Katawaredoki

Role || Shinjiro, Amachi, Hayato (Slot Extra per Hayato)

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    Shinjiro Aragaki
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    Cercò di consolare Amachi sul fatto che sembrava essersela un po' presa per essere stata l'unica che si era sentita male, apparentemente.
    « Beh, ognuno ha una sensibilità diversa, non c'è nulla per cui sentirsi in imbarazzo.» commentò mentre Hayato esprimeva un commento simile. La successiva spiegazione di Amachi lo mise un po' a disagio, e tentò di dissimularla con la scusa di fissare lo sguardo sul paesaggio attorno a loro. No, l'odore di cibo normalmente non era ovviamente paragonabile per intensità a quello di... quella scena. Però restava il fatto che nei giorni immediatamente successivi, come anche dopo Halloween, era bastato l'odore di carne che cuoceva a fargli rigirare lo stomaco, al punto di rifiutarsi di servirla nel menù accampando qualche scusa sul non aver fatto scorte. Era un miracolo che non ne fosse uscito traumatizzato a vita e riuscisse ancora a mangiarne, in effetti. Sapeva di vegani che dopo un po' trovavano il solo odore o la vista della carne nauseante, e in quei giorni poteva dire di aver capito benissimo il perchè.
    « Capisco... quindi è più un problema di... "impatto", che di odori forti in sè e per sè.» commentò a mezza voce. Sarebbe stato estremamente fastidioso altrimenti in effetti...
    « E' lo stesso anche per un profumo troppo forte, ad esempio?» chiese, un po' per sincera curiosità e un po' per cambiare argomento su qualcosa di meno macabro. D'altronde non erano solo gli odori negativi a poter risultare troppo intensi, ed era una delle pochissime volte che faceva una domanda così diretta ad Amachi su una parte del suo essere Mutant e indirettamente del suo quirk. Evitava l'argomento, ma ormai con l'altra si conoscevano da diverso tempo ed avevano instaurato una certa confidenza.
    « Sì, facciamo attenzione... l'ultima cosa che vorrei è slogarmi una caviglia qui in mezzo ai boschi.» convenne con Hayato, facendo piu' attenzione ai gradini; fortunatamente, il fatto che fosse comunque un sentiero piuttosto trafficato da turisti ed escursionisti rendeva piuttosto chiaro dove era meglio mettere i piedi per non scivolare, con chiazze nel muschio appiattite dal passaggio di decine e decine di scarpe.
    Si voltò a lanciare un'occhiata ad Amachi dopo aver descritto quei giochi per telefono; anche se la ragazza non poteva arrossire nel vero senso della parola, ormai la conosceva abbastanza da capire quando era imbarazzata.
    Beh, aveva detto di non essere il tipo da storielle d'amore... forse la cosa la metteva in imbarazzo in qualche modo?
    «... beh, erano molto popolari un buon 4-5 anni fa, in effetti, se non di più.»
    All'epoca Amachi sicuramente non era in Giappone e poteva avere al massimo...14, 15 anni? Uh. Il pensiero gli faceva parecchio strano, i suoi 14 anni gli sembravano lontanissimi. Probabilmente era complice anche quanto la sua vita fosse cambiata in nemmeno un anno. Esattamente quel giorno un anno fa, non aveva ancora Ikiru, non conosceva ancora Desmond, ne nessuno di loro due, non aveva ancora nemmeno avuto il suo primo fatidico incontro con Aogiri e Cypher.
    E non era l'unico che stava iniziando ad accusare i segni della salita, anche Amachi si fermò brevemente per prendere fiato, e Shinjiro fece attenzione ad adeguare il passo per non lasciarla indietro. Lui e Hayato erano entrambi più alti e avevano inevitabilmente una falcata piu' lunga, era abituato a doverlo fare quasi con tutti quelli che conosceva.
    Annuì alle parole di Hayato, trovandosi piuttosto d'accordo.
    « Sì, sono interessanti, anche se trovarne di ben scritti o fatti è un po' difficile... sembrano andare più di moda gli isekai.» commentò, genere su cui aveva... sentimenti contrastanti, per dirla in termini gentili. Alcuni avevano anche idee che lo interessavano essendo appassionato sostanzialmente di AU, ma moltissimi tendevano a scadere nelle solite formula trita e ritrita di protagonista sfigato che si ritrovava re-incarnato in mondo X dove misteriosamente di colpo tutti lo amavano... meh.
    E se solo tutti e tre avessero saputo cosa li attendeva di lì a qualche settimana, probabilmente avrebbero cambiato idea sul trovare interessante i post-apocalittici.
    Il discorso cambiò passando agli animali selvatici e lo stare in mezzo alla natura.
    Ridacchiò alle parole di Amachi sui procioni.
    « Non ne saprò molto ma in Giappone sicuramente i procioni ci sono, le leggende sul tanuki vengono da loro... possibile fosse un procione, in effetti.» commentò, prima di ascoltare in silenzio le parole di Hayato, che avevano assunto una sfumatura quasi... filosofica.
    « Umm... un po' sì in effetti. Credo di capire che intendi. E' impossibile vedere uno scenario simile in città.» rispose infine.
    « I miei nonni avevano una casa fuori città in cui ora si sono trasferiti i miei genitori, e il resto dei miei parenti vive fuori Tokyo, quindi soprattutto durante le vacanze estive e del nuovo anno sto spesso con loro in piena campagna, o in montagna a seconda di chi vado a trovare.» raccontò. Preferiva evitare il mare, a meno che non spendesse quasi tutto il tempo in acqua; il sole cocente, l'umidità, la sabbia caldissima... sentiva caldo solo a pensarci.
    « ... però sono decisamente un ragazzo di città, lo ammetto.» aggiunse con un sorrisetto. Staccare ogni tanto gli piaceva, ma non avrebbe mai potuto vivere unicamente in paesini minuscoli in mezzo al verde. Era abituato a Tokyo e all'avere qualsiasi forma di svago e luogo a disposizione.
    La domanda di Hayato ebbe presto risposta; il sentiero continuava ad inerpicarsi su per il monte aumentando di rapidità e facendoli salire rapidamente di quota, sempre contrassegnato ogni tanto da cartelli. A confermare che stavano andando nella direzione giusta, ogni tanto incontravano anche altre persone, vestiti in simili abiti sportivi o un po' più pesantemente. Alcuni avevano anche bastoni tipici da trekking, decisamente si erano attrezzati meglio di loro. Quando il fiatone stava iniziando a diventare così pesante da impedire di fare chissà quanta conversazione per concentrarsi unicamente sulla salita, sembrarono arrivare finalmente a quella che sembrava una piazzola di sosta con una vista meravigliosa su tutto il paesaggio e la vallata sottostante. Qui e là erano disseminati tavolini con panche in legno, e vi era anche una fontana da cui scorgava acqua freschissima- probabile che venisse direttamente dal ruscello che avevano sentito piu' volte salendo.
    « Fermiamoci a fare una pausa qui, non dovrebbe mancare molto ormai.» l'aria si era fatta piu' fresca ma anche- e di questo ne era estremamente grato- molto meno umida, e il tempo era rimasto fortunatamente bello perciò si stava piuttosto bene.
    O almeno, lui stava benissimo, non aveva effettivamente idea se gli altri sentissero un po' fresco o meno.
    « Allora, vediamo un po' cosa avete preparato.» disse rivolto ai due mentre lui si sfilava lo zaino dalle spalla per posarlo ai piedi di una delle panche di legno. Lo aprì e ne tirò fuori due ciotole in metallo che posò sotto al tavolo per Ikiru, riempiendo una di acqua presa dalla fontanella e l'altra di crocchette secche.

    Those precious times I didn't realize I should cherish,
    Now all I can do is remember them

    SCHEDA | VIGILANTES | CRONOLOGIA | #LIVELLO 7

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    Le sfuggì un accenno di risata al commento di Hayato riguardante il fatto che anche lui era un ragazzo dallo stomaco debole come la mutant, infatti la fece divertire quella possibilità che i due fossero stati compagni di bagno per rimettere anche l’anima a quella visione ed odore schifosa del cadavere nel teatro. Alla domanda del cuoco, lei si voltò in sua direzione un momento e si strinse nelle spalle per poter rispondere con leggera timidezza:
    «Ehm, si. Cioè..Dipende anche che profumo è. Magari mi fa solo starnutire… Sinceramente ho avuto poche esperienze di fastidi molto grossi dovuti ai profumi che indossa la gente. Forse perché li creano anche per chi come me ha questo senso fine dell’olfatto… Non so.»
    Sentiva la fatica farsi sempre più presente e pressante, con quegli occhi strani che balzavano da un gradino all’altro per poter scorgere punti in cui non era meglio mettere i piedi. Il compagno di lavoro infatti avvertì di quella presenza di muschio che poteva essere fatale per fare delle scivolate dolorose, ma lei si limitò ad annuire per dare un muto ringraziamento al suo avvertimento. Il fiato era sempre più accorciato, ma cercava di inspirare dal naso ed espirare dalla bocca, un semplice esercizio che avevano insegnato fin da bambini a scuola nelle ore di educazione fisica. Ogni tanto, tra un discorso e l’altro, Amachi sospirava, ma anche mentre cercava di tirare su una conversazione si poteva sentire quella fatica presente nel suo fiato. Spesso parlava poco per evitare di perdere il ritmo della respirazione, ma non era certo questo che le impediva di ascoltare le loro discussioni, anzi, stava molto attenta e nei momenti giusti cercava di dare un suo parere o commento. Lascia che i due maschietti si dilunghino nel discorso delle loro preferenze sui post apocalittici, sentendo come uno preferisce un tipo, ma venendo appoggiato anche dall’altro ma non disdegnando anche altri generi:
    «Quindi…Ci piace a tutti e tre dei generi post apocalittici un po’ più impegnativi e meno splatterosi e banali. Bene, guadagnate 10 punti Simpy Lemur!»
    Scherzava su quella piccola affermazione riguardante i punti, sorrise sulla bocca fine e nera, ma senza mostrare i denti.
    Il cane di Shinjiro, Ikiru, sembrava davvero energico e sprintoso. Alle volte pareva che Shinjiro faticasse a stargli dietro, perché il cane sembrava molto emozionato e felice di essere lì in quel posto così diverso, pieno di stimoli ed odori nuovi. Amachi rimase sorridente e fissò fugacemente il canide, per poi rivolgersi al duo che l’affiancava e faticavano con lei per salire quei gradini vecchi e ripidi:
    «Ahahaha! Ikiru sta perlustrando a fondo! Guarda quel naso come lo tiene basso e sniffa ogni centimetro davanti a se! E’ super felice!»
    E così continuò la salita, andando ad ascoltare i restanti discorsi tra loro. I giochini di cui parlava Shinjiro, lei non ne sapeva nulla, infatti si limitò a fare spallucce e continuare -con fiatone- a salire quel sentiero ripido. Meno male ci fu qualche santo o divinità a vegliare su di loro, infatti non tardò molto ad aprirsi davanti a loro una zona aperta, dove c’erano tavolini, panche in legno, quelle adibite a fare pic nic. Amachi sollevò di qualche grado le orecchie pellicciose, mentre sbarrò gli occhi ed andò a dare un’occhiata a quel panorama che si apriva davanti a loro:
    «Wow!! Guardate che meraviglia, gente!»
    Ed andò a dare un’occhiata verso i due compagni d’avventura, mentre indicò con un cenno della testa il panorama. Aria pulita, fresca, frizzante ed Amachi cercò di inspirare ed espirare più volte e profondamente per riprendere la normale respirazione. Ossigenò il sangue e polmoni, mentre la coda fece una leggera mossa più funesta, come a tranciare in due l’aria dietro di se. Alle parole di Shinjiro, lei si voltò:
    «Uh? Si arrivo! Bevo solo un momento!»
    E così dicendo si avviò alla fonte per dissetarsi con la fresca acqua che scorreva dalla tubatura in metallo. Mise per un momento le mani a coppetta sotto il getto d’acqua -gelida- poi avvicinò la testa chinandosi sulle mani ed incominciò a bere. Un brivido le passò in tutto il corpo, sentiva quella freddezza che la stava attraversando dall’esofago, allo stomaco e per finire in tutte le parti del suo corpo. Appena aveva finito di bere cercò di asciugarsi con i dorsi delle braccia, sulla pelliccetta, un gesto poco educato, ma sembrava non importare alla lemure. Tornò in direzione del duo, al tavolo per la precisione, cercò da subito di prendere posto sulla panca vicino il capotavola. Posò lo zaino sulla superficie lignea prima di sedersi, per poi iniziare a tirare fuori i vari contenitori porta cibo. I contenitori erano neri, eleganti ed Amachi incominciò ad aprirli uno, ad uno, posandoli davanti al duo:
    «Verdure crude, fanno sempre bene per iniziare un pasto! Sedano, finocchio e carote.»
    E scoperchiò quella serie di cruditè tipiche da farci un bel pinzimonio.
    Prese altro dallo zaino e lo posizionò vicino al primo già aperto. Era un cofanetto più grande sempre color nero con al suo interno due tipi di sandwich al pane bianco, quattro farciti con del salmone affumicato, burro, pepe nero ed una manciatina di rucola, mentre quattro riempiti di semplice formaggio a fette e fette fini di pollo con un velo di maionese.
    «Sandwich!! Non vi dirò cosa c’è dentro, dovrete dirmi se sono stata brava ad abbinare i vari sapori e se vi piace. Indovinate che c’è dentro, su! E questi sono gli speciali, me li ha insegnati Darius…Cioè… Diciamo che mi ha fatto provare una cosa simile, io li ho riadattati con quello che avevo! Eheheheh..»
    E tirò fuori un altro cofanetto con altri sandwich simili a prima, solo ripieni di frittata piccante, erba cipollina e formaggio spalmabile. Come ultime cose tirò fuori un contenitore contenente gamberi alla piastra già sgusciati e senza testa, conditi con pepe e salsa di soia, un piccolo recipiente invece contiene chicchi d’uva bianchi già lavati e pronti per essere mangiati. Svuotò del tutto lo zaino quando tirò fuori dei fazzolettini usa e getta e delle bacchette anch’esse usa e getta. Espose così tutto il suo armamentario culinario, poi guardò verso il duo, più di tutti Shinjiro che era il cuoco:
    «Chef, spero sia di vostro gradimento!»
    Imitò una scena tipica dei film che parlavano di cucina e di fare successo nell’ambito della professione di cuoco. Fece una linguaccia breve per far intendere che stava scherzando a dare del Voi, ma puntò l’attenzione su Hayato e si leccò le labbra scure, pregustando quello che aveva portato lui:
    «Adesso tocca a te, ‘Ato! Sono super curiosa, lo sai? Le tue lasagne saranno fantastiche, me lo sento!»
    E si limitò a battere due o tre volte le mani scure, mostrando così il suo entusiasmo.
    Ma alla fine, ora che erano belli comodi e pronti a mangiare, Amachi andò a dire la sua esperienza riguardo all’aver vissuto o meno in città e si era un po’ goduta posti così immersi nella natura. La coda oscillò alle sue spalle ben alta, per poi sollevare di qualche grado le orecchie e mostrare un musetto pensieroso:
    «Uhm…Quando ero piccola, piccola non ricordo tantissimo di dove abitavo…Ho qualche vago ricordo di un posto comunque pieno di vegetazione. Quando venni adottata poi ho vissuto principalmente in città, non feci grandissimi giri fuori porta ed era un po’ come vivere qui a Tokyo…Palazzi, palazzi, palazzi e palazzi…Ah, aria sporchissima ovviamente! La cosa che un pochino mi ha sorpreso di questa città è il fatto che i giapponesi sono molto più rispettosi e non sono così cafoni rispetto ai cinesi. Da noi sono dei ca**o di incivili alle volte…Però sarebbe bello farci una vacanza in campeggio immersi nei boschi, oppure vicini una spiaggia incontaminata. Dato che andare in Italia ci costerebbe un mucchio di Yen, potremmo organizzare un lungo weekend in campeggio ad anno nuovo, prossima estate insomma. Vi piacerebbe fare questa esperienza?»
    E si zittì, mentre guardò alternativamente i due ragazzi e mantenne un leggero e dolce sorriso sulla bocca nera.

     
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    Hayato Ono
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    Hayato ascoltò pazientemente la risposta di Shinjiro circa il fatto se avesse vissuto la propria infanzia in campagna oppure in città: proprio come Hayato, anche il cuoco aveva vissuto perlopiù in città, sebbene fosse comunque riuscito a mantenere un minimo rapporto con la natura grazie ai suoi parenti. Sia per Hayato che per Shinjiro, in fin dei conti, la metropoli rappresentava la pura e mera realtà: chissà se fossero cresciuti in campagna se fossero stati diversi. Hayato era convinto che il luogo in cui si vivesse influenzasse molto la rispettiva psicologia, aveva avuto modo di sperimentarlo sulla propria pelle.
    Amachi, d'altro canto, decise per il momento di non rispondere. Hayato notò, con la coda dell'occhio, che la lemure stava tirando dei profondi respiri, per cui era probabile che volesse risparmiare il fiato per camminare. Ed in effetti un po' di fiato in più le sarebbe stato comodo, dato che da lì a poco i tre avrebbero dovuto salire lungo una scalinata che però li avrebbe condotti in una meravigliosa piana che affacciava su un panorama mozzafiato, attraverso cui era ben visibile tutta la vallata.
    Hayato, esattamente come prima, inspirò a fondo, godendosi quell'aria piacevole e pulita.
    «Che vista stupenda! Molto più bella di tutti i grattacieli che vediamo ogni giorno, non credete?»
    Domandò, per poi lasciarsi sfuggire una lieve e delicata risata.
    Shinjiro suggerì intelligentemente di pranzare e chi era Hayato per opporsi? Aveva tanta fame e, da come reagì l'aspirante eroina, era evidente che doveva averne anche lei. Prima, però, la ragazza si prese qualche secondo per rinfrescarsi, e ad Hayato venne quasi in mente di fare lo stesso; quasi perché l'ansia del mostrare a Shinjiro e Amachi la propria lasagna iniziò a salire. E se si fosse ribaltata nello zaino? E se si fosse scomposta? E se si fosse raffreddata troppo? Possibile che non avesse minimamente pensato al fatto che la pasta fredda sia terribile?
    Il Villain non conosceva il Quirk di Shinjiro, non ne avevano mai parlato. Eppure, anche se l'avesse conosciuto, non gli avrebbe mai e poi mai chiesto di scaldare la lasagna: che figuraccia.
    In ogni caso, con calma.
    I tre, dopo essersi sistemati ad un tavolo, iniziarono a cibarsi delle leccornie preparate da Amachi. Il biondino si liberò dallo zaino e si mise comodo, accettando ben volentieri tutto ciò che la ragazza propose loro.
    «Ma sono buonissimi!»
    Esclamò, masticando i sandwich a bocca chiusa con gli occhi sbarrati, come se ne fosse sinceramente sorpreso. Si aspettava qualcosa di più semplice e insapore, a dirla tutta, ma non per Amachi, quanto più per il fatto che avesse parlato di semplici sandwich. Invece, tutto erano fuorché semplici: Hayato avvertì un'esplosione di sapori in bocca non indifferente, qualcosa di veramente squisito.
    «Mmmm, allora! Sicuramente qui riconosco del salmone, dico bene?»
    Domandò, riferendosi al primo dei sandwich che aveva addentato.
    «Mentre qui... uhm, mi sembra ci sia del pollo e del formaggio.»
    Disse. Hayato, esattamente come Shinjiro e Amachi, passava molto tempo in cucina: era evidente che tutti e tre fossero alquanto abili nel riconoscere sapori ed associarli ai cibi.
    «Darius? Ohw, è un tuo amico, Amachi?»
    Non aveva mai sentito di Darius, eppure la lemure ne parlava come se fosse chiaro chi fosse. Forse perché Shinjiro lo conosceva? Sarebbe stato curioso saperne di più. Prima di assaggiare gli speciali, il biondino accompagnò tutto con un po' di verdura: c'era da dire che Amachi era stata carinissima a cucinare così abbondantemente, quel pasto sarebbe riuscito a saziare chiunque, considerando che da lì a poco Hayato avrebbe tirato fuori anche la sua lasagna... sperando fosse decente.
    «Questi speciali sono T-R-O-P-P-O buoni! Io adoro il piccante, non scherzo quando dico che lo metto sopra praticamente ogni piatto. Uno di voi due soffre di questa mia stessa patologia?»
    Domandò, oscillando lo sguardo tra Amachi e Shinjiro.
    «Da quanto tempo ti dedichi alla cucina? Hai sempre covato una passione?»
    Chiese ancora, stavolta indirizzando la propria domanda specificamente all'aspirante eroina. Chissà da quanto tempo lavorava per Shinjiro ed in che modo si era avvicinata al Kagejikan.
    Intanto, quando arrivò il momento di tirar fuori la propria lasagna, Hayato quasi rabbrividì. Volse ai due un sorriso forzato, mentre ascoltò la risposta di Amachi circa la propria infanzia. Per fortuna le parole della ragazza furono tali da distogliere il biondino dalla brutta figura che avrebbe fatto da lì a poco. Di tanto in tanto le dedicò anche qualche sorriso sincero, per via del suo modo di parlare simpatico e colorito. Amachi era davvero simpatica, nel senso vero del termine.
    «Certo che ci sto! Ci verrei di corsa! Anzi, mi sa che io in campeggio non ci sono mai stato, sapete? Mi farebbe tantissimo piacere fare quest'esperienza insieme a voi.»
    Commentò, mentre tirò fuori dal proprio zaino la tanta temuta lasagna, poggiandola sul tavolo e guardandola un po' spaventato. Amachi e Shinjiro non avrebbero fatto fatica a percepire una certa nota d'ansia nei gesti e negli occhi del Villain, mentre questo scoperchiava la pietanza.
    Okay, era ancora intera.
    Non si era ribaltata.
    Non si era scomposta.
    Ma.
    Era tremendamente fredda.
    Hayato se ne accorse sfiorandola leggermente col dito, mentre intanto iniziò a dare segni di disagio: si grattava ripetutamente la tempia, si bagnava con la lingua entrambe le labbra continuamente e deglutiva frequentemente.
    Si fece forza, comunque, tagliando la lasagna in più porzioni ma senza avvicinarle ancora né a Shinjiro né ad Amachi.
    «Io... ecco... penso si sia freddata.»
    Commentò, in tono abbastanza imbarazzato.
    «Potete provare ad assaggiarla, ma non avevo pensato che si sarebbe fatta fredda... Sono un totale cretino.»
    Continuò. In quel momento sembrava un rincoglionito, ma almeno stava rispetto in tutto e per tutto il ruolo che aveva deciso di assumere da quando aveva fatto il proprio ingresso al Kagejikan: l'imbranato. Sarebbe rimasto fedele al proprio personaggio, almeno.
    «Altrimenti non mangiatela proprio, non è un piatto che si consuma freddo... in generale, la pasta non si consuma fredda.»
    Incrociò le braccia al petto, tenendo lo sguardo fisso verso il basso, come se non riuscisse a guardare Shinjiro e Amachi in faccia. Era una semplice lasagna, sì, ma Hayato aveva una storia particolare con quel piatto. Era da mesi che faticava e si disperava, provando ad elaborarla in maniera corretta, ed ora gli avrebbe anche fatto fare una pessima figura. Per Hayato, era più Villain quella lasagna rispetto a sé stesso, tanto per intenderci. Forse doveva semplicemente lasciar perdere.


     
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    Shinjiro Aragaki
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    Ben presto durante la salita ci fu ben poco spazio per le chiacchiere, ogni respiro di tutti e tre concentrato solo sul continuare quella salita. Non sapeva come fosse per Hayato, ma Shinjiro si considerava una persona più attiva della media fisicamente, e questo anche da prima di iniziare le sue attività da Vigilantes con relativi allenamenti. Cercava di uscire a correre anche solo per venti minuti ogni mattina, ancor di più da quando aveva Ikiru, e si manteneva in allenamento con qualche partita a basket. Amachi poi, era probabilmente la più allenata tra tutti e tre vista la scuola che frequentava e tutti gli addestramenti a cui veniva sottoposta, eppure anche lei sembrava star facendo un po' fatica. Ikiru, facilitato dallo stare a quattro zampe, sembrava invece contentissimo di quella passeggiata così lunga, anche se ogni tanto ansimava un po' con la lingua di fuori anche lui prima di ricominciare ad annusare qualcosa.
    « Decisamente, sì.» concordò con Hayato riprendendo fiato.
    Arrivati finalmente alla radura e sistemato Ikiru con la sua porzione di cibo, restò in attesa di vedere cosa avevano portato gli altri due; Amachi iniziò letteralmente a svuotare lo zaino, sfilando contenitori su contenitori e aprendoli uno ad uno. Restò piacevolmente sorpreso dalle verdure, una idea semplice ma ottima per una passeggiata del genere, non rovinandosi ne avendo nessun condimento che poteva inzupparle troppo o ammollarle.
    Poi arrivarono i famosi sandwich, che avevano un'aria effettivamente parecchio invitante. Sorrise leggermente al giochino proposto da Amachi di indovinare con cosa li aveva farciti, poi si illuminò nel vedere i gamberi sgusciati e i chicchi d'uva. Non tanto per ciò che erano, quanto per il fatto che era evidente l'impegno che Amachi aveva messo nel preparare tutte quelle cose - già solo sgusciare i gamberi era un lavoraccio -, e non poteva che esserne felice. Aveva proposto che si occupassero loro del pranzo come battuta, ma era evidente che la ragazza aveva preso a cuore la cosa.
    « Però, hai pensato davvero a tutto!» commentò colpito prendendo un paia di bacchette usa e getta e cercando di decidere da cosa partire. Alle parole di Amachi si lasciò sfuggire una breve risata, quasi più uno sbuffo.
    « Vedremo, per ora la presentazione sembra... gradevole.» rispose, imitando a sua volta il tono delle tipiche scene citate dalla ragazza. Prese per prima cosa una porzione di finocchio, rinfrescante dopo quella salita e dal sapore neutrale che non avrebbe influenzato ciò che avrebbe mangiato dopo, poi iniziò anche lui a mangiare i sandwich uno per uno, partendo invece da quelli adattati da una ricetta americana.
    « ... qui c'è sicuramente frittata ed erba cipollina e...» esitò un attimo sul sapore del formaggio spalmabile, effettivamente non usava spesso (per non dire affatto) latticini nella sua cucina.
    Per svariati motivi culturali e storici l'uso di latte e derivati vari non si era diffuso molto nella cucina giapponese e nei piatti tradizionali come in altre cucine, anche se ormai ovviamente era comunque conosciuto.
    « Qualche tipo di ricotta morbida? » azzardò infine, assottigliando lo sguardo come se quel gesto potesse in qualche modo farlo concentrare meglio sul sapore.
    « Buoni comunque, particolari, il sapore del formaggio smorza il piccante. Fai i complimenti a Darius.» approvò con un cenno della testa, continuando poi a mangiare alternando un po' di tutto.
    « Sì, sicuramente uno con salmone e l'altro con pollo.» concordò alle parole del biondino, prima di rispondere alla sua domanda.
    « Mi piace ma non lo metto ovunque... mi piace cercare di gustare ogni piatto con il sapore con cui è stato pensato in origine, alterandolo il meno possibile una volta cucinato.» commentò.
    « E' un sentimento che mi ha trasmesso mio padre... se ad esempio preparo qualcosa per qualcuno e quello mi chiede del sale da aggiungere ancora prima di provarlo, non posso fare a meno di pensare che non gli piace o che non mi considera capace abbastanza da prepararlo bene. Ovviamente è solo una mia... piccola fissazione, so che non è necessariamente così.» commentò scuotendo leggermente la testa.
    « Chiamiamolo orgoglio personale.» aggiunse cercando di dissimulare il tutto con una risata. Lasciò i due dipendenti a conversare tra loro per un po', felice di vedere che anche Hayato sembrava voler conoscere meglio la ragazza facendole svariate domande. Amachi intanto sembrò aprirsi un po', lentamente, iniziando a parlare della sua infanzia. Che era stata adottata lo sapeva, ma in effetti non sapeva granchè di cosa avesse fatto prima, ma immaginò che fosse troppo piccola per ricordarlo. Restò un po' sorpreso dalla descrizione dell'altra della Cina.
    « Ah sì? Sapevo dello smog ma non di questo atteggiamento... e sì, un finesettimana in campeggio non sarebbe male.» concordò. Decisamente più fattibile di una vacanza oltreoceano.
    « Non ci sono mai stato neanche io, ma scommetto che sarebbe divertente... due tende, sacchi a pelo, un fuoco su cui cucinare... tu potresti suonare la chitarra.» propose ad Amachi, prendendo l'immagine stereotipata dei campeggi che aveva da film e media vari.
    Poi, finalmente, arrivò anche il momento della fantomatica lasagna. Notò che Hayato sembrava particolarmente nervoso, come lo aveva visto forse solo i primi giorni di lavoro. Si sporse a osservare curioso nel contenitore.
    Beh... da quel che aveva visto in film vari, sembrava corrispondere all'immagine che aveva di una lasagna, sì. Inizialmente non si preoccupò delle parole di Hayato quando l'altro gli mise davanti la sua porzione.
    « Oh tranquillo, sono sicuro sia buona anche fredda... sarà un po' come i soba noodles che abbiamo servito freddi ogni tanto quest'estate, no?» chiese, alludendo ad una delle specialità del giorno che aveva preparato spesso in quell'ultima estate al Kagejikan. Quindi prese un boccone e se lo ficcò in bocca... realizzando dopo qualche secondo che no, non era simile per niente ai soba noodles.
    Almeno credo boh, ma tanto la pasta fredda è terribile in ogni caso.
    La lasagna si era raffredata e con essa anche tutto il condimento, in particolare il sugo di pomodoro che freddatosi si era agglomerato quasi in piccoli grumi, rendendo molliccia la pasta in alcuni punti e completamente secca in altri. L'olio del sugo si era separato dal resto della salsa, formando quasi una piccola pozzanghera in cui era completamente inzuppata la parte inferiore della lasagna.
    Masticò un paio di volte e mandò giù il boccone, sforzandosi di mantenere una espressione neutrale. Perfino con il riscaldamento minimo che il cibo subiva naturalmente messo in bocca (ancor piu' nel suo caso), il risultato era...beh, era stato... terribile diverso.
    Abbassò lo sguardo sulla lasagna per un attimo, poi si lanciò un'occhiata furtiva tutt'attorno; i tavolini era ben distanziati l'uno dall'altro, e in ogni caso non c'era molta gente in giro e nessuno seduto immediatamente vicino a loro.
    Hayato sembrava genuinamente mortificato, probabilmente ci teneva davvero a far assaggiare loro quel piatto in cui si era impegnato così tanto, e non intendeva certo che tutto quell'impegno (e cibo) andasse sprecato se poteva evitarlo con estrema facilità.
    Rapidamente, il cuoco attivò la sua unicità su entrambe le mani e le posò per una decina di secondi sotto ogni piatto, distendendo bene le dita per trasmettere più calore possibile in modo uniforme, poi sul contenitore che conteneva il resto della lasagna e infine sulla sua porzione.
    Visibilmente non ci sarebbe stato nessun cambiamento, se non il sottile filo di vapore che si sarebbe alzato dal cibo una volta scaldato.
    «... oh guarda è rimasta calda, che fortuna commentò con un rapido occhiolino in direzione dei due - rivolto più ad Hayato, visto che Amachi aveva già visto la sua Unicità in azione diverse volte -, riprendendo poi a mangiare come se nulla fosse successo.
    « Buonissima.» confermò, compiaciuto.

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    CITAZIONE
    Nota divertente su questo post: è letteralmente tutta la role che mi chiedevo "MA LA LASAGNA NON SARÀ GELATA FINCHE' ARRIVANO LI? FORSE USA UN CONTENITORE TERMICO BOH" e nell'immaginare la lasagna fredda e doverla descrivere ho avuto i brividi perchè io ho una reazione di completa avversione e disgusto fisico a qualsiasi tipo di pasta fredda. Solo vederla e pensare di doverla mangiare mi fa salire la nausea. Scrivere questo post è stato piu' difficile di tutto ciò che ho fatto su questo gdr ma a modo suo anche catartico (?)
    LA PASTA FREDDA E' IL MALE
     
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    Si mise seduta al suo posto ed andò per un momento a sollevare il visino per immergere il nasino nero nell’aria, così da odorare i vari profumi ed aromi che la boscaglia rilasciava attorno a loro. Non c’era aria sporca di smog, neanche quell’inquinamento dovuto ai rumori che disturbavano spesso i riposini pomeridiani di Amachi. Le orecchie si muovevano leggermente, andando a catturare quei suoni naturali, dolci, come il fruscio delle foglie, oppure l’acqua della fonte che sgorgava ripetutamente nella sua vasca d’acqua sottostante. Sospirò, per poi volgere la sua attenzione verso i due ragazzi e guardò alternando prima sul cuoco, poi sull’altro. Annuì al dire dei due e si strinse nelle spalle nel sentire l’esclamazione del biondino che pare aver apprezzato i sandwich della mutant:
    «Sono molto felice che ti piacciano 'Ato.»
    Ridacchiò, mentre portò con dietro il padiglione auricolare destro una ciocca ispida di capelli neri. Sfarfallò le ciglia e voltò lo sguardo sul cuoco, andando ad osservare il suo viso e cercò in lui un’approvazione, anche un cenno. Era un momento emozionata nel vedere che il cuoco, il maestro di Amachi in cucina, stava per testare il pranzo al sacco che lei stessa aveva preparato da zero, senza nessun aiuto. Sorrise mostrando la candida dentatura quando percepì che i due stavano azzeccando tutto, o quasi, gli ingredienti che erano nei panini:
    «Si, pollo e formaggio…con un velo di maionese. E si, c’è frittata e dell’erba cipollina fresca, ma non è ricotta!»
    Disse alla volta del cuoco, andò però fugacemente a dare un’occhiata anche ad Hayato e così ai due rivelò cosa aveva usato:
    «Ho utilizzato un formaggio spalmabile molto leggero, l’ho trovato al supermercato ieri ed ho voluto tentare.»
    E così dicendo, Amachi andò a raccogliere inizialmente un pezzo di sedano crudo e lo sgranocchiò, per poi prendere uno dei sandwich ed incominciò a mangiare con calma. Nel frattempo incrociò le gambe sotto al tavolo e pose le punte dei piedi poggiate sul terreno, data la minuta statura di lei. Mentre i tre mangiano continuano a conversare e la lemure quando si sente interpellata, risponde con una voce più radiosa e contenta, forse quella prova culinaria le era andata bene:
    «Yes! Salmone. E bravi ragazzi, avete azzeccato! Spero anche i gamberi siano buoni, forse freddi sono meno saporiti, ma ho cercato di farli quasi al naturale per evitare sughetti rappresi e bruttini..»
    E finì di mangiare i sandwich con calma, mentre tra un boccone e l’altro conversava con i due e nel sentire Shinjiro parlare di suo padre e di cosa egli aveva tramandato a lui, lei sorrise sulle labbra. Annuì appena, per poi rispondere:
    «In effetti gente che condisce le pietanze senza neanche averle assaggiate, per me è da sce*i. Se un piatto è già ben bilanciato di sapori, spezie e simile, perché ca**o dovresti andare a metterci ulteriore sale!? Oppure io non sopporto chi ci mette quintalate di piccante. Ok, può piacere, ma certe volte ci sono dei peperoncini o spezie piccanti che se le dosi male ti copre ogni sapore della pietanza, quindi nasconde tutto e sembra di mangiare solo del fuoco…Mah. »
    Fece una piccola pausa, poi assottigliò gli occhi sul vigilante e bofonchiò:
    «Sai che comunque è merito tuo se sono stata capace di fare tutto questo, si? Sei stato un bravo maestro. Io sarei rimasta ai noodles istantanei…»
    Ridacchiò, per poi andare a prendere le bacchette e cercò di piluccare qualche gambero dal contenitore, così da mangiarne un paio. Rispose in questo modo alla domanda dell’altro che si era incuriosito riguardante a quanto tempo era che stava cucinando e se era una passione recente o meno. Si voltò verso Hayato e lo ascoltò, ma cercò anche di guardare il suo volto. Era un tipo alla mano, alle volte sembrava timido ma cercava sempre di essere aperto e cordiale, forse alle volte sembrava impostato per le rigide regole di comportamento dettate dal Giappone, ma ad Amachi piaceva. Era un tipetto apposto, una possibile amicizia da far crescere nel futuro, oltre le quattro mura del locale. Aveva già dato un nomignolo, quindi era già un passo avanti.
    Alle parole su Darius, se era un amico o simile, la lemure roteò gli occhi al cielo e con imbarazzo andò a dire:
    «Beh si, è un amico…Credo.»
    Si erano baciati i due, ma non sapeva ancora se erano una coppia, oppure se semplicemente fu una cosa avventata e dettata dal momento. Era decisamente impacciata sull’argomento, infatti cercò di andare a sviare e di poter cambiare discorso, prendendo la palla al balzo riguardo alle passioni culinarie -soprattutto spezie- che aveva tirato in ballo proprio il ragazzo dai capelli biondini. La coda frustò l’aria dietro di se, per poi adagiarsi sulla panca al proprio fianco sinistro:
    «Ah! Quindi tu sei uno degli assassini dei piatti con il peperoncino. Male, male 'Ato…Così mi deludi.»
    Agitò l’indice della scura mano sinistra e negò con un cenno della testa, mentre teatralmente imitò una faccina impermalosita. Stava scherzando, infatti cercò poco dopo di fare un risatina e di andare ad annuire:
    «Vi sembrerà strano…Ma io sono patita per il dolce. Una volta provai a fare una cosa mixando carne e cioccolato fondente, ma feci un gran casino e dovetti buttare via tutto. Era una ricetta che davano in televisione, ma a quel tempo le uniche cose che sapevo fare era scaldare l’acqua per metterla nei barattoli dei cibi istantanei. Mmhh…Shin…»
    Si voltò verso Shinjiro e sollevò per un momento le sopraccigliette in due arcate e chiese con curiosità:
    «Sei capace a fare delle cose appunto strane che vanno di moda ultimamente? Quei piatti dove metti insieme un piatto salato con qualcosa di dolcioso?»
    Mera curiosità, sia mai che lei stava chiedendo INVECE SI, FALLO di cucinare qualcosa del genere…
    Il discorso poi andò a puntare sulla possibilità di fare campeggio ed Amachi andò a sbuffare e stringersi nelle spalle:
    «Ma come due tende…E mi mollate da sola!? E se ci fosse un procione assassino che vuole mangiarmi!? No ma…Siete davvero dei carini voi due eh. Questa me la legherò al dito! »
    Fece una piccola pausa ed andò ad annuire:
    «Tende separate o meno, io ci sto! Potrebbe essere l’inizio di una bella cosa…Tipo gruppo avventura! Sarebbe fichissimo andare sulle rive di un lago, così poi possiamo pure farci il bagno e pescare! Tanto il cuoco che sfiletta e mette alla brace il pesce lo abbiamo, vero?»
    Ammiccò in modo simpatico e un po’ goffo verso Shinjiro, così da risultare buffa e strappare una risata al cuoco.
    Adesso fu la volta della mitica lasagna ed Amachi, mentre parlava di campeggiare, andò a guardare in direzione dello zaino di Hayato che veniva levato dalla tavola, lasciò però spazio alla lasagna che aveva preparato con dedizione ed amore per loro. Fremeva dall’idea di poterla assaggiare, infatti si leccò le labbra scure e pregustò quella pietanza. Non sapeva che fredda o calda aveva le sue grandissime differenze, ma la mutant cercò di guardare in direzione del ragazzo che era terribilmente agitato. Si incuriosì e lo lasciò per il momento parlare con Shinjiro, per poi andare a sorridere con dolcezza e rispondere:
    «Sarà buona, me lo sento. C’hai messo tanta passione ed hai pure cercato di farla uguale a quella originale per quel che ho capito.. E sappiamo tutti che gli ingredienti come quelli italiani sono difficili da trovare in Giappone. »
    Negò con la testa e cercò do allungare la mano sinistra verso di lui, così tentò di posarla sulla sua spalla destra e provò a stringerla delicatamente un paio di volte:
    «Ehi, non dire che sei un cret*no. Stai tranquillo e non preoccuparti, io la mangio volentieri che sia calda o fredda.»
    Ma Shinjiro si lanciò per tutti, sacrificò il suo palato per provare quella pietanza che era ormai fredda e rattrappita, come una degna lasagna fredda sapeva trasformarsi. Guardò la reazione del cuoco e poi quel gesto che fece ponendo le mani sotto i piatti e il contenitore della lasagna. Gli angoletti della bocca si sollevarono e mostrò un accenno di sorrisino divertito, mentre chinò la testa di qualche grado. Socchiuse gli occhi e cercò di guardare il proprio piattino che conteneva adesso una lasagna calda e fumante. Quando Hayato sarebbe stato distratto, Amachi avrebbe cercato di mimare con le labbra un Grazie rivolto al cuoco stesso, accompagnato da un occhiolino fugace.
    Prese la posata e cercò di andare a spezzarne un boccone e lo accompagnò alla bocca. Incominciò a masticare e la lasagna calda aveva un effetto burroso, morbido, con la besciamella che si univa dolcemente al sapore del sugo, con la pasta che dava corposità al piatto. Sentì quelle poche e semplici spezie che esaltavano il sapore del piatto stesso, infatti quando inghiottì si voltò verso Hayato con gli occhi che brillavano e la faccina gongolante:
    «Ahwwwww, Hayato…»
    Lo chiamò con il nome intero, mentre cercò di porre la mano sinistra chiusa a pugno, che simulava una zampina da micio, vicino alla guanciotta del medesimo lato e la muoveva ogni tanto come un felino tenero sapeva fare:
    «Posso adottarti nei giorni di festa per schiavizzarti a farmi lasagne di continuo? Non sapevo che fossero così deliziose. I love Italy!!»
    Disse dondolando a destra e sinistra per un paio di volte, per poi tornare a mangiare quel piatto caldo e buono.
    Certo, per lei era la cosa più buona del mondo in quel momento, ma era anche la prima volta che si mangiava una lasagna! Per accompagnare quella mangiata all’italiana, la mutant incominciò a mugolare una canzoncina tipica Italiana -anche perchè non sapeva le parole di tale canzone- una di quelle che facevano sentire spesso alla Tv e soprattutto nelle pubblicità.


     
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    Sentire Shinjiro che esprimeva giudizi su ciò che stesse ingerendo, anche se in quel caso so trattava di indovinare semplicemente degli ingredienti, era comunque un po’ strano.
    Probabile che Hayato non fosse riuscito ad eliminare del tutto l’idea del cuoco austero, serio e severo (a modo suo, quando succedeva) alle prese con i fornelli e durante il turno di lavoro. Insomma, diciamo che conoscere Shinjiro durante una scampagnata tra amici era decisamente più... diverso, sì, in senso positivo.
    Eppure Hayato non riusciva comunque a far combaciare tra i propri pensieri Shinjiro-proprietario del Kagejikan con Shinjiro-persona normale, probabilmente perché in fin dei conti aveva avuto modo di viverlo poco al di fuori della cucina.
    In ogni caso, i due riuscirono senza troppe difficoltà ad indovinare gli ingredienti delle squisite leccornie di Amachi, preparate in collaborazione di quel misterioso Darius, che Amachi aveva definito come un ‘Amico’. Il Vigilantes sembrava conoscerlo: ancora una volta il biondino ebbe modo di constatare come i due mutant fossero legati ben più di quanto credeva, nonostante fossero due persone dalle personalità apparentemente opposte: Shinjiro era molto calmo, tranquillo e pacato, mentre Amachi sembrava un vulcano di energia e di vitalità. Chissà se aveva qualche lato da nascondere oppure se ciò che aveva modo di vedere della ragazza corrispondesse effettivamente alla realtà in tutto e per tutto.
    «Non ci ho mai pensato, in effetti darebbe fastidio anche a me. È come se facessi un regalo a qualcuno e questo pretenderebbe di sapere prima cosa sia per capire se possa piacergli o meno.»
    Disse, rivolgendosi al collega, annuendo alle sue parole.
    «Sono sicuro che non ti sia capitato poi così tante volte, comunque. Uh, sai che in effetti qualche volta mi farebbe piacere mangiare qualcosa di speciale cucinato da te, Shinjiro? Potremmo organizzare un pranzo o cena.»
    Propose, in tono gentile e per niente pretenzioso, volgendo un luminoso sorriso ad Amachi, come per farle capire che naturalmente sarebbe stata inclusa nell’idea.
    La mutant lemure, nel frattempo, espresse il proprio concetto circa i condimento adoperando le sue solite maniere, pepate ma che di certo non ci mettevano granché a strappare una risata sincera.
    «Come al solito hai ragione, Amachi~ sai che sei proprio simpatica? Trovo estremamente piacevoli i tuoi modi di fare!»
    Disse, con il tono di voce di un perfetto amico - anche lievemente imbarazzato - non di certo col tono di uno che ci prova, per intenderci.
    Amachi era una persona proprio gradevole ed era molto simpatico il modo con cui affermava ciò che diceva: sembrava ogni volta estremamente convinta delle proprie parole.
    «Anche a me piacciono i dolci! Anche se non li cucino spesso... anzi, in realtà quasi mai. So fare i Dorayaki, ma in generale credo che il Mondo della pasticceria sia un bel po’ complesso.»
    Non a caso esistevano cuochi e pasticceri: il mondo dei dolci aveva un’arte tutta sua, una concezione della cucina che, secondo Hayato, si discostava in gran parte dal salato. Insomma, solitamente chi si specializzava in una disciplina non era specializzato anche nell’altra.
    Scoppiò in una fragorosa risata, quando Amachi se la prese per la frase del Vigilantes.
    «Ma no~ sono sicuro che Shinjiro intendesse tre! Anche perché poi chi è che suona la chitarra?»
    Domandò, retorico, placando soltanto allora la risata, benché con alte probabilità Amachi avesse proferito quelle ultime frasi con fare ironico.
    Arrivò poi il temutissimo momento, quello della lasagna. Lasagna che, dal primo momento in cui Hayato la estrasse, si presentò davvero in maniera pessima.
    Non solo la pasta, ma naturalmente anche il sugo aveva finito per freddarsi e aveva assunto un aspetto acquoso, osceno alla sola vista.
    Vane furono le parole dei due colleghi per sollevare Hayato dall’imbarazzo che stava provando in quel momento.
    Lui la odiava.
    Odiava quella lasagna.
    Quella sarebbe stata la prima e l’ultima volta in cui l’avrebbe cucinata.
    Anzi, no.
    L’avrebbe cucinata di nuovo.
    Poi l’avrebbe presa dal forno.
    E l’avrebbe spiaccicata al muro, vederla cadere terra per poi calpestarl—
    Okay, un attimo.
    Sì, forse era meglio tornare di nuovo alla scena in montagna.
    Dicevamo, quindi, che Hayato era in imbarazzo. Non sapeva neanche bene cosa rispondere a Shinjiro, perché una cosa del genere difficilmente poteva essere paragonata ad un piatto.
    Fu soltanto da lì a pochi secondi che il Villain intravide un rivolo di fumo abbandonare la portata, dopo esser stata maneggiata da Shinjiro.
    Inarcò per un attimo lo sguardo, portandolo in sua direzione. Che cosa aveva fatto?
    L’aveva riscaldata... tra le mani?
    Ma come aveva fatto? Che fosse legato alla sua Unicità? Hayato non aveva mai chiesto all’altro del suo Quirk, ritenendolo poco rilevante. Che fosse qualcosa legato al calore?
    Il membro di Aogiri decise di non chiedere nulla, mettersi a parlare di Quirk in circostanze simili sarebbe stato un po’ fuori tono: si limitò quindi a sorridere al cuoco ed alla collega, facendo un breve inchino come per ringraziarli, lasciando quella questione in quell’alone di mistero generato da Shinjiro stesso.
    «Sono felice che siano perlomeno mangibili... ma in ogni caso non credo che le preparerò più, mi hanno fatto davvero esaurire.»
    Si sedette di nuovo al tavolo, ma senza toccare le lasagne: quelle cose gli mettevano così tanta ansia che il solo pensiero di ingerirle gli chiudeva lo stomaco.
    «Che carina questa canzone, Amachi, si adatta perfettamente allo stile italiano~»
    Disse, con in volto un gran bel sorriso, decidendo di lasciarsi definitivamente alle spalle quel piatto mostruoso.
    «Che ne dite di fare un brindisi? Uhm... al nostro futuro viaggio in campeggio, sì!»
    Esclamò, seriamente speranzoso.
    Che carino.
    Hayato si sentiva così spensierato.
    Non aveva idea di ciò che sarebbe successo da lì a qualche mese più tardi.


     
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    Mentre iniziavano a mangiare quei tramezzini e tutti gli altri spuntini preparati da Amachi, si abbassò a lanciare brevemente un'occhiata sotto al tavolo. Ikiru sedeva tranquillo con il muso nella ciotola, mangiando con calma, ma ogni tanto alzava lo sguardo e socchiudeva gli occhi scodinzolando un po', godendosi semplicemente quell'aria così fresca e pulita di montagna. Il cuoco non poteva certo dire di non capirlo: anche quello era qualcosa che difficilmente ci si poteva godere a Tokyo, anche a cercare di fare un pic-nic in qualche parte. Mangiare a quel modo all'aria aperta, con calma, chiacchierando tranquillamente e senza dover lanciare occhiate all'orologio perchè a qualcuno stava finendo la pausa pranzo, o nel suo caso cena, che di solito saltava direttamente per poi mangiare qualcosa rapidamente mentre chiudeva il locale a notte fonda, era... bello. Dovevano davvero farlo più spesso. Sperava che Amachi avesse capito che apprezzava ciò che aveva preparato, non era il tipo da sperticarsi in lodi esagerate ma voleva davvero farle capire che gli piaceva un sacco.
    « Ah, formaggio spalmabile! Ci sta benissimo, soprattutto con l'erba cipollina.» commentò, prima di rassicurarla sulla questione dei gamberi.
    « Tranquilla, vanno benissimo così... soprattutto con la salsa di soia che compensa un po' del sapore perso.» aggiunte, prendendone un altro con le bacchette e intingendolo appena nella salsina. E per fortuna evitò di fare commenti sui "sughetti rappresi e bruttini", o avrebbe inconsapevolmente distrutto ulteriormente il povero Hayato di lì a poco.
    Fu ben contento che gli altri parevano condividere la sua opinione sul condire i piatti prima ancora di assaggiarli (cosa ovviamente importantissima).
    « Esatto, la vedo come una... mancanza di fiducia nei confronti del cuoco. E mi è successo un paio di volte... di solito turisti perlopiù, che da una parte perdono anche perchè magari sono abituati ad altro ma dall'altra parte mi lascia perplesso. Perchè voler assaggiare la cucina tipica di un'altra nazione se poi cerchi di adeguare tutto al tuo gusto? Sarebbe come se io andassi in italia e chiedessi di voler mettere salsa di soia ovunque.» aggiunse per illustrare meglio la sua opinione. Stava andando pericolosamente vicino ad attaccare lo spiegone culinario; non poteva farci nulla, amava parlare di cucina, non solo perchè era il suo lavoro ma perchè era sorprendente quali altri riflessioni potevano uscire a volte a riguardo sulle persone.
    C'era quel detto che aveva sentito una volta in qualche show culinario straniero, "sei cosa mangi" o qualcosa del genere. Per lui era vero in più di un senso; si potevano capire moltissime cose di una persona da come si approcciava al cibo.
    Al commento successivo di Amachi si lasciò sfuggire un sorriso - uno dei pochi davvero genuini- e abbassò la testa, un po' in imbarazzo.
    « Ma no, figurati... mi spiace di non averti potuto insegnare di più fino ad ora, ma lo hai visto... il lavoro diventa piuttosto frenetico, in cucina. Ora sei ufficialmente promossa a preparare le zuppe, ti insegnerò come fare la base del brodo, così puoi mettere qualcosa di più sostanzioso dell'acqua calda nei noodles istantanei.» ridacchiò in tono un po' scherzoso ma sperando che comunque alla ragazza passasse il messaggio: la base del brodo era importantissima come base per tantissimi piatti e per molti locali tradizionali, da un semplice izakaya come il suo a ramen shop a locali di lusso. Un po' come in tante altre cucine non era raro che locali a conduzione familiare avessero ognuno la loro leggera variante tenuta segreta e custodita gelosamente, o che si vantassero di avere una ricetta tramandata da secoli di generazione in generazione.
    L'imbarazzo aumentò un po' alle successive parole di Hayato; in effetti, anche se lo vedevano cucinare letteralmente tutti i giorni, non aveva mai preparato qualcosa proprio per loro.
    « Oh, umm... certo, perchè no. Penserò a qualcosa di particolare.» rispose. Restò poi un po' in silenzio mentre continuava a mangiare, ascoltando Amachi parlare un po' di Darius ad Hayato. Con quel "credo" si era un po' tradita, il cuoco aveva da tempo la netta impressione che tra i due ci fosse ben più di una semplice amicizia. Lui ne era contento, da come ne parlava sembrava un tipo affidabile e sicuramente doveva averla aiutata parecchio con i suoi dubbi e le sue insicurezze alla Yuuei. Da quando si era confidata con lui, dopo quella prima partita a basket ormai diversi mesi fa, Shinjiro aveva preso piuttosto a cuore la ragazza lemure. La vedeva un po' come una cugina, o una sorella minore, e anche se gli era difficile mostrarlo, soprattutto in contrasto al carattere ben più espansivo ed esuberante della ragazza, sperava che la cosa trasparisse in un modo o nell'altro. E poi anche Amachi chiese se gli andava di cucinare qualcosa di più particolare.
    Ok, aveva capito, avrebbe pensato a qualcosa per un pranzo.
    « Sì, mi piace molto sperimentare piatti nuovi e vedere le ultime tendenze che vanno di moda, combinare gusti particolari. Ovviamente non li inserirei nel menù del Kagejikan, ma a casa provo spesso.»
    Questo era un modo semplice di dire che non aveva una cartella intera di preferiti sul cellulare contrassegnata come "Ricette da provare", noooo.
    « Anche io so fare solo i Dorayaki e un paio di altre cose molto semplici che mi ha insegnato mia madre.» commentò, prima di annuire alle parole di Hayato.
    « Assolutamente. La grande differenza tra cucina e pasticceria è che in cucina puoi sempre rimediare e procedere man mano. Se hai messo un pizzico di sale di troppo, puoi rimediare aggiungendo un po' d'acqua per diluire di nuovo. Un impasto per una torta o altri dolci, o anche il pane, una volta infornato non puoi più cambiarlo: o uscirà bene o uscirà male, e tantissimo dipende dall'usare dosi esatte degli ingredienti in un certo modo. C'è un motivo se si dice "cucinare è un arte, fare dolci è una scienza".» eccolo, lo spiegone culinario.
    « Ho provato a fare una crostata inglese per un amico quest'estate e avevo i nervi a fior di pelle tutto il tempo.» rise.
    Alle parole successive di Amachi capì di essere stato frainteso e alzò una mano come a difendersi.
    « Ma no, ovvio... intendevo due tende per... dividerci in uomini e donne.» tossicchiò passandosi una mano tra i capelli, in imbarazzo. Ovvio che non intendeva lasciarla dormire fuori.
    « E in ogni caso ci sarebbe Ikiru a fare la guardia.» aggiunse, con un sorrisetto.
    « Sarebbe molto bello, sì... so che si sono dei posti attrezzati per pescare dove puoi cucinarlo e mangiarlo direttamente.» commentò, divertito dall'aria così entusiasta della ragazza.
    Poi venne il momento della fantomatica lasagna, e per fortuna di Hayato il biondo non espresse ad alta voce le sue intenzioni su cosa voleva fare a quel piatto che ormai odiava, perchè altrimenti Shinjiro gli avrebbe rivolto Lo Sguardo, quello che rivolgeva a tutti quelli che osavano sprecare apposta (o parlare di sprecare) cibo in sua presenza. Lo Sguardo consisteva in un'occhiataccia severa dall'alto in basso che durava poco più di un secondo, con le labbra strette in una linea sottilissima che esprimeva tutta la sua silenziosa e passivo aggressiva disapprovazione unita ad un filo di rabbia cocente appena percepibile. Hayato non sapeva quanto vicino era andato a subirlo (?).
    Notò, invece, la confusione negli occhi del biondino nel vedere il piatto di nuovo caldo; fece un cenno in direzione di Amachi mentre continuava a mangiare, sorridendo appena nel sentirla iniziare a canticchiare quella canzone. Si aspettava l'inevitabile domanda sui Quirk da parte di Hayato, che non senza una punta di sorpresa invece non arrivò. Per lui era meglio così.
    « Ma come, non la mangi?» chiese; capiva benissimo il non mangiare qualcosa di preparato per qualcun altro, era quello il motivo? O prepararle lo aveva innervosito davvero così tanto?
    In ogni caso sul volto del biondo parve tornare subito il sorriso, e il dipendente propose un brindisi. Shinjiro sorrise e alzò prontamente il bicchiere, poco male che era pieno solo d'acqua.
    « A tutte le future uscite!» disse, facendo sbattere leggermente i bicchieri di plastica contro quello degli altri.
    Tra un discorso e l'altro, continuarono a mangiare e rilassarsi per un po'. Finito l'ultimo tramezzino il cuoco si prese qualche secondo per voltarsi ad osservare la vista sulla vallata; si stava davvero benissimo. Tokyo era appena appena visibile all'orizzonte, il panorama dominato dagli alberi e le rocce coperte di muschio. Una brezza leggera gli scompigliò i capelli; tutto sembrava così lontano, anche la loro stessa partenza di quella stessa mattina. Strano l'effetto che un cambio di ambiente e aria diversa per un paio d'ore potevano fare sulle persone.
    « Non dovrebbe mancare molto alla cima ormai.» commentò una volta che ebbero sistemato nuovamente tutto nei rispettivi zaini, assicurandosi di non lasciarsi dietro nessun tipo di rifiuto. Per pura abitudine praticamente senza rendersene conto aveva perfino tirato fuori un fazzoletto dalla giacca, lo aveva bagnato con un goccio d'acqua e aveva dato una passata sul tavolo di legno.
    « Vogliamo continuare?» chiese, sia ai compagni di escursione che al cane.
    Non mancava effettivamente molto; vari cartelli indicavano che la cima del monte Mitake e il suo tempio erano sempre più vicini. Dopo circa un altro quarto d'ora di cammino e una lunga scalinata, il gruppo sarebbe finalmente arrivato in vista del tempio; le foto che aveva visto su internet ovviamente non includevano le altre persone che come loro erano venute a visitarle, molte altre con cani al seguito, ma restava comunque una vista piuttosto imponente e suggestiva, con il grosso della struttura in un rosso acceso e statue in colori vibranti raffiguranti gli animali piu' svariati, anche se la figura dominante restava ovviamente il lupo che secondo la leggenda aveva aiutato Yamato, immortalato anche in una statua di bronzo in cui si ergeva fiero vicino all'ingresso. Di fianco al tempio principale vi era proprio un tempietto più piccolo dedicato alla figura del lupo e del cane in generale, dove era possibile eseguire un rito di purificazione per i propri animali e comprare talismani.
    Shinjiro si fermò ad una buona distanza dall'ingresso, prima del temizuya, la grande area davanti ad un tempio shintoista dove si trovavano delle vasche colme d'acqua e dei piccoli mestoli per effettuare la cerimonia del chozu, la purificazione rituale in cui ci si lavava brevemente mani, bocca e infine lo stesso mestolo per "purificarsi" prima di entrare nel luogo sacro. Tranne che per modalità leggermente diverse, l'idea alla base non era poi così diversa dal bagnarsi le mani con l'acqua santa e farsi il segno della croce che si effettuava nelle chiese cristiane.
    « Prima di entrare, che ne dite di una foto tutti insieme, come ricordo?» chiese, tirando fuori il telefono e voltandosi verso gli altri due. Forse la proposta sarebbe potuta sembrare un po' strana proprio da lui, ma voleva almeno una foto commemorativa di quella giornata. Ovviamente farlo proprio davanti al tempio gli sembrava decisamente irrispettoso, perciò si era fermato ad una certa distanza dall'ingresso "ufficiale" del tempio.
    Se gli altri avessero accettato, si sarebbe accovacciato su un ginocchio e chiamato Ikiru per far entrare anche lui nella foto; essendo quello più alto e con il braccio più lungo, si sarebbe occupato lui del selfie una volta inquadrati tutti e quattro, sorridendo alla telecamera.
    « Ve la manderò appena torniamo sul treno.» disse, osservando genuinamente felice la foto. Anche volendo inviarla subito, lì in cima la ricezione era decisamente scarsa se non assente. Spense il telefono in segno di rispetto prima di entrare nel tempio e si rialzò in piedi.
    « Ok, andiamo.»

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    “Cavolo, da quanto tempo era che non facevo un'uscita così? Mi mancavano queste sensazioni, questa tranquillità. Magari quando sarò più autonoma potrei pensare di trasferirmi in campagna, oppure in una zona come questa!” Pensò la donna lemure, mentre si mangiava la lasagna di Hayato e canticchiando in mugolii felici la canzoncina italiana -o per lo meno in stile italiano. Subito ci fu un botta e risposta da parte della sua coscienza, quell’essere che era corrotto dalla negatività ed ansia della stessa Amachi che aveva alimentato per anni “Ah beh, certo…Perché tanto papà e mamma ti concederanno di rimanere in zone simili, lontana dai casini dove puoi fare l’eroe. Lo sai che il tuo destino è già stato scritto e firmato da quando sei stata presa da quella branca di orfani!” E sospirò la mutant a quel commento, limitandosi da fuori a mostrare una ragazza che stava mangiando in tranquillità.
    Quella pugnalata nel cuore, l’ennesima, si unì a tante altre che aveva ricevuto da quella maligna vocina, una cosa che non aveva mai tirato fuori con nessuno, neppure con la persona più fidata che aveva vicino.
    Hayato disse che era carina la lemure a canticchiare quella melodia, ma lei non rispose, limitandosi a continuare nel mugolio sonoro. Era distratta, forse un po’ lo si notava dato che neanche si era resa conto che lo stesso “lasagnatore” non stava mangiando la sua creazione.
    Improvvisamente fu una domanda a farla tornare con i piedi per terra, andò a sollevare gli occhi neri e gialli in direzione di Hayato e Shinjiro. In realtà non era per lei la domanda, ma diretta al cuoco. Incominciò a mettere insieme i pezzi ed arrivò alla conclusione che si stavano mettendo d’accordo -se il cuoco era d’accordo- per una cena cucinata da Shinjiro. Amachi sgranò gli occhi un momento e drizzò la schiena, mentre la forchettina usa e getta venne alzata ad indicare il ragazzo proprietario del piccolo ristorante:
    «Facciamola più divertente, ma anche impegnativa questa cena cucinata da te, Shin.»
    Un sogghigno furbetto comparse sulle sue labbra nere, mentre le palpebre si erano abbassate a metà e fissò il duo con sguardo quasi malizioso. Sembrava stesse per dire una cosa piccante, qualcosa di sensuale, o comunque sia una proposta di quelle a luci rosse.. Peccato che lei aveva il sex appeal di un pompelmo sbucciato:
    «Saremo io e Hayato a fare la spesa per te, decideremo noi i vari ingredienti! Riceverai così una mistery box e dovrai cucinare una pietanza o più pietanze con quello che ti daremo.»
    Sghignazzò divertita, sembrava piacerle mettere un po’ di pepe nelle cose, trasformando in questo caso la cena in una sfida per il povero vigilantes. Ammiccò verso il cuoco e gli fece una linguaccia, per poi mormorare inclinandosi appena in avanti col busto:
    «Sarai così coraggioso per accettare questa sfida, Shin?»
    Poi lui fece con leggero imbarazzo quel discorso di promuovere Amachi a zuppiera…Si dice così? Penso di no, ma fa simpatia(?). La coda svettò alle sue spalle per fendere l’aria dalla contentezza, mentre esclamò:
    «WOW! Sono davvero stata promossa? Yeah! Mi piace. Alla fine preferisco rimanere a cucinare, piuttosto che starmene al pubblico e dover parlare con gli estranei.»
    E così dicendo si ritirò indietro con il busto, riponendo la sua attenzione e papille gustative sulla lasagna di Hayato. La terminò, ma senza troppi complimenti andò a dare un’occhiata all’interno della teglia. Dette una breve analisi sui due con lo sguardo, fissò i loro piatti, poi allungò le mani alla posata che serviva per prendere dal contenitore la pasta al forno e così se ne prese un altro pezzo, fumante e sbrodolante di sugo e besciamella, così tentò di mettersela nel piatto. Fece il bis, infatti guardò verso i due e si strinse nelle spalle con lieve imbarazzo negli occhi:
    «Ehm, mi son piaciute, ok?!»
    E riprese a mangiarsele.
    Al complimento del ragazzo che lavora con lei, riferito al fatto che Amachi era una persona simpatica nei modi che aveva, la mutant trasalì e guardò verso di lui, inarcò anche le sopraccigliette in due perfette arcate. Inghiottì un boccone e poi con timidezza rispose:
    «Ohw beh, G-G-Grazie ‘Ato… Anche tu sei una persona piacevole, ma forse anche tu sei un po’ timido e per aprirti con la gente ci vuole un pochino, non è forse così?»
    Chiese sfarfallando le ciglia un paio di volte. In preda all’imbarazzo, Amachi continuò a mangiare, lasciando che i discorsi scorrano a quella tavola proprio come il cibo.
    Ma non bastava averne una quintalata sulla tavola del pic nic, bensì parlavano pure di alimenti, pietanze, gusti e cose simili. Era un’ossessione, oppure era Shinjiro stesso che con le sue parole tentatrici -inerenti al mangiare- trascinavano nel girone della gola i due poveri camerieri.
    Quando si parlò di dolci, lo stesso cuoco spiegò quanto era più difficile fare un dolce rispetto ad una pietanza salata, forse per questo era così devoto alla cucina normale più che la pasticceria…Almeno questa era un’ipotesi.
    Annuì la lemure per far intendere che avesse capito, per poi cercare di dare una sua risposta a quell’argomento, mentre con la mano sinistra teneva il piatto inclinato e con la destra cercava di pulire il più possibile il piattino dal sughetto rimastole sparso qua e là:
    «Vi svelerò un segreto…Non mi piacciono i Dorayaki. Anche i Mochi…o come si chiamano…»
    Fece una pausa, giusto il tempo per ripulire il piatto e leccare via il sugo dalla forchetta:
    «I primi sono ripieni di quella marmellata fagiolosa o simile, mi sembra una frittella americata farcita con la marmellata avanzata della nonna. I mochi invece mi sembrano cingommine, rimango a sbiascicarle peggio di un cammello…Sono deleteri. Ecco, se volete farmi un dispetto, regalatemi quelli. Il resto mi piace tutto. C’è una pasticceria a Tokyo che fa il dolce giapponese quello che sembra una nuvola…Oh…Si chiama…Cotton Cheescake forse? Insomma è fluffolosissima.»
    Chiuse un momento gli occhi e sospirò come una ragazzina che pensava al suo fidanzatino.
    Dai dolci si dilettarono a parlare di tende e campeggio. A quanto pare Amachi aveva inteso male, infatti il povero cuoco voleva solamente dare la privacy alla lemure e rispetto dovuto essendo una donna, così da non dormire nella stessa tenda con i Maschi. Si irrigidì nel capire che aveva fatto una pessima figura, infatti inclinò verso il basso le orecchie e la mano sinistra si portò dietro la nuca per carezzare nervosamente i capelli ispidi:
    «AAH! A-Avevo capito male. Perdonatemi.. Ah beh, se c’è il cucciolone a farmi compagnia e da guardia nella tenda, posso accettare come compromesso di dormire sola. »
    E così dicendo provò ad affacciarsi da sotto la tavola, così da dare un’occhiata al cane di Shinjiro, per poi rialzarsi:
    «Già, se non vi tengo compagnia con la mia chitarra, come potrete divertirvi la sera davanti al fuoco?»
    E si fermò un istante.
    Drizzò le orecchie e la destra fece un paio di movimenti come a scacciare una mosca.
    Il volto aveva una espressione sorpresa, come se le fosse venuta un’idea, infatti gli occhi brillarono e se potevano avrebbero lanciato stelline tutte attorno al suo faccino. Quest’ultimo venne preso tra le mani e gongolò:
    «Facciamo come gli americani e portiamo i marshmallow per metterli sui bastoni e cuocerli? Eh? EH?»
    Ciondolò un po’ a destra, un po’ a sinistra per un paio o tre di volte, come se stesse danzando come un serpente incantato dal suono della musica.
    Stava semplicemente pregustando quei malsani, chimici, americani dolcetti. Solo l’idea le faceva tornare fame. Alla fine fu Hayato a riportare sulla terra la mutant che si era persa tra i marshmallow. Un brindisi, questo fu proposto. I tre erano attrezzati di bicchieri usa e getta ed avevano da bere solo dell’acqua. Anche se non era roba alcolica e calici in cristallo, Amachi accettò e sollevò il proprio bicchiere per farlo poi battere dolcemente a quello dei due compagni d’avventura:
    «A noi, alle nostre avventure!!»
    Esclamò e bevve qualche sorsata di acqua fresca. Finirono di Mangiare ed Amachi incominciò a rimettere in ordine tutto, chiudendo i vari contenitori e poi riponendoli nel proprio zaino. Quando mise questo sulle spalle lo sentì decisamente più leggero e sorrise sulle labbra, segno che era piaciuto il suo cibo. Lasciò fuori solo il piccolo contenitore dell’uva, aperto e lo tenne tra le mani per poter camminare con esso per invitare gli altri a mangiarne un po’ con lei durante la passeggiata. Guardò un momento Shinjiro pulire il tavolo e la mutant tentò di avvicinarsi ad Hayato e porsi sulle punte, affiancandolo e tentò di bisbigliare divertita e sghignazzante :
    «Allarme!! Deformazione professionale. Ghghghghghghg!»
    E si ritrasse, mentre si incominciò a mangiare quei chicchi di frutta super dolciosa.
    La offrì ai due mentre si erano rimessi in viaggio, dovevano raggiungere il tempio e la camminata a pancia piena era decisamente più…Pesante? Diciamo di si, alla fine stavano digerendo durante quel moto.
    Ciondolava morbidamente la coda di Amachi dietro di lei, seguendo i passi ed il tempo con cui camminava per raggiungere la zona designata. Quando arrivarono, lei sospirò ed andò a guardare quella zona “sacra” o comunque sia devota allo spirito cane che per lei era una cosa nuova:
    «Sono ignorante sulle usanze di qui…Se faccio qualche sgarro e rischio di far inca**are qualcuno, ditemelo o fermatemi con placcaggi fulminanti.»
    Ridacchiò a quel discorso, era palese che c’era un minimo di ironia nel suo tono. Shinjiro però, prima di fare strada per entrare nella zona del tempio, decise di fare una foto ricordo, precisamente un selfie. Amachi rimase sorpresa, infatti guardò il ragazzo che incominciò a muoversi per prendere il cellulare e chinarsi per porsi all’altezza di Ikiru. Sorrise con dolcezza a quel piccolo gesto che per lei pareva significare molto “Allora ci sono persone che provano interesse ad avermi come amica…Altrimenti non avrebbero chiesto di farci una foto ricordo, non è così?” E la risposta non fu rosea, come al solito “Beh, è scortese dire ad una persona che vuole fare la foto con solo uno del gruppo…Tsk.” In tal caso Hayato. Amachi non disse nulla alla propria coscienza, ma si limitò ad avvicinarsi alle spalle di Shinjiro e cercò di andare a guardare la scena :
    «Aspetta facciamo così: Ikiru, Shinjiro, Hayato ed io! Facciamo la scaletta!! Ato per piacere, mettiti appoggiato dietro le spalle di Shin e spunta con la testa sopra alla sua, io farò lo stesso ma sulle tue spalle! Sembreremo un Totem! AHAHAH!!»
    Se la rise, mentre cercò di avvicinarsi a loro e posizionarsi per fare quel selfie di ricordo, sorridendo felice.
    Quando si fecero la fotografia, Amachi tentò di sbirciarla sullo schermo del cuoco, ma poi nel sentire che avrebbe mandato quell’immagine quando sarebbero stati sul treno, lei annuì contenta. Pose le mani lungo i fianchi ed andò ad attendere che fossero i due ragazzi a fare il primo passo per entrare nel perimetro sacro del tempio, mentre lei curiosa guardava tutto quello che c’era, sospirando ogni tanto qualche esclamazione sotto voce tipo Wooow.

     
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    Hayato Ono
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    Shinjiro era estremamente pignolo e riflessivo nell’esprimere i suoi pensieri e Hayato non poté fare a meno di restarne quasi affascinato per un attimo. Sì, c’era un certo fascino nel sentire il cuoco parlare in maniera così accurata, calma e sicura, qualcosa che lo rendeva completamente diverso rispetto alle persone con cui era solito intrattenersi. Tra l’altro, Hayato era d’accordo con tutto ciò che diceva, motivo per cui Shinjiro non ebbe grandi difficoltà nel guadagnarsi la sua stima.
    «Per me va benissimo!»
    Esclamò, rispetto alla simpatica idea di Amachi circa la Mystery Box.
    «Potremmo scegliere qualcosa di strano, così vediamo un po’ che cosa si inventa~ sono sicuro che Shinjiro potrebbe sorprenderci!»
    Continuò, in tono scherzoso, lasciandosi sfuggire una lieve risatina.
    «Come in quei reality che di tanto in tanto trasmettono in tv, avete presente? Solo che a me farebbe troppo strano fare da giudice—»
    Disse, con un sorriso impacciato, come se effettivamente fosse assurdo fare da giudice ad una portata di Shinjiro. Beh, diciamo che Hayato e Amachi si sarebbero limitati - eventualmente - ad apprezzare e basta.
    «Oh, b-beh, sì, in effetti...»
    Si rivolse ad Amachi, in merito al suo carattere, grattandosi lievemente la guancia e rispondendo all’imbarazzo della mutant con il suo, in un’interpretazione da premio Oscar.
    Tra l’altro, Hayato non poté fare a meno di notare che l’aspirante eroina mutò immediatamente di carattere quando ricevette un complimento: come supposto poc’anzi, era probabile che quella che Amachi indossava era una sorte di armatura. Che si celasse altro al di sotto?
    «Sono un po’ timido, ci metto tempo per sbloccarmi... scusate, spero di poter rimediare col tempo.»
    Che falsità.
    CHE FALSITÀ.
    Insomma, Hayato non si smentiva mai, eppure in ogni caso doveva continuare quella recita in ogni istante, dando costantemente l’idea di rappresentare un’altra persona: dopotutto era in quello che doveva impegnarsi per la propria missione.
    «A me invece piacciono troppo, spesso e volentieri non riesco a farne a meno.»
    Rispose alla ragazza stessa, in merito ai Dorayaki, per poi ascoltare l’ennesima piacevole spiegazione da parte del proprietario del Kagejikan, che come sempre si esprimeva in maniera chiara e pacata.
    «Per non parlare del fatto che il dolce rischia di saper di zucchero e basta. Non è per niente semplice saper bilanciare tutti i sapori... a me piacciono tantissimo i dolci ma in gran quantità tendono un po’ a disgustarmi.»
    Disse, sebbene quello fosse probabilmente una considerazione abbastanza comune. Per quanto fosse un amante dei dolci, Hayato doveva ammettere che il salato sapeva assumere tutt’altro fascino.
    «Sì, certo! Non ho mai mangiato i marshmellows, sapete? Li ho sempre visti nei film ma mai assaggiati. Tra l’altro chissà che gusto hanno quando sono cotti in quel modo.»
    Di solito nei film tendevano a farsi più grossi, spumosi e scuri: chissà che sapore avevano, anche se solo a vederli Hayato riteneva potessero contenere solo tanto zucchero.
    Arrivò poi il momento della lasagna. Già, per quanto avrebbe voluto rimandarlo e ancora rimandarlo nel futuro più remoto, alla fine giunse e non esitò nel far sentire il Villain ancora più a disagio più di quanto già non fosse. Ecco, forse quel disagio era l’unico aspetto vero della personalità che stava mostrando durante l’arco di quella giornata.
    Fortuna che Shinjiro accorse, probabilmente con il suo Quirk, a risolvere la situazione.
    «Ehm, no, mi è passata la fame. Vi è mai capitato di preparare una portata per altre persone e poi essere più interessati a sapere cosa ne pensano loro piuttosto che mangiarla? Ecco, è proprio una di quelle volte.»
    Sì, era la verità, Hayato non aveva alcun interesse nell’assaggiare la maledettissima portata, in quell’istante.
    Seguì poi il brindisi e, prima di partire, Hayato ridacchiò alla ‘deformazione professionale’ di Amachi, accettando volentieri un po’ di uca; soltanto dopo i tre decisero di rimettersi in marcia. Il sentiero montano non avrebbe dato loro ulteriori problemi, i tre affrontarono una lunga scalinata e nel giro di non molto ebbero la possibilità di raggiungere il tempio o meglio, lo spiazzo che si estendeva dinanzi a sé.
    Shinjiro, infatti, si fermò in prossimità di una sorta di padiglione in cui erano presenti delle vasche, probabilmente adibite alla ‘purificazione’ prima di fare l’effettivo ingresso nel tempio.
    «Ma è bellissimo questo posto! Guardate che bello il tempio dell’esterno~ uh, guardate quelle statue a forma di lupo! Sono le stesse che ho visto su internet!»
    Disse, indicando le suddette sculture, che se ne stavano lì a sottolineare quanto quel tempio fosse effettivamente dedicato alla figura del canide.
    «Non preoccuparti Amachi! Praticamente queste vasche servono per purificarti, dovresti farne uso prima di entrare nel tempio, ecco. Per altre usanze tipiche non ne so tantissimo, per quello credo dovremo affidarci alla sapienza di Shinjiro!»
    Disse, per poi volgere lo sguardo in direzione di quest’ultimo, che da lì a poco avrebbe avanzato una proposta.
    «Uh, certo!»
    Rispose a Shinjiro, quando questo espresse la volontà di scattare un selfie: non se l’aspettava da lui. Probabile che Shinjiro nascondesse molte più sfumature di quello che credeva.
    «Ci sto! È un’idea carinissima Amachi~»
    Sorrise, mentre i tre avrebbero quindi assunto la posizione proposta.
    Se Shinjiro gliel’avesse permesso, quindi, Hayato avrebbe poggiato delicatamente le mani sulle sue spalle e si sarebbe messo in punta di piedi, sia per dare più l’effetto totem sia perché Shinjiro era in effetti lievemente più alto di lui. L’aspirante eroina, d’altro canto, gli si sarebbe arrampicata sulla schiena senza alcun problema.
    Che sensazione strana.
    Ad Hayato, per un attimo, sembrò quasi che tutto quello fosse normale.
    Che quella vita normale che sembravano vivere Amachi e Shinjiro, potesse appartenere anche a lui.
    Eppure non era così.
    Hayato era semplicemente uno spettatore.
    Un ospite, per così dire, in quella visione della vita così semplice, spensierata e gioiosa.
    La invidiava.
    Invidiava quella serenità negli occhi e nei volti dei suoi compagni.
    La voleva propria.
    Ma era ben lungi dal guadagnarsela.
    Prima avrebbe dovuto fare i conti con i propri demoni.
    Mostri molto più forti di lui.
    Per un attimo Hayato restò davanti ad Amachi e Shinjiro con con un’espressione imbambolata, assorto nei suoi pensieri, e non si sarebbe nemmeno ricordato se avesse effettivamente sorriso o meno nella fotografia: si augurava di sì.
    «A— scusate, mi ero un attimo distratto. Dicevamo, quindi? Sì, il tempio! Andiamo~»
    Tentò di ristabilirsi, recuperando un po’ del suo solito brio. Da lì, quindi, i tre avrebbero raggiunto il meraviglioso interno del tempio, silenzioso e che trasmetteva una pace ed una tranquillità assoluta.
    Eppure, le sensazioni che avevano attanagliato Hayato poco prima non accennavano a sparire.


     
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    Shinjiro Aragaki
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    Appena Amachi riprese parola con quel sorrisetto furbo sul viso Shinjiro seppe che stava per proporre qualcosa per cui avrebbe dovuto preoccuparsi. Infatti la prospettiva di una mistery box era da un lato stimolante come sfida, dall'altra... beh, sapeva che i due (ma in particolare Amachi) avrebbero scelto gli abbinamenti di ingredienti più improbabili per divertirsi a vederlo cercare di tirarci fuori qualcosa. Il cuoco rispose alla sfida di Amachi con un sorrisetto sicuro. Se volevano proporgli quella sfida, lui la avrebbe accettata.
    « Mi va benissimo, ma in cambio voi dovrete mangiare qualsiasi cosa ne uscirà fuori, senza sprecarne nemmeno un boccone.» ribatte'.
    Come sempre odiava l'idea di sprecare cibo, quindi se i due avrebbero scelto ingredienti troppo assurdi e il risultato era terribile, era meglio che fossero pronti a mangiarlo lo stesso, perché non gli avrebbe fatti alzare dal tavolo altrimenti. Ma tutto sommato era intrigato da quella sfida che gli era stata proposta e fiducioso nelle sue capacità di improvvisare e mischiare sapori, e la curiosità di sapere cosa i due avrebbero scelto per lui stava già salendo.
    Alla sua proposta di insegnarle a preparare le zuppe notò che Amachi rispose con un notevole entusiasmo; anche se era stato messo come commento innocente, Shinjiro non poté fare a meno di pensare al suo accenno di preferire lo stare nella cucina vera e propria che nel davanti del locale al bancone, insieme a tutti i clienti. Era ovvio che lo faceva perché preferiva stare lontana da eventuali sguardi o commenti che la avrebbero solo stressata mentre lavorava, però forse chiedendole di dargli il cambio al bancone di tanto in tanto, magari quando c'erano clienti fidati (o Complotto-san per farsi due risate), poteva aiutarla ad uscire piano piano dal suo guscio, a superare cosa le era successo? O forse l'avrebbe resa ancora più insicura facendole guardare ogni cliente che entrava con sospetto o mettendola sotto stress al pensiero di dover lavorare sotto gli occhi dei clienti? Avrebbe dovuto pensarci su, ma poteva rimandare quei pensieri ad un altro giorno.
    La lasagna, una volta scaldata, era effettivamente buonissima, e aveva appena finito la sua porzione che notò Amachi prendersene un'altra, e soffoco' una mezza risata mentre la imitava.
    « Non ho detto nulla, io. Non ti giudico mica.» commentò, prima di rivolgersi poi ad Hayato mentre attaccava la seconda porzione a gran velocità, restando momentaneamente in silenzio mentre ascoltava i commenti tra i due. Dall'estate scorsa aveva notato un deciso incremento del suo appetito, e il suo medico aveva fatto notare che la cosa era sicuramente legata alla sua nuova temperatura corporea che richiedeva più energie per essere mantenuta costantemente. Con la sfacchinata che avevano fatto per arrivare fino a lì, non c'era da meravigliarsi che avesse improvvisamente un buco nello stomaco per la fame.
    Si limitò ad annuire al commento di Hayato: anche quello era vero, era fin troppo facile stuccare con il dolce rispetto agli altri sapori, che rendeva per lui il campo della pasticceria infintamente più complicato di quello della normale cucina.
    Continuando a parlare di dolci però, Amachi confessò una cosa: non le piacevano né i Dorayaki ne il Mochi, praticamente gli unici due dolci che sapeva fare.
    « Aw, così mi spezzi il cuore, i fagioli aizuki sono una importante parte della tradizione giapponese. E comunque i Dorayaki non si fanno solo con la marmellata di fagioli ormai... qualche volta assaggia quelli che faccio io con il cioccolato bianco.» ridacchio'.
    Amachi parve un po' imbarazzata di aver frainteso le sue parole, ma in ogni caso il sentimento fu di breve durata visto che la ragazza si riprese piuttosto rapidamente e passò poi a parlare dei marshmallow, che propose di cucinare sul falò come nei classici campeggi americani.
    «... di zucchero caramellato e coloranti chimici, probabilmente.» commentò in risposta, ma non si oppose all'idea, ogni tanto schifezze del genere ce le si poteva anche concedere. E in effetti la prospettiva sembrava divertente, avrebbero dovuto cercare dei bastoncini adatti su cui infilzarli, vedere come cuocevano... sì, sarebbe stata sicuramente una bella esperienza... se non gli si scioglievano direttamente in mano, almeno.
    Grazie al contributo suo e di Amachi riuscirono a finire gran parte della lasagna anche se Hayato non aveva voluto mangiarla, anche se non aveva potuto fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorrisetto divertito alla sua domanda.
    « Beh sì, tutti i giorni.» ribatté, con una mezza risata. Finito di mangiare e rimesso tutto a posto, al commento di Amachi e alle loro risatine si voltò inizialmente a fissarli ancora il fazzoletto in mano, perplesso, prima di rendersi conto di cosa aveva fatto per pura abitudine.
    « Ah... sì... l'ho fatto senza pensare.» tossicchiò, un po' imbarazzato. Ma insomma, cercare di lasciare il posto pulito come lo avevano trovato era la cosa migliore per tutti, no?
    Ripreso il cammino prese anche lui un po' di uva offerta da Amachi, con Ikiru al seguito, per poi voltarsi a guardare la ragazza una volta arrivati.
    « Tranquilla, fai solo quello che faccio io. Anche se non lo fai perfetto non importa, la cosa più importante è sempre mostrare rispetto al kami, alla fine. Capirà.» procedette a spiegare brevemente a entrambi la procedura di purificazione e il lasciare una piccola offerta - anche solo una moneta- nell'altarino apposito nella parte più interna del tempio. Shinjiro non era particolarmente religioso o praticante, nello strano senso in cui lo erano molti giapponesi: ovvero non andava attivamente nei templi a pregare, ma seguiva comunque i riti e le cerimonie più importanti o tradizionali e quando ci si trovava non mancava mai di farlo.
    Dopo aver fatto quella foto nella posizione un po' buffa proposta da Amachi - sembravano davvero un totem con le facce uno sopra l'altro e Ikiru che spuntava dal basso-, entrarono infine nel perimetro del tempio varcando il tori, il cancello rosso che ne indicava l'ingresso.
    Dopo la cerimonia di purificazione, in cui dovettero mettersi in fila finchè fu finalmente il loro turno per via della gente presente, poterono iniziare a girare nel perimetro del tempio, che si estendeva sulla cima del monte ed era suddiviso in tanti piccoli edifici, dai santuari che custodivano le reliquie sacre (delle quali una era considerata tesoro nazionale del Giappone) ai negozietti vicino all'ingresso che vendevano souvenir e i tradizionali amuleti. Arrivati nella parte più interna del tempio, davanti al box delle offerte vero e proprio, il cuoco si inchinò per un attimo alla maniera giapponese e si frugò in tasca per tirarne fuori alcune monete per cinque yen che fece cadere nel contenitore in legno; perfino il numero delle monete aveva un significato preciso. Cinque yen, "Goen", 五円 era pronunciato allo stesso modo di "fato",ご縁. I cinque yen simboleggiavano quindi il pregare per ricevere fortuna. Una volta fatta l'offerta, tirò una cordicella per suonare la campana che simboleggiava lo scacciare gli spiriti malvagi ed attirare l'attenzione del kami; da lì si inchinò di nuovo due volte e battè due volte le mani fino a congiungierle brevemente in preghiera; in quei brevi momenti si trovò per un attimo a non sapere bene che preghiera rivolgere al kami, soprattutto in un momento come quello. Che tutto andasse bene? Semplicemente buona fortuna? Dopo un attimo di indecisione si limitò a rivolgere una preghiera silenziosa di vegliare su chi gli era vicino e abbassò le mani. Un ultimo inchino, e si allontanò dall'altare delle offerte.
    Avrebbe atteso che gli altri due, se volevano, facessero lo stesso, prima di rivolgersi a loro a bassa voce.
    « Il tempietto per i cani dovrebbe essere qui da qualche parte...» commentò, iniziando a guardarsi in giro.
    Cercando un po' trovarono infine la parte del tempio dedicata proprio al compagno lupo di Yamato, con un'altra statua in pietra che lo rappresentava. Uno dei monaci presenti nel tempio eseguiva la procedura di purificazione per chi come loro era venuto con i rispettivi animali.
    « Ok, ora... vieni qui Ikiru.» chiamò il cane al suo fianco con un cenno della mano e lo fece sedere obbediente di fronte al monaco, sapendo bene che con gli altri cani presenti si sarebbe distratto facilmente; quando il monaco provò ad avvicinarsi il cane gli annusò dapprima le mani scodinzolando, cosa che strappò un sorrisetto al cuoco e qualche risatina tutt'attorno, ma stette tutto sommato buono per tutta la procedura, tornando poi al fianco di Shinjiro.
    « Possiamo prendere un omamori anche per lui.» commentò una volta che ebbero finito, riferendosi ai tradizionali amuleti giapponesi che si potevano acquistare un po' ovunque. Gli omamori erano i tradizionali amuleti di stoffa che al loro interno recavano interno una preghiera trascritta su un foglio di carta o un pezzo di legno; alcuni erano generici per buona fortuna, altri erano specifici e recavano preghiere per una buona guarigione, successo nella vita, un amore lungo e duraturo e ce n'erano perfino di specifici per gli studenti prima di un esame importante. Secondo la tradizione, il sacchetto dell'omamori non andava mai aperto, o la protezione che fornivano sarebbe andata persa.
    Arrivati al luogo appositò, il cuoco ne comprò tre; uno per sè generico di buona fortuna, uno per Desmond che garantiva protezione alla propria famiglia e i propri cari, e uno per Ikiru di buona salute che legò al collare del cane.
    « Vogliamo tornare indietro a piedi o con la funivia?» propose una volta che furono usciti dal tempio. Li attendeva un'altra lunga passeggiata fino alla base del monte e la stazione da cui erano partiti, ma fortunatamente sarebbe stato tutto in discesa, oppure potevano prendere la funivia e godersi un po' il paesaggio dall'alto e fare più veloce.
    Per lui era indifferente, si sarebbe adeguato a qualsiasi decisione degli altri due e li avrebbe seguiti nell'iniziare il viaggio di ritorno.
    Trovato il luogo vicino all'ingresso, comprò un amuleto

    Those precious times I didn't realize I should cherish,
    Now all I can do is remember them

    SCHEDA | VIGILANTES | CRONOLOGIA | #LIVELLO 7

    code ©


    CITAZIONE
    Ho cercato di informarmi il meglio possibile sulla struttura del tempio e sulla procedura di preghiera in un tempio shintoista, dovrebbe essere più o meno corretta ma ovviamente potrei aver scritto qualche castroneria. Non ho trovato nulla sul presunto rito che fanno per i cani quindi sono andata di fantasia e rimasta vaga. Per gli omamori invece ho cercato su Wikipedia e si trovano tantissime immagini online per riferimento, se volete!
     
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    Era una giornata indimenticabile! Come si poteva non godere di quella giornata spettacolare all’insegna del cibo, amici, natura e scoprire cose nuove?
    Per Amachi quel “mondo” era così fantastico, non sapeva da quanto tempo non stava così in allegria con un gruppo di persone che sono totalmente diverse da lei. Il trio aveva mangiato, parlato di cibi e di cose da fare insieme, proprio come una vera combriccola di amici che si ritrovavano al bar e decidevano che fare la sera o nel weekend. Qualche volta la vocina maligna che albergava nella mutant si faceva sentire, ma sembrava che in quel contesto si distraesse facilmente e riusciva a reprimere le emozioni negative. Un po’ come in altre circostanze, ma erano davvero rare.
    Alla fine si andarono a spostare verso il tempio dedicato al dio lupo..O cane, non aveva ancora ben capito lei.. Ma si presero quei due minuti per farsi quella fotografia tutti insieme per ricordare quel momento così speciale. Amachi annuì felicemente nel sentire che poteva ricevere la fotografia quando sarebbero stati in treno e sorrise sulle fini labbra nere, mentre i suoi occhi neri e gialli andavano da Hayato a Shinjiro.
    Stava valutando con i due come fare quell’esperienza nel tempio, anche perché lei non aveva mai visitato un posto simile in maniera “attiva”, cioè andando a chiedere la fortuna con una preghiera ad una divinità a lei sconosciuta. Seguì per un momento Shinjiro con lo sguardo, poi sollevò gli occhi su Hayato e mormorò:
    «Tu sei come me…Un po’ a digiuno di queste cose spirituali e divine del Giappone? Oppure sai qualche cosa sulle usanze…Vedo che Shin ne sa a pacchi!»
    Inclinò appena la testa di lato e sollevò di qualche grado le orecchie pellicciose, mostrando un sorrisetto divertito ed assottigliò un momento gli occhi:
    «Dai, sciogliti. Le lasagne sono andate alla grande! Adesso puoi stare tranquillo…Dai, seguiamo il boss.»
    Cercò di smuovere il ragazzo e di farlo un po’ aprire e non restare troppo rigido, anche se rispetto all’inizio era decisamente più tranquillo.. Almeno così le sembrava a lei. Non riusciva a covare dubbi sull’identità del ragazzo, anzi, sembrava che ci stesse tentando di legare una possibile amicizia, oltre al fatto di conoscerlo per avere una buona armonia sul posto di lavoro.
    Amachi si voltò verso Shinjiro e la coda sinuosamente si andò a muovere ondeggiando dolcemente dietro di lei. Cercò di seguire il gruppetto e gli occhi andavano a percorrere ogni minima cosa di quel posto. Sospirava sorpresa, alle volte gli occhi sembravano sbarrarsi e brillare intensamente per quello che osservava, affascinata dalle molteplici particolarità che quel luogo nascondeva.
    Cercò di seguire ed imitare i gesti dei due, sia dalla purificazione alla preghiera, anche se, proprio su quella, si trovò in difficoltà. Era rigida e le mani si unirono per un breve momento davanti al petto, mentre gli occhi si chiusero, anche se il destro ogni tanto si apriva per sbirciare i due. Non sapeva cosa chiedere, come pregare, infatti si limitò a deglutire forzatamente, si sentì in forte imbarazzo e soprattutto pareva essere come un pesciolino fuori dall’acqua. Si umettò le labbra ed andò a far imparttare le mani tra loro una sola volta, come a concludere quella finta preghiera che non venne fatta.
    Forse fu un errore e si poteva essere messa addosso una maledizione, oppure una piccola punizione da parte degli spiriti canidi. Non poteva saperlo, ma cercava di dimostrare agli altri due che anche lei era rispettosa con quelle usanze e non andava ad infierire sui loro movimenti, bensì li imitava…Anche se non così tanta bravura a quanto pare. Quando si trovarono al tempio, davanti al box delle offerte, cercò di fare lo stesso come il cuoco, andò infatti a cercare con movimenti goffi il borsellino che aveva nello zaino. Se lo sfilò un momento solo, per poi cercare di rufolare e prendere circa cinque o sei yen in monetine, per poi mettere nella scatola delle offerte.
    A quanto pare il tour non era finito, infatti al sentire che c’era il tempietto per i cani dall’altra parte, lei annuì e seguì quel piccolo percorso. Si guardò il piccolo rito per benedire il cucciolone del cuoco, intanto si godeva l’atmosfera di quella zona Sacra, per poi sentire quella piccola cosa: omamori. Sfarfallò le ciglia ed inarcò il sopracciglietto destro, mostrò infatti quella piccola curiosità ed inizialmente sembrava esitare dal chiedere, infattis i limitò ad andare in direzione del piccolo bazar inerente proprio a quei piccoli monili benedetti e porta fortuna.
    Li guardò ed in fine cercò di volgersi verso il duo, con imbarazzo e chinò le orecchie mentre si strinse nelle spalle:
    «P-Potete consigliarmi cosa prendere per me? Io..Non lo so.»
    E le dita indici andarono davanti al petto ed incominciarono a premere i polpastrelli tra di loro. Chinò lo sguardo imbarazzata, fin quando non sentì quella piccola proposta di come tornare alla stazione: funivia o a piedi?
    Amachi inizialmente esitò a rispondere, ma poi cercò di guardare verso i due ragazzi e con un piccolo sorriso ingenuo e tenero disse:
    «Io tenterei la funivia. Mi piacerebbe vedere dall’alto questo bel posto.»
    E così cercò di guardare per un momento la merce esposta sul banco e sullo stand, mentre attese di sentire cosa gli altri volevano fare.




    CITAZIONE
    Scusate per il post poco curato e bello, ma ho avuto dei giorni intensi e poco sereni e quindi sono stata un po' vuota e piatta..Me ne rendo conto. Spero al prossimo giro di post che possa essere più interessante. Scusatemi!
     
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    Hayato Ono
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    Acconsentì ben lieto alla proposta di Shinjiro, secondo cui sia lui che Amachi avrebbero dovuto mangiare qualsiasi cosa avesse preparato.
    «Puoi dirlo forte!»
    Esclamò, abbozzando ad un sorriso dolce e gentile.
    «Sapete, non sono per nulla uno "schifettoso", di solito mangio praticamente di tutto, anche perché mi sembra di mancare di rispetto a chiunque abbia cucinato.»
    Scrollò le spalle, tirando un breve sospiro.
    «Ma comunque... figuriamoci se possiamo mai lasciare nel piatto qualcosa preparato da te~»
    Disse, sfumando la frase in una breve risata e rivolgendo al Vigilante la sua ennesima espressione carina. A volte Hayato era rimasto totalmente incantato dalla maestria di Shinjiro in cucina, era evidente che il cuoco avesse diversa esperienza alle proprie spalle ed era altrettanto evidente che, in generale, Shinjiro delineava la figura di una persona determinata in tutto e per tutto, di quelle che cercano di specializzarsi per bene in ciò in cui decidono di dedicarsi, a prescindere di quale fosse il campo.
    Lo scenario, a quel punto, si trasportò dalla piana alla cima del Monte. Dopo aver scattato quella graziosissima fotografia, i tre avventurieri si sarebbero diretti all’interno del perimetro presso cui era presente il tempio. Si trattava di una zona silenziosa, era evidente che quel luogo fosse predisposto per la preghiera. Per rispettare quella tranquillità, quindi, Hayato cercò di essere quanto più cauto possibile, finché non sentì la vocina di Amachi mormorare vicino il proprio orecchio.
    «So qualcosina giusto per cultura personale~ ma di certo Shinjiro è ben più informato di me. Tu comunque stai tranquilla, segui semplicemente quello che fa... credo che lo farò anch’io.»
    Le rivolse un sorriso dolce, un sorriso che quasi costrinse i propri occhi a chiudersi, e soffocò in tutti i modi una risatina che però non abbandonò mai le sue labbra, soprattutto in circostanze come quelle.
    «Sì non preoccuparti, mi sono calmato, adesso va tutto molto meglio... mi dispiace di essermi mostrato così, a volte mi risulta un po' difficile gestire l'ansia.»
    Sussurrò, di risposta alle premure della mutant, per poi avanzare nei pressi di un box-raccogli offerte. Seguì quindi gli stessi movimenti di Shinjiro e Amachi, recuperando dal proprio portafogli qualche spicciolo e lasciandolo cadere all’interno del contenitore, per poi congiungere le mani ed effettuare un breve inchino. Era il momento di fare una preghiera?
    Ma per che cosa avrebbe dovuto pregare? Non lo sapeva bene neanche lui. Il suo cuore gli diceva di rivolgere un pensiero a Shinjiro ed Amachi, il suo animo di fare una preghiera per sé stesso.
    Alla fine optò per non pensare a nulla.
    Si sollevò, semplicemente, e proseguì lungo il tempio.
    Aveva ancora una strana sensazione addosso, come se di colpo si sentisse fuori luogo. Perché aveva iniziato a provare quelle emozioni soltanto a quel punto della gita?
    Che avesse preso violentemente consapevolezza che tutto ciò che stesse vivendo fosse falso? Che, in fondo, gran parte delle cose che faceva erano destinate ad essere basate sulla menzogna?
    Ma perché proprio in quel momento?
    Scacciò dalla mente quei pensieri, focalizzandosi sul meraviglioso ambiente che lo circondava.
    Hayato non era mai stato religioso, anzi, aveva sempre dato ben poca importanza rispetto al proprio lato spirituale, eppure non poteva ignorare quella sensazione così esoterica che provava quando faceva l’ingresso in un luogo sacro. Era qualcosa che sembrava andar oltre l’esser religiosi o meno, una sensazione di pace che raramente aveva l’occasione di provare.
    Una volta giunti al tempio dedicato interamente ai canidi, il Villain riuscì a distrarsi dalla turbolenza dei propri pensieri nel vedere Ikiru sottoposto a quella sorta di procedura spirituale da parte di un monaco. Era assolutamente carinissimo, sembrava quasi che lo stessero battezzando... Hayato non poté che lasciarsi sfuggire un sorriso sincero rispetto a quella scenetta così dolce.
    «Che carino che è.»
    Sussurrò a Shinjiro, sul cui volto il membro di Aogiri poté constatare la presenza di un’espressione lieta e rilassata.
    Se ci fosse riuscito, in seguito a quella breve cerimonia, Hayato ne avrebbe approfittato per accarezzare Ikiru, quasi come se volesse congratularsi con lui.
    Arrivò poi il momento per i tre per fermarsi presso uno degli stand che vendevano dei graziosissimi omamori.
    «Ohw, dipende da te Amachi!»
    Esclamò, indirizzando il viso verso la ragazza.
    «In questo momento della tua vita vorresti essere più fortunata in... uhm...»
    Cercò con lo sguardo i vari portafortuna, tentando di identificarne quanti più possibile.
    «In amore, in amicizia, nel lavoro, nella scuola... ? Ce ne sono tantissimi! In base a quello che preferisci ne scegli uno~»
    Continuò. Sarebbe stato curioso, a quel punto, osservare l’aspirante eroina fare la sua scelta.
    D’altro canto, Shinjiro ne aveva presi ben tre.
    «Oh, stai facendo scorta? Io non saprei quale comprare...»
    Domandò, leggermente ironico, per poi portarsi l’indice al mento e ticchettandoselo contro.
    Inutile rifletterci troppo.
    Hayato avrebbe sì e no avuto bisogno di tutti quegli omamori, non soltanto di uno. In amicizia, in amore, in lavoro: Hayato era un fallimento in tutto. Già, per quanto triste, quella considerazione era ben più che incontrastabile.
    Il Villain, a quel punto, chiuse gli occhi e agitò lentamente il braccio, afferrando uno dei portafortuna e recuperandolo dal punto vendita, per poi ovviamente acquistarlo.
    «Anche me possiamo tranquillamente prendere la funivia, giusto per osservare un paesaggio diverso da quello che abbiamo potuto vedere all’andata. Che ne dite? E poi secondo me dalla funivia la vista è spettacolare!»
    Disse, con gli occhi che sembravano quasi brillargli.
    Se anche Shinjiro avesse acconsentito, quindi, i tre avventurieri si sarebbero diretti presso la piccola stazione presso cui era stata installata la funivia e, nel frattempo, Hayato ne approfittò per scambiare qualche altra piccola chiacchiera.
    «Se non sbaglio è assolutamente proibito scartare questi omamori, giusto?»
    Chiese, passandosi quello che aveva comprato fra le mani.
    «Secondo voi sono vere le voci secondo cui, se scartati, perdono tutto il loro potere di donare prosperità?»
    Gli era capitato due o tre volte al massimo di acquistare quei portafortuna e, ogni volta, li aveva scartati, troppo tentato da ciò che sarebbe potuto succedere. Sì, figuriamoci se Hayato non si fosse fatto gli affari propri e avesse lasciato in pace quel grazioso sacchetto. Chissà se la sfortuna che l'aveva accompagnato in quegli ultimi anni potesse essere in qualche modo collegata proprio a quel motivo... Ma no, figuriamoci.


     
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    Shinjiro Aragaki
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    Poteva capire Amachi perché era effettivamente straniera e poteva non essere familiare con i riti shintoisti, ma il fatto che anche Hayato non sembrasse particolarmente ferrato sull'argomento lo incuriosiva di più.
    « Non vai nei templi a pregare, nell'anno nuovo?» chiese con una punta di divertimento a bassa voce quando anche gli altri due ebbero finito di fare la loro offerta. Non era una accusa, ma una semplice curiosità; lui stesso non era chissà che fervido credente, vedeva quelle preghiere più come un momento di... riflessione con se stesso. Se poi il kami di quel tempio particolare effettivamente esistesse e li ascoltasse, era una questione quasi secondaria per lui. Era il gesto in sé che era importante per lui, il rispetto che c'era dietro. Da quel poco che sapeva del cristianesimo, sentiva sempre parlare di peccati, di cose proibite da fare, di espiazione, di farsi perdonare... nello shintoismo non c'era nessuna divinità che stabiliva cosa era giusto fare e cosa sbagliato, nessuna minaccia di punizione o condanna eterna se non si seguiva questa o quella regola. Per lui era quasi più una filosofia di vita, che assegnava uno spirito, appunto un kami, ad ogni aspetto della natura, da trattare con rispetto e a cui rivolgersi, ed era a quel modo che semplicemente lo vedeva.
    In ogni caso restò a osservare con un misto di divertimento e tenerezza il monaco che eseguiva (con un po' di difficoltà) il rito di purificazione per Ikiru.
    « Sì, adorabile.» rispose con un sorriso genuino sulle labbra mentre il cane si lasciava tranquillamente accarezzare. In quel momento Tokyo e le preoccupazioni di tutti i giorni sembravano lontanissimi, come se appartenessero ad un altro mondo, un'altra vita. L'annuncio dopo il Tanabata sembrava così lontano, così... irreale, che tutta la preoccupazione che aveva generato gli parve altrettanto ridicola. Lì, in quel luogo sacro in mezzo alla natura, si sentiva protetto e in pace. Gli sarebbe piaciuto passare un altro paio di giorni così, in compagnia di Amachi e Hayato, l'unica preoccupazione il decidere cosa mangiare, chiaccherando e ridendo come avevano fatto prima.
    Si riscosse leggermente da quelle considerazioni quando, nello scegliere gli omamori, Amachi espresse indecisione su quale scegliere. Il cuoco ci pensò su qualche secondo, osservando i vari talismani e pensando a quale potesse essere il più adatto.
    « Che ne dici di uno per... la felicità?» chiese infine, indicandone uno la cui stoffa era di un bel colore arancione caldo, con il nome del tempio ricamato in filo e un semplice cordoncino bianco.
    « Così può aiutarti in più ambiti.» suggerì a voce appena più bassa, ma senza entrare nel dettaglio.
    Acquistati i portafortuna, il trio si sarebbe diretto verso l'esterno del tempio.
    « Se l'usanza è nata ci sarà un motivo.» commentò in risposta alla domanda di Hayato, mantenendo un tono leggermente misterioso. Alla fine non era il contenuto l'importante, spesso era solo un semplice pezzo di carta, ma il pensiero che c'era dietro a dargli valore.
    I suoi due compagni espressero entrambi il desiderio di scendere dal monte prendendo la funivia, e Shinjiro non ebbe obiezioni nell'assecondarli.
    Dovettero allontanarsi un po' dal tempio per trovare il punto da cui partiva la funivia; pagato il biglietto, si misero comodi a sedere gustandosi il panorama che dall'alto era effettivamente spettacolare. In certi punti si poteva anche intravedere la strada che avevano fatto per salire, dove gli alberi erano meno fitti. Il cuoco si infilò in tasca gli altri due amuleti, posandosi poi lo zaino sulle ginocchia e osservando il paesaggio che scorreva fuori dalla finestra.
    « Dovremmo scendere proprio vicino alla stazione del treno per tornare indietro.» commentò durante il tragitto, accennando al fatto che quell'escursione si stava avvicinando alla conclusione.
    « Spero solo di non addormentarmi in treno, con tutto il cibo che abbiamo mangiato e la salita più stancante del previsto.» aggiunse dopo un attimo con una mezza risata, per poi chinarsi ad accarezzare Ikiru e controllare che il portafortuna fosse ben assicurato al collare.
    « Mi spiace di non poter fare più spesso uscite simili, ma il fine settimana sono tra i giorni dove fatturo di più al locale e non posso prendermi troppe domeniche libere... ma è stata una bella giornata. » sospirò dopo un attimo, appoggiandosi allo schienale del sedile, per la prima volta con aria leggermente stanca, per poi riportare lo sguardo sui due compagni di viaggio.
    « Qual'è stata la vostra parte preferita?» chiese mentre la funivia aveva quasi raggiunto la sua destinazione.
    Almeno avrebbero avuto qualcosa di cui parlare durante il viaggio di ritorno in treno.

    Those precious times I didn't realize I should cherish,
    Now all I can do is remember them

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    A quanto pare Hayato non era un grande religioso e non si intendeva di riti e preghiere. Amachi annuì appena, come a scusarsi in quel muto gesto per aver chieso una cosa così…personale(?). Seguì il tour e rito di preghiere, anche se lei non ne fece in realtà ma ne imitò solo i gesti, per poi ritrovarsi a quel banchetto che vendeva dei piccoli monili per portare fortuna in diversi ambiti della vita. C’era davvero l’imbarazzo della scelta in quella bancarella piena di amuleti in vendita. Dovevano portare fortuna, ma ogni ciondolo aveva il suo significato ed era legato a qualcosa di particolare. Hayato le si avvicinò un momento per spiegare cosa potesse andarle bene a lei e la mutant sfarfallò le ciglia ed incuriosita lo fissò. Annuì e con un tono indeciso disse:
    «B-Beh, forse posso prenderne più di uno…Mh..Ma sono così tanti comunque. Sono abbastanza indecisa, 'Ato.»
    Le parole di Shinjiro la fecero voltare per un momento in sua direzione e le orecchie si appiattirono appena ai lati della testa, mentre arricciò il nasino nero in un’espressione dubbiosa, ma anche pensierosa. Lui sapeva… Sapeva di cosa aveva passato quella sera nel vicolo, sapeva di come lei avesse paura a fare i normali giri in centro come le persone comuni. Tutto questo per colpa della sua forma, quella maledettissima mutazione che la rendeva qualcosa di “diverso” all’occhio umano. C’era chi avesse giudicato quella sua particolarità dell’unicità come “privilegiati”, perché avendo sempre il quirk in funzione erano come giustificati a non seguire le leggi dello stato. Inizialmente la coda si abbassò ed andò ad arricciarsi leggermente in punta per evitare di adagiarsi sul terreno. Sospirò profondamente ed abbasso lo sguardo sui vari ninnoli, mentre la mano ruvida e scura sinistra si avvicinò a uno di quei piccoli amuleti indicati dallo stesso cuoco. Annuì, anche se non convinta, ma si permise di dire appena in un mormorio sconsolato:
    «Ne prendo uno, ma.. Posso dire che oggi siete stati voi i miei amuleti della felicità.»
    E si zittì, andando a sfoggiare un leggero e timido sorriso sulle labbra. Aveva detto così per far intendere che un oggetto così piccolo e comprato a pochi yen, non potrà mai portare la felicità come aveva fatto quei due ragazzi in quella scampagnata e visita al tempio. Non prese solamente quello, ma allungò poi lo sguardo su altri e ne prese ben quattro: uno della felicità, uno dell’amore, due per l’amicizia. Si fece mettere tutto in un paio di bustine, pagò e si avviò verso gli altri. Si chinò un momento sulle ginocchia per dare una coccola al cane di Shinjiro, giusto una piccola carezza tra le sue orecchie morbide, per poi tornare in eretta postura e volse la sua attenzione ai due avventurieri di questa fantastica giornata. Aveva il volto rilassato lei, anche se dentro le riprese quel sentore di fastidio, oppressione, forse perché a parlare di tornare indietro le fece capire che quel piccolo angolo di paradiso tra amici stava per concludersi. Le mani andarono a cercare di porre i piccoli sacchetti nel palmo destro, mentre la mano libera si agganciò alla bretella dello zaino sul medesimo lato. Meno male che ci fu Hayato a tirare in ballo la storia dello “scartare i porta fortuna”..La distraeva quel discorso, infatti si incuriosì ed andò a cercare di incamminarsi con loro alla funivia, ma senza smettere di far dire all’altro come mai non dovevano essere aperti. Amachi guardò per un momento quei sacchetti e bisbigliò:
    «Cavolo, non sapevo che dovevano stare chiusi…Meno male lo avete detto. »
    Poi con tono normale e guardando verso il ragazzo villain con sguardo incuriosito:
    «Io ne so meno di te su questa faccenda! Non sapevo nemmeno che dovevano restare chiusi…Quindi.. Boh, forse devono restare sigillati per non far disperdere la benedizione?»
    E così accennò un sorrisino divertito, mentre si fermarono alla piccola stazione della funivia. Non ci vollero troppi minuti per arrivare alla biglietteria, infatti in poco tempo pagarono la corsa in funivia e si andarono ad accomodare nella cabina apposita. Amachi si sfilò lo zaino e lo mise a terra, ma prima di sedersi andò a cercare di aprire uno dei sacchettini e cercò di estrarre due amuleti, idenditi nel colore e forma. Lo allungò uno ad Hayato ed uno a Shinjiro. Un piccolo dono e ricordo per questa giornata, Amachi si permise di prendere ai due un porta fortuna sull’amicizia.
    Si mise seduta e cominciò a parlare, prendendo la palla al balzo sul fatto che Shinjiro chiede quale fu la situazione più bella vissuta oggi. Amachi abbassò o sguardo per un momento, era tremendamente in imbarazzo e le salì quasi di colpo un senso di fastidio e nervosismo nell’anima. Le mani si chiusero a pugno e si poggiarono sulle gambe ora unite e piegate a novanta gradi. Ogni tanto lanciava qualche occhiata verso i due, mentre il tono cercava di restare tranquillo, anche se alle volte cedeva e si sentiva quella tensione che la stava circondando:
    «Beh, io ho apprezzato ogni minuto di questa giornata.»
    Frustò con la coda l’aria sulla propria parte destra, per poi avvolgere quell’appendice ad anelli e soffice davanti il proprio esile busto, aggrappandosi alla spalla opposta:
    «Volevo ringraziarvi tanto, mi avete fatto svagare parecchio con la testa, con le mie piccole problematiche. Mi sono sentita apprezzata, accettata e al vostro pari.. Quindi, vi ringrazio per avermi sopportato e per avermi voluto in questa piccola gita fuori città. Spero che questa cosa si ripeta in futuro, ne sarei molto felice di farne ancora parte di questa comitiva!!»
    E chinò le spalle in avanti, seguite dalla testa e flettendo appena le fini braccia grigiastre. I capelli ispidi e neri, ribelli come sempre, andavano a coprirne quell’espressione tesa e preoccupata, rimanendo inchinata per diversi secondi, come se avesse il timore a tirare su di nuovo la testa.
    In questo momento il panorama che stava scorrendo fuori dal finestrino non era affar suo, doveva assolutamente dare quelle piccole spiegazioni e ringraziamenti ai due! Sospirò profondamente, mentre la coda si strinse appena al suo busto, con quel soffice pelo bianco e nero che nascose per qualche centimetro la parte inferiore del faccino di lei.


     
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    Le proprie guance presero a colorarsi improvvisamente di rosso, quando Shinjiro gli chiese con aria lievemente divertita se non andasse a pregare, quando esordiva l'anno nuovo.
    «A dir la verità no... o almeno, da molti anni no, ecco.»
    Ricordava vagamente che, quand'era più piccolo, si recava spesso in templi a pregare con la propria famiglia, ma non appena si fece più grande iniziò automaticamente a dimenticarsene o meglio, ad interessarsene poco, cosicché quelle visite divennero sempre più rare fino a diventare inesistenti. Shinjiro, d'altro canto, pur non sembrando particolarmente religioso, doveva comunque rispettare quelle che erano le pratiche base dello shintoismo.
    Dopo aver assistito alla deliziosa scena di Ikiru, i tre si sarebbero quindi fermati in prossimità di una delle bancarelle all'ingresso nel tempio e si sarebbero scervellati per ciò che meglio di tutti avrebbe potuto adeguarsi ad Amachi.
    «Aw, che carina che sei Amachi~»
    Le disse, dedicandole un sorriso dolce e prendendo ad applaudire un paio di volte, con fare ingenuo.
    «Vale lo stesso anche per me~ oggi sono stato davvero bene in vostra compagnia, e... beh, sì, si tratta di una sensazione di felicità che non sono solito provare poi così spesso, sapete?»
    Domandò, retorico. Stava mentendo oppure era sincero? Non lo sapeva bene neanche lui. In quella giornata non erano state moltissime le volte in cui aveva dovuto ricorrere a finte reazioni, frasi costruite o copioni da imparare: i confini tra Hayato Ono e Hayato~ avevano preso a fondersi e rifondersi più e più volte e, molto probabilmente, era stato proprio ciò a donare al Villain quella sensazione così strana che tanto lo stava attanagliando. Sì, forse alla base della sua incomprensione c'era proprio quella domanda: quella giornata era stato effettivamente bene in quanto era stato sé stesso o perché aveva dovuto recitare la sua ennesima parte?
    Non lo sapeva.
    Non sapeva darsi una risposta, almeno per allora.
    Doveva pensarci bene, tornare a casa e rifletterci sopra. Per quel momento non poteva far altro che sedersi accanto a quel senso di disagio e tentare di andarci d'accordo finché non si fosse distaccato da Amachi e Shinjiro.
    Amachi e Shinjiro...
    Sembravano così... normali.
    Non avevano nulla da nascondere, nulla da fingere, alcunché di cui aver vergogna.
    I propri pensieri vennero bruscamente interrotti dai due compagni d'avventura stessi, che presero ad avviarsi in direzione della funivia, e lo stesso fece Hayato, sebbene con qualche istante di ritardo (il tempo necessario a tornare alla realtà). Non era la prima volta che si comportava in maniera un po' strana, sperava di non aver dato nell'occhio.
    «Sì! Esatto, sembra proprio che il motivo sia quello. Tenterò dal desistere ad aprirlo~»
    Ridacchiò.
    Chissà, magari per quella volta avrebbe fatto a meno di aprire quell'omamori e l'avrebbe custodito con cura. Ci sarebbe riuscito? Come si suol dire, il lupo perde il pelo ma non il vizio. E poi, che mai poteva portargli quella sorta di portafortuna? C'era davvero un briciolo di speranza in un animo tormentato come il suo?
    Una volta raggiunta la stazione presso cui era installata la funivia, i tre fecero fecero il loro ingresso all'interno di una delle cabine e presero posto: Amachi ne approfittò per donare ad entrambi degli amuleti.
    «Per noi? Ohw, grazie Amachi! Sei veramente dolcissima, non ho parole~»
    La ringraziò, accettando il dono e passandoselo fra le dita, per poi accorgersi che quello fosse un amuleto sull'amicizia.
    Amicizia.
    Conosceva davvero quel termine?
    Aveva anche la benché minima idea di che cosa fosse, per davvero?
    No, Hayato era l'ultima persona a meritarsi un ciondolo del genere, eppure Amachi gliel'aveva regalato.
    Si sentì di nuovo strano.
    Ma non poteva più permettersi di traballare, per cui si sforzò di mantenere sul volto il suo solito sorriso falso e sistemò il portafortuna nella tasca della propria giacca, per poi fare un breve inchino in direzione di Amachi, come per ringraziarla ancora.
    Attese che la mutant rispondesse alla domanda di Shinjiro, prima di prendere parola.
    «Anche a me è piaciuto tutto, sono stato davvero bene! Se proprio devo decidere un momento particolare... mh...»
    Si ticchettò il mento con l'indice, come se fosse un'impresa. Beh, d'altra parte, avevano davvero passato un bel po' di momenti piacevoli, non era facile decidere.
    «Ne sono due, ecco, sì. Il primo è quando ho mangiato gli squisitissimi tramezzini di Amachi... ah, che bontà!»
    Esclamò, dedicando alla fanciulla uno sguardo gentile.
    «Il secondo, invece, quando ho visto quel monaco interagire con Ikiru. Sono stati davvero troppo carini, li ho amati.»
    Aggiunse, quindi, quella volta però volgendo i suoi occhi a Shinjiro ed il suo cagnolone.
    «E il tuo momento preferito qual è stato invece, Shinjiro?»
    Chiese, mentre mentre si godeva il bellissimo panorama che era possibile scrutare oltre le vetrate di quella cabina. Era così... rilassante, sì, di certo non si era pentito di aver proposto di scendere la montagna con quel mezzo. Inoltre, la sensazione di essere cullati in maniera tanto delicata ed uniforme non era affatto male.
    «Che cosa farete stasera, una volta tornati a casa? Io credo mi farò una super-doccia e crollerò sul letto.»
    Domandò, mentre la funivia si avvicinava sempre di più verso il basso: da lì a poco avrebbe raggiunto il suolo, in prossimità della stazione dei treni.
    Alla fine anche quella giornata stava per raggiungere il suo termine.


     
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