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A Masao erano sempre piaciuti i luoghi affollati.
Cinema. Centri commerciali. Strade affollate come quelle di Shibuya, perennemente gremite da una folla di cosplayer, modaioli, turisti, adolescenti, amanti, riccastri.
Luoghi che lo aiutavano a ricordarsi che la vita non è fatta solo di grigi uffici. Luoghi in cui potersi rilassare, nonostante il caos, perché in mezzo a una folla ti puoi nascondere e smettere per un istante di essere tu quello strano.
Passeggiava dunque per Shibuya, il buon Masao. Zero piani sul come passare la giornata, zero soldi in tasca, zero voglia di fare qualcosa di più complesso del fissare la gente e sentirsi vivo.
Cartelloni colorati. Turisti spaesati. Giovinastri che indossavano vestiti così appariscenti da sembrare un gruppo di supereroi. Masao osservava tutto, l'aria incantata di un bimbo al luna park...
...E ovviamente, distratto com'era, si accorse dell'ondata di caffé bollente solo quando gli finì addosso.
“AAAAAAAAAGH!”
troppe A, dite? Un urlo sproporzionato alla gravità del danno?
Tranquilli, c'è una spiegazione.---- FLASHBACK TIME! ----
Dopo una certa serata passata a rincorrere spacciatori da cui era uscito con tre schegge di vetro piantate nel braccio, Masao barcollò fino alla stazione più vicina, scese nella metro semi-deserta, e si bendò alla bell'e meglio con la cravatta mentre aspettava il treno. Salì sul treno. Scese dal treno. Arrivò a destinazione. Cadde sul letto come una foglia morta, senza nemmeno togliersi le scarpe.
Chiuse gli occhi.
La sveglia iniziò a suonare.
Masao si alzò.
Andò a farsi un caffé.
Ebbe un mancamento in cucina.
E riuscì in qualche maniera a procurarsi un brutto taglio sull'altro braccio.
STATISTICHE DI FINE MISSIONE
Minuti d'attesa al pronto soccorso: 43
Punti di sutura: 6
Litri di sake che raccontò di essersi scolato per finire in simili condizioni: 3
Diagnosi ufficiale: lei è clinicamente un idiota, signor Masao. Ci dispiace, è terminale.
Debriefing: Tenga i punti asciutti e coperti, li disinfetti prima di cambiare le garze, faccia attenzione a non bagnarsi il braccio nel caso volesse farsi una doccia.--- FINE DEL FLASHBACK ---
Immaginava che anche le docce di caffé fossero incluse nell'avvertimento di cui sopra.
Saltellò all'indietro, tirandosi su la manica della felpa e urtando almeno altre tre persone nel processo. Sotto il tessuto, garze marroni ormai intrise di caffé bollente.
“Merdamerdamerdamerda” biascicò, artigliandosi la fasciatura. Nemmeno uno sguardo dedicato al vile criminale che l'aveva attaccato, e che probabilmente se l'era già data a gambe: la sua priorità era togliersi quelle bende ustionanti di dosso ora subito ADESSO.. -
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Nel vedersi approcciare da quell'alto straniero così elegante, Masao provò una sensazione paragonabile al sentirsi chiamare alla lavagna da un prof in vena di interrogazioni.
Il cuore ti si affonda nel petto. L'insegnante torreggia su di te. E tu sai, nel profondo del tuo animo, di non sapere un cazzo.
“No! Sto bene! Il caffè caldo disinfetta! Sterilizza! E poi già ne bevo tanto, quindi anche se mi finisce nella ferita fa lo stesso!”
Si strappò via in tutta fretta le bende, col sorriso tiratissimo di chi, lavorando nel settore vendite, ha perfezionato la difficile arte del sorridere di riflesso anche quando stai morendo dentro. Perché per un giapponese ansioso come Masao, c'è solo una cosa peggiore del trovarsi in una situazione imbarazzante con uno sconosciuto: trovarsi in una situazione imbarazzante con uno sconosciuto straniero. Una persona che segue regole sociali del tutto aliene e misteriose, e che già aveva cercato di toccarlo (toccarlo!) nel tentativo di prestargli soccorso.
Soccorso di cui non aveva bisogno! Davvero! Vedete, si era tolto le bende! E il suo braccio era...
Strabuzzò gli occhi. Era rosso peperone.
E faceva male.
Ma il panico, al momento, stava avendo la meglio sul dolore fisico.
“Mi scusi per averla disturbata! Non voglio interrompere la sua vacanza!”
Perché nella mente di Masao, l'alto gaijin dalla pelle scura non poteva che essere un turista venuto a Shibuja per fare shopping e fare pratica col giapponese, che stranamente già parlava così bene. Nihongo ga jouzu desu yo!
“It's OKAY!” ripetè in un inglese a stento comprensibile, facendo pure il segno dell'OK con la mano non ferita.
E con la faccia di qualcuno che non si sentiva minimamente okay.. -
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“NO L'AMBULANZA NO!”
Chiamare un'ambulanza avrebbe significato disturbare ancora più persone per colpa della sua stupida stupidità! E se all'ospedale beccava di nuovo l'infermiera che gli aveva medicato il braccio qualche giorno fa, sarebbe morto sepolto sotto una pila di ramanzine e raccomandazioni.
Fortuna che il tipo che aveva davanti doveva essere un medico o qualcosa di simile, a giudicare dal wall of text di termini medici che gli aveva appena vomitato addosso.
Ovviamente non ci aveva capito una cippalippa. Aveva solo compreso che, per qualche sconosciuta ragione, quel tizio alto e imponente e dall'aria seria sembrava determinatissimo a volerlo aiutare.
(Un attimo. Forse era perché... Gli aveva effettivamente tirato quel caffé addosso? Ere così abituato a farsi male da solo da non aver totalmente realizzato che, per una volta... Non era colpa sua.
E le persone che non erano lui, solitamente... Affrontavano le conseguenze dei propri errori! Woah. Concetti profondi, Masao.)
“Mi arrendo alla sua autorità medica. Faccia di me ciò che vuole.”
Si accasciò contro la parete più vicina e sollevò debolmente il braccio scottato, come a voler offrire il suo intero arto al dottore.
Totalmente sconfitto.
Tanto se cercava di rubargli i reni poteva sempre picchiarlo.
“Parla molto bene il Giapponese, comunque. Complimenti.” Mormorò strizzando gli occhi.
Aveva già detto, in tutto ciò, che il braccio iniziava seriamente a fargli male?. -
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Woah, pure la gita in farmacia? Quell'uomo sprizzava professionalità.
Si sentiva un po' come un animaletto randagio adottato da un benevolo veterinario.
“Se non ricordo male dovrebbe esserci una farmacia proseguendo sulla strada principale. Mi dia un attimo...”
Si tolse la felpa zuppa di caffè, rimanendo in maglietta — e rivelando la costellazione di cerotti che gli decorava l'altro braccio. Quelli che coprivano le ferite che si era fatto tirando un bicchiere addosso a uno spacciatore.
Uhm.
Conciato così, con la sua maglietta sbiadita dei Thousand Foot Krutch e le braccia fasciate, doveva sembrare un ragazzino emo troppo cresciuto appena scampato a un tentativo di suicidio.
Masao Suzuki, signore e signori. Campione indiscusso nell'arte delle buone prime impressioni.
“Nel caso si stesse chiedendo cosa mi è successo alle braccia... Mi sono svegliato male dopo una sbornia tremenda, sono andato in cucina per farmi un caffè, e sono scivolato.” Si lanciò la felpa sulla spalla a mò di sacco di patate e si avviò a passo di marcia in direzione della farmacia. Doveva essercene una incastrata tra un negozio di dischi ed un bar, se non ricordava male...
“ Mi sono aggrappato alla prima cosa sottomano per non cadere, solo che... Era una bottiglia. Di vetro. E mi è caduta addosso.”
Pausa scenica.
“Al pronto soccorso hanno riso così tanto che a momento non riuscivano a farmi i punti.” Concluse con voce vagamente piccata.
Ah, eccola lì in fondo alla strada, la farmacia! Scoordinato, ma non smemorato. Gesticolò in direzione della porta d'ingresso con la mano libera, come a dire al tipo "visto? So fare qualcosa di buono nella vita".
“...Dopo questa però ci beviamo un caffè.”
Sete di caffeina >>>>> ansia sociale. Lui e quello straniero sconosciuto avrebbero bevuto un caffé insieme, perché ne avevano chiaramente bisogno.
A livello spirituale, proprio.SPOILER (click to view)Libera di fare un piccolo timeskip in cui siamo già al bar e medichi Masao lì, se ti torna comodo e l'idea ti garba! :3. -
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"Mi scusi se glielo dico, ma a conti fatti il caffè sembra essere più il suo punto debole che il suo punto di forza. Ma accetto comunque di prendere un caffè con lei."
Ah, non aveva idea di quanto avesse ragione, quel misterioso uomo dai tre nomi. Perché tre nomi, poi? Era una cosa da occidentali? Un attimo, non erano i conti e le persone importanti ad averne così tanti?
Quel tizio era forse un nobile, oltre ad essere un dottore privato?? Era per quello che gli metteva così tanta soggezione???
“Suzuki Masao.” si presentò prima di entrare in farmacia.
Un nome e un cognome. Semplice semplice. Anche se volendo aveva tanti soprannomi simpatici, come Caffeina e "oh no"._ __ ____ __ _
Carino, comunque, il baretto in cui erano entrati. Non l'aveva mai notato prima. Non fece nemmeno in tempo ad osservare il menù sopra il bancone, però, che il dottore lo trascinò in bagno. Sperava che se la sarebbero sbrigata alla svelta, con due fasciature e una pacca sulla spalla, e invece eccolo lì che tirava fuori disinfettanti e bende con la precisione di un medico che si prepara a una delicata operazione al cervello.
Deglutì, porgendo al dottore il braccio - e ricevendo in cambio un'altra caterva di informazioni e domande a tema medico.
“Senta, io apprezzo davvero tanto la precisione e la professionalità che lei ci sta mettendo in questa operazione, ma... Mi duole informarla che io sono il tipo di persona che reagisce a ogni problema fisico buttandosi a letto e sperando che passi da solo, che si tratti di un'influenza o di un braccio rotto.”
E nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo sì, una volta si era rotto un'ulna cadendo da un muretto all'università, e la sua prima reazione era stata quella di fuggire dal problema andandosene a dormire - salvo poi rigirarsi nel sonno cinque minuti dopo e risvegliarsi urlando.
“Non so cosa sia un dolore fisso o uno pulsante. Fa male come... Se qualcuno ci avesse buttato del caffé bollente sopra.” Spiegò agitando l'altra mano, un filo di esasperazione nella sua voce. “Le assicuro che qualsiasi cosa farà al mio braccio, sarà sicuramente meglio di quel che avrei fatto da solo, ovvero nulla. ”
Silenzio imbarazzato. Non voleva risultare scortese, è che... Tutta quella situazione lo stava mettendo un po' a disagio. Disagio che ormai bruciava ancor più del suo braccio scottato.
“Quale è il paziente più assurdo che le sia mai capitato?” Domandò, tanto per rompere il ghiaccio. “Spero di non essere io.”
Un medico privato. Chissà se esistevano dottori specializzati nel curare i vigilantes come lui? Gente da cui andare quando non hai voglia di spiegare a un dipendente ospedaliero come ti sei ferito il braccio. Probabilmente sì, ma non pubblicizzavano i loro servizi pubblicamente.
Avrebbe dovuto cercarsi un medico di (s)fiducia.
Uno con meno nomi, possibilmente.. -
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Okay, effettivamente il tipo aveva ragione: lasciare che un medico ti impomati il braccio è una soluzione molto più efficace dell'ignorare il dolore sperando che passi da solo. La mano quasi non gli faceva più male.
Però non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce.
Sapete chi gli ricordava, quel dottore? L'infermiera delle sue scuole medie.
Ci era finito spesso, in infermeria, prendendosi ramanzine anche quando era chiaro che non aveva scelto lui di far collidere il proprio naso contro il pugno di un altro ragazzino. Il signor Adam, lì, aveva lo stesso atteggiamento vagamente supponente. Lo stesso tono di voce.
Le somiglianze finivano lì, in realtà, perché la signora Fukunawa era una mutant basetta con un cappello da fungo al posto dei capelli, mentre il signor Bovet era un uomo alto e distinto dalla pelle scura e la fronte marchiata da segni misteriosi.
Gente strana, questi stranieri.
A distrarlo da tutti questi brutti ricordi, però, arrivò una storia buffa su una coppia rimasta incastrata in una situazione spiacevole...
“Pfffft.”
...Che si era recata dal dottore in gran segreto, perché impegnata in attività non proprio moralmente accettabili...
“Ahaha.”
...E il marito era nell'altra stanza!
“BWAHAHAHAHAHAHA!”
E basta, era esploso. Sarà per il nervosismo, sarà per il dolore, sarà per il modo pacato e serio in cui il dottore aveva raccontato quell'aneddoto piccante. Fatto sta che Masao passò i successivi tre secondi in un equilibrio molto precario, contorto nel tentativo di mantenere il braccio ferito fermo per far lavorare il dottore mentre si trovava letteralmente piegato in due per le risate.
“....Ha.”
Okay Masao contegno. Lunghi respiri.
Si ricompose un attimo, accettò la sacchetta del medico, e annuì con aria diligente alle sue istruzioni.
“La ringrazio. Sia per la storia che per il pronto soccorso.”
Si rimirò il braccio tutto bendato. Vah che bella fasciatura! Molto meglio di quella che gli avevano fatto in ospedale, sì. Faceva quasi voglia di farsi male di nuovo giusto per farsene fare un'altra.
“Gliene racconto una io. Caffè?” Domandò mentre usciva dal bagno - sacchetto in mano, felpa ancora un po' umidiccia legata intorno alla vita come il barbone che era.
C'erano un paio di persone in fila davanti al bancone; avevano il tempo per una storiella.
“Stagista in agenzia pubblicitaria.” Perché sì, Masao aveva fatto anche quello nella vita. “Il capo non è molto ferrato in ambito tecnologia. Non abbiamo un mail server: il boss ha registrato una singola casella di posta su Moogle, l'intera agenzia ha la password e usa quell'indirizzo per gestire le comunicazioni importanti.”
Allungò il collo per leggere il menù fissato sopra il bancone. C'erano molti caffè dai nomi invitanti, ma probabilmente avevano più latte e aromi vari che caffeina...
“Nove di sera. Sono l'ultimo in ufficio, mi sto preparando ad andare a casa dopo mille straordinari. Arriva una mail.”
Pausa scenica.
“La apro.”
Altra pausa scenica.
“E realizzo che il capo ha utilizzato la mail aziendale per iscriversi a un sito porno, e che il suo intero staff ha appena ricevuto la mail di conferma registrazione.”
Terza pausa.
“Ci fu molto silenzio in ufficio al mattino dopo.”
Eeee vediamo se quell'aneddoto riusciva a strappare un sorriso al serissimo dottore che poi così serio non era.
Approfittò della fine della sua storia per ordinare un caffè (“Quadruplo espresso, niente zucchero.”), per poi tornare a rivolgersi al dottor Bouvet.
“...Le è mai capitato di curare un Pro-Hero?” Chiese, con curiosità bambinesca. Doveva essere così figo trovarsi in ospedale qualcuno che hai appena visto combattere in TV!
“Oppure un villain?” Domandò a voce più bassa, con aria cospiratoria.
Quello doveva essere ancora più interessante.SPOILER (clicca per visualizzare)Ci tengo a precisare che la storiella raccontata è basata su fatti realmente accaduti a me stessa medesima.
Perché a volte siamo tutti un po' Masao.. -
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Hey, piano con le offese, Narratore della parte avversa. Masao è un uomo di cultura! Era andato all'università! Arti applicate, aveva studiato! E si era laureato con il minimo dei voti dopo quattro anni e svariati breakdown mentali!
Però se l'era portata a casa alla fine quella laurea, ecco.
“Peccato, speravo in una qualche storia drammatica tipo... Non so, un villain che bussa alla porta della sua clinica in piena notte dopo essere fuggito da uno scontro contro un Eroe, il costume coperto di sangue.” Vaneggiò mentre si avviava verso i tavolini. Niente cibo, no, il caffè per lui contava come colazione completa. “E che con le sue ultime forze la minaccia, intimandole di curarlo, per poi svenire davanti alla porta del suo studio!”
Fece un arco con la mano libera, come a dire "immaginati la scena".
“Ma magari è successo, e lei ha scelto di non raccontare l'episodio.” Proseguì a voce più bassa, accostandosi al dottore. “Il che significa che è un medico di cui ci si può fidare.” Concluse con un sorrisetto trionfante.
Perché sarà anche un sempliciotto distratto e poco acculturato, Masao.
Ma stupido no.
Se intendeva proseguire nelle sue attività da vigilantes da quattro soldi, un medico privato gli sarebbe davvero tornato comodo. Non era certo di volersi affidare nuovamente alle mani di quel dottore, ma... La conversazione lo aveva aiutato a capire che tipo di domande rivolgere ad eventuali candidati.
Ora si trattava solamente di trovarli, gli altri candidati. Si sedette a un tavolino, approfittando della pausa nella conversazione per dare una rapida occhiata al cellulare...
E notando le dieci chiamate perse da parte di sua madre.
Aggrottò la fronte. Era successo qualcosa? Un parente morto, un problema al negozio di fiori, un incidente, o- Ohcazzoilcompleannodellazia. Ma non doveva essere il prossimo week-end? Era sicuro al 100% che fosse il prossimo weekend.
Invece era quello.
Il suo cervello era un vile traditore.
“Merda.”
Visto, anche lui sapeva parlare in francese.
“Temo di doverla abbandonare qui, mi ero scordato di avere un appuntamento.” Spiegò al dottore, ricacciandosi il cellulare in tasca. “Ma non mi dispiacerebbe avere il suo biglietto da visita, se ne ha uno a portata di mano! Mi piace come cura la gente.” Agitò il braccio fasciato, come a dimostrarne il corretto funzionamento, e urtò il proprio bicchiere di caffè. Lo acchiappò con uno scatto dell'altra mano, spalpandosi sul tavolino e riuscendo ad evitare il disastro per un soffio.
“...E come vede io sono molto distratto e mi faccio male spesso.”
Respiri profondi.
Lui quel giorno noncelapotevafare.. -
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