Guilty Instant

Free Role | Kishou & Raoh

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    Stavano davvero discutendo di molte cose, un discorso tirava l’altro e per i due non c’era possibilità di fermarsi. Raoh stava trovando piacevole quell’incontro di lavoro, dopotutto non era male come persona quell’avvocato, forse non era neanche male come persona, non solo utile per il suo mestiere.
    Difficilmente era così la gente a Tokyo, disposta a parlare del più e del meno, di argomenti leggeri o pesanti. Bastava pensare che spesso i giapponesi annuiscono e sorridono per non offendere chi hanno davanti, anche se una cosa gli farebbe schifo, loro direbbero che era tutto Ok e di loro gradimento. Una società finta, costruita solo per sembrare Educati e perbenisti, mentre sotto si nascondevano le peggio schifezze.
    Raoh era un giapponese, si, ma diverso. Forse la cultura della famiglia, non essendo questa originaria del Giappone, aveva reso il ragazzo diverso dai soliti standard della popolazione. Proprio questo fatto lo mise alle “strette” con la cerchia di amicizie, perché era mal visto, oppure giudicato solo dalla sua esteriorità come un diverso, una persona non all’altezza di essere come un normale giapponese. Eppure c’erano in tutto il mondo persone più bizzarre di lui, gente che aveva capelli simili a serpenti, corpi deformi per le loro unicità, eppure in quello stato chi non rispettava i normali canoni della figura Umana era additato come diverso. Bastava pensare che lo stesso fotografo era un mulatto, rastaman, alto e con occhi chiari…Tutto quello che non era un normale nipponico. Al momento il volto di lui era serio e si limitava a sorseggiare il caffè e con gli occhi si era messo a guardare l’avvocato, alternando sulla strada su cui i due stavano passeggiando. Si mise ad ascoltare quella risposta pesante sul fatto dell’essere diverso, infatti il brizzolato uomo se la cavò bene davanti al fotografo e spiegò per filo e per segno che quelle differenze non lo toccavano affatto. Il discorso del nome Raoh -che comunque la spiegazione dell’avvocato lo fece sorridere divertito- non ebbe risposta, perché adesso era concentrato su quel discorso delicato. Annuì il ragazzo, mentre cercò di dire con un sospiro rassegnato:
    «Credevo la globalizzazione avesse dato una sferzata in più a questo posto, di averlo un minimo ammorbidito e cambiato nei suoi modi. Anche per i molteplici individui che vengono a vivere qui…Che sono di altre nazioni… Niente, la mentalità è sempre chiusa e bigotta.»
    Scrollò le spalle, mentre sorseggiò il caffè. Aggiunse poco dopo:
    «Sappi che non era un attacco verso di te e i tuoi pensieri o idee politiche o altro, ma solo curiosità.»
    Bugiardo, questa cosa lo aveva un po’ toccato e il fatto che si era reso serio tutto insieme poteva essere un indizio.
    Puntò la sua attenzione sul volto del brizzolato, mentre ne ascoltò ciò che l’altro aveva di curiosità verso le altre persone. La parte esteriore, l’aspetto, non era una cosa che lo faceva fermare dal parlare con qualcuno, come stava accadendo in quel momento. Un lieve sorriso trapelò sulle labbra del fotografo, mentre rivolse lo sguardo alla strada che stavano percorrendo per digerire il pranzo e godersi il caffè:
    «Mi piace il tuo modo di pensare, Kishou.»
    Cercò di metterlo a suo agio, sapeva di essere stato pesante con quel cambiamento repentino d’umore ed ora si stava riaddolcendo per lui. Doveva farlo stare bene, non passare gli ultimi istanti in preda all’ansia. Alla fine Raoh voleva solo scoprire ogni cosa di quell’individuo, così da poterne conoscere anche la più piccola sfaccettatura, ma erano solo agli inizi.
    Distese i nervi ed il volto si fece più dolce nei lineamenti, così fece vedere all’altro che si era “calmato” da quell’attimo di tensione su una domanda così delicata. Sembrava tranquillo, rilassato, tornato con quel suo essere sereno e disteso nel comportamento. La risposta successiva che fu data dall’altro era riferito a cosa avrebbe fatto se fosse stato nella tragedia delle farfalle. Pro o contro l’uso del quirk anche se la legge lo proibisce se non si era un eroe? In effetti non sapeva se l’altro avesse o meno un potere e se lo aveva chissà se era utile o no. Lo sguardo passò sull’altro e non lo interruppe nella sua spiegazione, infatti si limitò a dare un cenno di assenso con la testa, mentre sorseggiò l’ultimo residuo di caffè americano.
    Sospirò all’ultima domanda di lui e quando staccò la bocca dal bicchiere -ormai vuoto- andò a mugugnare pensieroso. Arricciò il naso un momento, per poi rispondere, ma voltò appena la testa per osservare l’altro:
    «Non so che potere tu abbia, ma non penso che uno sia inutile quando si tratta di salvare qualcuno.»
    E lo diceva lui…Lui che era un cane della Yakuza. Ma doveva mantenere un copione da “bravo cittadino”, almeno di giorno.
    «Comunque le unicità secondo me, in questo momento, sono troppo tartassate dalle costrizioni della legge. Potrebbero lavorarci su un po’ meglio, nel senso che potrebbero mettere alcune clausole per poter sfruttare le unicità per diversi settori e situazioni. Alla fine, secondo te, non è dovuto anche a questo grande blocco dei poteri dei cittadini tutta questa depressione tra la gente? Alcune volte capita di leggere sul giornale che qualcuno ha dato di balta perché era stufo di dover stare sottomesso a questa regola e non poter usare il proprio potere.»
    Sospirò profondamente, come se la cosa lo toccasse e lo facesse rimanere male. Tutta una messa in scena, ma doveva sembrare il cittadino sconsolato e triste.
    «Ma già lo fanno di usare le unicità per il bene dell’umanità, solo che secondo me è mal gestito. Chi dice che nelle scuole insegnino al meglio l’uso delle proprie unicità per fare del bene? Oppure le agenzie…Tu sai effettivamente dentro cos fanno? Come smistano e gestiscono il lavoro? E se si muovessero solo se ci fosse una giusta mazzettata di soldi sulla loro scrivania? Certe volte mi faccio dei viaggi mentali e turbe simili, ma non trovo mai una risposta.»
    Fece spallucce, cercò di apparire confuso e dubbioso sul volto, mentre voltò la sua attenzione sulla via. Vicino ad una panchina vide un cestino della spazzatura e lì andò a buttarci il bicchiere vuoto che stava tenendo in mano.



    Sorry per il ritardo!!!!!
     
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    Si stava comportando in maniera corretta? O stava come al solito divagando su argomenti noiosi? Non era una cosa che si chiedeva spesso durante le conversazioni, ma piuttosto quando le finiva e si rigirava nel letto ragionando sui suoi sbagli. Stava parlando di quelle cose perché voleva avere ragione con un conoscente o perché voleva fare conversazione? Kishou aveva sempre pensato di conoscersi, lo diceva pure il suo nome. Ma allo stesso tempo gli sembrava di osservare la sua vita da un precipizio, come se gli sviluppi che questa prendeva non fossero veramente merito suo ma semplicemente qualcosa che accadeva lontano in qualche valle. Un'eterna indecisione nell'impegnarsi o meno in qualcosa che non fosse il suo sicuro porto delle relazioni non troppo informali. Per questo un po' si sentiva strano nell'aver risposto in quel modo che sembrava un metodo per muovere una tesi in un qualche processo.
    Stava pensando troppo? Di sicuro. Non riusciva a comprendere bene Raoh, probabilmente perché pensava più che altro a come stava apparendo a lui in quel momento piuttosto che pensare che cosa stesse provando. Le parole del giovane mulatto erano amare come quel caffè, su cui ragionò silenzioso. Era davvero così? L'avvocato non riusciva ad avvertire quella sensazione che forse lui riusciva a provare in maniera così forte. Per lui la società giapponese era così perché era così. Un animale in cattività, soprattutto uno che vive da tutta la vita nello stesso zoo, non conosce il sapore del suo habitat naturale, né se sta venendo trattato in modo giusto ed equo. Conosceva la crudeltà con cui si poteva essere sostituiti, una volta ritenuti inutili per il proprio superiore. O quanto la gente facesse finta che certe cose non esistessero. Si poteva negare l'esistenza di una persona? Era già successo in passato, gli esempi in civiltà come quella degli antichi romani poteva dare un indizio su quanto le persone in generale preferissero dimenticare piuttosto che accettare le cose negative. Raoh era serio quando diceva quelle cose oppure aveva già cominciato ad odiarlo?
    Ah, non ti preoccupare. Avevo capito. - Prese anche lui un sorso di caffè per evitare che si vedesse che non era quella la verità, anche se decise di guardarlo proprio in quel momento. Si disse di mantenere la calma, guardando semplicemente di fronte a sé mentre le sue papille gustative venivano distrutte dalla bevanda amara. Anche se non credeva di aver fatto una buona figura, il fotografo apprezzò persino il suo metodo di pensare. Era una situazione un po' comica nella sua mente, forse aveva davvero bisogno di un corso per capire meglio chi gli parlava. Un po' si sollevò il suo morale che stava già cominciando a scivolare a terra, Sono discorsi interessanti alla fine. Non capita spesso di parlarne. - Commentò nascondendo il sorriso nel caffè, sentendo in qualche modo di essere sopravvissuto a quel momento di crisi senza vittime. Per fortuna la parte più pesante di quella conversazione sembrava essere finito, più che altro allontanandosi dalla sfera personale dove era più facile offendersi. Anche il fotografo era tornato ad essere quello di prima e, anche se lo faceva stare male ammetterlo perché era più giovane, era ben più sollevato di parlare con una versione di lui non particolarmente cupa.
    Posso rendere le cose che tocco più elastiche o rigide, se avessi studiato in qualche accademia probabilmente mi avrebbero buttato fuori a fare la spalla comica per tutta la vita. Ma in un'occasione di emergenza forse potrebbe rivelarsi utile. - Rise sotto i baffi, prima di continuare. Se il nome di Raoh faceva ridere, il suo Quirk per lui era la cosa più ridicola del mondo considerato che era un avvocato. C'era uno stereotipo secondo cui le persone con il Quirk legate alla carta e ai documenti finivano inevitabilmente per lavorare come segretari o insegnanti. Ecco, lui avrebbe preferito avere quel tipo di Quirk, del suo non strovava alcuna applicazione utile alla vita di tutti i giorni. E' un ottimo potere per creare tappeti elastici per i bambini dal nulla, anche se eviterei di usarlo sull'asfalto. - Meglio non testare il detto per cui i bambini sono di gomma, già.
    C'erano alcune cose del discorso di Raoh che non lo convincevano, più che altro perché non si fidava abbastanza della gente per affidargli la responsabilità di usare i propri Quirk per motivi disinteressati. Era vero che spesso era facile trovare quelle leggi una restrizione inutile per qualcosa che apparteneva all'individuo, ma nessuno nasceva volendo un Quirk. Ed essendo i poteri proprio delle "unicità" era estremamente difficile attuare una legislazione uguale per tutti e che fosse corretta e giusta. Per lui la legge era sacra, ma non era priva di difetti. Altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di avvocati, no? O forse gli uomini avrebbero trovato un altro metodo per litigare ed avere bisogno di loro, chissà.
    E' una teoria interessante. Non sono un esperto di scienza dei Quirk ma alla fine le Unicità sono parte degli esseri umani, molte funzionano con organi particolari. Onestamente penso che il Giappone potrebbe imparare qualcosa dagli stati esteri... - Kishou non aveva ancora finito il suo caffè, stranamente quel momento se lo stava godendo con calma. Ho sentito che negli Stati Uniti quasi tutti hanno la licenza, è molto più facile prenderla. O organizzano gare e competizioni con le Unicità senza problemi, qui invece è una cosa nuovissima. E' complicato perché i poteri di tutti sono Unici, ma trovo un po' ridicolo che non ci siano ancora vere leggi per chi ha un Negaquirk. - Guardò verso l'alto, gli capitava spesso quando doveva ragionare. Quello che arriva a noi cittadini non è molto, personalmente non seguo molto gli eroi. Credo che il problema sia che per avere una licenza devi seguire per forza un corso a pagamento, il che limita chi può utilizzare l'Unicità ma solo per scopo lavorativo. E' quasi una élite dei poteri? I Quirk liberi per tutti credo farebbero scoppiare il caos però. - Cominciò a vagare per quell'argomento, mentre o rmai camminava in maniera automatica. Probabilmente i passi dei due mentre parlavano combaciavano.
    Siamo semplicemente ad un estremo troppo rigido e quindi le persone si chiedono perché gli eroi possono usare le Unicità mentre loro no, anche se è una cosa più o meno accettata. Ecco, è proprio da giapponesi se ci pensi. Far finta di nulla ma rimproverare in pubblico. - Pronunciò quelle parole con una certa convinzione, criticando il sistema di cui lui stesso faceva parte. Un ingranaggio molto ipocrita, ecco cos'era.
    Personalmente non mi sento molto al sicuro qui in città e... E' abbastanza stupido e probabilmente illegale, quindi spero non esca da questa conversazione di fronte ad un caffè. - Non sapeva se poteva sentirsi particolarmente fiducioso di Raoh, ma lui sembrava tanto insoddisfatto quanto lui di come andavano le cose. Non pensava di essere un rivoluzionario, ma sentire che qualcuno la pensava in maniera simile a lui gli dava una strana forza di parlare. Alla fine era qualcosa di più ridicolo che probabilmente avrebbe preso con uno scherzo o come un modo per farlo sembrare finalmente una persona poco seria. Indicò le sue scarpe con un la mano libera, già mettendosi a ridere.
    Mi sono fatto fare un paio di scarpe che funzionano con la mia Unicità per... Rendere il terreno più morbido e correre da un criminale più velocemente immagino. Mi sono un po' pentito di averci speso così tanti soldi ed ancora non ho trovato terribili serial killer nei vicoli, ma sentire che posso fare qualcosa da solo mi dà un po' più di tranquillità. Non penso che le userò veramente, ora puoi ridere. - Avrebbe concluso così un po' aspettandosi quella reazione da parte di Raoh. Un po' ci sperava, perché si teneva quel dettaglio per sé da troppo tempo e voleva sdrammatizzare.
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    Forse aveva espresso male le sue idee, ma in fondo non era molto interessato al fatto che l’avvocato potesse essersela presa o meno. Non aveva trovato in quella misera risposta un segnale che potesse fargli capire che aveva espresso un po’ bruscamente le sue idee..E si, alla fine aveva dato tra le righe del bigotto pure a lui, anche se si era corretto dicendo che non lo aveva fatto. L’altro si stava nascondendo dietro quella sorsata di caffè e con uno sguardo che era puntato in avanti, per poter guardare dove stava andando, di rimando Raoh non se ne curò più di tanto e proseguì nella discussione ed annuì al suo dire:
    «Si, non succede quasi mai di poter affrontare certi argomenti. Molti sviano e parlano di altro.»
    Cercò di addolcire la pillola che aveva appena dato all’altro da mandare giù, non sapeva che aveva un po’ scombussolato il buon umore dell’uomo, infatti aveva semplicemente cercato di stare tranquillo e di infiocchettare il discorso per renderlo meno pesante di quanto lo sia stato.
    Il discorso si stava affievolendo e lentamente lasciò lo spazio a quello che era il quirk dell’avvocato. Raoh assottigliò gli occhi quando sentì cosa potesse fare con quel potere. Lui si definì una possibile spalla comica e il fotografo di rimando andò a dare un cenno di negazione con la testa, mentre gli occhi si fiondarono su di lui:
    «In realtà penso che sarebbe davvero utile. Come mai ti sminuisci in questa maniera, Kishou? Il tuo potere secondo me non è così comico, ma anzi… Potresti essere anche il protagonista della situazione, non l’aiutante.»
    Cercò di fare il ruffiano, di essere come un gatto che si strofinava alle gambe del padrone in cerca di croccantini. Lui lo faceva con le parole, cercava di essere il più amichevole possibile e di rimediare a quel precedente attimo di oscurità che aveva fatto calare con un pesante argomento riguardante la società e la sua chiusura mentale verso il diverso. Doveva farselo amico, non nemico, poteva essere utile in futuro.
    Disegnò un sorriso sulle labbra in risposta alla sua risata, mentre tornò a guardare avanti a se per poter godere di quella passeggiata sotto l’ombra degli alberi che stavano germogliando le foglie sui loro rami.
    Le parole dell’altro sul fatto che il Giappone avesse delle regole “retrò” o proibitive sull’uso dei quirk erano veritiere. Aveva ragione, negli altri stati era regolarizzato diversamente e c’era una libertà maggiore sull’utilizzo delle proprie unicità. Sospirò come un sognatore e cercò di puntare un momento la coda dell’occhio sulla figura dell’avvocato che lo stava affiancando in quella camminata:
    «Hai ragione. Secondo me il governo non vogliono dare troppa fiducia alla popolazione perché non si fidano di noi… Potrei fare un pensiero un po’ brutale, ma sembra che noi siamo un branco di cani e loro i padroni, quindi ci reputano inferiori, stolti e che potremmo fare danni se non messi in un recinto o legati al guinzaglio. Dimostrano che non vogliono prendere spunto dalle altre nazioni perché si sentono superiori, almeno ai miei occhi questo mi sembra di vedere.»
    Si umettò le labbra, poi fece spallucce e cercò di sistemare brevemente il colletto del cappotto con entrambe le mani:
    «Sui Negaquirk non ci sono abbastanza leggi adeguate perché sono ancora inesperti? Non saprei, ma è sempre il solito discorso: ci sono paesi che possono aver trovato soluzioni e creato leggi a riguardo, ma il Giappone si sente troppo grande per poter chinare la testa e prendere spunto o copiarla proprio. Non penso ci sia un copyright sulle leggi da paese, a paese, no?»
    E ridacchiò a quella battutina finale, voleva smorzare un po’ e alleggerire il tutto per non sembrare il ragazzo lamentone o pesante.
    Lo ascoltò e sentì come quel pensiero sulla rigidità del paese e del “blocco” sui poteri poteva essere un ostacolo. Portava sicuramente malumore tra la popolazione, anche se in quella nazione la gente preferiva starsene zitta in un angolo e subire, piuttosto che esporsi e fare una figuraccia o venire additato come una persona malevola.
    «Già... Troppa rigidità porta anche a rivolte, il popolo per un po’ resta in silenzio, però certe volte la gente esce fuori di cervello per queste costrizioni. In effetti se una famiglia è povera e non può permettersi di pagare una retta al figlio per studiare come eroe, è castrante. Dovrebbero rivedere anche quella parte… E puoi stare tranquillo, è un piccolo sfogo e argomento che resterà qui, non verrà divulgato con altri. Sarà una cosa tra noi.»
    Garantì la secretezza di quel discorso, di non tirarlo fuori in altri posti o con altra gente, soprattutto i pensieri che aveva espresso l’altro. Forse anche lui era influenzato tanto dal modo di fare dei giapponesi, alla fine anche lui c’era nato e cresciuto in quella società, anzi, forse peggiore di quella della grande metropoli, perché cresciuto in una cittadina decisamente meno globalizzata di quella dove erano adesso i due uomini.
    Alla storia delle scarpe e dell’inseguire dei serial killer, Raoh sgranò gli occhi e sorpreso si voltò a guardare l’altro. Sollevò il sopracciglio destro e incredulo andò per un momento a fissare verso le scarpe di lui, poi torno al suo viso. Trapelò un sorrisino sulle labbra, gli occhi si strinsero appena. Si, stava trattenendo una risata. La voce gli tremò un momento:
    «S-Scarpe adatte alla corsa per sfruttare il tuo potere? Diamine, sei proprio sorprendente! Non ti ci facevo aspirante eroe che si nasconde dietro delle scartoffie da avvocato! Ahahaha!»
    Alla fine rise, ma non era per sfotterlo, semplicemente l’immagine dell’avvocato in stile super man (che con gli occhiali è Klark e senza è un eroe) lo fecero divertire. Sospirò per sfumare quella risata, mentre andò a guardare in direzione del volto dell’uomo e mostrò un’espressione serena e calma:
    «Hai lo spirito altruista da eroe. E poi che importa, se non inseguirai un serial killer, potrai usare le scarpe per avere una camminata più comoda su terreni scomodi… Che ne so, magari quando fai una passeggiata in montagna.»
    Sdrammatizzò così, mentre cercò di tornare a guardare avanti a se.

     
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    Sotto quella testa brizzolata cominciò a ragionare sul perché non fossero discorsi comuni quelli, visto che le Unicità erano parte integrante della vita di molte persone. Probabilmente era qualcosa di scomodo e si sperava di poter lasciare tutto all'ordine costituito, senza domandarsi troppo come migliorare ciò che erano ormai vecchie leggi. Il Kishou che abitava in quella città così lontana dal mondo al di fuori del Giappone probabilmente non avrebbe mai dubitato della sacra legge che comandava tutti gli abitanti di quella terra. Ma ogni giorno di più sentiva che non era così efficiente come sperava e sognava, non era giusta come voleva che fosse. Erano grandi discorsi che rientravano in ciò che era morale, ciò che era giusto e ciò che era legale. Se doveva dire la verità a lui piaceva parlare di quelle cose perché rientravano nel suo campo, seppur non avesse mai tentato una carriera politica. Con naturalezza ripresero quindi quel discorso che generalmente andava a morire tra le persone comuni e parlando di sé il fotografo lo lusingò, prendendola come battuta.
    Le avventure di Elastic Man, potrebbe funzionare. Ti ringrazio, anche questo non è un discorso che faccio spesso. - Prendendosi un po' in giro rigirò un po' il caffè rimasto all'interno del bicchiere, lasciandone mezzo centimetro sul fondo ma buttandolo comunque il più stabilmente possibile in un cestino della plastica. Si chiedeva come li vedevano gli altri che camminavano qua e là per il parco, a volte vicini a loro a volte sopra un altro sentiero. Sembravano amici? Due uomini che parlavano di affari loschi in un luogo tranquillo? Fidanzati? No, meglio levarsi quel pensiero dalla testa. Le parole di Raoh gli sembravano corrette, almeno dal suo punto di vista, se non leggermente influenzate da un certo rancore. Era la sua idea e quasi se lo immaginava un po' attivista, non sapeva perché. Lui gli dava ragione, ma non riusciva ad ammettere ad alta voce di sentirsi un cane rispetto al governo. Forse una specie di guardia che si occupava che tutti rispettassero la legge e che occasionalmente poteva aiutare gli altri a fin di bene?
    Mh. Direi che il problema sono i cani rabbiosi che fanno rinchiudere pure quelli buoni... - Ragionò, prima di ascoltarlo sulla questione Negaquirk. Pensandoci era più centrato sulla questione che il Giappone rifiutava di evolversi. Non era del tutto d'accordo, ma trovò giusto quello che disse poco dopo e si unì con un sorriso alla sua risata alla fine. Hai ragione pure tu, credo sia abbastanza legale prendere per sé qualche legge più giusta. Credo che i Quirk negativi siano trascurati un po' ovunque, ma considerato che abbiamo così tanti studiosi come Matsumoto dovremmo essere l'avanguardia per il mondo. Capisco non copiare le leggi per orgoglio, ma almeno potremmo fare una bella figura ogni tanto. - Agitò leggermente le braccia come per scrollarsi quel problema di dosso, non sapendo come risolverlo. I metodi per comunicare col governo c'erano, ma quando si trattava di una direttiva sanitaria che doveva coinvolgere tutto il Paese non era sicuro che si potesse ottenere udienza così facilmente.
    Si è cominciata a fare sensibilizzazione adesso, per fortuna. Ma ci sono tanti interessi economici... Dottori e cliniche privati, i farmaci sperimentali, terapie lunghe e costose per i pazienti. Magari la ricerca non vuole andare avanti. - Sorridendo imbracciò quel discorso con tono leggero, non volendoci stare per molto. Non era molto tipo da complotti, ma gli sembrava quasi logico che non tutti volessero soluzioni così immediate ai propri guadagni. C'erano infinite malattie croniche le cui soluzioni sembravano apparire sui giornali per poi sparire dall'esistenza il giorno dopo, malattie ben più gravi che richiedevano materiale medico ben più costoso dei Negaquirk. Insomma, siamo dei disastri anche senza Quirk. - Si mise a ridere anche se quella visione era pessimista, chiedendosi come avrebbe risposto l'uomo mulatto che aveva accanto. Forse quegli anni in meno gli davano una speranza per il futuro che superava quella dell'avvocato. O magari era sapere meno come girava il mondo?
    Eh. Forse non dovevo darti il via libera per ridere. - Per la prima volta si sentiva davvero in imbarazzo. Nei discorsi precedenti aveva dovuto far conto con la sua eccessiva educazione o complessi che esistevano solo nella sua testa. Ma volendosi esporre un po' di più aveva capito che doveva far conto di sorbirsi le prese in giro altrui, cosa che aveva provato a sopportare. Si sentiva spesso confrontato in aula, era facile per lui controbattere se era necessario. Ma in quel caso si diceva a sé stesso che cosa si aspettava accadesse. Lo aveva detto perché era uscito quel discorso sulle Unicità, un po' perché Raoh gli sembrava una persona in grado di mantenere un segreto. Gli sarebbe piaciuto saper arrossire a comando o che si vedesse sul suo volto stanco, ma semplicemente socchiuse gli occhi per un istante prima di tenere la bocca sottile. Doveva imparare a tenerla cucita se non voleva vedere cucire un abito da incarcerato in futuro.
    B-beh... Da bambino era il mio sogno, un po'. Ecco, mi sono messo a fare l'avvocato perché ero un appassionato di giustizia, anche se mi sono maledetto cento volte quando ho dovuto studiare tutti quei libri. - I polpastrelli si unirono tra di loro mentre guardava il fotografo, cercando di fare il suo miglior sorriso disperato. Era quasi felice che Raoh avesse frainteso visto che lui voleva scappare via dai serial killer, mica acciuffarli. Non voleva diventare un caso di cronaca nera, ne leggeva abbastanza sul giornale.
    Spero almeno di usarle in futuro. Aiutare gli altri, anche solo correndo via, è una cosa buona. Penso che tutti vorrebbero essere degli eroi per un giorno, non trovi?. - Rimuginò ad alta voce, prima di girarsi con lui con finti occhi di stupore, facendo appello alle sue capacità di attore. Cioè, usarle per le gita in montagna intendo. Ovviamente. - Fece il finto tonto scherzando, sperando di recuperare la figura fatta poco prima. Pensandoci, probabilmente la maggior parte delle sue interazioni consistevano nel non sembrare troppo idiota nonostante l'età. Si era ridotto parecchio male.
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    Quel ridere che aveva esternato il giovane fotografo, fece imbarazzare di rimando il povero avvocato che, senza troppi fronzoli, andò a dire tra le righe che era a disagio. Raoh sospirò e tentò di mantenere un sorriso lieve sulle labbra fini, mentre gli occhi color miele si misero a puntare in direzione di lui per una manciata di secondi. Scosse la testa come a cercare di negare quella sminuente risata, perché non era lì per prenderlo in giro, andiamo:
    «Andiamo, ogni tanto ridere fa bene…E prendersi anche un po’ per il c-»
    Ma si bloccò quando stava per dire quella parolaccia, culo, infatti trasalì e cercò di correggersi velocemente:
    «..fondelli. Ehehe..»
    Cercò di sollevargli l’animo e di non farlo restare in quel limbo di vergogna e disagio, infatti cercò di tenersi per sé quello che stava per dire riguardo le avventure di elastic man. Non doveva rovinare quel momento, doveva farsi amico l’avvocato, non il contrario!
    Cercò di rimanere sul discorso del governo, almeno per ora, infatti cercò di rispondere sulla faccenda delle cure sperimentali, sui modi in cui il governo gestiva le cose riguardante negaquirk e simile:
    «Comunque…Il fatto che trascurino i quirk negativi, mh, chi lo dice? E se ci fossero associazioni finanziate dal governo stesso, segrete a noi comuni cittadini, dove stanno da anni lavorando su questo? Io alle volte me lo faccio questo viaggio mentale. Forse sono sempre influenzato dai film, ma se lo fosse veramente?»
    Sospirò ed andò a guardare per un momento in alto, verso le fronde degli alberi che erano ancora in fase di germogliatura. Fissò i rami, poi passò al cielo, oltre quelle diramazioni lignee. Seguì per un momento qualche nuvoletta passeggera, per poi proseguire nel discorso:
    «Beh, il Giappone sembra che voglia apparire come la città delle meraviglie, dove la tradizione incontra l’innovazione, tutto perfettamente regolarizzato e tenuto al suo posto… Un po’ come una bella vetrina di un negozio da ammirare. Non credi? Oppure sono io che vedo male questo paese perché mi sembra così stretto per me e il mio modo di vedere il mondo..»
    Fece spallucce, mentre osservò come l’altro gettava via il bicchiere e notò come stava attento a non rovesciarne il contenuto che era rimasto, una misera quantità di caffè americano. Non disse nulla, ma si limitò ad aspettarlo per poter poi continuare la loro passeggiata.
    A differenza di lui, Raoh non si stava facendo problemi riguardo a cosa gli altri stavano vedendo. Una coppietta di fidanzati? Amici? Colleghi? Beh, che male c’era se anche fossero stati qualcosa di più? Al fotografo non importava se era un maschio o una femmina la persona con cui trascorreva del tempo, l’importante che stessero bene, soprattutto il mulatto stesso -un po’ egoista, ma vabbè.
    Al suo dire sulla ricerca che non voleva fare passi avanti, Raoh ruotò appena lo sguardo in direzione del brizzolato. Osservò il suo volto per un momento, per poi assottigliare le palpebre e rispondere:
    «Va avanti la ricerca, ma solo con chi tira fuori la grana. Anche loro hanno i piccoli e loschi affari. Chi paga di più, riceve di più e ci fa guadagni sopra. Ormai sono secoli che il mondo fa valere di più il soldo ed il potere…Inutile che dicono “l’importante è che ci sia la salute”. Puhà, ma a chi la vogliono dare a bere.»
    E schioccò la lingua sul palato, mentre cercò di scuotere la testa e così mosse i pochi dreadlock che erano fuori dalla sua acconciatura e rotolarono appena sulla sua schiena.
    Alla fine il discorso andò a concludersi sul fattore di aiutare le persone e lui, da brav’uomo, aveva cercato di andare a parare la via della legge e della burocrazia, di seguire un’altra maniera per aiutare la gente: facendo l’avvocato. Arricciò il naso il mulatto, mentre sorrise debolmente sulle labbra ed annuì:
    «Sei l’eroe delle scartoffie, un’eroe in toga…Ok, fa schifo come battuta.»
    Si rimangiò da solo quella battutaccia fatta, ma voleva smorzare quell’alone di imbarazzo che l’altro aveva sul suo viso. Non era rosso sulle guance, ma il suo sguardo e quella durezza nei lineamenti lo fecero drizzare nelle antenne -che in realtà non aveva, era solo un modo di dire. Un campanello d’allarme che poteva aver reso una giornata tranquilla un totale fallimento. Doveva rimediare, quindi si dette del pessimo tra le righe, così da cercare una risatina dall’altro.
     
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    Inizialmente non era nemmeno sicuro che Raoh apprezzasse quel tipo di discorso, ma ora che stavano continuando a parlare aveva compreso che aveva una certa passione per certi argomenti che potevano scivolare in qualcosa di più pericoloso. Non era il tipo da fare accuse ma quel fotografo un po' lo insospettiva con quei complotti e quell'interesse verso di lui, tanto era la stima che aveva di sé stesso che pensava alle cose peggiori piuttosto che ritenersi qualcuno in grado di riscuotere interesse. Meglio sminuirsi che sembrare vanitosi, gli avevano spesso ripetuto i genitori, e continuava ancora da adulto a comportarsi così. Mentre le scarpe crepitavano sotto il rumore della strada irregolare, osservò per qualche istante un gruppo di studenti passargli accanto. Facevano rumore e sembravano quasi affannati a portarsi dietro quelle cartelle pesanti, facendogli domandare se anche lui era così ai tempi. Che strano pensare che non era nemmeno passato così tanto tempo ma gli sembravano storie di un secolo prima, dove non era nemmeno lui il protagonista.
    Chissà che studiano. Dai loro volti tristi direi medicina. - Commentò dopo averli superati. Forse aveva qualche riserbo verso le altre facoltà e, mandando un po' a quel paese gli insegnamenti su cui aveva riflettuto poco prima, gli piaceva ritenere quello che aveva superato leggermente superiore agli altri. Un po' scherzava ed un po' era serio, forse mettendo in pratica gli insegnamenti di Raoh. Dai, se riesco a smettere di darti del lei direi che puoi permetterti improperi. - Il suo tono era ironico anche dopo l'utilizzo di quelle parole un po' più eleganti, dette appositamente per tentare di non smorzare quel clima allegro. Era una delle poche volte che si sentiva libero di fare battute senza dover mandare giù qualche bicchiere di alcool per alleggerire l'atmosfera. Che strano pensare quanto fosse facile diventare "uguale" a qualcuno semplicemente facendolo ubriacare con te, come se quelle sostanze fossero un lasciapassare per abbattere le barriere sociali. O forse aveva qualche problema con gli alcolici e doveva smetterla di trattarli come se fossero ambrosia.
    Mh. Non arriverei al punto da metterci in mezzo al governo. Ma come dimostrato con il Culto, qualcuno che vuole muovere i fili della città come vuole c'è. - Lo guardò di sfuggita con gli occhi rossi, prima di portare la mano al mento pensieroso. Come dire. Penso che sia impossibile che il signor Takashi sia l'unico con interessi sui Quirk, considerati gli avvenimenti prima di ottobre. Anche se qui sto facendo più il lavoro di un detective. - Kishou era semplicemente una persona che raccoglieva informazioni in maniera naturale, a volte anche contro il suo volere. O si informava sui giornali oppure erano i suoi stessi clienti a parlargli di gossip sulla città. Puntò anche lui gli occhi al cielo successivamente, rimuginando su ciò che Raoh gli aveva detto. Si era mai sentito stretto in Giappone? Per una persona che prima aveva come unica ambizione quella di diventare un uomo di successo, il tipico uomo di quel paese che pensava ad una bella carriera ed in futuro a dei figli, era difficile da dire. Più che dalla società, l'avvocato si sentiva oppresso dai suoi stessi pensieri. Odiava le sue idee perché andavano contro i suoi studi, ma sentiva che non poteva vivere per sempre facendo buon viso a cattivo gioco con chi credeva essere ingiusto. Forse la società giapponese era veramente corrotta e lui stava cercando di giustificarla con i rimasugli della fede verso le persone che la componevano.
    No, pure io... Penso ci sia qualcosa di sbagliato nella nostra società. - Corrugò la fronte come se stesse fissando qualcosa di sgradevole, prima di girarsi verso di lui con fare dispiaciuto, un sorriso che avrebbe fatto socchiudere gli occhi. Scusa, ho detto qualcosa di strano! - La buttò sul ridere, anche perché voleva evitare di sembrare un pazzoide di fronte al fotografo. Alla fine le opinioni di Kishou non erano poi così poco comuni, ma sarebbe sembrato un po' strano se avesse continuato a marciare in quella direzione. Non era un paladino della giustizia e non lo sarebbe stato neanche tra mille anni, non era il tipo da mettersi un costume ed andare in giro a sputare parole sulla bontà dell'uomo. Perlomeno parlare delle sue figuracce lo distraeva da quei tristi pensieri ed un po' captò che il fotografo cercasse di non farlo sentire troppo imbarazzato. Lo era ancora, però quella battuta ritenuta orrenda un po' lo fece ridere sotto i baffi.
    Perlomeno sarei elegante. Effettivamente, se posso chiedere... Qual è la tua Unicità? Stavo valutando un possibile sidekick e mi serve sapere la tua referenza. - Avrebbe aspettato la risposta del mulatto, ma nel frattempo avrebbe guardato l'ora sul cellulare. Non gli restava molto tempo se considerava il tragitto di ritorno e decidere se prendere i mezzi pubblici od un taxi, in base a quanto si sentiva spendaccione quel giorno. L'avrebbe quindi fatto presente all'uomo, rallentando un po' il passo ed indicando la strada dietro di loro. Ah, tra poco devo tornare in ufficio. Ti spiace se cominciamo a tornare indietro? - Avrebbe chiesto con gentilezza, sperando di non risultare troppo maleducato.
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    KISHOU SAZAMA
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    Al mormorio che l’altro fece riguardo gli studenti che stavano passando di lì, Raoh non poteva fare a meno di tirare un’occhiata verso quelle persone. In effetti i loro sguardi e volti erano tristi, ma forse sembrava più una stanchezza dovuta allo studio che non finiva mai.
    Il fotografo sorrise divertito a quel commento, come mai proprio medicina? E se invece stavano studiando altro? Notò come l’altro aveva tirato sul sicuro quel commento su cosa quei ragazzi si erano cimentati negli studi, ma non replicò su questo:
    «Hai nostalgia dell’università? »
    Si voltò appena di qualche grado per osservare la reazione che poteva avere, mentre socchiuse gli occhi e cercò con essi di studiarne le espressività altrui.
    Non pensava che stava dando dei sospetti all’altro, anzi, sembrava essere sicuro del contrario e di giocare bene le sue carte da Fotografo banale della più grande metropoli del mondo…O quasi. I loro argomenti si spostavano da cose leggere, ad altre un po’ più pesanti e dure da digerire, come la questione dei Quirk e il governo come gestiva la cosa. Non replicò, anzi, si limitò ad ascoltare e sospirò appena per cercare di fissare un momento la via che stavano percorrendo in quella passeggiata post pranzo. Si limitò a riflettere un po’ su quel commento e su come l’altro si stava mutando in un detective, invece di vestire i panni dell’avvocato. Lasciò il leggero sorriso sulle labbra, mentre annuì e rispose con tono garbato e tranquillo:
    «Detective Kishou di giorno, Elastic man di notte… Potremmo farci un film…mhmhmh.»
    Ridacchiò a quella piccola scena che aveva composto grazie all’uso della sua immaginazione. Lo stava sfottendo? Giusto un pizzico, ma lo faceva in maniera bonaria e non offensiva per sminuirlo. Cercava di essere un amico cazzone, simpatico e giocava sul fare battute su se stesso, ma anche sull’altro. Forse stava azzardando un poco, dopotutto non sapeva effettivamente quanto l’altro fosse permaloso. Poteva rischiare di offenderlo senza volerlo.
    Alla domanda su quale fosse la sua unicità, l’altro andò ad abbassare a mezz’asta le palpebre, mentre cercò di ficcare le mani nelle tasche del cappotto. Che cosa doveva dire? La verità? O inventare qualcosa? Si limitò a giocare la carta del “momento imbarazzante”, infatti cercò di calare appena le sopracciglia in segno di dispiacere, mentre un sorrisino debole ed incerto si dipinse sul suo viso affilato e scuro. Voltò di poco lo sguardo su di lui, sfuggente, come se si vergognasse a rivelare la cosa all’altro:
    «B-Beh, una unicità del cavolo…A dire il vero mi hai spiazzato. Speravo tu non me lo chiedessi..»
    Giocava a fare il ragazzo impacciato ora, quello che si stava trovando a disagio per apparire più tenero o robe simile agli occhi dell’avvocato. Sospirò come se fosse rassegnato e cercò di scrollare le spalle:
    «Disidrato… Riesco a levare particelle d’acqua da piante, fonti di acqua o simile… Diciamo che come eroe sarei utile a levare la ritenzione idrica da una vecchietta in ospedale con problemi di liquidi in eccesso nel corpo. Ahahahah!»
    Se la rise, voleva cercare di smorzare il momento e di far apparire quella scena divertente agli occhi dell’altro.
    Alla richiesta di tronare indietro, Raoh rallentò e voltò lo sguardo per cercare di guardare la strada al contrario, quella che avevano fatto per arrivare fino a lì. Annuì e cercò di fare un breve cenno con la testa per indicare la strada. Si voltò e così riprese a camminare, ma verso la parte da cui erano giunto:
    «Si va bene. Senti, quindi ci vediamo per la cena…Va bene? Tanto il mio numero lo hai. Puoi scrivermi quando vuoi, appena posso rispondo.»
    E sorrise, anche se stava ancora giocando a fare il timido e non lo fissava in viso, anche se cercava di tenere un certo rigore nella postura.

     
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    Aveva fatto poco prima una visita nei ricordi, tentando di allontanarsene per non cominciare a viaggiare lungo tutto la sua vita. Restare nel passato era forse la scelta più facile per molte persone che conosceva ed era qualcosa che diceva in maniera dispregiativa. O almeno per lui che da ciò che aveva passato rifuggiva con tutte le sue forze, era inutile rivangare ciò che era andato. O così si diceva, dopo aver rovinato tutto ciò che aveva costruito in quegli anni. Aveva sciupato la carriera ed il rapporto con la sua famiglia vecchia ed anche quella nuova. Chiuse gli occhi rossi per un attimo in più facendo spegnere quelle due fiaccole sotto le palpebre, preparandosi a rispondere. A lui mancava quando si trovava a casa sua e poteva vivere ogni mattina senza svegliarsi con l'ansia di essere cercato dalla polizia o con il senso di colpa di aver distrutto ciò che aveva fatto. Se proprio doveva rispondere a quella domanda di risposta ne aveva solo una e seppur non stesse mentendo, di sicuro non stava dicendo tutta la verità.
    Un po'. Non pensavo che dopo quella ci sarebbero state giornate ancora più piene di cose da fare... - Le università giapponesi erano conosciute per l'infinito numero di ore di studio e come molte persone impazzissero dietro agli esami, lui compreso. Ne era uscito vivo per fortuna, ma ancora peggiore era quando aveva iniziato a lavorare presso un grande studio. C'erano meno persone che volevano sfruttarti e farti fare orari di lavoro pessimi. Per fortuna ne sono uscito aprendo in proprio, anche se non ci tornerei mai. - Si intravedeva un po' di nostalgia nelle sue parole nonostante il rifiuto categorico di rivivere l'esperienza. Era perché non sarebbe mai stato in grado di fare a meno della sua libertà personale o perché non voleva di nuovo chiudersi, tornare indietro? Non lo sapeva con precisione ma temeva che una parte di lui si sarebbe fatta volentieri altri cinque anni di studio solo per sfuggire un po' allo stress che accumulava a lavoro. Forse ne avrebbe raccolto comunque e a gravargli sul collo non ci sarebbero state le scadenze dei documenti e dei casi ma gli esami. E chissà se Raoh avrebbe provato a ripartire da zero un giorno di quelli, giusto per provare esperienze nuove. No, non era la stessa cosa che si immaginava Kishou con il suo percorso di studi. Era stato fortunato a poter studiare con calma nonostante la sua passione per la materia, che dava per scontato ma che realizzava solo in certi momenti di quanto fosse preziosa.
    Tsk. Sentirai presto notizie dal mio avvocato per il copyright. Ah, giusto. - Gli piaceva fare le battute sulla legge e sugli avvocati, era una delle cose che faceva di più proprio quando studiava. Credeva che a tutti piacesse quel tipo di umorismo, anche se alle volte gli capitava evidentemente di non far ridere. Però Raoh era diverso, sembrava spesso appassionato di quelle cose e forse, in un remotissimo angolo del suo cervello Kishou era convinto di stargli anche simpatico. Nella parte più esterna c'erano preoccupazioni passeggere o meno e solo ora cominciava a risvegliarsi in lui il desiderio di restare con gli altri e trovare amicizie. Facevano comodo e gli piaceva stare in mezzo alla gente, come se fosse una persona normale. Ma lo era, giusto? Non aveva ancora perso la capacità di stare in mezzo agli altri.
    Ah, non devi dirmela se non te la senti... - O forse sì, era proprio diventato una frana. Era così strano chiedere il Quirk degli altri a Tokyo? Per lui era una cosa secondaria, appena sopra chiedere gli hobby o cosa si faceva di lavoro. O forse era lui fin troppo abituato a pensare che le Unicità fossero degli accessori della persona e che era sempre più comune trovare persone con Negaquirk. E se proprio il mulatto avesse un Quirk con effetti negativi ed imbarazzanti che non ci teneva molto a rivelare al primo che passava? Sarebbe risultato insensibile, anche se il conoscente sembrava pronto a dirglielo nonostante tutto. Si fece una risata trattenuta male, non tanto per prenderlo in giro ma quasi per sollievo rispetto all'argomento.
    Non è l'Unicità peggiore del mondo! Io pensavo fosse qualcosa di orribile, ma direi che qualche uso c'è. - Non che gli venissero in mente in quel momento, ma la reazione del fotografo lo divertì a tal punto che si unì con lui alle risate. Era la prima volta che si comportava veramente in maniera timida e fu così plateale che lo stranì. Forse si era preoccupato troppo e semplicemente era un modo come un altro di rivelare un potere non particolarmente utile, come se si dovessero mettere di fronte e confrontare. Ma alla fine quasi tutti vivevano la propria vita senza usare l'Unicità, tranne quando si trattava di lavoro o si era dei criminali. C'era veramente bisogno di preoccuparsi così tanto per quanto fosse utile? L'Unicità poteva lavorare per te o renderti una persona felice? Era assurdo pensare che in alcuni casi sì, poteva lavorare al posto tuo o renderti felice, ma non era vero per la maggior parte della popolazione. Cercare una ragione od un senso per il potere con cui bisognava convivere era come disperarsi di essere nati troppo bassi o con certe forme. E pure queste cose si potevano cambiare con un po' di impegno e soprattutto soldi, al contrario del Quirk. Quello si poteva solo togliere o così aveva provato a fare Hanzo Takashi.
    Certo. Ti mando un messaggio normale, forse dovrei decidermi e scaricare QMail... - Un po' sconsolato in volto nel parlare della sua mancanza, che derivava dalla sua sfiducia verso quell'applicazione. Anche se sui social avevano detto che i dati degli utenti erano tutti in ordine, non si fidava a creare un account lì. E se gli avessero fregato la password? Lui le usava tutte uguali e doveva ammettere anche piuttosto semplici per non dover faticare di ricordarsi ogni singolo account, sarebbe stato un po' un disastro per lui. E soprattutto, se qualcuno avesse aperto il suo profilo e cominciato a mandare messaggi imbarazzanti alla sua rubrica? Era quello il rischio maggiore per un lavoro che si basava sulla reputazione rispettabile della persona. Il resto della camminata fu più o meno silenziosa da parte di Kishou, più che altro perché stava pensando a cosa dire. Doveva ringraziarlo per la giornata? Non sarebbe apparso un po' troppo appiccicoso in quel caso? Doveva andarsene in maniera seria e professionale, annullando la lunga conversazione che avevano avuto? Non voleva neanche quello. Per quello sembrò leggermente sovrappensiero lungo tutta la camminata, rispondendo in caso a Raoh ma concentrandosi su altro. Terminata la strada del parco ed infilandosi di nuovo tra la gente, sarebbero bastati loro pochi minuti per arrivare di fronte ad una delle entrate delle stazioni della metropolitana, uno dei tanti portali che facevano arrivare al formicaio sotterraneo di Tokyo.
    Uhm. Grazie per il pranzo. - Girò solo leggermente la testa e perlopiù lo sguardo, rivolgendosi al fotografo mentre portava per un attimo il pugno alla bocca abbassandolo subito dopo. L'altra mano era stretta sulla cartella da ufficio, guardando l'uomo. E' stato abbastanza rilassante fare quella passeggiata, dovrei farne di più spesso. Spero di non averti annoiato con i miei discorsi da vecchio. - Sorrise ma era molto imbarazzato a pronunciare quelle parole così dirette. Sospirò, il freddo che cominciava di nuovo a dargli fastidio. Guardò poi il cielo grigio, mentre si incamminava per scendere i gradini della metro. Si sarebbe però rivolto a Raoh ruotando il corpo verso di lui.
    Speriamo che questo brutto periodo passi e che vengano clienti da entrambi. Se avrò bisogno di altre foto ti chiamerò sicuro. Ah, non ti dimenticare che dobbiamo uscire! - Era serio, ma allo stesso tempo era un suo modo per cercare di risultare alla mano. Era quello il suo ultimo saluto al fotografo, prima di entrare di nuovo in quella caverna di persone ed attraversata da un solo mostro che portava tutti in giro nel suo stomaco. Divorava le persone e la loro felicità, ne era sicuro, oltre che la loro energia. Si sentì subito stanco quando entrò in quel luogo rumoroso e che brulicava di gente. Sperava che il riscaldamento fosse rimasto acceso, almeno non sarebbe morto di freddo.
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    KISHOU SAZAMA
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    Scusami molto per il ritardo, ma per qualche motivo le notifiche di FF non mi hanno segnalato che avevi risposto. Grazie mille per la role, in caso se dovrò rispondere a Raoh lo faccio in un altro post ^^
     
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    Forse era solo un’impressione di Raoh, ma gli sembrava che Kishou si stesse allentando nel suo essere rigido e serio. La cosa lo aveva piacevolmente rasserenato, si sentiva che stava facendo entrare confidenze e fiducia nei confronti dell’altro.
    L’avvocato incominciò a scherzare più frequentemente e di rimando il fotografo ridacchiava accompagnando le risa dell’altro, condividendo il momento di simpatia e divertimento.
    Finalmente aveva incominciato a scherzare su se stesso, ma anche giocando con lo stesso mulatto che restava volentieri a farsi giocosamente prendere in giro. La cosa che lo sorprese un momento, o meglio lo fece incuriosire, fu quella sua espressione meno serena quando avevano affrontato il discorso università. Che fosse una nota dolente? Lui non voleva tirare fuori tristi pensieri, stava cercando di dare una buona impressione di se e non poteva rovinare tutto ponendo del malumore nell’altro. Continuavano a passeggiare e la loro giornata fredda e grigia si era trasformata in qualcosa di piacevole, come se fosse giunta la primavera ed avesse trasformato quei “seri” momenti di lavoro in qualcosa di gradevole. Sospirò al suo commento dove aveva aperto per conto suo uno studio legale, infatti Raoh fece spallucce e commentò guardandolo per un momento fugace:
    «Almeno sei padrone di te stesso e puoi gestirti come vuoi gli orari, no? E immagino che non avere una persona col fiato sul tuo collo sia molto…meglio? Magari erano i tuoi superiori dei rompica- scatole…Rompi scatole.»
    Si era corretto nel dire la parolaccia, dopotutto non aveva ancora capito se a lui potesse dare fastidio un linguaggio scurrile e grezzo come quello che alle volte il fotografo utilizza… Ovviamente non davanti ai clienti…
    Quando fece la battutina sull’avvocato e che avrebbe avuto modo di ricevere qualche pratica di querela, Raoh ridacchiò e capì che l’altro aveva fatto quel gioco di parole e dato che proprio il ragazzo dalla chioma grigia era l’avvocato in questione. Scrollò le spalle e sospirò una piccola nube di condensa, per poi proseguire nel discorso:
    «Allora io prenderò un avvocato per conto mio…Oh no aspetta-»
    Cercò di ricambiare a quella battuta, ovviamente per come l’aveva detta doveva far intuire che il suo avvocato era poprio Kishou. Gli aveva dato così modo di ricevere della fiducia da parte di Raoh, dicendo tra le righe che poteva fidarsi di lui tra le scartoffie delle legislature, accuse e via discorrendo.
    Ma come ogni cosa piacevole c’era sempre il momento delle conclusioni. Anche per questo pomeriggio era arrivata l’ora del ritornare in ufficio, fare le ultime ore di lavoro e poi rintanarsi a casa per godersi un po’ di relax. Raoh rallentò e si fermò proprio in cima alla scalinata della metropolitana, o meglio all’ingresso del sotterraneo della stazione, mantenendo la sua posizione vicino ad uno dei corrimano. Non voleva occupare la strada che la gente percorreva per scendere e salire la gradinata.
    Gli occhi color miele si erano mossi per puntare quelli rossi dell’altro, mentre lo ascoltava e sollevò brevemente gli occhi al cielo nel sentire quella informazione sull’applicazione che non aveva ancora scaricato. Che retrograda!
    «Mh…Scaricala, te lo consiglio. Anche per lavoro è utile, ormai lo usano in molti. Anzi…Per spronarti a farlo aspetterò che tu mi contatti proprio su quell’app. E non fare il dinosauro…»
    Bofonchiò alla fine, mentre ridacchiò a quell’immagine che per un momento gli entrò prepotentemente in testa: un dinosauro con la faccia di Kishou.
    Allargò per un momento le braccia e si mostrò nella sua interezza, mentre cercò di sfoggiare un’espressione serena sul volto color caffè e latte, mentre accennò un inchino col capo:
    «Se vorrai replicare un pranzo così, sono a tua disposizione. Oppure anche passeggiare, magari una zona diversa così ti faccio vedere un po’ la città. »
    Fece una breve pausa, poi ammiccò con l’occhio destro e sorrise per dare un segno di assenzo con la testa a quella sua affermazione per andare a mangiare insieme la sera. Hanno un appuntamento quindi? Pare proprio di si, anche se devono ancora fissare una data ed orario.
    Attese che l’altro gli dette le spalle e percorse quasi tutta la scalinata prima di andarsene, voleva accompagnare con lo sguardo la figura dell’avvocato che svanì in pochi attimi tra la gente per andare alla metro. Sollevò appena il sopracciglio destro e socchiuse gli occhi quando l’altro scomparve e sospirò. Cercò subito di raccogliere una sigaretta dal pacchetto che teneva nelle tasche del cappotto, per poi portarne una alla bocca, ma ancora senza accenderla. Incominciò ad incamminarsi verso la zona alberata, dove avrebbe cercato un punto dove rilassarsi e poi in seguito prenotare un taxi per tornare allo studio.
    End


    Grazie mille a te e per la grande pazienza che hai avuto , soprattutto negli ultimi post dove ho ritardato causa orari sballati di lavoro. Mi sono divertita molto e finalmente ho mosso Raoh fuori da una AM, incominciando a farli fare una Vita in mezzo a tutti i pg presenti. Spero che la chat si faccia tra i nostri pg e soprattutto mi piacerebbe poi in futuro giocare una delle loro cene in giro per Tokyo. Grazie ancora per questa bella role!
     
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    Hello.
    Nulla di particolare da segnalare, role interessante. Avete passato i 22 post quindi prendete un bonus.

    Raoh: +50exp, +25exp
    Kishou: +50exp, +25exp

    Chiudo-
     
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24 replies since 3/2/2021, 22:32   501 views
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