A Quiet Place

Combattimento | ¬Kinshara(Mirai Ishigami) x Stan (Hisoka Morow)

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    MIRAI ISHIGAMI
    NARRATO x «PARLATO» x PENSATO x LINGUAGGIO DEI SEGNI


    «…. Non ci posso credere….» mugolò mentre cercava di raccapezzarsi qualcosa sul gps che sembrava totalmente impazzito «...perchè capitano tutte a me? » esternò i suoi pensieri mentre i suoi occhi color ambra si alzarono verso il cielo semi coperto dalle fitte chiome degli alberi della foresta che le stava attorno.
    Si era persa.
    Letteralmente.
    Ed era giunta anche la sera e a breve non avrebbe visto neanche più i suoi passi.
    Non solo aveva palesemente mentito ai suoi su un certo “pic nic” in montagna con delle “amiche” – immaginarie – e una serata magica di fronte ad un falò ma era anche riuscita ad imboccare un sentiero sbagliato rispetto a quello che aveva preso qualche giorno prima.
    Sono proprio sfortunata… sospirò arresa all’evidenza.
    Aveva passato un giorno a rimuginare, a ristudiare e a sommergersi di libri e di qualsiasi altro materiale che poteva esserle d’aiuto nel tentare di sfruttare il suo Quirk in più modi – in attesa dell’evento che avrebbe sconvolto il mondo a lei conosciuto- …. Il problema che le giungeva sempre lampante era solo uno.
    Fare pratica.
    Non poteva certo sfruttare il mobilio di casa e il salotto per provare a sparare bolle sonore che avrebbero lasciato segni alquanto evidenti – e sua madre non gliel’avrebbe fatta passare liscia e Mirai temeva l’ira di sua madre più dei terroristi.
    Se viene a sapere che mi sono persa nel bosco, di sera…no! Non voglio neanche pensarci scrollò la testa per poi continuare a prendere quel “sentiero” che le mappe sul cellulare le dicevano di percorrere per arrivare alla strada lastricata più vicina.
    Dato che fare pratica in casa era stato classificato come un NO, Mirai ebbe la brillante – e forse sciocca – idea di tornare in quella radura, alla tavola rotonda dove aveva conosciuto Ryo Sasaki e stavolta si sarebbe allenata non ad essere consapevole dell’esistenza del suo Quirk bensì nel suo pratico utilizzo.
    Così quel pomeriggio si era messa un completo da ginnastica con tanto di pantaloni attillati neri e una felpa color lime -con tasche laterali- che la potesse coprire abbastanza dal freddo - rigorosamente col cappuccio per evitare mal di testa all'abbassamento di temperatura - e degli scarponcini da montagna. Il tutto coronato dal suo solito corredo, da due chignon di capelli ai lati della testa e una catenina con una campanella appesa al collo.
    Infine portava legato allo zaino un piumino non troppo pesante, nero lucido, che in caso di emergenza si sarebbe messa assieme alla papalina di lana a forma di unicorno per la testa e...per il suo corno.
    Ma come avrò fatto a sbagliare strada?! semplice! Era così immersa nei suoi pensieri mentre prendeva il sentiero giusto da non accorgersi di avere deviato dalla strada prefissata e di averne prese una totalmente nuova.
    Quando aveva compreso, poi, di avere sbagliato ritrovandosi ai piedi di un torrente che di sicuro non c’era la prima volta allora provò a tornare indietro sui suoi passi e finì per perdersi ancora di più che ritrovarsi.
    «Cattivo gps… io la sapevo che dovevo venire con carta e bussola…!» avrebbe di sicuro trovato la strada prima del telefono: peccato che nello zaino che portava in spalla non c’erano altro che robe da pic nic. Panini, due bottiglie d’acqua, una tovaglia, una scatola di mochi alla pesca – i suoi preferiti – e poi cerotti di ogni tipo perché sapeva che forse si sarebbe fatta male e non ci sarebbe stato un Ryo a salvarla da cadute accidentali.
    Fermò i suoi passi e cercò di riprendere il controllo della situazione visto che la batteria del cellulare non sarebbe stata infinita: provò ad osservare il paesaggio intorno pensando come una giovane marmotta per trovare un’uscita da quel labirinto fatto di cespugli, alberi e sassi a perdita d’occhio.
    Visto che il sole era per la via del tramonto decise di adottare la tattica muschio. Muschio esposto a nord e se avesse provato a seguire questa direttiva, magari sarebbe arrivata a qualche strada… o forse ci si sarebbe avvicinata, suo padre quando era in campeggio questo le ripeteva.
    Fu così che una strana ragazzina con corno sulla fronte e buffi padiglioni alle orecchie chiuse il cellulare, lo ripose in una delle tasche della felpa e decise di improvvisarsi scout.
    «… mmmmmh……di qua… » sembrava stesse diventando parte integrante di un albero da quanto affondo lo stava esaminando prima estrapolare il responso – neanche fosse un oracolo -.
    Fu così che sicura, o quasi, nella sua decisione Mirai si incamminò nella direzione prefissata congratulandosi dell’ottimo lavoro dato che continuava a notare il muschio posto quasi sempre dallo stesso lato su tutti gli alberi che stava prendendo in considerazione.
    « Sono un genio! Yaaaay! Papà sarebbe fiero… di … m… me…?» il suo entusiasmo sfumò con l’arrivo di una folata di vento che proveniva dalla sua destra.
    Le braccia che aveva portato al petto in quell’esclamazione di gioia si abbassarono lentamente come se fosse sotto tiro.
    Era un odore acre quello che arrivò alle sue narici. Pungente. Non aveva nulla a che vedere con il fresco profumo del sottobosco e dell’umido.
    Il suo Sensei le aveva fatto riscoprire il dono dell’olfatto, che non utilizzava mai quanto la vista ma che non credeva di avere molto sviluppato.
    Chiuse gli occhi per un istante, come se volesse percepire ancora quella traccia odorosa e non venne delusa: quando li riaprì sapeva da dove veniva.
    I suoi recettori olfattivi si disgustarono per quell’odore e sapeva che non doveva assolutamente seguirla, e che era decisamente una pessima idea farlo.
    Mirai si mosse senza badare alla vocina negativa che aveva nella testa poiché in fondo era sempre stata curiosa fin da bambina.
    Quella traccia, portandola fuori dal sentiero ancora una volta annoverando questa scelta tra le più stupide che aveva fatto in vita sua.
    Sembrava quasi un segugio intento a seguire le tracce di una volpe, facendosi strada tra arbusti, cespugli e fitti rami di alberi, sassi e terra finchè…
    … il vuoto la accolse.
    Di punto in bianco la foresta cessò di esistere così come il sottobosco. La accolse solo terra e in quel vuoto le apparve qualcosa.
    Un mostro si ergeva di fronte a lei, un colosso di tre piani (a giudicare dalle finestre) cemento e fredda lamiera.
    «Ma…che roba è questa? » era così ben nascosto dal fitto della boscaglia che neanche era riuscito a scorgerlo finchè non era arrivata quasi alla sua soglia.
    Metteva i brividi.
    Poteva essere un ottimo set per l’orrore se non fosse che qualcosa di terribile, in effetti, era stato compiuto davvero - e forse più volte- in quel posto.
    L’odore nauseante di putrido e marcio era qualcosa che non riusciva a uscirle dai polmoni, e ci volle un po’ prima di abituarsi a simile tanfo.
    «Non mi dire… che è …. Sangue….?!?!?» esclamò soffocando la sua voce a forza mentre osservava i muri esterni dell’edificio, il terreno sabbioso e le cortecce degli alberi che ancora si reggevano in piedi.
    Sembrava che in quel posto vi fosse scoppiata una lotta violenta, molto violenta tra colossi: a parte gli schizzi e le chiazze ovunque, il terreno era crivellato di buche e le piante erano divelte, schegge di qualsiasi cosa erano sparse ovunque.
    Dalla foresta non si percepiva nulla di tutto questo ma una volta varcata la soglia degli alberi sembrava di essere entrati dritti nella bocca dell’inferno.
    Tentò di illudersi che quella roba scura e nera sparsa un po’ ovunque fosse pece…o olio o qualsiasi altra cosa tranne che sangue ma sapeva benissimo in cuor suo che mentire a sé stessa non l’avrebbe fatta certo stare più tranquilla.
    La domanda era una sola « D-D-Do-ve sono… finita?» no la domanda giusta era “ finirò anche io così?”.
    In fondo quello era il luogo perfetto per compiere atti che di umano non avevano neanche l’ombra: omicidi, scazzottate, atti di follia, depravazione.
    Nessuno avrebbe visto, nessuno avrebbe sentito, nessuno avrebbe scoperto.
    «Devo… devo an-and-darmene…» balbettò con le lacrimucce agli occhi e sentì la paura avvinghiarsi al suo stomaco con le sue lunghe e sottili dita per poi iniziare a risalire. Eppure. Nonostante stesse tremando da capo a piedi e osservasse con sguardo terrorizzato il luogo di fronte a lei, il suo corpo non era in procinto di muoversi lontano ma verso il ventre del mostro.
    Perché? Cos’è che la spingeva ad addentrarsi là dentro?
    Prima o poi sarebbe arrivato questo giorno. Il giorno in cui avrebbe fatto una scelta.
    Una scelta che per sua natura forse non avrebbe fatto, o forse… proprio per la sua natura era destinata a compiere.
    Avrebbe accantonato le sue paure per seguire il suo istinto che le diceva: “e se ci fosse qualcuno là dentro e tu fossi l’unica in grado di aiutarlo? Che faresti? Te la daresti a gambe come una codarda o … ti affideresti all’1% di possibilità di salvargli la pelle?”
    Mirai rimase immobile, lì, tra gli alberi e il luogo maledetto nel punto esatto che separava il bene dal male.
    Sarebbe stato saggio seguire il suo istinto? Sarebbe stato prudente e producente? NO
    Lo avrebbe quindi fatto quel passo in avanti?
    Non posso…e se...ci fosse qualcuno che avesse bisogno di me?
    Deglutì a vuoto.
    E fu così, che quel giorno, in quel posto dimenticato anche dagli dei, in un luogo di morte e depravazione la giovane Mirai mosse un passo in avanti, non solo verso l'inferno ma verso sé stessa.

    Scelse l’1% delle possibilità.



    Con il cuore in gola, le mani sul petto a stringere e silenziare la campanella che aveva al collo si diresse a passi felpati verso l’entrata malmessa con tanto di porta scardinata: mancava solo la scritta “lasciate ogni speranza voi che entrate” e poi il resto era tutto compreso nel biglietto d’entrata.
    Sentì il sudore freddo imperlarle la fronte ma non si voltò indietro -oramai era troppo tardi -. Sbirciò dalla porta d’entrata e osservò quello che vi era dentro.
    Niente. Nessuno.
    Di fronte a lei solo un lungo corridoio contornato di stanze chiuse e solo una, una sola con la porta aperta come se la stesse invitando ad entrare proprio lì.
    Entra… forza. Coraggio. Ce la puoi fare. in quel momento non si preoccupò se vi fossero malintenzionati lì nei paraggi, o dentro, non aveva la più pallida idea di quello che la poteva aspettare una volta varcata quella soglia.
    Eppure la giovane Ishigami, con un coraggio che non pensava neanche di avere, entrò nel ventre del mostro.

    Il silenzio che la colse all’interno fu agghiacciante, e opprimente.
    Non era certo una sensitiva ma la sua sensibilità vacillò in quell'ambiente. Era come se stesse assorbendo lentamente le emozioni negative, il dolore, la rabbia e il terrore delle persone che erano state lì dentro.
    Probabilmente qualche anima ancora girava per quei luoghi di notte: era spaventoso tutto ciò.
    «Forse…è stata una pessima idea…» piagnucolò dirigendosi a passi insicuri verso l'unica stanza aperta osservando quello che aveva intorno, guardinga, e passi felpati raggiunse l'unica porta aperta che vi era all'interno.
    Quando giunse alla sua soglia desiderò di non averlo mai fatto.
    Chiazze di sangue rappreso sparse ovunque, attrezzi di ogni genere poggiati qua e là come trofei di un carnefice, una sedia che aveva cambiato totalmente colore, e quelle appese sembravano essere catene e poi cordami vari sparsi qua e là e tanto… molto altro ancora che non riusciva a trovare un posto nella mente già provata della ragazza.
    No. Quella non era finzione, non era un film. Quello era tutto vero e se ci fosse stato qualcuno da aiutare là dentro, oramai forse non ne rimaneva altro che tracce sul pavimento.
    Il piede destro si mosse prima che il cervello mandasse il segnale di "allarme rosso".
    Una parte di lei avrebbe voluto salire le scale in fondo a quell'angusto pian terreno ma non ne aveva la forza di spirito, o forse sì ma in quel momento il suo istinto primordiale di autoconservazione prese il sopravvento - era già un grosso passo avanti non averlo ascoltato fino a quel momento!-.
    Doveva uscire da quella casa degli orrori, correre più lontano possibile e dimenticare di aver visto quel posto.
    Ma dove?
    Prese con le mani tremanti il telefono con una velocità tale che quasi le sfuggì di mano e riaprì la mappa sperando che ci fosse segnale mentre ripeteva come un mantra nella sua testa ti prego ti prego ti prego ti prego funziona ti prego ti prego ti prego…. ma niente. Il segnale GPS non dava segni di vita.
    Cosa poteva andare più storto di così?
    Lo sguardo di Mirai - preso dalla situazione di necessità di avere un segnale positivo dall'universo- si congelò di colpo sulla scritta che apparve sullo schermo che, al colpo di una vibrazione, divenne totalmente nero.

    ffff


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    Exp:
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    1/4


    Tecniche, Equipaggiamento & Status
    ©
    Status: Illeso.
    • Tecniche usate: //
    • Energia: 100

    • Equipaggiamenti:
    Silver Bell [Accessorio]:
    ► Descrizione: Una semplice campanella argentata che si è comprata ad un giusto prezzo in un negozio di ninnoli da lolita e che ha deciso di portare sempre al collo su una fine catenina. Pensa che potrebbe esserle utile in molte occasioni e che si sposi molto bene con ogni suo outfit.
    ► Effetto: Emette un pregevole suono tintinnante ad ogni passo. (Dicono...)
    ► Peso: [1]

    • Lista tecniche:
    • Silent Dome [Livello 1]
    Con le cavità nelle sue orecchie, Mirai è in grado di ingoiare ogni suono attorno a sé creando una cupola di silenzio assoluto in cui tutti i suoni in entrata o prodotti al suo interno (come la sua stessa voce) vengono nullificati.
    Le delimitazioni di questa cupola di silenzio corrispondono al suo raggio d’azione e sono invisibili e intangibili ad occhio nudo, tuttavia Mirai riesce a percepirne i limiti - come se fosse un grosso vetro di una finestra sopra cui batte la pioggia di vibrazioni causata dai suoni esterni -.
    Essendo la ragazza il punto centrale da dove si sviluppa la cupola, se essa si sposta anche questa farà lo stesso.
    Chiunque altro varchi quella soglia può percepire chiaramente un netto distacco tra i rumori di sottofondo dell’ambiente circostante e l’annullamento di questi.
    Costo: 10 PE + 5 mantenimento
    Effetto: zona di silenzio assoluto
    Range: 3m

    • Echoes. [Livello 1]
    Mirai assorbe un determinato tipo di suono (schiocco di dita, battito di mani o piede) che verrà inglobato in una bolla. Questa prenderà vita sulla punta del corno di Mirai per essere poi sparata via in linea retta in modo da sfruttare le onde sonore compresse all'interno per far danno o per creare un semplice diversivo.
    La bolla /delle dimensioni di una pallina da golf/ esploderà a contatto con qualsiasi superficie solida rilasciando il suo contenuto.
    Costo: 10 PE
    Danno: Lieve
    Range: 2m

    • Sound Shield [Livello 1]
    Assorbendo svariati rumori esterni, il corno crea una bolla più grande del normale (più o meno come può essere uno scudo) di fronte alla ragazza. Essa avrà la pura e semplice funzione di una "barriera" che una volta colpita rilascerà le vibrazioni imbrigliate al suo interno creando un'onda d'urto che respingerà il tentativo di nuocere alla sua persona.
    Costo: 15 PE
    Effetto: Difesa Lieve

    • Jingle Cells [Livello 1]
    Basandosi su studi sperimentali e su tecniche di meditazione che si basano sulla vibrazione delle cellule a scopi curativi, Mirai riesce a creare tramite il suo Quirk una bolla contenente vibrazioni di bassa entità che andranno a stimolare le cellule in un'area circoscritta - in cui questa è applicata - per attivare un rigenerazione lieve delle ferite.
    Questa bolla è più resistente delle altre che emette ma se viene colpita o finisce il suo lavoro scoppia come tutte le altre; il corno deve toccare l'area ferita per applicare la bolla.
    Costo: 10 PE
    Effetto: Cura danno lieve

    • Sonic Boom [Livello 1]
    Con questa tecnica Mirai riesce ad assorbire i suoni circostanti che verranno poi amplificati nel percorso che va dalle sue orecchie fino al suo corno fino ad immagazzinarli in una bolla dal diametro di trenta (30) centimetri. La bolla è molto fragile e, se lanciata verso un bersaglio specifico, esplode al contatto sprigionando le onde sonore amplificate al suo interno.
    Queste sposteranno gli oggetti [fino a 4/5 Kg] dal punto dello scoppio della bolla e stordiranno tutti coloro che sono presenti nell'area attorno a questa.
    Costo: 15
    Effetto: Stordimento [Durata 1 turno]
    Range: 1.5 m


    TokyoHorrorStories Edit:
    ¬ Editato il post per renderlo più consono al periodo - ottobre prima dell'evento -
    ¬ Editata la descrizione del magazzino in accordo con Stan perché avevo compreso male la descrizione degli interni.
    ¬ Ho editato tutti i post perchè le immagini mi erano saltate tutte quante T^T scusatemi, non ce la facevo a vederla senza il banner su cui avevo lavorato una serata intera.


    Edited by ¬Kinshara - 29/12/2020, 22:44
     
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    ♥ Hisoka Morow ♠

    La prova di Akahito continuava. Ma era un po' ingiusto definirla così, dopotutto era stato Hisoka ad accettare, era lui il primo interessato al suo esito... Il selvaggio era solo un comodo espediente. La sveglia irritante che ti trascina fuori dal letto quando non vorresti, ma sai che devi.

    Hisoka avrebbe vinto. Non contro Akahito, ma contro se.

    La fredda notte autunnale lo accoglieva, e di solito l'avrebbe sopportata, digrignando i denti e mantenendo il sorriso per ignorare il lancinante freddo che non trovava difese verso il suo corpo. Il completo da Jester era ideale d'estate, e qualcosa a cui si doveva resistere per l'inverno.

    Ma ci era abituato. Con la sua troupe circense gli era capitato di passare la gioventù in posti ben più freddi, come la Russia o il Canada. Anche stare nudi a Tokyo era fattibile, se portava la mente a quelle temperature, dicendosi "potrebbe essere peggio".

    Quella sera invece... Era al calduccio. Invece di avere braccia e vita scoperte, con solo un sottile mezzo-busto a riparare il petto, era avvolto da una maglia a maniche lunghe sotto un'ulteriore strato di giacchetta. E una cuffietta a mettergli al coperto il capo. Come i suoi altri outfit, anche quello era assortito nella collezione di Akahito, pronto da indossare.

    La cosa spaventosa era che fosse piacevole.

    Liberando la mente dalle preoccupazioni atmosferiche era più tranquillo, la sua mente poteva vagare e riflettere con maggiore fluidità. Tutta la vita era uscito di casa nel suo completo di fiducia finché ogni cosa associata gli parve normale. Nemmeno s'era mai soffermato a notare che d'autunno – ma specialmente in inverno – le sue capacità fossero ridotte, almeno un minimo. Nonostante l'intelletto fosse il suo possedimento più prezioso.

    Non gli era mai passato per la testa di coprirsi, perché il proprio outfit era parte di se.

    Un gelido vento lo attraversò come fosse una lama, raggelandolo fino al nucleo e scacciandogli quei pensieri di mente. Si mise le mani nella giacca e si strinse per resistergli. No. Hisoka poteva fingere di essere una persona normale, poteva vestirsi alla moda, uscire per appuntamenti, trovarsi un lavoro, portarsi a letto qualcuno, ma non era come gli altri. E mai lo sarebbe stato.

    L'unico prodotto di quell'esperimento sarebbe stato il rafforzamento di quella convinzione. La sua natura.

    Dopotutto se aveva avuto l'occasione di scoprire fosse più piacevole uscire vestito era perché si era portato per le strade a tarda notte. Stava cercando sfide. Akahito gli poteva mettere tutti gli abitini che voleva, ma i suoi interessi non cambiavano.

    Qualcuno con cui misurarsi era la maniera migliore di passare una serata. Gli avrebbe fatto dimenticare i suoi dubbi, sul fatto che da sempre i "vestiti normali" gli provocavano un prurito e un disagio enorme... Ma che negli ultimi tempi erano sempre meno destabilizzanti. Ci si stava abituando. Da quand'era a Tokyo gli era capitato spesso di doversi "travestire", infatti...

    Il fatto che detestasse i capi comuni era una caratteristica che ne dettava molti comportamenti. E non era casuale, ma il risultato delle abitudini costruite in vent'anni di vita. Eppure sembrava si stesse stesse sgretolando in brevissimo tempo. Cos'era una persona, quando poteva spendere decenni a costruirsi, ed essere disfatta con appena qualche cambiamento?

    Un'altra folata di vento. Come se il mondo gli stesse schiaffeggiando la nuca per impedirgli di farsi quei problemi. Non era il momento. Quella sera c'era da divertirsi.

    Se non aveva un target specifico in mente il default era quello di vagare per Tokyo, in cerca di qualcuno o qualcosa che potesse intrattenerlo. Un metodo un po' rudimentale, ma era tramite le cose semplici che si facevano le scoperte più intriganti. In quel modo aveva incontrato Celania, Morrigan, e Wonderkid, per nominarne alcuni.

    S'indirizzava verso una zona, e sceglieva dove svoltare seguendo l'istinto. Quella sera però... Era come se le gambe fossero in autopilota. All'inizio tutto pareva normale, si trovava davanti a bivi o sbocchi e sceglieva quale imboccare senza pensarci troppo. Poi s'accorse d'essere indirizzato verso i boschi più che il vivo della città... Avrebbe dovuto far dietrofronte, ma continuò.

    Non stava nemmeno cercando razionalizzazioni o scuse. Si muoveva a mente vuota, lasciando le redini ai propri muscoli... Ma perché volevano dirigersi proprio lì? Proprio al magazzino? Perché era là che stava avvicinando. Trainato da un desiderio che non comprendeva, ma dal quale non poteva districarsi.

    Si affacciò sullo spiazzo d'erba davanti all'edificio. Tutto era come l'aveva lasciato, dilaniato e sporcato dal duello tra il Jester e il Consigliere. Il luogo dove le sue contraddizioni e i suoi "cambiamenti" erano venuti in superficie fino a farlo esplodere. Era stato messo faccia a faccia con una parte di se che rinnegava... E l'incontro era stato esplosivo.

    Si chinò per esaminare i solchi nel terreno macchiati di sangue. Quello sarebbe stato un buon momento per della riflessione. Un'atmosfera suggestiva per guardarsi all'interno e chiedersi dove iniziasse Hisoka e finisse Il Jester, e le conseguenze che l'incompatibilità delle due metà scatenavano sulla sua vita. Forse per quello inconsciamente si era trascinato fin lì.

    Ma poi sentì una voce.

    Una ragazza? Troppo distante per distinguerne le parole ma era un grido abbastanza acuto. E poi fruscii di fogliame e rametti dalla stessa direzione da cui era arrivato Hisoka. Qualcuno lo stava per raggiungere... Quant'era fortunato. Anche quando s'addentrava nel niente la gente veniva da lui.

    Gli venne una malsana idea.

    Come un gatto schizzò via dall'arena dello scontro e svanì tra i cespugli e l'oscurità delle cortecce. Accucciato a pochi metri da dov'era prima, osservò l'evolversi della scena, puntando i brillanti occhi gialli alla propria sinistra.

    Il buio lo nascose, e la ragazzina non s'accorse di nulla.

    Sembrava si fosse imbattuta lì per caso, e di certo non s'aspettava una scena tale. Sangue ovunque, terreno sondato e ribaltato, chiari segni di battaglia... Se non peggio. Balbettò qualche parola terrificata e prese a tremare come una foglia. Era solo una bimbetta sperduta che s'era imbattuta su un palcoscenico di cui non era parte del cast.

    Una preda perfetta.

    Quale migliore spuntino per dimostrare al mondo intero che Hisoka non sarebbe mai cambiato, anche sembrando un essere umano comune? Le sue lacrime l'avrebbero divertito. Portarla alle corde gli avrebbe portato sorriso, nella speranza di vederla spezzarsi o rispondergli a modo.

    Muovendosi a passi tranquilli come una pantera si spostò per il sottobosco, fino a raggiungere le spalle della bimba, silenzioso come un vero predatore. Situazioni come quelle gli mettevano in calma il cuore. Sapeva che le sue scelte erano giuste, anche quelle d'abbigliamento. Ah, quanto avrebbe voluto essere nel proprio outfit tipico.

    Le sarebbe venuto un infarto trovandosi un Giullare alle spalle... Invece che un tizio.

    Si alzò in piedi, poggiò le mani sui fianchi, e sfoggiò il suo sorriso più radioso ma inquietante. Alle spalle dell'ignara ragazza una sagoma alta quasi trenta centimetri in più di lei l'aspettava, tetra.

    « Boo~ ♥ »

    La stagione era giusta per un jumpscare di tutto rispetto.

    ...

    ...

    ...Magari no.

    Non si mosse. Manco lo registrò.

    « Boo! ♣ »

    Ritentò dando più potenza alla voce, ancora nulla. Beh... Deludente. Fu in quel momento che si sentì abbastanza stupido notando gli aggeggi che l'altra teneva alle orecchie. Dovevano essere delle cuffie, il che spiegava perché la voce d'Hisoka fosse stata tenuta fuori... Dovevano essere parecchio isolanti, però.

    Mosse la mano per raggiungere una cuffia, ma rimase paralizzato quando la ragazza fece la prossima mossa... Si avvicinò al magazzino.

    What. Voleva morire?

    Ancora tremava e borbottava tra se e sa come un micio smarrito, e invece di tornare a casuccia voleva addentrarsi in quella scena dell'orrore? Non... La capiva. Era il periodo dell'anno che la portava a cercare brividi e terrore?

    Cosa le passava per la testa?

    Ai passi in avanti di lei, Hisoka fece combaciare i propri, seguendola a breve distanza dalle spalle mentre lei non lo poteva sentire. Se si fosse girata avrebbe riuscito nello spaventarla, in caso contrario avrebbe potuto osservarla ancora un po'. Sembrava un leone intento a giochicchiare con la preda.

    Anche se un po' lo spazientiva. Lei già aveva le gambe corte, in più il timore la faceva muovere a passettini. Ad un certo punto voleva solo darle uno spintone e finirla lì. Ma poi dove l'avrebbe sfoggiata la sua showmanship?

    Scavalcarono con un passo la porta sfondata, ma che per una porzione ancora era tra i piedi. Il magazzino era su tre piani e composto di varie stanze, le cui porte si affacciavano su quello che era un lungo corridoio – che a tratti sfociava in vicoli ciechi che portavano strategicamente ad altre entrate e altre camere – e una scalinata alla fine di questo.

    Era lì che gli uomini di Jane avevano incontrato la loro violenta fine... Anche se Aogiri aveva fatto un ottimo lavoro di pulizia, il tutto era immacolato proprio come Jane l'aveva lasciato... Peccato che, di natura, il magazzino non fosse manco in origine splendente e profumato.

    La ragazzina entrò nella stanza delle torture. Normalmente la porta era blindata e serrata, ma se ti stanno uccidendo non pensi subito a chiudere le entrate sensibili. Quindi la scena cruenta al suo interno catturò immediatamente l'occhio della piccola dai capelli rosa.

    Nemmeno Hisoka era troppo lieto di rivederla.

    Non per le torture, per quelle era fortunatamente in trance, non sentì troppo dolore, immerso nelle proprie fantasie date dal Quirk di Caleb... Fu lì che incontrò "Aragaki". Se ci pensava era divertente che quel magazzino fosse... La fine e l'inizio.

    L'incipit dei dubbi sul proprio se, culminati nello straziante duello con Hayato.

    La facciata di quell'edificio aveva testimoniato al suo cambiamento come pochi.

    Proprio mentr'era sovrappensiero la bimbetta fece qualche passo all'indietro, profondamente turbata. Avrebbe toccato la schiena su di lui... A quel punto sarebbe stato impossibile ignorarlo. E ora la situazione era anche migliore.

    Un alto pallido sconosciuto sorridente che appare dal nulla, proprio davanti alla camera del dolore.

    « Boo~ ♠ »
    Click Me || Livello: 6 | Energia: 550 | Forza: 15 | Quirk: 255 | Agilità: 255
    • Tecniche Utilizzate
    ---

    • Equipaggiamento
    Marked Cards
    Oggetto Quotidiano [Munizioni: 20]
    ► Peso: [2]

    Loaded Dice
    Oggetto Quotidiano [Munizioni: 2]
    ► Peso: [1]

    XSQ
    Equip ? [Aumenta efficacia tecniche di uno step per tre turni] [Dosi: 5]
    ► Peso: [0]
     
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    MIRAI ISHIGAMI
    NARRATO x «PARLATO» x PENSATO x LINGUAGGIO DEI SEGNI


    Mirai rimase a contemplare il cellulare nelle sue mani.
    Il freddo le aveva reso le dita e le mani gelide e già sentiva i primi segni di un mal di testa farsi sempre più forti man mano che il tempo passava.
    L’autunno era la sua stagione preferita, ricca di colori e ricca di profumi che l’avevano sempre incantata fin da tenera età.
    Il freddo era l’unica cosa che non le piaceva per via dei suoi forti mal di testa che arrivavano puntualmente in questa stagione e via per un periodo di tempo lungo fino all’arrivo del calduccio che la primavera portava con sé.
    «Questa non ci voleva… » disse con voce sommessa mentre osservava impotente il cellulare spengersi dopo l’ultimo fiato di vita che aveva in corpo lasciandole l’ultimo messaggio che casualmente richiamava a quell’1% a cui aveva pensato fino a pochi istanti prima di entrare in quel…
    Già.
    Forse non si era ancora resa ben conto di dove fosse finita e solo adesso mentre la luce dello schermo svaniva e lasciava solo poca luce ad illuminare la stanza poteva vedere ombre macabre prendere il sopravvento su tutto…
    C’era voluta una buona dose di coraggio e follia per addentrarsi nel ventre freddo di quell’enorme colosso e ce n’era voluta una ancora più grossa per fare qualche passo avanti nell’unica stanza aperta che c’era.
    Cosa si aspettava di trovare?
    Si aspettava di scovare qualche setta satanica intenta a fare sacrifici umani?
    No. Alla fine non sembravano esserci strani circoli col sangue e candele…
    Qualche malavitoso intento ad estorcere confessioni, visto che in effetti era una vera e propria stanza delle torture?
    Molto probabilmente se fosse capitata lì in qualche tempo passato li avrebbe trovati… e forse non sarebbe sopravvissuta per raccontarlo.
    Invece no. Niente di tutto questo.
    Solo tracce. Ricordi di dolore e angoscia e morte.
    Solo questo aveva trovato e forse… non c’era niente di peggio. Niente di peggio che essere sola là dentro con chissà quante anime spezzate che sarebbero potute spuntare all’improvviso… sapeva di essere sola e aveva la strana sensazione di non esserlo affatto.
    Halloween si avvicinava e lei odiava le storie di paura. Odiava cose come zombie, fantasmi, demoni, streghe e ogni essere soprannaturale che insinua nella mente di una ragazzina attraverso storie, fumetti, video, film e dicerie in puro stile horror.
    «Devo… devo andarmene da questo posto… » sibilò tra i denti ed iniziò un po’ a tremare e se non fosse sorda certo era che avrebbe attribuito a dei suoni, simili a passi, un connotato puramente sovrannaturale… per fortuna non sentiva nulla di tutto ciò.
    Presa da un’inquietudine che non era assolutamente irrazionale non pensò di trovare un interruttore per la luce, neanche di voltarsi perché aveva timore che qualcosa dagli angoli di quella stanza, da quel buio, la trascinasse via con sé e così… mosse due passi indietro e…
    Tump.
    Lo zainetto di Mirai impattò con qualcosa e la campanella battè un tocco in risposta.
    La sua mente non riuscì a processare quel che era accaduto perché… dietro di lei, fino a prova contraria, non c’era un muro e la porta era aperta, non aveva nessuno che la stesse seguendo quindi…
    1) Porta aperta
    2) Muro inesistente
    3) Nessuno lì con lei
    La sua mente si spense. Letteralmente. Come lo schermo del suo cellulare. Black out.
    Rimase pietrificata avvertendo quella presenza ignota dietro di lei.
    Deglutì a vuoto e con gli occhi sbarrati dal terrore si voltò lentamente per capire cosa, o chi fosse.
    Poi i suoi occhi ambrati riuscirono a scorgere due fessure ferine dello stesso colore e un ghigno che si allargava sulle sue labbra in tutta la sua innaturale gioia su un volto pallido.
    Sembrava direttamente uscito dall’oltretomba o dall’inferno per portarsela via se non fosse che i suoi vestiti non erano sporchi di terriccio - ma questo dettaglio non arrivò allo sguardo spaventato di Mirai-.
    «K… K…. » il suo corpo iniziò a tremare per qualche secondo e sentì il cuore saltarle in gola e tamburellare come una violenta pioggia «Kyaaaaaaaaaaaa!!!!»
    Un urlo così forte che se c’erano dei pennuti nei paraggi o qualche animale probabilmente sarebbe fuggito a gambe levate.
    Con un enorme balzo all’indietro avrebbe cercato di distanziarsi il più possibile - e per poco stava per cadere a terra - e in preda al panico e al terrore – se il losco figuro gliel’avesse lasciato fare – si sarebbe fermata con la schiena attaccata al vero muro della stanza.
    Tremante si era portata entrambe le mani strette al petto e sorreggeva la campanella come se fosse un crocefisso contro quello che sembrava essere una sorta di …Vampiro? Zombie? Demone?
    La sua mente non riusciva a darle input e l’unico pensiero che le sovvenne – in un momento simile – era la promessa che aveva fatto al suo Sensei. Non usare il Quirk se non in caso di estrema necessità.
    Quello era decisamente un caso di estrema necessità.
    «C…C…Cosa sei? » balbettò cercando di trattenere un altro urlo, anche se la gola le faceva male e poi … chissà se con quel semi buio avrebbe potuto leggere sulle sue labbra la risposta.
    La notte in fondo stava già iniziando a sorgere e ben presto sarebbe rimasta al buio, da sola, con… quello.
    «T-T-… ti prego non farmi del male… tu…tu non sei reale…» cercò di autoconvincersi e sapeva perfettamente che non era vero niente di quello che aveva detto.
    La campanella vibrò tra le sue manine emettendo tintinnii come se volesse scacciarlo con il suono simile a quello delle campane e poi le venne una qualche sorta di idea… La luce… sì… la luce. Ci sarà un interruttore no? … da qualche parte… la luce scaccia gli spiriti maligni no?... pensò ingenuamente e si guardò intorno senza notare altro che strani strumenti appesi.
    Forse l’unico interruttore – se mai ci fosse stata corrente – era proprio vicino alla porta di ingresso dove si ergeva il demone.
    « Si-Signor demone, fantasma… o quello che è… io… io non voglio farle del male… la prego… mi lasci andare… non volevo disturbare il suo riposo! La prego… prometto che non tornerò più qui…. E mi assicurerò qualche preghiera per lei che possa riposare in pace…quindi la scongiuro non….non mi faccia del male… la prego! » disse mugolando con voce tremante.
    Il suo peggiore incubo di ritrovarsi in una casa dell’orrore si era avverato, e la parte ancora più drammatica era che non era sola.
    Adesso sapeva di non essere da sola.
    Allungò la campanella fino a che la catenina non le premette sul retro del collo facendola tintinnare.
    Cosa avrebbe fatto? Avrebbe tentato la fuga? Avrebbe tentato di esorcizzarlo prendendo spunto dai film che aveva visto? Avrebbe provato ad affrontarlo con il suo Quirk, sempre che sarebbe riuscita ad utilizzarlo?
    Non lo sapeva, attese con il cuore in gola, immobile con le spalle al muro, con le bottigliette di plastica che le premevano sulla colonna e un senso di paura che nessun ricordo felice le poteva togliere.
    Il fatto buffo di tutta questa storia era che lei in primis era andata a cercare il brivido del terrore dimenticandosi che potevano esserci delle conseguenze.
    Ahimé adesso, per la prima volta, credeva nelle presenze maligne.
    Alla luce di questo ...sarebbe stata abbastanza coraggiosa da affrontarle e fuggire da quel magazzino dell’orrore?
    « Welcome to your Horror Story »
    VIGILANTES
    Livello:
    2
    Exp:
    200
    Forza:
    11
    Quirk:
    37
    Agilità:
    27
    Peso:
    1/4


    Tecniche, Equipaggiamento & Status
    ©
    Status: Illeso.
    • Tecniche usate: //
    • Energia: 100

    • Equipaggiamenti:
    Silver Bell [Accessorio]:
    ► Descrizione: Una semplice campanella argentata che si è comprata ad un giusto prezzo in un negozio di ninnoli da lolita e che ha deciso di portare sempre al collo su una fine catenina. Pensa che potrebbe esserle utile in molte occasioni e che si sposi molto bene con ogni suo outfit.
    ► Effetto: Emette un pregevole suono tintinnante ad ogni passo. (Dicono...)
    ► Peso: [1]

    • Lista tecniche:
    • Silent Dome [Livello 1]
    Con le cavità nelle sue orecchie, Mirai è in grado di ingoiare ogni suono attorno a sé creando una cupola di silenzio assoluto in cui tutti i suoni in entrata o prodotti al suo interno (come la sua stessa voce) vengono nullificati.
    Le delimitazioni di questa cupola di silenzio corrispondono al suo raggio d’azione e sono invisibili e intangibili ad occhio nudo, tuttavia Mirai riesce a percepirne i limiti - come se fosse un grosso vetro di una finestra sopra cui batte la pioggia di vibrazioni causata dai suoni esterni -.
    Essendo la ragazza il punto centrale da dove si sviluppa la cupola, se essa si sposta anche questa farà lo stesso.
    Chiunque altro varchi quella soglia può percepire chiaramente un netto distacco tra i rumori di sottofondo dell’ambiente circostante e l’annullamento di questi.
    Costo: 10 PE + 5 mantenimento
    Effetto: zona di silenzio assoluto
    Range: 3m

    • Echoes [Livello 1]
    Mirai assorbe un determinato tipo di suono (schiocco di dita, battito di mani o piede) che verrà inglobato in una bolla. Questa prenderà vita sulla punta del corno di Mirai per essere poi sparata via in linea retta in modo da sfruttare le onde sonore compresse all'interno per far danno o per creare un semplice diversivo.
    La bolla /delle dimensioni di una pallina da golf/ esploderà a contatto con qualsiasi superficie solida rilasciando il suo contenuto.
    Costo: 10 PE
    Danno: Lieve
    Range: 2m

    • Sound Shield [Livello 1]
    Assorbendo svariati rumori esterni, il corno crea una bolla più grande del normale (più o meno come può essere uno scudo) di fronte alla ragazza. Essa avrà la pura e semplice funzione di una "barriera" che una volta colpita rilascerà le vibrazioni imbrigliate al suo interno creando un'onda d'urto che respingerà il tentativo di nuocere alla sua persona.
    Costo: 15 PE
    Effetto: Difesa Lieve

    • Jingle Cells [Livello 1]
    Basandosi su studi sperimentali e su tecniche di meditazione che si basano sulla vibrazione delle cellule a scopi curativi, Mirai riesce a creare tramite il suo Quirk una bolla contenente vibrazioni di bassa entità che andranno a stimolare le cellule in un'area circoscritta - in cui questa è applicata - per attivare un rigenerazione lieve delle ferite.
    Questa bolla è più resistente delle altre che emette ma se viene colpita o finisce il suo lavoro scoppia come tutte le altre; il corno deve toccare l'area ferita per applicare la bolla.
    Costo: 10 PE
    Effetto: Cura danno lieve

    • Sonic Boom [Livello 1]
    Con questa tecnica Mirai riesce ad assorbire i suoni circostanti che verranno poi amplificati nel percorso che va dalle sue orecchie fino al suo corno fino ad immagazzinarli in una bolla dal diametro di trenta (30) centimetri. La bolla è molto fragile e, se lanciata verso un bersaglio specifico, esplode al contatto sprigionando le onde sonore amplificate al suo interno.
    Queste sposteranno gli oggetti [fino a 4/5 Kg] dal punto dello scoppio della bolla e stordiranno tutti coloro che sono presenti nell'area attorno a questa.
    Costo: 15
    Effetto: Stordimento [Durata 1 turno]
    Range: 1.5 m


    Edited by ¬Kinshara - 29/12/2020, 22:42
     
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    ♥ Hisoka Morow ♠

    Quella poca luce che li raggiungeva dall'esterno trovava il corpo di Hisoka come ostacolo, lasciando l'impronta di un'ombra, che si allungava dalla porta verso l'interno di quella stanza orripilante. E la ragazza si addentrò in quell'ombra, lasciò che l'avvolgesse fino ad impattare con chi la generava.

    Non vi fu una reazione immediata... Il che lo soddisfaceva. Quello era terrore. Paralizzante, disarmante, così intenso da disattivare ogni istinto animale di fight or flight. Restava solo una sagoma tremante che poco prima si credeva una persona, e ora realizzava di essere una preda.

    Gli occhi divertiti di lui incrociarono quelli sconvolti di lei.

    Una lunghissima pausa in cui nessuno osò spezzare il silenzio.

    Poi, con terribile ritardo, arrivò l'impulso di scappare. Purtroppo per lei l'unica uscita era bloccata proprio dalla minaccia, i suoi urli si portarono solo più in profondità nella stanza, gettandola con le spalle al muro ora anche letteralmente.

    E Hisoka se la rideva bellamente, quasi più forte di quanto lei stesse gridando.

    Lasciò la bimba sfogasse i propri deliri, o forse erano le sue speranze? Era più facile gestire un fenomeno paranormale rispetto ad una persona di pelle e sangue, proprio come te, ma che ti voleva squartare. Con Hisoka non c'erano riti speciali per scacciarlo, non esistevano preghiere che tenessero, non aveva rimpianti da espiare.

    Le parole terrorizzate e i rigoli di sudore che scendevano il volto di lei erano ciò che cercava. Vestito da Jester o da persona normale, quella parte del mago non sarebbe mai cambiata. Solo quando gli innocenti temevano veramente per la vita tiravano fuori il loro potenziale latente, e potevano sorprendere sia se stessi che il prestigiatore.

    Gli avrebbe riservato qualche colpo di scena, lei?

    « Fantasmi, demoni, mostri, non ho mai capito la paura per tali creature ♣ »

    Incominciò con voce bassa e sibilante, l'unico suono oltre il leggero sussurro del vento che tagliava la tetra quiete.

    « Non sono il criminale più navigato del mondo, ma ho visto abbastanza~ ♦ »

    Fece il primo passo. Poi un altro, e un altro ancora, calmi e controllati, da vero predatore.

    « Odio. Pregiudizio. Rapine. Pestaggi. Torture. Omicidi. Questo stesso magazzino ne è stato palcoscenico e testimone ♠ »

    Aveva chiuso la distanza tra i due, con lei che anche volendo non avrebbe potuto sfuggirgli, bloccata a un lato da uno spesso muro metallico e all'altro da Hisoka stesso.

    « E non ho mai visto una singola entità sovrannaturale coinvolta. Erano sempre e solo altri esseri umani a macchiarsi le mani ♣ »

    Alzò il braccio portando il palmo davanti al volto della ragazzina. Con un lento, attento movimento le piazzò il dito indice sulla fronte. Proprio in mezzo agli occhi, delicatamente. La prova inconfutabile che Hisoka fosse carne ed ossa come lei.

    « Sono le persone di cui si dovrebbe aver paura ♥ »
    Click Me || Livello: 6 | Energia: 550 | Forza: 15 | Quirk: 255 | Agilità: 255
    • Tecniche Utilizzate
    ---

    • Equipaggiamento
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    Oggetto Quotidiano [Munizioni: 20]
    ► Peso: [2]

    Loaded Dice
    Oggetto Quotidiano [Munizioni: 2]
    ► Peso: [1]

    XSQ
    Equip ? [Aumenta efficacia tecniche di uno step per tre turni] [Dosi: 5]
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    MIRAI ISHIGAMI
    NARRATO x «PARLATO» x PENSATO x LINGUAGGIO DEI SEGNI


    Odiava veramente il periodo di Halloween e Ottobre in generale.
    Quella festa rubata agli americani e sfruttata per fare principalmente soldi con la paura degli altri: e Mirai era molto impressionabile e suscettibile riguardo a temi che riguardavano mostri, fantasmi e ogni altra cosa soprannaturale e del mondo horror in generale.
    Come diavolo fosse finita dentro ad un magazzino dell’orrore non lo sapeva ma si pentiva amaramente della scelta che aveva fatto adesso che si trovava faccia a faccia con un incubo.
    Un essere dalle sembianze umane, alto più di lei di sicuro, non riusciva a scorgerne bene i lineamenti ma poteva percepire che quella presenza non aveva minimamente buone intenzioni.
    E lei, stupida e sciocca e curiosa si addentrata nella sua tana senza neanche chiedere il permesso, disturbando – forse – il suo eterno riposo e adesso era lì alla ricerca della sua vittima.
    E sul menù Mirai Ishigami aveva il posto d’onore come prima portata.
    Sentiva lo zaino premerle sulla schiena che cercava quasi di farsi spazio sul muro alle sue spalle mentre teneva la campanelle tra le mani tremanti, davanti a sé come se stesse per iniziare un esorcismo.
    Ok…respira… la campanella... finchè la tengo in mano non dovrebbe avvicinarsi … no? In caso… potrei iniziare a suonarla? Loro odiano il suono delle campane… tentò di portare alla mente una di quelle storie di fantasmi e di demoni che il vecchietto Juju, il vicino di casa, -nell’alto della sua saggezza popolare- le raccontava spesso (che lui a differenza sua credeva in questo genere di cose strane) che il suono delle campane scaccia i demoni e gli spiriti maligni che si aggirano in questo mondo.
    Soprattutto nelle notti vicino ad Halloween in cui entravano nel mondo dei viventi per seminare panico e terrore e ghermire povere anime innocenti come quella di Mirai.
    « Oni-san. T-Torna da dove sei venuto… tu… tu non hai alcun potere su questo mondo!…» deglutì a vuoto appellandolo anche un certo rispetto mentre fece tintinnare di poco la campanella che aveva tra le mani … non era così che recitava qualche battuta tratta da quei film sul soprannaturale? Il vecchio Juju sarebbe stato molto fiero di lei Non…non può farmi del male…. giusto? Non… non può toccarmi… non ha potere su questo mondo. Non ha potere su questo mondo. in fondo essere scacciati da un doloroso suono di una campanella – magari amplificato se era costretta ad usarlo – non era ciò che avrebbe voluto quel demone ma se avesse dovuto usare le maniere forti, Mirai lo avrebbe fatto.
    Da poco era riuscita a capire come usare il suo quirk, e la prima volta che avrebbe dovuto utilizzarlo davvero per proteggersi era contro uno spirito maligno.
    Sembrava davvero un pessimo film di serie Z.
    Invece quella era la realtà e la ragazzina non immaginava certo di avere di fronte semplicemente un essere umano, no. Nella sua mente fantasiosa quella creatura che aveva di fronte non aveva niente di umano.
    E forse in parte era così.
    Quegli occhi non potevano appartenere ad un ragazzo, su per giù con qualche anno più di lei sulle spalle, non potevano appartenere ad una persona.
    Quelle erano due fessure che si aprivano nell’inferno, una calamita per quelli della giovane ragazza che non abbassò il suo sguardo neanche una volta per paura che potesse attaccarla e farle chissà che cosa.
    Aveva paura.
    Aveva una paura che neanche poteva immaginare.
    Se le sue gambe non tremassero così tanto e non fossero pesanti come macigni forse avrebbe provato una fuga, un tentativo da preda stretta all’angolo.
    Il suo spirito e la sua mente gridavano di non voler restare in quel posto un minuto di più ma il suo corpo non si muoveva.
    Era letteralmente paralizzata dal terrore, lì nella profondità di quella stanza, al buio con le spalle al muro.
    Il volto del demone nell’ombra, poteva vederne solo i lineamenti, sembrava che qualcosa si muovesse sul suo volto scuro come se le sue labbra schiudessero una qualche sequela di spergiuri in chissà quale lingua… avrebbe voluto vederci per poterla “sentire”.
    Fu in quel momento che lo percepì, che vide l’Oni avanzare di un passo e se avesse avuto la possibilità Mirai ne avrebbe fatto un altro indietro e si sarebbe anche entrata direttamente dentro il muro per mantenere la distanza tra lui e lei e invece…
    Invece fu tutto inutile.
    L’Oni avanzava lentamente e lei si sentiva sempre più in trappola. Una preda tremante, una povera creatura che osserva il suo peggiore incubo – uno dei tanti – farsi carne e ossa e avanzare lentamente per prenderla e trascinarla in quell’ombra da cui egli stesso era sorto.
    Un passo, poi un altro.
    Tentò di suonare la campanella tra un passo e l’altro ripetendo come un mantra « Stai lontano da me… » e più si faceva vicino più il tono di voce della ragazzina diventava flebile come quello di un pulcino.
    « Non… ti avvicinare… » pigolò e tremava così tanto che la campanella aveva iniziato a tintinnare come se fosse portata al collo di un cagnetto in corsa Non ha potere su questo mondo… è un Oni. Non ha potere… non… non può toccarmi…. ripetè nella sua testa e più lo ripeteva più sentiva che in tutto questo c’era qualcosa di strano.
    Non aveva corna, non odorava di malvagità e zolfo, non sembrava avere un aspetto così spaventoso anche se non riusciva a vedere bene le sue forme.
    Ben presto fu vicino, troppo vicino per potersi muovere e strisciare lungo il muro, troppo vicino per evitarlo, ed era troppo congelata sul posto Non devo… non devo avere paura… se lui si nutre della mia paura… sono fritta… per cui… pensa a qualcosa di felice… qualsiasi cosa….
    Troppo tardi.
    I suoi pensieri felici, i pochi che aveva avuto furono divorati dalla sua presenza perché ora era lì di fronte a lei.
    Poteva sentire il suo fiato caldo ad intermittenza accarezzarle il volto e se avesse allungato una mano probabilmente avrebbe potuto toccarlo.
    Sentiva le gambe tremare così tanto da farle male.
    Era spacciata.
    Era sola.
    Era incapace di muoversi.
    Quindi doveva finire così la sua storia?
    Divorata da un demone in un magazzino abbandonato? Mai ritrovata?
    Il suo cuore sembrò quasi scoppiarle nel petto quando notò il demone portare una mano di fronte al suo volto e si sentì spacciata.
    L’anima che voleva fuggire dal suo corpo come per volersi mettere in salvo e lei tremante non riuscì a far altro che a scuotere la campanella ancora una volta senza successo e a pronunciare di nuovo, forse un’ultima volta quella frase « Oni-san. Non ha potere… su questo mondo… non… puoi toccarmi… » ma adesso non ci credeva più neanche lei.
    Fu così che chiuse gli occhi, gli strizzò con così tanta forza da farsi male e per un istante si sentì finita.
    Ecco in quel momento la sua Unicità avrebbe dovuto funzionare… avrebbe dovuto in qualche modo attivarsi e sparare bolle sonore, avrebbe dovuto tenerlo a distanza o ergere uno scudo di fronte a lei e invece nulla.
    Che fosse per la paura troppo forte o forse più per il fatto che aveva cominciato a imbrigliarla e a controllarla… forse per questo o per chissà cos'altro... per quanto desiderasse di sfruttare il suo potere nulla da quel corno e nessun suono venne ingoiato dalle sue cavità.
    E anche per questo si sentiva persa.
    Abbandonata anche dalla sua stessa Unicità.
    Rimase lì, a denti stretti, la campanella tra le sue mani e attese mentre le lacrime le sgorgavano copiose sulle guance.
    Attese qualcosa che non arrivò.
    poke
    Fu qualcosa di leggero, un tocco, delicato non violento proprio in mezzo a quelle rughe create dallo stringersi dei suoi occhi. Proprio lì in mezzo alla fronte.
    Qualcosa di inaspettato. Aveva timore ad spalancare i suoi occhi, ma quella strana sensazione di fastidio in mezzo a questi glieli fece riaprire a forza.
    L’Oni era ancora lì, di fronte a lei, una sagoma sfocata dal buio e dalle lacrime ma non si muoveva, sentiva il suo respiro e soprattutto… sentiva la pressione del suo dito in mezzo alla sua fronte.
    Fu in quell’esatto momento che il sua mente realizzò qualcosa che non aveva mai pensato: E’ umano? E’ davvero… un essere umano? no, non poteva essere. Non poteva essere un uomo.
    In quel momento un turbinio di pensieri iniziarono a far tornare attiva la mente, a riaccenderla dopo il black out che aveva avuto… come se quel tocco avesse riattivato il generatore di corrente neuronale.
    Come aveva potuto essere così stupida?
    Un essere umano.
    E se lo fosse davvero… che intenzioni aveva?
    Perché non aveva acceso la luce? Perché non le aveva chiesto semplicemente se aveva bisogno di aiuto… perché le era apparso alle spalle così e… perché quegli occhi in cui si specchiava continuavano ad essere quelli di un predatore pronto a trapassarle il cranio per banchettare con le sue membra?
    «…» non riuscì a dire nulla. Era come il suo cervello avesse smesso di funzionare, così come il flusso dei suoi pensieri. Si era sentita così stupida e così vulnerabile e … fragile.
    Si era lasciata suggestionare dal periodo, dalle storie, dalle leggende, dallo stress logorante derivato dall’Apocalisse e dal magazzino e da tutto quel sangue e da quegli strumenti che vi erano sulla parete che … aveva abbandonato la razionalità e aveva dato una spiegazione soprannaturale a ciò che non era affatto parte di quel mondo.
    In qualche modo doveva comprendere, capire se il suo sospetto era fondato e se fosse fondato allora… forse aveva una possibilità di uscire da lì senza finire sul freddo pavimento di quello schifoso magazzino.
    Forse… era meglio continuare a recitare la parte della ragazzina indifesa e pregare che il suo Quirk non l’abbandonasse davvero nel momento del bisogno.
    Lasciò la campanella in una mano e l’altra tremante si spostò e andò a toccare lentamente il braccio di lui e sentì i suoi muscoli sotto i vestiti… pesanti che portava addosso… e fu un altro segnale per comprendere la natura umana di colui che le stava di fronte.
    Voleva una riprova di quello che il demone stesso le aveva fatto capire e aveva trovato la sua risposta… in parte. Un demone che si copriva per non sentire il freddo? Questa sì che era bella…
    Non aveva forza nelle gambe per scappare, ma sentiva una leggera brezza che iniziava a pungerle dentro le orecchie e iniziava a farsi largo fino al corno e quella sensazione... arrivò come una manna dal cielo per lei. Avrebbe voluto sentirla molto prima, ma meglio tardi che mai.
    L'inesperta era adesso consapevole che il suo corpo era pronto per attivare il suo Quirk.
    Oramai aveva imparato a riconoscere quella sensazione e a sentire la sua Unicità come parte di lei, come un muscolo, come il cuore o la semplice sensazione di un tocco delicato sulla fronte di chiunque aveva davanti a sé.
    « Io non ho… più paura. Oni-san. » disse con la voce ancora rotta dalle lacrime e per quanto la pressione in mezzo ai suoi occhi la sentisse come una quella di una pistola puntata alla testa non ritrasse neanche di un solo istante la sua testa così come la sua mano si strinse con quanta forza aveva in corpo – poca – il braccio di lui «T… Tu non hai p-p-potere su questo mondo….» balbettò un poco e forse non pronunciò proprio tutto per bene, aspirò probabilmente qualche parola ma chissà… non poteva sentire neanche la sua stessa voce.
    Alzò con l’altra mano, quella che stringeva la catenina che aveva al collo, la campanella solo un poco; un riflesso in quel buio e forse… tutto sommato, quelle tenebre potevano essere per lei molto più utili di quanto pensasse.
    Alzò solo di poco la testa, lentamente, impercettibilmente, e puntò il suo corno in un punto a caso, nel vuoto della stanza dietro le spalle dell’Oni, in alto? Boh non lo sapeva.
    La sua intenzione non era colpire lui. Era imbrigliare il suono della campanella e spararlo dietro il demone, dietro quel ragazzo… e se fosse scoppiata dopo aver raggiunto un certo punto… avrebbe rilasciato quel suono.
    Un diversivo, le sarebbe bastato un solo diversivo per permetterle poi di fare la sua mossa e avere la conferma al cento per cento che quello che aveva di fronte era davvero un essere umano.
    Non sapeva se sarebbe partita la bolla, non sapeva se sarebbe riuscita nel suo intento ma tanto valeva provare. Non aveva altre possibilità.
    Era come se si tenesse quella finta pistola puntata alla fronte e non distolse neanche di un solo istante gli occhi dal tipo e sebbene fossero ancora gonfi di lacrime stavolta era riuscita a sostenere quello sguardo che per lei non aveva ancora niente di umano.
    Poi si concentrò con un profondo respiro e per un attimo allontanò la paura dal suo petto e le bastò quel secondo.
    Dette un colpetto solo alla campanella. Uno solo, e nessun suono ne uscì.
    « Tu non hai potere su questo mondo. Oni-san. » continuò ma stranamente non aveva la stessa voce di prima… era più… sicura?
    « Io sì.»
    Se tutto fosse andato secondo i suoi piani, di lì a poco una bolla occultata da quell’oscurità sarebbe partita dal suo corno allontanandosi nella direzione in cui questo puntava… e se fosse davvero partita – perché in quelle condizioni non era ancora certa che potesse funzionare - e se fosse scoppiata in un punto distante non troppo da loro e avesse rilasciato quel tintinnio tanto da poter anche solo un attimo far voltare il demone… allora Mirai per la prima volta avrebbe tentato qualcosa che avrebbe di sicuro smascherato chiunque le stava di fronte.
    La riprova finale. Un demone non dovrebbe provare dolore… no?
    Tenendo stretto il braccio con una mano avrebbe tentato con la poca forza che aveva di tirare un calcio dritto di fronte a sé, là nella parte più delicata di ogni uomo e allora sì che avrebbe scoperto davvero se fosse veramente un Oni o no.
    In condizioni normali non l’avrebbe fatto, non avrebbe avuto il cuore di fare una cosa così… crudele ma ne andava della sua vita…
    Devo… raggiungere la porta… o l’interruttore….!
    « To be or not to be? »
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    Livello:
    2
    Exp:
    200
    Forza:
    11
    Quirk:
    37
    Agilità:
    27
    Peso:
    1/4


    Tecniche, Equipaggiamento & Status
    ©
    Status: Illeso.
    • Tecniche usate: • Echoes [Livello 1]
    Mirai assorbe un determinato tipo di suono (schiocco di dita, battito di mani o piede) che verrà inglobato in una bolla. Questa prenderà vita sulla punta del corno di Mirai per essere poi sparata via in linea retta in modo da sfruttare le onde sonore compresse all'interno per far danno o per creare un semplice diversivo.
    La bolla /delle dimensioni di una pallina da golf/ esploderà a contatto con qualsiasi superficie solida rilasciando il suo contenuto.
    Costo: 10 PE
    Danno: Lieve
    Range: 2m
    • Energia: 90

    • Equipaggiamenti:
    Silver Bell [Accessorio]:
    ► Descrizione: Una semplice campanella argentata che si è comprata ad un giusto prezzo in un negozio di ninnoli da lolita e che ha deciso di portare sempre al collo su una fine catenina. Pensa che potrebbe esserle utile in molte occasioni e che si sposi molto bene con ogni suo outfit.
    ► Effetto: Emette un pregevole suono tintinnante ad ogni passo. (Dicono...)
    ► Peso: [1]

    Ho editato i post prima perchè mi ero dimenticata di cambiare il nome della tecnica "Bubble Bullet" in "Echoes".
    Spero di avere spiegato bene l'azione... e di non aver fatto confusione... abbiate pietà pazienza.


    Edited by ¬Kinshara - 29/12/2020, 22:42
     
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    ♥ Hisoka Morow ♠

    La ragazza era come una delicata bambola di porcellana tra le malefiche dita del Jester. Lui non aveva fatto altro che apparire e camminarle incontro. Questo era bastato a scuoterle l'animo fino a farle recitare preghiere spiritiche, chiudendo gli occhi, stringendosi in se, e lacrimando.

    Non c'era gusto.

    Stava reagendo esattamente come ci si poteva aspettare... E ciò era noioso. Hisoka era in cerca dell'inaspettato e del sorprendente, quella piccina l'aveva interessato non solo per essere l'unica in quella zona, ma perché si era spinta all'interno del magazzino.

    Cosa l'aveva portata a fare quel passo in avanti, si chiedeva. Era in cerca di terrore e s'era pentita nel trovarlo? Oppure era il leggero sentore di morte ad averla richiamata? Una facilmente terrorizzata come lei che avanzava verso i cadaveri invece che scappare... Peculiare.

    E gli arrivò anche una seconda sorpresa.

    Il tocco del suo dito appena sotto il corno aveva il potenziale di spezzarla, e invece la rinforzò. Prima pensò che quello sguardo più deciso potesse esser dato dal capire fosse un essere umano invece che un'apparizione.

    « Non ho più paura. Oni-san. »

    Invece no? Ancora era convinta fosse un qualche demone, ma ciò non l'aveva messa totalmente in ginocchio. Balbettava, tremava, ma era in piedi. Se solo avesse saputo che il suo coraggio era proprio ciò che Hisoka voleva. Se fosse svenuta avrebbe sbuffato e l'avrebbe lasciata lì... La colpa era sua che stava rendendo il tutto intrigante.

    Sentì un campanellino tintinnare e d'istinto si voltò. Non era la scelta più razionale. Forse perché era sovrappensiero nell'analizzare la ragazza, o la sottovalutava, o l'atmosfera cupa stava mettendo in soggezione anche lui. Qualsiasi fosse il caso, non se n'era pentito.

    Dietro di lui non c'era nulla, invece sentì la manina della piccola afferrare il suo braccio. Un diversivo... Lo stava attaccando. Questo gli diede molta soddisfazione, aprendogli un largo malevolo sorriso in volto. Quello era vero coraggio allo stato puro. Solo quando si è davvero terrorizzati oltre ogni comprensione, ma si decide comunque di reagire, ci si può definire eroici.

    Apprezzava il sentimento.

    Le avrebbe comunque dovuto far male.

    Appena realizzò la situazione, prima che lei avesse occasione d'imporre l'offensiva il dito d'Hisoka impregnò una carica esplosiva all'interno del corpo stesso della bimba. Dopo un rapido comando mentale, questa sarebbe partita al cielo come un vero e proprio razzo, decollata tramite un'esplosione lei stessa generava. Avrebbe impattato violentemente la schiena al soffitto della stanza, inevitabilmente beccando anche una seconda botta atterrando frontalmente da peso morto.

    Il suo coraggio sarebbe rimasto intatto una volta compresa la loro disparità? Ormai la ragazza lo stava divertendo, adesso avrebbe scoperto se qualcosa di banale come il dolore fisico sarebbe stata la chiave alla sua disperazione.
    Click Me || Livello: 6 | Energia: 525 | Forza: 15 | Quirk: 255 | Agilità: 255
    • Tecniche Utilizzate
    Long Distance [Livello 2]
    - Si impregna di una carica speciale uno o più oggetti a contatto con il proprio corpo. Essa non esplode, bensì farà da propulsore.
    - Tramite un semplice comando mentale, l'oggetto viene fatto detonare, e una piccola esplosione partirà da esso spedendolo in volo come un razzo.
    - Si può decidere l'angolazione e la traiettoria del decollo facendo fuoriuscire la "spinta" da una zona della superficie rispetto ad un'altra. In ogni caso la deflagrazione sortirà soltanto questo effetto senza causare danni.
    - L'esplosione ha effetto sulla velocità e traiettoria dell'oggetto fino a 3 metri, poi perderà slancio.
    Costo: 5 per caricare, 20 per attivare

    • Equipaggiamento
    Marked Cards
    Oggetto Quotidiano [Munizioni: 20]
    ► Peso: [2]

    Loaded Dice
    Oggetto Quotidiano [Munizioni: 2]
    ► Peso: [1]

    XSQ
    Equip ? [Aumenta efficacia tecniche di uno step per tre turni] [Dosi: 5]
    ► Peso: [0]
     
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    MIRAI ISHIGAMI
    NARRATO x «PARLATO» x PENSATO x LINGUAGGIO DEI SEGNI


    La caduta.
    Non è il primo volo, e neanche la prima uscita dal nido l’ostacolo più grande per un pulcino.
    E’ affrontare la forza di gravità con le sue sole forze.
    E’ affrontare il mondo e le avversità, la cruda realtà sapendo di fare affidamento soltanto sulla sua forza di volontà e sulla determinazione per poter arrivare a toccare il cielo.
    Non era una questione di sopravvivere alla prima prova di volo, quanto alla prima caduta.


    «….Nngh….» soffocò tra le sue labbra un mormorio mentre l’aria tornò a riempire i suoi polmoni dopo che era rimasta senza respiro, riversa a terra a faccia in giù sul pavimento freddo.
    Riaprì lentamente gli occhi e ci volle un po’ per realizzare cosa fosse successo.
    Rimase immobile, sentiva un dolore diffuso in tutto il suo corpicino soprattutto sulla schiena… là dove le sue vertebre avevano impattato contro il … soffitto?
    Aveva paura di muoversi per capire in che stato era e sfruttò quel poco tempo per rimettere insieme nella sua testa l’accaduto.
    Fa….male…. le faceva male sì. Non sapeva se più il fisico o il suo animo.
    Come aveva potuto essere così ingenua e così stupida nell’entrare in un posto simile?
    Non voleva ammettere di essersela cercata eppure… così era stato e ora stava pagando il prezzo della sua curiosità.
    Provò lentamente a muovere le braccia con cui aveva cercato – riuscendoci in parte – di proteggere la parte sinistra della testa. Faceva male da fare schifo e con un rantolo sommesso si tastò, tremando, il corno ma non sembrava che niente si fosse rotto.
    La sua testa invece le sembrava ancora più pesante e dolorosa di prima e il suo orecchio sinistro probabilmente aveva ricevuto una bella botta, lo sentiva pulsare sul pavimento.
    La sua guancia era a contatto con il terreno… Tsk… sbuffò un fumo bianco che si perse nel buio della stanza mentre osservava con la coda dell’occhio qualche pezzo di una parte del suo corredo che probabilmente si era accartocciato, o scheggiato, o ammaccato – sperava tanto non fosse rotto - nell’impatto.
    Impatto.
    Non poteva meglio definire quello che le era successo.
    Non sapeva come, non sapeva effettivamente cosa diavolo l’avesse colpita, quale forza sovrannaturale l’avesse presa di mira ma in un secondo… prima che potesse anche solo tentare di scappare, di fuggire, o anche solo di urlare o provare a difendersi il suo corpo venne sollevato e spinto via, andando contro la forza di gravità stessa fino ad impattare il soffitto con la sua schiena.
    Il suo cervello non riuscì a reagire, non riuscì a trovare una via di fuga e neanche una difesa tanto fu repentino.
    Era come se in quel momento fosse stata una bambola di pezza nelle mani di un grosso e grande Orco malvagio che l’aveva buttata in aria con così tanta facilità e con così tanta forza che il suo corpo non sembrava aver opposto nessuna resistenza.
    La sua schiena impattò sul soffitto e in parte lo zaino attutì la botta, in parte ciò che vi era dentro la sacca lo aveva sentito come se le avesse penetrato fin nel midollo -anche se non era affatto così-.
    In quel preciso istante di puro e penetrante dolore l’aria uscì dai suoi polmoni e il suo corpo si abbandonò alla forza di gravità.

    La caduta è sempre dolorosa.
    E’ sempre fredda e spietata. La forza di gravità non guarda in faccia a nessuno.
    Neanche per un pulcino stolto che ancora non ha imparato a volare e crede che mettendo un piede fuori dal nido sia tutto esattamente come se l’era sempre immaginato.
    Un pulcino che crede fermamente che le ambizioni e i sogni saranno il vento che porterà lontano le sue ali.
    E invece no.
    Invece fuori, dopo quel passo, la vita gli ha riservato la prima grande botta, la delusione, l’amarezza.
    Il freddo e il suolo.
    Dolore, aria strappata dal petto, cuore che va a mille, spirito in frantumi e tanta tanta fottutissima paura.


    Non era forse questo il riassunto della sua vita fino a quel momento?
    Credeva davvero di poter salvare altre persone, di andarsene in giro per strada e proteggere chiunque avesse avuto bisogno di lei?
    Si rendeva conto solo adesso che poteva riuscire con il suo spirito ad infondere forza e coraggio in un Ryo Sasaki, poteva ascoltare ed essere incoraggiata dall’ardente presenza di Yoshito Amaterasu… ma le sue parole e la sua ambizione sarebbero stati solo effimeri come il suo fiato?
    Credeva davvero di poter fare la differenza, quando non era neanche capace di proteggere sé stessa?
    Erano allora tutte idee, tutti sogni, i suoi, privi di qualsiasi fondamento?
    Il dolore della caduta si faceva sentire, come migliaia di spilli su tutto il corpo ma le braccia e la schiena erano quelle messe peggio.
    …. avrebbe voluto urlare, disperarsi, e avrebbe voluto scappare. Svegliarsi da quell’incubo e passare una giornata come le altre a lavoro con sua madre e tornare a casa da suo padre e invece… invece si era intestardita col prendere quella strada. La strada per il bosco, per allenarsi con il suo Quirk e per dimostrare a sé stessa in primis che lei sì… poteva fare davvero quella differenza, che poteva scendere per strada e fare ciò che nel suo cuore sentiva di fare.
    E invece no. Non era così. Era stata davvero così sciocca da inseguire quella voce dentro di sé?
    Quella realtà faceva più male di qualsiasi altra cosa.
    Serrò i pugni con la poca forza che aveva e ne sbattè uno a terrà in preda alla …disperazione, o in preda alla rabbia? Non lo sapeva. Troppe emozioni, troppe… non capiva. Non sapeva neanche di averle mai provate.
    Non si arrabbiava mai, cercava sempre di risolvere ogni situazione nel migliore dei modi.
    Non era una che si cacciava nei guai per cui il dolore era una cosa che molto poco spesso le accadeva di provare.
    La disperazione era una cosa che ultimamente l’aveva tormentata, si era annidata dentro di lei con il video di quell’Hanzo Takashi e piano piano cresceva come una crisalide.
    La paura. L’unica cosa che aveva sempre provato per quelle bestie infami e per tutte le cose soprannaturali e horror in generale… ma quella… quella che provava adesso non era niente in confronto. Era la paura di sapere di essere nella tana di un demone e di non avere speranza di sopravvivere o di poterlo battere.
    O forse era la paura di affrontare sé stessa e sapere di non essere nient’altro che una semplice ragazzina con sogni e ambizioni troppo grandi per la sua fragile natura? Tremava da capo a piedi, doveva essere una patetica visione da parte del demone, lo stava saziando con la sua paura.
    Non voglio… non …. era difficile finire quella frase, il suo cuore le batteva fortemente nel petto e si accavallò al flusso dei pensieri mentre cercava di riprendere coscienza sul suo corpo. Lentamente, riprese a respirare con avidità e sentiva l’adrenalina scorrerle nelle vene più del suo sangue e le sue energie lentamente tornarono ad accendersi dalle fredde braci dentro di lei.
    Quel… mostro… è davvero un demone? … o … è un umano con una forza, o un Quirk spaventoso? …. non era infondo la sola a possedere un Unicità: che fosse davvero un semplice essere umano che avrebbe voluto divertirsi a vederla soffrire prima di farla fuori?
    Quel sorriso poi… lo aveva visto su quel volto. Un sorriso che di umano non aveva proprio nulla.
    Ma alla fine, umano o no… la situazione non sarebbe cambiata.
    Lei era chiusa, intrappolata con lui e non possedeva forza necessaria per contrastarlo… e forse neanche per fuggire… quindi? Che avrebbe fatto? Si sarebbe semplicemente arresa e gli avrebbe lasciato la sua vita in cambio di una subitanea fine?
    roppe domande.
    Troppe.

    Non sempre è facile rialzarsi dopo una caduta. Molto spesso i pulcini non ce la fanno a rialzarsi e diventano parte di quel freddo pavimento terreno. Altri invece riescono a rialzarsi, a fatica, ma sanno di essere delle prede per qualche bocca affamata più grande di loro.
    Prima sei sotto le calde ali di madre, e poi, vieni sputato nella cruda realtà.
    Da qui il pulcino ha solo un modo per sopravvivere.
    Rialzarsi e riprovare a volare o soccombere.


    Stava a lei scegliere cosa fare adesso. Se alzarsi, stringere i denti, combattere e dimostrare a sè stessa che nonostante le sue fragilità poteva essere l'eroina che aveva scelto di voler essere o ... restare lì, inerme, a disperarsi e ad arrabbiarsi con sè stessa per non essere capace di affrontare la situazione e aspettare che la mannaia del boia cadesse su di lei un'ultima volta.
    Fu in quel momento che qualcosa sembrò scattarle dentro di lei.
    Qualcosa che non riconobbe subito ma che lentamente iniziò a infiammarle il petto e a ravvivare lo spirito inquieto e prossimo ad una resa.
    NO… C’era qualcuno fuori da quel maledetto posto che l’aspettava, qualcuno che credeva in lei, e poi tante altre persone che aspettavano là fuori e che avevano bisogno di lei.
    E non poteva permettersi di lasciarsi andare così. Senza neanche combattere o almeno provarci.
    Non posso… io...io… non posso. non poteva abbandonare i suoi sogni, le sue ambizioni. Non poteva mandare in fumo ciò in cui credeva veramente. Non poteva permettere che le sue parole rimanessero solo come tali. Lei ci credeva.
    Lei credeva di poter fare la differenza e in quel momento comprese… cosa fosse il restante 99% di lei.
    follia D E T E R M I N A Z I O N E

    Il pulcino osserva le sue ferite, le sue ali scomposte malamente a terra e osserva il cielo in cerca di aiuto e di una mano caritatevole che possa raccogliere le sue preghiere ma no... soltanto adesso si rende conto che soltanto se crederà, e riproverà, se solo combatterà fino alla fine, se farà affidamento su se stesso per poter raggiungere di nuovo il cielo… allora tonerà a volare.
    Fece forza sui gomiti, in silenzio, con sguardo basso, sentiva le braccia tremare e bruciarle ma non le importava. Doveva mettersi in piedi. Assolutamente.
    Era all’erta per sentire ogni singolo spostamento d’aria, ogni fremito passarle sotto i polpastrelli che si piantavano sul terreno e lentamente si mise in ginocchio, con lacrime silenziose che le scendevano sulle guance.
    Si alzò con enorme forza d’animo e si mise in piedi con un gemito di dolore che stavolta non venne distrutto dal silenzio del posto, mentre la campanella -che miracolosamente sembrava intonsa- le battè sul petto. Mugolò per il dolore e rimase leggermente curva su se stessa per non aggravare con il suo peso la schiena.
    Non fu mai così difficile rialzarsi.
    Una volta in piedi alzò lo sguardo verso il demone e lasciò cadere lo zaino a terra senza curarsi di quello che aveva dentro.
    «… ks… » sibilò traendo poi un grande e immenso respiro che nonostante il fetore sembrò aria fresca e pura per i suoi polmoni.
    E poi fu la volta del secondo, e mentre lo toglieva sentì un dolore lancinante non appena provò a sfiorare la parte vicina all’orecchio: probabilmente l’impatto l’aveva accartocciato intorno all’orecchio.
    Sebbene fossero stati creati appositamente per lei, con angoli smussati, in metallo resistente per evitare che incidenti come una caduta potessero costarle la vita – e non avere qualche frammento di metallo nel collo o nella testa -.
    Quello che aveva adesso tra le mani, però non era l’originale: creato dalle sapienti mani e dal Quirk di Yoshito Amaterasu, quel padiglione si era spezzato e accartocciato. Non sanguinava, ma il dolore e il gonfiore sulla zona soprattutto dietro l’orecchio si facevano sentire.
    YoshiKishi-kun… mi… spiace… lo strinse tra le mani e lo mise nella tasca della felpa e sentiva dentro di sé come se avesse perso qualcosa a cui teneva molto. E questo… le dava profondamente fastidio.
    Non era importante quanto quell’amicizia, quanto ciò che le aveva regalato in quella serata, ma le dava comunque, profondamente, fastidio.
    Si portò una mano tremante verso l’altro orecchio e, con un sonoro “clack” che attraversò la stanza si tolse il secondo padiglione -quello che non era rotto - e lo mise anch’esso dentro la tasca della felpa.
    Non sapeva se poteva davvero vederla, e quanto di lei riusciva a scorgere il mostro ma se avesse davvero incrociato il suo sguardo sembrava quello di un soldato che aveva appena tolto la spoletta ad una granata ed era pronto a farsi saltare in aria in nome di un ideale. Il suo.
    Quindi aveva deciso.
    Il suo sguardo non ammetteva rimorsi.
    Aveva deciso di rialzarsi, e di essere un boccone indigesto.
    Osservò e cercò di studiare un modo… un modo per affrontarlo o per scappare? O entrambe le cose? Muoversi sembrava difficile, ogni movimento sembrava procurarle stilettate alla schiena e pensare di poter correre all’uscita era impensabile in quelle condizioni.
    Non aveva certo lei il coltello dalla parte del manico… ma poteva fare una cosa che forse le avrebbe dato un po’ di vantaggio. C’era una cosa che Ryo Sasaki le aveva insegnato quel giorno.
    Che si può vedere anche senza usare gli occhi, ma tra i due… sarebbe stato anche lui in grado di vederla e sentirla senza poter vedere né sentire?
    Questa era la chiave.
    Il buio che tanto le metteva ansia poteva essere la sua chiave per battere in astuzia il suo avversario.
    Avversario.
    E’ così allora?... io che non voglio combattere mi ritrovo a dover scontrarmi contro qualcuno per proteggere me stessa?.... E sia… se l’alternativa è diventare concime per piante… combatterò.
    Aveva solo bisogno di una cosa. Tempo.
    C’erano persone là fuori che contavano su di lei, che avevano bisogno di lei, e aveva deciso di non abbandonare nessuno. Aveva deciso che la sua vita avrebbe fatto la differenza per tanti altri e questo era più che sufficiente per darle la motivazione e la determinazione ad affrontare quell’incubo.
    Perché sapeva che ne valeva la pena.
    Sarebbe stato stupido e patetico e infinitamente deprimente perderla così… in quel posto dimenticato.
    Aveva dolore dappertutto ma riuscì a trovare la forza di sorridere e di rilassare quindi tutti i muscoli del suo corpo: non voleva sprecare inutilmente energie.
    Sorrise sì, perché nonostante tutto si sentiva rinvigorita dal fatto che adesso aveva trovato la strada che tanto cercava. Solo adesso si era resa conto di quale fosse davvero il suo scopo in questa vita e che il destino le aveva dato la possibilità di misurarsi e dimostrare a sé stessa e a tutti che sì.
    Mirai Ishigami era forte, e lo sarebbe stata per chiunque.
    Anche per chi non se lo meritava, anche per i demoni come quello che aveva di fronte, anche per chi le avrebbe fatto del male.
    Lei avrebbe combattuto e vinto per tutti loro e per sé stessa.
    « Heh… Arigatou… Oni-san…» disse con un rantolo nella voce, spezzato dal groppo in gola che ancora non andava giù.
    Doveva davvero ringraziarlo.
    Se non l’avesse portata in una condizione psicologica che avrebbe messo alla dura prova chiunque, se non le avesse mostrato di cosa fosse capace… e di come stesse rischiando la propria vita probabilmente Mirai non avrebbe mai sentito quella decisione davvero sua.

    Fece un singolo passo avanti, quel passo che avrebbe cambiato tutto.

    « Non voglio farti del male. Per cui. Sei pregato di lasciarmi andare. Chiunque tu sia… » tono pacato, parole veloci e non confuse da balbettii, non avrebbe forse letto le parole sulle labbra del demone o qualsiasi cosa esso fosse.
    In realtà, in cuor suo sapeva che sarebbero state tutte vane e che non l’avrebbe lasciata andare così e … stranamente…adesso che era in piedi faccia a faccia di nuovo con lui… la cosa non le faceva più così tanta paura... tutt’altro.
    Sentì il suo cuore pompare e risollevare ogni muscolo per far sì che potesse essere pronto ad una nuova offensiva… ma stavolta non gli avrebbe lasciato il tempo di arrivare a toccarla.
    Non voleva davvero fargli del male.
    Portò entrambe le braccia lontano dal suo corpo.

    Due ali pronte per spiccare il volo.

    E in quella penombra poteva vedere la figura del demone… e sarebbe bastato che facesse solo un passo. Che accorciasse le distanze anche solo di un movimento e si sarebbe trovato a fronteggiare una nuova bolla… Un solo colpo, un proiettile, un solo colpo di mani. Questo sarebbe partito nella sua direzione cercando di mirare nella zona alta del petto.
    L'essere le aveva dimostrato di avere il potere su questo mondo, lei gli avrebbe fatto capire di non essere affatto il solo.
    E fu così che Mirai Ishigami avanzò di un passo oltre il comune essere umano e si spinse verso il suo destino e adesso, mentre sorrideva sentiva di essere arrivata ad avere il pieno controllo della sua Unicità e di sè stessa.
    « One step forward. »
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    Livello:
    2
    Exp:
    200
    Forza:
    11
    Quirk:
    37
    Agilità:
    27
    Peso:
    1/4


    Tecniche, Equipaggiamento & Status
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    Danno Lieve su orecchio destro
    Danno Lieve braccio sx e dx
    Danno Medio schiena
    • Tecniche usate: • Echoes [Livello 1]
    Mirai assorbe un determinato tipo di suono (schiocco di dita, battito di mani o piede) che verrà inglobato in una bolla. Questa prenderà vita sulla punta del corno di Mirai per essere poi sparata via in linea retta in modo da sfruttare le onde sonore compresse all'interno per far danno o per creare un semplice diversivo.
    La bolla /delle dimensioni di una pallina da golf/ esploderà a contatto con qualsiasi superficie solida rilasciando il suo contenuto.
    Costo: 10 PE
    Danno: Lieve
    Range: 2m
    • Energia: 80

    • Equipaggiamenti:
    Silver Bell [Accessorio]:
    ► Descrizione: Una semplice campanella argentata che si è comprata ad un giusto prezzo in un negozio di ninnoli da lolita e che ha deciso di portare sempre al collo su una fine catenina. Pensa che potrebbe esserle utile in molte occasioni e che si sposi molto bene con ogni suo outfit.
    ► Effetto: Emette un pregevole suono tintinnante ad ogni passo. (Dicono...)
    ► Peso: [1]


    Edited by ¬Kinshara - 29/12/2020, 22:42
     
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    Era chino su di lei come un bambino che si diverte a bruciare le formiche con una lente. Anche nell'oscurità appena appena irrigata dalla luce esterna coglieva che fosse accartocciata su se stessa. Immersa in una gabbia di dolore dalla quale solo gemiti riuscivano a fuggire.

    « Ouch~ Forse ho esagerato un pochino? ♥ »

    Disse, metà tra se e l'altra metà per demoralizzare ancor più la sua vittima. Accennava solo qualche movimento agonizzato, era letteralmente abbattuta, e non solo dall'impatto del colpo in se, probabilmente anche assaggiare la differenza insormontabile tra i due non faceva miracoli per il morale.

    Hisoka si voltò e proseguì con calma all'altro capo della stanza, raggiungendo l'interruttore che affiancava l'entrata. Gli serviva una buona illuminazione per godersi l'avvilimento della ragazzina. Ogni espressione disperata, ogni rigolo di sudore. Abbassò la levetta... Ma nulla. Rimanevano immersi nel buio. Doveva aspettarselo, siccome chi gestiva quel Magazzino era morto da mesi.

    « Oops, cilecca. Giuro che non succede mai, è che sei così be– »

    Voleva continuare il tormento con una battuttina inappropriata. Girò il capo rivolgendosi di nuovo a lei, e fu zittito dalla sorpresa. Era in piedi. Ne vedeva la sagoma, ricurva e dolorante, ma s'era rialzata. Non male, pensò. Estrasse il telefono dalla tasca e investì la giovane di luce. Sembrava un'interrogatorio.

    D'un tratto la stanza brillava di bianco, lei probabilmente non avrebbe ancora visto lui siccome era dietro la fonte di quel bagliore accecante, ma lui vedeva lei. Impallidita ulteriormente da quell'illuminazione, con gli occhi gialli appena socchiusi e messa male in generale... E con una inaspettata determinazione in volto.

    Non si era arresa.

    Per quel che pensava lei un Oni l'aveva spappolata contro il soffitto e poi riso della sua sofferenza. Fronteggiava una minaccia non solo paranormale ma parecche spanne sopra le sue abilità, sopra le abilità di qualsiasi persona normale. Ma non era rimasta a terra. ...Ciò significava fosse ingenua? Oppure una persona fuori dal normale?

    Stava per farle i complimenti, quando lei lo sorprese un'altra volta.

    Raggiunse con le manine le "cuffie" che ingombravano le orecchie togliendole con un suono meccanico. Rivelando dei fori. La ragazza non aveva le orecchie... La scenetta di prima gli passò in flash per la mente. Era per quello che non l'aveva sentito... Era sorda? Gli sembrava strano che non se le fosse tolte prima, se davvero erano cuffie che ne limitavano l'udito. Non avrebbe voluto sentire, se qualcuno la stava minacciando? Le stava rimuovendo ora solo per non danneggiarle.

    « Non voglio farti del male. Per cui. Sei pregato di lasciarmi andare. »

    Normalmente avrebbe riso. Ma era... Quasi in shock. Una ragazzina mingherlina, debole, disabile, s'era addentrata in un Magazzino abbandonato in piena notte. Poi era stata attaccata da un demone, e nonostante ciò gli intimava che avrebbe potuto fargli del male... Ma non voleva.

    Chi diamine era quella bimba?

    Sin da quando ci aveva posato lo sguardo sopra aveva agito nella maniera che meno si sarebbe aspettato. Ogni sua decisione andava contro il suo aspetto e le sue capacità. Era un puzzle... E Hisoka voleva risolverlo. Tuttavia prima doveva capire che tipo di gioco stessero giocando.

    Fece qualche passo in avanti e posò il telefono al terreno, schermo in giù. In tal modo la torcia sarebbe stata sparata verso il soffitto a metà stanza, irradiando entrambi anche se con luce più debole. Almeno così potevano vedersi. La ragazza parlava invece che usare il linguaggio dei segni, significava che potesse leggergli le labbra? Sperava di sì, sarebbe stato un problema comunicarsi non vermalmente.

    Tornò in piedi e fu accolto da un singolo applauso, e un pugno al petto. O a quello poteva paragonare la potenza di quella strana bolla che lo investì alla sprovvista. Una sfera che portò con la sua detonazione un suono invece che un'esplosione, come una versione più raffinata e delicata di Tainted Love.

    Hisoka reagì con un attimo di sorpresa... E poco altro. Incassò il colpo senza troppo dolore o preoccupazioni, rimase ben saldo sui propri piedi e si lasciò scappare giusto un "Oh". Doveva contendere quotidianamente con il rinculo delle sue stesse deflagrazioni, in confronto quell'attacco era poco più di una leggera brezza.

    « ...Sarebbe questo il "male" di cui dovrei preoccuparmi? ♠ »

    Schernì la piccina, strofinandosi sotto la giacca dov'era stato colpito. Era con quella stessa abilità che l'aveva distratto prima. Si era perso quella piccola bolla trasparente nel buio, lei aveva sfruttato l'ambiente a suo favore e ragionato ad una strategia sotto pressione... Ragazza furba.

    « Che ci fai fuori casa a tarda notte, little one? Ti saresti risparmiata un sacco di problemi restando fuori da questo Magazzino ♦ »

    Lo chiese con tono davvero incuriosito. Le motivazioni di quello scricciolo erano il tassello principale che gli mancava per interpretarla bene. Ora come ora, non sapeva cosa farci del suo comportamento.
    Click Me || Livello: 6 | Energia: 525 | Forza: 15 | Quirk: 255 | Agilità: 255
    • Danni
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    MIRAI ISHIGAMI
    NARRATO x «PARLATO» x PENSATO x LINGUAGGIO DEI SEGNI


    Non le servivano a niente.
    Non le erano mai serviti a niente quegli strani gioielli volti solo a nascondere per gran parte della vita e della giornata una parte di sé.
    Quella che stava scoprendo passo dopo passo da qualche mese a quel giorno e che aveva ripudiato da sempre.
    Non se li era tolti per non bagnarli, come spesso accadeva sotto la doccia, neppure per dormire, per assaporare in casa un po’ di sana libertà lontana dagli occhi altrui o semplicemente perché ci teneva troppo per vederli ammaccati o rotti.
    No, niente di tutto ciò.
    Se li era tolti non perché poteva sentirci di più, ma per assaporare quella sensazione di controllo di quella parte di sé che aveva sempre ripudiato e che adesso sentiva più che mai viva, fredda ma viva.
    Un modo che aveva per dire, “questa sono io e non ho paura di mostrarlo”.
    Poche volte si toglieva quegli strambi grossi orecchini eppure adesso non si era mai sentita così leggera nel farlo.
    Non riesco… a muovermi… di sicuro in quel momento i suoi pensieri non erano andati al fatto che aveva mostrato le sue cavità all’avversario, chiunque esso fosse, ma sul come riprendere possesso del suo corpo.
    La volontà e la forza d’animo c’erano tutte. La determinazione non le mancava ma il corpo non sembrava ancora essersi ripreso: dolori alla schiena, dietro l’orecchio e gambe tremanti ancorate al pavimento da catene invisibili. Nonostante tutto era ancora fragile come lo era sempre stata.
    Il suo sguardo era fisso di fronte a sé, ad osservare una figura che ancora poteva riconoscere in quelle ombre che si facevano sempre più fitte ma di cui non sarebbe mai riuscita a leggere le labbra: da una parte avrebbe voluto la luce, e dall’altra pregava per tenebre ancora più buie.
    E proprio mentre pensava a questo venne invasa da una luce. Una luce accecante che le fece chiudere gli occhi e portare le braccia e le mani davanti al volto per ripararsi.
    Accidenti…! Luce? … Ma…che cosa…? Come è possibile? non riusciva a metabolizzare la cosa finchè nel suo cervello non risuonò lampante una frase, ripetuta all’infinito come un loop di un disco rotto E’… un essere umano? e la risposta la trovò, subito dopo quando riuscì ad abituare gli occhi a quella luce accecante come i fari di uno stadio.
    Abbassò le mani, e le braccia e il suo sguardo tornò un po’ tremolante a fissarsi sulla sagoma scura dietro quella fonte di luce Davvero?.... e quella forza? Come avrà fatto a scaraventarmi così?.... oh… sì…. So la risposta
    Anche lui, o lei poiché ancora non poteva vedere chiaro in volto il suo aguzzino, aveva un Unicità e forse molto più “potente” della sua.
    Era la prima volta che si trovava faccia a faccia a valutare la “potenza” di un Quirk, e il suo cuore le disse che stava facendo la cosa giusta perché in questo caso era meglio tentare di trovare una via di fuga piuttosto che scontrarsi contro qualcuno più forte – replicò il buonsenso.
    Scontrarsi, potenza, Unicità. Parole che non facevano parte del suo quotidiano e che in quel giorno stava riscoprendo piano piano, passo dopo passo.
    Dove sarebbe arrivata se avesse continuato così? Se si fosse vista dall’esterno avrebbe davvero detto di essere lei o qualcun altro ad interpretare una sé stessa completamente diversa da ciò che era?
    Il fatto era che per tutti quegli anni aveva sempre vissuto nella normalità, e questa cosa così nuova per quanto tremenda che fosse le stava dando modo di scoprire molte più cose di sé stessa di quanto anche lei stessa poteva immaginare.
    Di sicuro essere una fattorina non l’avrebbe mai messa in quella posizione, non le avrebbe dato modo di scoprire fino a quanto avrebbe potuto spingersi. Fin quanto era in grado di controllare la sua Unicità e misurarsi contro qualcuno che potenzialmente poteva ucciderla e scoprire che forse era capace davvero di grandi cose.
    Se fosse sopravvissuta a questa notte, Mirai non sarebbe stata più la stessa.
    Solare, fragile, emotiva, rumorosa sì, quello sempre, ma sarebbe stata infinitamente consapevole di ogni parte di sé.
    Allargò le braccia con un movimento lento e impacciato e attese.
    Se avesse fatto anche solo pochi passi verso di lei, avrebbe attaccato per cercare di mantenere le distanze che si erano create.
    Si muove. qualsiasi fosse il suo pensiero in quel momento venne letteralmente spento in favore dell’analisi della situazione corrente.
    Il demone si stava muovendo, anzi… la luce? Non fece caso molto alla cosa, i suoi occhi scorsero un movimento e sentendosi minacciata il cuore pompò al massimo adrenalina per il suo corpo e le braccia risposero alla chiamata.
    Le mani batterono assieme e il suono, per quanto non potesse sapere quanto fosse forte, lo sentì risalire nella sua testa fino al corno e poi lo sentì librarsi nell’aria fino a raggiungere il punto di fronte a lei.
    L’Oni.
    L’Oni si stava… rialzando?
    «…h?» un mugolio di stupore la pervase quando vide il mostro, anzi no, il ragazzo poggiare la fonte di luce per terra e venire poi colpito dalla sua bolla in pieno petto.
    Non sapeva di cosa fosse più amareggiata. Del fatto che quel colpo sembrava non aver sortito alcun effetto, o che adesso poteva dire che al cento per cento era un essere umano dotato di una forza spaventosa, o di un Quirk molto più forte del suo.
    Di peggio in peggio.
    Perché se aveva abbassato quella luce, che a giudicare poteva essere quella di un cellulare adesso che ci faceva più attenzione, quel demone aveva compreso che non avrebbe comunicato con lei se non le avesse mostrato le labbra.
    Quindi adesso si trovava in svantaggio, perché tutto era illuminato – non come a giorno, certo, ma vedeva tutta la stanza – e perché lui sapeva.
    Il cuore le martellava in gola, la bocca secca, e non riusciva a staccare gli occhi da quella figura inondata dalla luce grottesca del telefono.
    La schernì e Mirai in quel momento si sentì congelare sebbene non potesse sentirne la voce, soltanto quell’espressione valeva più di mille parole.
    Rimase impietrita, come se le avesse detto che tutto quello per cui stava lottando era inutile, che la Unicità era inutile e che lei stessa sarebbe stata inutile.
    … No… Non è vero. Mi rifiuto. Mi rifiuto di crederci. pensò scacciando i pensieri negativi, come era solita fare da sempre anche se in quel momento richiedevano uno sforzo maggiore per la ragazzina.
    … devo riuscire a prenderglielo… o a romperlo…. o…. o tento la fuga. il suo cervello con razionalità cercò di trovare una soluzione per fuggire dalle grinfie di quel demone.
    Demone. Non era cambiata la sua connotazione sebbene fosse più umano che soprannaturale.
    Quel mostro voleva farle del male e forse quello che le aveva fatto poco prima era solo un assaggio… probabilmente un’altra ragazzina come lei, senza forza di volontà o determinazione sarebbe rimasta distesa per terra ad aspettare o piangere o invocare pietà.
    « Mh…?» altre parole uscirono dalle sue labbra e molte di quelle non le comprese e poi le disse chiaro e tondo che aveva fatto molto male ad entrare in quel magazzino.
    Parole sagge.
    Mirai rimase interdetta.
    Non sapeva cosa rispondere e come prendere quelle parole.
    Non riusciva ad avere paura, ma allo stesso modo il suo corpo le stava dicendo che era meglio scappare, e in fretta sebbene le sue gambe non si muovevano neanche di un millimetro.
    Non riusciva a scorgere la sua figura per intero, poteva vedere solo bagliori in bianco e nero di quel volto che tutto era meno che amichevole.
    Nonostante questo la mente di Mirai vagava altrove, si era estraniata lasciando quella scena con la tigre pronta a balzare al suo collo e iniziò a riflettere su quella domanda.
    Perché lo stesse facendo era un mistero, eppure voleva trovare risposta anche lei a quella domanda.
    Poteva cambiare strada e invece si era fermata.
    Potevo andarmene e invece no. Sono rimasta.
    Poteva tornare indietro e invece era entrata in quel posto che trasudava morte da ogni poro.
    Volevo cercare… un posto dove prendeva il cellulare… pensò e si morse il labbro pensando a quanto fosse pessima a mentire anche a sé stessa.
    Volevo… sapere se c’era qualcuno che poteva aver bisogno di me…. e non aveva considerato che qualcuno avrebbe trovato ma non certo da salvare e che quella che avrebbe avuto più bisogno di lei era lei stessa.
    Perché si era addentrata in quel magazzino, da sola, contro ogni logica, contro ogni statistica, solo per seguire quell’1% di possibilità di fare la differenza?
    Mirai non cercava quella possibilità.
    Mirai non cercava una presa per scroccare corrente.
    Mirai non cercava un posto per far tornare a funzionare il suo gps.
    « Cervavo… me. » in un secondo si portò entrambe le mani alla bocca come per soffocare quel flusso di pensieri che si era condensato in due semplici parole.
    La chiave di tutto, forse, di tutto quel puzzle che aveva nella mente.
    La risposta a tutte le sue domande.
    Era lì per cercare sé stessa, per abbracciare una parte di sé, l’ultima chiave per aprire l’ultima porta che era rimasta chiusa per troppo a lungo dentro di sé.
    Sperava che non l’avesse sentita ma non poteva saperlo, visto che neanche lei poteva sentire le sue parole.
    …. E adesso. Che cosa faccio….?
    « Non so chi tu sia. Né perché sei qui. Ma io non ho paura di te. Umano o Oni che tu sia. » le sue gambe dicevano il contrario, ma tentò di drizzare lentamente la schiena per mostrarsi almeno un po’ più credibile e ferma sebbene il dolore le fece chiudere un occhio involontariamente strappandole un altro flebile mugugno.
    « Se è di tua proprietà mi dispiace di essermi introdotta così - » disse per poi mettersi in guardia con i pugni alzati… non era così che facevano nei film? Non sapeva neanche cosa stesse facendo ma cercò nella memoria un modo per mostrarsi più forte e determinata di quanto non lo fosse già, un po’ come quando una tigre ferita tira fuori gli artigli per dimostrare di essere ancora feroce e letale.
    Mirai non era né l’una né l’altra cosa, per cui sembrava ancora più impacciata « - senza chiedere il permesso. E- e- poi NO! Non è vero! » sbuffò risentita – sempre la solita Mirai - « Non sai di cosa sono capace. Quello era un avvertimento! » voleva forse impressionarlo? Non se la sarebbe bevuta e lei lo sapeva, ma nel frattempo che parlava il suo cervello cercava di trovare una soluzione al problema.
    E le venne quando una gamba si mosse, quasi senza che lei se ne accorgesse, in avanti.
    « E poi…. Che cosa diavolo vuoi da me? E soprattutto… Chi diavolo sei e chi ti credi di essere? Ti senti davvero forte a colpire così una ragazza innocente? » alzò senza saperlo il tono di voce e fece un altro passo in avanti, tremolante, legnoso ma risoluto.
    « Oni-sama. Dovresti rivedere il tuo modo di approcciarti ad una ragazza. » non sapeva neanche lei cosa aveva in mente, ma aveva bisogno… sì, aveva bisogno di accorciare le distanze Ancora un po’… sapeva poco sul suo Quirk, non riusciva a controllarlo del tutto ma una cosa la sapeva: le sue bolle dopo qualche metro scoppiavano indipendentemente che avessero o no colpito qualcosa… quindi… era una mossa azzardata.
    Rischiosa.
    Eppure Mirai sembrava non cedere a quello sguardo, a quelle fessure da predatore che si crogiola nell’assaporare la preda che si avvicina alle sue fauci. Le sarebbe servito ancora qualche passo e se l’avesse attaccata?
    Mirai era consapevole del rischio ma… se non l’avesse fatto avrebbe dato a lui il vantaggio di cui aveva bisogno e lei si sarebbe trovata di nuovo con le spalle al muro.
    Questo non lo poteva permettere.
    Mai più.
    « Ti diverti a vedere soffrire la gente? … sei proprio un mostro. Ma… » si fermò, se le avesse dato modo di farlo « Io ti perdono. » sorrise.
    Oh sì.
    Molto spesso in guerra è più facile uccidere che risparmiare, perseguire invece che perdonare.
    E Mirai aveva sorriso e aveva messo le sue piccole manine al cuoricino che sembrava esploderle nel petto.
    La schiena dolorante, le gambe a pezzi, si trovava di fronte a qualcuno che avrebbe potuto ucciderla eppure trovava la forza per rilassarsi e sorridere.
    Oh sì, come le aveva insegnato il suo Sensei. Solo così, solo con la pace interiore poteva davvero essere in controllo delle sue emozioni e quindi di conseguenza del suo Quirk.
    La luce del cellulare pareva essere un sole in quel momento, un sole nella cui orbita si trovavano fermi ai poli opposti loro.
    Mirai non si era avvicinata molto, ma quanto bastava per poter sfruttare quello che aveva in mente e per farlo, lui doveva vedere ogni sua singola mossa.
    Non c’era sofferenza né paura nel suo volto, lo stava davvero fronteggiando in quel modo? Un pazzo assassino? O quello che poteva essere?
    Mirai aveva un piano, anzi due per la precisione.
    Se l’avesse attaccata? Allora avrebbe provato a difendersi in qualche modo, o a tentare la fuga. Ma sembrava troppo interessato a parlare o l’avrebbe finita quando aveva la possibilità di farlo.
    Se non l’avesse fatto? Allora sarebbe passata al suo piano B.
    B come Bluff.
    Sarebbe rimasta lì dove era e con una voce tranquilla e insolitamente serena «Scusami... Si è fatto tardi e devo tornare a casa.» avrebbe alzato leggermente lo sguardo, puntando il corno in alto e poi avrebbe schioccato le dita della mano destra vicino al suo orecchio.
    Nessun suono sarebbe uscito e se avesse fatto due più due, il losco individuo si sarebbe aspettato un attacco… forse dall’alto? Dal punto in cui aveva posizionato il corno? Sperava che almeno voltasse il suo sguardo verso l'alto... ci sperava davvero.
    Un suono che non ci sarebbe stato non perché avesse creato una bolla inglobando il suono di quello schiocco ma una cupola… una cupola di silenzio assoluto, dove ogni vibrazione acustica sarebbe stata risucchiata e che con molta probabilità avrebbe preso anche lui... forse, ma se ne sarebbe accorto in tempo? Sperava di no. In cuor suo sperava e sperava che avesse successo.
    Se si fosse aspettato un attacco dall’alto e si fosse distratto anche solo di poco non sentendo il rumore del suo schiocco di dita, allora Mirai avrebbe cercato di scattare in avanti e cercare di afferrare il cellulare che si trovava a terra. Questo avrebbe ridotto di parecchio le distanze e avrebbe inglobato anche lui nel suo stesso silenzio… ma … doveva tentare.
    Non poteva tornare indietro su suoi passi... e lui poteva essere spietato quanto voleva ma rimaneva comunque un essere umano, in carne, ossa e istinto.
    Almeno doveva provarci e una volta arrivata fino a quel cellulare....eh... non lo sapeva. Una cosa per volta.
    Il cellulare intanto era il suo unico lasciapassare per chiamare aiuto, poi avrebbe dovuto trovare la strada più breve e meno dolorosa per la libertà.
    Ci sarebbe riuscita?
    Non lo sapeva, ma era disposta a tutto, ed era pronta a tutto per riconquistare la libertà.
    « I'm on the hunt for who I've not yet become »
    VIGILANTES
    Livello:
    2
    Exp:
    200
    Forza:
    11
    Quirk:
    37
    Agilità:
    27
    Peso:
    1/4


    Tecniche, Equipaggiamento & Status
    ©
    Status:
    Danno Lieve su orecchio destro
    Danno Lieve braccio sx e dx
    Danno Medio schiena
    • Tecniche usate: • Silent Dome [Livello 1]
    Con le cavità nelle sue orecchie, Mirai è in grado di ingoiare ogni suono attorno a sé creando una cupola di silenzio assoluto in cui tutti i suoni in entrata o prodotti al suo interno (come la sua stessa voce) vengono nullificati.
    Le delimitazioni di questa cupola di silenzio corrispondono al suo raggio d’azione e sono invisibili e intangibili ad occhio nudo, tuttavia Mirai riesce a percepirne i limiti - come se fosse un grosso vetro di una finestra sopra cui batte la pioggia di vibrazioni causata dai suoni esterni -.
    Essendo la ragazza il punto centrale da dove si sviluppa la cupola, se essa si sposta anche questa farà lo stesso.
    Chiunque altro varchi quella soglia può percepire chiaramente un netto distacco tra i rumori di sottofondo dell’ambiente circostante e l’annullamento di questi.
    Costo: 10 PE + 5 mantenimento
    Effetto: zona di silenzio assoluto
    Range: 3m
    Note: Ha usato la tecnica per far finta di inglobare un singolo suono come se stesse per ripetere l'attacco che ha usato prima. Non so se si era capito nel post...spero. Abbiate pietà.
    • Energia: 70

    • Equipaggiamenti:
    Silver Bell [Accessorio]:
    ► Descrizione: Una semplice campanella argentata che si è comprata ad un giusto prezzo in un negozio di ninnoli da lolita e che ha deciso di portare sempre al collo su una fine catenina. Pensa che potrebbe esserle utile in molte occasioni e che si sposi molto bene con ogni suo outfit.
    ► Effetto: Emette un pregevole suono tintinnante ad ogni passo. (Dicono...)
    ► Peso: [1]


    Edited by ¬Kinshara - 29/12/2020, 22:42
     
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    ♥ Hisoka Morow ♠

    "Cercavo me"? Ok. Molto simbolico e profondo... Ma sperava in una risposta più concreta. Cercava se... Forse era proprio l'incontro con Hisoka ad averla aiutata nel trovarsi? Tremava e batteva i denti, ma le sue labbra pronunciavano solo parole di coraggio, e i pugni alzati contraddicevano le gambe incerte.

    « Cosa voglio io? Sei tu ad aver fatto irruzione al mio magazzino nel pieno della notte. E sei stata tu ad aprire le ostilità e tentare di colpirmi... Mi sono semplicemente difeso ♠ »

    Tutto ciò era tecnicamente vero. L'unica colpa di Hisoka era averla spaventata a morte, e il suo attacco veniva solo dopo la tentata "autodifesa" della ragazzina. Ovviamente chiunque avesse un punto di vista esterno sapeva che il Villain pluridenunciato non avesse troppi validi motivi per "difendersi" così violentemente da una ragazzina. Ma chissà che lei non si sentisse comunque dalla parte del torto, messa in quella luce.

    « Sei un mostro, ma ti perdono. »

    Un mostro... In quel momento, quasi in sovrapposizione alla piccola figura della ragazzina, vide Celania. L'Eroina che prima di tutte l'aveva incarcerato. Una ragazzina fragile. Sensibile e gentile... Ma anche determinata a fare la cosa giusta. Più di chiunque altro avesse mai incontrato. Fuyuko era stata la prima persona nella vita di Hisoka a mostrargli la vera bontà fosse possibile, priva d'ipocrisie o compromessi.

    « Esiste la redenzione per tutti. »

    Gli disse mentre le guardie lo portavano via, ammanettato. Dopo che l'aveva tormentata fino alle lacrime, lei ancora si rifiutava di odiarlo. A quanto pare si sbagliava. Dopo tutto quel tempo era ancora un mostro. E forse la redenzione esisteva solo per chi era umano.

    Uno schiocco di dita. Silenzioso. Il quirk della ragazza tornava in gioco. Le sue esperienze in battaglia avevano insegnato che non fosse mai saggio distogliere lo sguardo dall'avversario, aveva sottovalutato la piccola già una volta, non era il tipo da perseverare negli errori. Alzò lo sguardo giusto un momento ma tenne lei sotto controllo, e ne notò lo scatto.

    ...Una corsa che procedeva in assoluta quiete. Nella notte anche un singolo passo risuonava per quelle ampie stanze metalliche. Era come se qualcuno avesse mutato il volume del mondo... E, ora che lo notava, persino i suoi stessi respiri non erano salvi dalle sabbie mobili del silenzio. La bimbetta non poteva solo creare e spostare rumori, ma anche cancellarli.

    Interessante.

    Era così che la sorda viveva ogni singola giornata? Ciò che per lui era inusuale, per lei doveva essere la norma. L'udito era uno dei sensi più importanti per un essere umano... Combattere senza di esso era quasi impensabile. Ora che lo provava davvero sulla sua pelle, il fatto che non si arrendesse e rimanesse anzi convinta e agguerrita... Strano.

    Era incuriosito.

    Si piegò verso il basso, toccando terra con la punta delle dita. Impregnò il pavimento stesso di energia, e trasferì questa al proprio telefono... Lasciando che la piccola lo afferrasse. Non l'avrebbe interrotta, si chiedeva che piani avesse. Fino a quel momento era stata furba, l'avrebbe sorpreso di nuovo?

    Era curioso di avere un assaggio del suo mondo. Del suo silenzio. Magari era proprio quello il pezzo mancante.

    Avrebbe concentrato il suo "sesto senso" sulla carica del telefono, così da poter tracciare i suoi movimenti e quelli di lei nel caso avesse voluto farli piombare di nuovo nell'oscurità. Sordo sì, ma era un ostacolo che voleva superare... Anche se, ora che ci pensava, lei come riusciva a gestirlo?
    Click Me || Livello: 6 | Energia: 510 | Forza: 15 | Quirk: 255 | Agilità: 255
    • Danni
    — Contusione Lieve al petto

    • Tecniche Utilizzate
    Secret Confession {LITE} [Livello 2]
    - Si impregna di carica esplosiva uno o più oggetti a contatto con il proprio corpo, rendendoli a tutti gli effetti bombe.
    - Tramite un semplice comando mentale, l'oggetto viene fatto detonare, agendo come un normale ordigno.
    - La bomba in se resterà illesa, anche se perderà l'energia di Tainted Love.
    - L'esplosione non si attiva se il bersaglio è fuori dal raggio massimo dell'abilità (3 metri). Il danno si può espandere in un diametro da 1 centimetro a 3 metri, a discrezione.
    - Una carica si disperde solo se esplode, se l'utilizzatore lo decide, se passa un'ora dall'attivazione [Narrativo, AM, Eventi], o dopo tre turni [Combat, Role].
    Costo per ogni bersaglio: 5 per caricare, 25 per detonare
    Danno: Medio (ridotto di uno ad ogni carica contemporanea)

    Quiet Kiss [Livello 1]
    - Quando una propria bomba entra in contatto con un altro oggetto, si trasferisce tutta la carica a quest'ultimo. Il secondo oggetto diventa la bomba, il primo torna innocuo.
    - Il trasferimento è attuabile solo all'interno del raggio d'azione dell'abilità (2 metri).
    - Gli esseri umani non possono aver cariche trasferitegli dentro o fuori (ma possono comunque essere caricati normalmente). L'unica eccezione è il corpo dell'utilizzatore stesso.
    Costo: 10

    First Ability: Keepin' Touch
    - Per essere attivata, questa abilità richiede un turno di concentrazione;
    - L'utilizzatore tiene traccia di tutte le cariche di Tainted Love tramite un radar mentale. È sempre a conoscenza della loro posizione, e possiede un cronometro real-time di tutti i Timer attivi e del tempo residuo di ogni carica. Riesce a percepire persino la dimensione e la forma dell'oggetto caricato;
    - Quando una bomba esplode, si ha una "visione sonar" di ciò che va a colpire, facendosi un'idea di che risultati e danni ha apportato;
    - Raggio: Due chilometri (se la carica è su un oggetto), Dieci metri (se la carica è su una persona).

    • Equipaggiamento
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    Oggetto Quotidiano [Munizioni: 20]
    ► Peso: [2]

    Loaded Dice
    Oggetto Quotidiano [Munizioni: 2]
    ► Peso: [1]

    XSQ
    Equip ? [Aumenta efficacia tecniche di uno step per tre turni] [Dosi: 5]
    ► Peso: [0]
     
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    MIRAI ISHIGAMI
    NARRATO x «PARLATO» x PENSATO x LINGUAGGIO DEI SEGNI


    Ce la posso fare…. Anzi no. Ce la devo fare continuava a ripetere nella sua mente: il suo piano era semplice, forse le avrebbe dato la possibilità di avere più tempo per pensare al prossimo step. Perché non aveva idea di cosa avrebbe fatto poi, non aveva idea se si sarebbe cacciata in guai peggiori… o forse no… chissà.
    Non era certo avvezza a tentare la fuga da un pazzo maniaco stalker che l’aveva sbattuta al soffitto con forza inumana per poi tentare di giocare con lei al gatto col topo.
    Mirai non si credeva in gamba, non si credeva furba, solitamente si cacciava nei guai e solitamente il fatto di essere totalmente impacciata la portava a fare sempre delle figure pessime di fronte a sconosciuti.
    Eppure. Non si era mai sentita così.
    Dolorante, determinata e forse… viva?
    Era una sensazione strana, amava vedere documentari su animali. Le loro reazioni al pericolo erano diverse, delle più disparate: qualcuno si fingeva morto, altri avevano tecniche di mimetismo, altri ancora tentavano fughe spericolate, altri scavavano tunnel e così via dicendo fino ad arrivare a quelli che fronteggiano i loro carnefici con una forza che andava oltre alla determinazione stessa di vivere.
    Istinto di sopravvivenza? Follia? Cosa spingeva una tigre braccata e ferita a mostrarsi ancora più forte e ancora più minacciosa per salvarsi la vita?
    Di sicuro non era una tigre, Mirai. Era più un pesce in mezzo a tanti squali bianchi.
    Non aveva la forza per sconfiggerli tutti, lo sapeva, non aveva la benchè minima possibilità di fronteggiarli a viso aperto eppure nuotava assieme a loro e li avrebbe anzi guidati verso un’altra strada.
    Ma continuava ad essere solo un pesce.
    E un pesce che ancora non era stato capace di vedere l’immenso oceano di cui era sempre stato parte e poco a poco ne stava esplorando la vastità.
    Mpf… Facciamolo.
    Il suo sguardo non si spostò dall’Oni, anche perché non era stato così gentile da presentarsi.
    La luce gli donava un aspetto ancora più spaventoso di quello che aveva immaginato fino ad ora, nel buio.
    Un volto umano.
    Era solo un volto umano che la fissava, un corpo umano senza corna, senza fiamme, senza pelle di colori strani, senza denti aguzzi pronti a dilaniare le carni, senza armi giganti e chiodate.
    Nulla.
    Era semplicemente un essere umano, e forse proprio per questo che sembrava essere ancora più inquietante.
    «Cos- ???» si lasciò sfuggire quella parola quando lesse da quelle labbra la risposta alla sua domanda.
    « Ma di cosa stai parlando? Io mi sono difesa! Sei tu che mi hai aggredito! » disse impettita come se l’avesse punta nell’orgoglio e la trattasse come una stupida mocciosa.
    « Non prendermi in giro…mi sei arrivato alle spalle… vorrei proprio sapere da quanto mi stai seguendo! Non mi hai neanche toccato prima che io potessi accorgermi di te…! A casa mia, questo si chiama essere uno stalker! Avresti potuto allungare la tua mano per aiutarmi e cercare di non farmi impanicare e invece? Mi hai messo un dito in fronte…Dico ma ti sembra normale? » sbottò come una ragazzina che stava facendo la paternale al suo compagno di scuola che le aveva appena fatto un dispetto. Con una vocina irritata finchè non le balzò alla mente un piccolo particolare del discorso dello stalker.
    Ha detto… “mio magazzino” ? Quindi… ha ammesso che questo posto è suo. Mirai si zittì di un botto sebbene avesse ancora tanto da dirgli.
    …. Si crede davvero dalla parte del giusto?... Vuole davvero riversare su di me tutte quelle menzogne?...Seriamente? Quando ha ammesso che questo posto è di sua proprietà? Con… tutto quello che potrebbe essere accaduto qui?....
    « Mi dispiace. Mi dispiace davvero. Non volevo introdurmi qui, non avevo altro posto dove andare. La prossima volta ti consiglio di metterci un campanello, o quanto meno dovresti rimettere apposto la porta di ingresso...Così eviti che qualcuno possa entrare senza il tuo permesso. Ne? » sorrise.
    Era davvero farla sentire nel torto quello che voleva?
    Allora Mirai gli avrebbe dato corda, perché in fondo, un poco, quello strano tizio aveva ragione.
    Si era intrufolata in un posto che non era suo, senza neanche chiedere permesso.
    « E ti chiedo scusa se ho provato a difendermi. Ho avuto paura e ho agito di istinto. » disse abbassando la testa in segno di scusa, sempre sorridendo gentilmente, ammettendo le sue colpe una dopo l’altra solo perché era giusto e non poteva mentire dicendogli che no, non era vero quello che aveva fatto.
    « Sì, hai ragione. Sono stata avventata e non ho pensato a mente lucida ero… sopraffatta dalla paura. Ma tu …tu invece sì. Tu avevi la mente lucida e allora mi domando… perché? Perché mi hai fatto così male? Non so come ci sei riuscito ma mi hai lanciato sul soffitto… e per cosa? Per difenderti da una ragazzina debole come me? ….» sentì tremare le mani, forse stava esagerando? Si stava per caso arrabbiando? No… non era rabbia… era compassione e profonda tristezza.
    Lo aveva chiamato mostro.
    Forse non doveva. Ma in parte era così, le era uscito spontaneo. Un termine orrendo, soprattutto detto da lei ma quale essere umano poteva prendersela così tanto con una bimbetta di sedici anni, sola e spaventata?
    Voleva tornare a casa, doveva tornare a casa, ma non sapeva come.
    Il cellulare e la sua luce erano l’unica cosa che davvero potevano salvarla. Una chiamata d’emergenza. Una torcia. Una via di fuga.
    Ti prego… ti prego non mi abbandonare. Ti prego. Non mi abbandonare. stava parlando alla sua unicità e al suo corpo allo stesso momento.
    Era decisa a tornare a casa e l’unica cosa che poteva provare a fare era quel bluff. Su quello avrebbe puntato tutto per poter raccogliere quel cellulare da terra.
    Portò una mano vicino all’orecchio e in quel momento cercò di racimolare ogni briciolo di energia per poter sfruttare il suo Quirk, l’unica cosa che le veniva quasi naturale fare.
    Naturale perché di silenzio si trattava, una cupola dove tutte le vibrazioni venivano annullate. Una sorta di pace, di nido in cui Mirai si era sempre sentita protetta.
    Come una macchina al cui interno la ragazza si poteva riparare da ogni sorta di pioggia.
    Non mi abbandonare proprio adesso… pensò di nuovo prima di silenziare il mondo intorno a sé. Non aveva tenuto conto che probabilmente anche quel ragazzo poteva venire inglobato nella sua cupola, ma non le importava poi così tanto.
    Non riusciva neanche a percepire il battito del suo cuore, ma sentì quella scossa partirle e percorrerle tutta la spina dorsale fino alle gambe e ai muscoli che si contrassero e la lanciarono in quella corsa disperata.
    Non aveva paura di cosa poteva farle adesso, era pronta a difendersi, era pronta a tutto per tornare ad essere libera.
    Coraggio… manca poco… cercò di non pensare al dolore, si focalizzò sul cellulare, su quella luce e non si fermò un solo istante a raccoglierlo … lo afferrò con la mano piegandosi e il suo grido per la stoccata che ricevette a quel punto della schiena che aveva impattato al soffitto non esisteva in quel suo mondo.
    Lo aveva sempre fatto.
    Forse nessuno lo aveva mai compreso, o forse nessuno le si era poi avvicinato così molto spesso da capire quanto quel silenzio fosse caro a lei. Quell’annullamento di ogni vibrazione tranne che di lei.
    Quando stava male, quando si sentiva sola, quando si sentiva terrorizzata, o quando voleva solo concentrarsi, utilizzava quell’inquietante modo per staccarsi totalmente dal mondo e fare entrare il mondo stesso in una bolla.
    La sua mano scivolò lungo la sua gamba e in quella corsa sfrenata lo raccolse e il suo sguardo non cercava quello di lui: poco saggio, ma ahimé era solo una ragazzina che tentava la fuga. Non poteva pretendere chissà cosa.
    Stranamente la sua corsa non era stata fermata… e niente si frappose sul suo cammino e niente la prese alla sprovvista… nulla.
    Era come se quello strano stalker fosse rimasto lì, senza muovere neanche un muscolo… o almeno… lei non l’aveva visto muoversi…
    Continuò la sua corsa verso l’esterno e uscì a perdifiato dalla stanza.
    Una volta varcata la soglia aveva solo una sola e unica possibilità: le scale.
    Non aveva possibilità di provare a ripescare la strada giusta fuori da quell’edificio e poi? Cos’avrebbe fatto?
    No. Quel magazzino stesso era un punto di riferimento, l’unico che effettivamente aveva.
    Quindi no, non poteva andarsene sebbene il suo cuore fremesse dal desiderio di farla fuggire più lontano possibile. Le sue gambe si mossero più veloci di una lepre e nel silenzio più assoluto con solo la torcia in mano avrebbe preso le scale che aveva intravisto quando era entrata, quelle subito accanto alla stanza.
    Malmesse, disastrate, ma scale.
    Non sapeva cosa l’avrebbe attesa al piano di sopra ma non se lo domandò. Salì nel pieno silenzio, stringendo al petto la sua unica ancora di salvezza e salì al piano superiore.
    Non era abituata a correre e il fiatone si faceva sentire e la stanchezza e il mal di testa ancora di più: sapeva che l’avrebbe seguita. Era LOGICO.
    Se uscendo da lì non l’avesse vista correre fuori, l’unica altra risposta era che fosse ancora dentro.
    Ma non al piano inferiore visto che le altre stanze sembravano chiuse a chiave e dismesse quindi… per Mirai, secondo i suoi ragionamenti – sembrava una giocatrice di scacchi nella sua testa – aveva a disposizione poco tempo per nascondersi, poco tempo per essere trovata e poco tempo per chiamare aiuto.
    Continuò ad avanzare ansimando, mantenendo la sua cupola del silenzio e finì per entrare in una grande stanza in fondo al corridoio: casse di ogni tipo, odore nauseante e colossi di metallo probabilmente reduci del vero e proprio magazzino che era.
    Entrò e si accoccolò dietro alcune casse proprio vicine all’entrata della stanza rilasciando l’aura di silenzio attorno a lei.
    Dai…dai….dai…. con le mani tremanti dal freddo e dall’adrenalina e dalla fatica riuscì in qualche modo a sbloccare le chiamate di emergenza, tenendo sempre la luce accesa.
    Non sapeva se le avessero risposto… osservò solo il display che sotto la chiamata di emergenza indicò i secondi, da 0 passarano ad 1 e così via.
    «Vi prego… aiutatemi… mi sono persa. Non posso sentirvi, sono sorda e sono in un magazzino abbandonato nell’area di Tama… vi prego. Non so quanto posso resistere ancora… vi prego… aiutatemi. Vuole farmi del male…» disse e non sapeva se effettivamente aveva parlato con qualcuno in carne ed ossa, o con una segreteria telefonica o chissà con il nulla… ma doveva provarci. In qualche modo, doveva provarci. Chiuse la chiamata. Così di netto. E pregò che qualcuno avesse recepito tutto…
    Che faccio adesso?.... pensò mentre stringeva tra le mani il cellulare Pensa a qualcosa di sensato… devo riuscire a prendere tempo e se… e se invece hai parlato con nessuno … beh… in quel caso sei fritta… speriamo che qualcuno mi abbia sentito… pregò dal più profondo del suo cuore mentre cercava di capire cosa diavolo fare adesso.
    Dovrei farlo ragionare e convincerlo a lasciarmi andare? Dopo che gli ho pure rubato il cellulare e sono scappata così?? Aaawwww…. Che guaio…. No. Calmati. Ragiona. Se avesse voluto farmi del male… forse mi avrebbe già impedito di uscire da quella stanza no? Quindi ho un po’ di vantaggio? …. Almeno che… lui non… per un momento si sentì davvero una completa idiota.
    Forse lui sapeva perfettamente cosa avrebbe fatto, forse lui sapeva esattamente cosa avrebbe fatto.
    Era come credere che il pesce pilota sia colui che guida lo squalo, e invece era esattamente il contrario.
    Lasciò cadere le spalle e strinse i denti, non si poteva accorgere che ogni suo movimento sarebbe stato seguito dal tintinnio della sua campanella.
    Davvero Mirai?... Davvero pensavi che salvare la gente potesse essere un gioco da ragazzi? Davvero? … si alzò in piedi con un gemito e con molta calma e si scosse la sporcizia di dosso Pensavi davvero che il mondo fuori ti avrebbe accolto a braccia aperte come fai tu? … No. Non è così. Il mondo là fuori è pieno di ingiustizie, di demoni reali … e tu… e tu sei davvero pronta a fare la differenza? … Sei davvero pronta ad accollarti il rischio di fare la differenza? Sei pronta davvero a rischiare la vita… per quell’1% di possibilità? Sei pronta a scommettere tutto per ciò in cui credi davvero? sbuffò con lo sguardo basso e si portò al centro della stanza, della sua nuova trappola.
    Un’altra tana del Bianconiglio… ma finchè avrebbe potuto tenerlo sott’occhio era meglio che nascondersi nel buio e nel silenzio e sentirsi con le spalle al muro e indifesa.
    O forse perché voleva davvero provare a convincerlo nel fare la cosa giusta e dimenticare tutto?
    Se lo avesse visto giungere fino alla porta? Sarebbe rimasta ferma in quel punto e gli avrebbe semplicemente parlato:
    « Mi dispiace. » con un sussurro.
    « Non volevo rubarti il cellulare e non volevo scappare. » beh, fin qui era tutto vero. Non stava mentendo e neanche balbettando nonostante avesse lo sguardo basso.
    « Abbiamo cominciato col piede sbagliato… non trovi? » si mosse verso di lui tenendo con una mano la campanella che aveva al collo, stringendola fino a farsi venire le nocche bianche e si piegò lentamente dove era come se le avessero intimato di buttare a terra un’arma e prima di poggiare la luce ad illuminare tutta /o quasi/ la nuova stanza Mirai alzò lo sguardo.
    « Io lo so. » si fermò e continuò a fissarlo « So cosa significa sentirsi … così soli e così… fragili. » le sue parole erano pesanti come l'aria che respiravano, strappate dal cuore a violenza perchè era difficile accettare la realtà dei fatti. Lo era sempre stato per lei ma nonostante questo non abbassò lo sguardo, lasciò solo che il cellulare si appoggiasse sul pavimento e si mise a sedere in seiza.
    Parlava a lui, o stava parlando a sè stessa?
    « Per questo sono entrata qui… per cercare una parte di me che mi manca da sempre. Per non sentirmi un altro giorno di più così...debole. Hai fatto del male in questo posto, è tuo il magazzino no? Ti ha reso davvero forte tutto questo? Pensi che terrorizzarmi, stalkerarmi e colpirmi con così tanta violenza possa davvero servire a qualcosa? NO. Ti sbagli. Non è così. » si impuntò nella voce così come il suo corpo venne quasi spostato in avanti, non sapeva se parlasse a sè stessa o al ragazzo...sembrava più che parlasse a quella parte di lei fragile e indifesa perchè smettesse di sentirsi così inutile anche se non era semplice. E lei sapeva come riempire quel vuoto. Non era semplice riuscire a farlo, ma sapeva che per riempire quel silenzio doveva fare del bene al prossimo, proteggere chiunque avesse bisogno di essere protetto, salvare chiunque avesse avuto bisogno di lei, aiutare chiunque avesse invocato il suo nome.
    « A dire la verità. Ti ringrazio... mi hai fatto aprire gli occhi, nonostante faccia ancora male. Adesso grazie a te ho scoperto che non sono così...fragile. Che posso davvero combattere per l'unica cosa che può rendere un uomo forte. Ovvero fare del bene e schierarsi dalla parte della vita qualsiasi essa sia. Heroes, Villains, Vigilantes, normali civili… non fa differenza. Ti ho chiamato mostro no? Mi dispiace…avevo torto. Mi sono davvero sbagliata. Tu non lo sei. Ho visto le mie paure in te, e ti ho giudicato senza rifletterci sopra... Tu sei solo un essere umano che ha bisogno di qualcuno che lo aiuti. » si portò anche l’altra mano libera al petto a stringere la campanella e la premette sul suo fragile e palpitante cuoricino.
    « Non è forse così?....» Aveva parlato col cuore, senza pensarci troppo su. Era fatta così, ma non provava timore, non provava neanche risentimento per quello le aveva fatto ma solo pietà.
    La stessa che aveva provato quando i bulli a scuola le facevano di tutto per sentirsi superiori e per appagare il loro senso di onnipotenza... e ben presto si ritrovarono ad essere soli e lei aveva provato solo pietà. Così tanta che era stata lei la prima a prenderne un paio e a far lezioni di recupero per non far perdere loro l'anno nonostante tutto il male che le avevano fatto.
    E un po' si era sentita in colpa per averlo giudicato un mostro quando in realtà non lo era affatto, e che magari era la sua mente ad aver proiettato in lui tutte le sue paure più nascoste.
    Errare, dopotutto è umano.
    Ammettere di avere sbagliato e cercare una soluzione al proprio errore è oltre il piano stesso dell'esistenza.
    « I'm a little fish swimming in the sea of sharks »
    VIGILANTES
    Livello:
    2
    Exp:
    200
    Forza:
    11
    Quirk:
    37
    Agilità:
    27
    Peso:
    1/4


    Tecniche, Equipaggiamento & Status
    ©
    Status:
    Danno Lieve su orecchio destro
    Danno Lieve braccio sx e dx
    Danno Medio schiena
    • Tecniche usate: • Silent Dome [Livello 1]
    Con le cavità nelle sue orecchie, Mirai è in grado di ingoiare ogni suono attorno a sé creando una cupola di silenzio assoluto in cui tutti i suoni in entrata o prodotti al suo interno (come la sua stessa voce) vengono nullificati.
    Le delimitazioni di questa cupola di silenzio corrispondono al suo raggio d’azione e sono invisibili e intangibili ad occhio nudo, tuttavia Mirai riesce a percepirne i limiti - come se fosse un grosso vetro di una finestra sopra cui batte la pioggia di vibrazioni causata dai suoni esterni -.
    Essendo la ragazza il punto centrale da dove si sviluppa la cupola, se essa si sposta anche questa farà lo stesso.
    Chiunque altro varchi quella soglia può percepire chiaramente un netto distacco tra i rumori di sottofondo dell’ambiente circostante e l’annullamento di questi.
    Costo: 10 PE + 5 mantenimento
    Effetto: zona di silenzio assoluto
    Range: 3m
    • Energia: 65

    • Equipaggiamenti:
    Silver Bell [Accessorio]:
    ► Descrizione: Una semplice campanella argentata che si è comprata ad un giusto prezzo in un negozio di ninnoli da lolita e che ha deciso di portare sempre al collo su una fine catenina. Pensa che potrebbe esserle utile in molte occasioni e che si sposi molto bene con ogni suo outfit.
    ► Effetto: Emette un pregevole suono tintinnante ad ogni passo. (Dicono...)
    ► Peso: [1]


    Edited by ¬Kinshara - 29/12/2020, 22:43
     
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    ♥ Hisoka Morow ♠

    Silenzio. Silenzio totale. E buio, anche se quello era combattuto da soffici stralci di luce qua e là. Aveva osservato la ragazzina passargli al fianco correndo col suo cellulare-torcia in mano, immobile e sorridente l'aveva vista andar via su passi muti. La lasciò scappare fino a che il bagliore artificiale non svanì con lei... Non lo sapeva, ma Hisoka poteva seguirla anche senza azzardare un movimento.

    Ad occhi chiusi, in quella tranquillità templare, lo sguardo etereo del Jester la inseguiva senza tregua. La "vide" raggiungere le scale, salire al secondo piano, rintanarsi ad un angolo e fermare lì la propria fuga. Quindi voleva chiamare la polizia? Lì dov'erano le autorità avrebbero fatto in tempo a salvarla? Se Hisoka avesse voluto farla a pezzettini e dividerla in egual parti in diverse sacche mortuarie, come l'avrebbe aiutata un poliziotto arrivato sulla scena venti minuti dopo?

    La responsabilità di salvarsi era ancora sulle sue spalle.

    Al contrario di quelli di Mirai, i passi del Jester risuonarono tra i corridoi – seppur soffici. Si stava avvicinando. Calmo com'era stato sin dall'inizio, con pazienza e precisione, di un predatore che sapeva aver messo la preda all'angolo... Letteralmente. Salì uno scalino dopo l'altro, aprendo le labbra in un fischiettio leggero e sinistro.

    Poi prese pausa.

    ...Cosa stava facendo? Perché stava fischiettando? Normalmente l'avrebbe fatto perché era molto teatrale, utile per portare ansia nel cuore della sua vittima ricreando un'atmosfera terrificante, da film Horror... Ma lei era sorda. Quei suoni erano per lui e nessun altro. Erano inutili. A livello pratico, non esistevano.

    Il buio del secondo piano era molto più fitto e indisturbato della zona di sotto. Si stava spostando con cautela e mani spronate in avanti, per evitare d'inciampare o spaccarsi il naso contro un muro. La presenza di Tainted Love l'avrebbe guidato, dopotutto il layout del magazzino era abbastanza sterile e prevedibile.

    Quel buio... Pensò che, anche avesse avuto addosso il suo completo, pure esso sarebbe passato inosservato. Lei non poteva sentire, e non poteva vedere. Tutte i trucchetti aesthetic e scenici non gli servivano a nulla. Così tanto della sua personalità e dei suoi modi di fare in quei contesti erano volti a prendersi attenzione, o intimidire, o distrarre... Nulla di ciò gli era possibile quella notte.

    La ragazza era priva del suo udito, uno dei suoi sensi principali. Ma non si poteva dire che anche Hisoka fosse privato di molto più che un banale input sensoriale? Non si stava divertendo. Di solito c'era del surreale, un contrasto disarmante tra lui e le sue azioni. Un colorato giullare che ride e si diverte sadico mentre insegue una ragazzina. Adesso... Era solo un tizio a caso. Che tormentava una ragazza senza che fosse ovvio il perché.

    Priva di udito, lei poteva ancora funzionare e inseguire i propri scopi. Con ciò che era stato tolto a Hisoka... Non era certo di cosa stesse facendo. Senza il suo essere un inquietante giullare, rimaneva la pura essenza inoffuscata di chi era, e cosa stava facendo. E non gli piaceva. Non c'era gusto.

    Era questo che voleva fargli capire Akahito, imponendogli tali regole?

    ...No, decisamente no. Il cinghiale non era capace di pensieri così sofisticati.

    Girò l'angolo e vide la bianca luce della torcia emanare debolmente da dentro la stanza. Ci si addentrò ed eccola lì, la ragazzina. Resa ancor più piccola e gracile dal confronto con le casse e l'equipaggiamento industriale che la circondavano... Meno spaventata di com'era prima. Non dava l'impressione di voler correre ancora via.

    Tuttavia manco Hisoka aveva più l'aria di chi voleva inseguirla. Non comprendeva bene il perché, ma non riusciva più a reggere il suo malevolo sorriso. Era più... Malinconico? Non era mai stato visto in quel modo da uno dei suoi individui di svago. Che posizione patetica in cui trovarsi.

    Lei si scusò, di nuovo, come aveva fatto poco prima riguardo l'essersi introdotta nel "suo" Magazzino. Come mai però in tutte quelle scuse e quegli inchini non sembrava mai lei gli fosse inferiore? Non sentiva rimorso o rimpianto, non percepiva paura o preoccupazione.

    « So cosa significa sentirsi così soli e così fragili. »

    In quel momento, tutti i suoi strani sentimenti contrastanti e blu furono sostituiti dal puro inalterato desiderio di farla esplodere.

    Durò solo un istante, ma i suoi palmi si misero all'allerta.

    Chi diamine pensava di essere quella ragazzina? Non conosceva nulla di lui, pochi minuti prima era convinta fosse un Oni. E ora voleva aggiudicarsi la presunzione di vederlo "solo e fragile"? Cos'avevano le ragazzine con il bollarlo nella tristezza e solitudine? Perché faceva esplodere così tanta gente, e si sentiva solo dire quanto loro provassero pena per lui?

    Non aveva bisogno della compassione di nessuno.

    Lei si era inginocchiata al suo cospetto eppure parlava di lui come fosse un povero cane randagio, smarrito e confuso. Anzi, forse manco quello. Era uno strumento. Voleva dirgli che i suoi tentativi di divertirsi, di vivere, erano stati inutili se non per continuare la sua evoluzione. Lei era la protagonista e lui una comparsa.

    « Sei solo un essere umano che ha bisogno di qualcuno che lo aiuti. »

    Hisoka si era avvicinato. Tra loro due, soltanto un cellulare, una colonna di luce. Il Villain la fissava dall'alto con sguardo glaciale, inscrutabile... Ah, vero, lei non l'aveva sentito. Gli esseri umani sono i peggiori mostri al mondo. Lei che voleva scindere una distinzione tra chi era uomo e chi era bestia aveva fallito in partenza.

    Hisoka era un mostro perché era soltanto un umano.

    « ...Torna a casa, ragazzina. »

    Si chinò sul telefono, e in un attimo l'unica fonte di luce nell'intero piano venne soffocata dall'oscurità. Intascò il dispositivo e voltò le spalle a quella peculiare bimba. Aveva già attraversato il tragitto dalla stanza alle scale senza vista, poteva rifarlo, mentre lei sarebbe rimasta barcollante nel buio per un po'.

    La vista sostituiva l'udito della piccina. Senza poter vedere, non avrebbe potuto leggere le labbra di Hisoka, i due non avrebbero potuto comunicare. Nel far cadere il buio stava costruendo un muro tra i due. Troncava sul nascere ogni comunicazione. Non poteva raggiungerlo.

    In un certo senso, stava scappando da lei.
    Click Me || Livello: 6 | Energia: 510 | Forza: 15 | Quirk: 255 | Agilità: 255
    • Danni
    — Contusione Lieve al petto

    • Tecniche Utilizzate
    First Ability: Keepin' Touch
    - Per essere attivata, questa abilità richiede un turno di concentrazione;
    - L'utilizzatore tiene traccia di tutte le cariche di Tainted Love tramite un radar mentale. È sempre a conoscenza della loro posizione, e possiede un cronometro real-time di tutti i Timer attivi e del tempo residuo di ogni carica. Riesce a percepire persino la dimensione e la forma dell'oggetto caricato;
    - Quando una bomba esplode, si ha una "visione sonar" di ciò che va a colpire, facendosi un'idea di che risultati e danni ha apportato;
    - Raggio: Due chilometri (se la carica è su un oggetto), Dieci metri (se la carica è su una persona).

    • Equipaggiamento
    Marked Cards
    Oggetto Quotidiano [Munizioni: 20]
    ► Peso: [2]

    Loaded Dice
    Oggetto Quotidiano [Munizioni: 2]
    ► Peso: [1]

    XSQ
    Equip ? [Aumenta efficacia tecniche di uno step per tre turni] [Dosi: 5]
    ► Peso: [0]
     
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  13.  
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    MIRAI ISHIGAMI
    NARRATO x «PARLATO» x PENSATO x LINGUAGGIO DEI SEGNI


    La gola secca, e la testa iniziava a farle male per il freddo. Il dolore alla schiena non accennava neanche un secondo a smettere e la tormentava con punture ad ogni minimo movimento eppure la sua testa era altrove. Quasi non sentiva tutto questo ma solo una grande stretta al suo cuore.
    Nessuno ci credeva tranne lei.
    Sua madre non riusciva ad accettare che lentamente aveva iniziato a studiare e ad acquisire sempre più padronanza con il suo Quirk, non voleva che si cacciasse nei guai e che continuasse la sua vita “normale” come fattorina.
    Suo padre invece era iperprotettivo, non l’avrebbe mai lasciata prendere strade sbagliate… per questo voleva farla entrare in accademia.
    Nessuno di loro si era mai posto la domanda: “ Ma tu, qual è il tuo sogno? Cosa vuoi fare da grande?”
    Quello che riceveva erano troppe asfissianti attenzioni, e troppe scelte che non l’avevano mai del tutto presa in considerazione.
    Non che non amasse i suoi genitori, ma sentiva che era arrivato il momento di dimostrare a sé stessa e al mondo intero che sì. Mirai Ishigami aveva un sogno, aveva uno scopo nella vita.
    Che potesse essere visto come un atto egoistico, come un atto da cattivo di un film o da eroe o ancora da vigilante non gliene importava.
    Mirai Ishigami aveva deciso cosa fare della sua vita, e ora più che mai sentiva quella determinazione scorrerle in ogni centimetro della sua vita… sospesa così… tra luce e ombra, sul ciglio di un precipizio dove sapeva che un solo passo falso le sarebbe costata la vita.
    Quanti avevano cercato di tirarla indietro e impedirle di vedere l’orizzonte, di sedere proprio su quel baratro. Quanti le avevano detto che era pericoloso e che non ce l’avrebbe fatta.
    Tanti. Tranne pochi. Yoshito Amaterasu e Ryo Sasaki.
    Loro le avevano dato il coraggio di prendere la sua vita nelle sue stesse mani e di diventare l’eroina della sua stessa storia e lo scudo per chi ne avesse avuto bisogno se solo avesse creduto in sé stessa e se avesse continuato a seguire ardentemente il suo sogno.
    E aiutare chiunque, qualsiasi vita in difficoltà o che avesse bisogno di lei. Questo era il suo sogno più grande.

    Forse era per questo motivo che non riusciva proprio a nascondersi da lui.
    Perché lo aveva intravisto, e adesso lo vedeva chiaramente alla luce bianca della torcia del cellulare.
    Quel volto che adesso era più umano, quel volto che non aveva niente di mostruoso o di malvagio.
    I suoi occhioni ambrati si fermarono su quelli dell’Oni, in effetti non sapeva chi fosse ancora, e rimase lì a fissare quella stanchezza e quella malinconia.
    Ma lei sorreggeva quello sguardo, che adesso non le faceva più paura.
    Mirai non era affatto forte, era debole e fragile. Il suo corpicino non poteva reggere a nessun confronto neanche con un semplice essere umano non dotato di Quirk.
    Per questo aveva optato per la scelta migliore che le rimaneva in mano, oramai che la stanchezza si faceva sentire.
    Semplicemente parlargli.
    Ci voleva un gran coraggio, e una bella dose di pazzia per fare una cosa del genere. Forse qualcun altro al suo posto l’avrebbe fatta fuori senza neanche pensarci due volte…e in quel caso… avrebbe pagato ma sapendo di aver tenuto fede fino in fondo al suo ideale e nel frattempo sperava che qualcuno arrivasse in quel posto sperduto a portarla via anche se…anche se dall’altra parte sperava che arrivassero più tardi possibile.
    Forse aveva fatto male ma non se ne pentiva. Non si mosse di un solo misero millimetro, e neanche si rialzò dalla sua posizione: lo guardò avvicinarsi dal basso verso l’alto finchè non vi fu tra loro solo una colonna di luce.
    Non si mosse, Mirai. Quella posizione non era affatto per dirgli quanto fosse inferiore alla sua persona, ma quanto non avesse cattive intenzioni verso di lui.
    Come se volesse quasi invitarlo a prendere un thè che non ci sarebbe mai stato.
    Il suo sguardo glaciale la congelò sul posto e avvertì un solo tremito percorrerle la schiena, uno solo ma rimase a fissarlo riuscendo a sostenere quello sguardo così inquietante.
    Sentiva quasi la mancanza di aria, forse perché stava trattenendo il fiato? Forse… o meglio ogni respiro era così minuscolo e così ritratto che era quasi come se fosse in apnea.
    Furono solo poche parole quelle che vennero inondate dalla luce della torcia.
    “Torna a casa ragazzina.”
    Parole inaspettate che freddarono Mirai sul posto.
    Quando la parola ferisce più di una spada…ecco… adesso ne comprendeva l’origine di questo detto.
    Per la ragazzina dallo strano corno fu come ricevere una stilettata dritta alla bocca dello stomaco.
    Sentì contorcersi le budella in un solo singolo istante mentre lo osservava raccogliere il telefono da terra.
    Non disse nulla, non provò a fermarlo, tanto fu il male e il suo sguardo si fermò là dove vi era il cellulare, e ora c’era soltanto pavimento.
    Sentì ogni sua buona intenzione, ogni suo desiderio, ogni suo sforzo affondare nelle tenebre di quel lercio magazzino.
    Si sentì prosciugata.
    Annientata.
    Si sentì come se le avesse in un secondo strappato l’anima.
    Era la cosa più dolorosa che potessero averle mai fatto.
    Le aveva semplicemente detto che non voleva la sua presenza lì.
    La tensione che aveva accumulato nelle braccia svanì e lasciarono la campanella tintinnare al suo collo.
    E fu un attimo prima che l’oscurità piombasse di nuovo in quel posto buio e Mirai alzò lo sguardo di scatto cercando quella figura… realizzando solo adesso di essere davvero nell’oscurità più profonda.
    Da sola.
    Si strinse i vestiti pesanti là dove aveva la bocca dello stomaco con così tanta forza che stava quasi per strapparli «…As….pe- t-t-t….a» non riusciva a parlare, uscirono solo flebili e tremolanti lettere «Kkkh…» mugolò mentre tutto lo stress che aveva accumulato fino ad adesso si liberò tutto d’un fiato e in quell’oscurità delle lacrime iniziarono a solcarle il volto. Silenziose e fredde.
    Si rialzò a fatica in piedi ….io….io….non posso…. non poteva tornare a casa da sola, non poteva restare al buio da sola, non poteva affrontare tutto questo da sola. Non poteva.
    Si era dimostrata forte, si era dimostrata coraggiosa, aveva costruito un castello di carta ferma nelle sue decisioni e … bastarono poche parole per distruggere tutto quello che aveva provato con tanto buon cuore a costruire.
    Forse… si rese conto solo adesso che quelle parole, le ultime che aveva detto non erano rivolte a lui.
    Erano rivolte a sé stessa.
    «ASPEEETTAAAAA!!» esplose con tutta la poca aria che aveva nei polmoni e si rialzò, brancolando nel buio, cercando di ricordare con la mente offuscata la planimetria del magazzino e di quella stanza.
    Le sue braccia si mossero in avanti come un bastone per ciechi, intravedeva solo ombre e la brezza che proveniva dal corridoio.
    « N-non-…. Lasciarmi così da sola! N-Non puoi farlo! » o forse sì, ne aveva il diritto no? Lei non era nulla per quel tipo … solo un divertimento, forse? «Ahrgh… » sbattè con violenza il corno sul muro della stanza proprio vicino alla porta e un mal di testa allucinante andò ad aumentare quello che già aveva «St-Stupidi muri!! » ma almeno aveva trovato un punto di riferimento, scivolando le mani su questo ritrovò l’imbocco della porta e uscì fuori nel corridoio.
    Non aveva paura… si sentiva soltanto tremendamente inutile e si sentiva soffocare da quell’ambiente così ostile. Paura? La paura non era che un piccolo sassolino rispetto a quello che provava adesso.
    Una ferita nell’orgoglio e nell’anima erano molto più dolorose e più terrificanti della paura stessa.
    «Ti… ti prego… io…Io non volevo. Io…» ora che era stata lasciata da sola in quelle tenebre si pentiva anche solo di aver pensato che sarebbero state dalla sua parte.
    Le ombre non sarebbero mai state dalla parte della luce.
    «Sono IO. SONO IO CHE HO BISOGNO DI AIUTO! Non tu…S-s-sono io… »la sua voce si affievolì mentre cercava di percorrere quel corridoio che le sembrava essere infinito sperando di arrivare alle scale… inseguendo quell’essere umano che si era ambientato anche meglio di lei in quel posto.
    D’altronde era suo no? Cosa si aspettava Mirai? Che potesse avere qualche tipo di mancanza a non riconoscere il suo magazzino? Era come per lei poter andare di notte in giro per casa.
    La campanella al collo della ragazza continuava a tintinnare ad ogni suo passo, mentre il suo cuore seguiva quasi il suo ritmo.
    «Ti prego… non lasciarmi da sola. Tu… non sarai così vigliacco da lasciarmi o sbaglio? » continuò a parlare alle tenebre, senza che potesse sentire alcuna risposta indietro.
    «Accendi quella luce… ti prego… » non sapeva dove andare, era arrivata quasi in fondo al corridoio.
    Stava davvero cercando di raggiungerlo? L’unica luce in grado di schiarire quelle tenebre?
    Si avvicinò alle scale e con piede tremante, e malfermo scese il primo gradino e si arrestò lì e non fece un altro passo.
    Pianse…. Come mai aveva fatto prima d’ora mentre tenendosi alla ringhiera scartavetrata e rugginosa si accasciò là su quel primo gradino.
    « Se ancora puoi sentirmi… grazie. » gli disse cercando di trattenere i singhiozzi e quel nodo alla gola che le soffocava ogni parola « Non mi sono mai sentita così viva…Grazie a te… sono riuscita a trovare me. » e fu così che portò le ginocchia al petto e si accucciò stringendosi per farsi calore e per lasciare che lo stress fluisse e abbandonasse il suo corpo messo a dura prova fisicamente e psicologicamente.
    Non sapeva se quella luce l’avrebbe guidata all’uscita, o se sarebbe rimasta lì nelle tenebre aspettando che qualcuno venisse a salvarla… in quel momento voleva solo alleviare quella sensazione straziante dell’essere stata totalmente inutile con il suo amato silenzio.
    «Gomenasai… »
    « ___ »
    VIGILANTES
    Livello:
    2
    Exp:
    200
    Forza:
    11
    Quirk:
    37
    Agilità:
    27
    Peso:
    1/4


    Tecniche, Equipaggiamento & Status
    ©
    Status:
    Danno Lieve su orecchio destro
    Danno Lieve braccio sx e dx
    Danno Medio schiena
    Danno Grave al cuore
    • Tecniche usate:
    • Energia: 65

    • Equipaggiamenti:
    Silver Bell [Accessorio]:
    ► Descrizione: Una semplice campanella argentata che si è comprata ad un giusto prezzo in un negozio di ninnoli da lolita e che ha deciso di portare sempre al collo su una fine catenina. Pensa che potrebbe esserle utile in molte occasioni e che si sposi molto bene con ogni suo outfit.
    ► Effetto: Emette un pregevole suono tintinnante ad ogni passo. (Dicono...)
    ► Peso: [1]


    Edited by ¬Kinshara - 29/12/2020, 22:43
     
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    ♥ Hisoka Morow ♠

    L'urlo sconsolato della piccola squarciò ciò ch'era stata quiete fino a quel momento. Nemmeno l'esplosione scagliata da Hisoka aveva disturbato così violentemente la calma spettrale del Magazzino, lei invece l'aveva infranta. Era più affranta dal fatto se ne stesse andando di quanto fosse pensando d'aver davanti un Demone... Continuava a sorprenderlo fino alla fine.

    Dal panico s'alzò in piedi e fece un frontale con la parete... Cosa che strappò una risatina al Jester, mentre usciva tranquillo dalla stanza. "Stupidi muri!" Gli ricordava dei suoi gattini, anch'essi carini quando scivolavano o mancavano salti e ne rimanevano palesemente offesi.

    Nonostante ciò, non l'avrebbe aiutata.

    Continuava per il corridoio inscrutabile, sentendo i passi, i gemiti, e la campanella della ragazza alle sue spalle. Hisoka era molto più sicuro nel muoversi, avrebbe potuto raggiungere il piano terra ben prima di lei... Ma se la prese con calma. Si lasciò seguire anche se lei non lo sapeva.

    « Sono io che ho bisogno di aiuto! »

    ...Strano. Se era così, come mai aveva avuto sempre il coltello dalla parte del manico nel loro incontro? Terrorizzata, scaraventata all'aria, eppure con ogni mossa del Giullare lei sembrava consolidarsi nella propria posizione. Nei suoi ideali.

    Per Hisoka l'inverso.

    Se lei era un dipinto rinascimentale – preciso e dettagliato, frutto di attenti studi – Hisoka era un rapido sketch dalle linee caotiche. Aveva giusto la parvenza del soggetto raffigurato, senza alcuna forte decisione dietro. In bilico su se stesso, poteva essere completato per diventare qualsiasi cosa... O rimanere incompiuto.

    Era lei a piangere, seppur fosse Hisoka a essersi disfatto come una bambola di lana.

    Aveva raggiunto la fine delle scale, voltandosi verso la ragazza, seduta ancora in cima. Non poteva vederla, ma i singhiozzi la rivelavano. Le contraddizioni continuavano. Era spaventata, ma si era comunque fatta avanti. Era debole, ma non si era data per vinta. Diceva di non essersi mai sentita così viva, piangendo.

    « ...Cheer up, kid~ You've won ♥ »

    Per l'ennesima volta le rivolgeva parole che non poteva sentire... Probabilmente per evitarsi l'imbarazzo. Aveva perso, chiaro e tondo. Era la seconda ragazzina a lasciarlo nella polvere, seppur stavolta fosse stato lui a imprimerle lividi. La cosa peggiore era che probabilmente manco intendeva farlo.

    Si girò per l'ultima volta, e l'abbandonò lì nel magazzino. Sarebbe tornato a casa... Aveva tanto a cui pensare.
    Click Me || Livello: 6 | Energia: 510 | Forza: 15 | Quirk: 255 | Agilità: 255
    • Danni
    — Contusione Lieve al petto

    • Tecniche Utilizzate
    ---

    • Equipaggiamento
    Marked Cards
    Oggetto Quotidiano [Munizioni: 20]
    ► Peso: [2]

    Loaded Dice
    Oggetto Quotidiano [Munizioni: 2]
    ► Peso: [1]

    XSQ
    Equip ? [Aumenta efficacia tecniche di uno step per tre turni] [Dosi: 5]
    ► Peso: [0]
     
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    Ciao ragazzi,

    Nulla da dire sul combattimento, un paio di cose formali per Kinshara.
    Innanzitutto suggerisco di inserire l'Energia in cima allo spoiler e non sotto alle tecniche usate o, ancora meglio, nel codice al posto dell'EXP che in un combat è abbastanza inutile. Secondariamente, la prossima volta consiglio di segnalare la questione dei banner saltati prima di editare perché ora se dovesse essere stato modificato anche qualcos'altro io non avrei modo di saperlo. Come dico sempre, è meglio avere il minor numero possibile di edit in giro, possibilmente zero.

    Mirai: +50 exp
    Hisoka: +50 exp +25 bonus livello ; non mi ricordo se hai ancora qualcosa da scontare dalla prigione, mi affido al tuo buonsenso.

    Passo e chiudo! :**:
     
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14 replies since 29/10/2020, 23:14   503 views
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