The Curtain Rises

[Role Extra] Hayato & Shinjiro

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    Hayato Ono
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    Era una sera come tante, al Kagejikan, e Hayato aveva da poco portato a termine il proprio turno, come di consueto.
    Quella sera il locale era stato particolarmente affollato e l’aveva tenuto impegnato, insieme a Shinjiro, in un lavoro durato svariate ore durato fino a notte fonda. Inutile dire che il biondino era arrivato alla fine della giornata stremato: non avrebbe mai creduto che lavorare nella cucina di un locale fosse così stancante e faticoso.
    Pensava che, tutto sommato, il lavoro da aiutocuoco/cuoco al Kagejikan fosse abbastanza facile: niente di più sbagliato. Ordini dietro ordini, la consapevolezza di star servendo a dei clienti in carne ed ossa, i tempi serrati e, come ciliegina sulla torta, lo sguardo di falco di Aragaki che controllava ogni suo singolo movimento. Tutti questi elementi contribuivano a rendere quel lavoro assai impegnativo, eppure... già, eppure Hayato non poteva nascondere di quanto si sentisse soddisfatto nel portare a termine ogni singolo turno. Cucinare era una delle sue grandi passioni ed era felice che una missione affibbiatagli da Aogiri prevedesse proprio che dovesse essere una sorta di cuoco-infiltrato.
    Sperava soltanto che Shinjiro fosse convinto e felice di averlo assunto: nonostante Hayato avesse probabilmente dato l’idea di essere un po’ imbranato e logorroico, aveva sempre cercato di dare il massimo (anche se in fin dei conti fosse al Kagejikan da poco tempo).
    Poco tempo, sì, durante il quale non aveva raccolto nessuna informazione rilevante su Aragaki.
    Iniziare a fare domande non appena fosse stato assunto sarebbe stato un po’ strano, per cui il biondino ritenne necessario far passare qualche settimana, prima di approfondire la conoscenza con l’obiettivo della missione.
    La discrezione, in circostanze delicate come quelle, era fondamentale.
    Aveva appena finito di sistemare le ultime padelle e gli ultimi piatti, era notte inoltrata e le borse sotto gli occhi si erano fatte più evidenti: nonostante ciò, non si sarebbe fatto sfuggire quell’occasione: nel locale erano ormai praticamente soli, non c’era nessuno che potesse dar fastidio.
    Era il momento perfetto per fare un altro passo.
    «È stata una faticaccia stasera, eh?»
    Domandò, avvicinandosi a Shinjiro e poggiandosi col gomito ad uno dei banconi che si trovavano lì in cucina.
    «Mi stavo chiedendo, siccome oggi è un giorno festivo e di solito in queste occasioni esco a bermi qualcosa, la sera... beh, sì, le farebbe piacere prenderci un cocktail insieme, signor Aragaki? O qualsiasi cosa lei desideri. È un pizzico tardi per uscire.»
    Domandò, sfumando la frase con una risatina. Era da quando era stato assunto che continuava a dare del ‘lei’ a Shinjiro, nonostante ormai gli facesse abbastanza strano. Avevano sempre mantenuto un rapporto formale e, pensandoci meglio, Hayato non sapeva nemmeno quale fosse l’Unicità di Shinjiro (ammesso che ce l’avesse). Era arrivato il momento di conoscersi meglio, no?
    «A— naturalmente non dobbiamo per forza star qui, non voglio consumare le bevande del locale. Possiamo anche spostarci da un’altra parte.»
    Precisò, annuendo alle sue stesse parole, per poi chiudere la bocca e attendere una risposta da parte del proprietario del locale: magari era stanco e preferiva ritirarsi a casa, per cui sarebbe sfumato tutto nel nulla.


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    CITAZIONE
    Sisthra <3
    Questa role è ambientata poco dopo l’assunzione di Hayato, prima del Tanabata Festival.
     
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    Shinjiro Aragaki

    Era ormai qualche settimana che aveva assunto Hayato Ono dopo quel colloquio di lavoro quantomeno bizzarro. Fino ad ora il ragazzo si era mostrato piuttosto capace, o perlomeno non aveva ancora sbagliato nessun ordine o combinato qualche casino. Non che Shinjiro glielo avrebbe permesso in ogni caso, ne andava sia della reputazione del locale che della salute delle persone dopotutto; anche quando gli affidava un ordine specifico continuava a tenerlo d'occhio, a meno che in quel momento non si trovassero proprio in zone diverse del locale.
    Per ora, comunque, sembrava cavarsela, soprattutto considerato che era la sua prima esperienza in un locale dove serviva cibo. Sicuramente come barista aveva avuto i suoi momenti di stress, ma una cucina era un ambiente completamente diverso. Il caldo, oggetti appuntiti o bollenti ovunque, il dover coordinare tempi di cottura, il tutto con la pressione addosso di doverlo poi servire ad altri... cucinare per sé stessi era completamente diverso che farlo per qualcun altro.
    Lui ci era ormai abituato, ma quando lo aveva assunto aveva temuto che la pressione e lo stress la avrebbero avuta vinta e avrebbe mollato dopo pochi giorni. Era tutt'altro che raro, ma Ono sembrava aver retto.
    Quella serata era stata particolarmente intensa, complice l'arrivo di un nutrito gruppo di colleghi di lavoro che sembravano star festeggiando una qualche occasione che avevano ordinato di tutto e di più.
    Al termine della serata, dopo aver mandato via le ultime due persone barcollanti, pulito tutto il locale e infine finito di svolgere le ultime faccende in cucina, si voltò mentre finiva di lucidare il piano cottura sentendosi rivolgere la parola, con una punta di sorpresa. Fin'ora Ono si era mostrato sempre piuttosto professionale e cordiale: se parlavano in orario di lavoro era stato solo per cose relative alla cucina, e aveva sempre mantenuto il tono più formale e distaccato possibile, per cui lo aveva un po' preso per il tipo di persona che finito il suo turno spariva e finiva lì, pur mantenendo un atteggiamento allegro e disponibile.
    Si lasciò sfuggire un piccolo sospiro alle sue parole, annuendo con aria stanca ma soddisfatta.
    « Quei tipi hanno ordinato così tanti kushiyaki che temevo avremmo finito tutta la carne in dispensa.» borbotto'.
    La proposta dell'altro lo colse con una punta di sorpresa; andare a bere qualcosa? Da una parte era vagamente tentato di rifiutare;era stanchissimo, la notte scorsa aveva sacrificato ore di sonno per uscire di pattuglia con Desmond dopo aver chiuso il locale, una parte di lui voleva solo andare a casa, farsi una doccia rigorosamente gelata e infilarsi a letto abbracciando Ikiru... dall'altra però, uscire anche solo a fare un giro nei dintorni con una faccia nuova gli avrebbe fatto bene. Con tutto quello che stava succedendo in quel periodo... aveva bisogno di uscire, cambiare aria e distrarsi un po'.
    « ... mi farebbe piacere, sì. E usciamo, voglio fare due passi prima di bere qualcosa.» rispose dopo un attimo di esitazione.
    Dieci minuti dopo, aveva chiuso completamente il Kagejikan, controllando sia l'ingresso principale che quello sul retro e chiudendo entrambi con una chiave a doppia mandata. Si infilò il mazzo di chiavi del ristorante (ingresso principale, retro, registratore di cassa e dispensa) nella tasca dei pantaloni e rimase qualche secondo a godersi l'aria notturna, l'unico momento in estate in cui non soffriva particolarmente il caldo. Alzò una mano a scompigliarsi un po' i capelli, che erano rimasti un po' appiattiti dopo ore passati schiacciati sotto la bandana, come ogni sera.
    « Ormai non siamo più in orario di lavoro, non c'è bisogno del lei, comunque. » fu la prima cosa che disse una volta riabbassata la mano. Si guardò un attimo attorno lungo la strada, poi si voltò a fissare il suo dipendente.
    « Hai qualche posto da proporre in particolare, o andiamo dove capita?» chiese, iniziando poi ad avviarsi nella direzione proposta a passo lento, con calma.
    « Ti ho visto un po' stressato, questa sera, ma non sei andato nel panico. Bravo. » commentò dopo un attimo. Sul momento tendeva a non esserci tempo per farlo, ma se c'era qualcosa per cui complimentarlo ci teneva a farglielo sapere.
     
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    Hayato Ono
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    Per fortuna Shinjiro gli rispose con la stessa tranquillità con la quale Hayato gli si era rivolto. Era stato un po’ titubante, qualche istante prima, nel ritenere o meno che quello fosse il momento giusto per iniziare una conversazione. Decise, comunque, di buttarsi, e fu molto felice che tale decisione venne ricambiata dal proprietario del locale con altrettanta scioltezza.
    «Fin’ora non avevo mai riflettuto abbastanza su quali potessero essere i problemi effettivi di una cucina con dei clienti. Di solito quando mi siedo in un ristorante penso soltanto ad ordinare e dare per scontato di ricevere la portata, senza considerare minimamente che ci possano essere questi problemi. D’ora in avanti ci presterò più attenzione~»
    Rispose, in merito al commento di Shinjiro circa la quantità di carne che era stata ordinata quella sera. A tal proposito, c’era da dire che da quando lavorava al Kagejikan, Hayato aveva perfezionato le sue tecniche di cottura, allenandosi costantemente a cuocere carne a casa (e arrivando a non bruciare più nulla, ovviamente). Non era semplice capire quando la carne era cotta adeguatamente, ma la pratica di certo aiutava molto.
    Shinjirò esitò per un attimo, quando Hayato gli fece la proposta di bere qualcosa insieme. In quel frangente di secondo, la Recluta pensò immediatamente che sarebbe saltato tutto, per un po’ di tempo. Già, se Aragaki avesse rifiutato, glielo avrebbe potuto chiedere non prima di due settimane, per non essere troppo insistente.
    Era stato troppo precipitoso?
    No.
    Shinjiro accettò.
    Gli angoli della bocca del biondino si sollevarono in un sorriso dolce, entusiasta.
    «Certo, mi va più che bene fare due passi~»
    Rispose, cordiale, aspettando che l’altro finisse di chiudere per bene il locale.
    «A— sì, va benissimo allora... Shinjiro, sì.»
    Disse, leggermente imbarazzato, grattandosi la nuca con la mano, evidentemente a disagio. Non l’aveva mai chiamato con quel nome, gli faceva abbastanza strano. Era molto... amichevole, no?
    «Mh....»
    Divagò per un attimo con i pensieri, volgendo lo sguardo al cielo notturno e ticchettando con l’indice sul mento, serrando le labbra.
    «Ah, sì!»
    Esclamò, scomponendosi per un attimo.
    «Conosco un locale poco lontano da qui, possiamo tranquillamente raggiungerlo a piedi. Così facciamo anche una passeggiata, come accordato~»
    Propose, tornando a sorridere. Che Shinjiro avesse accettato o proposto altro, Hayato sarebbe stato fermato dall’iniziare a camminare dal proprietario del locale stesso, che gli fece quelli che sembrarono dei... complimenti?
    A lui?
    Hayato guardò per un attimo Shinjiro negli occhi, aggrottando lievemente le sopracciglia.
    Sembrava sorpreso.
    Molto, sorpreso.
    Ma anche felice.
    Ad Hayato facevano assai piacere i complimenti, durante il corso della sua vita ne aveva ricevuti pochi. A conti fatti, la persona che più di tutte contribuiva a farlo sentire speciale era Hisoka. Erano gli stessi complimenti del giullare, pensandoci meglio, che lo legavano così tanto a lui.
    «Ah, scusami.»
    Scosse il capo, nel momento si accorse di esser stato zitto per almeno cinque secondi.
    «Io— ecco, non sono abituato a... niente, lascia stare. Ti ringrazio, comunque! Mi fa piacere che ti stia aiutando esattamente come lo desideri, ci tengo molto a questo lavoro. Vedi, mi piace di più cucinare che servire cocktail e... sì, un giorno spero di poter abbandonare definitivamente il mio posto da barman.»
    Spiegò, riprendendo il suo solito brio e comportandosi esattamente come prima.
    Se Shinjiro avesse acconsentito, a quel punto Hayato avrebbe iniziato a camminare. Ueno, a quell’ora, non era per niente affollata: a far compagnia ai due ragazzi c’erano perlopiù luci di colori variegati (bianche, rosse, blu) che tentavano in tutti i modi di farsi spazio tra il buio della notte. Il marciapiede sarebbe stato occupato principalmente da loro due, se non fosse stato per qualche passante che, di tanto in tanto, si dirigeva nella loro stessa posizione o quella opposta.
    «Scusa per prima, in verità mi hai colto impreparato perché non sono affatto abituato a ricevere complimenti.»
    Esordì, quindi, scrutando l’altro con la coda dell’occhio, mentre il suo viso era colorato di rosso a causa della luce di un negozio lì vicino.
    «Cerco sempre di impegnarmi al massimo in quello che faccio ma non viene sempre apprezzato~»
    Continuò, buttandola molto ‘leggera’ e sfumando la frase con una risatina. Non rese quella frase pesante, quindi, ma la indirizzò all’altro come una sorta di battuta. Di certo non era il caso di iniziare una conversazione con discorsi pesanti.
    «E tu, invece? Sei sempre stato un asso in cucina? Mi sembri molto giovane per gestire un locale con così tanti clienti, devi sicuramente avere talento~»
    Continuò, poi, decidendo finalmente di chiudere la bocca e soffocare la sua logorrea, nell’attesa che l’altro gli rispondesse.


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    Shinjiro Aragaki

    Alle parole di Hayato Shinjiro trattenne un mezzo sorrisetto.
    « Beh, una buona parte del lavoro che si fa in cucina è fare in modo che il cliente non ci pensi a queste cose... però sì, ogni tanto farebbe bene ricordare che a preparare i piatti sono comunque persone e che le scorte di cibo non sono infinite.» commentò, sembrando comunque compiaciuto che l'altro ci avesse in qualche modo fatto caso. Sicuramente lavorare in quell'ambiente aiutava a vedere le cose da un punto di vista diverso.
    « Dovrò ordinarne altra dal macellaio che ci rifornisce domani mattina... se ti viene in mente altro che sta per finire dalla dispensa, di pure.» aggiunse dopo un attimo, appuntandosi mentalmente la cosa. Sapere di avere un paio di occhi in più a tenere d'occhio la dispensa era a suo modo rassicurante, si rischiava meno di ritrovarsi improvvisamente senza qualche ingrediente perché non aveva notato che stava per finire. Solitamente era piuttosto maniacale a riguardo, segnando ogni singola cosa con precisione sul suo fidato taccuino, ma le sviste capitavano sempre... soprattutto negli ultimi tempi, quando le possibili... "distrazioni" per così dire erano aumentate.
    Hayato parve compiaciuto che avesse accettato, sfoggiando un piccolo sorriso. Aveva notato che tendeva a sorridere spesso, quasi come espressione di default, in netto contrasto con la sua, che variava da "perfetta impassibilità" che aveva imparato a sfoggiare in anni davanti ai clienti davanti alle cose più assurde (o a volte sinceramente irritanti) che dicevano senza potersi sbilanciare troppo, a "vago scazzo o espressione neutrale, a seconda dell'umore" nelle occasioni in cui non doveva mostrare particolare rispetto o con gli amici.
    Sorrisi genuini tendevano ad apparire sul viso di Shinjiro solo quando sentiva di potersi sinceramente rilassare con qualcuno, o in maniera direttamente proporzionale alla sua distanza in linea d'aria con un cane.
    Punti bonus se era Ikiru.
    « Vai benissimo, fai strada.» rispose annuendo e dando le spalle ad Hayato per avviarsi. Si fermò dopo nemmeno tre passi, notando l'assenza di passi che lo seguivano e voltandosi per trovare Hayato impegnato a fissarlo con aria genuinamente sorpresa. Shinjiro ricambio' lo sguardo con un'occhiata interrogativa.
    Aveva detto qualcosa di strano?
    ... non era un capo così severo da aver dato l'impressione di uno che non faceva complimenti, no?
    Hayato si scuso' dopo qualche secondo, riprendendo a camminare e avviandosi questa volta verso il locale. Shinjiro lo seguì, le due figure illuminate a tratti dalle luci di lampioni o insegne colorate.
    « Se hai sempre preferito di più cucinare, come mai non hai cercato prima un lavoro simile?» chiese, incuriosito. Il collega fornì una spiegazione del suo comportamento di poco prima dopo qualche minuto, spiegando che non era abituato a ricevere complimenti, e che ciò che faceva spesso non veniva apprezzato.
    « Capisco... beh, sappi che io non faccio complimenti vuoti. Almeno non per quanto riguarda la cucina; se c'è qualcosa che non va nel tuo lavoro, te lo avrei già detto.» commentò in risposta con una punta di severità, ribadendo ciò che pensava.
    « Forse risulto un po' duro o scostante durante il turno di lavoro, ma... è la prima volta anche per me, avere dei dipendenti. Devo ancora imparare a fidarmi completamente, e quando si parla di cibo non ammetto errori. C'è in gioco la salute delle persone.» aggiunse.
    «.... a proposito, ho notato un certo nervosismo quando dovevi grigliare la carne, i primi giorni.» aggiunse dopo un attimo con un leggero sorrisetto mentre gli lanciava un'occhiata. Non sembrava arrabbiato, ma era evidente che, pur non sapendo dei "problemi" di Hayato ai fornelli, nei giorni in cui praticamente non gli aveva staccato gli occhi di dosso per controllare non preparasse male qualcosa - soprattutto la carne -, lo stress iniziale dell'altro non gli era sfuggito.
    Fece una scrollatina di spalle alle parole dell'altro.
    « Non mi reputerei un "asso", per cucinare serve solo pratica. Chiunque può farlo. Ho semplicemente iniziato presto, aiutando i miei genitori in cucina dopo scuola per un'oretta o due, e ho scoperto che mi piaceva genuinamente farlo e mi sono appassionato all'argomento. Molti clienti li ho ereditati da loro quando ho preso in gestione il locale, altri sono arrivati dopo che ho iniziato a fare pubblicità sui social.» rispose.
     
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    Hayato annuì vistosamente alle parole di Shinjiro, punzecchiandosi il mento con l’indice, come se stesse riflettendo su qualcosa che potesse effettivamente mancare in dispensa o che fosse sul punto di finire.
    «Ah, sì! Ci sarebbe anche da fare scorta di noodles, forse, ma ti farò sapere sicuramente meglio domani mattina.»
    Il biondino stava mettendo corpo e anima in quel lavoro e per questo motivo cercava di tenere costantemente tutto sotto controllo, persino la dispensa.
    Si incamminò con Shinjiro tra le strade di Ueno e, esattamente come il Vigilante si accorse che Hayato sorrideva spesso, il Villain non poté fare a meno di notare che il proprio datore di lavoro assumeva un’espressione perlopiù neutra. Sembrava quasi che nessun evento potesse scalfirla... di certo doveva essere dotato di un autocontrollo non indifferente, a differenza di Hayato, che non riusciva a controllare nemmeno i suoi stessi pensieri. Era una dote che certamente gli invidiava.
    Alla domanda di Shinjiro, il giovane volse lentamente lo sguardo al cielo notturno, pur senza far sparire dal viso il suo solito sorriso.
    «La cucina mi ha sempre affascinato molto, ma al tempo stesso mi ha anche sempre spaventato. L’idea di dover cucinare per delle persone, la paura di non soddisfare il cliente, di vedere un piatto tornare indietro... per non parlare del fatto che, secondo me, lavorare in una cucina è molto stressante. Insomma, ho sempre creduto di non essere all’altezza.»
    Posò nuovamente lo sguardo su Shinjiro, tornando a concentrarsi sul suo volto.
    «Capisci cosa intendo? Servire cocktail l’ho sempre visto più facile, più ‘sicuro’ di preparare e servire pietanze varie... anche tu sei stato pervaso da queste mie stesse insicurezze, prima di iniziare?»
    Continuò, inspirando poi a fondo.
    «Però ho capito che quello del barman era un lavoro che non mi soddisfava. Per quanto certa, non era la strada che desideravo. E quindi ho deciso di lanciarmi in questa avventura e seguire le mie passioni~»
    Disse, sollevando gli angoli della bocca e infilandosi le mani in tasca, continuando a camminare al fianco di Shinjiro.
    «Su questo non avevo dubbi. Mi sei sembrato fin dal primo incontro un tipo molto franco e onesto, non credo ti saresti fatto problemi a criticarmi, se ci fosse stato bisogno.»
    Asserì, quando ascoltò le parole dell’altro.
    «Se posso dirti la verità, sono felice che mi sia capitato tu come capo. Sai, nei programmi di cucina spesso gli chef non fanno altro che urlare contro i propri dipendenti senza alcun ritegno, trattandoli come pezze. Risulterai anche duro, com’è giusto che sia, ma almeno non hai bisogno di sbraitare.»
    Scrollò le spalle. Okay, forse Hayato aveva visto troppi reality di cucina (?) ma la sua idea di ‘Capo-chef’ era davvero quello di uno sterminatore di persone: per fortuna con Shinjiro non si era rivelato come loro, sebbene fosse comunque abbastanza severo, a modo suo. Diciamo che non aveva bisogno di alzare la voce per far intendere che fosse contrariato, ecco.
    «La carne?»
    Ripeté, sfumando la frase con una lieve risatina, essendo perfettamente a conoscenza di che cosa stesse facendo riferimento Shinjiro.
    «Sì, quello è un altro dei motivi per cui non ho subito intrapreso la strada per lavorare in cucina: prima tendevo a bruciare un bel po’ di cose, però ci ho preso la mano e alla fine sono riuscito ad imparare a gestire il fuoco.»
    Non era una delle uscite migliori da fare, ma essere totalmente sincero con Shinjiro era il primo passo per creare delle basi solidi di amicizia.
    «La carne, poi, secondo me è particolarmente difficile da cuocere. Non si è mai totalmente certi di come sia la cottura all’interno, ma per quello credo ci voglia soltanto in po’ di pratica, no?»
    Domandò, mentre il locale presso cui avrebbero potuto prendere qualcosa da bere si faceva sempre più vicino.
    «Beh, devi comunque essere molto abile per avere così tanti clienti. Da quando sono stato assunto ho notato che è abbastanza difficile che non si faccia il pieno, soprattutto nei giorni festivi.»
    Forse perché era estate, ma durante il breve periodo in cui aveva iniziato a lavorare lì, il Kagejikan era sempre stato affollato: era evidente che fosse un locale in ascesa e che probabilmente sarebbe stato destinato, col tempo, ad una fama non indifferente.
    «Tu invece sei sempre stato convinto di volerti dedicare al mondo della ristorazione? Oppure avevi altri interessi che ti hanno messo in difficoltà?»
    Domandò. Nonostante la conversazione fosse iniziata da pochissimo, Hayato si sentiva comunque pervaso da una strana sensazione.
    Shinjiro gli sembrava una persona assolutamente normale.
    Era piacevole dialogare con lui, persino rilassante.
    E quell’atteggiamento così calmo, pacato, serio e al tempo stesso ordinario, per un attimo, lo costrinse ad interrogarsi se quel tizio fosse l’obiettivo della propria missione.
    Che informazioni doveva ricavare da un ragazzo del genere? Che cosa nascondeva?
    Hisoka aveva semplicemente intenzione di divertirsi, oppure dietro la sua richiesta c’era una motivazione più seria?
    In sostanza, che cosa doveva scoprire di Shinjiro, di preciso?
    Il proprio superiore gli aveva detto tutto, qualsiasi cosa, eppure Hayato stava iniziando a chiedersi cosa potesse mai ricavare da un ragazzo del genere.
    Scacciò velocemente quei pensieri dalla testa e tornò a concentrarsi sulla serata, senza dare alcun segno di essersi momentaneamente distratto: era ancora all’inizio di una prima e vera conversazione, aveva ancora tanto da scavare e, soprattutto, doveva fidarsi di Hisoka così come Hisoka si fidava di lui.


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    Shinjiro Aragaki

    Aggrotto' le sopracciglia cercando di ricordare che aspetto aveva la dispensa l'ultima volta che aveva controllato nella zona in cui riponeva le confezioni di noodles. Sul momento non sapeva dire se stessero per finire, ma si fidava del suo giudizio. E al massimo avrebbe controllato una volta tornato al locale il giorno successivo.
    « Va bene, potremmo anche iniziare a segnalarlo nella chat di gruppo, è più immediato.» commentò, prima di assumere un'espressione un po' più pensierosa alle parole dell'altro.
    « Non so se definirei servire cocktail più "facile", sei molto più a contatto con il cliente e bombardato di richieste, proprio perché più immediati da preparare. Io servo solo alcolici classici per accompagnare il cibo perlopiù, e anche così ci sono serate dove devo comunque sorbirmi tutto quello che il cliente ha da dire, ma almeno ho la scusa di potermi ritirare in cucina a controllare qualcosa se necessario. E come in cucina devi fare attenzione a cosa prepari per non mettere a rischio la salute di qualcuno, anche certi cocktail possono essere pericolosi... a quanto so.» aggiunse dopo un attimo.
    « Ammetto di non saperne molto, servire cocktail troppo moderni e... occidentali andrebbe contro lo spirito del locale, quindi non mi sono mai informato. Certo... con un cocktail probabilmente nessuno te lo rimanda mai indietro o si lamenta anche se non è miscelato esattamente alla perfezione.» concesse dopo un attimo di riflessione, che era probabilmente più in linea con la preoccupazione espressa da Hayato.
    « Li considerei due lavori stressanti a modo loro. Ho fatto da barman una sera e mi è bastato.» aggiunse dopo un attimo, incupendosi per un attimo mentre pensava al Salem. Se solo se ne fosse stato a casa quella sera... ma ormai era inutile pensarci.
    « Beh... io ho iniziato pian piano con i miei genitori che mi controllavano. All'inizio facevo poco altro che sbucciare e tagliare verdure o lavare piatti, al massimo... mi permettevano di servire un piatto ai clienti solo dopo che lo avevo preparato una volta per loro ed erano sicuri sapessi esattamente cosa stavo facendo. Però... un po' di nervosismo c'è sempre. C'è sempre qualcosa che può andare storto anche se ormai sai preparare qualcosa a occhi chiusi, basta un attimo di distrazione, o banalmente un coltello che ti sfugge di mano... non ci si può distrarre... però per certi versi cucinare mi rilassa tantissimo. Strano, vero?» rise dopo un attimo, forse la prima vera risata che Hayato gli aveva sentito fare, per quanto breve.
    « Forse proprio perché non devo pensare a nient'altro in quei momenti... e ammiro che hai deciso di seguire le tue passioni. » aggiunse dopo un attimo, rivedendosi probabilmente in quella scelta.
    Restò in silenzio alle successive parole dell'altro, colto un po' in contropiede. Volse lo sguardo a fissare un paio di macchine attraversare un incrocio per nascondere il viso, un po' in imbarazzo per quelle parole. E un po' perché, anche se Hayato non poteva averne idea, lui adorava quei programmi di cucina. Erano ovviamente esagerati e ultra drammaticizzati nella loro rappresentazione di quell'ambiente... però gli piacevano proprio per quello. Era... liberatorio, in un certo senso? Tranne quando lanciavano o buttavano cibo per delle inezie, lì non poteva fare a meno di piangergli il cuore.
    Però... le parole dell'altro gli avevano fatto piacere.
    « Beh... non lo farei mai sia perché non è nel mio carattere in generale mettermi a sbraitare...» iniziò dopo un attimo di pausa.
    « Sia perché non ne vedo il motivo. Se c'è qualcosa che non va... lo dico, ma con calma e cercando di non farmi notare né dal cliente né da altri dipendenti. Non serve a niente... fare una scenata trasformando un rimprovero ad un dipendente in un umiliazione pubblica, secondo me. Perdi solo il rispetto degli altri... ma in tv ovviamente fa scena, suppongo.» aggiunse, imitando la scrollatina di spalle dell'altro.
    Shinjiro si acciglió effettivamente nel sentire le parole di Hayato sull'aver bruciato "un bel po' di cose", ma non commentò. Tutti facevano errori le prime volte, dopotutto...
    « ... ci sono dei trucchetti per aiutare a capire se è ben cotta senza doverla tagliare troppo. Posso illustrarteli domani, se vuoi.» commentò, lanciandogli un'occhiata. Avere effettivamente qualcuno con cui discutere di cucina che non fossero i suoi genitori era piacevole.
    « Il segreto è tutto nel saper riconoscere le varie temperature di cottura...» si interruppe una volta che furono apparentemente in prossimità del locale a cui voleva portarlo Hayato, rimandando quel discorso al giorno dopo. Nonostante l'ora tarda, sembrava esserci ancora un po' di gente, era evidente che era il tipo di locale che magari apriva un po' più tardi rispetto a lui ma continuava poi per tutta la notte.
    Aspetto' a rispondere finché non ebbero preso posto ad un tavolino miracolosamente vuoto. Istintivamente, prese la sedia con lo schienale rivolto verso il muro, in modo da poter osservare tutto il locale e non dare le spalle alla porta.
    Non era una abitudine che aveva assunto a livello effettivamente cosciente; un po' l'aveva sempre avuta, in parte. Con la sua tendenza a cercare di rannicchiarsi quasi a voler occupare il meno spazio possibile, in tavolate varie già dai tempi della scuola cercava sempre di infilarsi nei posti rivolti verso il muro o nell'angolo. Posti da cui non avrebbe insomma bloccato la visuale a nessuno sedendosi di fronte a loro.
    Ora il gesto aveva sicuramente assunto anche un ulteriore motivo dopo svariate esperienze passate, ma non era comunque qualcosa di perfettamente consapevole.
    ... era diventato fin troppo paranoico già così.
    « Beh, ho... molti clienti affezionati, e la pubblicità sui social deve aver funzionato bene, suppongo. Più il passaparola.» commentò in risposta, prima di prendersi qualche attimo prima di rispondere con la scusa di ordinare.
    «... consigliami tu, sono curioso di provare qualcosa di diverso dal solito. Per certe cose sono... piuttosto tradizionale, come credo si sia capito... l'alcool è una di quelle. Di solito bevo semplicemente sake o birra.» confessò con un mezzo sorrisetto, lasciando ben presto perdere il menù dei drink.
    « ... in realtà no, anzi. Ho sempre voluto cucinare. I miei avrebbero voluto vedermi studiare... qualcosa, e non mandare avanti il locale, ma non faceva per me.» spiegò brevemente, appoggiandosi allo schienale della sedia. Nel frattempo, quasi distrattamente, stava osservando gli altri avventori. Lo sguardo gli cadde su un gruppetto di - probabili, dall'età apparente- studenti agli ultimi anni di liceo. Avevano attirato la sua attenzione per la risata piuttosto rumorosa di uno di loro, ma ora che guardava un po' meglio, un altro dei presenti aveva l'espressione di qualcuno che trovava la situazione tutt'altro che divertente. Li osservò per un istante, erano troppo lontani per udire alcunché di cosa stava succedendo, e non voleva saltare immediatamente a conclusioni affrettate.
    Forse era stata semplicemente una battuta pessima... lui era il primo che probabilmente aveva una faccia non dissimile da quella del tizio nella maggior parte dei casi, era l'ultimo a poter giudicare.
    Riportò lo sguardo su Hayato, resistendo alla tentazione di lanciare occhiatine in tralice al gruppetto.
    « Ma basta parlare di lavoro, siamo usciti apposta per parlare di altro, no? Che altro ti piace fare, oltre cucinare? »

    CITAZIONE
    Edit: Corretto qualche piccolo typo


    Edited by Sisthra - 25/9/2020, 14:10
     
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    Shinjiro sembrava un tipo che esprimeva fermamente i propri punti di vista, senza lasciarsi influenzare dalle parole altrui. Era, inoltre, dotato di spirito critico e ciò fu facilmente rilevabile quando parlò del mestiere di barman. Aveva appena ascoltato Hayato, che aveva avuto esperienze ampie in quel settore e aveva apertamente detto che lavorare dietro un bancone era più complesso che in cucina, eppure il Vigilante non ci aveva pensato due volte a proporre la propria idea, che in parte si discostava da ciò che aveva detto il biondino: aveva, infatti, affermato che al contrario di Hayato li considerava lavori stressanti allo stesso modo, seppur in maniera differente.
    Interessante.
    Comunemente qualcuno avrebbe annuito e basta, eppure il proprietario del Kagejikan ci aveva comunque tenuto ad esprimere la propria idea. Poteva essere una persona estremamente attenta ai dettagli, meglio fare attenzione.
    Fece giusto un cenno con la testa, come per far capire all’altro che lo trovava d’accordo, nonostante di quella questione non gli importasse granché.
    «Se riesci a rilassarti mentre lavori, allora hai tutta la mia ammirazione~ Io sono sempre un po’ in ansia, probabilmente perché oltre alle aspettative del cliente potrei deludere anche quelle del mio capo... ehm, cioè tu (?)»
    Rispose, per poi sfumare la frase con una leggera risatina.
    «Devi avere parecchio sangue freddo, comunque. Te lo invidio un sacco, vorrei poter mantenere la calma anch’io così. Chissà, magari con la pratica nel corso del tempo ci riuscirò.»
    Sangue freddo.
    Shinjiro Aragaki.
    Sì, come no.
    Finché non fosse venuto a conoscenza del Quirk dell’altro, magari.
    Ascoltò attentamente la risposta di Shinjiro sul come si rapportava con i dipendenti nel momento in cui combinavano qualche guaio: i ragionamenti che faceva avevano tutti un filo logico ferreo e delineavano, nel complesso, una mentalità intelligente.
    Intelligente, serio, placido, indipendente e molto attento: per ora queste erano le impressioni che gli aveva dato Shinjiro. Che fossero corrette o meno, lo avrebbe capito col tempo.
    «Certo! Mi farebbe molto piacere imparare questi trucchetti, per me sarebbe utilissimo~»
    Esclamò, mostrandosi particolarmente entusiasta all’idea, ed effettivamente era così: non dovette fingere alcuna reazione, imparare a cuocere la carne in maniera ottimale era davvero un suo desiderio.
    Arrivarono finalmente al bar e presero posto presso uno dei tavolini liberi. Anche in quel locale dominavano luci a neon di colore rosso che illuminavano entrambi i ragazzi, ricreando un’atmosfera piacevole e rilassante.
    Lasciò che fu Shinjiro a scegliere dove sedersi per primo, e notò che questo si sistemò sulla sedia davanti al muro. Curioso, che da quella posizione si sentisse più sicuro? O magari gli piaceva tenere sotto controllo la situazione? O semplicemente era andato a caso; in qualsiasi di queste possibilità, Hayato si sarebbe seduto comunque di fronte a lui.
    «Io?»
    Domandò, retorico, quando Shinjiro gli chiese un consiglio. Hayato recuperò il menu e lo lesse per bene, portando la lingua all’angolo della bocca: sembrava si stesse veramente impegnando per decidere il cocktail, manco fosse una questione di vita o di morte.
    «Ah, sì, lo fanno~»
    Esclamò. Aveva consultato il menù non perché non conoscesse i cocktail - ovviamente - ma per vedere se c’era quello che aveva pensato per Shinjiro.
    «Ti consiglio uno Strawberry Sakè Cocktail. Hai detto che ti piace il Sake, giusto? Qui c’è succo di fragola, che ha una nota prettamente dolce, succo di yuzu, che bilancia perfettamente con il suo sapore aspro, ed infine Sakè. Pensi possa piacerti?»
    Domandò, chiedendosi se il drink in questione potesse fare al caso per Shinjiro: non sapeva se preferiva cocktail aspri o dolci, quindi aveva optato per una via di mezzo.
    «Comunque, su questo sono d’accordo con te. Sai, i cocktail mi piacciono moltissimo ma spesso e volentieri preferisco bermi una bella birra ghiacciata o del sakè freddo.»
    Parte dei giapponesi consumava il sakè caldo, ma per Hayato era del tutto inconcepibile: chissà come la pensava Shinjiro.
    Poteva capire il Vigilante meglio di quanto credesse: nemmeno lo studio aveva mai fatto per lui. Lo stress di affrontare esami, dover lavorare e studiare contemporaneamente, non essere nemmeno sicuro al cento percento di trovare poi un lavoro che fosse all’altezza del titolo di studi... no, Hayato aveva sempre ricercato molta più sicurezza dalla vita.
    Seguì lo sguardo di Shinjiro, cosicché questo finì su un gruppo di giovani ragazzi che sembravano divertirsi.
    Ad eccezione di uno.
    No, quel ragazzo non si stava divertendo affatto e sembrava proprio che lo stessero prendendo in giro.
    Hayato non riuscì a sostenere troppo a lungo quella scena, con gli occhi.
    Li distolse velocemente dai ragazzi, ma senza guardare subito Shinjiro in volto: al contrario, lo sguardo del biondino si posò sul tavolo e divagò nel vuoto, per qualche secondo.
    Intrecciò le dita delle mani fra loro e le posò sul tavolo, deglutendo e tentando di riprendere il suo solito brio.
    Per quanto tempo fosse passato, Hayato non si era mai abituato alle scene di bullismo, quelle che aveva vissuto sulla propria pelle per così tanti anni. Lo turbavano, lo facevano sentire insicuro e, ogni volta che poteva, cercava di ignorarle: gli portavano alla mente ricordi troppo brutti.
    «Sì, hai ragione!»
    Disse, scuotendo il capo e tentando di sopperire a quell’improvviso momento di incertezza.
    «Mi piacciono un sacco gli animali! Non ne ho di miei però do sempre da mangiare ai gatti che si posano sui cornicioni e sui tetti che si trovano di fronte al mio balcone. Ho una scorta di cibo in scatola davvero grande. A te piacciono i gatti?»
    Disse, riprendendo il suo solito sorriso.
    «Ah, in effetti ho notato che all’esterno del locale ci sono delle ciotole... anche tu dai da mangiare ai randagi? Hai un animale tutto tuo?»
    Domandò, posando il mento sui palmi delle mani, come se fosse molto interessato di sapere se a Shinjiro piacessero gli animali quanto a lui (e soprattutto se preferisse i gatti, come lui).
    Chissà nel frattempo che cosa ne era stato del ragazzo del gruppo poco distante da loro. Hayato era tentato di voltarsi, di nuovo, ma qualcosa gli diceva che se l’avesse fatto avrebbe rischiato di mostrarsi di nuovo titubante.
    Da lì a poco sarebbe arrivato il cameriere per prendere le ordinazioni: se Shinjiro avesse acconsentito allo Stawberry Sakè Cocktail o se avesse preso un altro, Hayato avrebbe comunque scelto un cocktail a base di Assenzio con infusione di erbe aromatiche.


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    « Beh, è solo questione di abitudine... ci farai il callo e a quel punto riuscirai a rilassarti anche tu. Personalmente i miei momenti preferiti della giornata sono quando ho pochi clienti e posso cucinare con calma davanti al bancone e fare quattro chiacchiere. L'atmosfera è un sacco rilassante e si fanno conoscenze interessanti... ovviamente succede solo appena aperto o vicino alla chiusura, di solito.» commentò alle parole di Hayato.
    « Nnrggf»
    Alle sue successive parole si fece sfuggire uno strano verso, una via di mezzo tra un colpo di tosse e una risata subito soffocata.
    Tra tutti i modi di dire, aveva usato proprio quello?
    « Sì esatto.» confermò, senza aggiungere altro.
    Alla risposta entusiasta di Hayato rispose con uno dei suoi rari sorrisi, animandosi un po' anche lui. Quell'entusiasmo era genuino, riusciva a percepirlo, non lo aveva detto tanto per dire o per assecondarlo, e ne era sinceramente felice. Avrebbe potuto ritrovarsi ad assumere qualcuno a cui interessava solo fare il minimo indispensabile e non combinare guai, invece Hayato sembrava voler fare sinceramente del suo meglio e volersi migliorare innanzitutto per sé stesso e non solo per mantenere il lavoro.
    Arrivati al locale presero posto, ancora ignaro di come l'altro stesse praticamente analizzando ogni sua mossa, e lo lasciò a scegliere un drink per lui.
    La proposta lo fece riflettere un attimo.
    « Sì, perché no, prenderò quello.» annuì, c'erano diverse marche di sake fruttati, magari sarebbe stato qualcosa di simile con un contrasto di sapori un po' diverso.
    Sicuramente non poteva essere più strano come sapore del famigerato gelato all'anguilla che aveva mangiato quel pomeriggio con Hamuko.
    E per la cronaca sì, Shinjiro beveva il sake sia freddo che caldo. In inverno era un po' una tradizione non diversa dal vin brule' in occidente, e aveva imparato da suo padre a berlo con determinati piatti con cui andava particolarmente bene.
    Quando distolse lo sguardo dal gruppetto di ragazzi notò che Hayato sembrava aver fatto lo stesso, e ora aveva assunto per un attimo un'aria un po' inquieta. Aveva visto anche lui la scena e qualcosa lo aveva messo a disagio?
    Difficile dirlo, perché dopo un attimo ritornò a parlare come prima.
    Oh, quindi gli piacevano gli animali?
    « Sì, se avanza della carne o del pesce la do' a un gruppo di gatti randagi nei vicoli dietro il locale, ormai mi conoscono... e le ciotole sono sempre a disposizione, soprattutto d'estate. »
    Alla domanda sui gatti si lasciò sfuggire un sorrisetto. Eh. La sua relazione coi gatti era... particolare.
    « I gatti non mi dispiacciono, ma quelli con cui ho avuto a che fare erano sempre un po'... appiccicosi. Ti è mai successo che ti saltano addosso e non si schiodano dalle tue ginocchia per tutta la sera, pretendendo carezze tutto il tempo? Ecco, quello. Mi succede in continuazione.» commentò.
    Se avesse saputo qualcosa in più sul comportamento dei gatti, avrebbe fatto il collegamento con il fatto che probabilmente lo facevano semplicemente perché spesso e volentieri tendeva a coincidere con l'essere il punto più caldo in una stanza, con l'ulteriore bonus di fornire anche un cuscino più morbido di una stufa e il dispensare grattini.
    Quello la stufa non lo faceva, per quanto calda.
    Aveva sempre dato semplicemente per scontato che fossero gatti piuttosto affettuosi, o banalmente che sentissero qualche traccia di cibo che gli rimaneva addosso sui vestiti e quello li portava a spalmarglisi addosso.
    « Però preferisco i cani, lo ammetto... ne ho uno da qualche mese, vuoi vederlo?»
    Avrebbe tirato fuori il telefono in ogni caso, anche perché chi diceva di no a voler vedere foto di cagnolini, soprattutto se erano una nuvoletta perfetta, educata e intelligente di bianca sofficiositá come Ikiru?
    Se Hayato avesse accettato gli avrebbe fatto qualche foto fino all'arrivo del cameriere.
    Il cagnolino era ormai cresciuto abbastanza e gli arrivava al ginocchio al garrese. Secondo il veterinario era ancora troppo giovane per aver già raggiunto la taglia adulta definitiva, ma sarebbe cresciuto al massimo di qualche altro centimetro, non di più.
    All'arrivo del cameriere avrebbe confermato l'ordine proposto da Hayato, mettendosi poi ad aspettare. Nel silenzio che seguì dopo un po' mentre parlavano, non riuscì a trattenersi e lanciò un'altra occhiata al gruppetto di prima, cercando di carpire qualche altra informazione su cosa stava succedendo, per poi riportare lo sguardo su Hayato quando arrivarono i drink.
    Prese un sorso dal suo cocktail, come descritto dall'altro era particolare ma non gli dispiaceva, come sapore.
    « Li conosci per caso?» chiese dopo un attimo a bassa voce, indicando il gruppetto con un cenno vago del capo. Era la prima cosa che gli era venuta in mente per spiegarsi quel disagio, forse aveva riconosciuto qualcuno nel gruppo e non sapeva cosa fare?
     
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    Anche Shinjiro, proprio come lui, si dimostrò essere amante degli animali: confessò che le ciotole apposte al di fuori del locale erano proprio per randagi, gatti randagi, per l’esattezza, proprio come i suoi.
    Quell’affermazione non poté che indurlo a piegare le labbra in un sorriso, come se fosse felice che anche Shinjiro si dedicasse ad opere di bene simili a quelle che praticava lui.
    Gli animali, per Hayato, erano esseri speciali, gli unici che non l’avrebbero mai e poi mai giudicato o ferito.
    «Sì, certo che mi è successo! Aw, sono così carini, a me piace un sacco quando mi si inchiodano addosso per le coccole. Sai, ho sempre pensato di essere un ‘privilegiato’ quando un felino mi sceglieva per le carezze, dato che sono animali abbastanza selettivi.»
    Spiegò, particolarmente entusiasta. Avrebbe potuto carezzare un gatto per ore senza stancarsi, per non parlare del fatto che il suono delle fusa era così rilassante.
    «Certo che voglio vederlo, sono curiosissimo!»
    Esclamò, applaudendo a vuoto, in attesa che Shinjiro gli mostrasse il display del suo telefono con le foto interessate: si trattava di un bellissimo cagnolone dal manto candido e bianco. Dalle foto sembrava parecchio simpatico e anche abbastanza grosso.
    «Ma è stupendo!»
    Disse, strizzando per bene gli occhi sulle foto, rischiando quasi di finire con la faccia nello schermo.
    «È una femmina o un maschio? Com’è di temperamento? Segue una dieta particolare? Il pelo sembra meraviglioso, scommetto che gli dai soltanto croccantini di qualità~»
    La qualità e la lucentezza del pelo erano indice di salute e benessere dell’animale: il manto di Ikiru sembrava splendido.
    Dopo aver ordinato, i due cocktail non tardarono ad arrivare: avendo ordinato una bevanda a base di assenzio, quello di Hayato era particolarmente forte ma il biondino non sembrava affatto accusare l’alto grado alcolico.
    Al contrario, però, sembrò accusare la vista di quel gruppo di potenziali bulletti, che lo mise in evidente difficoltà.
    Il vigilante dovette accorgersi che Hayato aveva avuto un attimo di disagio, dato che gli aveva chiesto se li conosceva. Il biondino, quindi, avrebbe scosso la testa leggermente.
    «No, non li conosco...»
    Disse, tenendo il tono di voce basso.
    «Però...»
    Si voltò di nuovo verso il gruppo e notò che questa volta quel povero ragazzino era stato direttamente preso di mira, dal momento che si erano voltati tutti in sua direzione e ridevano in maniera cattiva di lui. Da lì non riusciva a capire di che cosa stessero parlando, sembravano fare riferimento a Quirk o qualcosa di simile.
    «Ci sono passato anche io, quando ero più piccolo... non è bello.»
    Decise di rispondere all’altro con totale sincerità, scoprendo qualsiasi artificio ci fosse sulla sua faccia e mostrando una semplice espressione umana che lasciava trasparire una certa tristezza.
    Se voleva fare amicizia con Shinjiro e portare avanti egregiamente la missione, avrebbe dovuto diventare suo amico in tutto e per tutto, il che significava non mentire ed essere quanto più trasparente possibile. Il Vigilante sembrava un ragazzo sveglio e intelligente: se Hayato avesse mostrato la sua solita personalità statica, difficilmente l’altro si sarebbe aperto con lui.
    «Pensi che dovremmo fare qualcosa o ci facciamo i fatti nostri?»
    Erano ragazzi, alla fine, avrebbero potuto sbrigarsela da soli ma... si sarebbero mai resi conto che il loro atteggiamento era sbagliato? Probabilmente no. Sarebbe stata curiosa la risposta di Shinjiro, a quel punto.
    «A te— sì, a te è mai successo di esser preso di mira da un gruppo di bulli?»
    Domandò, desideroso di sapere se Aragaki potesse essergli vicino anche in quello, oltre che per l’amore per gli animali. Mentre parlavano, comunque, i toni dall’altra parte della sala si facevano sempre più sguaiati e non promettevano granché di buono per quel poverino.


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    Come al solito le foto di Ikiru furono un successone: come si poteva resistere a quel muso dopotutto?
    Ne fece vedere un po', la maggior parte foto singole del cane ma con in mezzo anche qualche selfie insieme allo stesso Shinjiro, generalmente al parco o sul divano.
    Delle foto in successione in particolare ritraevano il cane intento a staccare il braccio al peluche di un clown dai capelli rossi, per poi fissarlo tutto triste nella foto successiva.
    Una terza foto concludeva la tragica storia ritraendo Ikiru che fissava scodinzolante il peluche con il braccio ricucito alla bell'e meglio.
    « È un maschio, si chiama Ikiru... è con me da qualche mese, era un randagio che vedevo spesso qui nei dintorni e ho deciso di adottarlo quando me lo sono ritrovato davanti in un rifugio per cani abbandonati. Diete particolari...no, non credo. Gli do quello che mi ha suggerito il veterinario.» rispose, dopo un attimo di esitazione.
    Doveva dirlo che ogni tanto cucinava appositamente per lui...?
    Non sapeva se Hayato lo avrebbe trovato divertente o troppo strano.
    Dopo l'arrivo dei drink passarono un po' di tempo a bere in silenzio, finché il discorso non tornò sulla scena lì di fianco.
    Dopo qualche attimo, Hayato confessò che era stato vittima di atteggiamenti simili da giovane. Il cuoco lo fissò con una punta di sorpresa, dal suo carattere solare e aperto non se lo era aspettato, ma era anche tristemente vero che quello del bullismo fosse un enorme problema, in Giappone.
    « Mi spiace, spero le cose vadano meglio ora.» non voleva essere così sfacciato da chiedere per cosa era stato bullizzato, anche perché il motivo non aveva poi tutta questa importanza: spesso era solo una scusa.
    Inizialmente non rispose alla domanda dell'altro su cosa fare, dando forse l'impressione di voler ignorare la cosa, quando invece si stava sforzando per cogliere qualche stralcio di conversazione. Ormai sembrava comunque piuttosto evidente che non erano semplici scherzi di amici: non stavano ridendo con qualcuno, ma di qualcuno. Riuscì a cogliere la parola "Quirk", e quello gli strappò un mezzo sospiro rassegnato mentre si voltava di nuovo verso il suo bicchiere e Hayato.
    ... perché si tornava sempre lì?
    La domanda dell'altro lo colse un po' impreparato, e lo fissò in silenzio per qualche attimo. Era parso piuttosto esitante nel farla... forse sperava di aver trovato qualcuno che capisse cosa aveva passato?
    In quel caso, avrebbe dovuto "deluderlo".
    « ... non mi è mai successo, no.» rispose, con una punta di disagio, quasi sentendosi in colpa a dovergli dire che no, non aveva mai subito nulla di simile.
    Anche quando era piccolo e aveva sviluppato per la prima volta il quirk, non era mai stato davvero preso in giro a riguardo, nonostante fosse conosciuto un po' come "il bimbo a cui sale la febbre" non era mai stato fatto con malizia, in questo era stato fortunato. Il risentimento che aveva provato verso il suo quirk in quel periodo era venuto completamente da sé stesso, ma le cose erano cambiate pian piano con il tempo.
    Tornò poi con lo sguardo verso il gruppetto, tamburellando con il dito sul bordo coperto di condensa del bicchiere.
    Dovevano intervenire? Avvicinarsi e intimare loro di piantarla?
    Fossero stati nel suo locale si sarebbe sentito perfettamente autorizzato a sbatterli fuori personalmente senza problemi(e a proposito, il barista che stava facendo?), ma lì voleva evitare di sollevare un polverone o ancora peggio rischiare lo scoppio di una rissa tra ubriachi che poteva degenerare in peggio fin troppo facilmente.
    Prese un altro sorso pensieroso, poi incrociò lo sguardo di Hayato e venne colto da un'idea.
    «... ti va di reggermi il gioco?» chiese improvvisamente, poi si alzò.
    Afferrò il bicchiere ancora mezzo pieno nella mano destra mentre con la mano sinistra si massaggio' il collo indolenzito un paio di volte, per poi avviarsi verso il gruppetto con la sua tipica camminata un po' ricurva, ancora più accentuata dal doversi muovere in uno spazio ristretto come quello.
    « Ehiiii!» chiamò allegramente rivolto al ragazzo preso di mira, portando lui e tutto il gruppo a girarsi nella sua direzione.
    Lo fissarono un po' tutti confusi, soprattutto quando si avvicinò e posò la mano libera sulla sua spalla, portando il ragazzo a fissarlo per un attimo (comprensibilmente) tra il perplesso e lo spaventato.
    « Non mi avevi detto che uscivi stasera, o ci saremmo uniti anche io e il mio amico...» commentò nello stesso tono allegro, prima di rivolgere un gran sorriso al ragazzo che aveva sentito ridere per primo.
    « Allora... vi ho visti ridere giusto ora. Di che stavate parlando con il mio fratellino di tanto divertente?» chiese.
    Il fatto che lui e il ragazzo non si somigliassero affatto, in una società come quella dei quirk, non voleva dire granché, per fortuna.
    Mentre parlava, continuò a tenere una mano sulla spalla del ragazzo; lo sentiva tremare leggermente... se per il nervosismo o altro, non poteva saperlo.
    Con la scusa di prendere un sorso dal bicchiere si mise un po' più dritto, continuando a osservare il ragazzetto che sembrava il "capo" dall'alto in basso.
    Nel notare l'ora evidente differenza di stazza ci fu un brevissimo lampo di incertezza nel suo sguardo.
    « Allora? Fate ridere anche me, avanti. O vuoi dirmelo tu, fratellino?» chiese, lanciando un'occhiata al ragazzo di cui si stava in teoria improvvisando "fratello maggiore".
    Quello scosse solo la testa, lo sguardo basso e il viso rossissimo.
     
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    Annuì vistosamente rispetto alla risposta di Shinjiro riguardante Ikiru: era felice di sentire che fosse stato adottato, Hayato non riusciva proprio a spiegarsi come fosse possibile acquistare cani o gatti con tutti quelli che avevano bisogno di estremo aiuto, vivendo per strada ed essendo sottoposti a tutta una serie di spiacevoli intemperie.
    Si strinse leggermente nelle spalle, quando Shinjiro gli disse che sperava che le cose andassero meglio, mostrandosi leggermente imbarazzato ma anche tenero. Non era semplice per lui parlare di quell’argomento, eppure era comunque entusiasta di riuscire ad essersi aperto con Shinjiro almeno un minimo: doveva ricevere fiducia, ma anche dargliela, altrimenti avrebbe ottenuto poco e niente.
    «Sì, adesso va molto meglio, grazie.»
    Si limitò a dire, quindi, convinto che fosse meglio non proseguire con quel discorso. Col tempo Hayato era riuscito a trasformare il suo Quirk, prima alquanto inutile, in un’arma potenzialmente letale: c’erano ben poche cose su cui i suoi bulli del passato potessero continuare a tormentarlo.
    Si limitò semplicemente a fare un cenno col capo, quando Shinjiro gli disse che non aveva mai subito episodi di bullismo. Era stato davvero fortunato, oppure il suo carattere era sempre stato tanto serio da non permettere agli altri ragazzi di prendersi gioco di lui; probabile che fosse uno dei tipici ragazzi silenziosi - ed a tratti spaventosi - che non venivano presi da mira dai bulli.
    «Reggerti il... gioc—»
    Non fece in tempo che Shinjiro si era già alzato, tutt’intenzionato a dirigersi verso il gruppo di ragazzini.
    Aveva deciso di intervenire?
    Hayato non si mosse subito, ma nei primi secondi si limitò a fissare il Vigilante con aria alquanto allucinata.
    Stava davvero andando lì per difendere quel ragazzino dai bulli?
    Inutile dire che quella mossa, agli occhi di Hayato, apparve immensamente positiva e non poté che far accrescere nei confronti di Shinjiro un lieve senso di... ammirazione.
    Senza neanche accorgersene, il biondino si ritrovò a sorridere, prima di alzarsi e di raggiungere l’altro, che intanto aveva già iniziato il suo show: di sicuro Hayato non sarebbe stato da meno.
    «Ciao bimbi~»
    Spuntò tra due dei bulli, infilandosi in mezzo e oltrepassandoli, per poi poggiare beatamente il fondoschiena sul tavolo dei ragazzetti e accavallando una gamba sull’altra, in maniera estremamente sicura e disinvolta, scrutandoli uno ad uno con un sorriso stampato sul volto.
    Shinjiro, intanto, aveva già domandato di cosa stessero parlando ma ci volle un po’ di tempo per ottenere una risposta: la comparsa dei due li aveva improvvisamente zittiti e straniti per cui, prima di aprir bocca, si guardarono con aria interrogativa.
    «F-Fatevi gli affaracci vostri.»
    Balbettò uno, facendo un passo in avanti. Erano quattro, in tutto, più il ragazzino che Shinjiro teneva ormai sotto la sua ala.
    «Perché? Siamo semplicemente curiosi. Siete stati voi ad alzare i toni, dovevate aspettarvi di attirare l’attenzione. Mi sbaglio?»
    Incalzò Hayato, come per metterlo con le spalle al muro, ma alla fine intervenne un altro.
    «Quel fallito lì non ha un Quirk, gli stavamo facendo capire quale fosse il suo ruolo nella società.»
    Disse un ragazzo che doveva avere più o meno la stessa età del primo.
    «E quale sarebbe?»
    Chiese, quindi, Hayato, aguzzando lo sguardo.
    «Beh, fare da secchio dell’immondizia, no?»
    A quel punto scoppiarono tutti e quattro in una fragorosa e intensa risata, ma il biondino no. Sotto sotto gli faceva male sentire quelle parole, per un attimo gli parve di fare un tuffo nel passato: nonostante ciò, non poteva darlo a vedere. No, erano andati lì per aiutare quel ragazzino e non avrebbe esitato neanche per un istante.
    Mise da parte qualsiasi pensiero fosse legato al proprio passato, tirando un profondo sospiro e incrociando le braccia al petto.
    «Che seccatura che siete. Perché si deve sempre ridurre tutto ai Quirk? Non avete altro di cui parlare? Vi sentite così rappresentati dalle vostre Unicità da non poter esprimere niente senza di esse? La trovo una cosa abbastanza triste: onestamente pensavo che si stesse parlando di qualcosa di più interessante.»
    Sbuffò, a quel punto, scocciato, per poi volgere lo sguardo a Shinjiro.
    «Scusami, a quanto pare la discussione è una noia mortale, avevo sentito male: siamo semplicemente di fronte ad un gruppo di ragazzi senza contenuti. Sei d’accordo con me?»
    Domandò al Vigilante, quindi, per poi fare un occhiolino al ragazzino che fino a poco prima era stato vittima di bullismo.


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    Hayato si strinse nelle spalle in risposta al suo commento. Per quel poco che lo conosceva, Shinjiro lo aveva comunque sempre visto o completamente concentrato sul suo lavoro o al contrario con un sorriso tranquillo e rilassato sul viso. Quell'espressione quasi... di scuse e imbarazzo gli era nuova. Era evidente che quell'argomento doveva averlo influenzato parecchio all'epoca, anche se ora sembrava essere acqua passata.
    « Meglio così.» si limitò a commentare. E Hayato non poteva averne idea, ma aveva azzeccato in pieno la descrizione di Shinjiro più giovane (non che ora la situazione fosse poi tanto diversa); se nessun bullo aveva mai cercato di prenderlo di mira ai tempi della scuola, era perché non aveva mai dato loro nulla su cui appigliarsi.
    ... quello, e la pubertà che lo aveva fatto letteralmente esplodere improvvisamente in altezza e superare nettamente tutti i suoi compagni per buona parte della sua carriera scolastica aveva indubbiamente aiutato.
    Il ragazzo parve preso di sorpresa dal suo gesto improvviso, a giudicare dalle sue parole. Voltandogli le spalle dopo essersi alzato, Shinjiro non vide l'espressione con cui Hayato si era soffermato ad osservarlo.
    Se lo avesse fatto, probabilmente si sarebbe reso conto che quel bullismo che l'altro aveva subito doveva averlo influenzato molto più in profondità di quanto volesse dare a vedere, se reagiva a quel modo a qualcuno che decideva di intervenire.
    Nel vederlo avvicinarsi così improvvisamente, il gruppetto di ragazzini era rimasto piuttosto confuso, ma si ripresero poco dopo che, come sperava, anche Hayato si fu infilato nella discussione... più o meno letteralmente, da come era sgusciato in mezzo al gruppetto. In tutta sincerità non sapeva se trovare quel "Ciao bimbi~" divertente o vagamente inquietante, anche se protendeva più per la seconda, forse per l'età dei soggetti a cui era rivolto.
    O forse per il simboletto alla fine che ricorda Hisoka
    Uno dei ragazzi si decise finalmente a rispondere, seppur con aria un po' titubante.
    « Beh, credo siano affaracci anche miei, no?» ribatte' in risposta, lasciando poi spazio ad Hayato.
    Che non sembrò cavarsela malissimo, stemperando il tentativo dei ragazzi di abbattere di nuovo la loro "vittima" con una nuova risata. Nel sentirli ridere il ragazzo che stava ancora tenendo per la spalla ebbe un leggero fremito ma continuò a tenere lo sguardo basso senza reagire. Era evidente che, in un certo senso, doveva esserci abituato.
    Per quei ragazzi non contava che tipo di persona era quel ragazzino, che passioni aveva, l'importante era trovare qualcosa su cui sentirsi superiori, fosse anche qualcosa su cui non si aveva il minimo controllo.
    Prendere qualcuno in giro per il quirk era come prendere in giro qualcuno perché doveva portare gli occhiali.
    ... che non era l'esempio più felice possibile visto che effettivamente succedeva anche quello in probabilmente qualsiasi scuola elementare.
    Provò una punta di frustrazione mista a rabbia e assottiglio' lo sguardo verso il gruppetto di ragazzini, inizialmente senza rispondere alla domanda di Hayato.
    No, doveva mantenere la calma. Erano solo un gruppetto di ragazzi del liceo, dopotutto. Ma non poteva fare a meno di pensare che, tempo qualche anno, e sarebbero potuti finire a lavorare in qualsiasi ufficio a continuare sottilmente la loro discriminazione.
    Magari "guarda caso" dando i lavori più pesanti ad un dipendente solo perché Quirkless, o "guarda caso" promuovendo qualcuno dotato di Quirk al loro posto, quando la presenza o meno di una unicità non doveva influenzare in nessun modo il loro lavoro.
    Era uno dei motivi per cui mal sopportava così tanto la "glamourizzazione" dei Quirk che, anche involontariamente, mettevano in atto i Pro-Hero e i media, semplicemente mettendoli continuamente sotto i riflettori.
    « Se questa è la cosa peggiore su cui riuscite a prenderlo in giro, è un sollievo! E io che mi stavo preoccupando avesse fatto qualche stronzata davvero imbarazzante.» ribatte' infine, portando il ragazzetto a lanciare prima a Hayato e poi a lui (un po' difficile, vista la posizione) un'occhiata esitante, come se fosse sorpreso che qualcuno lo stesse effettivamente aiutando.
    « Hai completamente ragione, andiamocene. Ho un paio di ore libere e non voglio certo sprecarle a questo modo.» sentenzio', trascinandosi poi via il ragazzetto dal gruppo, facendosi strada con una spallata nemmeno troppo gentile.
    Finì l'ultimo sorso del drink e lo posò al bancone mentre si dirigeva verso l'uscita, rivolgendosi poi al barista con un cenno.
    « Lo metta sul conto di quel gruppo laggiù, hanno detto offrono loro.» commentò, prima di uscire dal locale.
    Beh, non era durata granché, ma doveva ammettere che dopo quella scena gli era un po' passata la voglia di stare seduto lì dentro. Il drink non era stato affatto male però.
    Lasciò la presa sul ragazzino e si appoggiò al muro di fianco al locale, mani infilate in tasca.
    Il ragazzino continuò a fissarsi le scarpe, indeciso, evitando lo sguardo di entrambi.
    « G- grazie... non era mai intervenuto nessuno fino ad ora.» sussurro' a mezza voce.
    Quindi come pensava non era la prima volta che succedeva.
    Il cuoco sospirò, cercando come aiutarlo in qualche modo senza ridursi a frasi fatte che suonavano vuote.
    « Quindi è già successo altre volte? Io inizierei con il cambiare giro di conoscenze.» disse dopo un attimo, provocando una smorfia nel ragazzo.
    « Sono compagni di classe... e se non faccio cosa dicono hanno minacciato di annunciarlo a tutta la scuola... mi prenderanno in giro ancora di più.»
    La punta di rabbia che aveva provato sfumo' in una sensazione di... sconforto.
    Per un attimo non seppe cosa dire, e si voltò a fissare Hayato.
    « Forse dovresti parlargli tu...» disse dopo un attimo.
     
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    Shinjiro resse il proprio gioco veramente bene: nonostante apparisse così serio e rigido, in quell’occasione si dimostrò molto flessibile: recitare non era per tutti, l’aveva imparato col tempo e con la propria esperienza. Indossare una maschera era difficile, eppure il Vigilante aveva finto davvero bene di conoscere quel ragazzo... soltanto per proteggerlo.
    Interessante.
    Un atteggiamento ammirevole, ma anche interessante.
    Pian piano, agli occhi del biondino apparvero chiari i motivi per cui quel ragazzo aveva catturato l’attenzione di Hisoka. Eppure, c’era ancora qualche pezzo del puzzle che gli sfuggiva: che minaccia poteva mai rappresentare Shinjiro?
    «Ciao ragazzi, vi auguro di passare una bella serata e di trovare qualche argomento di conversazione più divertente~»
    Disse Hayato, seguendo Shinjiro e il ragazzino fuori dal locale, ridacchiando quando il Vigilante disse al bancone che avrebbe pagato il gruppo di bulletti da quattro soldi.
    Una volta fuori dal locale, Hayato assistette al breve scambio di battute tra i due, incrociando le braccia al petto e non potendo che provare empatia per quel povero ragazzino.
    Il suo sguardo spento, il tono di voce affievolito, gli insulti ricevuti a scuola quotidianamente, la consapevolezza di dover fronteggiare qualcuno ogni giorno... gli ricordavano così tanto lui.
    Approfittò che in quel momento Shinjiro non lo stesse guardando per abbassare per un attimo la propria maschera, piegando gli angoli della bocca verso il basso e mordendosi forte il labbro inferiore.
    Gli dispiaceva.
    Era triste.
    Per un attimo gli era sembrato di scorgere di nuovo quell’abisso per la prima volta.
    Quell’abisso che l’aveva inghiottito e che non l’aveva più lasciato andare, in nessun giorno e nessun momento della sua esistenza.
    «Che c’è, Hayato? Ti fa pena?»
    Il biondino spalancò improvvisamente le palpebre, mentre la voce preannunciava qualcosa di affatto positivo.
    «Ti ricorda te?»
    Continuò, e Hayato fece di tutto per ignorarla. Strinse forte i pugni, fino a graffiarsi le mani da solo, ma fece attenzione a non farsi vedere dagli altri due.
    «Tu sei ancora così. Non sei cambiato per niente. Sei un disastro, un fallimen—»
    «'Forse dovresti parlargli tu...’»
    Le parole di Shinjiro la fecero sparire.
    Non la sentì più.
    Non capitava, solitamente, che sparisse così velocemente.
    Meglio così.
    Doveva, comunque, mostrarsi di nuovo normale: alleggerì i muscoli del viso dal peso della contrattura imposta poco prima e rilassò le mani, per poi tornare a sorridere.
    Si bagnò velocemente le labbra, avvicinandosi poi al ragazzo e piegandosi leggermente: anche lui, come Shinjiro, era abbastanza alto, sebbene il Vigilante lo superasse di pochi centimetri.
    «Che lo annunciassero.»
    Esordì, fissando l’altro direttamente negli occhi.
    «Faglielo dire a tutti. Non puoi rimediare all’immaturità e alla stupidità altrui, per quanto tu ti sforzi non ci riuscirai.»
    Erano parole dure da buttar giù, se ne rendeva conto, ma erano anche quelle che riteneva più adatte.
    «Faglielo annunciare, tanto diventerà un’abitudine. Ne parleranno così tanto che si scocceranno di farlo, prima o poi, rendendosi conto da soli che si trattava di un qualcosa privo di senso, privo di importanza. Ogni notizia è destinata a diventare un’abitudine.»
    Continuò.
    «E non permettere a nessuno di dirti cosa puoi fare o non. Al giorno d’oggi avere un Quirk non serve granché: se non sei un eroe non puoi nemmeno utilizzarlo liberamente, pensa un po’.»
    Gli puntò, a quel punto, l’indice contro la testa.
    «È tutto qui dentro. Nella tua testa c’è la chiave per fare grandi cose e un giorno dimostrerai a quella banda di coglioncelli che sei riuscito a farcela anche senza un ‘Quirk’. Se il destino ha voluto che tu non ce l’avessi, c’è sicuramente un motivo dietro.»
    Tirò un profondo sospiro, quindi.
    «Va bene?»
    Domandò, sorridendo dolcemente. Avrebbe voluto tanto che alla sua età qualcuno gli dicesse quelle cose, ma purtroppo ciò non accadde mai. L’unica voce che sentiva, quand’era piccolo, era quella del demonio che covava dentro di sé, e che l’aveva distrutto.
    Il ragazzino annuì, con le lacrime agli occhi e, dopo aver ringraziato sia Hayato che Shinjiro, li salutò e si allontanò via correndo, coprendosi gli occhi con un braccio: evidentemente si era emozionato. Come dargli torto? Non era affatto facile incontrare due sconosciuti che lo proteggessero in quel modo.
    «Spero che sappia cavarsela... il mondo a volte è così cattivo.»
    Tornò in posizione eretta, incrociando le braccia e guardando poi Shinjiro.
    «Credi che riuscirà ad ignorarli?»
    Domandò al Vigilante, in tono un vagamente malinconico.


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    Dopo essersi voltato verso Hayato in cerca di aiuto si fece un po' da parte per non dare l'impressione di stare troppo addosso al ragazzo. E poi voleva dare ai due un po' di spazio. Fin da quando aveva visto il gruppetto Hayato gli era sembrato combattuto su cosa fare, e nonostante lo avesse un po' trascinato improvvisamente in quella situazione (ormai stava diventando un suo hobby, "trascinare persone in cose più o meno pericolose"), sentiva che lui fosse la persona migliore per aiutare quel ragazzino.
    Non sapeva per cosa era stato bullizzato, e improvvisamente realizzò che per quanto ne sapeva poteva benissimo essere per lo stesso esatto motivo: chi gli diceva in fondo che anche Hayato non fosse senza unicità? Il discorso dopotutto non era mai uscito, le ore di lavoro non erano esattamente il momento migliore per perdersi in chiacchiere in generale, figuriamoci su un argomento che lui non amava particolarmente e che per quanto ne sapeva anche chiunque altro come Hayato poteva trovare delicato.
    In ogni caso restò in ascolto delle parole del biondo, che sicuramente si espresse in modo migliore di come avrebbe potuto fare lui a riguardo.
    Forse stava ripetendo le stesse cose che erano state dette a lui, o forse erano cose a cui era arrivato anni dopo, quando ormai era uscito da quell'ambiente.
    Il ragazzo li ringraziò e corse via, e Shinjiro restò a fissarlo allontanarsi per qualche secondo, prima di riportare lo sguardo su Hayato.
    « ... non all'inizio, no.» disse infine. Non era mai stato il tipo da indorare la pillola, e spesso con i suoi clienti più fedeli, se gli parlavano di cose particolarmente delicate chiedendo la sua opinione a riguardo, risultava brutalmente onesto. Capire quando ascoltare e offrire semplicemente il proprio supporto e quando invece qualcuno voleva la tua opinione onesta era una delle piccole abilità che si sviluppavano in un lavoro a contatto con le persone come il suo.
    « Ma spero che quando si ritroverà di nuovo preso di mira, potrà almeno ripensare a questa sera.» aggiunse dopo un attimo.
    Gli ritornò in mente il discorso che aveva fatto con Desmond dopo il loro primo allenamento; forse quella sera aiutando quell'uomo non avevano fatto molto, non gli avevano impedito di venire malmenato di nuovo, magari perfino dagli stessi due individui per ripicca. Non poteva saperlo. Però almeno quell'uomo e quel ragazzino avrebbero saputo che almeno quella volta, qualcuno era stato dalla loro parte.
    Erano piccoli gesti come quelli che tendevano a lasciare il segno più di molti altri, anche nelle cose più banali.
    E come aveva detto sempre con Desmond: se poteva farlo... perché no?
    « Sinceramente non ho molta voglia di rientrare, dopo quella scena... e preferirei allontanarmi prima che scoprano di dover pagare due drink che nemmeno hanno bevuto extra.» sogghigno' dopo un attimo, staccandosi dal muro e avviandosi di nuovo lungo la strada, in realtà senza una meta ben precisa.
     
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    Shinjiro aveva ragione, quel ragazzino non sarebbe cambiato dal giorno alla notte: come aveva detto anche il Vigilante, Hayato sperava che almeno potesse ripensare all’esperienza vissuta quella sera e alle parole che gli aveva detto. Era strano pensare che probabilmente non l’avrebbe mai più rivisto: la sua strada e quella di quel povere studente bullizzato, per quanto potessero essere simili, si erano incrociate in un punto e si erano subito divise.
    Forse era meglio così.
    Forse era meglio che quel ragazzino avesse visto la strada di Hayato soltanto di sfuggita e che ne avesse presa una totalmente diversa.
    Una che non lo portasse ad un’agonia di disperazione e rabbia, oltre che di scelte sbagliate.
    Sarebbe riuscito a trovare la forza di abbattere i propri demoni e accettarsi così com’era?
    Hayato se lo augurava.
    «Oh, sì, infatti è meglio allontanarci, nemmeno io ho granché voglia di pagare.»
    Disse, ridacchiando in maniera timida, come se quella situazione gli fosse nuova e sconosciuta.
    Il biondino si sfilò dalla tasca il telefono, notando che si era fatto davvero tardi e che entrambi dovevano essere stanchi morti.
    Era stata una serata piacevole e Hayato sentiva di aver fatto un passetto in più verso Shinjiro.
    Ed è proprio così che doveva proseguire.
    Un passo alla volta, lentamente.
    Conoscendolo meglio, infatti, Hayato iniziava a capire che, probabilmente, Shinjiro doveva essere un tipo molto sveglio e attento, molto più di quanto credeva inizialmente.
    Per di più, non gli pareva affatto stupido o impreciso, anzi, più passava il tempo più gli dava l’impressione di avere una mente assai acuta.
    Insomma, quel primo incontro serviva semplicemente a tentare di avere un’idea dell’altro leggermente più chiara, di certo non avrebbe già iniziato a fare domande invadenti e raccogliere informazioni scomode.
    No, non era così che doveva operare, in quel caso.
    «Direi che possiamo anche tornare a casa, a questo punto... sono stanco morto e immagino lo sarai anche tu.»
    Disse, abbastanza sicuro che per Shinjiro fosse lo stesso.
    «È stata una bella serata, mi ha fatto piacere uscire.»
    Continuò, sollevando gli angoli della bocca in un sorriso dolce.
    «Non mi capita spesso, purtroppo non ho tanti amici... ma questo non ti interessa, scusami.»
    Si corresse subito, scuotendo il capo vistosamente per poi massaggiarsi lentamente le tempie, come se la stanchezza non lo stesse più facendo ragionare bene.
    «Allora ci vediamo domani? Se hai bisogno di qualsiasi cosa inviami pure un messaggio e, prima di arrivare al locale, la compro senza problemi~»
    Rivolse a Shinjiro un altro sorriso, stavolta così ampio che costrinse le palpebre a chiudersi.
    La compagnia di Shinjiro era piacevole, per fortuna doveva spiare lui e non qualcuno di molto più antipatico e rozzo... sì.
    Era una compagnia davvero gradita.


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