Into the woods.

Role libera | Mirai Ishigami [slot extra] & Ryo Sasaki

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    Mirai Ishigami
    NARRATO x «PARLATO» x PENSATO x LINGUAGGIO DEI SEGNI

    Non aveva dormito niente quella notte e guardandosi allo specchio le sembrava di essere uno zombie in pigiama. A nulla era valsa la lavata di viso con acqua fredda, ancora era nel mondo dei sogni.
    Si era svegliata (o forse non aveva mai dormito) la mattina presto perché aveva deciso di fare qualcosa che rimandava da oramai troppo tempo.
    « yaaawwhn » sbadigliò sonoramente mentre si stropicciava con le mani gli occhietti sonnolenti.
    Una parte di lei avrebbe voluto che girasse i tacchi e se ne tornasse a letto, l’altra invece la spronava a vestirsi, prendere il cibo che si era preparata la sera prima nel frigorifero e partire alla volta del suo viaggio.
    Un viaggio che sarebbe durato poco, un giorno forse, ma sarebbe stato estenuante non per il fisico – o almeno in parte- ma per la mente e lo spirito.
    « Devo farlo. Non posso rimandare anche se ho sonno…» disse sbadigliando di nuovo finchè il suo volto non si posò sulla pila di vestiti sulla sedia nel bagno e sopra di questi il corredo ben lucidato e pronto per essere agganciato.
    Si spettinò i capelli dietro la nuca mentre un lieve sorriso le illuminò il volto per poi tornarsi a guardare nello specchio con un po’ di motivazione in più.
    Prima doccia, poi caffè e poi parto… pensò.
    Aveva scelto quel giorno per andare a fare una sorta di gita fuori città nei boschi di Tama, non troppo distanti da casa, o almeno così ricordava; l’ultima volta che c’era stata risaliva a parecchio tempo prima. L’aveva portata suo padre in campeggio e sapeva che era abbastanza facile da raggiungere e soprattutto era un posto lontano dal caos della metropoli.
    Le motivazioni che la spingevano ad addentrarsi nel bosco da sola erano molte e tutte si ricollegavano ad una cosa sola: il suo Quirk.
    Era l'unico posto in cui non ci sarebbero stati troppi sguardi indiscreti - sperava in realtà proprio punti- soprattutto in vista di quello che aveva intenzione di fare: sarebbe stata accorta e avrebbe scelto un luogo sicuro lontano da tutti ma non troppo lontano da perdersi.
    Si mise un completo semplice, una camicetta bianca dal colletto e dalle maniche a righe bianche e verdi, scarpe comode da ginnastica verdi come le maniche e il paio di pantaloncini che le mettevano in mostra le gambe sinuose coperte fin sotto il ginocchio da calze fini bianche. Infine un nastro legato attorno al collo con un fiocchetto al posto di una collana. Di sicuro non l’avrebbero scambiata per una ragazzina che se ne va in giro per un bosco, e quell’outfit non era proprio adatto ad un paesaggio come quello.
    Il suo intento però non era certo andarsene per la foresta a fare chissà cosa. No. Era diverso e più profondo.
    Si agganciò alle orecchie prima uno e poi l’altro artefatto in metallo e si fermò un attimo a fissare la propria immagine riflessa.
    Aveva pensato, aveva riflettuto tanto e più volte su di sé e sulla sua Unicità. Questo non l'aveva fatta dormire.
    Non poteva più nascondersi dietro una maschera di normalità, non ce la faceva più.
    Era stanca.
    Stanca di far finta di non avere niente di strano, stanca di non riuscire ad utilizzare al meglio il suo quirk.
    Era maledettamente stanca di non avere il pieno controllo della sua unicità, e questo le faceva paura. Sapeva benissimo cosa poteva comportare il suo utilizzo in luoghi pubblici senza licenza e per questo lo aveva tenuto nascosto, lo aveva dimenticato, per anni aveva cercato di vivere una vita normale ma la sua unicità non dormiva mai.
    Il suo Quirk era come uno strumento di difesa per lei, lo era sempre stata e aveva sprigionato il suo potere poche volte e proprio nel momento in cui ne aveva bisogno per proteggersi.
    Proteggersi dagli altri, dalle creature alate, da situazioni imbarazzanti: proprio perché non riusciva a controllare neanche le sue emozioni la situazione stava diventando troppo pericolosa. Per lei e per gli altri.
    Senza contare che aveva bisogno di scoprire, di capire cosa era in grado di fare e cosa no.
    Doveva sapere se era solo una mera maledizione, o solo uno strumento suo di difesa – come gli aculei di un istrice – o poteva diventare qualcosa di più.
    Se lei stessa poteva diventare qualcosa di più.
    Aveva mille domande e nessuna risposta ma contava che da sola, in mezzo alla natura e agli alberi, nel più completo silenzio avrebbe trovato quel che cercava.
    Voleva fare l’unica cosa che non ha mai provato a fare in tutta la sua vita: conoscere davvero se stessa.

    Con una semplice – ma grande – borsa a tracolla, Mirai Ishigami pagò il tassista che la accompagnò fino al punto in cui desidarava, più o meno vicino al campeggio e con un bel po’ di peso sulle spalle ed un sorriso assai raggiante ed emozionato lasciò che l’uomo barbuto a bordo della sua auto la lasciasse sola.
    Si voltò verso il sentiero che aveva proprio dietro le spalle e che si addentrava bello spianato dentro la boscaglia: pensava che sarebbe stato un ottimo punto per cominciare.
    Prendere un sentiero battuto e poi da lì cercare e trovare un posto non troppo lontano per poter mettere in pratica quello che aveva intenzione di fare.
    Assaporò con un gran bel respiro l’aria fresca e muschiosa della foresta per poi incamminarsi con un secco movimento della testa per annuire al pensiero che era arrivato il momento di darsi da fare.
    Si incamminò lungo il sentiero per circa una ventina di minuti e scorse non troppo lontano dai suoi passi quella che doveva essere una piccola radura che sembrava essere il luogo perfetto per quello che le serviva.
    Sembrava piuttosto lontana da sguardi indiscreti, dato che comunque ci si doveva un po’ districare tra gli alberi enormi che sovrastavano l’area.
    Facendo attenzione a non ruzzolare per terra, a non mettere i piedi su cose di cui si sarebbe pentita e soprattutto a evitare buche o tronchi marci, Mirai si fece largo e verso quel posticino che aveva intravisto dalla strada e quando vi arrivò sembrava essere un posto perfetto.
    Era una chiazza priva di alberi in mezzo a quella parte di foresta vicino al campeggio e soltanto qualche filo d’erba cresceva a tratti un po’ sparsi per la zona.
    Gli alberi sembravano fare da recinzione naturale mentre un gruppetto di sassi che come scogli si innalzavano a un lato della radura, tra cui uno piuttosto grande dalla cima liscia – che sembrava un vero e proprio tavolo naturale -.
    Lasciò la borsa vicino ai sassi e si guardò attorno.
    «Questo posto è… perfetto.» disse a bassa voce come per non essere sgamata e osservò le fronde maestose muoversi alla brezza che scompigliava anche a lei i capelli ramati, sentì i profumi del bosco e vide la cupola di cielo sopra di lei che pareva quasi essere disegnata per quanto era bella.
    Si sentì al centro del mondo, e in quel punto c’era lei e lei soltanto.
    Non potevo fare una scelta migliore… pensò per poi abbassare lo sguardo carico di adrenalina sulle mani aperte prima che potesse stringerle a pugno subito dopo.
    E ora… è arrivato il momento. con un sospiro di determinazione si arrampicò fino al grosso sasso che si stagliava ai bordi della radura e vi salì sopra: non era molto alto ma se fosse caduta da lì probabilmente un po’ di male se lo sarebbe fatto per cui optò per rimanere nel centro di questo: perché fosse salita fin sopra non lo sapeva neanche lei… forse per dare un tono più drammatico ed epico a quello che stava per fare.
    Sapeva poche cose sul suo Quirk: poteva creare delle bolle dal corno catturando le vibrazioni esterne.
    Forse era poco, ma poteva cominciare da qui… a provare a concentrarsi e ad usare volontariamente la sua unicità.
    Non sapeva che suoni potevano esserci nella foresta, ma sapeva che alcune vibrazioni belle forte poteva crearle anche lei.
    Si scaldò le mani come se stesse per prendere a pugni il vento e si voltò verso il ramoscello più vicino, sopra la sua testolina e decise di puntare a quello.
    Prese un minuto di tempo per guardarsi nuovamente attorno e quando si accertò di non vedere nessuno in giro decise che non poteva più aspettare oltre.
    «Cominciamo.» disse con voce perentoria.
    La prima cosa da fare era sforzarsi e capire come funzionava la sua unicità per poi arrivare a usarla senza che le emozioni o qualche stimolo esterno – vedi farfalle – la attivassero.
    Quindi pensò di fare la cosa più semplice che le poteva venire in mente.
    Puntò il suo corno contro il ramoscello, come se fosse un cecchino, mirò e allargò le braccia lontano dal suo corpicino esile.
    Non c’era esitazione nel suo volto, era decisa ad andare fino in fondo alla questione e tornare a casa come un’altra persona. Una ragazza consapevole di ciò che realmente era.
    Trattenne il fiato e si concentrò sulle sue orecchie, sul suo corno, e sul ramoscello che stava per ricevere una sonora – letteralmente – botta.
    Fu un secondo e con un movimento rapido battè le mani in un “clap” che risuonò secco per tutto il bosco e percepì le vibrazioni arrivarle fino alle spalle.


    «…»
    Nulla.
    Non accadde proprio nulla se non che qualche volatile in preda al panico aveva preso il volo – e forse qualcuno ci aveva rimesso pure le penne – e forse chissà magari era arrivato pure alle orecchie di qualcuno.
    In effetti non aveva pensato al fatto che lei non poteva sentire nulla di quel chiasso che stava facendo ma che chiunque dotato di buon udito l’avrebbe fatto e forse sarebbe anche venuto in quella direzione richiamato da quel suono così fuori dal comune per un bosco.
    Non aveva pensato che forse qualcuno poteva venire lì a vedere, e cosa sarebbe apparso ai loro occhi? Una ragazza in alto su un sasso a battere le mani mentre osservava con sguardo poco rassicurante un ramoscello di un albero… come minimo l’avrebbero presa per pazza e l’avrebbero lasciata stare.
    Mirai Ishigami non si preoccupava minimamente di queste bazzecole e noncurante di osservare se aveva richiamato l’attenzione di qualcuno riprovò nell’impresa.
    Un clap.
    Si concentrò, sospirò e riprese posizione.
    Due clap.
    Ancora nulla di nulla.
    « Perché mi rendi la vita così difficile? » disse pensando che forse sarebbe stato meglio portarsi dietro anche una tenda perché in quel posto ci sarebbe stata fino al mattino seguente…

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    All'orario prestabilito, sul cellulare di Ryo partì la solita tediosa musichetta della sveglia. Il ragazzo la staccò subito senza esitare, dato che come al solito era già sveglio. Un'altra notte era passata quasi interamente insonne e di certo l'umore del ragazzo ne avrebbe risentito. Per un breve periodo, subito dopo aver ricevuto la lettera d'ammissione alla Yuuei, sembrava aver superato la problematica. Con il trasferimento ai dormitori della scuola e l'inizio delle lezioni però tutto era ripartito d'accapo e nonostante si dedicasse senza remore al proprio sfiancante allenamento la situazione sembrava continuare a peggiorare.
    L'inizio delle lezioni di certo non era stato dei migliori. Nonostante nella sua sezione fossero presenti pure Yoshito e Jin, con il quale aveva collaborato all'esame di ammissione, dato il suo carattere introverso faticava a relazionarsi con gli altri compagni. Oltre quello poi c'erano le lezioni dell'accademia: Ryo se l'era sempre cavata a scuola e non ebbe problemi a seguire le materie classiche come giapponese o matematica, ma le nuove materie come l'istruzione all'uso di quirk ed eroismo erano qualcosa di completamente nuovo per lui e faticava un po di più a stare al passo. Infine vi era ancora un dubbio, rimasto sopito ma mai scomparso dopo l'esame di ammissione: era veramente adatto a diventare un eroe? Darius o chi per lui evidentemente avevano visto qualcosa di positivo, ma sarebbe bastato? In fondo, la scelta di intraprendere quel percorso era stata improvvisa ed assolutamente non razionale.
    Con tutti questi pensieri per la testa, i primi giorni di Ryo all'accademia passarono ad una velocità disarmante senza che il ragazzo potesse dire di averli veramente vissuti appieno. Era arrivato sfiancato al fine settimana e la mancanza di sonno non avrebbe aiutato. Forse per questo o forse per l'estrema vicinanza della Yuuei alle montagne della zona di Tama aveva deciso che avrebbe passato un Sabato diverso. In passato, prima dell'incidente, almeno una volta l'anno lui e Katsuya passavano un paio di giorni di campeggio sulle montagne. Da solo sicuramente non sarebbe stato lo stesso ma aveva deciso di prendere un po' d'aria quel giorno e pertanto aveva impostato la sveglia per assicurarsi di alzarsi di buon'ora.
    E se restassi a letto? Tanto non devo vedere nessuno...
    Alla fine però la voglia di cambiare aria ed uscire dall'accademia vinse sulla pigrizia e spinse Ryo fuori dal letto. Una volta davanti in bagno, di fronte allo specchio, Ryo poté ammirare attraverso il suo riflesso l'enormi borse che gli adornavano gli occhi rossastri.
    Ragazzo, te lo devo dire: non hai una bella cera.
    Una rinfrescata però miglioro, anche se di poco, l'aspetto trasandato dell'assonato Ryo. Dopodiché, dovette decidere cosa indossare per la sua piccola gita in solitaria. Alla fine optò per una tuta leggera, sotto la cui felpa avrebbe indossato una maglietta smanicata. In fondo era comunque estate e faceva decisamente caldo. Come al solito, si premurò di legare la sua solita bandana fiammeggiante alla vita. Nella borsa infilò poche cose, tra cui qualche quaderno per portarsi avanti con i compiti arretrati. Messo tutto al suo posto si diresse all'uscita, ma si fermò giusto qualche istante prima di toccare il pomello. Alla fine vinse la sua esitazione, tornò indietro e recupero anche il sacco a pelo: giusto per ogni evenienza.
    Uscito dalla sua stanza si diresse subito fuori dal dormitorio, quindi verso l'uscita dall'accademia. Non aveva fatto colazione, ma non aveva intenzione di passare dalla mensa con i bagagli dietro. Invece si fermò per strada per comprare un Bento in un negozio nelle vicinanze che già conosceva. Lì vicino prese l'autobus che lo avrebbe portato vicino la propria meta. Il mezzo non era pieno zeppo, ma considerando la buon'ora non si poteva neanche dire che fosse vuoto. Fortunatamente riuscì a trovare un posto vicino al finestrino e lì rimase tutto il tempo, con la fronte poggiata sul vetro.

    Il viaggio fu breve, anche se intramezzato da un paio di fermate. Appena sceso dall'autobus sentì l'aria fresca accarezzargli la faccia e si sentì già un po' meglio. Davanti a sé aveva il familiare sentiero che saliva su per le montagne. Seguendolo, Ryo sapeva che avrebbe trovato il campeggio Four Seasons dove gli era capitato di stare con Katsuya. Non sapeva ancora bene di preciso cosa aveva intenzione di fare, perciò si limitò a mettersi in marcia e cominciare a percorrere passo dopo passo la strada battuta. Quell'atmosfera gli fece tornare a galla diversi ricordi del passato, un periodo nel quale non si preoccupava di cosa sarebbe stato del suo futuro; non s'è n'era accorto prima ma era certo che fosse un capitolo del tutto chiuso della sua vita. Camminando però, Ryo notò con piacere una differenza dall'ultima volta che era stato in quel posto: la strada gli risultava decisamente molto meno faticosa, probabilmente grazie agli allenamenti a cui si era sottoposto nell'ultimo periodo.
    Almeno a qualcosa saranno servite le ore spese a sudare sette camicie
    Continuò a camminare, perdendosi nei suoi pensieri senza un vero e proprio filo logico. L'unica cosa che contava veramente in quel momento era continuare ad andare avanti, senza preoccuparsi del significato di essere un eroe e delle proprie paure. Dopo qualche minuto il suo umore era già migliorato rispetto a quando si era alzato dal letto poco prima. Poi un rumore lo riportò d'improvviso con i piedi per terra.
    Era stato un qualcosa simile ad uno schiocco anche se non fortissimo. Avrebbe potuto pensare di esserselo inventato se non fosse che uno stormo di uccelli spiccò il volo proprio in quel momento. Il ragazzo giudicò che quel rumore sembrava venire da poco più in basso, dove sapeva trovarsi la radura che aveva visitato più volte con Katsuya, specie quando erano piccoli e venivano con le rispettive famiglie. La ricordava perchè c'era una grossa roccia che loro chiamavano "la tavola rotonda", anche se la forma non era assolutamente quella. Rimase qualche istante fermo, indeciso se proseguire o meno, quando nuovamente sentì lo stesso rumore. Alla fine, vinto dalla curiosità, si diresse verso lo spiazzo.

    Premurandosi di fare quanto meno rumore fosse possibile, per quanto il compito fosse reso complicato dalla vegetazione, si fece strada fino ad avere una buona visuale della radura. Con grande sorpresa vi trovò una ragazza, seduta sulla roccia a forma di tavola, che in quel momento gli dava le spalle. Istintivamente, Ryo trattené il fiato, come se anche il più piccolo sospiro bastasse a farlo scoprire. La ragazza in questione sembrava avere la stessa età di Ryo, o forse poco meno. Probabilmente era quindi lei la causa di quel rumore. La cosa strana, per quanto lui per primo non avrebbe dovuto giudicarla in una simile situazione, era che all'apparenza la ragazza era completamente da sola.
    Cosa dovrei fare? Mi giro, faccio finta di niente e me ne vado? E se avesse bisogno di aiuto? Non ci sarebbe nulla di male a chiedere no?
    Il ragazzo prese quindi un bel respiro e si fece avanti, uscendo dalla copertura degli alberi.
    Ciao ehm... scusami non volevo spiare ma.. va tutto bene?
    Stranamente però la ragazza non diede segni di averlo sentito. Forse non doveva sorprendersi: alle orecchie aveva dei grossi aggeggi che Ryo non aveva mai visto. Forse erano degli auricolari di ultima generazione? Tra l'altro oltre di lei vedeva spuntare la punta di qualcosa di metallico.
    Sarà un'antenna magari... starà ascoltando qualcosa che riceve da quell'antenna?
    Provò quindi ad avvicinarsi alla ragazza sperando che si accorgesse della sua presenza o avrebbe provato a sfiorarla per farla girare. Una volta che avrebbe avuto la sua attenzione avrebbe potuto ripetere la domanda.
    Ehm scusami, va tutto bene? Hai bisogno di una mano?


    Energia: 100 | Forza: 28 | Quirk: 20 | Agilità: 27
    SCHEDA | HERO | CRONOLOGIA | #LIVELLO 2

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    Mirai Ishigami
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    «Awwwwff…» sbuffò emettendo un lamento simile a quello di un gatto che mendica attenzioni, o più precisamente cibo.
    Rimase a fissare l’albero di fronte a lei con gli occhioni ambrati arrendevoli, e sospirò.
    Non era fuoriuscito nulla dal suo corno, e niente era stato risucchiato dalle sue cavità nonostante avesse provato altre due volte ad applaudire senza successo.
    Il risultato dello sforzo che aveva fatto era uno solo: i palmi delle sue mani iniziavano a formicolarle ed avevano sfumature rossastre come i suoi capelli.
    Non sei solo silenzio. commentò mentre le sue gambe si afflosciarono come quelle di una bambola a cui le avevano appena staccato i fili; si ritrovò in ginocchio sulla roccia fredda a guardarsi i palmi delle mani e pensare.
    Non poteva solo essere silenzio quello che riusciva ad ottenere, non era solo vuoto e mero silenzio ciò che poteva fare: era capace di altro e lo sapeva, lo aveva visto – poche volte in effetti – ma lo sapeva.
    Quelle strane bolle che sembravano acqua e che chiudevano nel loro grembo vibrazioni lei le aveva viste.
    Lei le aveva prodotte.
    E se invece non fossi capace? furono secchi e quasi sfiancati i movimenti delle sue mani come se la domanda le fosse di qualche peso in un certo senso.
    Era arrivata a credere che non sarebbe mai riuscita ad avere il pieno controllo sul suo Quirk, che non sarebbe riuscita mai ad esercitare il suo vero potenziale.
    Sono davvero imbranata… commentò sospirando mentre si sfiorava il corno come per alleggerire un po’ la tensione: si sentiva abbattuta ma allo stesso tempo c’era qualcosa in lei che voleva continuare a combattere e che in qualche modo la spronava a non arrendersi.
    In fondo non erano neanche passate due ore, quindi poteva ritentare, e ritentare finché non ci fosse davvero riuscita.
    «Awf. Che frana. » ripeté a se stessa dando voce alla frase che aveva segnato nell’aria con le sue mani formicolanti «Ma non posso darmi per vinta. No. Io … Io ce la posso fare. Sì. Ce la fanno tutti no? » disse cercando di darsi un po' di coraggio e con fatica si risollevò dalla roccia un po’ impacciata scuotendosi dalle ginocchia un po’ di terriccio « D’altronde gli eroi non imparano in un solo giorno ad esserlo no? » si convinse di queste parole anche se lei non aveva proprio la minima intenzione di diventare uno di loro.
    Voleva solo imparare a convivere con la sua Unicità.
    Forse.
    O forse c’era qualcosa in più che voleva fare.
    Quella serata sulla spiaggia dove aveva tentato di salvare una ragazza gatto, la ladra di borse, quello fu il giorno in cui comprese che la sua vita forse poteva servire a qualcosa di più che spenderla come semplice fattorina.
    Sapeva che poteva fare la differenza per salvare altre vite, quelle più comuni, quelle che magari gli eroi si dimenticano.
    «Si, devo farcela.» si disse tornando a guardare in cagnesco l’albero di fronte a lei. Doveva farcela per lei stessa e per le vite a cui avrebbe fatto la differenza.
    Portò il piede destro all’indietro assumendo una posizione da combattimento e si scrocchiò le spalle: gli alberi attorno a lei con i loro tronchi secolari alti chissà quanto sembravano spettatori silenti e un po' inquietanti alla sua prova di volontà.
    Il suo spirito era inquieto perciò Mirai si prese un attimo, anzi quasi un’eternità per rilassarsi e concentrarsi su quel ramo rinsecchito come il braccio di una strega che sembrava quasi indicarla a sfottò.
    Prese un lungo e immenso respiro e lo trattenne per un secondo per non lasciarsi sfuggire neanche un solo istante.
    Era così concentrata che neanche si accorse di essere stata vista.
    Oh sì! Qualcuno era giunto proprio in quella radura, e l’aveva vista fare le sue … cose strane… e aveva cercato anche di instaurare una sorta di conversazione con lei; ovviamente la cosa non era riuscita per nulla poichè lo sconosciuto era totalmente fuori dal campo visivo della ragazza.
    Mirai non si era accorta di nulla e vani furono i tentativi del nuovo arrivato di richiamare la sua attenzione.
    La ragazzina si era preparata mentalmente al nuovo attacco, era pronta, lo percepiva: sentiva quella leggera sensazione gelida percorrerle la testa… una cosa strana come quando avviene l’emicrania da gelato; rapida e fredda, non troppo dolorosa nel suo caso ma la sensazione era molto simile.
    Questo accadeva esattamente pochi istanti prima che il suo Quirk si mettesse in moto, quindi sapeva che c’era quasi arrivata, questa volta poteva essere quella giusta e non sapeva neanche come aveva fatto ma era troppo concentrata in quel momento che aveva la testa… letteralmente vuota.
    Che fosse stata questa la chiave?
    Fu in quel momento che un’altra sensazione andò a surclassare la prima, anch'essa fu rapida ma poco piacevole.
    Si sentì sfiorare da mani umane le spalle: inutile dire che la concentrazione che aveva avuto poco prima andò a farsi friggere del tutto.
    «IIiiiiiikkkk!!» uscì dalle sue labbra un gridolino mentre con occhi chiusi si voltò mettendo le mani avanti spaventata da qualsiasi cosa l’avesse appena toccata: una strega della foresta? Il fantasma di qualcuno che si è perso? Uno yeti? Un'altra qualche sorta di mostro? (anche perché non poteva essere altrimenti visto che aveva scelto il luogo in mezzo alla foresta di Tama... o no?).
    Si ritrovò a indietreggiare sul ciglio della roccia.
    «Non mangiarmi! Ti prego! Puoi prendere quello che ho nello zaino, mamma è una cuoca eccezionale! Ho anche un bel po' di mochi se ti piacciono ma non mangiare me!» disse facendo una figuraccia - come suo solito, oramai ci era quasi abituata - agitando le mani di fronte a sé senza aprire gli occhi per paura che potesse essere qualcosa di paranormale (non ne avrebbe retto il colpo).
    Non le era passato per la testa che fosse qualcuno di più "umano", forse perchè non si aspettava veramente nessuno nei paraggi che potesse essere stato richiamato dai suoi batti-mani.
    Un grosso errore di calcolo da parte sua, che -data la sua sordità- non aveva proprio idea di quanto il suono del suo battito si propagasse nel bosco e con quanta intensità rimbombava tra fronde degli alberi.
    Fu così che in quel preciso istante in cui tentava di allontanare chiunque l’avesse colta alle spalle, Mirai si ritrovò a perdere l’appiglio sulla roccia con un piede e solo in quel momento aprì gli occhi perché si sentì letteralmente scivolare e trascinare giù dalla forza di gravità. Maldetta forza di gravità.
    La buona notizia era che di fronte a lei c’era un ragazzo. Niente di strano, orrido, ectoplasmatico. Un normale ragazzo che forse era giunto lì perché aveva sentito il fracasso della giovane e che magari voleva solo darle una mano.
    La cattiva notizia era che se non le avesse dato davvero una mano Mirai avrebbe battuto una sonora botta per terra con il fondoschiena.
    Sperava solo nelle buone notizie.

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    Mentre Ryo si avvicinava, la ragazza si alzò in piedi e comincio a parlare tra sé e sé. Ryo captò qualche parola, sopratutto sul finale.
    D’altronde gli eroi non imparano in un solo giorno ad esserlo no?
    Quelle parole bloccarono l'aspirante eroe. La ragazza non lo aveva ancora visto e d'altro canto non si erano mai incontrati prima d'ora, per cui non vi erano dubbi che il suo discorso non era rivolto a Ryo, eppure ironicamente sembravano parlare a lui. Lui che, proprio in quei giorni, aveva cominciato a nutrire dei dubbi sul proprio percorso. In quel momento l'istinto gli disse di voltarsi e lasciare stare la ragazza là e che probabilmente lei aveva meno bisogno di aiuto di lui. Ma ormai era vicino e se si fosse girata l'avrebbe visto scappare con la coda tra le gambe. Questo solo pensiero bastò per spingere Ryo a colmare gli ultimi metri di distanza che ancora lo separavano dalla tavola rocciosa e dalla ragazza.
    E così, mentre lei assumeva una posa solenne che sembrava servire per darsi forza, lui si arrampicò sulle rocce e stendendo una mano verso l'alto con le dita le sfiorò la spalla per richiamare la sua attenzione.
    La ragazza, comprensibilmente spaventata, emise un urlo tale da far paura allo stesso Ryo. Una reazione prevedibile per qualcuno che pensava di essere solo in mezzo al nulla. In quel momento finalmente Mirai si girò verso di lui, coprendosi la faccia con le mani per la troppa paura di vedere cosa l'avesse sfiorata, e pur non potendo vedere i lineamenti del volto Ryo poté notare che l'oggetto simile ad una punta metallica non era affatto un antenna o qualcosa di simile, ma un corno che faceva capolino direttamente dalla fronte della ragazza. Così, mentre la ragazza spaventata invocava pietà per non essere divorata, pure il ragazzo palesemente sorpreso dalla situazione spalancava gli occhi tanto che rischiò che gli uscissero involontariamente dalle orbite. Nel frattempo, probabilmente per il movimento troppo improvviso, lei perse l'equilibrio rischiando di cadere all'indietro dalla cima della roccia dove si trovava e Ryo, nel suo attimo di confusione, perse l'opportunità per poterla afferrare ed anche se appena resosi conto dell'incidente alzò il braccio la ragazza ormai era uscita fuori dalla sua portata.
    Che disastro! Sarei dovuto rimanere per i fatti miei...
    Mirai, abbandonatasi alla forza di gravità che inesorabilmente la trascinava giù, si scoprì il volto e girò lo sguardo verso di lui, incontrando quello di Ryo per la prima volta. Nonostante la sua mente fosse offuscata dallo sgomento e dai sensi di colpa, vedendo la paura negli occhi della ragazza il corpo di Ryo si mosse ancora prima che lui lo realizzasse e così si ritrovò ad utilizzare la propria Unicità.
    Il proprio braccio si separò rapidamente dalla spalla e si lanciò da solo in linea retta, permettendogli quindi di afferrare Mirai per la vita prima che fosse troppo tardi. Per loro fortuna Mirai era davvero molto leggera, abbastanza per permettergli con il braccio di attirarla verso di sé controbilanciandone il peso ed aiutandola a ristabilire l'equilibrio sulla tavola di roccia. Una volta rimessa in piedi, aspettò qualche istante che fosse tutto risolto e che la ragazza non rischiasse più di cadere. Poi si rese conto che la sua mano era ancora aggrappato al fianco della ragazza e la ritrasse subito fino alla sua posizione di partenza, per poi alzarla tipo per rassicurare Mirai della nuova posizione.
    Io... ti chiedo scusa... non volevo spaventarti. Ti ho visto qui da sola e volevo essere sicuro stessi bene, giuro non ho nessuna cattiva intenzione. Mi dispiace tantissimo per lo spavento, ho provato a chiamare ma non mi sentivi quindi ho pensato di avvicinarmi...
    La vergogna che provava Ryo era tale che in quell'istante, nonostante gli fosse servita la propria Unicità per risolvere quella situazione, avrebbe voluto averne una per poter sparire nel nulla o sprofondare nel terreno sotto i suoi piedi.
    Gira e rigira non sono in grado di fare nulla di buono... volevo aiutarla ed invece le ho solo fatto prendere un grosso spavento.
    Ma ormai era troppo tardi per piangere sul latte versato, perciò tiro un sospiro rassegnato e smise di rimuginarci sopra per il momento.
    Possiamo fare finta che non sia successo niente? Non voglio guai con l'accademia ed ho usato la mia Unicità. Alla Yuuei sono severi sull'argomento... In cambio ti dovrò un grosso favore!
    Detto ciò si accorse che però la ragazza aveva ancora quegli strani dispositivi alle orecchie, per cui probabilmente non aveva sentito niente di quello che aveva detto.
    Ecco... in pratica sto parlando da solo.


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    Mirai fin da piccola aveva sempre avuto un po’ di problemi con l’equilibrio ma col tempo era riuscita a superarli. O quasi.
    Forse aveva agito in modo sciocco pensando che chiunque l’avesse sfiorata fosse di origine non del tutto umana… in fondo si trovava in una foresta e pensava di essere sola quindi non avrebbe mai immaginato che qualcuno avesse ascoltato il richiamo di batti-mani e fosse arrivato fino a lei… e per giunta fosse un ragazzo.
    Quando lo scoprì però era troppo tardi, oramai la figuraccia – come suo solito – era stata fatta e il suo piede era già scivolato sul ciglio della sporgenza della roccia e l’equilibrio era venuto a mancare.
    Fu così che in quell’attimo in cui riuscì a riaprire gli occhi di istinto, quando sentì la terra ferma mancarle sotto i piedi e il suo corpo venire trascinato dalla forza di gravità, potè osservare chi gli stava di fronte.
    Un normale essere umano. Niente fantasma, niente strega, niente yeti o cose strane.
    Lo vide per un attimo allungare il suo braccio verso di lei come per afferrarla ma era troppo distante e tutto sembrava quasi muoversi al rallentatore e nell’attimo in cui vide che la sua mano tesa non era riuscita a sfiorarla, Mirai chiuse di nuovo gli occhi aspettandosi una sonora botta al fondoschiena.
    Così però non fu.
    Sentì una presa farsi forte ai suoi fianchi, come se un ballerino di tango le avesse fatto il casquet e la sorreggesse per non farla cadere a terra… e quando Mirai riaprì gli occhi -sentendo che la sua corsa contro il terreno era stata arrestata così dolcemente e così repentinamente- pensò di trovare il suo “ballerino” proprio di fronte a lei che con un’azione degna di un film era riuscito all’ultimo ad evitare la sua caduta.
    Ma… che…? forse era un’allucinazione, ma … quel braccio che aveva attorno alla vita non aveva il suo proprietario …forse me lo sto immaginando… invece quel braccio senza un padrone la trascinò in direzione del ragazzo che non si era mosso da dove stava prima neanche di un centimetro e a cui … mancava proprio quel braccio.
    Mirai si fece riaccompagnare dolcemente dall’arto fino a che non riacquistò l’equilibrio e si mise a fissare prima il ragazzo e poi il braccio che aveva ancora attorno alla vita.
    Questa cosa… mi fa un po’ senso… pensò deglutendo prima che il braccio si “riattaccasse” al ragazzo. Sì aveva visto bene, non era un’allucinazione.
    Quello strano tipo che le aveva fatto prendere un grosso colpo e l’aveva aiutata a non prendersi una bella botta era riuscito a staccarsi e riattaccarsi un braccio come se nulla fosse.
    E’ inquietante… e… forte allo stesso tempo…. pensò mentre osservava il ragazzo alzare la mano in segno di saluto o di rassicurazione che nella mente di Mirai Ishigami suonava come “vedi? Funziona ancora! Non mi sono fatto nulla. Tutto normale” Che strano tipo… inutile dire che quella che aveva appena visto all’opera fosse l’Unicità del ragazzo e per un breve e istantaneo momento nella mente della giovane ragazza si fece largo un pensiero che portava il nome di “invidia”; era stato così bravo nell’utilizzare quell’inquietante Unicità che provava invidia per lui, perchè lei forse non ci sarebbe mai arrivata a simili risultati nel padroneggiare la sua di Unicità.
    Era un ragazzo molto carino, tra l’altro, capelli corvini, occhi di un bellissimo color rosso, penetranti. Nonostante le borse sotto gli occhi che gli donavano un aspetto quasi da zombie, in quel momento quel pallore era stato leggermente colorato dall’imbarazzo, probabilmente per la situazione? Mirai non sapeva proprio come poteva essere lui imbarazzato…visto che lei gli aveva urlato contro di non mangiarla e tanto altro ancora. No! Lei non era imbarazzata. Era paonazza.
    Era come se la sua testa fosse stata immersa nell’acqua bollente e tirata fuori. Mancava solo il vapore dalle orecchie e poi era apposto.
    Prima che potesse aprire bocca per dei ringraziamenti – anche se le parole sembravano far fatica ad uscire dalla sua gola- il ragazzo si precipitò a dirle che non voleva spaventarla per nessuna ragione e che era giunto fin lì a sfiorarla per vedere se stesse bene.
    Owww… che gentile! ultimamente aveva incontrato un bel po’ di persone così gentili con lei. Sua madre le diceva sempre che il karma torna indietro sempre come la gentilezza.
    Si scusò per averla spaventata e aggiunse che lei non aveva sentito le sue parole che avevano cercato invano di richiamare la sua attenzione.
    Eh… mi capita spesso. pensò. Da una parte non riusciva a guardarlo dritto in volto, dall’altra non riusciva a distogliere lo sguardo per paura di perdersi altre parole…era dura la vita per lei. Molto più di quanto uno possa immaginare.
    Sembrava quasi sconsolato ora che lo osservava bene, e a giudicare dal grande movimento del petto del giovane, aveva pure tirato un grosso sospiro per poi aggiungere qualcosa che la risvegliò dal suo stato di imbarazzo.
    Quel ragazzo che aveva di fronte era uno studente della Yuuei. L’accademia per gli eroi.
    Quindi… era un’aspirante eroe? O un eroe già in carriera?
    Per giunta le aveva detto di non rivelare nulla a nessuno dell’accaduto per non incorrere in problemi e che in cambio le avrebbe dato un grosso favore… che in quel momento per lei si traduceva in una sola e unica cosa: la possibilità di imparare il più possibile da un futuro eroe.
    Si fece coraggio e tamburellandosi il mento con un indice prese la parola e cercò di far uscire le lettere e le parole una di seguito all’altra senza cercare di «G-G-grazie.» balbettare…
    Come sempre riusciva a fallire ogni singola volta che l’imbarazzo la coglieva.
    Si portò entrambe le mani al petto per darsi una calmata e permettere di fare un discorso quasi fluido «Sc-Scusami tu… sono un pochino suscettibile e non ti avevo sentito … quindi non me l’aspettavo… sono così stupida… ne?» chiese con un’aria di scuse per l’accaduto « Tu invece sei stato molto carino! Non tutti si sarebbero fermati a constatare la situazione come hai fatto tu… e io… beh ecco… io ti rin- -gr-grazie per avermi… recuperata. Sono io che ti devo un favore. » disse per poi strofinarsi i capelli rossastri con una mano e mostrando una linguetta rosa dalle labbra finchè non si ricompose schiarendosi la voce e tornando semi-seria « Non ti preoccupare. Non dirò nulla a nessuno di quello che ho visto… non so come tu abbia fatto ma sei stato davvero forte! Si vede che hai la stoffa per essere un grande eroe. In fondo non iniziano così? In tutte le storie… l’eroe inizia salvando la donzella in pericolo. Quindi direi che sei già sulla buona strada! » ridacchiò ma cosa mi passa per la testa? E perché invece di rimanere solo nella mia mente esce anche fuori? …. Che disgrazia… pensò non sapendo proprio da dove fosse uscita quel pessimo accostamento di parole.
    Era un modo suo per rompere il ghiaccio? Sì.
    Era il miglior modo per rompere il ghiaccio? No.
    Oramai però non poteva ritirare il sasso una volta gettato e così decise di sedersi sopra di questo.
    Letteralmente.
    Si mise a sedere sulla roccia pensando che da sedere avrebbe calmato un pochino gli spiriti che si agitavano dentro di lei e fece cenno al ragazzo di sedersi accanto.
    «Non vorrei trattenerti a lungo, non so se hai da fare… probabilmente sì se no non saresti qui. » come se lei non avesse proprio nulla da fare in quel momento, ma aveva deciso di lasciare il suo Quirk da una parte e provare un altro approccio «Se posso rubarti solo cinque minuti… vorrei chiederti un paio di cose. So che posso sembrare impicciona, ed in effetti un po’ lo sono, ma.. sono curiosa…» lo era, lo era eccome « Ti hanno insegnato all’accademia ad usare così bene la tua Unicità? E… non provi dolore quando… beh… ecco… ti si stacca il braccio? » guardandolo dal basso verso l’alto attese come una bambina alla sua prima lezione di scuola. Curiosa attendeva senza battere le palpebre che quelle labbra potessero aprirsi per spiegarle e magari riuscire davvero a insegnarle molto più di quello che si aspettava.

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    Dopo essersi scusato, Ryo osservò la reazione della ragazza che aveva di fronte. Vedendola fissarlo con il volto paonazzo, pensò che di lì a poco sarebbe partito un rimprovero da ricordare per un bel pezzo ed in fin dei conti se lo sarebbe meritato come giusta ricompensa per non essersi fatto gli affari suoi. Una sensazione di vuoto gli attanagliò lo stomaco, come se mentre lui era distratto qualcuno ci avesse fatto un buco dentro.
    Eppure, la sua reazione fu l'opposta a quella prevista. Lei infatti si rivelò decisamente educata e perfino mortificata per quello che era successo, tanto che arrivo a ringraziarlo per l'aiuto che le aveva dato, accompagnando ciò con una scherzosa linguaccia dall'aria innocente. Le sue parole ed i suoi gesti riuscirono quindi a rassicurare almeno un po' Ryo, che sapeva che quanto meno la povera ragazza non avrebbe pretesto un sacrificio estremo come pegno per l'incidente che aveva causato.
    Con un po' più di tranquillità si soffermo quindi ad osservarla meglio. Come aveva potuto constatare poco prima quando l'aveva sottratta alla caduta dal masso, la ragazza sembrava decisamente esile e di bell'aspetto. I capelli rossastri, già da loro abbastanza inusuali, nonostante le ricadessero sulla fronte fin davanti al volto, non riuscivano a nascondere il vistoso corno lucido che faceva capolino sulla sua testa. Eppure, forse perché abbinato agli occhi ambrati e luminosi tanto quanto la punta metallica, non rovinava la dolcezza dei lineamenti del volto. Ancor più vistosi erano i padiglioni che aveva alle orecchie, che ora Ryo poteva notare come non fossero collegati a niente e sembravano solo uno stravagante gadget estetico.
    La ragazza proseguì i suoi ringraziamenti, complimentandosi con lui per la sua abilità e con una battuta lo paragonò agli eroi che salvano la donzella in pericolo che riempivano i racconti di fantasia. Anche se era una frase detta un po' per scherzo, riuscì effettivamente ad allentare una volta per tutte la tensione. Effettivamente, per quanto ironico, forse era proprio qualcosa di simile quello a cui pensava quando le si era avvicinato, un pensiero che pensandoci adesso sembrava quasi infantile. La verità però era che il "pericolo" era stato causato da lui, quindi non si poteva certo dire che aveva compiuto un gesto eroico. In ogni caso, dato che entrambi non davano colpe all'altro, era inutile continuare a discuterne.
    La ragazza si mise quindi comoda, invitandolo a fare altrettanto con un gesto. Non capendo bene cosa stesse succedendo, Ryo accolse l'invito e prese posto accanto a lei sopra la vecchia tavola di roccia. Si vedeva che pensava a qualcosa che sembrava avere a cuore e che voleva chiedergli, ma la sorpresa era che riguardava la sua Unicità, un argomento che l'aspirante eroe non aveva mai trovato potesse interessare granché a qualcun altro. A discapito dei modi calmi ed educati con il quale gli fece le domande, lo guardava con grande concentrazione, come se si aspettasse il segreto della vita o dell'origine dell'universo. Rimase a riflettere qualche istante prima di rispondere, soppesando le parole prima di gettarle fuori e provando a dare un ordine al suo discorso.
    Beh, onestamente non direi che sia doloroso... Immagino sia solo una strana sensazione se non ci sei abituato. La mia Unicità si è rivelata quando avevo circa quattro o cinque anni: un giorno un amico dei miei genitori per gioco mi rubò il naso, solo che non si aspettava gli rimanesse veramente tra le dita. Poi da bambino ho cominciato ad usarlo un per per gioco per un certo periodo, o se ero da solo per afferrare oggetti senza dovermi spostare... All'inizio qualche volta mi venivano i crampi prima di riuscirci. Ormai mi basta pensare di allungarmi.
    In realtà, anche se non l'aveva mai espresso ad alta voce, c'era dell'altro. A differenza di altri ragazzini lui non aveva mai sentito la necessità di esibire la sua Unicità, avendo molto presto constatato che anche se per lui era qualcosa di assolutamente naturale tanti lo trovavano macabro e poteva percepire il loro disagio a vedere muoversi arti o altro senza il resto del corpo attaccato. Questo però era meglio non specificarlo, in fondo non gli serviva per rispondere alle domande che la ragazza gli aveva posto.
    In ogni caso, sono in accademia da poche settimane, ancora non ho imparato molto. Quasi tutto quello che so fare è solo dovuto all'esperienza quotidiana. Credo che non sia uguale per tutti, ma per me è stato un po' come imparare a nuotare... Hai presente no? Non sai di poterlo fare finché non galleggi per la prima volta.
    Chissà il perché di queste domande...
    In ogni caso, penso di aver risposto a tutto no? Non ti preoccupare comunque, sono qui da solo, giusto sai.. per staccare un po'.
    Qualcosa però non tornava del tutto. Non solo i quesiti, pure il resto del contesto aveva qualcosa di stravagante. Anche se aveva appurato che la ragazza non correva un pericolo immediato, restava il fatto che fosse strano trovarla da sola lontano dal sentiero. Inoltre non era ancora chiaro quale fosse la causa di quei rumori che avevano attirato Ryo fuori strada. La sua curiosità però aveva già fatto abbastanza danni, per cui voleva evitare di infilare il naso e risultare nuovamente molesto. Cambiò quindi completamente argomento.
    Scusa se te lo chiedo, ma quelli che hai alle orecchie cosa sarebbero? Non ho mai visto niente di simile... Sembrano anche pesanti


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    Sapeva di essere stata leggermente invadente a fargli quelle domande e forse invitarlo a mettersi a sedere accanto a lei per quello strano interrogatorio non era stata forse una mossa saggia e cortese ma in quel momento Mirai era troppo presa dalla situazione per poter pensare a questo.
    Era incuriosita dallo strano ragazzo e dalla sua inusuale unicità.
    Figurarsi che fino ad un attimo prima pensava di essere sola in mezzo alla foresta in un posto fuori dalla portata di tutti e invece qualcuno era riuscito a trovarla.
    Ancora una volta le venne confermato che il caso non poteva esistere, e anche stavolta pensò che le avessero mandato una persona giusta al momento giusto, per cui… perché non sfruttare la sua conoscenza e girarla a suo favore?
    Pensò che avrebbe potuto imparare qualcosa visto che il ragazzo sapeva usare così bene e con così poca difficoltà il suo potere o almeno ci sperava davvero; una qualche sorta di aiuto sarebbe stato alquanto gradito da lei.
    Non poteva però certo chiederglielo a gran voce poiché ovviamente non poteva fare finta di essere anche lei all’accademia e se avesse scoperto che si allenava per usare il suo Quirk senza licenza … sarebbe stato lo stesso così carino e premuroso?
    Non lo sapeva, ma non voleva rischiare né di dire la verità e neppure di mentire – anche perché lo avrebbe notato subito data la sua scarsa abilità nell’ingannare le persone -.
    Per questo motivo scelse la via più cauta, tastando il terreno e iniziò a fargli le prime domande sperando che potesse anche risultare una conversazione piacevole che lo mettesse a suo agio e non lo lasciasse riprendere la strada da cui era arrivato.
    Se solo potesse farmi da Sensei… ufff…è chiedere troppo mi sa… e poi … sarebbe anche carino come Sensei… pensò guardandolo intensamente per non perdersi qualche parola per poi scuotersi e ritornare in sé, continuando ancora a fissarlo con un po’ di rossore sulle guance.
    In fondo era una ragazzina che per la prima volta era stata catapultata nel mondo dei “ ragazzi “ dal Tanabata. E una volta entrati in quel mondo è difficile uscirne, quindi era normale esprimere simili apprezzamenti.
    Tornando seria e concentrata, gli occhi della ragazza cercarono di prestare la massima attenzione a tutto quello che il ragazzo rispose in seguito alle sue domande e la sua mente elaborò ed estrapolò i pezzi migliori che secondo lei potevano esserle d’aiuto per la sua causa.
    Le narrò di quando aveva scoperto la sua Unicità, che era successo tutto per gioco e che si divertiva da bambino a usare il suo Quirk per gioco e per aiutarsi nell’afferrare oggetti lontani.
    «Hihi deve essere stato divertente! Chissà cosa avrà pensato quello che si è ritrovato il tuo naso nelle sue mani! » un risolino divertito partì dalle labbra della giovane che trovò buffo quel racconto « Sembra quasi una barzelletta… e che forza poter arrivare a prendere anche oggetti lontani senza doversi muovere! Mi piace molto questa tua Unicità… sai? Non me ne intendo di queste cose…ma nonostante sia un po’ strana io la trovo davvero fantastica! » sghignazzò e non mentiva su questo.
    La trovava un po’ inquietante ma molto interessante, e il fatto che non sentisse male nell’usarla era un grosso punto a favore.
    Nel mentre pensava a questo la sua mente aveva già evidenziato nel discorso del giovane delle parole in particolare che le si stamparono in testa pochi attimi dopo : “Pensare di allungarmi”
    Nessuno forse ci avrebbe fatto caso a quelle poche parole messe lì in fondo ad un discorso divertente su un tipo che ruba un naso ad un bambino e l’utilità di poter staccare parti del corpo per afferrare oggetti o giocare. Tutti si sarebbero soffermati solo a questo passando sopra all’ultima parte della frase che per lei era una delle chiavi di volta per capire come utilizzare il suo Quirk.
    O almeno sperava in questo.
    Quindi in pratica al ragazzo bastava semplicemente pensare di allungare una parte del corpo e questa obbediva al suo pensiero? Poteva essere applicato lo stesso discorso al suo Quirk?
    Ci aveva provato, e riprovato, a battere le mani e sfruttare quelle vibrazioni per attivare il suo Quirk… ma forse non erano le vibrazioni che lo attivavano ma doveva essere in qualche modo lei.
    Le sovvenne in quel momento che in effetti tutte le volte che la sua Unicità si era materializzata in una forma o nell’altra, era perché il suo istinto aveva reagito ad una condizione di pericolo. Il pensiero di essere in pericolo aveva generato l’attivazione del suo Quirk come strumento di difesa.
    L’impulso derivato dalla paura.
    Come però poteva riuscire a ricreare una cosa simile con il pensiero?
    Poteva bastare semplicemente pensare di usare il suo potere per attivarlo come nel caso del ragazzo?
    Mmmh… il volto di Mirai si fece più pensieroso e più contratto come quando una persona è intenta a seguire un discorso complesso nella sua mente – ed era proprio così-.
    Mentre Mirai rimuginava sulle parole del ragazzo e su come potessero essere applicati a lei, egli rispose anche alla sua seconda domanda.
    Le disse che era da poco in accademia e che tutto quello che aveva imparato a fare l’aveva imparato con l’esperienza quotidiana.
    Altra frase sottolineata dalla mente della ragazza fu una strana metafora che il ragazzo dai capelli corvini tirò fuori e che secondo lui calzava a pennello con la sua esperienza di vita.
    “Non sai di poterlo fare finchè non galleggi per la prima volta” una frase un po’ misteriosa se applicata al discorso dell’Unicità anche perché lei sapeva – o forse non del tutto – di cosa era capace di fare… ma nel suo caso non riusciva neanche a rimanere a galla…
    … questo non mi aiuta poi così molto… devo sapere qualcosa di più… ma come faccio? in effetti avrebbe voluto chiedergli qualcos’altro, senza passare da strade più lunghe e tortuose e stava per farlo prima che venisse fermata dalla domanda di lui.
    «…Mh?…» Mirai si riscosse e senza pensarci portò la testa all’indietro come se avesse avvertito un pericolo – che non c’era – il suo sguardo fu attraversato da una nota di sorpresa e sembrò quasi scossa dalle parole del ragazzo di cui non conosceva ancora il nome.
    Era la prima volta che qualcuno le avesse fatto una simile domanda così diretta e la cosa la lasciò spiazzata.
    «Beh… ecco… » disse cercando di tornare con i piedi a terra, evitando di mostrare uno dei due lati del volto come se le desse fastidio che qualcuno ponesse lo sguardo proprio lì sul suo corredo, come se avesse paura che qualcuno potesse vedere attraverso quel freddo metallo.
    «No…! Non-non sono così pesanti...» disse mentre con una mano andò a spettinarsi i capelli dietro la nuca «… e… questi sono… semplici …orecchini? » non era sicura neanche lei sulla parola da usare per descrivere quelle strane cose che aveva sulle orecchie e certo era che il fatto che avesse finito la frase come una domanda non giocava a favore.
    Sospirò e si portò le ginocchia al petto stringendole a sé con forza che se avesse potuto farlo si sarebbe nascosta dentro queste.
    Voltò lo sguardo con un po’ di riluttanza come se mettesse a nudo il suo punto debole con un estraneo ma in qualche modo si fidava della sua presenza – se avesse voluto farle del male di certo si sarebbe comportato in maniera diversa – e comunque sapeva che la sua unicità non prevedeva guardare oltre un sottile strato di metallo per specchiarsi nel buio della sua cavità auricolare.
    « In realtà non sono come orecchini, non sono fatti per essere ammirati. Sono fatti per tenere al sicuro e nascondere agli occhi delle persone cose che nessuno vorrebbe mai avere. Neanche io voglio vedere, e per questo li porto. Sono un dono molto particolare, uno della mia famiglia e l’altro…beh, me l’hanno creato in sostituzione ad uno che avevo perso. Tuttavia non pesano come sembra… » era davvero la prima volta che ne parlava con qualcuno di estraneo alla sua famiglia. Si vedeva chiaramente che le pesava parlare di questo ma riuscì a non balbettare e a scandire le parole una dopo l’altra come se le avesse scelte tutte con cura.
    « Sai. » disse per poi voltarsi verso di lui con un espressione stranamente calma sul volto rispetto a prima « Sei la prima persona che mi chiede una cosa simile. E…non mi piace parlarne molto di questo… » portò il dito indice della mano destra a tamburellare sul metallo del corrispondete artefatto sull’orecchio « Ma mi ha fatto piacere…quindi… grazie. » sorrise di cuore mentre gli diceva questo.
    Lo pensava davvero, era come togliersi un pezzo di peso dal cuore ogni volta che riusciva anche solo un parte a parlare delle sue cavità e di quelle strane cose che le coprivano.
    Mh… fu in quell’istante, quando i suoi occhi si specchiarono in quelli del ragazzo che le sovvenne in mente una cosa.
    Una cosa importantissima e una gravissima mancanza da parte sua e volle rimediare subito cambiando discorso «Oh! Mannaggia! Ti chiedo umilmente scusa! Ero così presa dalla tua Unicità, e dai tuoi discorsi che… non mi sono neanche presentata! » disse mettendosi in ginocchio di fronte a lui e porgendo un inchino profondo di scuse per poi alzarsi e porgergli la mano «Mi chiamo Mirai Ishigami, piacere di conoscerti. » disse con una voce un po’ dispiaciuta dall’accaduto e totalmente imbarazzata per la pessima figura che aveva fatto.
    Poi in quel momento mentre si ritrovò faccia a faccia con lui pensò che quegli occhi avessero la stessa energia di qualcuno che aveva incontrato al Tanabata, un’energia che neanche quelle occhiaie nere non riuscivano a spengere.
    Avrebbe voluto chiederglielo, chiedergli se poteva aiutarla, se poteva mostrarle tutto quello di cui era capace. Lui, proprio lui che aveva deciso di guardare e di domandare il perché di quegli strani oggetti come se volesse guardare oltre il suo guscio di metallo.
    Avrebbe fatto un’ennesima pazzia ad esporsi così con un estraneo e per giunta uno studente della famosa accademia per eroi?
    « E…ehm… senti… so che sembra una domanda stupida ma… da quanto mi stai osservando? »
    La risposta era .

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    La ragazza sembrò apprezzare la storia di Ryo, trovandola divertente. Lui d'altro canto fu contento di vederla ridere, voleva dire che effettivamente avevano superato l'imbarazzante prima parte del loro incontro. Non era invece convinto delle parole di stima che la ragazza pronunciò riguardo alla sua Unicità, per quanto utile potesse sembrare se confrontata con altre, specie quelle che avevano i suoi compagni di accademia, sembrava decisamente limitata. Da diverso tempo ci rimuginava e trovandosi a confrontarla con quelle di Jin o di Yoshito sentiva di essere in difetto. Per il momento però lasciò correre il discorso.
    Diede invece sicuramente più da pensare la risposta che lei diede alla domanda di Ryo sui dispositivi che portava alle orecchie. Il quesito infatti sembrava averla messa decisamente a disagio, contrariamente a ciò che sperava il ragazzo nel momento in cui l'aveva formulata. Infatti lei cominciò a toccarsi la nuca e si comportò come se cercasse di nasconderli.
    Ok, ho fatto la domanda sbagliata...
    Eppure, nonostante una palese titubanza iniziale, alla fine rispose alla sua domanda. Le sue parole sembravano sincere, ma rimanevano enigmatiche ma lasciarono confuso Ryo. Diceva che servivano a nascondere qualcosa che non voleva né fosse visto né vedere lei. Eppure tutto quello che nascondevano erano le orecchie della ragazza.
    Perché mai tutto questo mistero per le orecchie? E' forse una mutant con orecchie particolari? In fondo ha pure un corno in mezzo alla fronte...
    Cosa ancora più strana, la ragazza gli confessò che lui era il primo a porgergli quella domanda e che fosse contenta che lui lo avesse fatto dandogli modo di parlarne. Ryo non capiva perchè alla fine la ragazza avesse comunque deciso di rispondergli onestamente nonostante non lo conoscesse affatto, ma il suo timido modo di ringraziarlo ed il sorriso con il quale lo guardava suggerivano complicità. Sentendo d'un tratto le guance andare a fuoco Ryo capì che si dovevano essere arrossate e distolse quindi lo sguardo dalla ragazza, anche se difficilmente non se ne sarebbe accorta dato che non faceva altro che fissarlo. Si sentiva in imbarazzo eppure era contento di non essersi infischiato della situazione ed aver continuato dritto per la propria strada.
    Ryo pensò ad un modo per cambiare velocemente argomento ma per sua fortuna fu di nuovo lei a prendere la parola notando come ancora non si fossero presentati. Lo disse come se fosse una sua colpa ma neanche Ryo si era ricordato di farlo, per cui quando lei si presentò come Mirai Ishigami lui rispose con un sorriso ed un piccolo inchino con la testa.
    Il mio nome è Sasaki Ryo, ma chiamami tranquillamente Ryo. E' un piacere fare la tua conoscenza.
    Strinse quindi la mano che Mirai gli proponeva, stando attendo a non esagerare con la presa. Ryo sentiva l'insistenza dello sguardo di Mirai addosso ed avrebbe voluto quanto meno non avere quelle brutte occhiaie che gli davano un aria disperata. Poi d'un tratto lei lo colse assolutamente di sorpresa, domandandogli da quando fosse presente nella radura. Per un attimo il ragazzo sentì accapponarsi la pelle.
    Oddio, non penserà che io sia un guardone...
    Non aveva però senso, dato che si era appena presentata e si stesse comportando così gentilmente. La risposta onesta sarebbe stata indubbiamente la più giusta da dare, non c'era motivo di tradire quella fiducia che stavano instaurando.
    Beh, diciamo che ti ho sentito dire che potevi riuscire a fare qualcosa...
    Ripetendo quelle parole qualcosa scattò nella mente del ragazzo. Ryo in quel momento cominciò a provare a mettere insiemi i pezzi, mentre un pensiero cominciava a farsi largo tra tutti gli altri. Aveva seguito dei rumori sospetti fino a trovare Mirai in una radura lontana da sguardi indiscreti dove sembrava esercitarsi in qualcosa. Inoltre prima gli aveva chiesto come avesse imparato ad utilizzare la sua Unicità. Forse quello sarebbe stato un buon momento per scusarsi un'ultima volta, augurare buona fortuna a Mirai e dire che doveva andare. Eppure un comportamento simile sarebbe stato simile a scappare vigliaccamente via.
    Mi sono appena reso conto che non ti ho chiesto quello per cui sono venuto, sono veramente una frana a salvare donzelle in pericolo... ti chiedo scusa
    Prese un respiro profondo per poi continuare con un sorriso.
    Hai bisogno del mio aiuto? Se servisse qualcosa, io sono pronto a dare una mano.


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    Scusa il primo paragrafo un po' OT ma si allacciava perfettamente ad un altra role :zizi:
     
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    Lo farò davvero? Sto davvero per chiederglielo? pensò mentre i suoi occhioni si specchiavano in quelli di Ryo Sasaki.
    Così si era presentato il ragazzo che le aveva stretto la mano in modo non troppo energico, come se stesse dosando la forza per non farle male e questo venne molto apprezzato.
    Le domande che le balzavano in mente però non erano certo per chiedergli un appuntamento o per fare chissà cos’altro, no.
    Per un attimo Mirai, la giovane e spigliata pucciosa ragazzina di Shibuya con un corno da unicorno e priva di udito avrebbe lasciato il posto ad una Mirai più pensierosa e più fredda del solito.
    Non era per colpa del ragazzo, anzi. Ciò che la rabbuiava erano pensieri e il fatto che continuava a non riuscire ad essere in pieno controllo della sua Unicità e poi c'era anche la dichiarazione di Hanzo che la faceva cadere in vortice ancora più buio dove una delle tante luci - accanto a quella più luminosa di Yoshito - era quella del ragazzo che le stava di fronte.
    Aveva deciso - d'impulso come suo solito - di affidargli un compito gravoso e una grossa responsabilità.
    Una sola che le avrebbe permesso di essere qualcosa di più di una semplice ragazzina o fallire una volta ancora, l’ultima per quanto le riguardava. Oramai ne aveva provate di tutte, forse anche troppe senza avere grossi risultati....e quel tipo che le stava di fronte con i capelli corvini era l'unico che poteva risollevarle il morale e insegnarle qualcosa.
    Aveva deciso di rischiare, aveva deciso di giocare quella partita puntando tutto su di lui ed era conscia di questo.
    Doveva dare forse ascolto alle parole di sua madre? Mirai in cuor suo era ancora combattuta.
    Da quando quel video, quell’uomo, era apparso sugli schermi di tutti e sulle bocche di tutti Mirai si trovò a pendere su un filo di un rasoio molto sottile.
    Eliminare la sua unicità rimbombava nella sua mente come una soluzione ai suoi problemi, sarebbe forse stata una ragazza normale ma non sapeva se avrebbe riacquisito il suo udito, tantomeno poteva sapere le conseguenze di quell’atto a dir poco terroristico; dall’altra semplicemente non voleva arrendersi, non voleva perdere ciò che la rendeva davvero unica.
    Di una cosa era certa: non sarebbe scappata.
    Quindi era arrivata in questo posto per allenarsi, per capire come poteva funzionare il suo Quirk e se era in grado di proteggere e fare qualcosa di buono per chiunque avesse avuto bisogno di lei: questo per il momento era il peso che spostava l’ago della bilancia in favore della sua Unicità.
    Il problema era che non sapeva usarla, non sapeva cosa fosse in grado di fare, né cosa servisse per attivarla e questo era il peso che andava a sfavore.
    Nonostante questo era decisa a non arrendersi e a combattere e a vomitare sangue, sudore e lacrime per tenere l’ago di quella bilancia fisso sulla sua Unicità. E se tutto ciò fosse risultato vano e non fosse servito a nulla allora avrebbe semplicemente continuato a vivere la sua vita nella normalità e avrebbe atteso quello che sembrava essere pari al giorno del giudizio.
    Poteva anche aver mentito a sé stessa per tutto il giorno, ma per questo era lì.
    E quel ragazzo poteva essere la chiave di volta, quel piccolo peso che avrebbe spostato l’ago della bilancia su un piatto o sull’altro.
    Avrebbe vinto o avrebbe perso tutto quel giorno.
    Ryo Sasaki era stato scelto da lei come suo sensei.
    Non poteva fare altrimenti, non poteva aspettare ancora o rimandare e quell’occasione era l’unica che poteva avere a portata di mano.
    Nessuno in famiglia poteva aiutarla, quel ragazzo invece sì.
    Inoltre era in accademia, e studiava tutto quello che riguardava i Quirk quindi non avrebbe avuto un’altra occasione d’oro come questa.
    Non ho scelta… devo provarci. lasciò che le rispondesse alla sua domanda e, come supponeva, Ryo l’aveva sentita parlare, spronare sé stessa a riprovare e riprovare.
    «Hihihi…» ridacchiò quasi forzatamente mettendosi la mano davanti alle labbra alla frase che fosse una “frana a salvare donzelle in pericolo” perchè Ryo Sasaki non sapeva che avrebbe avuto il potere di salvarla davvero.
    Lo vide poi continuare quel discorso, e come se le avesse letto nei suoi pensieri – o avesse fatto semplicemente 2 + 2 – il ragazzo le chiese se poteva darle una mano, se servisse a qualcosa e se avesse bisogno di aiuto.
    Voleva tutte e tre le cose.
    «Sì. Ho bisogno di aiuto. » per la prima volta la voce di Mirai assunse un tono serio, diverso da quello sprizzante di gioia che era abituata a tenere. Il suo volto si rabbuiò un poco e abbassò lo sguardo perché un po’ si vergognava a chiederglielo.
    Sapeva che non era proprio una buona cosa sventolare il fatto che si stava allenando ad usare il suo Quirk, ma essendo lui uno studente alle prime armi e non avendo molta esperienza in merito poteva sperare in suo aiuto senza che venisse riportato alla polizia tutto quanto.
    In fondo Mirai non aveva il volto di un serial killer e neppure di una pazza, quindi si sarebbe fidato di lei?
    Le avrebbe dato qualche dritta? Le avrebbe dato almeno una chance?
    O la va…. O la spacca. prese fiato come se stesse per immergersi in un abisso di acqua e un po’ le dava questa sensazione.
    Mirai non sapeva fin dove si sarebbe potuta fidare di lui, ma il ragazzo le doveva un favore no? Quindi… poteva provarci.
    « Vedi… io… p-possiedo anche io un’Unicità e non è proprio bella come la tua… a dir la verità » sembrava che ogni parola fosse un macigno che lentamente veniva buttato via dalla sua gola pezzo dopo pezzo, babettò sulle prime parole e poi le altre le scandì precise e sicure.
    Si schiarì la voce prima di continuare poiché il groppo si faceva sempre più stretto attorno alle sue corde vocali « … non so come attivarla. Come utilizzarla. Non ne ho il pieno controllo e questo mi spaventa. »
    Cercò di trovare le parole giuste per fare breccia non nel cuore del ragazzo ma nel suo. Liberarsi di un peso.
    « Ho bisogno di capire, ho bisogno di allenarmi, ho bisogno di sapere cosa posso essere in grado di fare. Ho bisogno di provare e riprovare ma… non so quanto tempo ancora abbiamo » senza pensarci incluse anche il ragazzo in quell’ultimo verbo e lasciò all’interlocutore la libertà di comprendere o no i velati riferimenti di quella frase « C’ho provato… ho provato di tutto, ho letto libri, ho fatto sperimentato a casa, qui, ma non sono arrivata a nulla. » le sue mani strette a pugni batterono sulle sue cosce nude per la rabbia e l’impotenza.
    Era così che si sentiva in quel momento, e da ciò nasceva la sua determinazione eppure sapeva che questa non l'avrebbe portata tanto lontano.
    Come posso… come posso proteggere gli altri, essere d’aiuto a chiunque abbia bisogno di me… se non so neanche badare a me stessa, se non conosco nulla di ciò che sono veramente? Io… io non voglio mollare. Io non voglio solo svanire in mezzo a tutti gli altri … si morse il labbro e avrebbe voluto sfogarsi ancora ma non voleva calcare troppo la situazione, non voleva scadere nel ridicolo.
    «Per cui sì. Ho bisogno di aiuto …» tagliò corto ma si sentiva che aveva molto altro che si fermò in gola e venne deglutito assieme alla saliva.
    Si fermò soppesando quest’ultima frase come se da questa dipendesse la sua vita intera e forse in un certo senso era davvero così.
    Lui è l’unico che davvero mi può aiutare…
    « So che sembrerà stupido, o forse patetico, so che ti sembrerà incosciente e certo è che da una donzella in pericolo non ti aspetteresti una simile richiesta, soprattutto da una che hai conosciuto da poco più di dieci minuti... ma… ti prego…» disse per poi portare le mani di fronte a sé e abbassare la testa in segno di rispetto -come se avesse di fronte un daimyo – finchè il corno non battè sulla nuda roccia proprio in mezzo alle sue mani « ti prego insegnami...» rimase così per un po’ e per non perdersi neanche una sola parola del ragazzo, Mirai alzò lo sguardo verso di lui con aria di supplica incrociando i suoi profondi occhi cremisi «… sei la mia unica speranza. »

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    Scusami per la prima parte del post ma anche a me serviva per riagganciarmi alla SQ che sto preparando e che verrà settata prima e dopo questa role. :heart:
     
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    Ryo Sasaki
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    Anche Mirai sembrò percepire una certa gravità in quel momento. Si vedeva che stava ragionando su quelle parole e sia la sua espressione che la voce sembrarono farsi più grevi, tanto che per la prima volta abbassò lo sguardo verso il terreno. Ammise di aver bisogno di aiuto ma rimase qualche istante in silenzio. Ryo dal canto suo non aveva alcuna intenzione di metterle fretta, per cui lasciò che si prendesse i suoi tempi. Infine, con quello che doveva essere per lei uno sforzo titanico, rivelò quale fosse la sua preoccupazione.
    Come aveva sospettato Ryo, il problema riguardava l'Unicità della ragazza, che a quanto pare sfuggiva ancora al suo controllo. Considerando che la ragazza sembrava avere la sua età si poteva dire che era una necessità insolita, in genere già da piccoli si cominciava a sperimentare con i propri poteri e si riceveva un minimo di educazione a riguardo. Che l'Unicità della ragazza fosse così particolare da risultare difficile da allenare?
    Mirai ammise che aveva già provato ad effettuare prove con il quirk per conto suo ed ammise che in quel luogo stava provando a venire a capo di quel rompicapo. Il tutto fu condito da un forte gesto di stizza che sorprese del tutto Ryo per la veemenza con il quale venne eseguito. Si vedeva che la ragazza ci teneva parecchio ed in un certo senso poteva capirla. Conosceva bene la sensazione di non sentirsi pronto o all'altezza mentre le persone attorno a lui spiccavano con naturalezza, così come sapeva quanto fosse frustrante impegnarsi a fondo per la realizzazione di un obiettivo ma non essere comunque in grado di concretizzarlo. Si poteva fingere che certe barriere non esistessero, che alla fine si andava bene così come si era e che nella vita non contava niente, ma il ragazzo aveva sperimentato questi complessi abbastanza da esserne più volte consumato ed erano ciò che lo tenevano sveglio la notte. E sapeva anche bene che non era giusto portare quel peso da soli.
    E' venuta qui da sola, probabilmente perchè non si è potuta fidare di nessuno a riguardo. Ed in fondo lo stesso vale per me, ero giù e non avevo nessuno a cui appoggiarmi.
    Fu in quel momento che Ryo capì come mai stessero legando così in fretta: era una necessità che avevano entrambi, quella di qualcuno di trovare qualcuno di cui potersi fidare per uscire da quel guscio in cui si ritrovavano. Una volta per il ragazzo c'era il suo amico Katsuya, ma dall'incidente non poteva dire che non fosse cambiato niente e di certo non sarebbe stato giusto riversare su di lui pure altre preoccupazioni.
    Ryo provò a pensare a delle parole per confortare Mirai, che le facessero capire quanto empatia provasse verso quel sentimento, ma la ragazza non gli diede il tempo stupendolo con un gesto eclatante decisamente inatteso. Anticipando che sapeva quanto quella richiesta potesse risultare strana, la ragazza portò la testa verso la roccia, toccandola con il proprio corno. Impietrito, Ryo l'ascoltò mentre Mirai gli chiedeva di insegnargli ad usare il quirk. Quando lei alzò lo sguardo incrociando di nuovo il suo e dicendogli che lui era l'unica speranza che le rimaneva, fu come se qualcuno avesse afferrato il suo cuore e lo stringesse con forza.Non sapeva come comportasi in una situazione del genere, in fondo che diritto aveva di ergersi sopra qualcun altro.
    Non riesco a prendermi cura di me stesso... come potrei mai insegnare a qualcun altro?
    Inavvertitamente, la mano di Ryo si mosse all'altezza del volto e comincio a grattarsi nervosamente la guancia, come se avesse la necessità di provare un minimo del dolore che sentiva dentro di lui.
    Per favore, alzati... Non serve mica...
    Cosa dovrei fare ora?
    Quella richiesta per Ryo non era certo da prendere alla leggera. Che diritto aveva lui di insegnare ad altri come usare poteri diversi dal suo? Non era assolutamente preparato per una cosa simile. Inoltre sapeva bene che utilizzare l'Unicità senza criterio era pericoloso, per sé stessi così per gli altri. Con la mente tornò alla sensazione che aveva provato quando aveva saputo dell'incidente di Katsuya, causato dalla totale sconsideratezza dell'amico. Ciò che aveva provato era senso di colpa, misto a vergogna, per non essere riuscito a stargli realmente vicino. Se lo avesse aiutato a rimanere con i piedi per terra, invece di appoggiarsi totalmente a lui per farsi sostenere, forse le cose sarebbero potute andare diversamente ed avrebbero sofferto molto meno.
    Se avesse accettato la proposta di aiutare Mirai ed insieme fossero riusciti a controllare la sua Unicità, poteva essere certo che una ragazza che aveva appena conosciuto non si sarebbe cacciata nei guai? Se si trovasse a ferire qualcuno o peggio mettersi lei stessa in una situazione di pericolo, non sarebbe stato colpevole di tutto ciò? In fondo lui stesso per molto tempo non aveva desiderato altro che una vita normale, priva di responsabilità nei confronti di chi gli stava intorno.
    Quello che mi stai chiedendo... Non è una cosa poco...
    Eppure in cuor suo aveva già preso una decisione già prima, quanto aveva intuito il motivo per cui Mirai si nascondesse in un luogo così isolato. Semplicemente non riusciva ad ignorare i problemi della ragazza, sentiva che non sarebbe stato corretto. In fondo chiunque sperimentava un pochino con le proprie Unicità, non per questo le loro vite venivano rovinate. In fondo Mirai sembrava una persona così docile e tranquilla che era difficile immaginarsela a far danni di proposito. Inoltre Ryo era consapevole che se anche le avesse negato il suo aiuto, probabilmente lei avrebbe continuato da sola, correndo addirittura un rischio maggiore. L'importante era che non si cacciasse in guai o peggio non si trovasse coinvolta in qualche incidente.
    Il ragazzo tirò un sospirò, poi acconsentì con un gesto della testa.
    Va bene, proverò ad aiutarti, ma ad una condizione... Devi promettermi che non userai l'Unicità solamente se dovessi essere veramente in pericolo. Se dovessi cacciarti nei guai utilizzandola sarebbe un problema per entrambi. C'è un motivo per cui in genere è vietato l'utilizzo ed io mi sentirei in colpa se ti succedesse qualcosa...
    Assunse quindi un aspetto più severo, cercando di far capire alla ragazza quanto fosse importante per lui quella condizione.
    Se accetti, allora proverò ad aiutarti in questo... addestramento.
    Poi sorrise, non volendo spaventarla più del dovuto.
    Mi servirà però sapere qualche dettaglio in più sulla tua Unicità, altrimenti non saprei come aiutarti.

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    Mirai Ishigami
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    Lo sguardo ambrato di Mirai Ishigami fissava il volto del ragazzo di fronte a lei.
    Non riusciva ancora a credere a quello che aveva appena detto, poiché non era avvezza a chiedere aiuto.
    Non sopportava l’idea di dover dipendere da qualcuno, chiunque esso fosse ma in quel caso.
    In quel caso aveva fatto un’eccezione perché davvero ne aveva bisogno.
    Aveva bisogno di un sensei, di un amico e di qualcuno che riuscisse a tirare fuori il potenziale da dentro di lei e farla sentire capace di non essere soltanto una sedicenne sorda con un potere che non riusciva a controllare.
    Sentiva di voler essere qualcosa di più di questo, non avrebbe voluto smettere di cercare quella vocazione ma non riusciva a capire come poterci arrivare. A malapena conosceva sé stessa.
    In questo caso però Ryo Sasaki avrebbe ottenuto un ruolo importantissimo nella sua storia e coprendo il ruolo di suo maestro nonché detentore della chiave di volta che l’avrebbe fatta avanzare di un passo oltre l’attuale sé.
    Ti prego
    I suoi pensieri nella sua mente ancora ricca di confusione si addensarono a formare poche frasi ripetute quasi all’infinito.
    Ti prego…ti prego non dirmi di no… la determinazione non le mancava, la forza d’animo neppure e non aveva paura di fallire mille altre volte ancora, non aveva paura di sudare, di sporcarsi e di lottare per arrivare a qualche risultato.
    Da supplica i suoi occhi vennero attraversati da un bagliore diverso chiamato risolutezza mentre le sue mani si strinsero ancora più forte a pugno tanto da farle diventare le nocche bianco latte.
    Gli aveva mostrato il suo cuore su un piatto d’argento e per questo sperava di non essere delusa.
    Il ragazzo dall’altra parte rimase in attesa grattugiandosi la guancia con fare quasi ansioso dicendole che non serviva il gesto di richiesta e di profondo rispetto che aveva appena sfoggiato eppure… si fermò poco dopo troncando quel discorso come se qualche pensiero gli avesse attanagliato il cuore e lo percepì, lo intravide in quello sguardo solcato da quei lividi neri di chi non dorme mai.
    «…» difficile dirsi per una ragazza sorda ma… Mirai rimase in ascolto. Non battè quasi ciglio e quell’attesa le sembrò che durasse quasi un’eternità finchè le labbra di Ryo non cominciarono a muoversi e a formulare parole e frasi e il tempo tornò a scorrere normalmente.
    Le disse che non era una richiesta di poco conto e Mirai lo sapeva – e per un attimo la ragazza arrossendo distolse lo sguardo perché sentiva il peso di quelle parole.
    Tornò a guardarlo giusto in tempo per vedere quel cenno di assenso con la sua testa e di leggere quelle sillabe una dopo l’altra che le riempirono il cuore di gioia e soprattutto di speranza.
    «…mmmm…» mugolò trattenendo a forza le lacrime di profonda e pura gioia che le stavano salendo su fino agli occhi quando il ragazzo le disse che avrebbe provato ad aiutarla anche se ad una condizione.
    «Davvero? Lo faresti davvero?… Awwww Grazie! » le parole sembravano morirle in gola mentre una lacrimuccia fu asciugata giusto in tempo prima di toccare la guanciotta.
    Cercò di contenere il suo entusiasmo e la sua commozione per riuscire a vedere il resto del discorso del ragazzo.
    Le chiese di mantenere una promessa, ovvero di non usare la sua Unicità al di fuori di casi in cui fosse stata veramente in pericolo.
    Aggiunse che se si fosse cacciata nei guai sarebbe stato un problema per lei e per lui di conseguenza e che si sarebbe sentito in colpa se le fosse successo qualcosa proprio a causa di questo.
    Che dolce… si preoccupa per me. E’ davvero carino. pensò sorridendo alle sue parole mentre il suo corpo in tensione si rilassò Se mantenere questa promessa è tutto quello che desidera allora lo farò. Non voglio cacciarmi nei guai… voglio solo capire… eppure nonostante questo pensiero il suo cuore sapeva che stava in parte mentendo.
    Era molto importante per lui quella condizione, a giudicare dal suo sguardo Mirai percepì serietà come se avesse già pagato le conseguenze delle sue azioni e non voleva ripetere lo stesso errore.
    Colpa.
    Si… sente in colpa per qualcosa? lo sguardo indagatore di Mirai lo ispezionò ma non riuscì a trovare un nesso almeno che lui non avesse già insegnato a qualcun altro a usare il suo Quirk e che fosse successo qualcosa che lo aveva portato a formulare quell’accordo E’ per questo… che non riposa bene?
    Forse per il fatto che le sembrava troppo pensierosa e troppo silenziosa cercò di smorzare la situazione chiedendole qualcosa in più sulla sua unicità.
    Mirai attese un poco e poi portò la mano destra sul cuore e alzò la mano sinistra con il palmo rivolto verso il ragazzo.
    «Lo prometto.» disse con voce seria.
    Non riflettè molto sulla questione, non fece neanche un discorso pomposo. Fu diretta, determinata e pronta.
    Non c’era ombra di dubbio nelle sue parole o ripensamento o inganno.
    Prese molto seriamente la questione, e sapeva che quello che aveva appena promesso le sarebbe bastato non solo per poter avere un sensei ma anche per la sua vita futura.
    Se avesse deciso di ascoltare il suo cuore e avesse scelto di intraprendere strade tortuose non avrebbe mai, e poi mai, infranto la sua promessa.
    Avrebbe usato la sua Unicità solo in caso si fosse trovata davvero in pericolo.
    Non aveva specificato altro e questo le bastava, e questo bastava a lui.
    Sorrise e abbassò entrambe le mani per poi mettersi a sedere in una posizione più comoda perché le ginocchia cominciavano a farle davvero male.
    « Ti ringrazio davvero davvero di cuore per tutto. Non immaginavo che avresti davvero accettato… per cui… ecco… grazie…» ripetè i ringraziamenti come se non avesse assolutamente compreso e proseguì schiarendosi la voce mentre le sue guance si colorirono di un leggero colore rosso.
    « Quindi… bene, la mia Unicità...» come spiegarlo? Come fare a spiegare qualcosa di cui anche per lei era difficile comprenderne la natura e il funzionamento?
    « Sai, I miei genitori sono Quirkless. Non possiedono poteri strani o particolari, e hanno trovato difficoltà a crescermi. Tu la conosci la storia del suono di una mano sola? »
    Fu così che portò le mani di fronte a sé aperte come se sorreggessero una palla invisibile mentre il suo sguardo si fermò a guardarle entrambe.
    « Il maestro che chiede al suo giovane allievo “quando batti le mani che suono fa una mano sola?” » uno strano modo per cominciare il discorso sulla sua Unicità ma doveva prima sondare la superficie e poi scavare sempre più affondo « Il giovane dopo tanto allenamento, dopo tanto patire, dopo tante risposte sbagliate e dopo tanta meditazione riesce a trovare la risposta nel “suono che non ha suoni” …. Il silenzio. » qualcosa di profondamente naturale per lei e che comunque aveva un certo peso nella sua di storia.
    Tenne lo sguardo fissò sul ragazzo e prese la rincorsa con le braccia e batté le mani con forza, un “clap” che risuonò nella foresta e che per lei non fu altro che una vibrazione che si concentrava sulle mani e che si diramava lungo tutte le sue braccia passando per i suoi muscoli.
    Qualsiasi fosse stata la reazione di Ryo Sasaki il continuo del discorso avrebbe reciso l’aria più di quanto non avesse fatto quel battimani « Per me non c’è differenza. Il suono di una mano è lo stesso suono di due, lo stesso delle voci e della natura. Tutto per me e attorno a me è silenzio. » non c’erano segni di rimpianto o di tristezza nella sua voce.
    Era una cosa naturale tanto che sorrise alla fine del suo discorso felice di avere per la prima volta detto di essere sorda a qualcuno, e che l’avesse fatto in un modo del tutto creativo.
    Si congratulò con se stessa.
    « E questa è la prima parte relativa alla mia Unicità che mi ha tolto uno dei cinque sensi. L’altra parte è che… io non so cosa sia davvero in grado di fare. So poche cose derivate da storie vissute o raccontate dai miei genitori… io… io non ho mai provato fino ad ora a vedere di cosa son capace perché… perché volevo essere una ragazza normale diciamo…e non mi importava di altro. » ed era così, non voleva mentirgli, non ne aveva la capacità e non ne vedeva l’utilità « So che posso creare una sorta di…cupola (?) di silenzio assoluto. Mamma mi ha detto che la prima volta che ho fatto una cosa simile era perché mi stava cadendo un vaso – o qualcosa del genere – dalle mani e magicamente il suono del suo infrangersi in mille pezzi svanì come il mio pianto… ero molto piccola. Non ricordo niente. So solo che mia mamma “entrò” dentro la cupola per prendermi in braccio e stette male tutto il giorno… » si stropicciò nervosamente la testa abbassando lo sguardo.
    Era difficile poter dire ad una persona sconosciuta, anche se adesso era ufficialmente il suo sensei, cose che riguardavano la sua famiglia, la sua Unicità, il fatto di essere sorda.
    Si sentiva come se stesse facendo una sorta di strip poker, piano piano si sentiva sempre più spogliata e da una parte l’imbarazzo cresceva e dall’altro invece il piacere di togliersi un pezzo dal cuore dopo l’altro prendeva sempre più piede.
    Perché devo pensare sempre a cose così?!
    «Owww…» sospirò per poi continuare il discorso « Poi...poi so che posso creare delle …specie di bolle piene di vibrazioni, almeno credo. Penso di riuscire in qualche modo tramite le mie orecchie a inglobare suoni esterni ecco. Una volta una… bleeeeh farfalla … » disgusto e orrore a palate « mi si era poggiata sul corno e io non riuscivo a toglierla – avrò avuto sette anni o forse meno – e per la paura iniziai ad urlare finchè mia mamma – sempre lei – non ha notato qualcosa fuoriuscire dal corno e spazzare via il demonio e poi scoppiare rilasciando il mio grido disperato… così dice…e … ho provato a farla uscire di nuovo prima, battendo le mani ma senza successo. » sospirò dopo aver tralasciato volutamente il fatto di avere le sue cavità nel condotto uditivo «Sono proprio una frana… »
    Disse con il volto imbronciato.
    Non sarebbe stato facile, tutto quello che aveva erano sensazioni, freddure alla testa, e storie… niente di più. A volte si domandava se fossero davvero soltanto storie…
    «Questo è quello che so e che ho supposto... Non so che fare… e se la mia Unicità dipendesse dai suoni... come posso io provare a tirarne fuori il suo potenziale se non…riesco a sentire nulla? … owwfff … non so proprio da dove iniziare… Tu…che ne pensi Sensei? »

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    Senza giri di parole e con ferma decisione, Mirai accettò le condizione di Ryo. Il ragazzo la soppesò con lo sguardo e decise che poteva fidarsi: per quel poco che aveva potuto conoscere di lei, era difficile pensare che riuscisse a nascondere così bene un eventuale disaccordo. Se avesse preso seriamente l'accordo che avevano raggiunto, avrebbero entrambi potuto dormire sonni più sereni, insonnia a parte.
    La ragazza poi passò ad illustrargli la sua Unicità, anche se in un primo momento non sembrava molto chiaro dove volesse andare a parare. Infatti il discorso virò subito sulla storia del maestro che chiede all'allievo il suono di una mano sola che batte, la cui risposta come confermato da Mirai era nessun suono. Se quello già sembrava strano, il successivo gesto di battere veemente le mani davanti a sé prese alla sprovvista Ryo, che involontariamente si portò con il corpo leggermente indietro. Il rimbombo della battuta si estese per la piccola radura ed in breve in un lampo di comprensione il ragazzo lo associò al rumore che lo aveva attratto fuori dal sentiero.
    Ma cosa vuol dire tutto ciò? Non capisco... Forse la sua Unicità è legata alle mani?
    Eppure niente di insolito venne notato dall'aspirante eroe e non poté fare altro che ascoltare Mirai, che continuò in maniera enigmatica il suo discorso affermando che il battito di 2 mani e tutto il resto non emetteva alcun suono. Questa dichiarazione lasciò Ryo totalmente confuso: Mirai aveva praticamente affermato di essere sorda, eppure non poteva essere dato che stavano conversando già da un po'. Eppure proseguendo la ragazza affermò che non avesse uno dei cinque sensi, confermando che non ci fossero dubbi al riguardo.
    Ecco perché non mi sentiva quando sono arrivato... Allora com'è possibile che sente quello che dico?
    D'un tratto si accorse che aveva la bocca un po' aperta e domandandosi da quanto fosse in quello stato si affrettò a chiuderla. Nello stesso frangente Mirai continuò la spiegazione della sua Unicità, individuando dei momenti di scoperta chiave ma anche piuttosto unici all'interno del suo passato. Fu interessante scoprire come da bambina avesse attivato il quirk per la prima volta in seguito ad un incidente con un vaso.
    La possibilità di annullare qualsiasi tipo di suoni... Potrebbe essere davvero utile, scommetto che a certi eroi potrebbe pure fare comodo, anche se dubito che si porterebbero una persona con una disabilità in campo...
    Anche il secondo aneddoto, relativo ad una disavventura con una farfalla che aveva avuto l'ardire di poggiarsi sul suo corno, dava spunti di riflessione. A parte l'ironia di quel racconto contestualizzato nell'atmosfera che stavano vivendo, con un gruppo di "farfalle" che terrorizzava tutta Tokyo, il racconto evidenziava come da bambina avesse attivato la sua Unicità per l'istinto di sopravvivenza, credendosi in pericolo.
    Mi chiedo che fine abbia fatto la povera farfalla...
    Finì di ascoltare il discorso di Mirai, che giustamente era scoraggiata dal voler imparare a manipolare i suoni ma nel non sentirli. Chiuse il discorso domandando a Ryo il suo pensiero, utilizzando l'appellativo di Sensei. La parola fece uno strano effetto a Ryo, ma evitò di ripetersi affermando che non servivano certe dimostrazioni di rispetto superflue: se Mirai era più a suo agio così se lo sarebbe fatto andare bene. La preoccupazione ora era dare aiutarla a trovare una risposta.
    Come posso aiutarla? E' una situazione così diversa dalla mia...
    Provando a razionalizzare il problema, ragionò sui due aneddoti raccontati dalla ragazza e su ciò che avessero in comune. In entrambi i casi probabilmente l'attivazione dell'Unicità era stata dettata da uno stimolo emotivo per eventi che, specie da piccoli, possono portare ad avare paura. Potevano esserci diversi modi per ricreare una certa carica emotiva, ma farlo senza inconvenienti poteva essere più complicato. Per molti funzionava il pensiero di una sfida, in altri casi come quelli raccontati dalla ragazza poteva bastare un po' di paura.
    Immagino dovremmo andare per tentativi...
    Per cominciare... proporrei di provarci di nuovo però stavolta tenendo gli occhi chiusi... non mi stupirebbe se fossi sempre troppo concentrata su quello che vedi davanti... Magari chiudendo gli occhi e rievocando i ricordi di cui mi hai parlato riusciresti a replicarne il risultato... L'importante non è neanche arrivare allo stesso risultato, ma stabilire la percezione dei poteri in modo da comprendere che sono parte del tuo corpo... Insomma come quando capisci come si fa a camminare, poi lo fai senza pensarci...
    Altrimenti potrei provare ad approfittarne per coglierti di sorpresa, se dovesse essere l'unico modo
    Ah, se preferisci puoi usare questa per coprirti gli occhi... E' pulita, ancora non l'ho indossata
    Il ragazzo porse a Mirai la sua bandana fiammeggiante che usava quando prevedeva di doversi impegnare, anche se nel suo caso serviva per impedire ai capelli di andargli davanti agli occhi.

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    Mirai Ishigami
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    Poter parlare della propria unicità con qualcuno non le era mai capitato fin a questo momento.
    Sperava che le informazioni che aveva, che non erano molte a dire la verità, potevano servire a Ryo Sasaki per escogitare un piano per aiutarla: gli aveva chiesto davvero tanto e non sapeva come poterlo ripagare se non tenere fede fino in fondo alla parola data.
    «Mmnhh» mugugnò Non è che forse i miei discorsi sono stati troppo vaghi? Avrà capito qualcosa? pensò e ritornando indietro nel tempo forse avrebbe preso direzioni più sbrigative e più dettagliate ma parlando del suo Quirk tutto era così nebbioso che neanche sapeva cos’altro avrebbe potuto dirgli.
    In fondo aveva vissuto una vita “normale” fino al giorno della festa in spiaggia dove era stata attaccata per aver cercato di far ragionare una ladra di borse.
    In quel momento qualcosa era scattato dentro di lei Avrei dovuto almeno riuscire a difendermi… e invece non le era stato possibile, un po’ perché era buio un po’ perché non se l’aspettava un po’ tanto perché non sapeva usare il suo Quirk.
    Alla festa del Tanabata invece per poco non riusciva a sparare una bolla contro un edificio per proteggersi da un mostro e anche lì a malapena era riuscita a trattenere il suo istinto.
    Infine i terroristi in quel video.
    Soltanto un’estate era bastata per farle riversare addosso pensieri, idee malsane, paure e aspettative di un futuro diverso da quello che si era sempre immaginata.
    Tutto in un’estate.
    Non voglio più essere una normale ragazza come tutte le altre. Io voglio essere me. non distolse lo sguardo dalle labbra del ragazzo ma il suo sguardo si caricò di una grande determinazione. A questo. A questo solo e unico pensiero era giunta in giorni e giorni di meditazione e di notti passate in bianco.
    Ryo aveva ascoltato in silenzio cercando di analizzare la situazione e tentando di decifrare parecchi suoi messaggi e alla fine si era lasciato un attimo per mettere insieme i pezzi di quel puzzle e cercare di trovare una soluzione adatta a lei.
    Le disse con parole delicate e incoraggianti che per iniziare doveva riprovare a fare quello che aveva fatto fino a quel momento ma annullando un altro dei suoi quattro sensi. La vista.
    «Gli occhi chiusi? » ripeté la frase del ragazzo con interesse.
    Secondo il suo Sensei, togliendole il senso su cui faceva più affidamento, oltre l’olfatto, poteva evitare di avere qualsiasi tipo di distrazione e magari anche rievocare mentalmente determinate immagini che potevano essere l’input per l’attivazione del potere.
    In pratica secondo Ryo, se iniziasse a percepire il suo potere come parte integrante del suo corpo, come è per gambe e braccia e tutto il resto allora forse sarebbe arrivata al punto in cui le sarebbe stato semplice usarlo.
    Doveva arrivare alla consapevolezza. Alla consapevolezza che era lì, era dentro di lei, era parte di lei.
    « Non è così semplice… » affermò con una nota un po’ scoraggiata - non era affatto una cosa semplice - «…ma ci proverò.» disse sorridendo per poi osservare la mano di Ryo che le porgeva una bandana rosso fuoco dicendole che avrebbe potuto usarla qualora le avesse fatto comodo.
    Mirai la prese tra le sue mani e sorrise, un poco rossa in volto.
    « Grazie Sasaki Sensei, penso che mi potrà essere di tanto aiuto. Sì.» e lo pensava davvero. Non era molto brava a tenere gli occhi chiusi, non le piaceva molto perché si sentiva vulnerabile e per questo – per istinto – solitamente non resisteva più di due secondi con gli occhi chiusi.
    Per dormire, infatti, solitamente usa una maschera che si mette sugli occhi.
    « Solo che… se tengo gli occhi chiusi non… potrò “sentirla” ecco. » si massaggiò la nuca color rame un po’ imbarazzata e si prestò ad aggiungere « Io leggo le labbra… per questo se hai bisogno di dirmi qualcosa… dovrai in qualche modo toccarmi. »
    Per molti una frase del genere poteva avere anche doppi sensi, ma non per Mirai Ishigami.
    Almeno il senso del tatto le era stato lasciato per fortuna ed era l’unico che una volta nel buio l’avrebbe riportata alla realtà.
    «Vediamo… vediamo se funziona. E… grazie. Grazie di cuore. » disse stringendosi la bandana al petto per poi alzarsi in piedi e rimettersi nella stessa posizione che aveva avuto quando il ragazzo l’aveva sorpresa in quella radura.
    «Sensei… » lo guardò voltando solo la testa nella sua direzione, dandogli le spalle – aveva paura di colpirlo e per questo aveva deciso di tornare a mirare il solito ramo - « Prometti di non guardare le mie orecchie? » sapeva che per allacciare e tenere salda la benda aveva bisogno di togliersi i due artefatti dalle orecchie, e in più pensava che non avere il corredo addosso potesse aiutarla.
    Sapeva da una parte che era difficile per lui poter mantenere quella promessa, chi non sarebbe stato curioso di vedere dopo una richiesta simile?
    Dall’altra parte lo aveva avvertito quindi… stava a lui scegliere cosa fare dopo.
    Non sapeva come, ma per la prima volta in tutta la sua vita non si vergognava a toglierseli di fronte ad un “pubblico”. Un po’ perché si fidava di lui, un po’ perché aveva qualcos’altro di importante da fare e non aveva voglia di combattere contro sé stessa anche per quello.
    Con un “clack” si tolse prima uno e poi l’altro – quest’ultimo con molta cura come per paura che potesse rompersi, come se ci tenesse in modo particolare… era quello che le aveva regalato qualcuno al Tanabata – e lasciarono che i capelli della ragazza scendessero sulle sue normali orecchie da ragazza: se non fosse stato per il fatto che aveva due profonde cavità nere come la pece al posto del suo condotto uditivo.
    Erano come fori, un tunnel buio che non vedeva fine.
    Un brivido le corse lungo la spina dorsale mentre adagiava al suolo il suo corredo in modo da non graffiarlo.
    Non mi fai più… così tanta paura… perché ora ho bisogno di sapere che posso fare affidamento anche su di te. Su di me. Quindi … cominciamo.
    « Vado. » affermò come se si dovesse lanciare nel vuoto giù da quella tavola di pietra ma in realtà non mosse un solo muscolo.
    Si legò salda la bandana sugli occhi finchè attorno a lei tutto non diventò buio e trasse un profondo respiro.
    Non era una sensazione piacevole.
    Avere due sensi messi KO era come aver abbandonato un guscio per una tartaruga. Si sentiva vulnerabile su tutti i fronti e questo la metteva profondamente a disagio.
    … non mi piace… aveva una voglia matta di strapparsi la benda dagli occhi e si fece quasi violenza per non portare le mani a quella stoffa rosso fuoco perché ancora non aveva raggiunto il suo obiettivo.
    Sentiva la pelle d’oca farsi sempre più irta ogni poco e l’odore del sottobosco farsi sempre più forte come se il senso dell’olfatto avesse preso le redini della situazione e cercasse di proiettare nella sua mente immagini che le potevano servire per “vedere” cosa vi fosse oltre quel buio.
    L’odore del sottobosco, l’odore simile a quello della bandana che aveva sugli occhi portato dalla brezza – quello di Ryo – poi l’odore del muschio e di umido.
    Nel mentre avvertì un solletico sulle orecchie da parte del vento e una leggera vibrazione tintinnarle il corno che portava sulla fronte e questo la portò a focalizzare l’attenzione su quelle due parti del suo corpo.
    Un apparato solo che coincideva anche col suo Quirk.
    Probabilmente questa era la prima e vera volta in cui prendeva coscienza di tutto questo: aveva sempre avuto timore, aveva sempre ripudiato entrambi e non era mai riuscita effettivamente ad accettarli come suoi.
    Adesso invece sì, li sentiva, li percepiva come se fossero tutt’uno con lei come lo erano sempre stati.
    Il primo passo era riuscito a compierlo. Adesso veniva la parte più complicata.
    «Sensei … » disse tremando leggermente con la voce « la promessa… » non sapeva perché aveva tirato fuori quell’argomento, le parole uscirono da sole « Non so, forse è una sensazione… ma… non sono la prima a cui l’hai chiesto… vero? » disse per poi mettersi in posizione con le braccia aperte pronta a battere assieme le mani.
    « Gomenasai… forse non posso sentire il suono della tua voce. Ma riconosco quando una persona si sente in colpa per qualcosa che è successo… ma … puoi star tranquillo. Con me non accadrà lo stesso.» si scusò e sorrise.
    Non avrebbe visto il suo volto e non avrebbe sentito un’eventuale replica ma avrebbe voluto farlo e forse gliel’avrebbe richiesto in seguito ma per il momento aveva bisogno di porre l’attenzione su altro.
    Cercando di tornare alla situazione sua attuale, avrebbe dovuto fare in modo di conservare il più possibile quella sensazione di inquietudine e sfruttarla per cercare di “difendersi” da un predatore invisibile.
    Doveva pensare ad una situazione di pericolo, doveva cercare di focalizzarsi sul corno, sulle orecchie, sugli stimoli esterni e provare a sentirlo… a sentire quello strano brivido che le correva per la sua testa e che precedeva sempre ogni avvento del suo Quirk.
    Facciamolo! pensò, si sentiva pronta, si sentiva in grado di poterlo fare o almeno questa era una sua sensazione … e cercò di rifletterci sopra, cercò di pensare anche troppo alla cosa. Battè le mani con un sonoro “clap” che rimbombò per tutta la radura e sentì le mani in fiamme dopo averle battute assieme ma…
    Nulla.
    Non aveva sentito nulla nonostante la sua attenzione fosse quasi del tutto concentrata sulle sue cavità e sul corno. Nessun risultato, neanche un leggero fremito nella sua testa.
    Ma…ma… dove ho sbagliato?... che cosa ho fatto che non andava bene? riposò le spalle e le braccia si portarono lungo i suoi fianchi Eppure… ho provato a porre l’attenzione sulle orecchie e sul corno… ho provato a pensare di essere attaccata… ma… non funziona…
    «….eh? » fu come un lampo in mezzo al buio. Un’illuminazione. Ecco perché alla mente le era tornata la promessa che aveva fatto al suo sensei.
    Difendersi. Vulnerabilità. Istinto di auto conservazione.
    « No. Non sono i ricordi la chiave…» disse a voce bassa per poi voltarsi verso Ryo Sasaki e già fare una cosa simile sembrava destabilizzarla non sapendo cosa avesse sotto i piedi e neanche attorno.
    « Sensei… è un genio. » disse come se avesse appena scoperto la luna « Mi hai detto che non devo usare l’Unicità se dovessi essere davvero in pericolo. E’ questa la chiave. Non sono i ricordi. Per poter davvero capire come funziona, cosa sento e cosa provo, per poter stabilire quella percezione che mi hai detto… c’è solo un modo per farlo. » ci era arrivata solo adesso ma sapeva che poteva essere l’unica soluzione al suo problema.
    Ne aveva un po’ timore ma non voleva tirarsi indietro proprio adesso.
    « Attaccami.»

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    Avevo copiato e incollato qui il post sbagliato T^T sorry! :heart:


    Edited by ¬Kinshara - 26/10/2020, 18:42
     
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    Ryo Sasaki
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    L'idea non sembrò fare tanto piacere a Mirai e Ryo poteva capire perchè. Era sempre vissuta non avendo a disposizione uno dei cinque sensi e questo l'aveva sicuramente portata ad affidarsi maggiormente agli altri, per cui se già per chiunque fosse poco simpatico l'idea di bendarsi gli occhi per lei doveva essere un tormento.
    Senza sacrifici non si guadagna niente, l'ansia certe volte aiuta a tirare fuori il meglio in fondo... Sempre che non sia costante...
    Eppure la ragazza non protestò e dopo qualche secondo per riflettere accettò la proposta e la benda dalle mani di Ryo. Curiosamente, cedendo quell'indumento che non aveva mai ceduto a nessuno, per un attimo il ragazzo sentì come se stesse perdendo qualcosa che aveva a cuore. In un certo senso per lui rappresentava quasi un simbolo della propria persona. Rimase con la mano aperta per qualche istante dopo che il tessuto gli sfilò dalle mani, ma ricacciò indietro il sentimento, in quello quantomeno certe volte sapeva essere davvero bravo.
    La ragazza si premurò di avvisarlo che non avrebbe avuto modo di recepire le sue parole, in quanto l'unico modo che aveva per conversare era tramite la lettura delle labbra.
    Beh direi proprio che è maledettamente brava in questo... Sarà per questo che mi sentivo sempre sotto osservazione.
    Ryo si limitò ad un cenno di assenso, non aggiungendo altro per non interrompere la concentrazione di Mirai. Un pochino si sentiva in colpa nel metterla in difficoltà così, ma qualcosa nel suo modo di agire doveva pur cambiare per risvegliarle i poteri no? La ragazza si rimise in piedi, nella stessa posizione dov'era quando era stata interrotta da un indiscreto passante. Dovendo, per poter allacciare la bandana, dover togliere gli apparecchi che aveva alle orecchie, Mirai si premurò di chiedere a Ryo di non guardare ed il ragazzo sapendo quanto importante fosse per lei non esitò ad accettare.
    Certo, te lo prometto.
    Ed il ragazzo cerco veramente di mantenere la promessa, distogliendo lo sguardo mentre lei cominciava a sganciare gli oggetti con cura. Eppure era davvero curioso del motivo per cui lei nascondesse così tanto le proprie orecchie e non vedeva cosa ci fosse di male a saperlo. Alla fine fu come se il suo occhio si fosse mosso da solo e per un attimo soltanto, con la coda dell'occhio, sbirciò Mirai. Vide le orecchie, che non avevano nulla di strano se non per il fatto che laddove in genere c'è il condotto uditivo vi erano due fori neri che non lasciavano intravedere nulla. Subito distolse nuovamente lo sguardo, sentendosi in colpa per aver infranto la promessa dopo averne chiesta una decisamente più impegnativa a colei che si era praticamente proclamata sua allieva.
    Sono davvero pessimo, con che faccia le parlo dopo?
    Eppure non capiva il motivo di tale riservatezze sulle orecchie. Erano strane, certo, ma non c'era mica niente per cui imbarazzarsi. In un epoca dove la gente aveva subito le mutazioni più disparate chi vuoi che si fissasse sulla forma delle orecchie? Però evidentemente a lei la cosa dava più fastidio di quanto fosse apparentemente dovuto, forse perché dimostrava a tutti la sua limitazione, e lui non avrebbe dovuto vedere niente per cui non c'erano modo o motivo per cui discutere.
    Una volta che la ragazza finì di sistemarsi la bandana, Ryo si alzò a sua volta e cominciò a tenerla d'occhio, memore di quello che era successo poco prima su quella pietra ed affidandosi all'equilibrio della ragazza anche con gli occhi bendati. Vederla però con la bandana rosso fiammeggiante in testa era strano però e lo portò a sentirsi maggiormente coinvolto, come se fosse con lei in un senso più spirituale. Stranamente si ritrovò ad invocare non sapeva bene neanche lui che entità perché Mirai avesse successo.
    Per favore, fa che funzioni in qualche maniera...
    Eppure lei , anche se non lo stava dando a vedere, sembrava ancora avere qualche pensiero in testa. In tono gentile, volle rassicurarlo sulla sua promessa avendo percepito che per lui avesse un significato più profondo. Pur sapendo che lei non poteva sentirlo, o forse proprio per questo, Ryo le rispose sinceramente
    Non l'ho chiesto a nessuno, ma vorrei tanto averlo fatto...
    Sentì qualcosa salirgli agli occhi ed inumidirli e ringraziò il cielo che Mirai avesse accettato la bandana. Non era però il momento di perdersi nella malinconia, Mirai aveva bisogno della sua attenzione in quel momento. Con un ampio movimento delle braccia, la ragazza eseguì nuovamente una sonora battuta di mani che, forse purtroppo, risuonò fortissima nelle orecchie di Ryo. Non era riuscita ad annullarne il suono ed a quanto poteva vedere non era neanche riuscita a condensare quelle vibrazioni come aveva raccontato prima.
    Dai non fa niente, è praticamente riuscirsi al primo colpo
    Per un attimo il ragazzo si era dimenticato che in quel momento lei non l'avrebbe potuto sentire e che quindi era sola con i suoi pensieri. Per un attimo gli sembrò che Mirai, che borbottava come non andasse bene quell'approccio, fosse sul punto di rinunciare, ma improvvisamente sembrò giungere ad illuminazione e lo urlò a tutta la radura. Alla fine anche lei era arrivata alla stessa soluzione che aveva pensato Ryo, ossia per risvegliare i propri poteri serviva la percezione di un pericolo. Solo che il ragazzo non aveva molta voglia di rappresentare quel pericolo ed il solo pensiero lo mise decisamente in ansia.
    Attaccarla? Tra l'altro mentre resta così sopra la tavola? Non ho proprio intenzione di farlo!
    Anche se lei non poteva vederlo o sentirlo, rimase qualche secondo a pensare a cosa fare. Si sentiva a disagio al pensiero di sfiorarla figuriamoci a farle del male. Ma forse in fondo non sarebbe servito, magari sarebbe bastato un contatto fisico come quello che aveva inaugurato tutta la questione, con la speranza che questa volta non provocasse altre perdite di equilibrio.
    Ok, è deciso. In fondo non posso fare sul serio, la mia bandana ce l'hai lei...
    Ryo non sapeva quanto bene si orientasse la presunta allieva con la benda addosso, probabilmente non benissimo, ma decise comunque di restarle alle spalle per provare a coglierla maggiormente di sorpresa. Al pensiero di proseguire, si sentì nuovamente a disagio: pure prima quando si era trattato di stringere la mano aveva fatto attenzione per voler evitare di farle del male.
    Chiedo perdono!
    Alla fine, inspirò a pieni polmoni, alzò la mano destra e la andò a posare sulla spalla destra di Mirai, assicurandosi questa volta di afferrarla anche solo per non fargli fare un altro volo dalla superficie di pietra.


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    Mirai Ishigami
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    Buio.
    Silenzio.
    I suoi sensi erano ridotti a mere percezioni vitali, tattili e olfattive.
    Rimase in piedi, immobile, muscoli tesi e pronti a reagire.
    Poteva sentire il petto che si alzava e si abbassava scandendo quei secondi? Minuti? Che erano passati dalla richiesta fatta al suo Sensei, Ryo Sasaki.
    Il cuore, scosse ritmiche, tamburi che risuonavano ovattati nella sua gola.
    La tensione la percepiva quasi come bruciore da quanto era diventata parte integrante di ogni suo fascio muscolare.
    Respiri brevi. Assaporavano l’aria alla ricerca di un indizio, di una direzione.
    Odore di bosco, odore fresco e pulito, aria di montagna che libera i polmoni dallo smog e alimenta l’ossigeno nel sangue. Questo era ciò che le arrivava fino alle sue narici.
    «…» non un pensiero. Non una parola.
    Mirai si sentiva immersa nel buio e nel silenzio di quel mondo così strano in cui con il solo aiuto dell’olfatto dava un senso e una forma e un’identità ad ogni sentore che le arrivava alle narici.
    Un mondo che non aveva mai conosciuto e che stava scoprendo adesso di essere suo, forse più della sua vista.
    Dicevano che il fiuto non sbaglia mai. Gli occhi possono ingannare invece. E forse era davvero così.
    Le sue labbra rosate si contrassero in una smorfia: non che volesse rimangiarsi la parola, semplicemente aveva paura di fallire. E sapeva che sarebbe potuta essere un’opzione ma non l’avrebbe presa bene questa volta.
    Non l’avrebbe mandata giù per questo si stava sforzando di cercare di capire dove e come l’avrebbe attaccata.
    Sì. Lo aveva fatto. Aveva tirato fuori l’idea folle di farsi attaccare. Anzi a dirla tutta, glielo aveva proprio ordinato; non aveva avuto esitazione in questo perché sapeva che l’unico modo di poter percepire quella parte di sé era proprio quando si sentiva minacciata.
    Quindi avrebbe dovuto ricreare simili condizioni e quello era il modo migliore per farlo.
    Ce la puoi fare Mirai… pensò dandosi forza Ce la devo fare. ripetè la sua eco.
    Fu così che in quel momento percepì, lieve, sui capelli quello spostamento d’aria che le fece drizzare tutti i pori della schiena…non sapeva ben definire se qualcosa si fosse spostato, se stesse per arrivarle addosso un camion, se semplicemente Ryo si fosse dato alla fuga…ma lo aveva sentito e no… Si era spostato. Non si era mosso, non aveva corso.
    Si era spostato.
    Sentiva quell’odore molto simile a quello della bandana rossa che aveva sugli occhi.
    Il suo mondo buio e silenzioso iniziò ad acquisire una posizione e dei tratti e il suo corpo rispose a questo input irrigidendosi e aumentando l’afflusso di sangue al cervello.
    Poi avvenne.
    Che fosse un miracolo, o istinto di sopravvivenza che importanza poteva avere?
    In un secondo Mirai percepì un altro spostamento d’aria preceduto da quell’odore… sì. Quello di Ryo Sasaki che era diverso da quello della natura là attorno.
    Lo sentì e voltò di poco la testa nella direzione di quella sensazione e sapeva con certezza dove avrebbe attaccato… o quasi.
    Quella scia odorosa aveva una via, una strada, e questa portava a lui. Alle sue spalle.
    E in un altro tempo che per lei fu veramente breve, percepì prima una mano stringersi sulla sua spalla poi il cuore saltare un battito ed infine qualcosa trasformò quella sua “paura di essere sotto attacco” in un’onda gelida che le attraversò le orecchie, e la testa e il corno. Poteva quasi disegnare il percorso di quella bolla che qualche millesimo di secondo dopo il tocco – che per Mirai invece parve quasi in slow motion – si venne a creare a partire dalla base del corno e venne sparata via da questo nella direzione opposta al ramo spezzato e Ryo Sasaki potè notare o sentire, come questa si ruppe, arrivata a un metro e pochino più dalla ragazza - rilasciando i suoni captati nelle vicinanze (come il "tap" della mano del ragazzo sulla sua spalla) che rimbombarono per la radura.
    Mirai rimase ferma in quella posizione e meno male che Ryo l’aveva retta bene o sarebbe scivolata di nuovo giù per il masso dato che stava facendo due passi nella direzione letteralmente sbagliata.
    «Sen… Sensei? Ci sono riuscita? Ha-Ha-hai visto qualcosa? » disse per poi togliersi la bandana dagli occhi «Perché… io l’ho sentito… » avrebbe voluto cambiare il verbo “sentire” in qualche altro di più consono ma non ne trovava uno migliore… era arrivata là dove doveva arrivare e questo le sarebbe bastato.
    Si voltò verso Ryo Sasaki facendo attenzione a non precipitare dalla roccia.
    «L’ho percepito… e… soprattutto ho sentito tutti gli odori e … sapevo dove eri… più o meno e poi ho sentito freddo … » cercò di spiegarle tutte quelle sensazioni che l’avevano presa e che l’avevano inondata con la forza di una tsunami, parlava come se avesse scoperto una cosa sensazionale – e questa cosa sensazionale era parte di lei…- « Sì! Freddo! L’ho sentito partire dalle orecchie e poi… su su… fino al corno… è stato strano e poi… non so cosa successo ma mi sono sentita libera…credo… oh vabbè! Non importa! E’ stata una cosa fantasticaa!!!» alzò entrambe le mani al cielo in un gesto di pura gioia per poi ricomporsi un colpetto di finta tosse.
    Porse la benda a Ryo Sasaki «Grazie Sensei… grazie per averlo fatto… ora… credo di aver capito… qualcosa… penso. Il fatto che comunque l’abbia percepita… è già qualcosa ne? Forse dovrei un attimo allenarmi… già… ah! Questa è tua. Sensei. » gli disse tenendo la benda al ragazzo ma un attimo prima che potesse rendergliela la strinse tra le sue dita e il suo volto divenne serio.
    Era come se un pensiero improvviso avesse turbato e cambiato repentinamente il suo buon umore.
    Un pensiero stupido… o forse no?
    E se davvero il mio Quirk … si attiva soltanto quando sono in pericolo… non significa allora che sono stata creata per proteggere gli altri? Perché solo così posso essere al cento per cento me stessa?... o forse… è solo una cosa stupida… forse….
    D’altronde questo pensiero non era nato lì, in quel momento preciso ma poco più indietro.
    A volte, arrivati ad un certo punto della vita ci si domanda qual’è il proprio posto nel mondo.
    Mirai se l’era domandato, e la sua risposta stranamente le era giunta veloce. Più di quanto immaginasse: il suo posto era in mezzo alla gente, a chi aveva più bisogno. Non erano specificate etnie, sesso, religione, buoni o cattivi.
    Se qualcuno aveva bisogno di lei, ecco. Quello sarebbe stato il suo posto in quel mondo che a breve avrebbe dovuto fronteggiare una grossa minaccia. Incombente come nubi plumbee temporalesche.
    I suoi occhi ambrati si incrociarono con quelli cremisi di lui e rimase a fissarlo e con voce atona gli chiese:
    «Sensei… tu… per cosa combatti? Per quale motivo hai scelto di entrare all’Accademia e diventare un eroe…? E… che cos’è davvero un eroe … ? » queste sì che erano delle belle domande a cui lei aveva cercato risposte.
    Non era la sua visione forse un riflesso dell’essere eroe? O forse no? Gli eroi avrebbero davvero agito per salvare e proteggere chiunque gli fosse capitato di fronte?
    Forse Ryo Sasaki sarebbe stato un ottimo Sensei in questo, non solo per averle dato la possibilità di percepire il suo Quirk ma per averle dato la possibilità di ricevere risposte alle domande che aveva in testa da tanto tempo e a cui non aveva saputo dare risposta.
    Chissà… la possibilità di entrare in Accademia non era un’ipotesi che ancora non aveva scartato e forse chissà. Ryo Sasaki poteva essere in grado di darle qualche incentivo in più per compiere la scelta di diventare l’eroina che – in cuor suo e nella sua immaginazione, anche se non l’aveva mai detto a nessuno - aveva sempre desiderato essere.

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    • Energia: 100 90.
    • Tecniche usate:
    Echoes [Livello 1]
    Mirai assorbe un determinato tipo di suono (schiocco di dita, battito di mani o piede) che verrà inglobato in una bolla. Questa prenderà vita sulla punta del corno di Mirai per essere poi sparata via in linea retta in modo da sfruttare le onde sonore compresse all'interno per far danno o per creare un semplice diversivo.
    La bolla /delle dimensioni di una pallina da golf/ esploderà a contatto con qualsiasi superficie solida rilasciando il suo contenuto.
    Costo: 10 PE
    Danno: Lieve
    Range: 2m
     
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