando di solito i ragazzi erano un disastro o nemmeno era di loro interesse.
    I suoi occhi si assottigliarono fino a diventare due fessure, le sue sopracciglia si aggrottarono ad indicargli che quello che aveva detto suonava davvero ridicolo, ma sorrideva. ‹ Dimmi una cosa, te li scrivi la notte i tuoi elogi? › rise, pensando che a volte Gin lo facesse apposta per metterla in imbarazzo, e quindi lei rispondeva con quello stesso intento.
    Quando il corvino nominò i suoi amici lei spostò casualmente lo sguardo sulle bancherelle. Un po' sperava che non ci fosse mai bisogno di presentare loro Gin, o almeno, probabilmente sarebbe stato molto più facile se un giorni lo avesse per caso incontrato a Ueno mentre si allenava con loro, perchè a quel punto sarebbe stata costretta a presentarlo, invece non era mai successo e quindi continuava a rimandare la cosa all'infinito. E poi come avrebbe dovuto fare? Di certo non si vedeva a chiedere a quei tre "Hey volete uscire con me e il mio ragazzo?", ed aveva molta paura a passare più di cinque minuti tutti e cinque assieme, era sicura che Yumeru avrebbe detto qualcosa di poco appropriato, raccontare cose a Gin che lei non voleva sapesse oppure prenderla in giro per come si comportava con il suo ragazzo, esattamente come lei faceva al vederlo assieme a Fuyuko. Perché era divertente far notare a Yumeru come fosse diverso quando si rivolgeva alla ragazza dai capelli turchesi. Avrebbe tanto voluto sapere se anche lei era diversa quando stava con Gin, se assumeva quello stesso sguardo del suo amico quando vedeva Fuyuko.
    ‹ Può darsi... due di loro sono una coppia quindi è probabile che siano venuti qui, anche se lui non mi sembra molto il tipo... probabilmente lo dovrà trascinare. ›, le era capitato alcune volte di parlare dei suoi amici, anche se non molto spesso, ed erano principalmente solo lamentale verso Yumeru, probabilmente Gin nemmeno aveva capito fossero amici dal modo poco gentile con cui ne parlava. Forse li avrebbero incontrati, Sumire però preferiva trascorrere la serata da sola con lui.
    La mano del corvino si avvicinò alla sua e lei lasciò che i loro mignoli si incrociassero. Rispetto ai primi tempi, in cui Sumire evitava qualunque tipo di contatto, sopratutto se in pubblico, si era poco a poco sciolta, ancora strano che fosse lei a prendere iniziativa, o che afferrasse la sua mano in giro per Tokyo, ma non lo rifiutava mai.
    ‹ In realtà no... pensavo di fermaci in qualche bancarella qui in giro, credo sia la prima volta che mangio street food. › disse, senza nascondere un leggero entusiasmo all'idea. Era da quando era piccola che non percorreva le bancherelle, e ora voleva provare a fare un po' di tutto, dai più tipici giochi, al comprare qualche collana agli artigiani del posto. ‹ Tu eri già venuto a festeggiare il Tanabata qui prima d'oggi? › gli domandò, notando come lo yukata di lui fosse leggermente più aperto rispetto a prima, rivelando il muso del drago dipinto sul suo petto. Dopo sette mesi in cui era uscita con lui, Sumire aveva fatto abitudine alle occhiate storte che ogni tanto i suoi compaesani lanciavano al suo ragazzo per colpa del tatuaggi, all'inizio le ricambiarle tutte, il che la faceva sembrare perennemente arrabbiata, ma con il passare dei mesi aveva iniziato ad ignorarle finché non ci fece più caso. Ora però le strade erano percorse anche da turisti di tutto il mondo, perciò sarebbe stato più facile passare inosservato.
    La sua attenzione fu catturata da una bancherella, una coi tipici giochi a premi. Vi erano esposti sul tavolo alcuni piccoli peluche, action figures, caramelle, braccialetti, insomma un po' di tutto, e alcuni adolescenti erano impegnati a cercare di prenderli con dei grandi anelli in plastica.
    ‹ Hai una buona mira Gin? › chiese al dirigersi verso la bancherella, un po' affollata, per sbirciare. ‹ Non sembra così complicato. › aggiunse, nonostante nessuno di quelli che stava provando avesse ancora centrato nulla. ‹ Sono sicura di poterli prendere tutti. ›

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    No, improvviso. - rispose semplicemente ridacchiando alla domanda della ragazza dai capelli bianchi riguardo i suoi "elogi", intrecciando il mignolo col suo - La notte di solito dormo nella speranza di sognarti. - aggiunse con una strana enfasi nel tono di voce sull'ultima parte. A volte era difficile capire se fosse serio o volesse solamente essere eccessivamente mieloso e dolce al punto da voler volutamente risultare fastidioso. Probabilmente come spesso accade la verità sta nel mezzo, e Gin diceva quelle frasi - che pensava davvero - conscio del loro effetto a tratti imbarazzante, bambinesco e irritante che rimarcava col suo tono di voce quasi per utilizzare quell'ironia come scudo. Fosse una o fosse l'altra l'esito era comunque come masticare una di quelle grosse caramelle vendute singolarmente nei gachapon che finivano per sapere di zucchero e fabbrica e nient'altro.
    Gin era onestamente curioso di conoscere gli amici o i compagni di Sumire. Che tipo di persona era con loro? Come si comportava, come scherzavano tra di loro? Il tatuato dal canto suo non aveva molte persone che poteva considerare tali e forse anche i tatuaggi erano da incolpare per questo. Assieme, ovviamente, al suo passatempo preferito: prendere tutti in giro. Aveva sempre avuto interessi un po' diversi da quelli che andavano per la maggiore e il suo desiderio di fare il bastian contrario ogniqualvolta fosse possibile certamente non lo rendeva tra le persone più apprezzate al mondo. Poteva forse considerare amici i suoi coinquilini ma in fondo non avevano chissà quante cose in comune oltre all'avere lo stesso tetto sulla testa, e si trovavano a litigare quasi ogni fine mese per l'affitto e le bollette e quant'altro.
    Sumire invece frequentava una scuola per aspiranti eroi e questo era un tratto che allo stesso tempo incuriosiva e spaventava il giovane dai capelli lunghi. Il fatto che lei potesse o volesse diventare un avatar dell'ordine costituito che a lui tanto dava fastidio era in un certo senso irritante, ma non le aveva mai chiesto i motivi dietro quella scelta (ammesso ovviamente che lei volesse dirglieli). Quelle motivazioni però lo incuriosivano dato che da quel che sapeva la ragazza aveva tutto o, beh, abbastanza per vivere la sua vita tranquilla senza mettere la sua vita in prima linea o quant'altro. Forse i suoi compagni potevano essere una buona chiave per scoperchiare quel mistero, ma non l'avrebbe certo obbligata a presentarglieli.
    Keh, un po' come noi huh? - rispose a quanto detto sui suoi amici posando i suoi occhi gialli su di lei, per poi ridere - Sto scherzando, sto scherzando. Mi fa piacere che tu mi abbia invitato. Come sempre. - aggiunse passandosi una mano tra i lunghi capelli neri che sfilavano sulla sua schiena. Un po' era vero: quel timore per quanto accaduto al SALEM era ancora una ferita nel suo animo ma si stava lentamente rimarginando anche e soprattutto grazie a Sumire. Anche solo qualche mese prima avrebbe probabilmente avuto un'ansia inimmaginabile a trovarsi in mezzo a così tante persone e ora invece eccolo lì.
    Eeeeeh? - borbottò destandosi dai suoi pensieri turbati sentendo le parole della giovane al suo fianco - Com'è possibile che sia la prima volta? - aggiunse ancora stupito dalle parole della ragazza. Ok, forse non tutti avevano il suo orribile tenore alimentare da studente universitario che deve pagare l'affitto ogni mese, ma era davvero la prima volta? Strinse il mignolo al suo, alzando la mano e trascinandosi dietro anche quella della ragazza con l'intento di stuzzicarla punzecchiandole la soffice guancia col suo dito indice - Ooi. Cosa mangiavi a Kyoto, sushi e caviale ogni giorno?! - ridacchiò. A volte si stupiva ancora che una ragazza come lei si fosse ridotta ad uscire con uno come lui. Forse SALEM non era mai finito e stava ancora sognando, ma finalmente qualcosa di positivo.
    Beh, per una volta poteva almeno ammettere di saperne più di lei. Avrebbe cercato la miglior bancarella per farle provare qualcosa di buono anche se di certo non era il miglior critico culinario al mondo e l'albina aveva sicuramente un gusto migliore del suo.
    Uuuuuuuh... No, mai. - rispose quindi alla domanda della compagna. Come detto Gin non era proprio una persona socievole o perlomeno non così tanto da frequentare ambienti simili. Quella era poi la festa degli innamorati in un certo senso e beh, il giovane aveva avuto compagni e compagne in passato - specialmente le seconde - ma nulla di particolarmente stabile. Non si frequentava con Sumire da molto ma aveva fondamentalmente infranto tutti i suoi record precedenti. Si grattò la chioma voltandosi verso di lei sentendola parlare di un qualche gioco. Lì per lì aveva pensato ad uno di quei classici stand da parco giochi dove devi sparare con armi a palline e alla domanda sulla sua mira avrebbe voluto risponderle "e tu?". Insegnavano a sparare, alla UA? Nella sua mente si delineò piuttosto chiaramente un'immagine di Sumire con un qualche fucile spara-vibrazioni visto in qualche videogioco o in qualche film, per collegarlo alla sua unicità. Ed era fighissima. Istintivamente si domandò anche se tatuarsi un mirino sull'iride lo avrebbe in qualche modo aiutato a farsi figo a sua volta. Non voleva ovviamente sfigurare davanti a lei nel caso dovesse vincerle un qualche peluche, ma aveva dubbi sulla funzionalità della sua unicità sui tessuti molli e, soprattutto, sapeva che probabilmente la ragazza lo avrebbe bastonato se lo avesse beccato ad utilizzare l'unicità, un po' come al loro primo incontro.
    Alla fine si trattava di un gioco più semplice e , forse poteva avere una mira quantomeno decente in quello. Ciò che amava di Sumire era la sua determinazione e il suo spirito di sfida: sapeva che molte altre ragazze gli avrebbero semplicemente chiesto di vincere per loro mentre lei si stava solo vantando delle sue capacità.
    Ah sì? - ringhiò con un sorriso glissando brutalmente la domanda riguardo alla sua mira - Vorrei proprio vederti provare, su. Fammi vedere che sai fare, bimba.
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    Sumire Murakami

    Tra le tante cose, amava ed odiava non riuscire mai a mettere Gin in imbarazzo ed essere costretta a lasciargli avere l’ultima parola perchè lei rimaneva senza. Il ragazzo tatuato riusciva a dire cose imbarazzanti, come quella che aveva appena detto, in modo così naturale che era lei alla fine quella a sentirsi a disagio. Si disse che non lo avrebbe degnato di risposta, ma in ogni caso non ne aveva una e si limitò a scuotere il capo ed alzare le iridi cerulee al cielo, dissimulando quel lieve rossore sulle sue gote.
    Era difficile capire se lo pensava davvero, oppure lo facesse soltanto perchè si divertiva a provocarla. In verità le era sempre risultato complicato capire quando Gin era serio e intendesse davvero quello che diceva e quando no, ed era quella remota possibilità che veramente sperasse di sognarla ad essere tremendamente imbarazzante.
    Il sorriso le si congelò sul volto quando il ragazzo dai capelli corvini si paragonò ai suoi due amici, sottintendendo che non voleva essere lì. E Sumire si ritrovò in un bivio: fare uno scandalo perchè avrebbe dovuto dirglielo e rovinare la serata, oppure ridere e proseguire come se niente fosse. Ovviamente l’unico motivo per cui stava prendendo in considerazione la seconda opzione era perchè almeno avrebbe potuto andare avanti con la sua serata pianificata e magari fare il broncio più tardi.
    Peccato che ultimamente l’albina avesse deciso di smettere di trattenersi così tanto e dire tutto ciò che pensava. “Avresti dovuto dirmelo.”, gli avrebbe voluto dire, mentre il suo volto aveva già rapidamente assunto un’espressione corrucciata. Sumire pretendeva che il suo ragazzo fosse sincero con lei e se non voleva andare al Tanabata non c’era bisogno di nasconderlo, lei lo avrebbe ascoltato e poi lo avrebbe convinto ad andare comunque in un modo o nell'altro perchè non avrebbe permesso a nessuno, nemmeno al suo ragazzo, di rovinare i suoi piani. Quell'ultima parte però avrebbe evitato di dirla e gli avrebbe lasciato l’illusione di aver avuto davvero una scelta. Si sarebbe offesa, per farlo sentire in colpa, ma lui stava scherzando. Ed ecco cosa succedeva quando si prendeva troppo sul serio Gin. ‹ Ah-ah-ah, molto divertente. › commentò sarcastica, mantenendo quello sguardo imbronciato. Ora offesa davvero perchè per un attimo le aveva fatto crollare tutte le sue certezze.
    ‹ Sai, avevo pensato di invitarti a casa questa notte, così che non dovessi dormire col pensiero di sognarmi. Ma credo di aver appena cambiato idea. › disse, ritrovando il sorriso. Non faceva parte del suo piano, e lo aveva pensato giusto in quel momento solo per fargli pentire di essersi preso gioco di lei, ma forse lo avrebbe inviato comunque.
    Solo dopo alcuni mesi Sumire aveva capito il motivo per cui Gin la ringraziava sempre quando lo invitava ad uscire, o almeno pensava fosse per quello che gli era capitato al Salem. La ragazza aveva scoperto che anche lui aveva partecipato a quella strana serata di Halloween, e ne era rimasto piuttosto scosso. Sumire, a cui era andata relativamente bene e si era ritrovava in un castello con pallide persone che parlavano un’altra lingua, continuava a credere che si fosse trattato solo di uno strano sogno, nonostante il suo compagno Yumeru le avesse poi confermato di aver vissuto la stessa cosa. Non avendo vissuto niente di troppo emozionante, e anzi che fosse successo assieme a Shinso, gliel'avevano fatto dimenticare molto in fretta. Per Gin invece sembrava più difficile riuscire a rimuovere quei ricordi e Sumire provava ad aiutarlo come poteva, e spesso finiva per dirgli che quello che aveva vissuto non era successo per davvero, anche se ormai non ne era più tanto sicura.
    ‹ Non fare quella faccia! E’ normale... voglio dire, sono giovane, non è come se avessi quarant'anni e non avessi mai acquistato cibo da una bancarella... per strada... ma sei proprio sicuro che sia igienico? ›. Iniziò a guardarsi attorno in cerca di bancherelle in cui vedere cosa stavano preparando da mangiare, facendosi un po’ prendere dalla paranoia. C’era un motivo se la ragazza non aveva mai mangiato niente che non fosse cucinato in un ristorante possibilmente stellato in cui era sicura di quello che le veniva servito. ‹ Non è che tipo può venire chiunque a vendere del cibo qui, no? Qualcuno li controll—AHI! › si lamentò l’albina, trascinando la sua mano lontano dalle proprie guance, non le aveva fatto male ma detestava i pizzicotti.
    ‹ Non credo di aver mai provato il caviale, per tua informazione. E comunque no, semplicemente seguo una dieta equilibrata a differenza di qualcun altro che se continua a mangiare tutto quel cibo spazzatura avrà un infarto a trent'anni. ›, si preoccupava per le abitudini alimentari poco sane del suo ragazzo e spesso si domandava come riuscisse a mantenersi in forma nonostante tutto quello che mangiava.
    Come aveva immaginato, anche Gin non era mai stato ad Odaiba per la festa delle stelle, forse nel suo scherzo di poco prima c’era un fondo di verità e nemmeno lui era tipo da quelle cose. Sumire aveva scoperto solo quell'anno di essere quel tipo di persona a cui piacevano le leggende un po’ sdolcinate e platoniche, non per nulla pensava di assistere allo spettacolo teatrale dedicato a Orihime e Hikoboshi che si sarebbe tenuto più tardi.
    ‹ Vedi? Per te è la prima volta qui, eppure hai ventiquattro anni... nessuna delle tue ex ti ha mai chiesto di festeggiare in Tanabata? ›, la sua era una domanda più o meno velata: quante fidanzate aveva avuto Gin prima di lei? Non glielo aveva mai chiesto in modo esplicito, ma approfittava sempre quando ne aveva occasione di indagare sulla questione e, in quel caso, vantarsi di essere la migliore ragazza con cui fosse uscito. D’altro canto anche per Sumire era la prima volta che festeggiava il Tanabata assieme al suo ragazzo, non sapeva ancora se considerava il suo rapporto con Gin qualcosa di serio nonostante sette mesi erano molto più di quello che si era immaginata sarebbe durato, ma oltre a quella attuale, aveva avuto soltanto un’altra storia seria, era stata giovane e stupida ed era paradossalmente durata meno rispetto a quella con Gin.
    Sumire era davvero convinta di riuscire a centrare il bersaglio già al primo tentativo, non sembrava una cosa così complicata e lei era la precisione in persona, non si poteva far battere da un giochetto. ‹ Mh? Non mi credi? E va bene. ›
    La ragazza attese pazientemente il suo turno, studiando nel mentre le persone che prima di lei provavano l'impresa per capire un po' meglio come funzionava. Pagò l'impiegato che si occupava della bancarella e si fece dare cinque anelli, che equivalevano ai cinque tentativi che aveva, qualunque cosa avrebbe preso con quei anelli sarebbe stata sua.
    Il primo anello che lanciò finì sul tavolino senza centrare nulla. ‹ ...era una prova. › si giustificò, per rassicurare se stessa, più che per Gin. Il secondo finì incastrato nell'orecchio di un piccolo peluche a forma di panda a fargli da orecchino, ma siccome non era entrato non valeva, Sumire non si sarebbe lamentata ma quella era una palese truffa. Il terzo, finalmente, passò per la testa del peluche. ‹ Ce l'ho fatta!! › esclamò, voltandosi in un saltello verso Gin, con un ampio sorriso sulle labbra.
    Allungò il braccio, e gli porse gli ultimi due anelli. ‹ Tocca a te ora. ›, Sumire voleva concludere il suo gioco con quella vittoria e non avere la possibilità di fallire nei suoi ultimi due tentativi.

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    TANABATA FESTIVAL
    Strinse giocosamente il suo mignolo vedendola mettere su un musetto imbronciato dopo la sua battuta. Come al solito la verità sta nel mezzo: a Gin non dispiaceva assolutamente trovarsi lì e soprattutto trovarsi lì con lei, ma allo stesso tempo era abbastanza improbabile che lui avrebbe mai offerto di uscire in una situazione simile. Non era stato costretto ad andare lì e anzi, era bastato invitarlo, ma comunque non era certo il suo contesto sociale preferito. Certo, questo era ovviamente riferito all'idea di andare ad un festival in sé, quella sera era un po' diversa.
    Era il Tanabata, una sorta di seconda festa degli innamorati (prima se si voleva escludere il San Valentino rubato all'occidente) e il fatto che Sumire lo avesse invitato ad uscire significava molto per lui. La giovane dai capelli bianchi - beh - non era proprio un talento nato nel mostrare i suoi sentimenti. Forse per orgoglio o forse per educazione la maggior parte del tempo era una sorta di specchio di ghiaccio impenetrabile e coperto da una leggera nebbiolina. Come l'aveva dipinta Gin a sua insaputa dopo il loro primo appuntamento, un mare nero, calmo e impenetrabile. L'amore o i sentimenti che la giovane di Kyoto provava per lui (volendo usare una parola meno forte) si vedeva nei piccoli gesti inconsapevoli, come il suo volerlo invitare ad una festa simile, il voler passare il tempo con lui o la sua sottile ma ustionante gelosia che ogni tanto mostrava le scaglie da mostro marino poco sotto la superficie di quell'oceano scuro.
    Si ricordava ancora quando le aveva dedicato una canzone su BABEL e lei gli aveva chiesto a chi fosse riferita: sì, Sumire Murakami non era un talento naturale nei rapporti umani. Il giovane si era comunque abituato facilmente e sebbene avrebbe certamente preferito vederla un po' più sciolta ogni tanto si era abituato alla sua tiepida freddezza e al fatto di dover essere lui - qui sì - a fare il primo passo nella coppia quando si trattava di cose dolci o da piccioncini.
    Uuuuh? - questo, ovviamente, tranne in rari casi come quello - Gu-guarda che scherzavo davvero. - borbottò arrossendo e saettando coi suoi occhi giallastri sul volto imbronciato della ragazza mentre si trasformava in un sorriso quasi sadico. Dormire assieme o perlomeno dormire a casa sua sarebbe stata la perfetta coronazione di quella serata e il ragazzo tatuato non voleva certo buttarla via così. Avrebbe fatto di tutto per riconquistare quella proposta.
    Assottigliò lo sguardo massaggiandosi la folta chioma mentre veniva sgridato riguardo le sue abitudini alimentari dalla sua fidanzata. Ciò che gli piaceva di Sumire - forse per una qualche strana sindrome di Stoccolma o per istinti masochisti - era anche il fatto che con lei non sapeva mai cosa aspettarsi, come in questo caso. Si strinse nello yukata quasi spaventato.
    Ooooi, guarda che non è così disastroso... - borbottò tra sé e sé - Non mangio mica schifo tutti i giorni. - aggiunse scuotendo la testa. Effettivamente ultimamente certi tipi di cibo spazzatura o presunti tali (come il ramen già pronto) avevano iniziato ad essere più presenti nella sua vita, ma questo era vero per moltissimi altri universitari. Il tragitto casa-scuola-lavoro, la sessione di esami e tanto altro facevano ovviamente sì che spesso, vivendo ormai da solo, Gin non avesse tempo di fare la spesa o prepararsi un buon pasto. Ciononostante adorava la cucina giapponese e in generale la buona cucina, e non vi avrebbe mai rinunciato. Gli mancava solo il tempo.
    Neanche io ho mai provato il caviale comunque. - cercò di direzionare il discorso da un'altra parte - Un'altra cosa da provare assieme. - le sussurrò con un occhiolino - E comunque... certo che fanno i controlli, white-chan. Vendono solo cose cucinate in fretta, mica veleno. - aggiunse, ammesso che fosse davvero necessario spiegarlo. Anzi, chissà quanti permessi servivano per lavorare lì al Tanabata.
    A parte che no. - liquidò così la sua domanda riguardo a presunte ex ragazze. La verità era che i rapporti precedenti di Gin, ammesso che si potessero chiamare tali, erano davvero durati nulla. Il tempo di avere una conversazione probabilmente. Si trattava principalmente di conquiste di una notte fatte in gioventù ma negli ultimi anni non aveva praticamente mai avuto nessuno: il fatto di avere il 90% del corpo coperto di tatuaggi in una società come quella giapponese era decisamente uno svantaggio nella fase di approccio con le ragazze (o i ragazzi). Le possibili implicazioni con la mafia rendevano ovviamente il tutto quasi sospetto e la serie di conquiste del giovane dai lunghi capelli neri si era esaurita tanti anni prima.
    Al di là di questo quasi la totalità dei partner passati di Gin lo poteva descrivere con frasi come "è molto carino, se solo stesse zitto..." o simili. Solo Sumire sembrava in qualche modo tener testa ai suoi continui punzecchiamenti, che fossero positivi o negativi.
    E comunque non è la stessa cosa. - riprese quindi - Il Tanabata c'è solo una volta l'anno. I pasti si consumano due volte al giorno. Già solo in un mese hai avuto più del doppio delle occasioni di mangiare cibo spazzatura di quelle che io ho avuto per venire al festival. - aggiunse alzando l'indice sinistro al cielo mentre spiegava. Era una discussione abbastanza inutile ma era sicuro di avere ragione. Circa. Almeno sulla parte statistica. Forse, non era sicuro.
    Alla bancarella di tiro al bersaglio la vide pagare il tizio del chioschetto e prendere i cinque anelli da regolamento. Assurdo che non si fidasse del cibo ma fosse disposta a spendere per quello che fondamentalmente era gioco d'azzardo visto che spesso i materiali erano truccati e quando non lo erano lo erano le regole, come dimostrato dal secondo tentativo. Sorrise al primo invece, sentendola giustificarsi. Al ragazzo giapponese piaceva vedere Sumire... piaceva vedere Sumire. La osservava con dedizione quasi maniacale quando poteva, dai suoi capelli bianchi che sembravano fluttuare in aria al modo delicato in cui sui muoveva anche ora che voleva vincere un peluche o qualsiasi altra cosa volesse fare. E poi il suo splendido sorriso di vittoria mentre saltellava sul posto. Era contento di averla al suo fianco.
    Se proprio vuoi buttare i tuoi soldi... - ridacchiò prendendo i due anelli rimasti. A volte gli capitava di andare a giocare a pallacanestro con qualche compagno, ma quella era una situazione completamente diversa. Poteva dire di avere una mira quantomeno decente lì, ma questo era diverso. Proprio per questo entrambi i suoi lanci, diretti ad un altro peluche, non fecero che andare a vuoto. Sospirò scuotendo la testa anche se sapeva benissimo che sarebbe finita così. Doveva recuperare la situazione.
    Come al solito sei stata brava. - sorrise voltandosi verso Sumire - Prendi il tuo premio, che magari più tardi potrei dartene uno anche io. - trillò portando le mani ai capelli e aggiustandoli. Quella massa nera si annodava spesso quando la lasciava libera - E ora cerchiamo un posto dove mangiare, che se devi controllare se tutti seguono le regole sanitarie finisce la festa prima che mettiamo qualcosa sotto i denti. - ridacchiò per provocarla, avendo trovato un suo punto debole. Ovviamente il suo tono era giocoso, anche se... probabilmente se fosse stata letteralmente chiunque altro la avrebbe punzecchiata maggiormente.
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    Sumire Murakami

    Le iridi cerulee di lei erano fisse sul volto di Gin, le piaceva vedere le sue guance assumere quel colore rosato, era difficile accadesse, e questo oltretutto voleva dire che aveva vinto. Non era come se ogni volta che il corvino la provocava lei ne facesse una sfida a chi avesse l'ultima parola... solo le poche volte in cui vinceva, ed era una cosa che accadeva soltanto nella sua testa. Lo guardava con un barlume di crudeltà in quel sorriso, probabilmente Gin la conosceva abbastanza per cogliere quel dettaglio; Sumire aveva un'aspetto che non accompagnava affatto il suo carattere, il suo fisico petit, i capelli bianchi e gli occhi azzurri le donavano candore e innocenza, di cui però in realtà mancava. Era quindi fondamentale saper riconoscere i suoi sorrisi, sopratutto quando la maggior parte di essi non esprimevano emozioni positive.
    ‹ Non mi interessa. › dichiarò capricciosamente l'albina, in quello che stava diventando il nuovo modo per torturare il suo ragazzo. ‹ Chi mi assicura che tu non stia mentendo? ›, ormai non si trattava nemmeno più di punirlo, si divertiva solo a tenerlo sulle spine e sicuramente non avrebbe cambiato idea fino alla fine della serata dove avrebbe davvero valutato la possibilità.
    Sumire sospirò alle parole di Gin riguardo alle sue abitudini alimentari, con un sopracciglio inarcato di chi sapeva che stesse mentendo. ‹ Se tu mi lasciassi ti potrei scrivere una dieta più salutare, con delle ricette facili da preparare. › gli propose, sapendo perfettamente che il suo tempo a disposizione fosse poco, tra l'università e il suo lavoro. Lei però reputava che la sua era soltanto pigrizia, e che al suo posto avrebbe trovato il modo di conciliare il tutto —organizzandosi la settimana in un'agenda— ed avere anche tempo per mangiare in modo decente. Anche se era difficile immaginarsi Gin a pianificare le sue giornate, quando anche Sumire aveva smesso di essere così ossessionata, o almeno ci stava provando.
    Se il corvino gliel'avesse permesso, la ragazza si sarebbe davvero messa a cercare delle ricette semplici e salutari; se non avesse avuto altro da fare probabilmente, dispotica com'era, avrebbe invaso il suo appartamento tutte le mattinate e serate per cucinare direttamente al posto suo in modo da essere sicura che le desse retta.
    ‹ Forse avremmo potuto assaggiare del caviale se avessi fatto in tempo a prenotare al Hoshi. ›, il piano iniziale di Sumire infatti non era stato mangiare alle bancherelle, ma al ristorante, purtroppo si era dimenticata di prenotare in tempo e quando se n'era ricordata era già troppo tardi. Non era ancora convinta della qualità del cibo che vendevano lì in giro, ma se Gin lo mangiava praticamente sempre ed era ancora vivo voleva dire che poteva fidarsi. ‹ So che non vendono veleno, baka... e comunque sarebbe discutibile. Sto solo dicendo che ci potrebbero rifilare cibo scaduto. › rabbrividì al solo pensiero, si chiedeva se sarebbe davvero riuscita a mangiare qualcosa alla fine oppure avrebbe lasciato perdere e si sarebbe accontentata di un ghiacciolo.
    La breve risposta di Gin riguardo le sue ex fece assottigliare lo sguardo dell'albina, lei avrebbe voluto sapere di più. Non era nemmeno certa del perchè le importasse così tanto, forse le interessava capire se il corvino usciva con persone come lei, anche se di Sumire Murakami ce n'era soltanto una e chiunque le assomigliaste vagamente era una copia. Già, voleva sapere se lui era uscito con delle sue copie, o se al contrario le persone che aveva frequentato erano completamente diverse da lei.
    Statisticamente parlando Gin aveva ragione, anche se Sumire non gliel'avrebbe data. ‹ Si, però io sono io. A Kyoto avevo le domestiche a prepararmi da mangiare e se uscivo di solito andavo sempre in qualche ristorante. Quindi fino ai sedici anni non ho avuto possibilità di mangiare cibo spazzatura. Quindi, rimane solo circa un anno, ossia questo dove mi sono trasferita e vivo da sola, in quel caso avrei comunque avuto più opportunità di te di andare al Tanabata... ma non mi capita spesso di dire "non ho niente da mangiare nè soldi da spendere e quindi vado ad un fastfood". Perciò no, tu hai comunque avuto più possibilità di andare al Tanabata che io di mangiare cibo di strada. ›, probabilmente Gin si sarebbe perso a metà del suo contorto discorso sul perchè lei aveva ragione e lui no, nemmeno lei verso la fine era sicura di quello che aveva detto, ma l'aveva fatto con una sicurezza tale da far sembrare tutto molto naturale e ovvio.
    I tiri di Gin alla bancherella andarono a vuoto, ma a Sumire non importò un granché, glieli aveva rifilati solo perchè non fosse lei a perdere. La studentessa afferrò il suo nuovo panda, accarezzandogli distrattamente il muso soffice con le dita. I suoi occhi si assottigliarono in uno sguardo indagatore, aveva una vaga idea di cosa intendesse Gin, ma con lui non si poteva mai sapere. ‹ Sei imbarazzante. › constatò, anche se il suo era più un velato "mi metti in imbarazzo". Stava a lui capire se parlasse delle sue parole, oppure del fatto che non fosse riuscito a centrare nemmeno un bersaglio.
    ‹ Andiamo. › la ragazza si voltò o proseguì il percorso di bancherelle, scuotendo la sua chioma bianca, facendo finta di non sentire quello che aveva detto. ‹ Lascio a scelta a te stavolta. ›, dato che Gin se ne intendeva molto più di lei per quel genere di cibo, si sarebbe fidata del suo gusto.

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    Sorry il ritardo,,
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    TANABATA FESTIVAL
    Le labbra di Gin si accartocciarono in un sorriso sghembo sentendo la giovane dai capelli bianchi proseguire la sua predica sulla sua presunta dieta. La preoccupazione sembrava una delle poche emozioni umane che la Murakami era in grado di provare e al giovane tatuato, in fondo, non dava particolarmente fastidio. D'altro canto i suoi sospetti erano tutt'altro che infondati: una buona parte della sporadica impossibilità del ragazzo dai lunghi capelli neri di mangiare qualcosa di "sano" derivava anche e soprattutto dalla sua pigrizia o dalla sua svogliatezza. Ma qualcuno deve pur far girare l'economia, no? Al di là di questo Gin era comunque una buona forchetta ma certamente non una buona padella: non aveva mai imparato a cucinare, tuttalpiù a scaldare cibi precotti in padella o in microonde e nell'arcipelago erano quasi dei maestri nel riuscire ad inscatolare quasi qualsiasi cosa già pronta per essere consumata.
    La afferrò delicatamente sulle guance con la mano destra - o almeno ci avrebbe provato sperando di evitarsi un colpo a magnitudo 8 della scala Richter sul braccio - fissandola negli occhi coi suoi giallognoli a solo qualche centimetro di distanza l'uno dall'altra per zittirla giocosamente con un sorriso.
    Guarda che se continui mi mangio anche te. - le sussurrò per poi lasciarla andare, ma non prima di scoccarle un bacio sulla fronte. Tutto questo ovviamente nell'ipotetico caso in cui la giovane dai capelli bianchi non lo avesse ribaltato prima, ed era perfettamente conscio ne fosse in grado.
    Mmmmh... Sarà per la prossima volta, tesoro. - disse poi riferendosi all'Hoshi, assottigliando leggermente gli occhi. Sarebbe stato molto carino, ma effettivamente era più simile al SALEM di quanto avrebbe voluto ammettere. Forse un giorno quella storia gli sarebbe passata del tutto ma probabilmente gli eventi che sarebbero accaduti di lì ad un paio di giorni avrebbero fatto tornare quel demone più forte che mai - ... pensi che mi avrebbero fatto entrare? - aggiunse ridacchiando e alzando leggermente il tessuto dello yukata sul petto rivolto verso di lei: effettivamente con quei tatuaggi e quei capelli che sembravano più una rete da pesca piena di alghe che un'effettiva chioma non doveva certo essere l'ospite ideale per una festa simile. Il suo mondo e quello di Sumire erano così distanti e probabilmente era questo il motivo per cui ancora non aveva conosciuto i suoi genitori, ma in un mondo o nell'altro sembravano essersi incontrati comunque in circostanze quantomeno strambe.
    Sei proprio viziata. - la provocò giocosamente ignorando tutto il resto del suo ragionamento. Le sue parole erano una conferma di quanto aveva appena pensato dato che Gin non sapeva neppure cosa significasse avere una domestica. Questo lato di Sumire comunque non lo disturbava, anzi, era solo contento si fosse abbassata al suo livello. Si chiedeva ancora cosa potesse volere una ragazza che aveva tutto come lei da una carriera come eroina.
    Oopsie. - le sorrise sornione al suo sottolineare quanto fosse imbarazzante. Beh, l'intero scopo della sua vita era mettere gli altri in imbarazzo si potrebbe dire. Che fosse per i tiri mancati alla bancarella o per la sua provocazione poco importava, anche se doveva ammettere che non essere andato neanche vicino a far centro un po' lo disturbava. Aveva ridotto le sedute in palestra in quei mesi, forse era il caso di iniziare di nuovo a pieno regime dopo l'estate.
    Ti assomiglia. - disse osservando Sumire e il suo nuovo peluche che stava avidamente accarezzando - Pensi di dargli un nome? - le chiese alzando un sopracciglio. Era quasi bizzarro vedere quella ragazza così seria e determinata con un pupazzo in braccio, quello era forse il primo momento in cui si ricordò effettivamente della loro differenza d'età. Anche se certo, detto da un patito degli anime e delle action figure forse non aveva chissà che valore. Avrebbe provato a prenderla per mano - interamente questa volta - per proseguire la loro passeggiata sul lungomare di Tokyo.
    Più che agli occhi per essere guidati verso il cibo era necessario affidarsi all'udito e soprattutto al naso. Dopo qualche minuto di camminata Gin individuò uno yatai che faceva al caso loro: il menù era esposto sopra la struttura con una lavagnetta e consisteva dei tipici piatti da street food giapponese e la coda non sembrava molta mentre l'odore era molto invitante.
    Vieni, bimba. - la incitò praticamente tirandosela dietro per mettersi in fila e osservare la lista dei piatti offerti - Mmmmmh... - borbottò tra sé e sé - Io penso che prenderò degli yakisoba, li hai mai mangiati? - domandò voltandosi verso di lei coi suoi occhioni gialli - Sono... Beh, più o meno quello che ho mangiato al nostro primo appuntamento. - aggiunse con un sorriso. Aveva preso degli udon ai tempi ma la differenza stava principalmente nel tipo di pasta utilizzato - E poi... Credo degli yakitori, gli spiedini di pollo. - aggiunse annuendo tra sé e sé, per poi voltarsi verso di lei - Ti prometto che ti piacerà e che non verrai avvelenata, quindi scegli quello che vuoi.
    Sospirò osservandola. Aveva voglia di baciarla, ma non era il caso di farlo in pubblico. Gli sarebbe bastato anche solo accarezzarle il volto o i capelli, ma forse era meglio tenere le smancerie per un ruolo più appartato, magari tra qualche scoglio mentre osservavano i fuochi d'artificio più tardi. Aveva davvero voglia di passare la notte con lei e sperava che lo avrebbe invitato davvero alla fine, gli sarebbe andato bene pure dormire sul divano ovviamente - l'importante era stare con lei.
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    Sumire Murakami

    La ragazza era troppo immersa nei suoi pensieri per accorgersi della mano di Gin che si avvicinava al suo volto, stava pensando a qualcosa di abbastanza facile e veloce da cucinare, che allo stesso tempo fosse sano. Avrebbe potuto iniziare con delle insalate, era impossibile non riuscire a prepararle, e glielo stava per dire, quando senza preavviso si ritrovò il suo viso a qualche centimetro di distanza, a sfiorargli il volto le sue dita... chiunque dicesse che servivano due occhi del colore del oceano per perdercisi dentro, si sbagliava. Le piaceva il dorato delle sue iridi, quella tonalità calda che accompagnava alla perfezione la sua persona. Ed ella si perse a captare ogni piccolo dettaglio, perchè il suo viso era perfetto ed amava quei pochi momenti in cui le sue labbra rimanevano chiuse e la guardava, in silenzio, come se ci fosse soltanto lei. Sumire avrebbe potuto, anzi voleva, rimanere così per il resto della serata. Gin però parlò, disse qualcosa di sdolcinato e stupido come suo solito, facendole ricordare che non erano solito, erano al Tanabata, circondati da altre persone. Non potevano rimanere così per il resto della serata.
    Lui si avvicinò ancora, ma venne subito bloccato dalla mano dell'albina, che si spostò un po' bruscamente sulla faccia del tatuato, spingendolo di nuovo al suo posto.
    ‹ Smettila... › lo sgridò, con le gote rosse, e la mano che prima aveva spinto via Gin che sventolava davanti al proprio viso. ‹ ...ci stanno guardano tutti. › aggiunse, mentre i suoi occhi saettavano sulle persone che le passavano accanto. Non li stavano guardando proprio tutti, e quei pochi che si erano voltati era possibile lo facessero per Gin in sé e non per quello che stava facendo, non importava se alla Festa delle Stelle vi fossero anche parecchi turisti, il ragazzo attirava l'attenzione di chiunque, se non per i tatuaggi, per i suoi capelli lunghissimi.
    Generalmente Sumire odiava i nomignoli, perchè non li sapeva dare, oppure erano stupidi, o troppo sdolcinati e per questo chiamava Gin per il suo nome e ciò non sarebbe mai cambiato, lui era l'unico a cui permetteva di chiamarla tesoro, White-chan, bimba, o qualunque altro appellativo gli venisse in mente di usare... anche se a tutto c'era un limite e quando si trattava di Sumire era molto facile oltrepassarlo.
    Il suo sguardo si abbassò sullo yukata del ragazzo, e poi sui suoi capelli. Lo avrebbero fatto entrare? Conciato così sicuramente no. La giovane si spostò rapidamente davanti a lui, camminando all'indietro, le sue mani avrebbero afferrato i lembi dell'abito e lo avrebbero tirato per richiuderlo di nuovo sul petto e nascondere il muso del drago che faceva capolino. Poi si sarebbe dedicata ai capelli —e in quel caso sarebbe stata costretta quasi a mettersi in punta di piedi—, spostandogli una ciocca dietro l'orecchio; c'era poco da fare, comunque, probabilmente avrebbe dovuto legarli per farli sembrare perlomeno accettabili.
    ‹ Certo che sì... e se no, potrei sempre corromperli. › ridacchiò, con un misto di ironia e malizia nel suo tono. Se si fosse presa il disturbo di fare la prenotazione, per poi sentirsi dire che non poteva entrare per colpa del suo ragazzo, sarebbe davvero stata capace di pagare perchè li lasciassero passare. Non era una cosa molto legale, né morale, sopratutto per lei che studiava alla UA, ma non era nemmeno giusto che negassero l'accesso perchè Gin aveva più colore sulla sua pelle che sul suo yukata.
    Sumire mise il broncio. ‹ Io non sono viziata. › affermò indignata. Era conscia di essere fredda, arrogante e anche altezzosa —secondo lei per dei validi motivi— ma detestavano le dessero della viziata: solo perchè era ricca non voleva dire fosse anche capricciosa.
    Non seppe se prenderlo come un complimento o come un insulto, quando il corvino la paragonò ad un panda, o almeno al suo peluche. Sumire non era un panda: non era grossa, non era pelosa e non passava le sue giornate stesa a non fare nulla ad aspettare di estinguersi. Forse intendeva solo che era tenera, e fu l'unico motivo che la fece desistere dal chiederglielo, non voleva mettersi in imbarazzo da sola. ‹ Un nome...? ›, fissò intensamente il peluche ma non le veniva in mente niente. Lei era negata coi nomi, il che le riportò alla mente la volta in cui un ex professore le aveva chiesto di scegliere un nome da eroe, e alla fine era stato proprio lui a suggerirglielo. Da quel giorno non aveva più pensato ad altri nomi, aveva adottato Shockwhite nella sua mente, ed era probabile che non l'avrebbe più cambiato. ‹ Daglielo tu. ›
    Lasciò che prendesse la sua mano, gli camminava accanto, con le maniche del suo abito che quasi nascondevano la sua presa, e le sue dita che si intrecciavano timidamente a quelle di lui.
    Gin la trascinò verso uno stand dove la fila non era troppa e il menù era esposto su una lavagnetta affianco a loro, e per lei era tutto molto rustico.
    Il ragazzo cercò di spiegarle in cosa consistevano alcuni piatti, e citò il loro primo appuntamento, di cui ancora ricordava quel che aveva ordinato. ‹ L'appuntamento alla galleria? È passato davvero tanto tempo, eri molto più... tranquillo, quella volta. ›, ora che o conosceva un po' meglio, poteva dire che Gin si era mostrato meno provocatorio, e un po' più introverso di com'era veramente. Sumire invece, dopo aver inizialmente nascosto la sua identità, non aveva fatto altrettanto col suo carattere; se avesse potuto tornare indietro l'unica cosa che avrebbe modificato era proprio l'essere partita mentendo sul suo nome.
    ‹ Non so cosa prendere... ›, alzò le spalle ed aspettò che giungesse il loro turno, lanciando ogni tanto qualche occhiata al menù. Alla fine, lasciò che fosse Gin ad ordinare per primo, e poi chiese semplicemente lo stesso, permettendosi anche una bibita gassata, che di solito evitava.
    ‹ Mentre mangiamo possiamo dirigersi verso la spiaggia, voglio andare a vedere lo spettacolo che hanno allestito. ›

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    "Con gli occhi che hai e il vestito che hai addosso stasera è difficile non stare a guardarti", queste le parole che attraversarono la sua mente al rimprovero della ragazza dai capelli bianchi e che forse era anche possibile leggergli negli occhi. Si morse la lingua però, tenendo quelle parole solo per sé stesso e la propria immaginazione. Anche Gin sapeva quando era il momento di smetterla... forse. Ciò che certamente sapeva era che continuare a spingere una persona già sull'orlo della caduta non era più uno scherzo o una presa in giro ma bullismo o qualcosa di simile.
    Benvenuta nella mia vita. - sentenziò sarcastico lasciandole andare le guance con dolcezza. Era abituato agli sguardi della gente e sapeva benissimo di attirarne molti visto il suo aspetto bizzarro, forse a prima vista più per i capelli che per i tatuaggi. A parte questo però comprendeva la timidezza o il fastidio della sua ragazza: a conti fatti anche lui era un tipo abbastanza pudico e per quanto non gli facesse alcun effetto dare spettacolo per il suo aspetto fisico non si poteva dire certo lo stesso del mettersi in mostra con atti quasi osceni. Anche lui era cresciuto in una società dove i contatti anche tra familiari erano minimi in pubblico, comprendeva benissimo che gli sguardi per il suo aspetto fisico erano spesso per curiosità e più raramente per timore, in quel caso sarebbero stati per fastidio più che altro. E sebbene la vita del giovane tatuato fosse quasi un'intera missione basata sull'infastidire gli altri non voleva farlo involontariamente e soprattutto non voleva infastidire degli sconosciuti, perché non c'era alcun divertimento in quello. Insomma, non voleva dare spettacolo.
    Pfffff. - ridacchiò sentendo la ragazza parlare di quella serata buffet sul mare (anzi, nel mare) - Beh, ho la tua carriera in pugno allora, Miss Eroina. - la guardò sorridendo - Almeno ho qualcosa con cui ricattarti se provi a lasciarmi. - aggiunse riferendosi ovviamente alla presunta corruzione. A Gin sarebbe probabilmente piaciuto prendere parte a quella serata anche se si sarebbe sentito tremendamente non a suo agio, ma finché faceva felice Sumire andava bene. La verità era che era completamente impreparato a quell'evenienza e non si aspettava certo quell'invito, anche perché aveva capito dalle loro lunghe chiacchierate che la giovane Murakami era solita passare l'estate a Kyoto.
    Mmmmh. - borbottò spostando velocemente i suoi occhi giallastri dal peluche al volto di Sumire. Il suo talento artistico, ammesso che ce ne fosse, si esprimeva certamente in altri ambiti e non sulle parole o l'onomastica, questo era poco ma sicuro. Che nome avrebbe dovuto dargli? Uno da essere umano, come fosse un figlio? Uno da peluche, tenero e dal suono rotondo? Uno da panda? Che nomi si danno ai panda? Non era mai stato allo zoo, non ne aveva idea.
    T-Tao...? - borbottò un po' imbarazzato. Come detto non era un mago con le parole, quindi l'unica cosa che gli era venuto in mente era basarsi sui colori. I panda erano a chiazze bianche e nere e questo gli ricordava i due principi opposti dello yin e dello yang, uno dei principi più importanti del taoismo. Non il miglior modo di scegliere un nome probabilmente ma, come detto, non era certo uno dei suoi talenti.
    Beh, tu eri molto più grande, Sherry. - la punzecchiò sentendosi dire che al loro appuntamento era molto più "tranquillo". Che diavolo voleva dire? Ok, forse una mezza idea ce l'aveva ma... - Bisogna vendersi bene, suvvia. - aggiunse con un occhiolino.

    Gin aveva ora nella mano sinistra una busta in plastica biodegradabile. Alla fine Sumire aveva solo preso ciò che aveva preso lui, dimostrando che forse forse in fondo non si fidava davvero appieno di quelle bancarelle di street food. I due avevano pagato - ognuno il suo come aveva imparato al loro primo appuntamento - e Sumire aveva preso anche qualcosa da bere, questa volta era stato il tatuato a prendere il suo stesso dato che se n'era completamente dimenticato. Nella busta, in confezioni di cartone, si trovavano i piatti da loro ordinati e due paia di bacchette per poter gustare i soba.
    Sissignora. - le sorrise piegando leggermente la testa - Cerchiamo un posticino appartato così non devi preoccuparti dello sguardo delle persone e godiamoci i fuochi. - aggiunse infilando poi la mano destra nella busta e tirandone fuori uno dei numerosi spiedini di pollo che avevano ordinato, ovviamente ancora caldo, portandolo davanti alle labbra della ragazza.
    Fai "aaaah". - le disse come fosse una bambina. Gli spiedini erano certamente più comodi da mangiare camminando mentre si avviavano verso la spiaggia alla ricerca di un posto calmo, magari dietro qualche scoglio. Anzi, magari sopra qualche scoglio perché ammesso che la ragazza non fosse stata più furba di lui - cosa possibile - lui non aveva certo portato un asciugamano o un telo per potersi stendere sulla spiaggia senza ritrovarsi sabbia nelle cavità corporee per le prossime cinque docce a venire.
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    Che Gin attirasse tutte le attenzioni su di sè non era più una novità per Sumire, che ormai abituata aveva smesso di farci caso, a volte si domandava come sarebbe stato Gin con i capelli corti e senza tatuaggi, era difficile da immaginare, avrebbe perso la sua aria da bulletto e sarebbe stato irriconoscibile. La infastidivano però i momenti in cui entrava sotto i riflettori assieme a lui, sopratutto se si trattava di mostrarsi affettuosi in pubblico, quando lei lo era difficilmente anche in privato. Sumire non era affettuosa, il corvino doveva saperlo più che bene, e lo diventava ancora meno con lui dato che era abbastanza sentimentale per entrambi e lei doveva contrastare tutto quello zucchero —spesso volutamente esagerato— con la sua asprezza.
    ‹ Non essere così tragico, come se non ti piacesse attirare l'attenzione. › lo prese in giro, sorridente. Lei era l'ultima persona a potergli fare la predica, quando si credeva il centro del mondo, e le piaceva avere gli sguardi della gente puntati addosso, ora un po' meno rispetto al passato.
    La sua espressione cambiò in finta sorpresa al suo "ricatto". ‹ Gin Nakano, stai minacciando la tua ragazza? › rise, scuotendo la testa. Se Sumire avesse lasciato Gin, questo voleva dire che lui aveva fatto qualcosa di sbagliato che l'aveva fatta arrabbiare e probabilmente non sarebbe stato così fortunato da rimanere vivo per raccontarlo. ‹ Mi sottovaluti, non lascio in giro testimoni. Se dovesse succedere qualcosa saresti il primo che farei fuori, sai troppo. ›. Un pensiero, che non avrebbe ripetuto ad alta voce, attraversò la sua mente: le sembrava impossibile voler lasciare Gin ora come ora, non trovava motivi per volersi allontanare da lui, e le sembrava infantile pensare di restare con lui per sempre, come fosse tornata ad avere dodici anni e credesse nelle favole. Si disse che doveva essere la dopamina ad annebbiarle il cervello, aveva letto da qualche parte che il periodo di innamoramento dove gli ormoni alteravano le sue emozioni poteva durare più di due anni. Come se la sua vita non fosse già abbastanza complicata, anche il suo cervello aveva deciso di mettersi contro di lei per allearsi con Gin, quando nessuna persona, o organo, normale avrebbe dovuto dargli fiducia.
    ‹ Tao... › pronunciò, osservando il piccolo panda tra le sue mani. ‹ È carino. Suona come un nome da panda. › sentenziò, anche perchè lei non avrebbe saputo fare di meglio. Colse subito il riferimento al taoismo, il panda bianco e nero, in rappresentazione dei due principi opposti, lo yin e lo yang, non era geniale ma nemmeno scontato, a Sumire non sarebbe mai venuto in mente il collegamento, lei però era particolarmente negata.
    Probabilmente gliel'avrebbe rinfacciato per sempre, quella piccola bugia del loro primo appuntamento, anche se lei sperava che se la dimenticasse come anche lei cercava di fare. ‹ Credo che scriverò una lista di argomenti proibiti, e il primo sarà sicuramente Sherry. ›, nessuno, se non loro due sapevano del primo appuntamento, o almeno sperava, dato che non sapeva a chi aveva raccontato della sua relazione con lei.

    Come al solito pagò la sua parte, lasciando a Gin la busta che conteneva i piatti ordinati, con una certa curiosità e diffidenza osservava gli spiedini venire riposti in confezioni di cartone. Si concentrò a lasciare da parte i pregiudizi che doveva avere solo lei dato che non erano certo gli unici ad aver ordinato in quella bancherella e nessuno sembrava esserne ancora uscito avvelenato.
    ‹ Non è per le persone... › borbottò. Principalmente Sumire non voleva andare in un posto appartato per evitare gli sguardi delle persone, voleva andarci per stare da sola con Gin lontano dalle persone, che li guardassero o meno era secondario.
    L'albina trattenne un sospiro quando si vide lo spiedino di pollo vicino al suo viso, dove sorse un sorriso divertito e imbarazzato, e mentre nella sua mente si ripeteva che non lo avrebbe fatto, la sua bocca si era schiusa e un vago timido verso che somigliava alla prima lettera dell'alfabeto uscì dalle sue labbra. Gli occhi azzurri che prima fissavano il cielo, tornarono a guardare lo spiedino, evitando il viso del suo ragazzo. Ne morse un piccolo pezzo di pollo grigliato, portando la mano sotto al suo viso, era delizioso e diverso dai sapori a cui era abituata. ‹ È buono, sono quasi sicura che non sia avvelenato. › disse, rubando lo spiedino dalla mano di Gin.
    La spiaggia era illuminata dalle luci delle bancherelle e in lontananza da quelle artificiali dei palazzi che riflettevano sull'acqua del mare. Le persone erano stese qua e là sulla sabbia, sopra teli che fecero ricordare a Sumire di non aver portato nulla su cui sedersi. ‹ Qui dove rischiamo di mangiare spiedini di sabbia o scogli in cui potrebbe accidentalmente cadere il cibo in acqua? ›

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    Edit: avevo lasciato due asterischi e volevo toglierli.

    Edited by Lostien - 19/8/2020, 17:20
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    Pfffffft. - il ragazzo tatuato ridacchiò alla sua provocazione lasciandole andare le guance. Non era sicuro gli piacesse effettivamente essere al centro dell'attenzione nonostante tendesse a vivere la sua vita in modo... extra? Non era solo l'essersi coperto interamente di tatuaggi ma anche essersi fatto crescere i capelli fino alle caviglie o come quando ad Halloween aveva deciso di vestirsi da yakuza e si era agghindato proprio i capelli come una colonna nera che gli raddoppiava quasi l'altezza. Ripensando a quel momento era per la prima volta felice che quella serata fosse finita in catastrofe, almeno Sumire non avrebbe potuto anche volendo ricordarsi come era agghindato il tizio adibito al trucco vicino a uno dei due banconi del locale. In ogni caso, Gin era abbastanza sicuro che il divertimento che provava attraverso i suoi comportamenti stravaganti derivava più dall'apparire come un pugno nell'occhio per le persone che dal semplice attirare la loro attenzione.
    Oh no, nome e cognome. - spalancò gli occhi per effetto drammatico alle sue parole successive - Vuol dire che sei seria. - le sorrise. Era sicuro che Sumire potesse davvero ucciderlo volendo, l'importante era non dargliene il motivo. Il problema era che, essendo Gin Nakano, era decisamente difficile non dare alle persone un motivo per non fargli avere voglia di ucciderlo. Chissà, magari come in qualche manga o qualche serie tv la ragazza dai capelli bianchi lo avrebbe trovato un giorno ad utilizzare la sua unicità senza permesso come accaduto al loro primo appuntamento, ma quella volta avrebbe dovuto eliminarlo. No, probabilmente la vita vera non funzionava così ma quel pensiero gli balenò in mente per un secondo.
    Certo, il mio maestro panda si chiamava così quando mi sono allenato nei boschi. - disse con tono serio e impassibile quando la ragazza gli confermò che "Tao" sembrava proprio un nome da panda. Cosa diavolo era un nome da panda. Era ovviamente una battuta senza senso ma effettivamente visto il suo aspetto dai tratti quasi tribali sarebbe quasi potuta essere credibile... magari due o trecento anni prima o in un romanzo d'avventura oppure, ancora, in un qualche manga.
    Heh. - gongolò sentendola quasi infastidita al ricordo del loro primo appuntamento. Le sue bugie, proprio come quel giorno, avevano ben poco impatto su Gin, ma non si sarebbe mai lasciato scappare un'occasione per punzecchiarla dove sapeva di poter dare fastidio.

    Quindi non hai portato nulla neanche tu, huh? - disse voltandosi verso di lei. Sumire aveva appena preso lo spiedino che le aveva agitato davanti al volto e le sue parole gli avevano fatto capire che no, neppure lei si era portata un telo dietro. Sorrise alle sue parole sul cibo (forse) non avvelenato. Dio, era bella anche quando mangiava. Il Nakano spostò la mano ora libera dallo spiedino verso la lunga coda nera. Mettersi sulla sabbia sarebbe probabilmente significato ritrovarsi sabbia tra i capelli per i successivi otto mesi.
    Andiamo sugli scogli, ti va? - le disse quindi infilando la mano nel sacchetto di plastica col cibo e tirando fuori uno spiedino anche per sé stesso - Basta che riesci a non romperti i sandali. - aggiunse ridacchiando, per poi portare il cibo alla bocca e mangiare uno dei pezzettini di pollo infilzati dallo stecchino.
    Man mano che ci si allontanava dalla lunga via del mercatino rumori di persone, odori di cibo e luci si facevano sempre più radi. Si facevano invece sempre più forti il rumore delle onde che si infrangevano calme sugli scogli, l'odore di mare e di sale e la luce delle stelle che, però, erano comunque poco visibili a causa di tutto l'inquinamento luminoso della città.
    Non erano ovviamente i soli ad essersi allontanati dalle bancarelle e c'erano gruppetti di persone qua e là, ma erano tutti molto distanti gli uni dagli altri. Sperava che gli scogli non fossero troppo umidi o che non fossero coperti di muschio o di alghe perché onestamente odiava la sensazione viscida delle rocce di mare.
    Spero non daremo da mangiare ai pesci. - ridacchiò camminando, riferendosi alla possibilità che il cibo cadesse in acqua. Era abbastanza fiducioso della sua capacità di non far cadere un maledetto contenitore di cartone ma non si poteva mai sapere, soprattutto se le rocce fossero state appunto scivolose.
    Ce la fai da sola? - le chiese allungando la mano libera verso di lei. Non ci era voluto molto ad arrivare agli scogli e trovare un posticino lontano da eventuali disturbatori. Le rocce nere sembravano quasi fondersi con la massa indistinta del mare e del cielo, che era riconoscibile solo per le fioche stelle visibili e la luna.
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    Sumire Murakami

    Schiuse le labbra al voler rispondere all'assurda frase di Gin, ma decise che era meglio non farlo, non c'era bisogno di dargli troppa corda con le sue assurdità. Vestito così però, lo poteva immaginare a praticare qualche arte marziale immerso nel verde della foresta. Non era una brutta visione, escludendo il panda.
    Scesero in spiaggia e la sabbia toccò i suoi sandali, affondandoli ad ogni passo che compieva. ‹ No. › sbuffò, cercando di ignorare quella parte del suo cervello che le ricordava questa pecca nel suo perfetto piano, ora rovinato solo perchè lei si era dimenticata di portare il telo. Sapeva che sarebbero andati in spiaggia a guardare i fuochi, come le era potuto sfuggire quel dettaglio? Sumire tendeva ad essere catastrofica quando qualcosa che lei aveva organizzato iniziava a mostrare qualche imperfezione, e iniziava a pensare a come tutto potesse andare a rotoli per quel suo errore, come ora erano costretti a mangiare sulla sabbia o affidarsi agli scogli. La sua espressione cambiò per un secondo, assumendo quella di una bambina che non aveva ottenuto ciò che voleva, ma poi tornò a rilassarsi; a Gin non importava di quello stupido telo, e l'unica che avrebbe rovinato l'appuntamento poteva essere lei al rimanere imbronciata.
    ‹ Potremmo... › La soluzione però esisteva e qualche mese prima probabilmente avrebbe trascinato il corvino di nuovo tra le bancherelle in cerca di qualche asciugamano, dopotutto lì vendevano di tutto, ma non mancava molto perchè lo spettacolo iniziasse e Sumire non voleva perderselo. Inoltre era un ottimo modo per lottare contro la sua mania di perfezionismo, gli imprevisti potevano capitare e non sempre erano tragici come lei se li immaginava. ‹ ...sì, andiamo sugli scogli. ›
    Ogni volta che portava lo spiedino alle labbra, con la mano libera le copriva, non amava essere osservata mentre mangiava, ancor meno se doveva farlo con le mani e non con le bacchette o le posate, lo trovava volgare in qualche modo. ‹ Mh, se i miei sandali preferiti si rompono dovrai ripagarmeli, sappilo. Costano più o meno come l'affitto del tuo appartamento. ›, i sandali erano piuttosto semplici, bianchi —immacolati, risplendevano quasi quanto i suoi capelli—, con appena un po' di piattaforma che la staccavano dal suolo, e sui suoi passi marchiavano la sabbia di un grazioso disegno geometrico, per precauzione li tolse, e a coprire i suoi piedi adesso vi erano le calze altrettanto chiare. ‹ Piuttosto, sei tu che hai i geta, sei sicuro di riuscire a salire sugli scogli senza ammazzarti? › mostrò una certa preoccupazione, che Gin condivideva col cibo forse non avvelenato che portava in mano, lui poteva anche cadere se non si faceva troppo male, l'importante era che tenesse in salvo gli spiedini di pollo.
    Man mano che si avvicinavano al mare il suono delle onde di sostituiva al chiacchiericcio delle bancherelle e la luce che li raggiungevano era per lo più quella fioca delle stelle, ed in lontananza quella dei palazzi. Il mare aveva assunto il colore del cielo, riflettendo le sue stelle, ed era quasi impossibile distinguere l'orizzonte. I due non erano completamente soli come Sumire avrebbe voluto, ma i piccoli gruppi di persone non sembravano badare troppo a loro, e con la fioca luce avrebbero intravisto solo le loro sagome sedute sugli scogli.
    La ragazza dai capelli bianchi rifiutò il suo aiuto, con un sopracciglio inarcato e le braccia incrociate al petto. Sumire, innanzitutto, non era il tipo di persona che gradiva essere aiutata, e ancor meno quando si dubitava delle sue capacità fisiche. Probabilmente l'innocente domanda di Gin era posta soltanto per afferrare la sua mano, ma lei lo prese più come un affronto personale. Certo che ce la faccio. ›, lei che frequentava la UA, era una persona abbastanza atletica, quanto inutile doveva essere per non riuscire a salire uno scoglio senza cadere? E, sopratutto, anche se fosse successo, lei più di lui avrebbe saputo come cadere e magari farlo anche con stile così che nemmeno si notasse.
    E così con una mano occupata dai sandali e l'altra dallo spiedino ormai quasi terminato, la ragazza si avventurò tra gli scogli assieme a Gin.
    Fu lei a decidere quale roccia potesse andare bene, alcune erano bagnate e scivolose, le onde vi s''infrangevano contro, altre erano un po' più alte in modo che la parte venisse raramente sfiorata dall'acqua e si allungavano verso il mare; lei si sedette su una di queste, le gambe ciondolavano nel vuoto e di pochi centimetri non sfioravano l'acqua che, nel punto in cui aveva scelto, era abbastanza alta.
    ‹ Stavo pensando... › Aspettò che Gin si sedesse accanto a lei e poi iniziò a tirar fuori le lattine dalla busta e i contenitori degli yakisoba, posandoli il più possibilmente stabili sulla fredda roccia, quasi stesse apparecchiando. ‹ ...magari per le vacanze invernali puoi venire a Kyoto con me... ›

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    Oi, guarda che l'hai scelto tu. - sbuffò alla battuta della ragazza sul ripagarle i sandali nel caso in cui questi si fossero rotti. Sperava fosse una battuta almeno. Non aveva invece dubbi riguardo al prezzo, in fondo non era certo un mistero che la ragazza dai capelli bianchi fosse molto, molto più facoltosa di lui. La osservò sfilarsi le calzature e rimanere solo con le calze di colore bianco immacolato, ma che probabilmente sarebbe rimasto tale ancora per poco. Avrebbero dovuto fare attenzione a scegliere degli scogli abbastanza asciutti e privi di alghe o molluschi - il che a lui ovviamente andava benissimo - ma era abbastanza sicuro che sarebbe stata la Murakami a scegliere definitivamente il posto come al solito. Già il fatto che si fosse affidata a lui per scegliere la bancarella da cui prendere il cibo da asporto era un mezzo miracolo in fondo.
    Certo. - rispose alla sua preoccupazione sul muoversi coi geta con sguardo impassibile - Conosco una tecnica segreta che il Maestro Panda mi ha insegnato dopo due anni di allenamento. - aggiunse riprendendo ovviamente la battuta di prima. La verità è che Gin era abbastanza alto e in quanto tale aveva anche una discreta base d'appoggio, sebbene non avesse ai piedi le calzature più comode al mondo in un modo o nell'altro sarebbe dovuto riuscire a cavarsela e non piombare in acqua - Cerchiamo un posto asciutto però, non vorrei doverti accompagnare a casa coi piedi fradici. - le fece un occhiolino nel buio della serata.
    Ridacchiò tra sé e sé vedendo la sua reazione alla proposta di aiutarla: sapeva bene che avrebbe reagito così e che non si sarebbe fatta dare una mano. Sumire doveva sempre dimostrarsi all'altezza, migliore degli altri e noncurante dei loro sentimenti. Al ragazzo tatuato piaceva quel lato della albina, ma sapeva benissimo che c'era qualcos'altro dietro a quella maschera che cercava di indossare sempre, persino forzatamente a volte. Si ricordava benissimo di quella volta in cui dopo un qualche allenamento la ragazza gli aveva scritto e gli aveva chiesto di andare a casa sua con una pomata contro le scottature dopo che un qualche pazzoide della UA aveva esagerato durante un combattimento amichevole. Sapeva che difficilmente sarebbe riuscito a farle cambiare idea o atteggiamento ma sperava che, crescendo, quella parte di infantile rivalità che era in lei avrebbe lasciato spazio ad una più matura coscienza di sé: come avevano detto al loro primo appuntamento Gin non era proprio bravissimo a pianificare il futuro ma sperava di non trovarla mai gravemente ferita (o peggio) durante uno scontro con un qualche criminale per colpa del troppo orgoglio. Da quel punto di vista il ragazzo dai lunghi capelli neri non condivideva minimamente gli ideali della ragazza, ma era una questione di protezione nei suoi confronti più che altro. Rispettava la sua scelta però, e per questo non aveva mai avanzato pretese o sfiorato il discorso.
    Forse sono un po' arrugginito. - borbottò tra sé e sé cercando di tenere l'equilibrio sulle rocce, seguendo la figura bianca alla ricerca di un posto dove appartarsi nel buio. Una volta scelto il posto, Gin lasciò la busta a terra con gentilezza e si sedette a fianco di Sumire. Era più alto di lei e se avesse messo le gambe a penzoloni come la ragazza si sarebbe probabilmente inzuppato, quindi si sedette semplicemente alla sua sinistra incrociando le gambe sulla fredda roccia. Attese che la ragazza finisse di tirare fuori il cibo e prese poi uno dei due contenitori di cartone con gli yakisoba al suo interno e lo poggiò tra le sue gambe, prendendo anche delle bacchette. Il rumore delle onde che si infrangevano poco sotto di loro e il lontano rumore della fiera che era ormai quasi un fruscio erano molto rilassanti, socchiuse gli occhi un attimo per godersi il momento. Era tradizione esprimere i propri desideri al Tanabata, e Gin avrebbe probabilmente desiderato che quei momenti potessero continuare per sempre.
    Oh? Heh. - rispose alla proposta della ragazza, prima stupito quasi al punto di non credere alle sue orecchie e poi più lusingato e sornione che altro. Come detto, Sumire non era proprio esperta nel confessare i suoi sentimenti, erano più i suoi gesti a rivelarli. Affondò le bacchette negli spaghetti e iniziò a spiluccarli.
    Certo, White-chan. - disse afferrando la sua mancina con la sua mano destra e portandosela alle labbra per schioccarle un bacio sul dorso della stessa, ammesso ovviamente che lei glielo permettesse - Ammesso che ti sopporto fino a fine anno ovviamente. - aggiunse con una risata - Quindi... Cosa c'è di bello a Kyoto, oltre te? - le chiese con un sorriso lusinghiero sulle labbra. La domanda era in realtà seria, Gin non ci era mai stato quindi si domandava quali fossero i punti forti della vecchia capitale. Gli interessava particolarmente sapere se avrebbero incontrato i suoi genitori e se sarebbero stati da loro oppure no, ma non aveva il coraggio di chiederlo direttamente.
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    Sumire Murakami

    La sabbia era fredda e soffice, anche se riempì subito le sue calze di piccoli granelli scuri, macchiandone il candore. Era vero, lei aveva scelto di andare in spiaggia, e non era colpa di Gin se si era dimenticata il telo, ma stava solo scherzando, non gli avrebbe mai fatto ripagare niente di suo nemmeno se fosse stato lui a romperlo con le sue mani.
    ‹ Mh, certo. › disse, con evidente scetticismo nel tono, osservando il piccolo peluche tra le sue mani. Se fosse stata in un qualche anime o film e dovesse essere addestrata da un animale, il panda sarebbe stata la sua ultima scelta, e quella che avrebbe considerata più stupida —che cosa sapevano fare? Nulla—, quindi perfetta per il suo ragazzo a cui piaceva andare sempre contro corrente. ‹ L'importante è che non cada il cibo. Tu puoi anche tornare a casa fradicio. › alzò le spalle. Ovviamente cercò uno scoglio cui acqua non toccasse la superficie, con meno alghe e robaccia addosso, altrimenti nessuna tecnica imparata in due anni di allenamento li avrebbe salvati dal scivolare direttamente in mare.
    Camminare sugli scogli risultò quasi più semplice scalza che non con i sandali addosso, richiedeva comunque una certa abilità, sopratutto quando essi erano illuminati solo dalla fioca luce della luna. ‹ Ti serve una mano? › imitò Gin allungando il braccio verso di lui e ridacchiando al vederlo un po' più in difficoltà rispetto a lei. Alla fine ne scelse uno leggermente lontano dalla riva e quindi dai qui gruppi che aveva precedentemente visto isolati sulla spiaggia, un po' immerso nell'acqua ma abbastanza alto per assicurarsi che non li toccasse.
    Afferrò il secondo contenitore dei yakisoba, mentre pronunciava quelle parole, con lo sguardo rivolto alle propri gambe che danzavano a qualche centimetro dalla superficie del mare. Sumire no era brava con le parole, come poteva se quando si parlava di sentimenti il novanta percento delle volte non capiva nemmeno lei quello che provava? Aveva impiegato mesi a capire che Gin le piaceva sul serio, e solo in quelle ultime settimana stava realizzando che non era più una relazione passeggera, che non avrebbe potuto lasciarlo così facilmente come immaginava. Aveva fatto un po' d'introspezione dalla volta in cui in quella giornata calorosa di giugno aveva avuto una chiacchierata con Yumeru, e tra le tante cose aveva capito che Gin era diventato parte fondamentale della sua vita. Non riusciva nemmeno ad immaginare come sarebbe sopravvissuta senza di lui in tutti quei mesi in cui si era sentita così sola, la sua sola presenza le avevano rallegrato le giornate più sconsolate. Gin non doveva essere nemmeno cosciente di quanto fosse importante per lei, e lei non lo aveva lasciato trasparire facilmente.
    Ci stava già pensando da un po', ormai non voleva più tenere nascosta quella relazione, agosto però era troppo repentino, aveva bisogno di organizzarsi, ma sopratutto di abituarsi all'idea perchè non sarebbe stato per niente facile e se tutto fosse successo troppo in fretta sarebbe stato un disastro. Voleva solo godersi quegli ultimi mesi di vacanza, ora che aveva trovato un po' di stabilità emozionale, godersi quei mesi di quiete e non pensare a niente se non a loro due.
    ‹ Se non ti va-. ›, stava rispondendo subito all'esclamazione confusa di Gin, pronta comunque a tirarsi indietro, dopotutto che fosse pronta lei non equivaleva al contrario, ed era disposta ad aspettare tutto il tempo che lui avrebbe voluto. La sua mano abbandonò il contenitore per raggiungere le labbra del corvino; le guance d'ella si riempirono di chiazze rosate e sentì il suo viso improvvisamente caldo, lei sentì un calore che niente aveva a che fare con la temperatura estiva, né dall'imbarazzo del gesto. Era felice che avesse accettato, per lei significava molto. Come non era brava con le parole, non lo era nemmeno nell'interpretare i sentimenti a meno che questi non fossero palesi, e nonostante Gin glielo rendesse più facile, lei semplicemente non capiva quanto fosse ricambiato quel sentimento che lei provava. Era bastato quell'assenso, però, a farla sentire più sicura.
    Ancora rossa, i suoi occhi si assottigliarono a quella provocazione e scosse la chioma con fare falsamente imbronciato. ‹ Non ti salvi dicendomi che sono bella. E poi sono io quella che ti deve sopportare fino a fine anno! › protestò, ritraendo il braccio, per riprendere a mangiare gli spaghetti, ancora caldi.
    ‹ Uhmm... ci sono un sacco di cose che potremmo visitare. ›, e già la sua testa era partita ad organizzare attività per ogni giorno che sarebbero rimasti a Tokyo. ‹ Ad esempio potremmo andare ad Arashiyama, si trova a pochi minuti dal centro e i suoi paesaggi sono meravigliosi. È famosa per la foresta di bambù e il ponte Togetsukyo, ma ci sono anche molti templi, circondati da edifici tradizionali. ›, il tono carezzevole con cui ne parlava lasciava intuire che la sua città dopotutto le mancava.
    ‹ Sarebbe bellissimo andarci con te... ›, quella città era una parte di lei e voleva condividerlo con Gin. Quelle parole furono quasi un sussurro fugace, coperto poi dal suono del primo bagliore nel cielo.

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