Sunset at the Border

Role | Akahito&Mirai (Slot Extra per Mirai)

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    Mirai era ancora una ragazzina, ingenua, dolce e sensibile e infinitamente testarda.
    Non sopportava essere vista diversamente, non voleva che nessuno avesse occhi di riguardo con lei e per di più non sopportava l’idea che qualcuno potesse vedere le cavità delle sue orecchie perché per lei erano la fonte di ogni suo disagio e problema.
    Soltanto da poco aveva rivalutato il suo Quirk, grazie al suo sensei e agli insegnamenti di Yoshito.
    Eppure nonostante questo non riusciva proprio a liberarsi del suo corredo, era uno scudo, una protezione che ancora non riusciva a fare a meno di portarsi dietro.
    Si sentiva in qualche modo al sicuro dal mondo esterno, dai pregiudizi, dai bulli e da tutti coloro che potevano farla sentire solo una sorda.
    E per Mirai Ishigami, niente era peggio di questo.
    Perché lei voleva essere altro, voleva essere l’eroina della sua storia come il ragazzo del Tanabata le aveva detto.
    Come poteva essere la sua debolezza tutto ciò?
    Lo è, da sempre. le sue mani scandirono la risposta alla domanda del ragazzo, senza neanche accorgersi di non aver proferito niente dalle sue labbra.
    Tutto di lei era debole.
    Il suo Quirk, il fatto di non poter sentire, il fatto di non poter fare nulla e di non poter essere davvero ciò che desiderava essere.
    Aveva scoperto, qualche sera prima, che il suo punto debole non erano le sue orecchie o il suo Quirk.
    Era lei.
    Per quanto ancora avrebbe dovuto mentire a sé stessa?
    Quante volte ancora avrebbe dato la colpa alle sue cavità?
    Per questo era lì, su quella spiaggia, armata di cena e di carta e di penna.
    Voleva provare a mettere per iscritto tutto quello che le passava per la testa, tutto quello che poteva servirle per diventare più forte di come era adesso.
    From zero to hero. così recitava la prima pagina del libretto.
    Pensava che la spiaggia dove tutto era iniziato potesse esserle d’aiuto, di ispirazione, e che il tramonto e la vista delle onde potesse acquietare il suo animo e trasportarla là fin dove il suo cuore desiderava andare.
    Tutti i suoi piani poi vennero sovvertiti dallo Stereo Maledetto e dallo strano ragazzo che aveva di fronte.
    « Beh, ho avuto una vita intera per imparare. Ma grazie. Le tue sono proprio belle parole. » non si accorse di stare leggermente tremando con la voce.
    Meno male i suoi pensieri bui e tristi vennero letteralmente spazzati via dalla domanda seguente dello strano tipo che la fece tornare a ridacchiare.
    « Pfff- Sei proprio buffo sai? Hai ragione ma… non ho mai avuto a che fare con un simile aggeggio. E poi … » si schiarì la voce cercando di darsi un contegno « Beh… io non so come senti la musica tu ma… mmhn vedi è come quando batti le mani. So che le persone sentono qualcosa quando lo faccio, perché solitamente si girano. No? Io invece riesco a percepire il formicolio e le vibrazioni che risalgono lungo la mano. Ho scoperto che girando quella manopola, le vibrazioni che escono da quei cerchi a rete diventano sempre più forti e … forse è questo che chiamate “volume”? mmmhnn-» d’improvviso si mise a pensare e a riflettere su questo piccolo particolare a cui non aveva mai fatto caso.
    Il fatto che se alzava il “volume” qualsiasi cosa esso fosse, le vibrazioni e la loro intensità diventavano sempre più forti o per lo meno le percepiva meglio.
    Il suo piccolo cervellino iniziò a pensare mentre attaccava il cerotto sulla fronte del ragazzo che le parole seguenti sugli sputi e sul fatto che fossero liberatori se gettati su compagnie poco piacevoli passarono come i gabbiani all’orizzonte… figurarsi quelle sullo svenimento.
    I suoi occhi si abbassarono solo per comprendere che era un ragazzo che non amava molto socializzare e che il suo nome era…
    «Aka- Hito- Mo- Ri. » replicò questo esatto ordine con le sue mani Aka- Hito- Mo- Ri
    Almeno stavolta questo nome era abbastanza semplice e poteva ricordarselo piuttosto bene.
    Forse per la prima volta avrebbe chiamato una persona col nome per intero.
    Portò l’indice alle labbra, alzando gli occhi ambrati al cielo che si persero nella distesa arancione e rosata che si mescolava ai toni azzurri di una sera oramai alle porte.
    « Akacchan. » sorrise tornando a guardarlo dritto, perdendosi stavolta nel verde smeraldo dei suoi.
    Non ce l’avrebbe mai fatta a chiamare qualcuno per intero, forse, era il suo modo per dire: mi sei simpatico e ti considero una brava persona degna della mia stima/amicizia/compagnia.
    Stavolta lo aveva scelto perché… beh, Aka voleva dire rosso, e lei lo aveva trovato molto buffo quando aveva mostrato questo lato arrabbiato/imbarazzato e quindi… scelse di chiamarlo così.
    «E’ proprio un bel nome. »
    Mirai Ishigami si stiracchiò e si lasciò scivolare sulla sabbia in completo relax, quel momento la portò a chiedergli quelle cose che uscirono come semplici domande e che dentro di lei tuonavano come una qualche richiesta di aiuto.
    Aveva compreso a sue spese anche che da sola non ce l’avrebbe mai fatta a superare le sue debolezze e a superare sé stessa per arrivare ad essere la protagonista della sua storia.
    In quel momento si sentiva più come un personaggio di passaggio.
    Portò le gambe vicino al suo petto, lasciando che la minipochette le cadesse sulla panica e le strinse con le braccia per appoggiare il mento sopra le ginocchia.
    Ho bisogno di capire… aveva bisogno di capire, di raccogliere informazioni.
    A dire la verità aveva un po’ timore a chiedere aiuto ad un tipo del genere ma provare a parlarci non è poi mal di nulla, no? e poi lo considerava un tipo tosto.
    Strano, folle, ma tosto.
    Non cattivo, anzi, a dirla tutta… aveva giudicato troppo presto il suo fare irruento da orso arrabbiato.
    Non sembrava in fin dei conti essere così per davvero, forse era solo uno sfogo di stress e l’irritazione che lei aveva provocato con lo stereo non aveva giovato alla sua “rabbia” che teneva dentro con il risultato di una vera e propria esplosione.
    Osservò ogni movimento delle sue labbra, che grazie al cielo stavolta scandivano bene ogni parola senza che avesse un tonno in bocca.
    Fu un discorso che non passò come la brezza salmastra sui capelli della giovane, quelle parole furono a dir poco illuminanti. Cariche di una forza emotiva e di una luce che stentava a credere fossero state proferite da quello strano ragazzo.
    Tratta le sue debolezze come se fossero parte di lui… come se le avesse analizzate e le avesse fatte parte del suo essere quello che è.
    Gli occhioni della ragazza si sgranarono leggendo l’ultima parte del suo discorso.
    « Siamo… noi. E basta. » ripeté subito dopo Mirai con un sussurro come se fosse parte di un pensiero e non di un discorso.
    Era così cosciente di ciò che era, di ciò che poteva fare, di ciò che era il suo carattere e il suo essere, di ciò che erano le sue debolezze che… Mirai ne rimase affascinata e quasi invidiosa di tale presenza.
    Mirai Ishigami pensava sempre agli altri, era disposta a fare tutto per chi avesse bisogno di lei tanto da mettere lei stessa in ombra, tanto da aver dimenticato una cosa fondamentale.
    La ricerca di sé.
    Aveva sempre occhi, anima e cuore per gli altri che non si era mai domandata Ma io… chi sono? era davvero servito qualcuno come Akahito Mori per farla guardare dentro di sé?
    Per farle aprire gli occhi e mettere un freno alle sue scuse?
    Sospirò mentre ascoltava l’ultima parte del discorso del ragazzo.
    «I- Io… » si sentiva messa a nudo, completamente. Si sentiva come se l’avessero messa davanti allo specchio che odiava tanto e che l’avessero incoraggiata a guardarsi e a non voltarsi dalla parte opposta.
    Faceva male, era un bruciore intenso quello sentiva nel petto, e non avrebbe voluto ammetterlo, ma aveva sempre eretto una difesa impenetrabile non a causa della sordità, ma a causa del suo sentirsi un agnellino in mezzo ad un branco di lupi.
    La sordità, le sue cavità erano solo e soltanto scuse.
    Un velo che veniva posto davanti a quello specchio per ingannare il cervello e il suo animo a non sentirsi inutile e debole.
    Si strinse ancora di più, chiudendosi quasi a riccio su sé stessa.
    «N-Non si tratta… s-solo di quello… » non era solo il fatto di essere sorda… era molto di più.
    Il suo sguardo si perse sulla sabbia di fronte a lei che sembrava aver preso la tinta arancione, quasi rossastra del tramonto che spariva nell’orizzonte.
    Mirai Ishigami era combattuta dal buttare fuori dal petto il rospo, e ingoiarlo per l’ennesima volta.
    In fondo Akahito era uno sconosciuto, no? Cosa gli sarebbe importato di lei e delle sue debolezze e di discorsi campati in aria su come male si sentiva ogni giorno – anche se lo nascondeva piuttosto bene -.
    Cercò di trattenere quella brutta sensazione che si faceva largo tra i suoi occhi e si lasciò andare.
    Forse era una scelta stupida, forse era una cosa azzardata… o forse la cosa più coraggiosa in vita sua.
    Guardare dentro di sé e ammettere di avere sempre avuto paura di non poter mai essere abbastanza.
    Per sé e per gli altri.
    « La verità è che… io non so chi sono. So cosa voglio essere, ma non so come arrivarci. Non sono forte abbastanza. Sono inutile, sto ancora studiando cosa posso fare con il mio Quirk e - si fermò, trasse un respiro come se le stesse mancando l’aria e tirò fuori la parte più complicata - e ho paura. Tanta paura. » era una scottante verità ma non riusciva a mentire in quel momento, era come se fosse riuscito a spegnere quell’inibitore « Io. Io non faccio altro che nascondermi dietro scuse. Sul fatto che sono sorda per non sentirmi debole. Per illudermi e non sentirmi inutile, per non sentirmi forte abbastanza per essere ciò che voglio essere. » sospirò ancora senza degnare di uno sguardo il ragazzo, come se fosse in una stanza dove non c’era nessuno tranne lei.
    « La verità… è che… a differenza tua io non so chi sono.» quanto erano pesanti quelle parole, macigni, di una gravità che non poteva neanche immaginare. Il peso della verità a volte fa male e supera qualsiasi montagna esistente sulla terra «…e che…fa troppo male. » forse era per questo che non voleva vedersi allo specchio, perché avrebbe visto che le sue erano solo scuse, solo scuse per nascondere il fatto che lei non era forte abbastanza per ciò che aveva in mente di fare.
    « Mpf… scusami. Sono patetica vero? » si voltò giusto un attimo verso di lui per poi tornare a guardare la distesa del mare di fronte a lei « Io… voglio solo salvare il mondo a modo mio. » immerse i suoi pensieri nelle onde e in quel moto perpetuo che aveva portato la vita sulla terra.
    « Grazie a te ho capito che è tutto quello che nascondo non è la mia disabilità, ma la verità. Sono solo io. Sono solo io ad essere debole, e questo mi fa paura. Mi fa stare male, perchè io so di poter essere d'aiuto a tante persone e... non so neanche proteggere me stessa. Ho sempre avuto paura di ammetterlo… e ora… è strano doverlo dire ad qualcuno con cui sono quasi venuta alle mani per riprendermi uno stereo. Tutto ciò è imbarazzante. Scusami. » il suo sguardo si fece in qualche modo sereno, nonostante portasse il turbamento dentro di lei.
    Il suo cuore sembrava quasi impazzito alla luce di quella liberazione – finalmente - in qualche modo si sentiva un pochino più leggera ma era ancora al punto di partenza.
    Si strofinò il cappuccio al posto dei capelli e lo tirò giù sulle spalle prima di sospirare e voltare il suo sguardo verso il ragazzo « Sc-Scusami… non-non so cosa mi sia preso. T-Ti devi essere annoiato a sentirmi blaterare cose senza senso ma grazie…mi sei stato molto d'aiuto. » disse, ma in fondo era anche per questo che si trovava lì su quella spiaggia.
    Per avere una valvola di sfogo, e grazie al cielo – o per sfortuna – quelle parole che aveva detto Akahito erano servite giusto a questo scopo.
    « Sai? Forse sei un tipo strano, irruento, e con problemi di autocontrollo ma… non sai quanto vorrei essere tosta come te… Akacchan. »
    kkj
    MIRAI ISHIGAMI
    VIGILANTES » LIVELLO #2
    | FORZA: 11
    | QUIRK: 37
    | AGILITÀ: 27

     
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    AKAHITO MORI
    Il motivo per cui Mirai non si rendeva assolutamente conto del livello relativo al volume dello stereo sembrava far parte della stessa ragione per cui era in grado di sentire la musica. Da come diceva, infatti, la Vigilante sembrava sfruttare le vibrazioni emanate dalle casse non accorgendosi che, spostando la manopola sempre più a destra, rischiava di intontire qualcuno.
    «Sì, si chiama volume. E se tu lo avverti come una vibrazione, io invece lo avverto come qualcosa di a dir poco odioso e frastornante, se portato a livelli tanto alti. Questo per dirti di fare attenzione.»
    Chiarì, quindi. Quella volta a Mirai era capitato Akahito, ma magari si sarebbe potuta ritrovare davanti qualcuno di ancora più fastidioso e offensivo. Avvertirla, in quel caso, era stato un semplice modo carino per far sì che potesse ricadere in situazioni simili, in futuro, piuttosto che continuare a denigrarla come aveva fatto fino a quel momento (povera Mirai).
    Mirai gli sistemò il cerotto sulla fronte e, nello stesso momento, pronunciò lentamente il suo nome, come per ricordarselo meglio. Fin lì andò tutto bene, ma poi accadde qualcosa che, solitamente, al nostro giovane Vigilante dai capelli blu non andava tanto a genio: sì, la sua nuova interlocutrice gli aveva appena affibbiato un nomignolo: 'Akacchan'.
    «N-NO, AKKACHAN NON VA BENE. I nomignoli... i nomignoli non mi piacciono. Chiamami semplicemente Akahito.»
    Disse, lievemente a disagio, gonfiando le guance come per stemperare quel lieve imbarazzo che l'aveva colto. Naturalmente non se la sarebbe di nuovo presa con Mirai soltanto per quel soprannome, ma in ogni caso non poteva di certo ammettere gli piacesse o gli andasse a genio: c'era da vedere se alla ragazza sarebbe fregato qualcosa o meno.
    Si limitò semplicemente a lanciarle un'altra occhiata, quando gli disse che Akahito era un bel nome, poi scrollò le spalle, quasi come volesse dire 'non l'ho deciso io'. Sì, sempre molto gentile ed educato, oltre che carino.
    L'imbarazzo abbandonò rapidamente le proprie guance, portandosi dietro quel rossore che aveva fatto comparire, quando Mirai si lasciò cadere sulla sabbia e ristabilì le distanze. Si sentiva molto più a suo agio, Akahito era una persona molto abituata ai propri spazi e quel contatto così ravvicinato aveva totalmente messo in disordine la propria comfort-zone, a cui era sempre stato particolarmente legato.
    Per Akahito non era strano che qualcuno lo ascoltasse.
    Sì, era un totale fallimento nelle lotte, nel gestire il suo caratteraccio, nell'autocontrollarsi, nell'essere intelligente, ma se c'era un'unica nota positiva nel mare dei suoi difetti, questa era certamente rappresentata da un principio di carisma. Si era persino fatto ascoltare da Hisoka Morow o Patryce Williams, individui a dir poco testardi.
    Per questo motivo, il nostro Vigilante non avrebbe ricevuto nessuna grande sorpresa rispetto al veder Mirai starlo a sentire, se non fosse stato per... per il fatto che questa avesse ripetuto una delle sue frasi, mettendoci una strana enfasi.
    Akahito aggrottò subito le sopracciglia e la scrutò con aria interrogativa, per poi rilassarsi da lì a qualche istante successivo. Era riuscito a creare una sorta di breccia tra i pensieri della ragazza, senza neanche accorgersene? Qualcosa gli sussurrava all'orecchio che Mirai non se ne stesse lì per prenderlo in giro, ma non riusciva bene a capire cosa; più passava il tempo, più i castelli di cemento che aveva costruito nel giro di pochi secondi tra sé e Mirai crollavano, e così Akahito iniziava a vedere una fanciulla dal carattere apparentemente dolce, ingenuo e sincero.
    Tanto sincero da permetterle di dare libero sfogo ai suoi pensieri, seppur ad una sorta di sconosciuto.
    Sì, Mirai iniziò a parlare come un fiume in piena, quasi avesse quel desiderio di esplodere già da tanto tempo, come se avesse bisogno di tirar fuori dalla bocca quelle parole più di ogni altra cosa. Nemmeno quell'evento ad Akahito era inusuale, eppure non poté fare a meno che dedicare le proprie attenzioni a Mirai e lo fece anche senza difficoltà.
    «Non credo che tu sia patetica, né tantomeno credo che tu abbia blaterato a vuoto.»
    Esordì, quando Mirai finì il proprio discorso, lasciando che i suoi occhi smeraldini venissero lievemente tinti dall'arancione sempre più intenso del Sole che spariva poco a poco oltre l'orizzonte.
    «Da quello che mi dici, mi sembra semplicemente di capire che tu sia una persona poco sicura di te.»
    Continuò, sospirando.
    «Sì, probabilmente non sai ancora chi sei, non sai ancora qual è il tuo posto nel Mondo, ma non c'è nessun problema in questo. Sei una ragazza giovanissima, come pretendi di esigere da te stessa così tanto? A proposito, quanti anni hai?»
    Chiese.
    Mirai non gli sembrava molto più giovane di lui, ma al tempo stesso i suoi lineamenti avevano qualcosa di estremamente giovanile. Inevitabilmente Akahito si chiese se avesse di fronte a sé una ragazza maggiorenne o meno.
    «L'importante è non porti dei limiti da sola, che è quello che mi sembra tu stia facendo. Non lasciare che siano le tue insicurezze a governare le tue azioni, Mirai Ishigami.»
    Continuò, mentre una lieve brezza investì i due e fece vibrare leggermente le rispettive ciocche blu e rosse.
    «Se vuoi salvare il Mondo, devi rimboccarti le maniche e mettere da parte qualsiasi paura. Soltanto in questo modo riuscirai a raggiungere e oltrepassare i tuoi obiettivi, perché purtroppo la cruda realtà non prende in considerazione nessuno dei nostri timori. Se non aggredisci la vita, sarà lei ad aggredirti.»
    Si prese un attimo, a quel punto.
    «Con questo non ti sto istigando alla violenza, ma solo a liberarti dalle tue catene. Non ti conosco, ma non credo ci siano molte ragioni concrete per cui tu debba ritenerti patetica come ti sei definita poco fa. Questo è il rispetto e la stima che porti per te stessa?»
    Domandò, quasi come se volesse farla sentire in colpa. Sì, in quel caso l'obiettivo era stato quello e non perché Akahito volesse insultarla, ma perché il modo del Vigilante di risollevare il morale a qualcuno era fatto così. Non era mai stato avvezzo a dare parole gentili di conforto, quanto più ad esporre al proprio interlocutore la mera realtà dei fatti. In quel momento Mirai non gli sembrava ancora in grado di poterla affrontare, ma se aveva combattuto con le sue 'difficoltà' fino ad allora, voleva di certo significare che fosse una guerriera, e che prima o poi ce l'avrebbe fatta.
    «Sbagli. Non sono tosto come mi vedi, Mirai Ishigami.»
    Rispose, incrociando le braccia al petto.
    «Nessuno è forte come appare all'esterno.»
    Sì, era la verità. Akahito, in realtà, era una persona estremamente fragile e sensibile. Quella del Vigilante-Giustiziere-Assassino altro non era che una facciata, un modo per convincere se stesso di poter fare tutto, di essere invincibile.
    Ma non lo era.
    Nessuno era invincibile.
    «E se ci tieni a saperlo, nemmeno io ho ancora capito qual è il mio posto nel Mondo. Come potremmo?»
    Domandò, retorico, pronunciando quelle parole più lievemente, quasi come se fossero state una semplice espirazione, mentre le sue iridi si mescolavano con le onde rosse che quasi sembravano prendere fuoco.

    scheda ❖ VIGILANTES ❖ LV.3 ❖ code ©
     
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    Aveva imparato molto da quell’incontro/scontro.
    Mai giudicare qualcuno dalle apparenze, che il volume di un suono - come diceva Akahito Mori – o le alte vibrazioni erano odiose e frastornanti .
    Che a volte per sentirsi meglio e uscire dal buio che ci si porta dentro basta semplicemente parlare o sfogarsi: se poi la persona con cui parli è qualcuno che riesce ad ascoltarti senza giudicarti ben venga.
    Infine, mai affibbiare nomignoli a chiunque, soprattutto se queste persone non vogliono. Soprattutto se si arrabbiano parecchio al sentirsi appellare con un qualcosa di differente dal proprio nome | Ah no, questa non rientrava nella lista.
    Il fatto era che si divertiva a dare nomignoli a tutti quelli che considerava amici o comunque persone che poteva vedere con un certo rispetto, quindi perché doveva cambiare questa “usanza” anche con lui? E POI non lo avrebbe mai ammesso ma quel faccino arrabbiato, rosso, e dalle guance gonfie era troppo divertente.

    oouf… perché sono così stupida? pensò, quando finì tutta la sequela di infinite parole che uscirono dalle sue labbra come un fiume in piena. Inarrestabili.
    Si era rannicchiata su se stessa e si sentiva patetica sì, nonostante si sentisse come se fosse rinata.
    Una sensazione di pace che veniva cullata dalle onde del mare che ora riflettevano gli ultimi raggi del sole che spariva all’orizzonte.
    Pensò di averlo annoiato o peggio, di avergli rotto le scatole – cosa che oramai aveva fatto /involontariamente/ fino a quel momento.
    Si voltò verso di lui e con un faccino aggrottato gli sussurrò un semplice « Scusami. ».
    Pensava che l’avrebbe mandata finalmente a quel paese o a farsi una girata anche se in qualche modo avrebbe voluto almeno vedersi dire qualcosa a riguardo.
    Sembrava come qualcuno alla ricerca di un segno, di un miracolo. Questo era il suo sguardo in quel momento.
    Eppure, anche se in una parte del suo cuoricino sapeva che quell’Akahito Mori non se ne sarebbe andato così malamente, aveva paura che sarebbe successo e invece… quella piccola parte aveva ragione.
    Il ragazzo non si mosse anzi, iniziò a dirle parole su parole che non si aspettava certo che provenissero da quell’ammasso di muscoli dal temperamento molto instabile.
    « Aww, meno male. Credimi a volte non riesco proprio a frenarmi…hehe » rispose alle prime parole di Akahito.
    Mirai concentrò tutta la sua attenzione sulle sue labbra, per non perdersi neanche una singola battuta e via via che parlava sentiva sciogliersi i muscoli, e quell’orrenda sensazione che aveva nello stomaco, quella prigione di ghiaccio che si portava dentro.
    « Mh… Già. » adagiò la sua testa sulle sue ginocchia e continuò a guardarlo.
    Ha perfettamente ragione… si nota così tanto? il fatto che fosse una persona così insicura e indecisa era una cosa che si notava subito.
    Non l’aveva mai sentita come una vera e propria debolezza, in fondo erano parte del suo carattere e forse per questo non ci aveva dato troppo peso a questo lato.
    Il fatto che lui glielo stesse dicendo era perché stava analizzando la sua persona, o perché voleva metterle di fronte l’evidenza che forse doveva lavorare meglio su se stessa e poi cercare il proprio posto nel mondo.
    Era una cosa a cui aveva pensato, ma i suoi allenamenti – o almeno quello che aveva pensato di fare – erano soltanto fisici e non mentali.
    Ora che lui glielo aveva detto, stava rivalutando tutto quello che aveva pensato fino a quel momento.
    «I-Io n-non lo so… lo sto cercando. E non è semplice. » era così.
    Era confusa, spaesata, aveva mille dubbi e nessuna risposta.
    In questo momento della sua esistenza era come un’anima in un limbo alla ricerca di un Paradiso che non avrebbe mai trovato con le forze che in quel momento aveva.
    Si era effettivamente domandata cosa volesse fare della sua vita, e se quel “posto nel mondo” come diceva Akahito fosse la strada? Allora avrebbe intrapreso la strada dell’eroina? O della vigilantes?
    « Lo so. Esigo anche fin troppo ma… io non ce la faccio. Io… sento che posso fare tanto, che posso fare la differenza per tante persone e aiutarle. Io… voglio solo trovare un posto che mi faccia sentire viva. Akacchan » le sue parole erano sofferte, parecchio ma per fortuna vennero stemperate dalla domanda seguente del ragazzo.
    Mirai sbuffò per poi continuare inarcando un sopracciglio « Regola numero uno. Quando parli con una ragazza, l’ultima cosa che devi chiedere è l’età. Comunque, ho sedici anni. » l’aveva rimproverato e poi era riuscita a dargli ciò che voleva.
    « E comunque, anche se ho sedici anni non vuol dire che sia piccola! Oramai non sono più una bambina io …oooow, è tutto così complicato. » si portò una mano dal ginocchio destro alla testa, strofinandosi il cappuccio come per far uscire quei pensieri che si accavallavano dentro di sé.
    Continuò ad ascoltarlo, pensando a quanta saggezza quel ragazzo possedesse nonostante avesse quei modi pochi ortodossi di approcciarsi alle situazioni.
    «Akacchan… » sussurrò quando le disse che porsi dei limiti da sola non sarebbe servito a nulla, e che farsi trascinare nell’abisso delle proprie insicurezze era una cosa che non l’avrebbe portata proprio da nessuna parte.
    Questo Mirai lo sapeva, ne era consapevole anche se era difficile provare a fare ciò che diceva ma… quello che veramente la illuminò e le riscaldò il cuore furono le parole che seguirono quel discorso.
    « Che belle parole. » rimase colpita, imbambolata.
    Sembrava come se l’avessero trafitta in pieno petto, e in un momento tutto dentro di lei e nella sua mente acquisì una forma concreta.
    Non più confusione, non più deterioramento, non più timore.
    La colpirono nel segno, si impressero a fuoco nella sua mente ed innescarono una sottospecie di reazione a catena che la portò a riguadagnare fiducia in se stessa e nelle sue capacità e soprattutto a farla tornare a sorridere.
    “Se vuoi salvare il Mondo, devi rimboccarti le maniche e mettere da parte qualsiasi paura. Se non aggredisci la vita, sarà lei ad aggredirti.” Sì… ha ragione. Piangersi addosso è inutile, non porta a nulla, l’unica cosa che posso fare è reagire e abbattere ogni mia singola paura. nella sua mente continuarono a riecheggiare quelle parole che tanto l’avevano ispirata.
    « Violenza? Nono! Tranquillo. Non sono quel tipo di persona. Io n-non riuscirei a fare del male a nessuno. Comunque non ho mai avuto rispetto e stima di me. … Quando mai? Hehe. Per sedici anni non ho mai neanche pensato al mio Quirk, per dirti quanto so di me. E non ho mai pensato di poter essere qualcuno nella vita. Volevo solo essere normale.» rispose alla domanda seguente del ragazzo che continuò a ravvivare la speranza che potesse cambiare e divenire migliore di quello che già era « Solo che ora non mi basta più essere solo “normale” e quando ho capito di poter essere qualcosa di più ho… avuto brutte esperienze che mi hanno fatto capire che non sono abbastanza e lentamente ho perso fiducia in me. Non voglio però star qui a piangermi addosso quindi… potrei iniziare già da adesso ad avere rispetto e a credere più in me, no? C’è sempre un inizio di tutto. Sì… »
    Un passo in più verso ciò che desiderava essere.
    « Grazie di cuore, Akahito Mori. » la prima e forse unica volta in cui avrebbe pronunciato quel nome per intero « Per avermi aiutato. Sei stato davvero gentile e premuroso nonostante ti abbia fatto male per riprendere quello stereo. »
    Distese le gambe, sgranchì la schiena e si sentì come mai si era sentita prima di adesso.
    « Hai ragione. » sorrise, chiudendo gli occhi, tirando un sospiro di sollievo e liberandosi di ogni altro anello delle catene che la tenevano ancorata a quell’abisso « Sei un tipo sensibile che sa ascoltare e dare ottimi consigli anche a persone sconosciute. Sarai anche tosto tosto fuori, ma dentro sei davvero dolce. Sì. » gli disse senza guardarlo negli occhi per non scoppiare in una bomba rossa di imbarazzo.
    « Non sarà facile, ma ci lavorerò su tutto quello che mi hai detto. Ora mi sento decisamente meglio. » sghignazzò stiracchiandosi le braccia e alzandole al cielo prima di tirarsi giù il cappuccio con un leggero brivido che le corse lungo la spina dorsale.
    « Mh? Dici sul serio? » chiese, dopo essere tornata ad osservare Akahito e averlo visto pronunciare quelle parole mentre i suoi occhi smeraldini si perdevano nella vastità del mare di fronte a loro « Questo non è vero. » asserì con un tono quasi stizzito, come se il ragazzo avesse detto una qualche sorta di enorme cavolata « Sei esattamente dove qualcuno aveva più bisogno di te. Akacchan. » sghignazzò punzecchiandogli la spalla con un dito.
    « Magari chissà. E’ proprio questo il tuo posto nel mondo. Non deve essere per forza qualcosa di fisico, no? Potrebbe essere questo il tuo centro. Esserci per chiunque abbia bisogno di te, della tua forza e delle tue parole. Ne? » si accorse che effettivamente, forse, erano più simili di quanto davano a vedere. Avevano forse entrambi gli stessi obiettivi? Avevano entrambi lo stesso punto di arrivo, lo stesso “posto nel mondo”? Forse, o forse no.
    Quei pensieri furono scossi da un improvvisa e quanto rumorosa vibrazione che scosse il ventre della giovane come un ruggito di un animale feroce.
    « Uh, questi pensieri e questi discorsi mi hanno messo fame. » si portò le mani alla pancia e con un mugolio, contorto dall’imbarazzo e dal senso di “vuoto”.
    Osservò poi la canna da pesca del ragazzo, che ancora se ne stava immobile sul bagnasciuga senza che nessun pesce avesse abboccato – o molto più probabile aveva strappato l’esca e si era dato alla grande fuga.
    In quel momento si sentì terribilmente in colpa per avergli sottratto tempo prezioso, visto che magari quel possibile pesce che poteva abboccare sarebbe stato la sua cena e quindi pensò che forse la cosa più giusta da fare per ripagare il ragazzo di tutto fosse quello di invitarlo a cena.
    E poi, l’ingorda, aveva comprato anche fin troppa roba per sé con l’intento di mangiarla il giorno dopo – o almeno questo era quello che aveva pensato per ingannare la sua mente ma in realtà pianificava di scolarsi tutto quella sera stessa.
    Senza dire nulla si alzò portandosi dietro la pochette e andò a recuperare la sua borsa che aveva lasciato poco più indietro assieme allo stereo e tornò a sedersi nel posto che la sabbia aveva tenuto appositamente modellato per lei.
    Si sedette di nuovo e mise la minipochette nella borsa « Tranquillo. Prometto che non accenderò di nuovo lo stereo. Ok? » disse mettendosi una mano sul cuore e alzando l’altra come per sigillare quell’accordo.
    Si schiarì la voce e frugò nella sua borsa tirando fuori una sorta di telo – che avrebbe improvvisato a tovaglia – e almeno sei vassoi di alluminio, chiusi e ancora caldi alcuni per fortuna.
    Li dispose sulla tovaglia e poi si girò verso il ragazzo illustrandone il contenuto.
    « Takoyaki, per due. Ne vado matta quindi ne prendo sempre due porzioni. Poi abbiamo Usomaki misti e Uramaki, nella tre e nella quattro. La cinque dovrebbe contenere dei Temaki se non sbaglio e per finire … un sacco di mochi nella 6, questi vengono direttamente dalla pasticceria per cui lavoro e credimi. Sono i migliori. Del resto li fa mia mamma. Hehehe » disse per poi estrarre dalla borsa due fagottini con delle bacchette usa e getta, che tanto oramai c’aveva la collezione da quante gliene davano e da quante si dimenticava di togliere.
    Gliela porse ad Akahito come se fosse una specie di pergamena regale.
    « Mi farebbe piacere ricambiare la tua gentilezza e tutto il tempo che ti ho rubato offrendoti almeno questo. Non sarà molto, ma visto che probabilmente la tua cena » disse indicando con lo sguardo la canna sulla riva del mare « sarà già scappata… beh. Potresti approfittare del fatto che non riuscirò a finire tutto questo da sola. Ne? » si sentiva dal tono, dalle parole e dal discorso quanto fosse impacciata.
    Non voleva sembrare scortese nei suoi confronti ma non voleva neanche riguardarsi.
    Tolse ogni coperchio che avevano quei vassoi e mise a disposizione le mini vaschette con salsa di soia e wasabi pronte all’uso, ed infine le due bottigliette d’acqua di cui una ancora non aperta che lasciò all’eroe di quella giornata: un vero e proprio pic nic sulla spiaggia.
    A quel pensiero Mirai si sentì avvampare di calore, non voleva che fosse frainteso il suo gesto, assolutamente. Era una gentilezza che avrebbe voluto riservare a qualcuno che l’aveva aiutata in quel momento.
    Giusto?
    G i u s t o?
    « Ehem. » si schiarì nuovamente la voce « Se, poi hai altri programmi… non ti preoccupare. Non-v-voglio farti perdere altro tempo. Eh! Altrimenti… in caso tu accettassi… ti consiglio di partire con i Takoyaki… s-s-ono ancora c-aldi. E s-sono i migliori che abbia mai mangiato… mai come quelli del Tabanata, ma sempre meglio di molti altri che ho assaggiato. » disse senza guardarlo negli occhi e staccando le due bacchette.
    Il Tanabata, quanti ricordi.
    Era stata una serata magica, e questa si prospettava essere non da meno.
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    MIRAI ISHIGAMI
    VIGILANTES » LIVELLO #2
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    AKAHITO MORI
    Akahito non era per nulla abituato al fatto che qualcuno guardasse costantemente alle proprie labbra mentre parlava. Certo, Mirai era praticamente costretta a fatto se desiderava comprendere le proprie parole, ma per il Vigilante era comunque abbastanza strano. Inoltre, il nostro giovane dai capelli blu finì inevitabilmente per chiedersi se la ragazza avesse fatto fatica per comprendere il linguaggio delle labbra oppure se ci fosse riuscita senza grandi difficoltà. Per ora decise di non chiedere nulla, Mirai era in evidente imbarazzo - chissà perché - e persino un demente come lui se n'era accorto. Meglio essere leggermente più discreto.
    «Sedici anni? Seriamente?»
    Ripeté, abbastanza sconvolto, quasi sgranando gli occhi. In effetti, cosa si aspettava? Di certo Mirai non gli aveva dato l'idea di essere una trentenne, ma... ecco, si aspettava che come minimo fosse maggiorenne. Per fortuna che avesse iniziato già da un po' ad essere più gentile con lei, altrimenti probabilmente ci sarebbe rimasto abbastanza male se avesse continuato a sbraitare in quel modo per poi scoprire di avere a che fare con una persona ben più piccola rispetto a lui.
    «Pensavo ne avessi almeno diciotto, praticamente sei piccola
    Ripeté, come per controbattere ciò che Mirai avesse appena detto. Sì, poteva essere matura mentalmente quanto desiderava, ma anagraficamente la sua età rimaneva questa soprattutto per la polizia.
    «E tu a sedici anni già ti fai tutte queste congetture su quale possa essere il tuo posto nel Mondo? Prenditela con più calma, Mirai Ishigami, e rispetta il tempo in cui ti trovi. Sarà questo a suggerirti a che cosa la tua anima è più affine. Io comunque non sono molto più grande di te, di anni ne ho ventidue.»
    Sì, se ve lo state chiedendo, devo aggiornare la scheda con la nuova età.
    In ogni caso, Mirai sembrava non essere per niente interessata alla richiesta di Akahito di eliminare dalla faccia della terra quel nomignolo che gli aveva affibbiato, ma non se la prese ulteriormente. Sì, il fatto che la fanciulla gli stesse facendo tutti quei complimenti riuscì, almeno per un po', a domarlo, cosicché non sentì più l'impellente necessità di rimproverare ancora la Vigilante per quell'inconveniente.
    «Certo che puoi iniziare già da adesso, anzi, è più che normale. Se intendi però che hai capito di non essere abbastanza per aver pensato e messo in pratica il tuo Quirk, allora ti dico che non è così che devi ragionare, secondo me. Il nostro Quirk definisce soltanto in minima parte ciò che siamo, la nostra vera forza non si ritrova in esso. Tant'è che non mi viene nemmeno da chiederti quale sia, non lo ritengo necessario.»
    Spiegò, sebbene non fosse certo di aver centrato il discorso di Mirai. Aveva posto dei limiti perché, crescendo, aveva capito di esser capace di sfruttare le proprie capacità in un modo utile ma senza riuscire a manifestarle appieno o nella maniera appropriata? Immaginava la risposta sarebbe arrivata da lì a poco, eventualmente.
    «Non c'è bisogno di ringraziarmi, non ho fatto nulla. Anzi, a dirla tutta ti ho anche insultata pesantemente.»
    Spiegò, nel suo solito modo di fare freddo e impassibile, ma nonostante tutto tranquillo. Si era definitivamente dato una regolata, a quel punto c'era poco che potesse far sì che tornasse a sclerare (sicuramente riaccendere lo stereo sarebbe rientrato in quel poco).
    «Io? Dolce?»
    Ripeté, scrutando l'altra con fare stranito.
    «Non è proprio così, ma grazie.»
    Disse, e anche in quel caso la sua espressione non mutò di una virgola. Nessun imbarazzo, nessun disagio avrebbe accompagnato quella sua affermazione, a differenza di ciò che era successo poc'anzi, quando c'era stato quel piccolo scontro tra i due.
    Non si era mai ritenuto una persona dolce, anzi, era l'ultimo aggettivo con il quale Akahito si sarebbe descritto, se qualcuno gliel'avesse chiesto. Nonostante ciò, ormai sappiamo tutti che il cuore del nostro Vigilante altro non è che un tortino al cuore morbido di cioccolato.
    «Dici? In effetti non mi dispiace parlare. Incredibilmente mi riesce meglio di picchiare. Chissà, magari un giorno riuscirò a raggiungere i miei obiettivi con le parole, quando i miei capelli diventeranno rossi.»
    Rispose, per un attimo volgendo lo sguardo al mare, che intanto sembrava quasi aver preso fuoco. C'era davvero una possibilità per la quale Akahito avrebbe potuto convertire i criminali con le parole? A convincere gli altri a cambiare le proprie cattive abitudini grazie a dei discorsi? Nella teoria era facile da immaginare, nella pratica era alquanto improbabile. Eppure, non era ciò che stava facendo con Hisoka? Anche se, a dirla tutta, non stava funzionando poi così perfettamente. Chissà dove l'avrebbe portato quel maledetto Villain di merda.
    Scrutò poi la figura di Mirai recuperare del cibo, presentarglielo, ed infine chiedergli se volesse consumarlo insieme a lei con i suoi soliti modi estremamente imbarazzati. Il Vigilante, d'altro canto, rispose con il brontolio che aveva preso ad emettere il suo stomaco: Mirai non avrebbe potuto sentirlo, certo, ma ad Akahito diede ben poca scelta.
    «Non ho altro da fare, accetto volentieri.»
    Disse, recuperando qualcuna delle prelibatezze presentate dalla fanciulla e gustandola con piacere. Mirai era capitata a fagiolo, perché Akahito stava letteralmente morendo di fame. Anche se... beh, sì, in quel momento il nostro scorbuticone non si sentiva costretto a starsene lì o approfittare di Mirai soltanto perché aveva da mangiare. No, provava anche un certo interesse nello starsene lì: non era affatto spiacevole, mettiamola così. E poi, quelle leccornie erano assolutamente squisite.
    «È tutto buono.»
    Commentò, tra un boccone e l'altro: stava consumando il cibo più velocemente del previsto, ma la propria ingordigia non sfiorò nemmeno un minimo le porzioni destinate alla fanciulla, che rimasero lì ad attenderla quando questa avrebbe voluto mangiarle.
    L'immagine di Akahito mentre mangiava non era molto... idilliaca, diciamo, ma era di certo alquanto divertente.
    «Comunque non capisco perché sei così agitata. Non c'è bisogno.»
    Disse, poi, senza guardarla negli occhi, come se volesse introdurre un argomento che però si vergognava di presentare, quasi come se temesse potesse mettere l'altra in un imbarazzo ancora più grande. Siccome però stavamo parlando di Akahito Mori, un fiume verbale in piena, figuriamoci se avesse chiuso la bocca.
    «E, anche se va contro di me, non dovresti nemmeno essere così gentile, dato che ti ho trattata malissimo fino a poco fa. La gentilezza è una dote nobile, Mirai Ishigami, ma mi sembra che tu attinga ad essa un po' troppo. Sai che in questo modo rischi di farti manipolare?»
    Chiese.
    Erano una questione spinosa ed invadente, sì, ma Akahito si sentiva assolutamente in dovere di affrontarla. Mirai, per quanto cara potesse essere, in quel momento stava offrendo la cena-merenda (?) ad un individuo che l'aveva poc'anzi insultata, minacciandola di sfracellare lo stereo sulla sabbia. Possibile che l'ingenuità di Mirai potesse esserle pericolosa? O magari l'altra era assolutamente certa che Akahito fosse una brava persona, per quanto un'ipotesi strana era pur sempre ipotesi.
    «O ancor peggio, rischi che qualcuno possa approfittarsi della tua gentilezza. Mi sbaglio?»
    In fondo non conosceva Mirai, magari non aveva capito niente e basta, per cui nel dubbio meglio chiedere alla diretta interessata.
    Nel frattempo, Akahito avrebbe ripreso a degustare le squisitezze presentate dalla Vigilante come una sorta di pic-nic sulla spiaggia. C'erano tutti i presupposti affinché potesse essere una cena romantica al tramonto. O meglio, quasi.

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    « Mh? …. » abbassò la testa da un lato quando il ragazzo dai capelli blu le rivolse quella domanda sui suoi anni.
    « Diciotto? … PICCOLA? Ehhi… » si impettì come se fosse stata presa alla sprovvista su un argomento spinoso, mentre il ragazzo aveva sgranato gli occhi non credendo minimamente alle sue parole.
    Gonfiò per un attimo le guanciotte stile pesce palla « I-Io NON sono piccola. » asserì incrociando le mani e lasciando che l’aria uscisse dalle sue labbra in una sola volta.
    La parole di Akahito che seguirono furono per lei come una specie di stilettata dritta al cuoricino.
    Sapeva che forse queste non erano le intenzioni del ragazzo, perché era sincero. Lo vedeva dal suo sguardo.
    Quella sincerità che non aveva capito che forse la poteva servire in un altro modo e non con così tanta schiettezza.
    « Di tempo direi che ne ho aspettato anche fin troppo. Non posso sempre aspettare. E poi aspettare cosa? Cosa c’è da aspettare in un periodo come questo, Akacchan? Dovrei aspettare la fine per poter iniziare a capire chi sono e cosa voglio fare in questa vita? » chiese con una punta di amarezza e di terrore nella voce.
    Forse i suoi discorsi erano ben più maturi delle ragazzine di sedici anni che andavano in giro pensando solo a spassarsela nel fiore dei loro anni.
    Mirai Ishigami era anche questo, ma non solo questo.
    « Sc-Scusami. Ho per caso alzato la voce? … non me ne accorgo. Aaaawww. Comunque, ventidue? Davvero? Sembri molto più giovane. Sarà forse per le guanciotte… ?» sghignazzò e per un secondo ebbe la strana voglia di punzecchiargliele ma si trattenne considerato che comunque restava pur sempre uno sconosciuto con cui non aveva ancora abbastanza confidenza.
    Non voleva che quella discussione degenerasse su un pazzo scatenato che voleva portare l’apocalisse a Tokyo, ma quel fattore c’era.
    L’ora x non era ancora scoccata ma si avvicinava. Non sapeva quando, non sapeva come, ma sapeva che si stava avvicinando.
    Era inevitabile.
    « Beh… almeno mi hai dato della diciottenne fino a poco fa. Quindi sei perdonato.»

    Il fatto che il ragazzo considerasse il Quirk una parte minima di ciò che definisce una persona la rincuorò, e bastò quel poco per farle tornare il sorriso e togliersi quel minimo di malumore che aveva dentro.
    « Tecnicamente… in parte… lo hai già fatto eheh… » disse lei mentre con la punta dell’indice della mano destra tamburellò su uno degli oggetti metallici che portava a copertura delle orecchie « Il mio corpo si è mutato in qualche modo… per permettere al mio Quirk di manifestarsi. Quindi… hai ragione. Non è il Quirk a definire chi sono, eppure molti si fermano solo a questa parte. Per questo cerco di nasconderla anche se… » si toccò poi il corno con lo stesso indice « non riesco a farlo del tutto. ».
    Mirai tornò a guardare il ragazzo e si immerse in quegli occhioni verde smeraldo, dolci e severi allo stesso modo.
    « Non sono abbastanza perché vorrei fare di più, vorrei conoscermi di più, vorrei essere più forte e in grado di badare a me stessa, vorrei … essere solo più forte in tutto e per tutto. Così forse potrei essere d’aiuto a tutti quelli che ne hanno bisogno. » sospirò mentre pensava al suo libretto di appunti dove aveva provato a cercare di mettere per iscritto una serie di cose che potevano aiutarla a superare quel limite invisibile che sentiva di non poter valicare.
    La forza.
    Ma cos’era in fondo la forza per lei?
    Erano solo muscoli e determinazione?
    Era solo saper utilizzare a tutto tondo il suo quirk?
    Argomenti ancora sconosciuti, ma come le aveva detto Akahito, ci voleva del tempo.
    Solo il tempo sarebbe stato capace di riempire quelle pagine bianche.

    Dolce. Non era proprio così per lui? Baggianate pensava lei.
    Eppure sembrava crederci davvero. Che cosa strana…
    « Lo dici solo per mantenere il tuo look da duro. » lo incalzò per poi riflettere sulle parole che disse poi riguardo al picchiare la gente e parlare per raggiungere i propri obiettivi.
    Perché la cosa non la stupiva affatto? Dopotutto a prima vista certo non era il classico tipo che usa prima le parole delle mani ma parlandoci aveva scoperto che non era poi così come se l’era immaginato.
    « Beh. Non mi hai picchiato e stai parlando nonostante ti avessi fatto arrabbiare. Direi che sei sulla buona strada. Akacchan. E poi ci tieni a fare i capelli rossi ti direi lasciar perdere. Meglio di quel colore. Ti si addicono molto di più. Sai? Il colore blu è molto rilassante, dona sensazioni di calma e pace… rispetto al rosso. Quindi. Se vuoi usare le parole al posto delle mani, ti consiglio di tenerti quel colore. » perché avesse tirato fuori quell’argomento? Non lo sapeva neanche lei, ma aveva trovato sempre interessante associare i colori alle emozioni.
    E di sicuro il colore rossastro dei suoi capelli era totalmente dissonante dalla sua personalità, eppure le piaceva.
    Ovviamente aveva del tutto compreso male il senso delle parole di Akahito, le era difficile distinguere i toni di voce e il sarcasmo e ogni altro genere di sfumature di questo tipo.

    « Awww sono contenta che ti piaccia! » sogghignò mentre con le bacchette afferrava una palletta di Takoyaki e mangiandola in un sol boccone.
    Sembrava quasi un criceto mentre i suoi occhioni divennero quasi lucidi per la squisitezza della pietanza.
    Però ammetteva, ma che mangiare da sola era un conto ma in compagnia era molto meglio.
    Era come se tutto fosse decisamente più buono anche se erano le stesse cose che si mangiava da un paio di giorni a questa parte.
    Sempre in movimento, non c’era mai un attimo per prendersi un momento di riposo anche solo per un pranzo decente: per questo a pranzo un panino e a cena il mondo intero.
    Lo osservò divorare con foga tutte le doppie porzioni dei piatti, era buffo. Divertente quasi. Non aveva mai visto qualcuno mangiare con così tanto gusto da un bel po’.
    E’ da così tanto tempo che mangio quasi sempre da sola che mi sono dimenticata quanto sia divertente e bello poter condividere qualcosa con qualcuno… il suo sguardo si addolcì prima di infilzare un rotolino di riso, gamberetto e avocado e divorarlo famelica.
    Si scolò un po’ d’acqua senza accorgersi che il ragazzo aveva appena iniziato a parlarle: cose che capitano.
    Quando finì, richiuse il tappo e lo guardò osservando come aveva già iniziato un discorso.
    Per fortuna per lei non era da molto che stava parlando – anche se lei ovviamente pensava di essersi persa una grossa parte ma non disse nulla a riguardo per non fare una pessima figura.
    Lo lasciò finire e… rimase a guardare fino alla fine quelle labbra senza più toccare cibo.
    Prese quel tempo per pensare.
    Era una domanda che non si sarebbe mai aspettata, soprattutto in quel momento e la cosa brutta è che non sapeva come rispondere… perché neppure lei ci aveva mai pensato.
    Abbassò lo sguardo e lo posò sui suoi deliziosi mochi, così morbidi e dolci.
    Era una domanda tosta, un dubbio che l’aveva turbata nel profondo ma a cui aveva in qualche modo una risposta.
    Non era semplice perché era consapevole dei rischi che la sua gentilezza portava con sé.
    « Hai ragione. » che poteva dire? Poteva dargli torto?
    Sospirò e per un attimo si rabbuiò, come se avesse colto in pieno un argomento dolente.
    Neppure riuscì a sentire quello che le disse poi, ma già quella domanda era diventata parte di lei.
    Non che non ci avesse mai pensato a quella domanda, ma non trovava risposta a qualcosa che secondo lei era parte della sua natura. Inscindibile da Mirai Ishigami.
    La gentilezza era sempre stata parte di lei, una cosa che – come lui stesso aveva detto – portava dentro con onore: la sua nobiltà d’animo poteva essere il suo punto forte e allo stesso tempo il suo punto debole.
    « E’ un’arma a doppio taglio se si vuol vedere così. » iniziò con voce fredda quasi dissonante da quella che aveva usato prima di adesso, come se avesse preso l’argomento molto più seriamente di come forse si poteva immaginare.
    « Eppure sono cresciuta con la consapevolezza che un solo atto di gentilezza disinteressato ne provocherà sempre un altro. Come una reazione a catena. E questo può portare ad un cambiamento. Anche piccolo in un evento o in una persona e così questo può ispirare altre a fare altrettanto…certo non è così che si salva il mondo, ma può essere un inizio. Nel mio piccolo so che posso provare a cambiare la giornata o chissà, magari anche la vita di una persona. » alzò lo sguardo al mare e si perse nel moto continuo delle onde che avevano lasciato andare il colore aranciato del tramonto per abbracciarne uno molto più simile al blu.
    « Sono consapevole dei rischi. Lo so. Ne ho avute di problematiche relative a questo. Quindi è duro ammetterlo ma hai ragione. Nonostante questo io condivido il pensiero di mio padre: se puoi fare la differenza, se puoi avere anche solo l’1% di possibilità di cambiare il futuro di una persona… vale la pena provarci. » mosse lentamente la testa e cercò di incrociare lo sguardo di Akahito Mori.
    « Forse ti starai approfittando di me e della mia gentilezza ma come vedi io sono felice perché sono riuscita a cambiare la tua serata. Anche se è partita male, anche avresti potuto davvero denunciarmi o buttarmi a mare assieme allo Stereo… adesso sei qui, stai avendo una discussione con una sconosciuta, stai mangiando e non sei più arrabbiato con me (vero??). Non sono riuscita forse a cambiare qualcosa? Forse ti starai approfittando di me, della mia gentilezza, chissà… eppure in questo momento sono felice, perché non importa cosa pensi, cosa farai, o quali “azioni deplorevoli” avrai in mente – anche se ne dubito. Io, con te, in quell’1% ci ho creduto e sono riuscita a conquistarlo. » sorrise per poi tornare all’attacco di un altro Takoyaki emettendo uno squittio di puro piacere delle proprie papille gustative.
    « Sono molto ingenua però, questo purtroppo non so come evitarlo. E’ parte di me. Tendo a fidarmi troppo delle persone ma fa niente. Anche se sono così questo non significa che non sappia difendermi. » disse sgranocchiando la polpetta di polo prima di mandarla giù in un sol boccone.
    « Akacchan… » disse infilzando un rotolino di urumaki e tenendolo a mezz’aria prima di mangiarlo gli chiese « tu come le combatti le ingiustizie? » e continuò a mangiare con gusto.
    Si può mentire con il tono della voce, fare finta, o anche solo provare a sviare una conversazione ma Mirai per fortuna, grazie al fatto di essere sorda non concentrava la sua mente sulle corde vocali ma sulle parole.
    Questo molto spesso la portava a scoprire molto più di una persona anche solo dalla scelta che usava per esporre alcuni tipi di discorso rispetto ad altri.
    « Le tue parole mi hanno fatto pensare che forse non sei molto diverso da me. A volte le persone non lo sanno, o non se ne accorgono, ma le parole dicono di più di quanto si possa immaginare. E dalle tue parole si evince che non sei un poco di buono, e che segui un’ideale di giustizia in cui credi profondamente tanto da combattere in nome di questo. » disse cantilenando le ultime parole come se avesse una sorta di vittoria in pugno, come se avesse letto la sua anima invece delle labbra.
    Mpf… abbiamo parlato quasi solo di me fino ad ora no? Ora sono proprio curiosa di scoprire cosa hai da dire tu, Akahito Mori… eh no! Aveva solo pensato al suo nome per intero, il punto non è valido.
    Mi spiace, il tornado, le inondazioni e le cavallette dovranno aspettare.
    « Chi sei tu, Akacchan? »
    kkj
    MIRAI ISHIGAMI
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    AKAHITO MORI
    Decise di non rispondere ulteriormente rispetto all’insistenza che la giovane Vigilantes stava manifestando nei confronti del proprio futuro. Qualsiasi cosa le avesse detto, era abbastanza sicuro che a Mirai non sarebbe importato. Nell’ingenua determinazione con cui proferiva quelle parole, Akahito riusciva a scorgere una fiamma ardente... una fiamma che non era poi così tanto dissimile dalla propria, ma che in ogni caso in quel momento sentiva di dover limitare.
    Eppure non lo fece.
    Non avrebbe detto di nuovo a Mirai che era troppo piccola, troppo giovane per poter concretizzare i propri ideali: la sua apparente risoluzione parlava già molto chiaro e, dal momento che si rese conto che - in fondo - potesse comprenderla, si limitò semplicemente a scrutarla e fare spallucce.
    Non voleva tarparle le ali, dato che egli stesso non avrebbe mai desiderato che qualcuno lo facesse a lui. Mirai, probabilmente, avrebbe imparato a scontrarsi con la realtà e subirne le conseguenze, positive o negative che fossero, esattamente come stava sperimentando Akahito stesso da qualche anno a quella parte (benché avesse ricevuto principalmente delusioni).
    Sollevò un sopracciglio e scrutò l’altra con area perplessa, quando fece riferimento alle sue guanciotte. Quella ragazza stava tentando di metterlo in imbarazzo oppure continuava a reagire spontaneamente?
    «Addirittura molto più giovane? No, ne ho proprio ventidue.»
    Precisò, ma senza innervosirsi. In fondo era positivo sembrare più giovane... giusto?!
    La conversazione virò poi su argomenti più seri, cosicché Akahito iniziò a spremere quel poco di meningi che serpeggiavano nel proprio cervello al fine di formulare frasi sensate.
    Anche il nostro giovane erede Mori era un Mutant, esattamente come Mirai: la differenza tra lui e la ragazza era rappresentata dal fatto che la mutazione di Mirai era molto più evidente della propria, che si poteva definire quasi impercettibile. Non sapeva cosa significasse esser giudicati per la propria unicità, ma al tempo stesso era evidente che la fanciulla doveva esser stata giudicata soltanto perché il suo Quirk era evidente e visibile, così come diceva.
    Era assolutamente vergognoso, una forma di pregiudizio terribile ed ingiusta, oltre che totalmente infondata e priva di senso.
    «Il primo passo che dovresti fare, se vuoi diventare più forte, sarebbe quello di iniziare a fottertene delle persone e del loro giudizio. Non puoi prendere la strada della libertà se prima non ti liberi di tutto ciò che ti priva di essere libera.»
    Disse, indicando a quel punto i copri-orecchie.
    «Quelli, ad esempio, dovresti prenderli e buttarli nella spazzatura. Non devi aver vergogna di mostrare ciò che sei e soprattutto se vuoi aiutare le persone devi infondere in loro sicurezza. Come hai intenzione di farlo se sei la prima ad essere insicura?»
    Chiese, con i suoi soliti toni calmi ma al tempo stesso pungenti e penetranti. Akahito era sempre molto calmo nel parlare ma, spesso e volentieri, sapeva essere brutale, il che poteva rappresentare un pregio tanto quanto un difetto. In ogni caso, proferire quelle parole gli era venuto del tutto spontaneo, come al solito.
    «Io— non stavo dicendo seriamente, pensavo fosse evidente.»
    Rispose, quando Mirai finì quello sproloquio sul colore dei suoi capelli. Era stata una scenetta davvero esilarante, così come era stato simpatico il fatto che la ragazza avesse preso così seriamente quello scherzo e ne avesse costruito su un discorso. Un discorso decisamente carino e originale, però, non c’era che dire.
    Beh, forse per la Vigilante non doveva semplicemente essere comprendere se una persona scherzasse o meno, non riuscendo ad interpretare perfettamente i suoni.
    «Non mi tingerei mai i capelli. Il blu è il mio colore preferito, mi ricorda il mare.»
    Spiegò, volgendo per un attimo lo sguardo all’enorme distesa che aveva davanti, che però di blu ormai aveva ben poco.
    Dal suo canto, Mirai aveva dei capelli rossicci che quasi tendevano al rosa, mentre gli occhi erano dorati: decisamente dei colori simili a quelli del suo ex acerrimo nemico, poi diventato suo paziente, Hisoka Morow.
    Dopo aver conversato per un po’, i due avrebbero iniziato a mangiare e Akahito ne avrebbe approfittato per ingerire quante più pietanze possibili nel meno tempo possibile, in maniera tutt’altro che pacata, ma avendo la cura e il rispetto di lasciare tutte le dovute porzioni dell’altra. Akahito era arrogante e maleducato, sì, ma non fino a quel punto.
    E proprio mentre si prestavano a mangiare, i due avrebbero focalizzato il fulcro della discussione su argomenti ancora più seri rispetto a quelli affrontati poc’anzi. Argomenti che riguardavano principalmente Mirai, e il suo atteggiamento tanti enigmatico che il nostro Vigilante faceva ancora fatica a comprendere (d’altra parte si conoscevano da pochi minuti, cos’altro si aspettava?).
    «Ritenere di poter cambiare una persona è un’ideale nobile e perseguibile.»
    Esordì, oscillando lo sguardo tra la propria interlocutrice e il mare.
    Non poteva che essere d’accordo con Mirai su quel punto, alla fine lui stava facendo la stessa identica cosa con Hisoka, no? Aveva visto qualcosa in cui e aveva deciso di provare a cambiarlo, pur sapendo che quella sorta di incarico l’avrebbe sottoposto, probabilmente, ad una frustrazione non indifferente.
    «Ma devi decidere su chi applicare quell’1%. Devi selezionare attentamente a chi fornire la tua possibilità. Sei stata fortunata, comunque, perché non mi sto approfittando della tua gentilezza. Anzi, se avessi voluto ti dico che mi sarei alzato e me ne sarei andato, di solito non mi faccio nessun problema a riguardo e non mi importa di sembrare maleducato.»
    Aka: non preoccuparti perché se sono rimasto è perché volevo rimanere. Sì, il succo della risposta di Akahito era quello, in fin dei conti. Mirai si era rivelata una compagnia... non male, se così si poteva definire.
    «In maniera non molto differente rispetto a come le combatti tu. Solo che, al posto di essere ingenuo come te, io sono un po’ stupido.»
    Dichiarò, e anche quella volta non fu possibile apprezzare nessuna nota di ironia accompagnare le proprie parole. No, il suo volto continuava ad essere contratto, serio, così come le sue parole proferite con freddezza (si era dato del cretino seriamente, sì).
    «Intendo nel vero senso del termine, non mi sto prendendo in giro.»
    Aggiunse, giusto per essere più preciso. Nel frattempo, Akahito continuava a mangiare e, nel giro di poco tempo, avrebbe terminato quasi la totalità delle leccornie che gli sarebbero spettate, dando diverse volte modo di far comprendere a Mirai la propria soddisfazione, ben visibile nell’addentare quel cibo tanto buono.
    «Mh.»
    Grugnì, nel momento in cui Mirai gli fece quell’ultima domanda.
    «È difficile dirti chi sono, così come è difficile per te dire che potremmo somigliarci, benché potrebbe essere effettivamente così. Io però non sono di certo pazzo come te.»
    Quella fu una delle poche volte in cui la propria espressione virò in direzione di un sorrisetto, come per far intendere alla Vigilante che non fosse serio.
    «Non posso definirmi tanto facilmente, ma posso dirti che forse abbiamo punti di vista non poi così tanto dissimili.»
    Ammise, nonostante nelle proprie parole ci fosse incertezza. Già, in fin dei conti quei due ancora non si conoscevano proprio, si erano ritrovati lì per caso e altrettanto per caso avevano iniziato a parlare.
    «E posso dirti però che era tutto buonissimo, ho apprezzato molto. A te è piaciuta questa specie di merenda-cena?»
    Domandò, come per voler smorzare la leggera tensione che si era venuta a posare nel proporre argomenti così seri fino a quel momento. D’altra parte c’era la possibilità che Akahito non avrebbe mai più rivisto Mirai, perché doveva star lì a disquisire con lei di certi argomenti per tutto quel tempo?
    Il Sole, nel frattempo, era completamente sparito dietro l'orizzonte.

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    Si era domandata spesso come sarebbe stato fare un pic nic al chiaro di luna da condividere assieme a qualcuno.
    Beh, il pic nic c’era. Il chiaro di luna sarebbe giunto presto e qualcuno con cui condividere il cibo e la serata che poteva definire essere un …amico? O comunque una persona con cui condividere quella giornata giunta al termine c’era.
    Non sapeva spiegare la cosa, eppure le sembrava tutto stranamente normale.
    Si aspettava qualche sorta di strana magia, qualche sorta di strana sensazione … e invece nulla.
    Era tutto stranamente normale, e proprio per questo sembrava essere più piacevole di quanto se l’era immaginato – sebbene la figura imponente che le sedeva affianco potesse sembrare minacciosa, Mirai aveva compreso che in fondo in fondo in fondo era una persona con cui si poteva sentire a suo agio, con cui parlare senza alcuna sorta di barriera o di imbarazzo.
    Si era completamente lasciata andare, aveva abbassato ogni difesa e aveva semplicemente aperto il cuore ad un estraneo; tipico suo, eppure non poteva farci nulla.
    L’ingenuità, o stupidità, faceva parte della sua natura: usare il cuore prima della mente.
    Che fosse questo il motivo per cui si trovava bene con Akahito Mori?
    Perché entrambi – sebbene in modo un po’ diverso – avevano lo stesso modo di approcciarsi al mondo.
    Forse per questo era riuscita a togliersi quei grossi pesi dal cuore e tutto sommato quello che il ragazzo le disse poteva sembrare una cosa ovvia ma sentirselo dire a quel modo assumeva tutto un altro significato.
    Liberarsi di ciò che non la rendeva libera.
    Non è così semplice. pensò e nello stesso momento si ritrasse un poco con la testa quando Akahito le indicò il corredo che portava alle orecchie.
    « B-B-buttarli?! » chiese con una nota altissima come se le avesse detto che aveva due ragni giganti sopra la testa «… mh. » si massaggiò la testa con la mano che non teneva le bacchette e si prese qualche momento per rimuginare sulla verità che Akahito le aveva messo di fronte.
    « I-o… non sono insicura. » mentì mentre le sue guance si arrossarono un pochino, tasto dolente quello che aveva premuto « Ma chi prendo in giro. » disse alzando lo sguardo verso il mare « Penso che tu abbia ragione. ».
    Faceva male ammettere la verità, faceva male sentirsi dire quelle ovvietà da qualcun altro.
    Questo però era qualcosa che davvero le serviva: qualcuno che con schiettezza la mettesse di fronte alle sue debolezze per farne un punto di forza, per poter essere libera dalle sue stesse catene.
    « Hai proprio ragione. Dovrei migliorarmi, dovrei diventare più forte su tutti i fronti. Mi aspetta un sacco di lavoro… Sigh. » commentò sbuffando un poco con un lieve movimento delle spalle.
    « Direi che ti dona. Sì. » sghignazzò, pensando che il colore blu mostrava in parte un lato della sua personalità.
    Come il mare. Può essere burrascoso o agitato ma se gli dai tempo di calmarsi – come stasera – si mostra in tutta la sua bellezza. Interiore ovvio… no? ….ma che vado a pensare? arrossì leggermente e si schiarì la voce senza un’apparente motivo, come volesse scacciare l’imbarazzo e il flusso di pensieri.
    Pensieri che iniziarono a farsi leggermente più cupi pensando a quello che gli avrebbe detto.
    Sull’1% di possibilità.
    Era una cosa che si era sempre chiesta, se effettivamente seguire il cuore e l’istinto non l’avrebbero cacciata in guai molto grossi – come era già successo - e forse la fortuna, visto che Akahito l’aveva tirata in ballo, non sarebbe sempre stata dalla sua parte.
    « Perché… se trovassi qualcuno che ha bisogno di aiuto, tu, faresti distinzione? Io penso che una vita sia una vita. Non faccio e non farò distinzione perché penso che tutti meritino quel’1%. Apprezzo comunque il tuo consiglio, ne farò tesoro e vedrò di non cacciarmi nei guai. Heheh … » e poi si nascose tra le sue spalle pensando che Akahito Mori lì era rimasto e aveva accettato quella strana cena con lei perché in parte, forse, o almeno aveva letto così dalle sue espressioni, trovava piacevole parlare con lei.
    Preferì tradurre questo dal suo sguardo.
    « EEEHi. » continuò a guardarlo negli occhi mentre con tono piuttosto severo lo riprese per la risposta a quella domanda che la ragazza gli aveva posto « Non dovresti parlare in quel modo di te. Non sei stupido. Hai modi un po’ diversi di approcciarti allo stesso problema, ma questo non fa di te uno stupido. Dovresti rimangiarti quella brutta parola. Bakacchan. »
    Forse aveva raggiunto il limite che non poteva e non doveva varcare.
    Lo aveva appena sgridato per essersi dato dello stupido e lei stessa lo aveva appellato con un audace somma di “Baka”+”Akacchan”: se non se ne fosse andato per questo dopo aver sotterrato il corpo di Mirai sotto la sabbia, beh, poteva definirsi fortunata ad aver trovato davvero un buon amico.
    « Qualsiasi siano i tuoi metodi comunque, sei una persona con un grande cuore. Se questo significa essere stupidi, allora anche io lo sono. E ti dirò… » fece roteare un dito in aria come se stesse disegnando un cerchio con la punta dell’indice «… sono felice di esserlo e non mi cambierei per nulla al mondo. Quindi non cambiare neppure tu. – Migliorarsi, sì. Ma cambiare no, insomma… ecco… non trovi? » chiese cercando di mostrarsi saggia quanto lui.
    Tentativo altamente fallito, ma almeno ci aveva provato.
    Continuò a mangiare, boccone dopo boccone c’era una domanda che le frullava in testa da un po’ e si decise a parlare, a chiedere chi fosse davvero Akahito Mori.
    Non si aspettava quel genere di risposta che ricevette, forse perché non parlava con tante persone e non le era semplice fare amicizia – strano a dirsi.
    Così pose le bacchette sulla tovaglia come per concentrarsi del tutto sul ragazzo, senza avere distrazioni di odori o di cibo da masticare, o di cibo da sorreggere.
    Il ragazzo le esplicò come fosse difficile dirle chi era davvero e dire come loro due potevano avere cose in comune.
    « MPf. Pazza? Io? Ha parlato quello che ha fatto il bullo con una sedicenne. » sghignazzò scherzosamente alla provocazione.
    « Puoi dirlo forte. » disse la ragazzina mentre annuiva al fatto che forse i loro punti di vista non erano poi così tanto diversi « Questa battuta potevo anche risparmiarla. » si dette una manata sulla guancia perché “dirlo forte” ad una persona sorda equivaleva a non dire nulla.
    « Sai. Akacchan. Penso che in fondo tu sia molto simpatico. Un po’ sopra le righe, con qualche problema nella gestione della rabbia, ma credo che tu sia davvero un gigante buono. Sono le persone come te, e forse come me, che saranno un faro in mezzo alla notte per molta gente. » disse mentre i suoi occhi si persero nella vastità del mare che prendeva toni sempre più scuri come la sera che scendeva su di loro e trasse un profondo respiro.
    Un respiro come chi sta per tuffarsi in mare, come chi sta sulla soglia di compiere un’impresa epica.
    Portò entrambe le mani, tremolanti alle sue orecchie e con un gesto secco - come aveva compiuto in quel magazzino abbandonato - sganciò le piccole levette che aveva dietro le orecchie che tenevano saldo il corredo ad esse.
    Neanche si accorse di quello che il ragazzo le aveva detto a proposito di quella serata, se le stava piacendo quella serata, visto che ben altro per la testa aveva e che non prestava attenzione alle sue labbra.
    Con lo stomaco che si contorceva come se fosse in mare aperto sotto tempesta, staccò entrambi gli oggetti in ferro dorato e li prese in mano e li guardò come se fosse la prima vera volta in cui li poteva osservare.
    Si sentiva a disagio, sì, eppure un sentimento più forte e più vivo si faceva largo tra quella sensazione di malessere: leggerezza.
    Sorrise mentre i capelli che teneva scompigliati caddero sulle orecchie e su quei fori scuri che portava fin da quando aveva memoria e oltre.
    « Grazie, Akacchan…» aveva appena compiuto un passo che non pensava minimamente potesse fare. Abbandonò quelle fredde manette da un lato e lo guardò, con occhi lucidi colmi di gioia, gli era davvero grata « Mi hai reso libera. » poche parole che racchiudevano tutto.
    Voleva dimostrargli che nonostante tutto, qualcosa di buono – qualcosa di veramente importante per la vita di un’altra persona – lui l’aveva fatto.
    Era stato difficile, era un po’ fastidioso, si sentiva ancora a disagio ma si sentiva davvero libera di un fardello che la teneva relegata da molto.
    Forse se li sarebbe rimessi? Forse.
    Ma sarebbe stato più per una questione di scelta estetica personale, e non più timore di mostrarsi per ciò che era veramente Mirai Ishigami.
    « Ho un’altra domanda per te. » ci teneva davvero a farla.
    Si mise di fronte a lui e si schiarì la voce ma nessuna parola uscì dalle sue labbra.
    Furono i suoi gesti a parlare per lei.
    Era una cosa molto semplice e per nulla complessa ma che racchiudeva un grande significato – almeno per lei -.
    Eseguì i gesti che racchiudevano quella domanda lentamente come se fosse una sorta di rituale.
    Io l’indice della mano destra picchiettò sul petto della ragazza, le cui labbra si erano schiuse in un sorriso affettuoso.
    Tu continuò e senza neanche aggiungere strani movimenti ruotò la mano in modo che potesse indicare il ragazzo.
    Entrambe le sue mani poi andarono a congiungersi assieme, come se fosse una stretta di mano amichevole per poi alzarle ed abbassarle – sempre assieme- due volte.
    Possiamo essere amici?
    Ripropose la cosa se Akahito si fosse dimostrato interessato commentando ogni gesto con un tono giocoso.
    « Io – e te – possiamo essere amici? »
    Mirai aveva in qualche modo risposto alla domanda di Akahito, non nel modo in cui il ragazzo si aspettava, certo, ma quella era già una risposta su come quella serata e quell’incontro avevano fatto la differenza per lei.
    Sperava davvero di poter un giorno fare la differenza anche per lui.
    kkj
    MIRAI ISHIGAMI
    VIGILANTES » LIVELLO #2
    | FORZA: 11
    | QUIRK: 37
    | AGILITÀ: 27

     
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    AKAHITO MORI
    Era lieto che Mirai stesse iniziando a comprendere i propri limiti ed al tempo stesso quanto questi le impedissero di esprimere tutta se stessa: il primo passo per ricominciare da capo, per la Vigilante, sarebbe di certo stato quello di smettere di aver vergogna di ciò che era e di abbracciare sé stessa con tutte le proprie forze, compresa la mutazione che tanto la caratterizzava fin dalla nascita.
    Avrebbe dovuto fregarsene del giudizio altrui, camminare a testa alta ed essere orgogliosa delle proprie capacità e di ciò che poteva donare al Mondo: soltanto in questo modo Mirai sarebbe stata libera e soltanto in questo modo sarebbe stata capace di rendere gli altri liberi, così come desiderava fare.
    «I tuoi pensieri sono nobili, ma io credo - malincuore - che ci sia sempre qualcuno che non possa ricevere una seconda possibilità. C’è sempre qualcuno di irrecuperabile, qualcuno per cui ogni sforzo sarebbe vano e che non porterebbe altro se non ad un prolungarsi di atroci sofferenze.»
    Spiegò. Impegnarsi per redimere un criminale era il suo obiettivo, sì, ma se ciò si fosse rivelato inutile, non avrebbe fatto altro che fornire altro tempo al criminale di compiere altre bestialità. Per Akahito andava selezionato attentamente chi poteva ricevere una seconda possibilità e chi non. Anche perché, in fin dei conti, prevenire è sempre meglio di curare.
    «In realtà credo che ‘un po’ stupido’ sia proprio il termine che mi appartiene. E comunque non c’è niente di male nell’esserlo, è un dato di fatto ed è colpa delle persone se gli danno un’accezione negativa.»
    Spiegò, come al solito con tono calmo e paziente, ma anche molto freddo e distaccato. Akahito era perfettamente consapevole di non spiccare in intelligenza, ma in compenso basava gran parte delle proprie azioni su un intuito che, spesso, non lo tradiva.
    «No, infatti cambiare radicalmente è difficile secondo me, se non impossibile. Al contrario, convengo con te che migliorarsi è ben più che possibile.»
    Asserì, guardando l’altra fisso negli occhi. Niente da fare, quella sensazione di stranezza che aveva provato nei confronti di Mirai fino a poco tempo prima continuava a permanere e non l’avrebbe abbandonato nemmeno per un attimo durante l’arco di quell’incontro.
    Era così... gentile, che quasi lo faceva vacillare. Era una gentilezza a cui non era abituato, un atteggiamento che gli era del tutto estraneo: persino Sumiko, la governante di casa sua, non era così buona.
    «Neanche tu sei tanto male.»
    Si limitò a dire. Di certo Akahito Mori non avrebbe potuto manifestare nei confronti di Mirai la dolcezza che stava mostrando lei nei suoi, ma di certo poteva comunque far trasparire - almeno per un minimo - il piacere che aveva riscontrato nel passare una giornata inusuale e strana come quella. Sì, se c’era una parola per descrivere correttamente tutta quella faccenda, questa era di certo strana: era passato dall’insultare pesantemente Mirai fino al mangiare insieme a lei e farsi fare i complimenti sul proprio atteggiamento - e anche Akahito aveva finito per trovare la propria interlocutrice simpatica. Che situazione.
    Scrutò la figura di Mirai staccarsi dalle orecchie il corredo e, automaticamente, non poté che lasciarsi attraversare da un rapido brivido. Nonostante la conoscesse da poco, Akahito sarebbe stato perfettamente in grado di comprendere quanto quel momento potesse essere importante per lei e quanta difficoltà avesse fatto per liberarsene una volta per tutte. Come doveva sentirsi il nostro Vigilante a tal proposito? Poteva considerare Mirai una delle sue vittorie? Sebbene non fosse una Villain, aveva contribuito - anche in minima parte - a liberarla?
    Qualsiasi fosse stata la risposta, Akahito non sarebbe potuto esserne che felice, nonostante non lo desse a vedere.
    Le successive parole e gesti della fanciulla lo travolsero, sbloccando per un attimo quella sua espressione così tanto neutra e facendo sì che sul proprio volto aleggiasse un’aria vagamente stupita.
    Non sapeva se fosse Mirai, se fosse il modo con cui gli aveva proposto quell’amicizia, se fossero i suoi grandi occhi dorati lucidi, ma il cuore del nostro Vigilante dai capelli blu, per un attimo, parve sciogliersi.
    «Sì, possiamo essere amici.»
    Rispose, cosicché gli angoli della propria bocca si sforzarono per sollevarsi verso gli occhi, come per effettuare un accenno di sorriso. Non l’aveva poi forzato così tanto, in fin dei conti gli aveva fatto piacere ricevere parole simili e gli faceva altrettanto piacere aver aiutato qualcuno.
    Inconsciamente, Mirai si poteva considerare una delle sue prime ‘vittorie’ come Vigilante, sebbene fosse una ragazza del tutto normale (più o meno). Quella era la prima volta che aiutava davvero qualcuno e non poteva che essere orgoglioso di Mirai, in primis, e anche per sé stesso alla fine.
    Probabilmente non aveva tutti i torti: forse Akahito era davvero più efficace ad utilizzare le parole piuttosto che le mani.
    Il cielo era diventato quasi del tutto buio e le stelle avevano cominciato ad illuminarsi fiocamente. Da lì a qualche minuto più tardi sarebbero diventate ancora più intense.
    Nel frattempo, Akahito e Mirai si sarebbero salutati, scambiandosi rispettivamente i numeri, e avrebbero ripreso ognuno la sua strada.
    Ma non esattamente come prima di quell’incontro, no.
    Entrambi sembravano aver guadagnato qualcosa di importante.
    Qualcosa che, probabilmente, avrebbe leggermente modificato le proprie vite, da quel momento in poi.

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    Quella volta a Mirai era capitato Akahito, ma magari si sarebbe potuta ritrovare davanti qualcuno di ancora più fastidioso e offensivo.

    (X) Doubt

    Ahem, comunque, niente di particolare da segnalare. Un po' delirante la prima metà ma mi è piaciuto il risvolto finale su imperfezioni & insicurezze dei personaggi. Bravi.
    Avete inoltre fatto 23 post, quindi prendete il bonus.

    Akahito: +50exp +25exp
    Mirai: +50exp +25exp

    Chiudo :sparks:
     
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23 replies since 8/12/2020, 15:48   559 views
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