Butterfly Paralyzed

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    gin nakano
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    L'enorme vetrata del suo appartamento a Ueno era completamente tinta di blu. Nonostante il giorno particolare, Gin aveva deciso di recarsi comunque in aula studio per preparare i prossimi esami: onestamente dopo tutto quello che era successo allo scorso Halloween non avrebbe probabilmente festeggiato quella stupida festività occidentale per molti, molti anni a venire. Nonostante tutti i suoi tentativi di scordarsene, nonostante l'enorme aiuto che Sumire gli aveva dato nel tornare sereno, l'accaduto di quella sera non aveva mai lasciato la sua mente. Proprio quando era in procinto di farlo, la rivelazione che il SALEM era servito come una sorta di test per qualche farmaco infernale aveva nuovamente obnubilato il suo sonno con orribili incubi.
    Gli capitava spesso, infatti, di sognare e risognare l'accaduto di quella sera. Era difficile cancellare dai suoi ricordi il momento in cui aveva fatto esplodere la testa di un cadavere per sfondare un muro considerando che molti punti di quella serata non erano mai stati chiariti. Era un'illusione o era successo davvero? Aspetta, era una testa o era un braccio? Aveva fatto visita ai corridoi di quell'orribile manicomio così tante volte nei suoi incubi che ormai faticava persino a ricordarsi cos'era successo davvero e cos'era frutto della sua autosuggestione. Persino quella ragazza vestita da demonietto era stata consumata così tante volte dalle sue ore di sonno che, nel tempo, il suo volto si era sciolto e ormai non era che un'immagine di sé stessa, il volto sbiadito di una vecchia foto vista e rivista.
    Ovviamente quell'annuncio serale, tanto inaspettato quanto quasi ovvio, gli avrebbe fatto odiare l'ultimo giorno di ottobre probabilmente fino alla morte. Come detto, Gin si trovava in aula studio quando la televisione, la radio e gli schermi nelle vie del centro di Tokyo avevano iniziato a dichiarare lo stato d'emergenza invitando tutti a tornare al proprio appartamento. Quando si dedicava allo studio Gin era un ragazzo abbastanza ligio e, sebbene non spegnesse mai il cellulare e affini, era sempre solito togliere la connessione internet al computer dove prendeva appunti e capovolgere il telefono con lo schermo poggiato sul tavolo per non distrarsi. La notizia sfondò la porta dell'aula grazie ad un giovane ragazzo sconosciuto dalle sembianze simili ad un parrocchetto che, mosso da estrema benevolenza, decise di avvisare tutti i presenti della notizia appresa durante una pausa dallo studio per fumare una sigaretta.
    Per quanto gli piacesse definirsi coraggioso, il Nakano non voleva morire, specialmente ora che aveva trovato Sumire. Per evitare di ritrovarsi imbottigliato in mezzo al traffico nel ritorno verso casa e di morire accasciato sul marciapiede come un animale aveva deciso di recarsi all'appartamento di Ueno. Tutti i suoi coinquilini, decisamente più lungimiranti di lui, avevano deciso di prendersi una pausa dalla loro carriera universitaria e ritornare dai loro genitori: praticamente tutti abitavano lontano da Tokyo e avevano affittato quell'appartamento proprio per soggiornare in città per l'università. Solo Gin aveva deciso di utilizzare i soldi del suo lavoretto per quella casa sebbene i suoi vivessero a Tokyo alla ricerca di una maggiore trasandatezza indipendenza dalla sua famiglia nonostante tutto.
    Per questo motivo l'aspirante tatuatore stava ora osservando la vetrata dell'appartamento dipinta di blu. Era passata qualche ora dall'inizio di tutto: aveva osservato quei candidi insetti invadere il cielo della città e poi posarsi sugli edifici come fossero neve. Quando era uscito dall'università e aveva visto il cielo ricoperto da quel manto blu era rimasto terrorizzato ma era ridicolo come ora, vedendo quel centinaio di insetti poggiati sul vetro, osservando i loro corpicini brulicanti, fosse ancora più spaventato di prima. Aveva quasi paura di vedere una piccola scheggia formarsi sulla vetrata, per poi diventare un grosso graffio, per poi morire soffocato da quel gas nero che ora invadeva la città.
    Era notte fonda e il ragazzo picchiettava il pavimento del soggiorno con la punta del piede destro mentre, seduto su uno sgabello, i suoi occhi si spostavano freneticamente tra quel mare blu che offuscava la sua finestra e la tela bianca che aveva posto sul cavalletto di fronte a lui. Avrebbe voluto dipingere, ritrarre quell'orribile visione per esorcizzarla, ma le sue mani tremavano troppo per mettersi anche solo al lavoro.
    Aveva troppe cose per la testa, dalle più triviali a quelle più serie. Quanto ci avrebbero messo gli eroi a risolvere quella situazione? Non aveva chissà quanto cibo in casa, in tutta onestà non si era preparato a quella situazione. Sumire aveva ragione, era una persona disorganizzata e quello sarebbe stata la sua rovina. E lei che avrebbe fatto in quella situazione? Aveva sempre rispettato la sua decisione di non parlargli delle questioni riguardanti la scuola e la sua futura carriera e l'avrebbe rispettata anche ora, ma non era né stupido né sordo. Più tardi avrebbe scoperto che la UA e altre scuole avevano reclutato degli studenti su base volontaria per l'emergenza, e se c'era una maledetta cosa che sapeva di Sumire Murakami era che non si sarebbe mai tirata indietro. Ora, però, la sua preoccupazione era un'altra: per qualche motivo, da qualche ora il campo del suo telefono era completamente a zero e, allo stesso modo, ogni canale della televisione riportava lo stesso rumore bianco mentre una tempesta di nero e di bianco sembrava voler graffiare le retine di chi impugnava il telecomando.
    Non riusciva a contattare né lei né i suoi genitori e questo lo terrorizzava. Si sentiva isolato, chiuso in quella casa vuota come mai era stata. Lui lì, solo, con centinaia e centinaia di insetti alla sua porta che sembravano solo voler attraversare quel vetro e consumarlo. Quel tubetto di colore blu brillante che stringeva tra le mani, che di solito dosava con discreta sapienza, sembrava ora solo un antistress col tappo ancora a sigillarlo. Rimase a guardare quell'orribile spettacolo per ore senza muoversi, pietrificato, finché non decise di dirigersi in camera sua e concludere quella nottata.

    Coraggio, liberaci.



    Quell'orribile chimera aveva il volto di Sumire, il corpo di suo padre e la voce di sua madre. Stringeva il volto della bellissima giapponese dai capelli bianchi tra le mani ma il suo corpo era a qualche metro da lui, il collo sanguinante intasava la putrida acqua di un cesso. Quel sogno sembrava non volerlo lasciar andare. Sarebbe andata come al solito: il volto si sarebbe ricoperto di piccole macchie nere simili a delle bombe, lo avrebbe lanciato contro quella minuscola finestrella per poi affacciarsi nel vuoto di quell'orribile incubo. Solo, questa volta, il volto era quello della ragazza che amava.
    Il rumore della sveglia lo salvò da quell'orribile visione ma, a differenza di quando normalmente ci si desta da un incubo, non saltò in piedi di soprassalto. Aprì gli occhi, li stropicciò, allungò il braccio destro verso il telefono per controllare se fosse tornata la connessione. Ricevuta una risposta negativa, chiusi con forza gli occhi per la troppa luce dello schermo, si voltò nel suo futon, tirò le coperte più su e rimase così per ore, immerso nel buio pesto della sua stanza piena di CD e statuette di serie anime semi-sconosciute.
    Fu solo la fame a farlo alzare dal letto perché, nonostante tutto, se c'era qualcosa che funzionava in Gin era il suo istinto di sopravvivenza e autoconservazione. Strascicando i piedi a terra come uno zombie si diresse in soggiorno, e lì lo vide. Quel manto blu, squarciato in alcuni punti, rivelava delle sanguinolente ferite di colore rosso. Nonostante la paura della notte prima, scattò verso la vetrata fino a poggiarci mano e volto: il parco di Ueno, di fronte a lui, stava venendo divorato dalle fiamme. Se di norma il suo lato ambientalista si sarebbe infuriato per l'orribile visione di tutto quel verde che stava venendo dilaniato dalle fiamme dell'inferno, il suo cuore non poté che provare solo estrema e profonda paura in quel momento. Non era neppure detto che le due cose fossero collegate ma davvero quei terroristi erano disposti a tanto? Non si erano pavoneggiati dicendo di voler salvare il mondo? Quella era distruzione, non era un salvataggio. Chissà quante vite, specialmente non umane, si stavano spegnendo in quel momento.
    La visione gli tolse la fame ma gli attivò le mani. Cavalletto, tela e sgabello erano ancora lì da ieri. Si sedette e cercò di rappresentare quella visione il meglio possibile, come volesse ritrarla più nella sua mente che sulla tela. Centinaia di vite venivano consumate ad ogni secondo, persino quelle di quelle farfalle che tanto aveva detestato nelle ore prima. Sulla tela si accalcarono solo diverse mani di blu, nero e rosso: non era lo stile di Gin e sembrava quasi più un quadro astratto ma, in quel momento, aveva solo bisogno di impiegare le mani in qualcosa che non fosse spaccare tutti i mobili di casa ed uscire in una missione suicida a fare qualche cavolata di cui, nel caso fortuito in cui non fosse finito sottoterra, si sarebbe poi inevitabilmente pentito in futuro. Doveva stare calmo.
    Ad un certo punto della giornata, non troppe ore dopo l'orribile incendio, il suo telefono fu scosso da una serie interminabile di notifiche. Chiamate da parte dei suoi genitori, amici, parenti. Il campo sembrava essere tornato e anche la televisione, accesa repentinamente, dava le ultime news con una foto dell'orribilmente sfigurato parco di Ueno e il suo incendio ormai praticamente estinto, una visione che purtroppo poteva vedere benissimo guardando fuori dalla finestra.
    Si premurò di chiamare il più velocemente possibile i suoi affetti, rincuorandoli e spiegando la situazione. Nel frattempo la televisione spiegava che molte zone della città erano ancora irraggiungibili per qualche motivo sconosciuto. Era per questo che anche lui non era riuscito a contattare nessuno prima di quel momento? Sperava solo che tutto sarebbe finito il prima possibile.

    Difficile quantificare il tempo espresso nel suo desiderio. Erano ormai passati tre giorni: tre giorni di cibo in scatola e paura osservando la finestra coperta dalle farfalle, di messaggi erratici da parte di Sumire, di paura e timore per il suo stato. Molti eroi avevano affrontato pericoli inimmaginabili e anche se ora le cose erano un po' più chiare ancora non si sapeva quando tutto avrebbe avuto una fine. Quei pilastri che diffondevano il gas, i disturbi nelle comunicazioni, l'idea che qualcuno potesse persino cercare di trarre vantaggio da quella situazione svaligiando i negozi, le persone rinchiuse nei love hotel... tutto sembrava così surreale, come se fosse ancora in qualche orribile sogno alcoolico.
    Aveva deciso di continuare nella sua opera di disegno della città e dei suoi cambiamenti, come se volesse ricordarsi quei giorni per sempre come monito di chissà cosa. Forse, invece, aveva paura di rimanere chiuso lì dentro così tanto da perdere la cognizione del tempo e che solo quei dipinti, uno per giorno, potessero ricordargli quanto tempo era passato. Purtroppo la concentrazione, vista la situazione, era quella che era. La sua maggior preoccupazione era proprio l'aspirante eroina: ogni volta che non riceveva un suo messaggio si chiedeva se non fosse forse di qua o di là assieme a chissà quale agenzia per eroi cercando di fare del suo meglio. Sapeva che sarebbe dovuto essere fiero di avere una ragazza simile ma, in fondo al suo cuore, non poteva che avere paura di perderla. La situazione era più che seria là fuori e il reportage delle perdite del giorno alla televisione era spaventoso. Ancora più spaventoso era il fatto che molte delle vittime non fossero a causa di quel farmaco letale ma semplicemente della malvagità delle persone che non sembrava avere un freno neanche in una situazione simile.
    Verso l'una di notte gli arrivò un messaggio strambo, ma si rese conto della sua atipicità solo dopo quando, dopo averlo accolto con un sorriso e aver risposto con ironia, non ricevette alcuna risposta. Aspettò tre o quattro ore in piedi, per poi abbandonarsi al letto nonostante la mancata risposta.

    Coraggio, liberaci.



    La mattina dopo, il suo messaggio era ancora l'ultimo di quella chat. Controllò la conversazione non appena aperti gli occhi, che poi si richiusero, aggrottando le sopracciglia. Perché quella dichiarazione d'amore suonava tanto come un addio? La risposta gli giunse più tardi quando tra una notizia di aggressioni a Shibuya e una di una scolaresca finalmente salvata dallo Zoo di Edogawa, due studenti della UA sembravano aver trovato il dottor Hanzo Takashi al Palazzo Imperiale. L'uomo pareva aver litigato con un collaboratore e aver dichiarato la resa pur sfuggendo alle autorità. Il giovane a capo delle operazioni sembrava lavorare per l'agenzia fondata da un'eroina francese Providence e Gin aveva abbastanza bene in mente chi potesse essere e chi fosse la compagna al suo fianco. Lì per lì non era neppure arrabbiato col signor Uova di Pesce ma non poteva certo giurare sarebbe riuscito a controllarsi al loro prossimo incontro. Quando dopo qualche giorno le farfalle si decisero finalmente ad abbandonare la sua finestra, probabilmente accasciandosi a terra prive di vita, la città che si vedeva dall'ampia vetrata del suo appartamento di Ueno era profondamente cambiata rispetto a qualche giorno prima e non parlava solo della distesa di nero carbone che ora aveva preso il posto del polmone verde della città.
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    YUNG LEAN · Butterfly Paralyzed



    Edited by Ryuko - 15/2/2021, 13:36
     
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    Lì per lì non era neppure arrabbiato col signor Uova di Pesce ma non poteva certo giurare sarebbe riuscito a controllarsi al loro prossimo incontro.

    VIECCE 1V1
    Molto carina.

    Gin: +25exp

    Chiudo~
     
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1 replies since 18/1/2021, 16:21   114 views
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