FAZIONEExp: 100
Livello: 2
Energia: 100
Forza: 25
Quirk: 33
Agilità: 17
Peso Trasportabile: [0/4]
Scheda
Se c’era qualcuno che Akahito odiava particolarmente, ad eccezioni degli assassini, erano gli spacciatori.
Quel luridi bastardi se ne giravano per Tokyo a vendere chissà quali sostanze senza curarsi dell’età dei propri acquirenti, talvolta cedendole anche a ragazzini che quasi non avevano la capacità di intendere o di volere, per immaturità o per avere la colpa di essere semplicemente imbecilli.
Gli era capitato in più occasioni di imbattersi in individui del genere: a volte le aveva prese di santa ragione, altre volte era riuscito a dar loro una lezione. In ogni caso, Akahito non avrebbe mai e poi mai desistito dal tentare di eradicare quelle luride erbacce dalle strade di Tokyo, per quanto il proprio contributo potesse risultare minimo.
Tutto ciò per dire che quella sera il nostro Vigilante dagli occhi smeraldini si era messo sulle tracce di un criminale adocchiato in un locale diverse ore prima, un tizio alto e dai lunghi capelli scuri che portava con se una borsa tutt’altro che normale: l’aveva visto spacciare con i propri occhi ma, a causa della folla, non era riuscito ad intervenire come avrebbe voluto.
L’idea migliore, quindi, sarebbe stata quella di seguirlo finché non avesse avuto la possibilità di tendergli un agguato: poteva essere pericoloso, sì, magari quel tizio era ben più potente di lui, ma ad Akahito poco fregava. Finché aveva fiato nei polmoni, avrebbe rotto le palle fino all’ultimo istante.
Seguì il losco individuo in un vicolo, tentando in tutti i modi di non farsi notare: difficile, dato che indossava una gigantesca maschera di Cinghiale sulla testa, un pantalone corto blu e dei semplici sandali. Chiaramente il torso era nudo.
Benché iniziasse a fare fresco, soprattutto la sera, Akahito non riusciva proprio a sopportare la sensazione del calore prodotto dagli abiti sul proprio corpo (calore superfluo, tra l’altro, dato che la propria temperatura basale era più alta della media).
Nonostante la stravaganza del proprio aspetto, comunque, Akahito tentò in tutti i modi di nascondersi dietro bidoni, tubature, qualsiasi cosa potesse garantirgli una copertura nel caso in cui lo sconosciuto si fosse inavvertitamente voltato in sua direzione.
Riuscì a tenerlo sott’occhio finché l’uomo non imboccò una strada principale: benché Tokyo fosse molto meno affollata rispetto a prima, quella sera c’erano comunque persone per strada e... indovinate un po’? Akahito lo perse.
O almeno in parte.
Già, perché alla fine riuscì a mettere di nuovo gli occhi su di lui.
Un uomo alto e dai lunghi capelli scuri che si portava dietro una borsa.
Che però non era uno spacciatore. No.
Era il povero Desmond.
Convinto di aver ritrovato il proprio spacciatore, Akahito si rimise sui suoi passi, finché l’uomo non prese una stradina secondaria e abbastanza isolata: era l’occasione perfetta per attaccarlo.
Se avesse aspettato ancora, probabilmente il Vigilante non avrebbe fatto altro che rischiare di perderlo di nuovo e non poteva affatto permetterselo. No, quel bastardo non l’avrebbe passata liscia, Akahito non l’avrebbe lasciato andare finché non l’avesse conciato per le feste.
Akahito saltò su un grosso bidone dell’immondizia, proprio davanti a Desmond, per poi puntargli contro il dito.
«HEY, PEZZO DI MERDA, FERMO LÌ!»
Esclamò. Desmond si sarebbe ritrovato davanti un ragazzino con la testa di cinghiale che sarebbe potuto sembrare tranquillamente un Mutant-cinghiale.
«LA TUA VENDITA ILLEGALE STA PER TERMINARE, ADESSO TI GIUSTIZI—-»
Non fece in tempo a finire la frase che il coperchio del secchio dell’immondizia si rigirò, cosicché Akahito ci finì dentro.
Durò giusto un attimo, comunque, perché il Vigilante spuntò dal contenitore giusto uno o due istanti dopo, assicurandosi che Desmond fosse ancora lì.
«Cazzo.»
Si lasciò scappare, sputando per terra e liberandosi di tutte le porcherie che gli erano finite addosso.
«Ascoltami, che stavo dicendo?»
Domandò, grattandosi per un attimo la maschera, benché fosse totalmente inutile dato che non era la propria pelle.
«Ah sì, TI FACCIO IL CULO STRONZO!»
Urlò, di nuovo, per poi disporsi in posizione di combattimento, protendendo il busto in avanti e mantenendo le gambe indietro.
«Preparati perché non avrò nessuna pietà: chi si approfitta dei più piccoli e dei più deboli non merita di vivere.»
Aggiunse, per poi espirare dalle narici (e anche quelle della maschera) due colonne di vapore a bassa pressione.
Per il momento non fece nulla, magari quel tizio voleva pronunciare le sue ultime parole prima di passare a miglior vita.