La linea di partenza

Role || ReЙ & Alasse_Schwarz

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    Yoshito Amaterasu
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    Era una tranquilla giornata estiva alla Yuuei Academy ed un tiepido vento da scirocco scaldava la mattinata, scivolando dolcemente sui visi della gente come una carezza affettuosa.
    Subarashi.
    Un ragazzo con una lunga chioma color oro e dalle punte scarlatte, sostava immobile al centro del cortile davanti all'ingresso della scuola, mentre i raggi del sole gli piovevano addosso a risaltarne la figura. Indossava una comune divisa scolastica che sfoggiava con una posa a gambe larghe e incrociando le braccia; tuttavia sulle spalle un haori bianco poggiava a far contrasto al nero della divisa, adornato in punta con una grossa fiamma che condivideva i suoi colori con la capigliatura e, al cui centro, predominava con inchiostro nero il kanji della fiamma 火.
    Con gli occhi strabuzzi ed un grosso sorriso ad illuminargli il volto, fissava con sguardo altero l'edificio scolastico.
    Il solo essere qui, davanti a quest'ossequio al valore, sento già le braci che mi ardono nel cuore infiammarmi lo spirito.
    Parlando a se stesso e ad alta voce, il giovane s'era stanziato come un ammiratore davanti al podio difronte la scuola, per contemplare ed ammirare la Yueei in tutta la sua bellezza. Per lui non era un semplice istituto d'istruzione, ma era un simbolo per quella virtù che nella sua vita aveva imparato a rispettare ed amare anche più di se stesso.
    È un simbolo all'eroismo.
    Lui come, tanti altri, faceva parte di un generazione condizionata da valori nobili e che esaltano l'audacia ed essere in quel luogo e in quel momento, tempestò il ragazzo con emozioni di gioia ed orgoglio. Il suo nome era Yoshito Amaterasu e da poco aveva terminato l'esame d'ammissione per gli aspiranti eroi. Bensì dall'esterno apparisse calmo e con un portamento fiero, dentro di se fremeva di curiosità; era impaziente di iniziare, chiedendosi quali fossero sfide lo attenderlo e come sarebbero state le persone che lo avrebbero affiancato sul suo cammino.
    Aaah... Sospirò con fare sommesso, mentre il tono iniziò a farsi alto ed energico Mantener le apparenze è davvero un screzio. Quasi non riesco a contenere il fremito che mi percuote l'animo.
    E con lo sguardo perso nel vuoto, Yoshito pensava quale sarebbe stato il percorso che lo avrebbe condotto a risplendere come l'eroe che aveva chiaro nel suo immaginario. Ma ormai era pronto ad andare e vivere a pieno il suo primo giorno in quel posto che da tempo attendeva di esplorare; stava per muovere il primo passo quando un pensiero lo fermò.
    Ma forse, potrei attendere qui ancora un altro po'.

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    Tachibana Eru

    Fare tardi il primo giorno di scuola non poteva certo essere definita come la migliore trovata che Eru avesse avuto nell’ultimo periodo ma, accidenti, la sveglia aveva deciso che proprio oggi non era il caso di suonare.
    Okay, probabilmente aveva suonato ed Eru – troppo assonnata dopo la notte passata a sognare a occhi aperti la sua prima giornata alla Yuuei – le aveva ordinato di spegnersi, e quella aveva ovviamente obbedito.
    Questo era uno dei pochi casi in cui Eru detestava il suo quirk, ma se l’era un pochino cercata probabilmente, non mettendo la seconda sveglia che di solito usava per giornate importanti.
    “Avrei dovuto immaginarlo che avrei combinato un disastro! E il primo giorno poi… Sarò fortunata se non mi sbatteranno fuori immediatamente!” stava pensando freneticamente mentre correva il più velocemente possibile su per la salita che conduceva alla scuola, e notando che avrebbe avuto bisogno di un allenamento di resistenza, perché il fiatone che aveva era a dir poco patetico per un aspirante hero.
    Una parte del suo cervello si chiedeva se sarebbe riuscita a vedere Himemiya-san a scuola quel giorno, ma un’altra non era così sicura, visto che non aveva nemmeno avuto la presenza d’animo di chiedere all’altra il suo numero di cellulare dopo l’addestramento.
    “Chissà in che classe è, speriamo nella mia… O anche in una vicino alla mia, almeno potrò vederla nella pausa pranzo…” pensò speranzosa, notando finalmente il cancello della Yuuei di fronte a sé e sorridendo mestamente.
    Fu allora che vide la figura ferma a gambe larghe davanti al cancello: dall’altezza e stazza le parve un ragazzo – anche se nel loro mondo non potevi mai esserne sicuro – con lunghi capelli di un giallo dorato con riflessi rossi e un haori bianco sulle spalle con il kanji del fuoco impresso sopra.
    Per un attimo rimase bloccata, non capendo se fosse uno studente come lei o solo un passante, poi decise di avvicinarsi, palesemente incuriosita dal suo stazionare così davanti al cancello della scuola: «Ciao! Io sono Eru, Tachibana Eru! Qual è il tuo nome? Come mai sei fermo qui fuori? Va tutto bene, sì?».
    Solo dopo aver vomitato tutte le sue domande si rese conto che – probabilmente – doveva imparare a mettere un freno alla sua lingua, se non voleva iniziare già da subito a fare la figura dell’impicciona invadente, ma ormai aveva chiesto quindi rimase lì, i capelli che si muovevano nella brezza mattutina, i suoi occhi viola puntati sul ragazzo di fronte a lei, e un piccolo sorriso sulle labbra, mentre attendeva la sua risposta.
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    Edited by Alasse_Schwarz - 3/9/2020, 11:04
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    Yoshito Amaterasu
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    Era ancora davanti al cancello, statico nella posa e nell'espressione, quando una figura a lui sconosciuta gli si avvicinò per approcciarlo; era una giovane fanciulla, una sua coetanea ad un primo sguardo, dalla lunga chioma corvina e gli occhi violacei.
    Mmh?
    Chi è codesta fanciulla, la conosco?
    Senza mutazioni nello sguardo, gli occhi si abbassarono e le porse orecchio (era un po' più basa di lui) attirato come una falena dalla favella della ragazza. Tempestato con una concatenazione di domande, un qualcosa considerabile quasi come un assalto o almeno importuno per qualcuno, Yoshito non sembrò esser infastidito dallo sfoggio di tanto brio.
    Che splendidi occhi pieni così vivi e pieni di curiosità. Sembra quasi lo sguardo di un bambino che guarda il mondo per la prima volta.
    Ahahah! Strinse gli occhi ed esordì con una fragorosa risata, compiaciuto dalle domande della ragazza e, sciogliendo le braccia dalla posa conserte e portandosi la mano destra aperta sul petto, le rispose con tono chiaro e grave.
    Beh, s'è presa il tedio di rivolgere il suo interesse ad uno estraneo appena incontrato. Sarebbe scortese e poco cavalleresco da parte mia non degnarla di risposta adeguata.
    Costui è Yoshito Amaterasu, discendente della casata Amaterasu e aspirante eroe samurai di siffatto secolo. Ed è mio onore piacere fare quest'oggi la vostra conoscenza, Tachibana-san.
    Dopodiché, si prodigò in un inchino profondo (a 45 gradi) alla volta di Eru per poi tornare in posizione retta, ma alzando prima il capo, sfoggiandole un sorriso cordiale ad occhi socchiusi. Riesibí la sua espressione vivace ad occhi strabuzzi, incrociò nuovamente le braccia e tornò a prender parola.
    Stavo prolungando la mia attesa in questo luogo per poter ammirare il quadro che quest'oggi le divinità hanno dipinto per noi in questa splendida giornata. La mano si allontanò per un attimo dal petto per indicare il paesaggio che avevano davanti. Osservi Tachibana-san. I raggi del sole rischiarano la Yuuei. Ne accentuano le forme e ne definiscono l'imponente struttura. Una vista meravigliosa, oserei dire. Non trova?
    Continuando a sorriderle il ragazzo appariva soddisfatto, non sembrava esserci beffa o menzogna nelle sue parole benché il suo linguaggio risuonasse come minimo inusuale, forse persino bizzarro, per qualcuno che non lo conoscesse.
    E per rispondere alla vostra ultima domanda. Riprese per poi concludere. Posso affermare con fierezza che il mio animo è semopre sereno e sano. La giornata non poteva andar più splendidamente, specie adesso che ho compagnia con cui poter far dialogo.
    Lo sguardo di Yoshito era ora fisso su di lei, rapito da quegli occhi dal colore così intenso e, non cedendo mai il proprio sorriso, si prese lui ora la licenza di porle una domanda.
    Sapete... Inveì con una voce più calma e gentile. I vostri occhi mi ricordano i fiori di glicine. Rimase in silenzio per qualche secondo, mentre il suo sguardo continuò ad incrociarsi con quello di lei. Ma non fate caso alla mia franchezza e perdonate se vi ho recato offesa. Ma se posso permettermi, di sfuggita non ho potuto non notare che il vostro arrivo fosse anticipato da una corsa. E costui si domandava quale fosse il motivo che vi stesse recando cotanta urgenza.

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    Tachibana Eru

    Se si era aspettata una risposta veloce o scocciata alla sua valanga di domande, lo sconosciuto l’aveva certamente contraddetta sotto ogni punto di vista.
    Amaterasu-san, come si era presentato il ragazzo, le aveva sorriso e dedicato più attenzione e franchezza di quanto fosse usuale per due persone che si erano letteralmente appena incontrate.
    Non aveva pensato che il ragazzo fosse fermo lì perché stava ammirando l’edificio principale della Yuuei, ma doveva ammettere che sì, era una bella costruzione, specie baciata dal sole come in quella giornata tipicamente estiva a Tokyo.
    Si perse un attimo ad ammirare le linee dritte e pulite dell’edificio, sempre stupita dall’essere riuscita a superare l’esame d’ingresso, prima di voltarsi nuovamente per continuare ad ascoltare il giovane di fronte a lei: doveva avere più o meno la sua stessa età, anche se la superava di una testa buona in altezza – non che ci volesse poi così tanto, Eru era terribilmente bassa anche per gli standard giapponesi –, costringendola a piegare la testa per vederlo in volto.
    Quando lui commentò il colore dei suoi occhi la ragazza non poté che portarvi una mano, ricordandosi quante volte il suo tratto “meno comune” era stato oggetto di scherno o domande da parte di amici e sconosciuti ugualmente.
    Non percepì intenti poco simpatici ma una mera affermazione del vero da parte del ragazzo, perciò sorrise vagamente impacciata: «Li ho presi da mia madre, fanno parte del mio quirk! Ma non si preoccupi, non mi ha offeso!».
    Agitò le mani per mostrare che non era offesa, e continuò: «Comunque, come dicevo, i miei occhi fanno parte del mio quirk, infatti ho una vista superiore alla media. Alcuni dei dottori che hanno esaminato me e la mia famiglia hanno dedotto che il colore chiaro ci permette di assorbire più luce per avere una vista più chiara dei dettagli attorno a noi. Ovviamente sono solo teorie, visto che comunque il nostro quirk non è di tipo visivo…».
    «Ah, ma forse sto straparlando un po’ troppo» ridacchio ancora, «E lei Amaterasu-san che Quirk ha? Se posso chiedere, ovviamente!».
    Avrebbe volentieri continuato la conversazione lì fuori, ma quella che – vista l’ora – immaginò essere la seconda campana d’ingresso suonò dall’edificio, ed Eru si voltò a guardare verso la scuola, prima di sorridere nuovamente: «Ah, questa è la risposta alla sua ultima domanda, Amaterasu-san: sono in ritardo. Lei in che classe deve andare? Io sono nella 1-A, le va se iniziamo ad andare?».
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    Yoshito Amaterasu
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    Era un tratto familiare a quanto diceva, quegli occhi dal viola così intenso era un retaggio da parte della madre. Ma per quanto avesse una pupilla peculiare, Eru era sicuramente considerabile una ragazza normale se paragonata agli standard moderni che i quirk avevano inserito nella società dalla loro apparizione. Yoshito stesso aveva occhi le cui iridi eran prive del solito colore nero, sostituite da un giallo intenso circondato da pupille cremisi a scontornarle come un dipinto, e quindi poteva ben comprendere il tipo di discriminazione a cui la giovane era andata incontro.
    Anche nella mia famiglia siam tutti provvisti di quest'occhi e capelli color fiamma come tratto congenito. Quindi è di mia comprensione il tipo di disagio che avete affrontato. Commentò alla ragazza.
    La ragazza continuò e spiegò come questo peculiare tratto familiare, le fornisse una vista superiore al normale ma non fosse questo il potere che le aveva permesse di accedere al corso di eroismo.
    Meraviglioso.
    Rispose il ragazzo con sincero stupore, sia nel tono che nel viso era chiaro come il discorso di lei lo avesse impressionato.
    Mi vien da domandare a me stesso quale sia ebbene il potere a lei donato.
    A questo punto fu nuovamente Yoshito a prender la parola. Tramite apposito quesito, Eru aveva mostrato interesse su quale fosse potere che il giovane dai capelli di fiamma celasse dietro il portamento da guerriero.
    Costui sarà lieto di soddisfare la vostra curiosità. La capacità che...
    Ma la risposta fu interrotta dal repentino intervento di Tachibana. In risposta alla precedente domanda che il ragazzo le aveva porto, svelò con tono celere il motivo di così tanta foga durante il suo arrivo. L'orario di partenza per le lezioni ormai si avvicinava, la prima campanella era già suona e presto anche la seconda avrebbe fatto lo stesso; ciò avrebbe significato solo una cosa per il duo dinanzi ai cancelli d'ingresso: far tardi già il primo giorno di scuola.
    Mmh... Le lezioni... Commentò a se stesso alzando sguardo e mento, usando un tono perplesso come se non avesse pensato a ciò ch'era stato appena detto. Invero costui deve ammettere d'aver obliato un simile impegno. Come ho potuto concedere a me stesso un così disdicevole comportamento! Si rimproverò Yoshito.
    Tachibana -san! Esordì all'improvviso verso la ragazza. Come da lei ribadito siamo in ritardo per l'inizio del nostro percorso scolastico. Oserei dire abbiamo l'onere di rimandare la nostra la nostra discussione e dar priorità a raggiungere il luogo ove si svolgerà la nostra prima lezione.
    Portò entrambe le braccia davanti a se. Dopodiché, si inchinò in avanti poggiando le mani aperte sulle sue cose e facendole scorrere lungo le gambe, inarcate all'indietro, più volte verso l'alto e il basso per stiracchiare e preparare il corpo all'imminente scatto.
    Osu! Esclamò a voce alta. Opterei per un moto repentino, oserei dire. Bisogna abbreviar velocemente le distanze per impedire il ritardo. Si rialzò, terminando il riscaldamento, e rivolse nuovamente il suo sguardo strabuzzo e il sorriso caloroso verso la giovane Eru. Sempre se per voi non sussiste problema, Tachibana-san.
    La proposta di Yoshito era di raggiungere le rispettive aule tramite una corsa. Per lui non era altro che un'occasione per svolgere un po' allenamento, dopotutto era abituato ad un ritmo di vita in perenne movimento, ma non era sicuro che Eru fosse della stessa opinione, per questo le chiese il suo parere.
    In ogni modo costui fa parte del corso B. Per quanto le nostre classi differiscano in luogo, sarò ben lieto di accompagnarvi se me ne darete il permesso!

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    Tachibana Eru

    Le dispiaceva tagliare corta la discussione, ma fare tardi il primo giorno di lezioni era assolutamente un no-no su tutta la linea: Eru davvero non riusciva a immaginare a un peggior biglietto da visita da presentare ai suoi compagni e professori.
    In una scuola prestigiosa come la Yuuei, poi, era come cercare di presentarsi come la più snob di tutte, quella che poteva perché sì.
    "Ma magari mi sto facendo prendere dalla mia solita ansia? Forse non è così grave, ma mio padre mi ritirerà da scuola alla prima cosa sbagliata che sente su di me, quindi non è il caso di rischiare" rifletté Eru, portando nuovamente il suo sguardo sul suo nuovo compagno di scuola: anche lui si era voltato verso la scuola e doveva essersi reso conto del fatto che stavano rischiando di non arrivare in tempo alle loro classi, perché si voltò verso di lei e, con il suo fare serio ma solare, le propose di accompagnarla alla sua classe.
    Eru sorrise, dato che si era aspettata di vederlo partire di corsa, ma invece era stato così gentile da offrirle di fare almeno un pezzo con lei! Purtroppo lui era nella classe 1-B ma la ragazza rifletté che sicuramente si sarebbero visti in caffetteria e durante gli allenamenti, quindi sorrise sollevata.
    «Mi farebbe molto piacere, Amaterasu-san!» disse, iniziando subito a mettere i piedi uno dopo l’altro nella direzione dell’edificio, ma continuando la conversazione: «Mi stavi dicendo del tuo quirk?».
    Passare dal lei al tu dopo pochi minuti di conoscenza forse era un po’ esagerato, ma sperava che al ragazzo non dispiacesse: in fin dei conti se si erano incontrati lì fuori un motivo doveva esserci.
    Che avesse trovato il suo primo amico alla Yuuei? Non vedeva l’ora di tornare a casa per raccontarlo alla zia, in quel caso!
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    Red, scusami ancora per il ritardo, purtroppo non sto capendo più niente ç_ç Prometto di fare di meglio d'ora in poi!
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    Yoshito Amaterasu
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    «Mi farebbe molto piacere, Amaterasu-san!»
    Non era su intenzione farlo, ma quando il ragazzo senti Eru abbandonare il lei per una parlata più confidenziale, gli zigomi si colorarono di un leggero rosso e, istintivamente, l'indice destro si alzò verso la guancia per grattarla con fare un po' imbarazzato. Lo sguardo si distolse da lei per un attimo ed il capo si alzò in un punto in alto a sinistra imprecisato.
    A quanto pare ha già deciso di passare ad utilizzare il tu anche se ci siamo appena conosciuti... Come un'altra persona di mia conoscenza.
    Lo sguardo strabuzzo tornò fisso sulla ragazza, col suo solito sorriso sereno ad accompagnarlo.
    Va bene, questa volta cercherò di reggere il gioco.
    Yoshito era abituato ad un linguaggio ferreo e molto formale e ogni volta che ciò veniva a mancare, specie con estranei e con gente con cui non aveva sviluppato un rapporto confidenziale, si trovava in disagio e un po' imbarazzato anche se tentava sempre di cedere compostezza e mantenere l'impaccio celato. Allargò il braccio destro lontano dal fianco e mostrò un inchino con l'haori alzato.
    E allora permettimi di farti da scorta.
    Fu allora che la ragazza gli domandò nuovamente della sua unicità. Yoshito afferrò dunque l'haori che indossava come un mantello e, con un movimento rapido e ad arco, lo portò davanti a se ed un bagliore lo avvolse celandolo ad ogni sguardo.
    Il potere di costui è molto modesto e poco complicato.
    Siamo all'interno dell'istituto quindi non dovrebbero esserci problemi a riguardo.
    Quando la luce si affievolì, l'haori era scomparso ed ora tra le man del ragazzo c'era un grosso cesto da spalla in legno intrecciato, molto capiente ed alto quasi quanto il ragazzo, fermandosi qualche decina di centimetri sotto le sue spalle.
    Posso creare qualsiasi tipo di oggetto a patto di sacrificare qualcos'altro come pegno.
    Il cesto da lui creato era molto simile a quelli usati dai contadini per il trasporto del fieno, con tanto di braghe per poterlo indossare come uno zaino; a differenze però della sua controparte più comunque, il cesto da lui creato era visivamente più resistente per via dell'intreccio più folto ed accurato, oltre ad essere molto più spazioso e fornito di un accesso sul retro dotato di due ante e chiavistello. Il ragazzo si posizionò dunque davanti al grosso contenitore di legno e lo indossò come un zaino alzandolo dal suolo.
    Sorrise nuovamente alla ragazza e le si avvicinò, mentre le mani agguantarono le brache che calavano sul suo petto; una volta vicino le diede le spalle, mostrandole l'apertura sul retro del cesto.
    Come ho già detto, permettimi di scortarti Tachibana-san. Quindi non temere e sali a bordo.
    Probabilmente l'intento della ragazza era quello di fare una comune camminata, ma i piani di Yoshito viaggiavano per un'altra strada e il suo sguardo deciso e quello di un ragazzo testardo che difficilmente si sarebbe lasciato convincere altrimenti.
    Se fosse salita sul cesto, Eru avrebbe potuto esaminarne con tatto la robustezza del legno che una volta non era altro che tessuto e che fosse abbastanza grande per permetterle di starci dentro in piedi. Yoshito, da parte sua, non sembrò mostrar cenno di sofferenza mentre la ragazza saliva nel cesto, come se fosse abituato a trasportare in quel modo carichi anche più onerosi del semplice peso di Eru. E a riprova di ciò, il ragazzo rituonò col suo tono squillante e pieno di carica ed entusiasmo.
    Forza,Tachibana-san. Andiamo!

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    Tachibana Eru

    Si accorse quasi immediatamente dell’imbarazzo di lui, e capì probabilmente di averlo causato lei stessa con il suo passare a un tono molto più “intimo”, nonostante si fossero letteralmente appena incontrati; quando però lui non la corresse, ma anzi passò al tu a sua volta lei sorrise soddisfatta, convinta di aver preso la decisione migliore.
    Lui poi si sfilò l’haori che indossava e lo tenne sollevato per un attimo, prima che la luce lo avvolgesse, e che al posto dell’haori, una volta che questa si disperse, rimanesse un cesto.
    “Il potere di costui è molto modesto e poco complicato. Posso creare qualsiasi tipo di oggetto a patto di sacrificare qualcos'altro come pegno.” spiegò lui, facendole vedere il cesto e lei rimase stupita: quirk simili erano davvero rari, che lei sapesse, e richiedevano parecchia conoscenza di ciò che si andava a fare, ben più della conoscenza meramente istintiva che molti quirk permettevano.
    Il suo quirk in confronto pareva quasi una passeggiata, nonostante richiedesse anche lui una buona dose di concentrazione.
    Poi notò che, in effetti, sarebbe stata buona educazione mostrare il proprio quirk a qualcuno che ti ha appena mostrato il suo, quindi sorridendo recuperò Angelina dalla tasca e, attaccando i suoi fili da marionettista alla bambolina la fece arrivare sul marciapiede nel quale sostavano, facendola poi esibire in un piccolo inchino.
    «Questo è il mio quirk, Amaterasu-san! Posso creare delle stringhe per muovere oggetti inanimati, un po’ come un teatrino delle marionette. Oh, lei è Angelina.»
    La bambolina vestita con una piccola divisa della Yuuei salutò con una manina bianca, prima di fare un altro inchino ed essere rimessa nella tasca della giacca da Eru.
    Sorrise, un po’ imbarazzata, sapendo sia di non avere affatto un quirk speciale come Amaterasu-san, ma anche che il suo portarsi appresso Angelina a scuola non era probabilmente una grande idea: probabilmente alcuni avrebbero potuto prenderla in giro, ma in quei casi solitamente Eru si scusava dicendo che le serviva costante allenamento alle dita, e cosa meglio di una bambola completamente snodabile per esercitarsi?
    Oltretutto muovere Angelina la aiutava a mantenere la calma nelle situazioni stressanti, quindi non aveva intenzioni di scusarsi per averla portata: il primo giorno di scuola ERA un’occasione che rientrava perfettamente nella categoria “eventi stressanti”.
    “Come ho già detto, permettimi di scortarti Tachibana-san. Quindi non temere e sali a bordo. Forza,Tachibana-san. Andiamo!” la distrasse lui ancora una volta, facendola sorridere con il suo tono squillante e carico di entusiasmo.
    Era un po’ dubbiosa all’idea di entrare a scuola ed arrivare in classe scortata dentro una cesta, ma ammetteva che l’idea delle facce che i suoi compagni avrebbero fatto la divertiva parecchio, quindi decise di accettare e si fece aiutare ad entrare nel cesto.
    Una volta che si fu sistemata per essere certa di non cadere sorrise al suo compagno di scuola e, sollevando il braccio destro in aria, trillò: «Andiamo Amaterasu-san! Le lezioni ci aspettano!».
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    Dopo aver avuto dimostrazione del quirk di Yoshito, anche Eru volle esibire la sua unicità.
    Hmm?
    Mugugnò il ragazzo incuriosito. E sotto l'occhio vigile e spalancato dello studente, la fanciulla dagli occhi color glicine tirò fuori da una sua tasca una piccola bambola snodabile a forma di ballerina; aveva fattezze femminili ed era vestita con replica in miniatura della loro divisa scolastica e, dopo averci armeggiato tra le sue sottili dita, Eru la liberò dalla sua presa e lasciò cadere al suolo. Ma a differentemente da quel che si poteva aspettare, la bambola non stramazzò al suolo ma vi atterrò in piedi, suoi piedini, e con sorpresa di Yoshito, iniziò a muovere i suoi passi in completa autonomia. Si diresse verso il marciapiede animata da una forza invisibile e, girandosi verso il giovane, salutò quest'ultimo con la sua bianca manina per poi infine esibirsi in un solenne inchino. In risposta a cotanta cortesia, il capo del ragazzo si chinò in avanti come segno di riverenza.
    Incredibile!
    Esclamò Yoshito ridacchiando tra sé e sé per la sorpresa, mentre la piccola bambolina tornava dalla sua padrone e spariva nella tasca di quest'ultima.
    Reputo il tuo potere davvero una lieta sorpresa, Tachibana-san. Mi hai così incuriosito che mi porti a interrogarmi quali siano i confini della tua unicità...!?
    Il tono sicuro e squillante del giovane studente si fece sentire ancora una volta chiaro e conciso. Dopodiché, il suo viso si fece interrogativo e la mano destra avvolse il mento per confermarne lo stato meditativo.
    Mi domando fin dove possa estendere la sua abilità e quali siano i suoi limiti. Probabilmente il suo controllo non si limita a quella bambola, altrimenti non penso avrebbe potuto superare l'esame d'ingresso.
    Mi chiedo come la adoperi nel combattimento... Chissà magari può interagire anche con le mie creazioni!

    Lo sguardo temporaneamente perso del ragazzo tornò ben presto lucido e fisso su Eru; resosi conto della scortesia che il suo taciturno pensare potesse averle impartito, decise dunque di scusarsi e complimentarsi con lei.
    Chiedo ossequio Tachibana-san per essermi smarrito per un momento. Ma se ciò che costui ha avuto l'audacia supporre corrisponde a vero, mi è facile immaginare che tu abbia superato con agio l'esame d'ingresso.
    Come sempre finora, le sorrise ancora una volta, sfoggiandosi nella sua posa a gambe larghe, braccia conserte e viso fiero.
    Ma direi di destinare a data postuma questo argomento.
    Dopotutto il tempo a loro disposizione si stava lentamente esaurendo e se non avessero voluto far tardi a lezione avrebbero dovuto affrettarsi. Così, come proposto dal ragazzo, Eru salì "a bordo" dell'improvvisato mezzo di trasporto su cui era stata invitata a prender posto; una volta del cesto i preparativi eran pronti, e dopo aver incitato lei stessa l'inizio del viaggio, il corpo di Yoshito si inclinò leggermente in avanti assumendo la classica dei podisti sulla linea di partenza.
    Reggiti forte Tachibana-san! E dopo aver pronunciato quelle parole il ragazzo partì in una corsa lungo i viali della scuola e dirigendosi all'ingresso.
    Questa è un'ottima occasione per fare un po' di allenamento!
    Farsi carico di Eru non sembrò pesar troppo a Yoshito, era abituato a regimi di allenamento decisamente più ferrei grazie al dojo. Tuttavia il viaggio non era tra i più comodi: oltre che dover pensare a reggersi per non cadere dal cesto, la ragazza si sarebbe sentita sballottata all'interno di questo, mentre Yoshito raggiungeva l'ingresso.
    Il ragazzo, forse conscio di ciò, afferrò rapido un piccolo sasso durante il tragitto e, chiudendolo tra le i sue palmi e con le mani poggiate l'una sull'altra in direzione opposta, lo trasformò in un diverso oggetto da donare al suo passeggero. Da dietro, la fanciulla, avrebbe notato un bagliore proveniente da avanti il ragazzo e fu quando si fu speso che Yoshito intervenne a far chiarezza in merito.
    Tachibana-san, come ho già detto il tuo potere è davvero incredibile... Disse riprendendo l'argomento e mentre manteneva le mani strette vicino al petto. E per quanto sia raro, penso che le nostre unicità abbiano un'ottima compatibilità tra di loro.
    Per quanto non volesse dagli peso, ma parlare mentre correva gli favoriva un certo affanno, ma mai avrebbe permesso che né il suo viso allegro né il suo tono energico venissero meno. Dopotutto lo stava facendo per distrarla da eventuali disagi che quell'improbabile viaggio le avrebbe procurato, e Yoshito era più che disposto a compiere qualche sacrificio s'era per il bene di qualcun altro.
    Perdonami l'arroganza ma volevo proporre un piccolo esperimento. Allontanò una mano dall'oggetto che stringeva in petto, avvicinando con l'altra quest'ultimo verso la sua spalla. Mi chiedevo se il tuo potere possa essere esteso alla mie creazioni. La mano superò la spalla, e la mano si aprì per porgere un oggetto bianco ad Eru. E ho pensato che questo dono potesse utile al suddetto impiego.

    Là dove prima giaceva un sasso, ora un piccolo pupazzo bianco in filo intrecciato stendeva nella mano del ragazzo. Era un Amigurumi di una piccola volpe bianca in posa dormiente e che Yoshito offrì ad Eru di suo stesso palmo...

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    Tachibana Eru

    Non aveva riflettuto su quanto sarebbe stato scomodo viaggiare – in senso lato, ovviamente, dato che in realtà tra l’ingresso e le classi c’erano poche decine di metri – ma ammetteva che forse non era stata l’idea migliore quella di entrare nel cesto.
    Fortunatamente non soffriva di nausea da movimento, quindi avrebbe evitato situazioni a dir poco imbarazzanti e l’uso dei bagni della scuola; il fatto di non essere riuscita a far colazione per lo stress certamente aiutava, visto che non poteva rimettere con lo stomaco vuoto.
    Il movimento ondulatorio continuò per qualche altro passo, quando Amaterasu-san attirò nuovamente l’attenzione di Eru, con la luce proveniente dal suo quirk mentre, evidentemente, trasformava qualcosa con la sua unicità: la ragazza non aveva notato cosa il giovane potesse aver usato, ma puntò i suoi occhi viola sulla sua mano.
    “Tachibana-san, come ho già detto il tuo potere è davvero incredibile...” disse lui, riprendendo l'argomento, “E per quanto sia raro, penso che le nostre unicità abbiano un'ottima compatibilità tra di loro” .
    Poi aprì la mano da cui poc’anzi era arrivata la luce che aveva attirato l’attenzione di Eru, rivelando al suo interno un piccolo pupazzetto bianco a forma di volpe delle nevi: pareva chiaramente fatto a mano ed Eru si sarebbe lasciata ingannare se non l’avesse visto apparire quasi “dal nulla”.
    “Volevo proporre un piccolo esperimento: mi chiedevo se il tuo potere possa essere esteso alle mie creazioni” spiegò lui, porgendole il peluches, ed Eru sorrise prendendolo tra le mani e iniziando a studiarlo: era un pupazzetto come tutti gli altri, estremamente morbido, probabilmente il materiale era una lana estremamente fine, e in effetti pareva più un pupazzetto destinato a rimanere sui mobili piuttosto che uno da dare a un bambino per giocare (di quelli per bambini Eru da piccola aveva fatto largo uso, ci si era allenata fino allo sfinimento, rovinandone parecchi); ma un dubbio nella sua mente le chiedeva se davvero per lei fosse possibile muovere qualcosa creato da un quirk altrui.
    “Solo un modo per scoprirlo!” Eru annuì a sé stessa, prima di decidere di portare la sua dimostrazione un poco oltre: in fondo il suo quirk non funzionava solo con le sue stringhe.
    «Salta giù e cammina!» ordinò al volpino di peluches, il quale parve scosso da un lievissimo tremito, prima di lanciarsi giù dalle mani di Eru in un arco aggraziato e toccare terra senza un suono; poi, tranquillamente, seguì i due ragazzi per diversi mentri, prima di tornare tra le mani della ragazza con un altro balzello.
    «Direi che i nostri quirk sono estremamente compatibili, Amaterasu-san!» rise lei, poi domandò: «Posso tenere il peluches? E’ davvero carino!».
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    CITAZIONE
    Prima o poi riceverò una targhetta come ritardataria, ma non posso far altro che continuare a scusarmi! Spero che la scena vada bene: io e Red ne abbiamo parlato in privato, ma tecnicamente Eru può muovere tutti gli oggetti inanimati, quindi gli oggetti creati da Amaterasu non dovrebbero essere diversi.
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    Yoshito Amaterasu
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    E come il testimone che vien passato da un corridore ad un altro, Yoshito affidò alle cure di Eru il peluche della piccola volpe bianca che aveva plasmato da un aggregato naturale di sostanze minerali cristalline grazie alla sua unicità. Dandole le spalle il ragazzo non poté osservare cosa ne fece del piccolo pupazzo di stoffa, la passeggera che trasportava nel cesto alle sue spalle; quando d'improvviso, durante la sua imperterrita marcia, una piccola creaturina bianco lo affiancò nella sua corsa.
    Subarashii!
    Esclamò estasiato sia nel volto che nel tono stentoreo. L'Amigurumi di sua creazione, correva al suo seguito come se fosse animato di vita propria; quella che alla vista pareva essere una magia, in realtà non era che il frutto dell'operato di Eru e del suo Puppeteer.
    Tachibana-san, chiedo venia se le mie parole ti suoneranno non nuove e già pronunciate, ma il tuo potere è davvero incredibile!
    Il risultato supera le mie aspettative. L'Amigurumi sembra controllato dalla sua volontà, come se vi fosse una qualche sorta di telepatia o telecinesi a governarne i movimenti. Mi chiedo se...
    E decidendo di non confinare i suoi dubbi ai suoi soli pensieri, Yoshito prese coraggio e decise di proferir parola, con un tono alto e chiaro affinché la sua interlocutrice potesse udirlo con chiarezza anche dall'inusuale posizione in cui si trovavano.
    Tachibana-san, indulgi la mia boria, ma costui vorrebbe porti una domanda.
    Attese qualche istante aspettandosi forse una qualche risposta.
    Mi chiedevo se potessi parlarmi di più della tua unicità. Può essa esser applicata solo a costrutti dotati di arti o può essere estesa ad oggetti privi di quest'ultimi, come utensili o persino delle armi? Chiese Yoshito con una voce carica come quello di un bambino guidato dalla curiosità. Potresti solo scagliarli o potresti guidarli come stai facendo adesso con il nostro qui presente amico? Esclamò allargando il braccio verso il volpino che intanto saltellava nuovamente tra le braccia della ragazza.
    Chiedo remissione per il mio desiderio di conoscenza, ma come guerriero vedo potenziale per l'uso del tuo quirk in un campo di battaglia. E, come costui aveva già proferito, penso che i nostri poteri siano dotati di un'eccezionale sinergia.
    E mentre parlava, senza rendersene conto il giovane era ormai vicino alla loro meta. Avevano varcato l'atrio e, passando davanti agli occhi indiscreti di altri studenti e personale scolastico, il viaggio continuò nei corridoi alla ricerca dell'aula.
    Ah! Esclamò d'improvviso. Costui s'era quasi macchiato della colpa di non donarvi risposta.
    Rallentò il passo, fermandosi in mezzo al corridoio e, con un grosso sorriso e un'espressione solare stampati in volto, si girò verso Eru per dedicarle le sue attenzioni, ma non prima di aver delicatamente deposto la cesta al suolo.
    Sarà mio orgoglio ed onore se decidessi di custodire il nostro piccolo amico... Disse riferendosi al piccolo peluche. Come un dono che costui ha voluto porgere ad una dolce fanciulla per coronarne l'incontro. E concluse esibendosi in un profondo inchino. Dopodiché, fece il giro della cesta.
    Tachibana-san, siam giunti a destinazione. Esordì per poi porgerle la mano ed ostentando un inchino, per invitarla a scendere dalla cesta come farebbe un principe con una principessa su una carrozza. Alzando lo sguardo sopra la porta al loro fianco, Eru avrebbe potuto notare la dicitura 1-A su un cartello in alto.
    La porta è chiusa. Fece notare Yoshito ancora mezzo inchinato. Probabilmente la lezione sta per iniziare ma se ti affretti immagino che non ci saran problemi. I gesti del ragazzo eran molto calmi e delicati nei confronti di lei. Ma prima di andare, permettimi di ribadire che è stato un piacere poter condividere con te questa breve mattinata e, se lo desideri, possiamo mantenerci in contatto e continuare la nostra chiacchierata. Tornò dritto e tirò fuori dalla tasca un bigliettino con un numero di telefono scritto su di esso, per poi metterlo nelle mani della ragazza.
    Dopodiché, sfoggiando nuovamente il suo sorriso, il ragazzo congiunse i palmi aperti davanti a se e, chinando leggermente il capo dietro di essi, si prostrò in una posa di scusa. Chiedo di perdonarmi la frettolosità Tachibana-san, ma purtroppo anche costui è in tremendo ritardo per il suo primo giorno di lezione. Abbandonò la posa e tornò col la sua solita energica espressione. Costui ti augura buona fortuna per il tuo primo giorno di lezione! Si girò e, afferrando il cesto posato alle sue spalle, iniziò a corre in direzione opposta verso la sua classe, mentre in un bagliore il cesto spariva ritornando ad essere il suo bianco haori. Ma mentre correva, si girò un'ultima volta per un ultimo saluto.
    Ci si vede in giro Tachiban-san. Alla prossima!

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    Tachibana Eru

    Doveva ammettere che non capiva la sorpresa che Amaterasu-san sembrava provare per il suo quirk: Eru si limitava a controllare oggetti pre-esistenti mentre lui poteva letteralmente creare un cesto da un haori e un peluche da un sasso! Quello con il quirk decisamente più interessante era decisamente lui.
    Questi erano i pensieri di Eru mentre faceva saltellare la piccola volpina bianca vicino al ragazzo, mentre proseguivano per il percorso verso la 1-A, su per le scalinate dell’enorme scuola.
    “Mi chiedevo se potessi parlarmi di più della tua unicità. Può essa esser applicata solo a costrutti dotati di arti o può essere estesa ad oggetti privi di quest'ultimi, come utensili o persino delle armi? Potresti solo scagliarli o potresti guidarli come stai facendo adesso con il nostro qui presente amico?” le domande di lui la colsero un attimo impreparata ma poi sorrise e prese a spiegare: «Il mio quirk può essere esteso a qualunque oggetto inanimato, volendo anche a, umh, cadaveri o posate. Ovviamente devo tenere conto di che ordine do a quale oggetto: se dico a una porta di aprirsi lo farà, ma è praticamente impossibile dire a una forchetta di aprirla per me. Posso fargli fare più o meno qualsiasi cosa a patto che abbiano le capacità intrinseche per farlo, ho fatto fare uno spettacolo di danza alle sedie della sala da pranzo una volta» ridacchiò a quell’ultima affermazione, ricordando la faccia di sua madre a quell’uso assurdo del suo quirk.
    Mentre faceva le sue spiegazioni i due giunsero di fronte alla 1-A: la porta era già chiusa, notò Eru con la coda dell’occhio, ma non se ne preoccupò eccessivamente, mentre Amaterasu-san la aiutava ad uscire dal cesto, prima di ritrasformarlo in un haori con un gesto elegante delle mani.
    Eru non poté che sorridere nuovamente quando il giovane, dopo esseri infilato nuovamente l’haori, le porse il pupazzetto in peluches e un biglietto di carta con un numero di telefono scritto sopra: aveva scordato, poche settimane prima, di chiedere il numero di Himemiya-san, ma fortunatamente Amaterasu-san pareva voler rimanere in contatto con lei.
    Eru si premurò di fare un inchino in risposta a quello del ragazzo, prima di sollevare la mano destra e salutarlo con un «Buona giornata, Amaterasu-san!». Poi guardò il volpino tra le sue braccia e chiese: «E a te che nome dovrei dare? Ma sì, Shiroi!».
    Sorrise, per poi infilare in tasca biglietto e volpino, prima di bussare sulla porta dell’aula: si preannunciava una fantastica giornata.
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    E direi che abbiamo terminato! Grazie mille per la role, Red <3
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    Ciao ragazzi :sparks:
    La role è stata piuttosto semplice ma piacevole alla lettura.
    Il contenuto è tutto corretto, ma purtroppo la valutazione di Alasse sarà un po' viziata dai suoi ritardi, ahimè, considerevoli.

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