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Combattimento -- .Dim (Akahito Mori) x Stan (Hisoka Morow)

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    A Shibuya c'è una casa maledetta.

    All'apparenza sembra normale. Due piani, un bagno, due camere da letto, uno studio, cucina e salotto in open space. Simile alle altre del quartiere residenziale... Sta proprio lì l'insidia, nella sua banalità. Non salta all'occhio, non si fa sentire. Chi penserebbe un'abitazione così tranquilla possa ospitare crimine e morte?

    Dalla malvivenza ci nasce, dopotutto. È proprietà della famigerata organizzazione criminale Aogiri, seppur le carte mostrino tutto in regola. Fatto sta che l'immobile è sotto il loro ombrellone di possedimenti, e per un paio d'anni ha fatto ospite ad una Consigliere del gruppo.

    Fino a che non venne uccisa all'interno, per mano dei suoi stessi collaboratori.

    Il carnefice della donna seguì nelle sue orme ed "ereditò" la residenza. S'addormentò molte volte sul divano davanti alla quale la donna morì, accarezzando due gattini, sognando una ragazza dai capelli rosa... Anche lui soffrì lo stesso cruento destino. Come l'anello di una oscura e invisibile catena.

    Chi sarà il prossimo a viverci?

    I più scaramantici ipotizzerebbero l'omicida del proprietario sia destinato a rimpiazzarlo, seguirlo al sacrificio per soddisfare quel luogo malvagio. Uno scettico smonterebbe il tutto come una banale coincidenza. Chi può dirlo con certezza?

    Eppure, un fantasma infestava veramente quelle mura. Reale, tangibile, anche per un miscredente. Un morto fatto in carne ed ossa.

    La quarantena di Tokyo era da poco giunta al termine. Presto, qualcuno avrebbe fatto visita a quella casa, per controllarla, e soprattutto sistemarla in vista di chi l'avrebbe occupata. Avrebbero trovato un bel lavoretto tra le mani: Due mesi di completo disuso. Polvere su ogni superficie, muffetta nelle zone più nascoste dalle poche fessure che trapelavano luce, ragnatele agli angoli.

    Addentrandosi, magari salendo alla camera da letto... Chiunque poteva mettersi faccia a faccia con lo spettro. Un uomo che giaceva sul materasso disfatto di un letto sporco. Una volta, quello era il suo materasso.

    La trascuratezza della sua ex-abitazione viene riflessa in lui. Da vivo era magro, ma non così tanto. Profonde occhiaie, capelli lunghi, crespi, e unti, una puzza di marcio che avvolgeva l'intera stanza. Era odore di morte e carcassa... O semplicemente non si faceva una doccia da qualche tempo? Nel gelo della stanza i suoi respiri accennavano nuvolette condensate, ancora l'apparizione manteneva funzioni biologiche.

    Però non c'era dubbio, era morto.

    Altrimenti perché avrebbero dovuto tagliare acqua, gas, e luce? La casa era disabitata, ovviamente. I proprietari avevano ucciso il residente loro stessi... Eppure, testardo e ostinato come al solito, Hisoka Morow si trovava sempre dove non era benvenuto.

    ♦ ♣ ♥ ♠

    I lieti fine funzionano solo quando... Beh, c'è una fine.

    Se fosse morto sarebbe stato un finale tragico, ma almeno un "The End" poteva mettercelo. La sua storia non era terminata, ciò poteva significare soltanto una cosa: Sarebbero arrivate altre sofferenze.

    Fu anche lui vittima dell'ottimismo iniziale, doveva ammetterlo. Aveva avuto un'epifania. Magari non nel più indolore dei modi, ma voleva concentrarsi sui risultati. Raggiunse casa con passo affrettato ma leggero, ansioso di ritrovare la sua amata. Non ebbe problemi ad ignorare totalmente le braccia morte.

    Spalancò la porta, chiamò il nome di lei... Senza risposta. Una ragazza e due gattini mancanti all'appello, cosa doveva pesare? Solo il peggio.

    Corse al telefono di casa con più ansia di quando aveva i coltelli avvelenati nelle carni. Disponeva solo del naso per digitare. Dimenticò il livido in faccia, nemmeno registrò il dolore in retrospettiva lancinante. Non ci si era messo apposta, ma il numero di Morrigan era l'unico che avesse mai memorizzato.

    Invio.

    Squilli.

    Preghiere a Divinità in cui non credeva.

    ...Poi, la risposta.

    Stavano bene. Tutti e tre. Tirò un sospiro di sollievo e rise di se con amarezza. Era stato lui stesso a prometterle sarebbe tornato al mattino, no? Infranto il giuramento, poteva biasimarla per aver presunto il peggio? Non appena gli Hero liberarono una zona sicura, fece le valige, prese Haley e Dempsey, e non esitò a trasferircisi. Lì rimase fino al risveglio del Mago.

    Era una ragazza sveglia, aveva fatto tutto nella maniera giusta, la situazione era volta al meglio... Ma cos'era quello sconforto?

    « Capisco. »

    Le disse, enigmatico. Le chiese anche se avesse potuto tenersi i mici per un po', finché le cose non si fossero calmate.

    E attaccò per primo.

    Cercava in tutti i modi di ritagliarsi del tempo con lei, la voce della donna era la sua melodia preferita. Nonostante ciò, fu lui a chiudere la chiamata, senza troppi indugi.

    A due mesi di distanza ancora ci ripensava, confuso dalle proprie azioni. Sdraiato sul letto – avvolto dal gelo che sconfisse i termosifoni disattivati – non faceva altro se non pensare.

    ♦ ♣ ♥ ♠

    Davvero erano trascorsi due mesi? Strano notarlo. Il tempo stesso aveva perso di senso da un bel po', simultaneamente gli era parso un attimo, e interminabile. Il paradosso d'essere paralizzati mentre il mondo continua a muoversi, come una roccia che disturba un fiume. Due mesi incastrato in quello stallo. Quel duello tra se e se, che non trovava soluzioni se non pareggi.

    « VOGLIO VIVERE » si era detto.

    Quant'è facile esprimere sentimenti romantici e poetici. Ben più ostica è la pratica. Era sopravvissuto, Morrigan era messa in salvo... Si sentì alquanto stupido realizzando che non avesse pianificato oltre quel momento. Trasportato dalle emozioni, tra Shinya e Hayato, si era messo in testa un paraocchi di pietre preziose.

    Tutti prima o poi raggiungiamo il classico momento di: "E ora?"

    Hisoka ancora non trovava risposta.

    L'avevano spaccato a metà, in due opposti inconciliabili. Esistevano da sempre, per quanto lui lo negasse, ma una parte prevaleva sempre sull'altra. Adesso si trovavano in esatto equilibrio. Forse Aogiri avrebbe dovuto spezzarlo di più? O forse quello era il suo Limbo, e non aveva modo di scamparla. Quando non ti meriti Inferno o Paradiso, finisci nel Vuoto Cosmico.

    Non si alzava quasi mai dal letto, se non per mangiare e bere un minimo, e prendersi abbastanza cura di se da tenersi in vita. Sarebbe stato imbarazzante morire dopo tutto il casino che aveva tirato su per scamparla... Sempre se la sua situazione poteva chiamarsi vita.

    Ogni mattino, ciò che lo portava a compiere quel primo passo giù dal materasso erano le sue ambizioni. Le sue sfide. E ancora esse lo chiamavano, invitavano il Giullare a raccogliere i frutti di quel momento unico nella storia di Tokyo. Era all'epicentro di tutti quegli avvenimento interessanti, quante situazioni eccitanti avrebbe potuto spremere...

    Poi, l'altra parte di se si metteva all'opera.

    Quella che gli diceva il primo passo dovesse essere verso Morrigan. Infischiarsene di tutta Tokyo, e raggiungerla. Magari anche trovarsi un telefono nuovo, erano due mesi che nessuno sentiva di lui. Né la ragazza, né Shion, né Akahito o Haya– No, lui non serviva.

    Non poteva seguire una metà senza tradire l'altra. Uccidere metà di se. Non c'era modo di avanzare, tantomeno di retrocedere. Era bloccato. Se avesse raggiunto le persone a cui pensava di tenere, il pensiero di tutto ciò che avrebbe potuto fare nel frattempo l'avrebbe tormentato senza dargli pace. Se si fosse sbizzarrito come solo un Villain può fare, la sua notorietà avrebbe garantito che al primo passo falso fosse identificato e rintracciato. Senza la protezione dell'Albero sarebbe stato separato – forse per sempre – dalla vita che aveva pianto per tenersi salda.

    E la cosa peggiore? ...Morrigan aveva messo per sbaglio in borsa la sua scorta di XSQ.

    Non poteva manco drogarsi per dimenticare un po' i problemi.

    Hisoka Morow

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    Edited by Stan - 20/1/2021, 03:59
     
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    AKAHITO MORI

    C'era una ragione ben specifica se Hisoka Morow non era morto nella Pogoda di Asakusa, qualche tempo prima.

    Perché ucciderlo era sempre stato compito di Akahito Mori.

    Ed il Vigilante avrebbe posto fine alla vita del Villain quella sera stessa.


    Già, Hisoka non aveva rispettato i patti. Gli aveva concesso ben tre mesi di tempo per cambiare rotta; tre mesi in cui gli aveva fornito tutto il supporto morale di questo Mondo (sì, come no), dei vestiti costosi e dei consigli a dir poco preziosi.
    Ed era stato ripagato col nulla.
    Sì, perché da quei maledetti primi di Novembre che Hisoka non aveva più risposto ad un suo messaggio.
    Era totalmente sparito nel nulla e Akahito avrebbe fatto non molta fatica a credere che fosse morto durante l’attacco delle Farfalle, se non avesse sentito qualche voce - alquanto attendibile - riguardante il fatto che il jester (se così poteva ancora essere definito) si trovasse nella zona di Shibuya.
    Inaccettabile.
    Akahito avrebbe di gran lunga preferito che Hisoka fosse morto, piuttosto che venire a conoscenza della realtà dei fatti: lo stava ignorando.
    Aveva deciso di scaricarlo, dopo tutto quello che aveva fatto per lui. Evidentemente era ricaduto nel baratro del suo essere un Villain di merda e aveva pensato bene di abbandonare il giovane erede Mori.
    Povero illuso.
    Davvero credeva che Akahito si sarebbe arreso così facilmente?
    Tre mesi erano passati.
    Hisoka non aveva dato cenni di cambiamento.
    I patti erano fin da subito stati chiari e incontrastabili, per cui non c’era altra scelta: avrebbe ucciso Hisoka Morow quella sera stessa, per il termine di scadenza e il mancato soddisfacimento delle sue richieste.
    Peccato.
    Aveva visto una luce nel criminale, uno scorcio di speranza, ma per l’ennesima volta si era sbagliato.
    Era stato un ingenuo, sì, ma quella sera avrebbe riparato al danno che aveva commesso nel riporre fiducia in un Villain, uccidendolo.
    Non fu troppo difficile venire a conoscenza della nuova abitazione di Hisoka, quando si possedevano le giuste conoscenze ed il giusto denaro, e questo Akahito Mori lo sapeva bene (per non parlare del fatto che la figura di Hisoka Morow iniziava ad essere un bel po' conosciuta).

    Raggiunse la casa che gli era stata indicata dal suo contatto e la scrutò con attenzione, notando che sulla parete esterna erano alcune strutture che gli sarebbero potute tornare molto utili per raggiungere il piano superiore dell'abitazione.
    No, non aveva alcuna intenzione di bussare alla porta. Era probabile che Hisoka ne avrebbe approfittato per fuggire, se davvero fosse stato nell’appartamento: doveva coglierlo di sorpresa. Avrebbe fatto il suo ingresso nell’appartamento dalla finestra, sperando che questa fosse stata aperta.
    Akahito, a quel punto, si infilò la propria maschera a forma di testa di cinghiale (una nuova, naturalmente, cucita appositamente per lui, dal momento che quella vecchia era andata perduta nello scontro con Laguna e Melissa) ed iniziò a scalare la parete, aggrappandosi a qualsiasi cosa avesse attorno e salendo sempre di più.
    Nella scalata, il Vigilante venne improvvisamente colto da un fiume di pensieri. Prendere Hisoka di sorpresa sarebbe stato sicuramente efficace, ma sarebbe poi stato in grado di ammazzarlo, quando se lo sarebbe ritrovato davanti? Provava ancora pena nei suoi confronti? Poteva, il suo senso di pietà, frapporsi tra se stesso e la visione del cadavere dell’ex membro di Aogiri?
    No.
    Akahito non avrebbe esitato.
    Non aveva alcuna pietà nei confronti di chi si approfittava della sua bontà, del suo così essere caritatevole anche nei confronti di un caso disperato come lui. Non gli importava nulla dei soldi che aveva speso per Hisoka, giusto per intenderci: ne aveva così tanti che se Hisoka glieli restituisse o meno, poco gli cambiava. Ciò di cui gli fregava, piuttosto, era semplicemente l'esser stato imbrogliato da una persona che Akahito aveva quasi potuto ritenere una sorta di... alleato?
    Perché? Perché aveva avuto, anche solo per un attimo, che Hisoka potesse rappresentare qualcosa del genere per lui? Uno schifoso Villain non avrebbe mai potuto essergli utile in qualcosa e purtroppo l'aveva compreso tardi.
    Scalò rapidamente la parete, nascosto dal buio della notte fonda, e quando raggiunse una finestra si aggrappò a quest'ultima con vigore, tirandosi su e atterrando senza particolari problemi all'interno dell'abitazione: la finestra era fortunatamente socchiusa.

    Una volta entrato in casa, il Vigilantes avrebbe cercato di muoversi quanto più silenziosamente possibile, accedendo direttamente al corridoio del piano superiore: per tutto il tempo che girò per quella casa, il nostro giovane giustiziere non poté fare a meno di pensare che quell'appartamento sembrava cadere a pezzi. Sembrava una sorta di topaia, piuttosto che una zona vivibile.
    Lanciò un occhio all'ingresso e si spostò poi nelle due camere da letto, di cui una vuota. Nell'altra, invece, sembrava esser presente qualcuno... o qualcosa, a giudicare dalle sue condizioni. Akahito scrutò la figura dell'ex-Caporecluta dallo spiraglio che gli concedeva lo stretto spazio fra la porta socchiusa e la parete adiacente.
    Ma che accidenti gli era successo? Quello era Hisoka Morow? Beh, fisicamente gli somigliava di certo, ma... ecco, c'erano diversi elementi che cercavano di distoglierlo dalla realtà dei fatti che delineava chiaramente il fatto che il Villain fosse proprio quello.
    Akahito scossò il capo, decidendo di lasciarsi alle spalle quelle inutili congetture e concentrandosi sulla preda. Negli ultimi tempi aveva imparato a muoversi in maniera più scaltra, più furba e più silenziosa, senza mettere in atto le sue solite sceneggiate da bambino piagnucolone, per cui era probabile che - almeno fino a quel momento - Hisoka non si fosse accorto di lui.
    Ma durò poco.
    La porta della camera di Hisoka si sarebbe spalancata ed il Vigilante avrebbe fatto il proprio ingresso. Si tolse dal capo la sua maschera da cinghiale e la lasciò cadere per terra, mostrando i suoi disordinati capelli blu e gli occhi verde smeraldo carichi di odio e di rabbia nei confronti dell'altro presente. Non indossava nessuna maglietta, il torso era nudo ed il pantalone era ricoperto da una folta pelliccia sintetica colore blue scuro; al piede, come al solito, indossava semplici sandali. Se Hisoka si fosse impegnato, avrebbe notato che negli occhi di Akahito brillava una luce leggermente diversa dal solito, ma date le sue condizioni era difficile che potesse accorgersi di quel cambiamento tanto impercettibile.
    «Lurida feccia che non sei altro.»
    Avanzò rapidamente verso Hisoka e, se questo non si fosse opposto, gli avrebbe afferrato violentemente la spalla e l'avrebbe strattonato a sé, per poi sollevare il braccio destro e chiudere la mano in un pugno. Digrignava forte i denti ed i suoi occhi fiammeggiavano, manifestando tanta delusione e ira, oltre che disperazione.
    «T-Tu... Hai tradito la mia fiducia, bastardo!»
    La voce gli tremava, ormai l'adrenalina aveva preso ad invadere il proprio circolo sanguigno e non dava alcun accenno a volersi placare. C'era qualcosa di strano nel trattare in quel modo un Hisoka che non sembrava Hisoka ma Akahito decise comunque di proseguire con le proprie azioni. Chi glielo diceva che quella non era soltanto una strategia per disastrarlo? E se magari Hisoka si fosse già accorto da prima della sua presenza nell'appartamento?
    «E sai bene quali sono le conseguenze.»
    Continuò, mentre i propri occhi si facevano lucidi. Non sapeva neanche lui il motivo preciso, non riusciva a controllarsi. Ma perché si sentiva così agitato? Di solito non aveva alcun riguardo nei confronti dei criminali che affrontava, eppure quella volta la situazione sembrava diversa.
    «Q-Quali sono le tue ultime parole, Hisoka Morow?»
    Domandò, balbettando e con gli occhi sempre più lucidi, mentre dal margine posteriore del braccio sollevato iniziò a fumare un po' di vapore, ma non a sufficienza da poter già assaltare il Villain.
    Voleva dargli qualche ultimo istante di vita.
    O forse voleva fornir l'altro di qualche secondo per dargli delle spiegazioni.
    Una sola ragione per cui avrebbe dovuto ingannarlo come aveva fatto.

    LIVELLO #3 ❖ scheda ❖ VIGILANTES ❖ code ©

    CITAZIONE
    Akahito Mori
    LV. 3
    Energia: 175 - Forza: 44 - Quirk: 69 - Agilità: 37
    Peso: 0/4

    Danni: \\
    Tecniche utilizzate: //
    Equipaggiamento: //
     
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    Per quanto la giornata d'Hisoka avesse poca varietà, notava sempre la differenza tra il giorno e la notte. Non per la semplice illuminazione, ma ciò che essa portava con se. Steso lì nel buio, rischiarati solo dalla luna e i lampioni che intrudevano attraverso il vetro, la quiete notturna lo avvolgeva... E sentiva come non fosse più Hisoka. Era parte dell'ambiente, una comparsa, uno sketch nel background.

    Tutto ciò che aveva sempre odiato.

    Se il vecchio Hisoka fosse entrato in camera da letto probabilmente avrebbe faticato a distinguere dove finiva il materasso e iniziava la persona. L'essere sul letto era un'outline vuota, che qualcuno avrebbe dovuto colorare, ma nessuno se ne sarebbe preso briga. Era destinato a rimanere un abbozzo incompiuto, parte del paesaggio, un'ombra nel buio.

    Non credeva nell'aldilà, era consapevole una volta giunta la sua ora sarebbe semplicemente svanito... E si chiedeva se non stesse già assaggiando l'oblio. Immerso in un infinito vuoto, privo d'animo, privo di volontà, il tempo che gli passava attraverso come un'entità immateriale. Che fosse un'anteprima?

    Né più né meno. Né positivo né negativo. Né caldo né freddo. Niente scelte. Niente contraddizioni. Empty.

    Forse era quello il suo destino, l'unico modo per porre una fine a quello stallo infin–

    « Lurida feccia che non sei altro. »

    Un secchio d'acqua fredda.

    L'ex-Caporecluta giaceva sul materasso all'inverso, tenendo la testa leggermente sporta oltre il bordo, gli bastò aprire gli occhi e uscire dalla sua trance per avere quella figura davanti, seppur capovolta.

    Perché l'aveva percorso un panico simile? Non era la presenza di Akahito in se, sarebbe potuto essere chiunque... Era una rottura della sua routine, dell'equilibrio. Non si ricordava manco come fosse vivere fuori dallo schema che s'era ritagliato.

    La bilancia si disallineava.

    « Aka... »

    Tre lettere sussurrate, e bastarono a mandargli la gola in fiamme. Non era più manco abituato a parlare, e bevendo poco era secchissimo. Qualcosa di così naturale, innato, come pronunciare parole, gli veniva difficile. Stava seriamente cadendo a pezzi.

    E la voce non era l'unica cosa a mancargli. Akahito avrebbe sradicato dal letto un Hisoka che non s'opponeva, si fece posare al pavimento come un sacco di patate... Non aveva le forze per dimenarsi. Il suo corpo ne avesse subita una di troppo. Stava pagando il conto salato di una vita a prendere botte in faccia.

    Il suo outfit casalingo era simile a come s'era presentato il Cinghiale – netto contrasto al loro ultimo incontro – petto esposto, un paio di pantaloni trasandati, nessuna calzatura. Il Vigilante avrebbe notato le sue più recenti aggiunte ai "trofei", quattro pugnalate cicatrizzate alle spalle, la quinta gemella allo stomaco.

    Dalla fatidica serata ad Asakusa... Il suo corpo non era più lo stesso.

    Anche prima d'essere in condizioni penose, notò di essere più debole, meno reattivo, non aveva la stessa stamina. Il Veleno di Shinya l'aveva risparmiato, ma lasciando un'impronta indelebile su ogni fibra del suo corpo. Se lui e Hayato l'avessero visto in quel momento i loro dannati sorrisi si sarebbero incurvati più del solito.

    « Hai tradito la mia fiducia, bastardo! »

    Manco riusciva a prestare troppa attenzione all'assalitore. Guardava in sua direzione con occhi spenti, vuoti, e un'espressione che non lasciava trasparire nulla se non stanchezza. Voleva tornare nella sua routine. Sdraiarsi sul letto, e lasciar che la vita scorresse.

    D'istinto portò le mani al polso di lui per scostarselo di dosso... Eh, avrebbe voluto. Ma non riuscì. Ancora si dimenticava d'aver perso le braccia, per quanto raramente si ritrovava a usare nel suo stato attuale. Non gli causavano più quel dolore lancinante, poteva alzare leggermente gli avambracci, lentamente, con fatica... Ma le mani erano blocchi di marmo pesanti e inermi. Akahito avrebbe fatto da spettatore a quella scenetta patetica. Il temibile Villain che manco riusciva a raggiungergli il braccio prima d'arrendersi allo sforzo.

    « Quali sono le tue ultime parole, Hisoka Morow? »

    Hisoka Morow.

    A Hisoka piacevano le carte.
    Non aveva più le mani per giocarci.

    A Hisoka piacevano i trucchi di magia.
    Non aveva più le dita per giostrarcisi.

    A Hisoka piacevano le sfide.
    Non gli erano più disponibili.

    Hisoka si prendeva cura della sua aesthetic Jester.
    Non si faceva manco una doccia da chissà quanto.

    Cos'era effettivamente rimasto di Hisoka Morow in quel guscio vuoto?

    Prese qualche attimo per bagnarsi la gola, deglutire per bene, prepararsi a dover emettere suoni ancora una volta. E in quel tempo, lasciò che le parole di Akahito aleggiassero solitarie nella stanza.

    Poi... Avrebbe riso.

    Solitamente le risate dell'ex-Mago rassomigliavano una iena che accerchiava la propria preda. Quella notte erano i richiami sofferenti di un animale ferito, per quanto la differenza fosse sottile ad un orecchio non allenato. Manco durò come una sua risata classica, si spense in un sussurro esausto dopo poco.

    Hisoka rideva un sacco.
    Non ci riusciva più.

    « Sei un po' in ritardo per uccidermi. »

    Gli sibilò senza manco guardarlo, lasciandosi cadere da vero peso morto, stava allo stesso Akahito che l'aveva portato giù dal letto sorreggerlo... Probabilmente gli sarebbe sembrato di trascinare in giro una salma.

    Hisoka Morow

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    AKAHITO MORI
    Un corpo senza vita.
    Ecco cosa, ad Akahito, sembrava maneggiare, mentre scuoteva la spalla del Villain, che cadde per terra come se fosse un cadavere.
    Non lo aiutò.
    Restò, per un attimo, interdetto, scrutando quella figura che si discostava totalmente dall'Hisoka Morow che aveva conosciuto diversi mesi fa. Ma che cosa gli era capitato? Sembrava debole, trascurato, faceva quasi pena (e tra l'altro puzzava abbastanza).
    Nonostante ciò, il ritorno della consapevolezza di ritrovarsi di fronte il Villain che l'aveva ingannato tornò ad insidiarsi tra i pensieri del giovane Vigilantes con fare prepotente, scacciando qualsiasi altra riflessione potesse compiere in quel momento.
    E poi, perché doveva credergli?
    Perché doveva credere che lo stato in cui si trovava Hisoka fosse effettivamente reale? L'ex-membro di Aogiri era estremamente furbo, Akahito non avrebbe fatico a credere che questo avesse potuto improvvisamente scattare in sua direzione ed ucciderlo nel giro di pochi istanti.
    Sì, doveva decisamente resistere, mantenere la calma e rimanere all'erta, ma... come?
    Era agitato.
    Lo si vedeva dai suoi occhi, lucidi, da cui le lacrime sembravano quasi debordare.
    Dal suo braccio sollevato a mezz'aria, tremolante, il cui pugno era diretto verso Hisoka.
    Dai suoi movimenti, rigidi e spaventati.
    Ma perché? Perché accidenti doveva sentirsi così, di fronte ad un Villain di merda?
    In quel momento Akahito non riconosceva Hisoka.
    E, ciò che l'uomo non conosce, lo spaventa.
    E la paura istiga a reagire in maniera sconsiderata.
    «Sono in ritardo?»
    Ripeté, alzando la voce ma non abbastanza da sbraitare. L'ultima cosa che desiderava era attirare l'attenzione, benché fosse difficile dal momento che si trovavano in un'abitazione isolata.
    Nel frattempo, comunque, il Villain aveva preso persino a ridere.
    Una risata che ferì l'animo di Akahito - già abbastanza compromesso - più del dovuto.
    Non solo stava facendo finta di nulla, ma si stava anche permettendo di prendersi gioco di lui.
    «Che cosa intendi, cretino!?»
    Domandò, impetuoso, stringendogli ancor più forte la spalla. No, Akahito non era mai stato molto sveglio e persino in quell'occasione non riusciva a comprendere appieno ciò che Hisoka aveva voluto dirgli con quella frase. Inoltre, si trovava in uno stato di agitazione tale che il solo pensare l'avrebbe confuso ancor di più.
    «Non mi prendere per il culo. TU...»
    La voce gli tremava, Hisoka se ne sarebbe accorto senza alcuna difficoltà.
    «Tu...»
    Ripeté, balbettando e bagnandosi velocemente le labbra, mentre sentiva la gola seccarsi sempre di più dall'ansia.
    «TU MI HAI GIÀ PRESO ABBASTANZA PER I FONDELLI!»
    Esclamò, cosicché dalla porzione posteriore del proprio braccio fuoriuscì una quantità di vapore tale che fece da buon propulsore al pugno che si sarebbe schiantato sulla guancia di Hisoka, nonostante Akahito continuasse a tenerlo ben saldo per la spalla. Con ogni probabilità quel colpo gli aveva fatto poco e niente, ma lo scopo del Vigilante non era realmente quello di ammazzare il Villain, quanto più quello di sfogarsi. E si sapeva, per Akahito non c'era un modo per sfogarsi meglio se non quello di alzare le mani.
    Sia che il pugno si fosse abbattuto sul corpo - o sul cadavere, per meglio dire - di Hisoka che non, Akahito avrebbe ripreso a scuotergli la spalla e l'avrebbe costretto a guardarlo negli occhi, sollevandolo con tutte le sue forze.
    «RISPONDIMI!»
    Gli urlò in faccia, digrignando forte i denti. I suoi occhi continuavano ad essere lucidi, ma ancora nessuna lacrima irrigava il suo viso. Era un'espressione di profonda delusione, una delusione che Akahito non era solito provare. Questo perché, tra tutti i criminali che aveva incontrato, Hisoka era stato il suo primo 'esperimento', se così vogliamo definirlo.
    Il primo Villain con cui aveva deciso di attuare una sorta di 'riforma', una sorta di percorso che avrebbe potuto aiutarlo a diventare una persona migliore. Che poi i suoi consigli fossero del tutto assurdi (come quello di chiedere a Morrigan di sposarlo) era un altro conto, ma fatto stava che il Vigilantes aveva riposto nel jester una profonda fiducia e che questa aveva finito per esser stata calpestata violentemente.
    Forse avrebbe dovuto capirlo prima.
    Capire che non c'era alcuna possibilità di riformare un criminale, di aiutare la feccia della società ad essere migliore. In fin dei conti, non era stata colpa di Hisoka se le cose erano andate così, ma puramente colpa sua. La sua ingenuità, la sua speranza e la sua stupidità non l'avevano portato che all'ennesimo fallimento. Già, l'ennesima volta in cui aveva fallito.
    Ormai ci aveva fatto l'abitudine.
    Eppure, non riusciva ad abituarsi al fallimento di Hisoka.
    Il motivo non riusciva a capirlo bene nemmeno lui.
    «VOGLIO SAPERE IL MOTIVO PER CUI HAI TRADITO LA MIA FIDUCIA, HISOKA MOROW!»
    Continuò. Era talmente fuori di sé che non gli venne da pensare neanche per un istante ad una ragione alternativa al tradimento; al fatto che, probabilmente, Hisoka non si era più fatto sentire ed era sparito per il semplice motivo che non aveva avuto altra scelta. No, ad Akahito non veniva assolutamente in mente. Tutto ciò che gli passava per la testa, in quel momento, era indirizzato soltanto ad un unico scopo: sfogarsi.
    Sfogare la propria rabbia contro Hisoka, sì, ma non solo.
    Sfogare anche tutta la rabbia scaturita dagli eventi che l'avevano coinvolto negli ultimi tempi.
    I continui fallimenti contro qualsivoglia Villain.
    La lotta contro Melissa e Laguna.
    L'aver rischiato di morire, finendo in ospedale.
    Di questo Hisoka non sapeva nulla.
    Si era semplicemente approfittato di lui, della sua bontà, senza neanche immaginare che cosa potesse aver passato nel frattempo.
    Non gliel'avrebbe fatta passare liscia.
    Quella volta avrebbe dato alla propria ira ampio margine, si sarebbe spinto oltre qualsiasi limite, anche a costo di sacrificare un po' della propria umanità.
    Era furioso.

    LIVELLO #3 ❖ scheda ❖ VIGILANTES ❖ code ©

    CITAZIONE
    Akahito Mori
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    Energia: 160 - Forza: 44 - Quirk: 69 - Agilità: 37
    Peso: 0/4

    Danni: //

    Tecniche utilizzate: [BOAR'S CLASH] [LIVELLO 1 - COSTO 15]
    Akahito concentra la produzione di vapore in sezioni specifiche del proprio corpo con l'obiettivo di sfruttarlo come 'propulsore' per un calcio o un pugno. Nel caso del pugno, il vapore verrà rilasciato dalla porzione posteriore del braccio e del gomito; nel caso del calcio, il vapore abbandonerà il corpo da tutta la porzione posteriore della gamba interessata.
    Danni: Lievi, tecnica ravvicinata.

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    Una strana aura s'avvolgeva attorno ad Akahito. Era impossibile capire come funzionasse quella sua grossa testa vuota, al contempo però offriva la certezza ti sbraitasse addosso solo verità senza filtri. Magari era per quello che Hisoka lo sopportava. Si godeva le scenette al limite del delirante. Viveva immerso nelle menzogne, sempre a chiedersi chi gli stesse mentendo e perché, era rilassante aver a che fare con qualcuno così trasparente a volte. Apprezzava il loro tempo assieme.

    Adesso stava ricevendo un pugno in volto da lui, invece.

    L'impatto delle nocche non lo spiazzò quanto il fatto che fosse davvero successo. Akahito l'aveva attaccato... Eppure c'era così tanta insicurezza dietro il colpo, non se l'aspettava da un individuo come lui. La moderazione gli era estranea, proprio ora invece si tratteneva?

    Era tenuto saldo e fermo al proprio posto – seduto al pavimento, la schiena rialzata da terra il giusto – perciò l'attacco gli costrinse le meningi a scuotere dentro il cranio. Una volta sarebbe stato più capace d'incassare una botta del genere.

    Ma il dolore era l'ultima delle sue preoccupazioni.

    Lo fissava, ignorando la sensazione di nausea che lo percorreva mentre la materia grigia tornava stazionaria... Un altro ponte bruciato. Ancora una persona che gli voltava le spalle. Sembrava davvero ovunque si girasse, qualsiasi cosa facesse, pestasse sempre una mina.

    Abbracciare le sfide fino al culmine l'aveva portato da Lion... E a perdere metà del proprio Quirk. Già allora Hisoka divenne l'ombra di ciò che una volta era, un'imitazione instabile di corpo e mente. Provò a rigettarle, quelle sfide. Il risultato s'era visto nel tradimento di Hayato e il corpo rovinato con cui l'ex-Jester si ritrovava.

    Negli ultimi due mesi non aveva fatto nulla, non s'era mosso di un passo verso un polo o l'altro. Comunque il mondo perseverava a sgretolarsi sotto i suoi piedi. Forse era tutta solo una barzelletta a sue spese, di cui non sapeva ancora la punchline.

    Era così facile distruggere, rispetto a costruire.

    I suoi ricordi più belli risalivano ai picchi della sua Villania. Quando nulla bolliva sotto la superficie, le giornate erano semplici e divertenti, non aveva persone al fianco ma pedine. Da lì era cominciato ad andare in malora. Direttamente correlato al suo grado di umanità.

    Se non poteva ripararsi forse era in tempo per smantellare tutto. Lui, Akahito, Morrigan, Tokyo. Bilanciare quel che voleva era impossibile... Che la soluzione non fosse svanire, ma portar tutto con se? Hero, Vigilanti, Villain, ogni direzione in cui poteva esser tirato che saltavano in aria simultaneamente.

    L'oblio.

    Per tutti.

    E avrebbe cominciato da Akahito.

    Fu la determinazione a guidargli il braccio. Stavolta si alzò, poco ma abbastanza da puntare al petto del compagno con la mano moscia. Era così patetico da non poter manco aprire il palmo. Poco importava, un'esplosione era un'esplosione, l'avrebbe trovato.

    Inspirò. I suoi occhi gialli raggiunsero i verdi dall'altra parte. Sì, ne era convinto.

    Boom.

    ...

    ...Ancora una volta, avrebbe voluto. Non ci furono né convinzione né boom, Tainted Love si attivò per davvero, ma con gli arti cadaverici a sua disposizione fece male solo a se. Dal palmo uscì giusto qualche debole petardo, mentre Hisoka urlava, straziato dal dolore.

    Folgorato da scosse cosparse di benzina e poi incendiate, che fecero terra bruciata per tutto il braccio fino al petto.

    Il poveraccio poteva soltanto dimenarsi come un verme, tenuto fisso lì dov'era dalla stretta ferrea del Vigilante. Ancora una volta toppava. Aveva provato a decidersi su qualcosa, usare Akahito come scappatoia da quel Limbo... Ed era stato punito. Era troppo debole, e non si riferiva soltanto alle braccia.

    La vera sofferenza passò in un'ondata. Dopodiché rimase un Hisoka ansimante e sudato, con lo statico di un televisore dentro il midollo osseo.

    « ...Non so di cosa stai parlando. »

    Tristemente ironico che gridare a squarciagola gli avesse un po' "pulito" le corde vocali. Aveva subito un crash course sul riutilizzarle.

    Manco riusciva ad alzare lo sguardo verso di lui. Lo teneva sul proprio braccio, come se fissarselo avrebbe portato a qualche cambiamento.

    « Se ti metti a piangere ogni volta che devi ammazzare un criminale, la tua carriera da Vigilante durerà poco. »

    Hisoka Morow

    Livello 7 ♠ Villain ♥ Disoccupato ♣ 25yo
    Energia: 670 ♦ Forza: 11 ♣ Quirk: 266 ♥ Agilità: 266
    Status ♥ ♣ Equipaggiamento ♠ ♦ Tecniche
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    – Contusione Media al Volto
    – Danno interiore Medio al Braccio Sinistro

    • Tecniche Utilizzate
    Crashing Embrace [Livello 4]
    - Applicazione più diretta e aggressiva del Quirk. Invece d'incanalare la carica esplosiva in un oggetto, la si rilascia direttamente dai palmi, dalle piante dei piedi, dalla punta delle dita, dalla bocca, o tramite un attacco fisico (pugno / calcio / ginocchiata / gomitata).
    - L'esplosione si dipana frontalmente, per un raggio regolabile fino a massimo tre metri in lunghezza e due in ampiezza.
    Costo per ogni detonazione: 80
    Danno: Grave (ridotto di uno ad ogni carica contemporanea)

    • Equipaggiamento
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    AKAHITO MORI
    Non era stato in grado di prevedere in alcun modo l’attuazione di Crashing Embrace, per il semplice motivo che questa sembrò non abbandonare mai il corpo del proprio utilizzatore, se non fosse stata per una lieve onda d’urto che altro non avrebbe fatto se non allontanare Akahito di qualche centimetro.
    La maggior parte della tecnica, infatti, si rivolse contro Hisoka stesso; il suo braccio, in particolare.
    Vide il Villain dimenarsi sul pavimento e roteare su se stesso manco fosse un verme, per poi ristabilirsi e riportarsi alla sua posizione iniziale. ‘Ristabilirsi’ tra tante virgolette, dal momento che l’ex-membro di Aogiri continuava ad ostentare quell’atteggiamento strano quanto inusuale, se rapportato a ciò che Akahito aveva avuto modo di conoscere negli ultimi mesi.
    Eppure, Hisoka si era fatto male da solo, in quel momento.
    Doveva credergli?
    Doveva credere che quell’attacco avesse fallito non di proposito?
    Non c’era tanto spazio al ragionamento, per Akahito, in un momento del genere.
    Le azioni del Vigilantes erano sempre state basate sull’istintività e mai come quella volta non poteva ricorrere ad altro se non ad essa.
    «Ma che cazzo stai facendo?»
    Gli domandò, con fare alquanto confuso. Perlomeno il suo pugno aveva avuto effetto, sebbene Hisoka non avesse mostrato di aver subito chissà quali ripercussioni. Beh, che cosa c’era da aspettarsi? Di certo Akahito non era più potente del Villain, né tantomeno si avvicinava anche lontanamente al suo livello di forza.
    Eppure... Hisoka non sembrava intenzionato a rispondere ai propri attacchi. Perché avrebbe dovuto fingere? Che senso aveva, dal momento che avrebbe potuto uccidere Akahito in qualsiasi momento?
    «Non sai di che cosa sto parlando, demente?»
    Domandò, strattonandolo di nuovo per le spalle e costringendolo a guardarlo negli occhi.
    «Io e te avevamo un patto!»
    Esclamò, furioso, quasi sputandogli sulla faccia. Era così arrabbiato che la paura che Hisoka potesse improvvisamente sprigionare un’esplosione - e disintegrarlo nel giro di pochi istanti - non gli passò tra i pensieri nemmeno per un secondo. Non gliene fregava nulla.
    «Te lo sei dimenticato? Ti avevo concesso tre mesi per diventare una persona migliore. Ho avuto fiducia in te nonostante mi facessi schifo, ti ho fornito supporto come confidente e ti ho dato tantissimi consigli utili. Ho usato i miei fottuti soldi per comprarti degli abiti decenti così da fare colpo su Morgan e chiederle di sposarti. TI HO PERSINO COMPRATO DEI PRESERVATIVI, CAZZO!»
    Sbraitò mi sto pisciando sotto aiuto, sollevando di nuovo il braccio destro, cosicché questo prese nuovamente a fumare vapore dal posteriore ma senza assaltare Hisoka.
    I propri occhi, intanto, si erano fatti ancora più lucidi e lasciavano trasparire una delusione ed una sofferenza inaudita.
    Sì, forse per Hisoka tutte quelle cose potevano sembrare di poco conto, ma per Akahito invece erano dimostrazioni estremamente importanti che non aveva mai fatto a nessuna persona, soprattutto se si trattava di un Villain (sì, specialmente quella dei profilattici).
    «E sai che cosa ti ho chiesto in cambio, Hisoka Morow? NIENTE! Ho fatto tutto perché credevo che per uno schifoso Villain come te potesse esserci una possibilità, una speranza. A me non è mai tornato un accidenti indietro!»
    Continuò e, se avesse continuato a tenerlo per una spalla con la mano sinistra, l’avrebbe scosso ancora.
    «Ma tu hai deciso di non rispondere più a nessuno miei messaggi di aggiornamento sulla tua situazione da Villain e hai scelto di sparire nel nulla. Ti sei approfittato della mia bontà, sputandoci sopra e poi gettandola via. Mi dispiace ma non è così che funziona con me.»
    Non fu solo il braccio, ma l’intera pelle di Akahito in quel momento iniziò ad evaporare.
    Era del vapore che fuoriusciva a pressione bassissima, per cui non avrebbe fatto nulla ad Hisoka, ma rese la propria pelle molto più rossa: in quel momento qualsiasi millimetro quadrato della superficie del Vigilantes sembrava fumare. Rivoli di vapore presero ad abbandonare lentamente i micropori di volto, tronco, braccia, mentre l’arto destro continuava ad essere sollevato e puntato contro Hisoka.
    «E non sto piangendo. NON PROVARE A DARMI LEZIONI, DA UNA MERDA COME TE NON VOGLIO SENTIRE UNA PAROLA!»
    Gli sbraitò in faccia, avvicinandosi ancora di più all’altro.
    «Non sei neanche nelle condizioni di potertelo permettere. Guardati, sei indecente e puzzi tantissimo. Chissà di quali sostanze ti sei fatto... dovevo immaginare non avessi finito di drogarti. NON HAI NEANCHE SMESSO CON QUELLA SPAZZATURA!?»
    Domandò, sconcertato. Possibile che Hisoka non avesse rispettato neanche un solo punto del loro accordo? Sì, perché per il nostro Vigilantes il motivo della cera del Villain era di certo da attribuire alle sostanze stupefacenti cui era solito assumere qualche tempo prima.
    Hisoka Morow si era rovinato molto più di quanto credeva.

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    Akahito Mori
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    Erano già trascorsi tre mesi? Damn. Metteva in prospettiva quanto tempo avesse buttato in quella casa abbandonata. La "promessa" fatta gli era totalmente passata di mente, con tutto il resto... Un Hisoka più lucido non avrebbe avuto bisogno di un pugno in faccia per ricordarselo.

    Akahito mostrava una delusione disarmante.

    Non ci era abituato, nessuno l'aveva mai guardato con un disappunto tale. Era solito ricevere sguardi d'odio, disprezzo, pena, intento omicida, o anche invidia. Mai delusione. Probabilmente perché la gente non si faceva aspettative sul suo conto, se sorprendeva qualcuno era facendo peggio di ciò che pensavano possibile.

    Il cinghiale aveva commesso l'errore di riporre fiducia in lui.

    Si rimane solo bruciati a fidarsi di un Giullare. Hayato l'aveva fatto una volta, forse. Credeva tra i due ci fosse qualcosa più che la semplice manipolazione... Quando Hisoka realizzò fosse vero, lui capì fosse falso, il velo era scoperto. Avrebbe fronteggiato Shinya al suo fianco se non l'avesse pugnalato per primo.

    Ciò non gli guadagnava il perdono.

    Magari la comprensione sì, però.

    « E sai che cosa ti ho chiesto in cambio, Hisoka Morow? NIENTE! »

    Per qualche motivo questa frase pesò più di tutte le altre. Alzò il capo di scatto verso il ragazzo, accogliendo in volto il calore che ora emanava da ogni suo poro. Lo guardò, incerto, pensando a cosa dire per concretizzare la strana sensazione che provava la prima volta.

    « Nulla si fa gratis. Se hai deciso di aiutarmi è perché ti piace sentirti buono, il tuo senso di giustizia ti fa godere. Lo stesso motivo per cui esci vestito da cinghiale in cerca di criminali.

    Non te ne frega nulla della città, sei stato traumatizzato dalla morte dei tuoi genitori, ogni volta che combatti un Villain t'immagini sia l'assassino di tua madre. L'altruismo è egoismo sotto copertura, Akahito. »


    ...Avrebbe detto, a qualsiasi altra persona.

    « Grazie, Akahito. Mi dispiace. »

    Alle parole del Vigilante gli tornò in mente l'ultimo scambio con Valerio ad Asakusa, il fondo del barile in quella serata d'esaurimento emotivo. Parole a cui ancora adesso pensava e rabbrividiva.

    « A voi non è mai fregato niente. Sono soltanto un malvagio. Mi avete dipinto come un demone incontrollabile per spezzarmi le ossa o gettarmi in prigione senza fare troppe domande. Dov'è stata la MIA seconda possibilità!? »

    Anche allora, il suo egocentrismo gli bendò gli occhi all'evidenza.

    Akahito era l'unica persona ad aver mai creduto in lui, più che come una minaccia da fermare o un limite da superare. Come un essere umano. Quando lui stesso faticava a ritenersi tale.

    L'emozione sconosciuta era riconoscenza.

    « Mi dispiace... Che tu abbia scelto la persona peggiore in cui aver fiducia. »

    Distolse ancora la vista, come volesse difendersi dal calore emanato dall'altro... Sia dal vapore, che del suo animo. Una seconda possibilità gli era stata data, e lui l'aveva gettata al vento come ogni cosa buona che gli capitava sotto mano.

    « Penso ti tocchi davvero uccidermi, non credo sia possibile fallire peggio di come ho fatto io. »

    Avesse avuto ancora il concetto in corpo, gli sarebbe scappata una risatina auto-denigratoria.

    Avesse avuto le mani, si sarebbe messo a contare ogni sciagura sulle dita, e probabilmente non gli sarebbero bastate.

    « Ho perso il lavoro. Aogiri mi ha licenziato. »

    Ogni parola una pugnalata. Riaffermazioni della sua incapacità, della tristezza di quella situazione in cui si trovava, e che fosse stato lui stesso a scavarsi la fossa.

    « Il mio corpo è rovinato. Le mie esplosioni sono imbarazzanti, i miei arti inutili. »

    Akahito avrebbe finalmente colto una nota d'emozione da Hisoka. Che sarebbe stato una miglioria dal tono rassegnato avuto fino a quel momento... Se non l'avesse rimpiazzato da un andamento dolorante, sconfitto, e colmo di rimpianto.

    « La ragazza che amo probabilmente preferisce un fioraio. Avevo un singolo amico, e mi ha tradito... Dopo che io ho tradito lui. »

    C'era un disturbo nella sua voce. Un'alterazione che gli impediva di articolare con la chiarezza voluta, lui stesso non riconosceva quella voce. Instabile e sconvolta. Aveva perso il controllo definitivamente, del corpo, delle emozioni, di se.

    Quella sensazione bagnata e salata sulle guance gli era vagamente nota... Ma mai così preponderante e intensa.

    « Non appartengo da nessuna parte. Non mi rimane niente. Sono tornato a ZERO. »

    Pianto.

    Non i singoli rigoli di lacrima che di rado fuggivano... Stava veramente piangendo, abbastanza forte da piegare le vocali e consonanti sotto i singhiozzi, così che anche la testa di cinghiale che lo reggeva per la spalla non potesse confondersi seppur non lo vedesse in faccia.

    « Non sono NESSUNO. »

    Quanto avrebbe voluto coprirsi la faccia. Mascherare quello scempio dal mondo, anni e anni di lacrime non versate che sfondavano la diga del Jester... Ma non aveva manco le mani dietro cui nascondersi.

    Hisoka Morow

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    AKAHITO MORI
    Quelle parole non furono pugnalate soltanto per Hisoka, ma anche Akahito avvertì le frasi abbandonare le labbra del Villain penetrare a fondo nella propria carne, facendogli più male di quello che credeva.
    I tratti del volto del Vigilante si rilassarono, mentre la sua espressione passò dall'essere imbestialita ad essere, perlopiù, sbalordita. Non fu per niente difficile cogliere un certo senso di stranezza misto ad ingenuità sul volto del giovane dai capelli blu, mentre ascoltò impietrito tutto ciò che gli disse l'ex-membro di Aogiri.
    Persino la presa sulla sua spalla si allentò, mentre le palpebre dei suoi occhioni smeraldini presero a divaricarsi a dismisura, cosicché le iridi ebbero modo di risplendere nella loro interezza.
    Hisoka non era solo un Villain.
    Ma apparteneva, o aveva fatto parte, alla fazione terroristica più importante del Giappone, Aogiri Tree.
    Aveva appena affermato di esser innamorato di Morgan, di esser stato licenziato, tradito, ferito e di non essere più nulla.
    E poi iniziò a piangere.
    Hisoka Morow iniziò a piangere dinanzi a sé.
    Non era un pianto silenzioso, né lieve.
    Hisoka stava davvero piangendo come se fosse un bambino.
    Akahito non si sarebbe mai aspettato di assistere a quella scena, o di venir a conoscenza di questioni di quella portata da parte dell'altro.
    Se gli aveva confessato tutto con così tanta naturalezza, se era arrivato sul punto di scoppiare in lacrime, allora Hisoka doveva aver davvero raggiunto il suo limite.
    Sì, anche lui ne aveva uno.
    Akahito aveva sempre creduto che Hisoka pensasse di essere invincibile, di avere in comune ben poco con gli esseri umani.
    Invece, si era sbagliato.
    E forse anche il Villain stesso si era sbagliato, nel costruire la propria immagine.
    Hisoka era molto più umano di ciò che credevano, e la dimostrazione era lì di fronte a loro, intrinseca nella lacrime e nella sofferenza del suo animo.
    Un animo sensibile, così com'era giusto che fosse.

    Un'altra persona, in circostanze simili, non avrebbe saputo come comportarsi. Sarebbe stata in difficoltà, avrebbe iniziato a balbettare e lasciarsi condizionare dallo stato dell'altro, ma non Akahito. No, non quel mix di impulsività, testardaggine, spontaneità e ingenuità.
    Dopo un istante di esitazione, giustificato dal flusso incontrollato delle rivelazioni poc'anzi ricevute, infatti, Akahito avrebbe fatto sì che i propri muscoli tornassero a contrarsi, a far sì che la propria espressione lasciasse trasudare la stessa ira di qualche minuto prima.
    Quando Hisoka smise di parlare, avrebbe avuto modo di sentire la presa di Akahito farsi di nuovo più salda, come se lo stesse nuovamente stringendo.
    «E ALLORA!?»
    Gli sbraitò in faccia, alzando la voce ancor più di prima.
    «CI VUOLE DAVVERO COSÌ POCO PER ABBATTERTI, HISOKA MOROW!?»
    Continuò, sia che il Villain continuasse ad avere lo sguardo distolto dal proprio volto, sia che avesse deciso di guardarlo negli occhi; occhi che, via via, diventavano sempre più lucidi, ma sufficientemente trattenuti dal non permettere anche alla proprie lacrime di debordare. Erano lacrime di rabbia, di delusione, di tristezza. Eppure non avrebbe concesso loro di abbandonare le rispettive palpebre, no. In quel momento necessitava di essere forte, per sé stesso e per il proprio interlocutore.
    «AMICI DI MERDA ED UN LAVORO DI MERDA, TUTTO QUI!?»
    Urlò, totalmente fuori di sé.
    «A SAPERLO, AVREI FATTA MOLTA MENO FATICA PER UCCIDERTI.»
    Tenendo ancora ben salda la presa sulla spalla di Hisoka, Akahito l'avrebbe strattonato, come per convincerlo a guardarsi nello specchio che si trovava nella camera. Contemporaneamente, il Vigilante avrebbe indicato l'oggetto.
    «Guardati.»
    Ordinò, in tono severo, decidendo finalmente di abbassare i toni.
    «Guarda come hai permesso alla vita di ridurti. E tutto ciò per un licenziamento, un tradimento e qualche cicatrice?»
    Akahito, in realtà, si rendeva perfettamente conto della gravità dei problemi esposti da Hisoka, ma si rendeva altrettanto conto che quei problemi fossero risolvibili, perché Hisoka era ancora vivo.
    «Parliamoci chiaramente. I problemi te li sei cercati, Hisoka Morow. Non capisco cos'altro pretendessi da una vita di merda come quella che hai deciso di intraprendere. Che cosa ti aspettavi, di preciso? Un lavoro onesto? Degli amici fidati? Persone che stessero lì a coccolarti dalla mattina alla sera?»
    Chiese. Nonostante avesse abbassato i toni, Akahito continuava ad essere intransigente, severo, freddo, deciso.
    «Ma è inutile parlare del passato, ora.»
    Continuò, tirando un sospiro, come per scaricare per un attimo tutta la rabbia accumulata nel giro di quell'ora (o, almeno, una piccola parte).
    «Potrei star qui per ore a dirti che fai schifo, che MI FAI SCHIFO per esser entrato a far parte di Aogiri, ma a che cosa potrebbe servire?»
    Domandò.
    «Mi sembra di capire che tu abbia toccato il fondo, Hisoka Morow.»
    Constatò, a quel punto.
    «Ci sono soltanto due cose che puoi fare, adesso. Morire, oppure rialzarti e rimboccarti le maniche per raggiungere uno stile di vita che ti soddisfi e che non preveda più alcuna sofferenza. Rimanere in questa situazione di stallo in cui ti ritrovi, non serve assolutamente ad un accidenti.»
    Sì, stava ancora scorgendo uno spiraglio di luce nell'animo del Villain, nonostante tutto.
    Le sue parole, le sue lacrime, gli facevano credere che Hisoka non fosse totalmente perduto.
    Un vero criminale diabolico non si sarebbe comportato in quel modo ed, evidentemente, Hisoka era molto più fragile di quel che riteneva.
    «Sai che cosa dovrei fare, io?»
    Domandò, tentando di recuperare un minimo di contatto visivo con l'altro, a quel punto.
    «Dovrei ammazzarti senza nessuna esitazione.»
    Disse, come se stesse sputando veleno dalla bocca, come se stesse avendo a che fare con dell'immondizia.
    «Ma non posso farlo, e questo lo sappiamo entrambi.»
    Akahito era ingenuo, sì, ma non fino al punto di non rendersi effettivamente conto che Hisoka Morow non sarebbe potuto morire per le sue mani, nonostante nelle condizioni in cui si trovava questo potesse quasi essere possibile. Sì, aveva detto di essersi diretto dall'ex-membro di Aogiri per sterminarlo, ma passato il momento di rabbia persino il Vigilante poteva accorgersi di quanto fosse una sciocchezza.
    E... anche se avesse avuto effettivamente le capacità di farlo, non l'avrebbe fatto. Non ci sarebbe riuscito in ogni caso.
    «Sai che cosa significa, questo? Che devi rialzarti. »
    Esordì, calmo, ma durò poco.
    «MI HAI SENTITO, HISOKA MOROW!? DEVI RIALZARTI, PORCA PUTTANA!»
    Dal proprio gomito iniziò di nuovo a fuoriuscire vapore ad altissima pressione e, nel giro di poco, un pugno sarebbe stato diretto verso il mento di Hisoka, con l'intenzione di sollevargli quella dannatissima testa che il Villain continuava a voler tenere abbassata. Non fu un pugno molto forte, evidentemente l'intento non era quello di procurare eccessivo dolore.
    «NON HAI ALTRA SCELTA. NON ESISTE UN'ALTRA OPZIONE. HAI CAPITO? RIPRENDI LA TUA VITA FRA LE MANI OPPURE LASCIALA ANDARE PER SEMPRE.»
    Alzò di nuovo i toni, per poi placarli soltanto qualche secondo dopo.
    «Che tu lo voglia o meno, sei vivo. Sei vivo, Hisoka Morow.»
    Hisoka avrebbe potuto cogliere negli occhi di Akahito quella che secondo lui doveva essere l'opzione corretta.
    Sì, Akahito aveva messo molta più enfasi nella prima proposta.
    Era quella che voleva, ma non voleva dirlo direttamente.
    Perché ci aveva già sperato una volta ed era stato deluso.
    Eppure, era ancora lì a fornire ad Hisoka un'altra alternativa, senza conoscerne neanche il motivo.
    Ed era ancora lì a tifare per lui.

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    Come si permette.

    Fu il primo pensiero di Hisoka, una volta chiuse le fontanelle abbastanza da ascoltare il ritorto di lui. "Così poco"? Era seriamente più tonto di quanto sembrasse? Perché già si mostrava molto poco brillante. Ogni aspetto della sua vita s'era accartocciato su di se implodendo, e quel cinghiale non solo riduceva tutto alla banalità, ma gli dava anche del debole.

    Era l'ultima volta che permetteva a qualcuno d'intravedergli le debolezze. Fanculo i sentimenti, portavano solo rogne.

    "Amici di merda ed un lavoro di merda". Una prospettiva che soltanto la capoccia vuota di Akahito poteva generare. Lui che era un esterno, distante, e probabilmente manco riusciva a mettersi nelle scarpe dell'ex-Croupier. Per i suoi occhi dovevano sembrare problemi minuscoli ed insignificanti.

    Quindi possono essere schiacciati.

    No. Perché gli era passato un pensiero tale per la testa? La stupidità di Akahito lo stava contagiando, aveva provato a immedesimarsi in lui e capire il suo punto di vista... Ma si sbagliava. Si sbagliava.

    Per aggiungere beffa al danno, fu anche costretto a guardarsi. Ciò che aveva evitato per settimane ormai. Soprattutto in quello stato, avrebbe preferito continuare ad ignorare quel dannato riflesso... Scomposto, stanco, magro, sporco, e adesso segnato da un fiume sotto gli occhi e il naso proporzionalmente inondato.

    Che casino.

    A malapena si riconosceva. Voleva pensare fosse uno specchio distorto da parco giochi, ma sapeva fosse lui ad essere distorto. Quanto più distante ci poteva essere da Hisoka come il mondo lo conosceva. Vedendosi così era anche più difficile considerare esistesse una via d'uscita. Era sprofondato troppo, aveva oltrepassato il punto di non-ritorno.

    E se l'era cercata? Probabilmente sì. Ma da un altro punto di vista, quella era l'ultima cosa di cui era a caccia.

    « Che cosa mi aspettavo? »

    Incalzò, tirando su col naso le ultime tracce del pianto che gli era passato sopra come un'onda.

    « Nulla. Volevo continuare la mia vita come è sempre stata... Se sono in queste condizioni, è per colpa di gente come te. »

    E stavolta, la parte accusatoria era la sua.

    « Legami umani... Che palla al piede. L'attimo prima incontri qualcuno in un locale o su un tetto, e prima che te ne accorgi stai morendo per loro. »

    Era per portare Morrigan al sicuro che quella sciagurata sera aveva raggiunto Hayato alla Pagoda. Il resto è storia. Ma anche prima, la sua parte "umana" faceva continuo contrasto a ciò che considerava il "vero se". Non si conciliavano, e cercando un compromesso scendeva un altro gradino verso il baratro.

    Finalmente l'aveva raggiunto.

    Sperava la discussione potesse chiudersi lì. Se in due mesi una soluzione non si era palesata, dubitava potesse essere la testa dura di Akahito a risolverlo... Ma sembrava intenzionato a provarci. E per "provarci" intendeva "urlargli contro".

    Morire o rialzarsi. Ancora una volta, la faceva troppo facile. Ma con la convinzione che metteva dietro le idiozie, con tutta quella passione, quasi te lo faceva credere. Il rosso sospirò e scosse il capo.

    « A morire ci ho– »

    Pensava quella breve pausa fosse il suo turno per difendersi, invece no. Era solo un'occasione per prendere fiato e urlargli addosso ancora più forte.

    E continuare a usarlo come punching ball.

    Un altro pugno s'infranse sotto la sua testa facendogli tremare la mandibola e costringendo il collo a piegarsi all'indietro. Se ci avesse messo più forza avrebbe potuto spezzargli qualcosa.

    Alla faccia del "non posso ucciderti".

    « MA LA VUOI PIANTARE!? »

    Esordì, frustrato. Non aveva mai avuto un fratello ma probabilmente quello era il tono che il fratello grande rivolgeva al piccolo che continuava a punzecchiarlo. Per due mesi a stento aveva dato segni di vita... Akahito l'aveva costretto a mostrare emozioni, che lo volesse o meno.

    Però se non si staccava c'era seriamente il rischio l'ammazzasse senza volerlo. Si spinse indietro con la schiena, consapevole non sarebbe riuscito a liberarsi dalla presa, ma con quel contrappeso sarebbe stato in grado di alzar la gamba destra e poggiarla al petto del Cinghiale. E poi – stavolta veramente – l'avrebbe respinto con una gentile esplosione.

    « A morire ci ho provato, dumbass. »

    Avrebbe ripreso una volta separato dal suo "aggressore". Portò attenzione alla cicatrice sull'addome.

    « Come pensi sia finito in queste condizioni? Sono stato io a chiederlo. »

    ...Dirlo ad alta voce evidenziava quanto fosse stata una richiesta... Discutibile. Ai tempi aveva senso.

    « Senza la protezione di Aogiri... La mia vita non ha senso. Non posso più essere un Villain, mettersi nei guai è troppo divertente, ma ora non ho un'Organizzazione dietro cui proteggermi. E nessun altro vorrebbe aver a che fare con me. Sono uno scarto. Un indesiderabile. »

    Quale associazione rispettabile avrebbe portato sotto l'ombrellone un bolide scatenato come Hisoka? Che per Aogiri aveva causato solo problemi, e non era disposto a rinunciare alle sue sfide. Era troppo noto, aveva causato troppi problemi a troppa gente, e i nodi venivano sempre al pettine.

    « Lì ho capito la mia vita fosse finita. Ho preferito svanire in un istante memorabile che tirarla avanti per mesi e anni... Ma poi, ho pensato a Morrigan. Ho pensato anche a te... E mi sono tirato indietro. Adesso vivo in questo limbo, tra la vita e la morte, che vada avanti o vada indietro, non sarei soddisfatto della mia decisione. »

    Se fosse finito in galera, qualsiasi giudice nel paese si sarebbe assicurato il maledetto clown avesse passato quanto più tempo possibile dietro le sbarre. Retribuzione per tutte le volte che l'aveva fatta franca in barba al sistema. Che ne sarebbe stato della sua vita poi? La prigione l'aveva assaggiata... Non c'erano stimoli, non c'erano le poche persone a cui teneva, il peggio di ambo i mondi.

    Aveva provato a bilanciare quel che voleva con ciò che gli serviva, era un'equazione che non tornava.

    « La scelta non è tra vivere o morire, Akahito. È tra vivere incompleti, o morire nel rimpianto... Dov'è la tua geniale soluzione, ora? Sono tutto orecchie. »

    Chiese, retorico.

    Hisoka Morow

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    Crashing Embrace {LITE} [Livello 2]
    - Applicazione più diretta e aggressiva del Quirk. Invece d'incanalare la carica esplosiva in un oggetto, la si rilascia direttamente dai palmi, dalle piante dei piedi, dalla punta delle dita, o dalla bocca.
    - L'esplosione si dipana frontalmente, per un raggio di massimo un metro e mezzo.
    Costo per ogni detonazione: 25
    Danno: Medio Lieve (ridotto di uno ad ogni carica contemporanea)

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    AKAHITO MORI
    Akahito sbuffò sonoramente, roteando gli occhi al soffitto, rispetto alle parole di Hisoka sui legami umani. Si sarebbe passato una mano sulla faccia, nel vano tentativo di strapparsi dalla bocca la risposta acida e poco utile che avrebbe abbandonato le sue labbra da lì a poco.
    «Hai rotto propri i coglioni tu e queste frasi da Villain. Non ti permetto di parlare di legami umani, Hisoka Morow. Li avrai anche sperimentati, ma quando ancora non eri la persona adatta per farlo.»
    Gli stava forse dicendo che, in quel momento, poteva essere adatto per impegnarsi in rapporti umani sinceri? Non lo specificò. Non voleva azzardarsi a proferir parole simili, soprattutto considerando che di fronte a sé aveva Hisoka Morow, una feccia della società.
    Il suo assalto, quella volta, non venne accolto passivamente dal Villain come la prima, ma al contrario Akahito si ritrovò sbalzato indietro di circa un metro a causa di un'esplosione che, per quanto lieve, gli diede comunque un certo fastidio, cosicché si ritrovò per un attimo a digrignare i denti dal dolore.
    Stava per aprir bocca e sbraitare, insultandolo, ma qualcosa glielo impedì.
    Cos'era quella sensazione?
    Perché si sentiva leggermente meglio rispetto a qualche secondo prima, nonostante avesse appena ricevuto un calcio esplosivo?
    Perché la visione di Hisoka urlargli contro e attaccarlo gli aveva fatto... piacere?
    Non era poi così difficile da immaginare. Guardare il Villain mezzo-morente in un letto non era affatto piacevole. No, per quanto potesse odiarlo, Akahito non tollerava le persone che si lasciavano andare a loro stesse, avvolgendosi esclusivamente di depressione, frustrazione e tristezza. Quel minimo spiraglio di dinamicità, di rabbia non aveva fatto altro che provocargli del fugace sollievo, motivo per cui non si alterò.
    A quel punto, quindi, Akahito avrebbe fatto una delle cose che, più delle altre, gli riusciva non semplicissima.
    Ascoltare.
    Sì, Akahito tirò un profondo sospiro e lasciò che Hisoka parlasse per tutto il tempo che decise di prendersi.
    Lo guardò dritto negli occhi, come per voler cogliere anche un minimo granello della sofferenza che tanto millantava, ma non riuscendo a provar pena nei suoi confronti, se così vogliamo definirla.
    No, per quante Hisoka doveva averne passate, rimaneva un semplice Villain che aveva subito le ripercussioni della vita che lui stesso aveva scelto di intraprendere. Non c'era assolutamente nulla che sconvolgeva il Vigilante di quel racconto, nulla che potesse fuoriuscire dalla sua tipica concezione di 'vita di merda da criminale di merda'.
    «Finalmente hai deciso di chiudere quell'impianto fognario che ti ritrovi al posto della bocca, Hisoka Morow.»
    Rispose Akahito, calmo e pacato, per nulla agitato.
    «Onestamente, non capisco come mai fai tanta fatica nel trovare una soluzione ai tuoi problemi. Mi hai appena fornito tutti gli elementi per risponderti, ma siccome non sai fare nemmeno due più due, allora darò una mano al tuo cervello da idiota.»
    Tanto per la cronaca, Akahito era veramente pessimo in matematica, ma voleva semplicemente atteggiarsi.
    Il Vigilante iniziò a camminare avanti e indietro, tentando di ignorare il dolore che l'aveva colto al torace poc'anzi.
    «Hai molti problemi, Hisoka Morow.»
    Esordì, solenne, dando inizio ad un discorso che, di serio, avrebbe avuto ben poco, nonostante il proprio tono di voce non lasciasse trasparire tante alternative.
    «Sei un imbecille, questo credo sia evidente.»
    Continuò, scrutando la strada dalla finestra in un piccolissimo spiraglio e dando momentaneamente le spalle al Villain.
    «E sei anche brutto.»
    A quel punto dedicò di nuove le proprie attenzioni all'interlocutore.
    «L'essere brutto è il tuo difetto più grande, probabilmente. Tra l'altro, ora puzzi pure.»
    Tirò un sospiro.
    Come al solito, non c'era alcuna nota di ironia nel proferire quelle parole.
    No.
    C'era una serietà quasi disarmante.
    Una freddezza che faceva paura.
    «Tuttavia, io sono un uomo caritatevole, ed è per questo che ti renderò evidente la chiarissima possibilità che non vedi, quella che non ti meriteresti ma che ti voglio concedere. Non chiedermi il perché.»
    Benché la soluzione fosse - apparentemente - semplice, per Akahito non fu altrettanto facile pronunciare le parole che seguirono. Non era ancora sicuro che Hisoka Morow potesse ricevere un'ennesima seconda possibilità, ma ormai non era neanche sicuro di poterlo uccidere. E se non poteva ucciderlo, il nostro Vigilante avrebbe ancora tentato di migliorarlo, in qualche modo: Akahito Mori non si arrendeva di fronte a nessun criminale, anche quello della peggior specie. No, per quanto terribili potessero essere i suoi pazienti bersagli, Akahito non avrebbe mai e poi mai mollato la presa per ripulirli da tutto ciò che ci fosse in loro di marcio e redimerli.
    «L'hai detto tu. Non puoi più essere un Villain.»
    Scrollò le spalle, ma senza avvicinarsi ad Hisoka, quella volta.
    Restò a debita distanza da lui, circa un metro.
    «Per questo motivo, la tua unica possibilità è quella di diventare un Vigilante.»
    Disse, mentre i suoi occhi smeraldini sembravano lasciar trasparire un'intensità sempre crescente.
    «Immagino tu riserbi un gran rancore nei confronti delle persone che ti hanno calpestato, non è così?»
    Domandò, retorico.
    «Bene, ti propongo di unirti a me nella lotta contro il crimine, di scovare e schiacciare tutti coloro che ti hanno reso uno schifoso sacco dell'immondizia e che ti hanno reso ancora più brutto di quanto già lo fossi prima. Se dovessi rifiutare, temo che dovrai uccidermi, perché io non posso permetterti di proseguire con la tua vita da criminale, anche a costo di morire. Allora, qual è la tua risposta?»
    Chiese, come se avesse appena chiesto ad Hisoka se preferisse il cioccolato al latte oppure fondente. Era calmo, rilassato, e sarebbe stato pronto persino a morire in quel preciso istante, se il Villain gli avesse fornito un esito diverso da quello che si aspettava.

    Aveva paura?
    No.
    Si era sempre preparato per un momento come quello.

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    Akahito Mori
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    La sua risposta?

    Una sonora risata.

    Diversa dall'ultima, quanto dalle sue altre solite. Akahito era l'unico che davvero riusciva a farlo ridere. Ironicamente per lui era raro, nonostante la sua intera identità, perché i sorrisi e gli sghignazzi che mostrava al mondo erano uno strumento. Potevano essere armi, o scudi, ma rimanevano atti calcolati.

    Il cinghiale lo prendeva sempre in contropiede, abbassava i suoi muri con la totale imprevedibilità della sua boccaccia larga. Forse prima o poi Hisoka ci avrebbe rimesso i denti – magari proprio in quell'occasione – ma da un certo punto di vista era un complimento. Con nessun altro aveva interazioni così dirette, così... Reali.

    « Non mi aspettavo avessi un senso dello humour così spiccato, lmao~

    Mi sorprendi sempre ♠ »


    Pronunciò quelle frasi senza rendersi conto d'essere incalzato nuovamente nelle familiari melodie. Ancora i segni del pianto gli marcavano il viso, eppure riusciva a farsi grasse risate, e lanciare frecciatine con leggerezza.

    Quasi come la sua vita non fosse in totale puttanaio attualmente.

    Tornò più serio, faticando a mettersi in piedi senza braccia. Per un attimo si era scaldato... Ma la tempesta di neve continuava. Non c'erano risate che potevano scacciare tutto quel che aveva delineato ad Akahito, e per quanto la proposta fosse ridicola, non c'era dubbio fosse sincera.

    « Lotta contro il crimine? Io sono il crimine. Se avessi Hayato davanti lo squarterei con le mie stesse mani, e manderei pezzi del suo corpo a rate in piccole scatole, indirizzate all'Èclipse. È questo il modus operandi di un Cavaliere per la Giustizia? »

    Era stato membro di Aogiri abbastanza da riconoscere cosa fosse Giustizia, e cosa Vendetta, specialmente tra criminali. Di fatti era ben più comune la carneficina tra Villain che con le forze del bene. Volgendo il proprio odio ad Aogiri non faceva un passo fuori dal suo mondo solito.

    Villain che uccidono Villain. E il ciclo continua.

    « Oltretutto, cosa cambierebbe? Villain o Vigilanti, per la legge siamo criminali allo stesso modo. Potrei appuntarmi moralmente superiore alla feccia di strada, ma finiremmo nella medesima cella. »

    Non sbloccava il suo scacco. Morire nel rimpianto, vivere insoddisfatto, che il suo appellativo fosse Malvagio o Giustiziere cambiava poco. Le sfide gli erano precluse. Semmai la strada del Vigilante era anche più sconveniente... Rischiava vivendo da criminale, ma senza i divertimenti d'essere un vero criminale.

    « Heh. Sei venuto qui per farmi fuori, e ora sei tu a chiedermi d'ucciderti? Siamo masochisti entrambi. »

    Non l'avrebbe ucciso, era fuori questione. Nemmeno lui si rendeva conto di quel che chiedeva... Ma Hisoka sì. C'era passato, esattamente dalla sua stessa sponda. Non poteva permettere un ami– una persona interessante commettesse gli stessi errori.

    « A quanto pare ti sei unito anche tu al mio stallo ♣

    E adesso? ♥ »

    Hisoka Morow

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    AKAHITO MORI
    Akahito strizzò gli occhi finché fu alquanto difficile riconoscere il colore delle proprie iridi. Era uno sguardo nervoso, abbastanza arrabbiato, ma al tempo stesso contenuto. Sì, in effetti Akahito si contenne per tutto il tempo che Hisoka si prese per rispondergli, ma senza esplodere ed alterarsi.
    Sì, perché ciò che diceva Hisoka, sotto un certo punto di vista, aveva un suo senso. Il confine tra l'essere un Villain ed un Vigilante era estremamente sottile: erano le ragioni che muovevano le rispettive azioni che costituivano la differenza tra i due gruppi. Hisoka era sempre stato accompagnato dal desiderio di appagamento personale e da una concezione di 'divertimento' che, sotto molti punti di vista, poteva sembrare estremamente infantile. Questo perché il Villain - probabilmente - non era mai stato in grado di comprendere appieno i sentimenti umani e, di conseguenza, non era mai riuscito ad immedesimarsi nelle vittime delle proprie azioni.
    Ma a quel punto?
    Dopo tutto ciò che aveva passato, Hisoka era effettivamente in grado di comprendere le emozioni o continuavano ad essergli totalmente estranee?
    «Non ti permetto di infilarmi nella tua stessa merda, Hisoka Morow.»
    Dichiarò, gonfiando il petto e allargando le spalle.
    «Io non sono come voi Villains, altrimenti non sarei qui a fornirti un'ennesima possibilità di evadere da questa tua vita di merda. Credi che uno dei tuoi amici di Aogiri avrebbe mai potuto fare ciò che sto facendo io per te adesso? Ti rendi conto, anche solo minimamente , di quanto mi costi star qui e continuare ad insistere per tirarti fuori dall'immondizia? E tutto perché credo che in te possa ancora esserci speranza. Hai mai incontrato qualcuno che avesse creduto in te come ho fatto io, Hisoka Morow?»
    Domandò, sputando quelle parole con rabbia ma con tanta determinazione. Ed era vero, infatti, Akahito era così testardo che non aveva pensato di abbandonare Hisoka nemmeno in un solo istante di quei famosi tre mesi che si era preso per convertirlo. Si trattava di una questione di principio, una questione personale da cui non si sarebbe mai e poi mai tirato indietro.
    «Quello che dici non è del tutto falso. Anche io sfrutto metodiche poco etiche per raggiungere i miei obiettivi.»
    Continuò, ma più pacato, come se fosse passato a ragionare su ciò che gli avesse detto il proprio interlocutore e volesse riconoscere un minimo di verità nel suo discorso.
    «La differenza è che io combatto per fornire alle persone una speranza, laddove altri non riescono ad arrivare.»
    Si avvicinò all'altro di qualche passo, ma mantenendo un minimo di distanza.
    «Tu, invece, combatti per distruggere le speranze degli altri.»
    C'erano diversi gruppi di Vigilantes, ovviamente. Alcuni avevano idee che si discostavano poco rispetto a quelle dei Villains, altri invece che si ritrovavano molto più vicini agli ideali eroici. L'assortimento di persone appartenenti alla fazione dei Vigilantes, probabilmente, era quello più vario e generalizzare riguardo gli obiettivi della Fazione era estremamente superficiale.
    «Non metto in dubbio che ci siano Giustizieri molto più spietati di me, ma non è così che voglio diventare.»
    Sollevò gli occhi al soffitto, sospirando.
    «Vedi, Hisoka Morow, ritengo che in ognuno di noi ci sia un briciolo di speranza e che ognuno di noi meriti una seconda possibilità. Ed è per questo che sono qui, stasera. Anzi, no, aspetta. In realtà, ero venuto qui con l'intento di ucciderti, però ho appena cambiato idea.»
    Si corresse da solo, scuotendo le mani, mantenendo quel fare freddo e serio che tanto gli apparteneva persino in un momento del genere. Signore e signori, Akahito Mori, l'incoerenza fatta persona.
    «Sì, ho cambiato idea e voglio darti un'altra possibilità. »
    Affermò, annuendo vistosamente. Hisoka non aveva ricevuto nessuna seconda possibilità da Aogiri e ora si trovava di fronte a qualcuno che stava pregando per fornirgliela: come si sarebbe comportato a riguardo? Avrebbe continuato a restarne indifferente?
    «Ci spetta a tutti. Anche a quel Kakato di cui hai parlato prima, probabilmente.»
    Sì, Kakato sarebbe Hayato giusto per sottolineare la sua natura.
    «E se la seconda possibilità non viene sfruttata adeguatamente... in quel caso, uccidere sarebbe l'unico modo per porre fine al dolore che il criminale provoca alle povere persone che, per un motivo o per un altro, hanno avuto la sfortuna di incontrarlo. Non c'è molta scelta. Ah, ne approfitto per dirti che io comunque non ho mai ammazzato nessun Villain, in realtà--- non ancora, se non altro.»
    Già che c'eravamo, meglio iniziare a vuotare il sacco e fare tutte le confessioni che c'erano da fare. D'altra parte, arrivati a quel punto per Hisoka non doveva essere affatto difficile comprendere che il nostro Giustiziere-Cinghiale gli avesse raccontato una marea di fandonie, riguardo la propria vita da Vigilante.
    «E sì, probabilmente finiremmo entrambi nella stessa cella. E allora? Io anche se ci finissi avrei la coscienza a posto, tu invece? Potresti dire lo stesso?»
    Chiese, incrociando le braccia al petto e scrutandolo con aria interrogativa, in attesa di un suo riscontro.

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    Akahito Mori
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    Una farfalla batte le ali a Kyoto, qualche settimana dopo un ciclone si abbatte su Tokyo.

    Ogni azione ha un'origine, e genera a sua volta una reazione.

    Entri in cucina e batti la testa contro l'anta della credenza.
    L'ha aperta il tuo coinquilino, voleva i biscotti.
    Li cercava perché aveva fame. Perché non aveva pranzato.
    Il pasto era saltato per via di un frivolo ma dilungato litigio con un collega.
    Collega che aveva i nervi a fior di pelle dopo esser stato lasciato dal partner.

    A chi dai la colpa del bernoccolo? Al coinquilino? Non avrebbe fatto ciò che ha fatto se non fosse stato per il collega, e così via.

    Il libero arbitrio è una bella favola. Quanto fa sentire importanti, essere in controllo delle proprie azioni e del proprio destino. La verità è che siamo tutti granelli di sabbia trasportati da un soffio iniziato con il Big Bang, la cui reazione a catena si sta ancora propagando. Nasciamo tele bianche ed è il mondo a darci le prime pennellate, e dobbiamo conviverci che ci piacciano o meno.

    È facile per chi è nato e vissuto in condizioni favorevoli sentirsi superbo, rispetto al ratto di strada che deve uccidere per sopravvivere. Come se i loro destini non fossero intercambiabili, avessero preso vita in circostanze opposte.

    "Non importa dove si nasce. Ciò che conta è cosa si fa della propria vita."

    Idiozie. Sputate da chi è stato abbastanza fortunato da partire sui giusti binari, mentre altri sono predestinati a deragliare. Siamo prodotti dell'ambiente che ci circonda, il cambiamento non è mai interiore, viene dall'esterno. Le disgrazie portano i buoni al male, le seconde possibilità fanno l'inverso.

    Ai piedi della Pagoda Hisoka aveva gridato la propria frustrazione. Spezzato fisicamente ed emotivamente, sanguinante, avvelenato, a pochi minuti dalla morte, gli ultimi pensieri del Jester furono dedicati alla sua impotenza. Non aveva scelto di nascere, né di crescere in quella vita... Ogni decisione che l'aveva portato ad una morte così miserabile era sempre stata fuori dalle sue mani.

    « Dov'è stata la MIA seconda possibilità!? »

    Se alla nascita siamo impostati su binari, serve qualcun altro che faccia da deviatoio. Akahito continuava ad offrirgli quella tanto bramata seconda chance che malediva non aver mai ricevuto... Ma non era come se l'immaginava.

    « Non ho mai combattuto per "distruggere speranze altrui"... Degli altri mi importa poco. Tutto ciò che ho fatto, è stato per me, e nessun altro. »

    O almeno, fino a poco tempo fa.

    « Imbrogliare, attaccare, e traumatizzare. Non mi sono mai curato degli altri, in positivo o in negativo. La vita è solo una e va vissuta appieno... Perché la felicità altrui dovrebbe essere più importante della mia? »

    Ancora stentava ad accettare la direzione indicatagli da Akahito. Ma nel suo tono mancava combattività o testardaggine. Erano domande che rivolgeva a se stesso, condividerle con il cinghiale era come dargli un'opportunità di contraddirlo, se poteva. Venticinque anni di esperienze di vita e convinzioni non si abbattono facilmente.

    « ...Cosa ti aspetti che faccia? Dovrei uscire da questa casa un uomo nuovo, dopo stanotte? Rinnegare le uniche cose a questo mondo che mi rendono felice e interpretare la parte del "buono"? »

    Quando aveva dato aria alla bocca parlando di seconde possibilità forse s'immaginava qualcuno agitasse una bacchetta magica e gli mostrasse una via diversa. Non che fosse lui a dover fare tutto il lavoro. A trattenere i propri impulsi, a porsi limiti, a cambiare.

    Sotto tale luce, la cosa sembrava ben più impossibile.

    « Bene e male non esistono, sono aghi immaginari in una bussola morale di cui non dispongo. Se qualcosa mi appaga, è bene, altrimenti è male... La maggior parte della gente a questo mondo, però, ha un orientamento inverso al mio. »

    Era rimasto in piedi per più tempo che mai negli ultimi mesi. Uno davanti all'altro e distanti di poco, nella penombra di quella stanza lercia, l'atmosfera tra i due uomini si faceva sempre più soffice, ma densa. La voce d'Hisoka ricordava un peccatore in confessione. Lo sguardo non vagava più dal volto di Akahito, anzi lo inquadrava come a volergli carpire quelle risposte.

    Finalmente aveva capito. Se esisteva una via d'uscita da quello stallo, stava a lui indicargliela.

    « Mi stai dicendo di abbandonare tutto questo? È come se ti dicessi di lasciarti alle spalle l'ossigeno. Senza le "sfide" non esisto, Hisoka non c'è più... Sono l'unica cosa che conosco veramente a questo mondo. »

    E dove l'avevano portato?

    A morire ad Asakusa.

    Era ben conscio dell'ipocrisia in quelle parole, le contraddizioni ormai stavano alla base del suo essere. Ma quando sei dipendente è inutile dirti di smettere, anche se giaci tra le macerie di una vita rovinata dalla droga.

    Hisoka Morow

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    AKAHITO MORI
    Niente da fare, Hisoka continuava a starsene fermo sulle sue convinzioni. Eppure, rispetto a qualche minuto prima, Akahito ebbe comunque l’impressione che l’animo del Villain stesse tentando di rendersi più flessibile, di opporsi al profondo orgoglio del corpo all’interno del quale era contenuto.
    Possibile che fosse semplicemente un’impressione? Che sarebbe stato del tutto impossibile convincere Hisoka Morow riguardo la possibilità di convertirlo alla sua stessa Fazione?
    A queste domande il giovane ragazzo dai capelli blu non riusciva ancora a darsi una risposta concreta. Da un lato, infatti, Akahito era convinto che avrebbe abbandonato quella casa senza Hisoka al proprio fianco; dall’altro, invece, il Vigilante si stava chiedendo il motivo per il quale l’ex membro di Aogiri continuasse a starsene lì a discutere con lui senza mandarlo al diavolo.
    Possibile che, sotto sotto, Hisoka desiderava che Akahito non smettesse di parlare? Che tentasse di convincerlo in tutti i modi? Possibile che il lato umano di Hisoka, dai meandri più remoti della sua anima, gli stesse chiedendo aiuto? O forse Akahito si stava semplicemente facendo troppi i film.
    In ogni caso, non si sarebbe arreso.
    «E perché la tua felicità dovrebbe privare un’altra persona della propria? Perché ti senti l’unico che ha il diritto di vivere la vita appieno? Tutto ciò che affermi non ha né capo né coda, non ho mai sentito tante stronzate insieme.»
    Sbuffò, passandosi una mano sulla faccia, come se si fosse ritrovato di fronte ad un caso molto più grave di quello che credeva.
    «Non esisti solo tu in questo Mondo e non puoi pretendere che l’umanità subisca i tuoi capricci. Esattamente come desideri essere felice tu, lo desiderano tanti altri. Perché il tuo appagamento dovrebbe essere superiore?»
    Domandò. Non era più un tono accusatorio come prima, in quel momento Akahito stava soltanto tentando di ragionare, si stava sforzando di comprendere Hisoka anche solo un minimo nello sconfinato mare di stronzate che tanto millantava.
    «È questo il tuo problema. Pensi di avere qualcosa in più rispetto al resto della popolazione mondiale: niente di più falso. Tu, Hisoka Morow, rappresenti il nulla esattamente come lo rappresento io e chiunque altro. Anche tu sei nato, anche tu soffri, anche tu piangi, anche tu sei felice, anche tu prima o poi morirai. E il minimo che possiamo fare, nel breve tempo che passiamo su questo pianeta, è rispettarci. Rispettare i sentimenti che siamo destinati a provare per quel poco di tempo che passeremo qui, prima di giungere tutti allo stesso destino. Mi hai capito? Hai sentito cosa ti sto dicendo? TU-NON-SEI-NIENTE!»
    A quel punto, come se l’avesse contenuto fino a quel momento da quando era giunto lì, Akahito alzò il braccio destro e scagliò un possente schiaffo in direzione della guancia sinistra di Hisoka, con l’intento di colpirlo e fargli girare la testa. Nessun rivolo di vapore avrebbe accompagnato il suo assalto, solo la semplice e pura forza bruta.
    Sia che lo schiaffo fosse giunto a diventare effettivo che non, Akahito avrebbe ripreso a parlare, quella volta tornando a darsi una regolata.
    «E no, non voglio chiederti un cambiamento totale. Nessuno può sradicarsi rispetto a ciò che è, di questo me ne rendo conto anche io.»
    Il suo sguardò tornò vago per qualche istante, oscillando tra la parete alla figura di Hisoka.
    «Ti sto chiedendo di incanalare le tue energie in qualcosa di più utile. Vuoi continuare con le tue sfide di merda? Va bene, non c’è problema, ma devi plasmarle rispetto al cambiamento che devi necessariamente apportare alla tua vita.»
    A quel punto si avvicinò all’altro, tentando di far sì che i propri occhi si incrociassero con i suoi: se non ci fosse riuscito, avrebbe tentato di afferrare Hisoka per i capelli per costringerlo a fissarlo.
    «Dico necessariamente perché è evidente dove ti abbia portato la tua vecchia vita. Guardati, fai schifo, che tu lo voglia o meno non puoi più continuare come hai fatto fin’ora.»
    Sussurrò, a voce bassa, ma quella volta ci mise un po’ di cattiveria: non era il solito tono neutrale di Akahito Mori, ma per un attimo assunse una vena quasi crudele. E sì, il Vigilante se ne rendeva perfettamente conto.
    L’aveva fatto appositamente, ritenendo che in quel momento delle parole dolci e tranquille sarebbero state utili ad Hisoka semplicemente come carta igienica. Anche i suoi occhi, nel guardarlo, si erano caricati di un sentimento non troppo dissimile rispetto all’odio, ma durò poco perché Akahito sarebbe tornato normale da lì a poco.
    «Combatti le persone che ti hanno ridotto così insieme a me, oppure continua ad affondare nelle sabbie mobili in cui ti hanno gettato. E non pretendo tu mi dia la risposta adesso, puoi prenderti qualche giorno per rispondere: se non lo farai, per me sarai morto. Non ti cercherò mai più, non ti nominerò mai più, farò finta tu non sia mai esistito.»
    Sollevò il busto, a quel punto, tenendo fisso sull’altro il suo sguardo vigile e severo.
    «Allora, che ne dici?»
    Domandò. Non aveva nessuna voglia di starsene lì a pregare Hisoka fino al mattino, nonostante gli avrebbe fatto tanto piacere se il Villain avesse abbandonato quella casa con lui quella notte stessa.
    Un’ipotesi a dir poco irrealizzabile.

    LIVELLO #3 ❖ scheda ❖ VIGILANTES ❖ code ©

    CITAZIONE
    Akahito Mori
    LV. 3
    Energia: 145 - Forza: 44 - Quirk: 69 - Agilità: 37
    Peso: 0/4

    Danni: Danni Lievi Petto.

    Tecniche utilizzate: //

    Equipaggiamento: //
     
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    Niente da fare, Akahito continuava a starsene fermo sulle sue convinzioni.

    Uno dalla sua mentalità non avrebbe mai afferrato la prospettiva di Hisoka. Il mondo intero è composto da persone che ricercano la propria felicità, e – spesso – per ottenerla è necessario calpestare gli obiettivi altrui. Si pensi ad ogni singolo studente delle Accademie per Eroismo a Tokyo. I posti sono limitati, ottenerne uno significa precluderlo a qualcun altro. Se tu sei dentro, e un altro è fuori, la tua felicità ha prevalso sulla sua.

    Come si decide chi accede al benessere, e chi viene oppresso?

    Il confronto, ovviamente. La sfida. Se lo studente rifiutato avesse svolto meglio il proprio test d'ingress, sarebbe passato. Vincitori e vinti esistono in ogni sfaccettatura della vita... Hisoka era semplicemente meno riservato nel prenderne coscienza. "Sconfiggimi", incuteva al mondo, "altrimenti, la tua felicità sarà mia".

    La società è un gioco, lui uno dei pochi ad essersi veramente seduto al tavolo.

    ...E aveva perso.

    I sogni, le ambizioni, erano fuggiti dalla sua stretta. Una porta sbattuta in faccia. Se nella vita era il furbo a farla franca, lui doveva essere il più stupido a Tokyo per aver riscosso una sconfitta così devastante. Ogni filosofia che gli permetteva di andare avanti e perseguire i propri bisogni gli si era ritorta contro. Il mondo aveva giocato con le sue regole, stracciandolo.

    Se quelle convinzioni le aveva davvero, giungeva il momento di considerarsi veramente il nulla che diceva Akahito. All-In con una mano perdente. Il Re Solitario contro due Regine. Pesca del Destino ma a Deck vuoto... Ecco trovato il tassello mancante. Era in stallo, incerto di "come" o "se" recuperare la partita.

    Ma non c'era recupero.

    Il match giaceva chiuso da tempo.

    Il primo colpo del cinghiale lo scosse senza opposizione. Al secondo ricevette una risposta eguale. Il terzo si spense senza andare a segno. Per un Hisoka più lucido non servì nemmeno far un passo addietro, bastò inclinare la schiena e alzare il mento per far sì l'attacco incontrasse solo aria. I movimenti di Akahito erano prevedibili e legnosi... Ma fino a poco prima, era cieco persino ad essi.

    ...Tirò un lungo, profondo sospiro. Una volta l'altro finì il discorso lo guardò per qualche istante. Non contrariato, non confuso, ma nemmeno convinto... Si sedette, con calma, al bordo di quel materasso che supplicava d'essere cambiato, e prese a guardare... A guardarSI. Le braccia tremolanti, le mani mosce, le cicatrici e le costole accennate sotto la pelle, i capelli disastrati sporgenti da appena fuori il suo campo visivo.

    Era decisamente il corpo di un perdente. Avrebbe dovuto realizzarlo molto prima... Ma prendendone atto, cosa gli rimaneva? Dov'era la via da percorrere, lontano dal tavolo da gioco al quale sedeva da una vita? Ora che da quei tornei era bandito per sempre? Illudersi potesse ancora esistere un posticino caldo per lui l'aveva tenuto in stallo... Era tuttavia meglio dell'alternativa. Della rassegnazione.

    Soltanto l'arrivo di Akahito gli permise di guardarsi allo specchio, non solo in maniera simbolica.

    « ...Non sono tagliato per fare il Vigilante. Della gente me ne frega nulla. »

    Disse, flebile, tenendo lo sguardo basso per un po'. Stavolta non in vergogna quanto riflessione.

    « Non m'importa nemmeno di Aogiri o del vendicarmene. Sarebbe come volersi vendicare dell'Oceano, quando sei stato tu a insistere di salpare in tempesta. La persona da squartare è Hayato. »

    ...Seppur colpire Aogiri e il suo amato Shinya avrebbe fatto ben più danni che qualsiasi osso rotto. Ma non erano pensieri che uno nelle condizioni di Hisoka poteva avere. Specialmente dopo l'ultimo incontro.

    « Anche volessi darti ascolto... Anche volessi cambiare... Non saprei da dove incominciare. Cosa fare. Mi sembra tutto così noioso se osservo il mondo. »

    Alzò timidamente il capo, offrendo nuovamente contatto visivo al giustiziero in piedi davanti al letto.

    Non ancora convinto... Ma nemmeno non non convinto.

    « Ma posso almeno cominciare a pensarci, right? ♦ »

    Hisoka Morow

    Livello 7 ♠ Villain ♥ Disoccupato ♣ 25yo
    Energia: 645 ♦ Forza: 11 ♣ Quirk: 266 ♥ Agilità: 266
    Status ♥ ♣ Equipaggiamento ♠ ♦ Tecniche
    • Status
    – Contusione Media al Volto
    – Danno interiore Medio al Braccio Sinistro
    – Contusione Lieve al Mento

    • Tecniche Utilizzate
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    • Equipaggiamento
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    ©Code
     
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