...And To Those I Love, Thanks For Sticking Around

SQ -- Miyasato Oshima

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    Miyasato Oshima
    BURNING DOWN ALL THE BRIDGES. DIG A MOAT, NOW I'M FINISHED.
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    Act One – I'll be on my way and I won't be long.

    L'inverno ormai è andato, stiamo soltanto aspettato il calendario sancisca il decesso. Il cielo però già lo sa. Si presenta azzurro e vivace, popolato da flotte di nuvole all'orizzonte, che nella loro distante bellezza dall'autostrada non riescono ad essere catturate nella fotocamera di Asuka. È uno di quei paesaggi che devi goderti nell'istante, impossibile da cristallizzare se non nelle memorie.

    « Mamma! Lo spilungone mi fa le linguacce! »

    « N–Non è vero! »

    La mamma risponde con un sospiro dal sedile passeggero frontale.

    « Miya, non fare le linguacce a tua sorella. »

    Sono innocente, giuro! È lei che cerca d'intrattenersi a mie spese per reggere la lunghezza del viaggio in macchina. Mi distraggo un attimo a guardare fuori dalla finestra e si sente trascurata... Non lo ammetterà mai, ma se fa così è perché le sono mancato. Dev'esserle mancata anche Misato ma non si permetterebbe di distrarla dalla lettura, quindi la sorella maggiore continua beata sul kindle, io invece devo combattere la demonetta.

    Che ingiustizia la vita.

    « Ehh, sii buono con tua sore', spilungone. »

    Asuka sorride malefica e mi tocchetta il fianco col gomito.

    Mi tormenta con quest'ultimo nomignolo sin da quando ci siamo rincontrati e abbracciati... E ha notato un certo cambiamento. L'intera famiglia me l'ha fatto presente, a dir il vero. Quanta differenza possono fare dieci centimetri d'altezza? Ad Asuka deve aver indispettito non essermi più eguale.

    Io manco me n'ero reso conto, per tutta la stagione ho indossato abiti più larghi e calducci, forse se tentassi d'infilarmi in una t-shirt mi accorgerei di quanto sono cresciuto dall'estate. Anche l'uniforme scolastica quindi mi sta più corta? Non ci ho mai fatto caso, è stato fin troppo graduale... E ammetto anche d'averla indossata poco di sti tempi.

    "Sti tempi". Ormai la gente sta passando oltre, l'attacco delle farfalle pare sempre più un incubo distante. Se non fai caso a certe zone delimitate come infette la città sembra quella di prima. È normale, bisogna ripartire ad un certo punto... Peccato che non sia per nulla pronto.

    Se non altro ho smesso di avere allucinazioni, l'albino non si è più fatto vedere dal nostro ultimo incontro. Toccare il fondo e realizzare lo stato in cui sono finito mi ha dato una svegliata? Tornare a lezione e incontrare Amachi, ora ricongiungermi con la mia famiglia e uscire per un po' da Tokyo, magari davvero mi serviva semplicemente cambiare ambiente. Sono rimasto troppo a lungo intrappolato tra problemi e turbe.

    E sì, ancora devo dirlo alla mia famiglia dell'ultimo periodo. Ma al momento non mi pare il caso di frignare e portare le attenzioni su di me.

    Gli Oshima è raro partano in viaggi senza buoni motivi, a Tokyo è venuta l'apocalisse e comunque solo tre su cinque membri hanno evacuato. Sono tornati a prendere me e Misato, così che potessimo tutti partire assieme... C'è voluto un morto per ricongiungerci.

    ...Non ho mai visto mio padre così serio.

    Silenzioso, sorridente unicamente per tranquillizzarci. Voleva andare da solo ed è stata mia madre a convincerlo che la presenza di tutti avrebbe reso la cosa più facile, o almeno questo è ciò che so da Misato, papà non ha parlato troppo. Mi chiedo se sia poco rispettoso comportarci "come sempre" mentre... Beh, mentre andiamo al funerale di suo padre.

    Mio nonno, suppongo. Ma è un titolo strano da concedergli considerando che manco papà l'ha mai conosciuto, e non ha alcunché da dire sul suo conto eccetto ingiurie. Ha abbandonato una ragazza incinta senza guardarsi indietro, li ha condannati ad una vita di rinunce e stenti, posso capire perché volesse dimenticarsi totalmente di un genitore tale. Dopotutto era stato dimenticato lui per primo.

    È stato il passato a bussarci alla porta.

    Act Two – Take me home, it's the one place I can rest in peace.

    Ci sono posti ben peggiori dove morire. La casetta a due piani in stile giapponese circondata da vegetazione sembra il frammento di un sogno, eppure è proprio qui davanti che si ferma la macchina. Imboccando la strada dentro il boschetto pensavamo d'aver capito l'indirizzo sbagliato, e invece siamo arrivati direttamente dalla via principale alla dimora, devono averla aperta ad-hoc.

    « Oooh, benvenuti! »

    Saluta una signora in carne dalla veranda, prima ancora tutti fossimo scesi dal veicolo. Sembrerebbe ben più giovane se non fosse per qualche pennellata di bianco nei capelli. Il suo portamento è ancora quello di una ragazza mentre raggiunge a passo svelto mio padre.

    « Tu devi essere Gendo, piacere di conoscerti! »

    « Il piacere è nostro. Questa è mia moglie, Ritsuko. »

    Uno ad uno tocca anche a noi pargoli far presentazioni e inchini. Stavolta sono io che do una gomitata ad Asuka per ricordarglielo, sin da subito si è persa nelle apparenze fiabesche del luogo. E non la biasimo. D'aspetto rassomiglia molte delle abitazioni che puoi trovare in città, eppure ha ritagliato uno spiazzo di serenità tra alberi ben più alti di lei, una cornice che la fa sembrare etera.

    « Miyasato, eh? Wow! Lo sai che sei tutto tuo nonno?! Ma molto più carino eheheh~ »

    M'afferra la guancia senza chiedere il permesso e strizza. Io provo a sorridere. Tanto ci sta già pensando papà a cacciarle coltellate con lo sguardo da dietro... Non devono essere cose belle da sentire su tuo figlio, quando il padre è quel che è.

    « Per favore, sono qui per l'urna. »

    Taglia corto e gelido. La signora non perde il sorriso e ci fa cenno d'entrare nella villetta. Primi tra tutti papà e la mamma che gli da forza avvolgendogli le spalle in un abbraccio... Primi e ultimi, sembra. Asuka preferisce di gran lunga rimaner fuori a godersi la natura, Misato siede sotto il portico e torna a leggere. La seconda sembra molto meno colpita dal loro pellegrinaggio, sia in positivo che in negativo.

    « Psst, Misato. »

    La distraggo dalla lettura con un sussurro, quasi spaventato gli adulti possano sentirci. Una nozione che si rivela idiota quando lei procede a tono normale.

    « Dimmi. »

    « Ma... Tu lo sai chi è sta tizia? Non è che è la vedova? Nostra nonna, quindi?? »

    Risponde con quel suo solito sorriso accennato.

    « No, era la sua badante. È stata lei a trovare papà e chiamarlo a prendere le ceneri, lo cerca dalla scorsa estate. »

    « Ah. Ok. Ha più senso. »

    Abbassa nuovamente lo sguardo sul tablet, e quel sorrisetto già poco presente svanisce immediatamente. Misato... Ha preso più da papà rispetto a me e Asuka, è più sobria, riservata. Però dagli eventi delle Farfalle la vedo distante, e non devo essere l'unico. Ha tanto da studiare e su cui lavorare, ma i nostri hanno calcato la mano per convincerla a venire, sicuro pensando farebbe bene anche a lei. Non so come faccia ad entrare ancora in Università dopo esserci rimasta bloccata dentro per giorni interi in quelle circostanze...

    « Senti... Stai... Ehm... Va tutto bene? »

    « Sì, certo. Non preoccuparti. »

    Ribatte senza un attimo di pausa o esitazione... Spero soltanto sia vero. Ma Misato è Misato. Non conosco persona più determinata, intelligente, e capace di lei. Come minimo forse dovrei prenderla ad esempio. Lei è stata nell'occhio del ciclone e ne è uscita senza perdere il ruggito... Che scuse ho io?

    « Bentornati lovelies! Oggi–– »

    Oh no.

    Quella parola: Lovelies. Ormai sono addestrato a reagirci con ansia e bisogno di fuga.

    Giro lo sguardo verso l'auto e la paura nelle mie ossa è tristemente confermata. Asuka sta registrando. È ovvio che un posto così bello non poteva esser risparmiato dall'immortalizzazione sul suo canale, colpa mia che non ho previsto il disastro. L'ultima volta che mi sono lasciato riprendere ho speso l'intera settimana successiva a controllare compulsivamente i commenti.

    "Che carino tuo fratello! Awww~"

    "Oh mio dio adoro la giacca!! Comunque Miya mi fa morire ahahah, porino!"

    "Ma qualcuno sa chi è il tipo? È il ragazzo? Che sfigato, non se la merita."

    Disagi indescrivibili.

    Finché l'obiettivo è rivolto su di lei e fa le dovute presentazioni – invitando a "spolliciare" e "condividere" – ho giusto abbastanza tempo per evadere e nascondermi tra le mura della villetta. Il posto più sicuro nelle vicinanze.

    Varco l'entrata della porta aperta e... Avete presente il tipico odore d'anziano a casa dei nonni? Qui non c'è. Coerente, considerando che mio nonno non lo è mai stato. E probabilmente ha qualcosa a che fare con il fatto che non abiti qua dentro da mesi.

    Subito la casa si apre con un ampio salotto alla sinistra, e un muro in simil-legno che prosegue e separa esso dalla cucina, più in fondo vi è la scalinata che ho visto gli altri salire e una zona pranzo che l'affianca. Tutto ben arredato e, beh, costoso. Non me ne intendo di interior design o mercato immobiliare ma un posticino così non te lo permetti senza diverse vagonate di Yen.

    E pensare che mentre il nonno se la viveva qui papà e la nonna avevano le dispense vuote. Questo quando una dispensa l'avevano, nei fuggenti periodi tra uno sfratto e l'altro.

    Salgo gli scalini fino al secondo di due piani. Ha meno opportunità per sbizzarrirsi nel decoro siccome principalmente è un ampio corridoio che si apre in quattro stanze a ogni lato. Le voci degli adulti mi raggiungono dalla porta in fondo sulla destra... Mi unisco? Forse dovrei solo aspettare sotto, al riparo da Asuka ma senza farmi incomodo.

    Indietreggio di un passo... Quando un'entrata coglie la mia attenzione.

    Socchiusa al contrario delle vicine, abbastanza da intravedere un appendiabiti... Inverto la marcia e mi spingo più in profondità nel corridoio. Perché sono entrato? Sovrappensiero ho spalancato la porta come fosse mia, che mi prende? La giacca appesa a fine stanza... È familiare. In qualche modo. Argh, non dovrei ficcanasare in casa di un deceduto!

    Specialmente questa camera.

    Ho abbastanza rispetto da fermarmi, appena un passo dentro quel piccolo ma denso museo. Mensole su cui poggiano oggetti di qualsiasi tipo, accomunati solo da una certa anzianità evidente nello stile. Fotografie in bianco e nero incorniciate e appese. Orologi, monete, cartoline, cassettoni indubbiamente colmi di altri residui dal passato, e anche... Coltelli a serramanico?

    "野良猫" (Noraneko). Così legge la cucitura alla schiena del giacchetto in pelle, con lo stemma di un gatto nero avvolto da una fiamma che ruggisce appena sotto questa scritta.

    « Curiosone, eh? »

    Immediatamente mi trasformo in un bimbo beccato con le dita nella marmellata.

    Sono stato preso dalla stanza – che sembra più una bolla temporale nel passato – tanto da addentrarmi fino a quasi prendere in mano il vecchio indumento. Non ho proprio scuse, non posso dire "stavo solo guardando", sono proprio un ficcanaso.

    Volto uno sguardo penitente alla grossa donna apparsa sulla porta.

    « S–Scusa! Non volevo– Cioè, non l'ho fatto apposta– Cioè, scusa! »

    La badante però sembra molto poco preoccupata dalla cosa, e sorride.

    « Figurati, guarda pure finché c'è! Presto dovrò dar via tutto o quasi. »

    Percorre anche lei lo stanzino, raddrizzando qualche oggetto qui e lì mentre mi raggiunge, da vera governante.

    « Un vero peccato. Il Signor Oshima adorava questa stanza! Ma se tuo padre non vuole farsene carico... Beh, in città troverò qualche negozietto. »

    In effetti... Anch'io – per qualche ragione – mi trovo a pensare sia un peccato. Tra le quattro mura è concentrata la storia di un uomo, e verrà dissipata e sparsa al vento per pura mancanza d'interesse.

    « Perché è tutto raccolto qui? Se sono cose a cui tiene, non avrebbe potuto esporle per la casa? O in camera da letto, chessò. »

    « Sei perspicace, piccolo! »

    Ancora scende con le manone per strizzarmi la faccia.

    « Gliel'ho chiesto più volte anch'io. Mi è sempre sembrato tutto questo lo amasse e lo odiasse contemporaneamente. Ho capito il perché soltanto quando ho trovato tuo padre. Sai cos'hanno in comune tutti gli articoli qui dentro? »

    Le rispondo con uno sguardo perso, mi guardo attorno cercando una rivelazione dal nulla, senza che m'arrivi alcuna ispirazione divina. Ci pensa lei a porre fine ai miei dubbi.

    « Tutto precede la nascita del piccolo Gendo. »

    Vergogna.

    Un attimo prima la stanza dava del nostalgico, in questo istante è cosparsa di vergogna e rimpianto. Questo non è soltanto il passato del nonno... È la sua vita prima che desse vita al figlio e il corso degli eventi cambiasse.

    « ...Ti ha mai detto... Perché? »

    « Perché se n'è andato? Come ho detto a Gendo, temo di no. È sempre stato molto riservato, eccetto per quando doveva parlare della sua gioventù! Specialmente le scorribande con i Noraneko, il gruppetto di teppistelli con cui girovagava, eheh. Raccontare storie dagli anni '60 gli illuminava sempre il volto. »

    Va a raccogliere una cornice dalla parete.

    « Ah! Eccoli qua, gli scavezzacollo. Oh, oh, Miya! Vieni a vedere e dimmi che non sei una goccia con il Signor Oshima! »

    Ancora questa storia. Caccia la fotografia sotto il mio naso, un gruppetto di ragazzi e ragazze, metà di questi in sella a motociclette oggi antiquate ma che ai tempi dovevano essere bolidi. Sì, decisamente, non sembrano i più affidabili.

    « Questa è del, hmm, '66? Dovrebbe avere la tua età! »

    Poggia il polpastrello sul vetro appena sopra la testa di un raga–... Di un ragazz...

    « C–... Co–... C–C–.... –Cos... »

    Più un sussurro che una voce, spezzato e soppresso dal panico che mi attanaglia ogni muscolo del corpo. Sudore. Pallido. Ansia. Confusione. Cosa sta succedendo? Perché? È uno scherzo. È un sogno. È un incubo. Sono pazzo. Sono morto. Voglio tornare a casa.

    Resto immobile.

    C'è un predatore alle mie spalle. Se mi muovo, è finita.

    Così la sento io.

    Sforzo ogni goccia d'energia in corpo per voltare lo sguardo, gettare un occhio più attento alle altre cornici... Più vecchio o più giovane, trovo lo stesso volto sorridente. Perché. No. Per favore.

    « L–L–... Lo... »

    Nemmeno torno a guardarla.

    La voce non esce. Prendo un grosso respiro, mi concentro, serve tirar fuori cinque parole comprensibili di fila. Posso farcela. Devo farcela.

    « Lo sai i–il suo n–... nome? »

    « Eeeh? Non sai nemmeno come si chiama tuo nonno? Quel Gendo, l'ha proprio seppellito prima ancora fosse la sua ora... »

    Sospira. Riappende il quadro.

    « Kaworu. Kaworu Oshima. »

    Act Three – I'll be dead by dawn.

    Ho corso.

    Tanto.

    Ignorando la preoccupazione della badante.

    Quasi inciampando giù per le scale.

    Interrompendo la lettura di Misato e sfrecciando nello sfondo del vlog di Asuka.

    Ho continuato a correre lontano dalla casa, spingendomi dove la foresta attorno si faceva più fitta.

    Sudando e ansimando... Fino ad arrivare qui.

    Un fiumicello taglia il bosco a metà, stretto abbastanza che un passo allungato proseguirebbe la traversata. Non ha particolare significanza, ma è lontano. Un luogo dove posso essere solo... O possiamo.

    « Kaworu! »

    Chiamo il suo nome e risponde il fruscio indifferente delle foglie. Per una volta che voglio vederlo.

    « KAWORU!! »

    Sembro davvero un pazzo, sto urlando a squarciagola il nome di un morto tra me e me, sperando di vedere un fantasma. Nuovamente è la natura a tenermi compagnia. Lo scorrere accennato dell'acqua... Prosegue, passando sotto lo sguardo di un ragazzo della mia età dai colori albini, accucciato sul muschio di una roccia su cui prima non c'era, all'altra sponda del canale.

    « Ka... O, hm, nonn– »

    « No! Dai, che mi fai sentire un vecchiaccio... »

    Lo stesso tono che conosco va ad accompagnare uno sguardo ben diverso. Non sfoggia lo stesso sorriso. Evita di guardarmi negli occhi.

    « ...Perché non me l'hai detto? »

    « Ci ho provato! »

    Risponde, quasi offeso.

    « Volevo andarci gentile ma con te non è mai il momento giusto. E quando ho fatto il primo passo hai dato di matto e ti sei convinto d'essere squilibrato! »

    ...Vorrei poterlo smentire. Ma in mia difesa, come avrei potuto immaginarmi una cosa del genere?? Ci vuole molta buona volontà per reggere le redini della propria sanità mentale in questa situazione. Però... Non sono una persona creativa. Kaworu ha abbandonato la nostra famiglia. Non l'ho mai visto in foto, si parla a stento di lui e se ho sentito il nome non l'ho mai tenuto a mente... Chiunque abbia davanti, sarei incapace di crearlo io stesso.

    Quindi cosa diavolo sta succedendo?

    « Bella domanda. È quello che mi sto chiedendo io da sette mesi. »

    « Sette–... È da così tanto tempo che mi sei dentro? »

    « Purtroppo. »

    Sette mesi, alla fine dell'estate. Proprio quando–

    « Sì. Quando sono morto, apparentemente. »

    « Quindi... Sei un fantasma? »

    « Hah. A questo punto tutto è possibile. Ma sembro un bimbo della tua età, non dovrei essere un anziano decrepito? »

    Invece che risolvere, scoprire l'identità di Kaworu altro non ha fatto che creare un torrente incomprensibile di domande. La situazione in se è incomprensibile. Ci sono così tanti punti interrogativi da non saper nemmeno dove iniziare... Un quesito però lo avrei.

    « Perché li hai lasciati? »

    Finalmente i nostri occhi s'incrociano. Il rosso delle sue iridi col tempo l'ho interpretato in diversi modi. Strambi, determinati, sinceri, affidabili, terrificanti.

    Ora li conosco anche come malinconici.

    « L'ultima cosa che mi ricordo è la donna dei miei sogni tra le braccia, quanto la vita sembrasse promettente. Non ero mai stato così felice.

    ...Poi, mi sono svegliato. Nel letto di un estraneo in un corpo che non mi appartiene. Quarantacinque anni nel futuro.

    Chiedimi l'età e ti dirò ventotto. Se ho avuto un figlio, se sono scappato dalla mie responsabilità, non ne ho idea... O, non lo sapevo. Prima di oggi. »


    Kaworu ha sempre avuto l'abilità d'insidiarsi nei miei sentimenti, comprenderli ancor prima li comprendessi io. Siamo veramente connessi. Uniti, in qualche modo che entrambi ignoriamo... Ora che lo so, anch'io riesco a rubare qualche spiraglio del suo animo. Sta dicendo la verità, e... E soffre.

    « Wow... Io... Mi dispiace. »

    « Per cosa? »

    Solo guardare in direzione dei suoi sentimenti contagia anche me di malinconia, eppure eccolo che risponde così casual, finto tonto di tutto.

    « C–Come "per cosa"?? Per quello che mi hai appena detto! Avevi una vita e... E adesso... Mi vivi dentro? Ancora non mi sembra vero. »

    « Pff, sì, avevo una vita... E guarda dove cazzo mi ha portato. »

    Spezza il nostro contatto visivo, di nuovo. La sua aura inizia a mutare.

    « L'eremita nella foresta senza nessuno, detestato dal proprio sangue e dimenticato da chiunque altro. Ho toccato la vetta troppo presto e speso il resto della mia miserabile esistenza con lo sguardo al passato. Patetico. Arrivare in questo millennio mi ha risparmiato dal diventare quel vecchio bastardo. »

    « ...Quel "vecchio bastardo" sei tu. »

    È avvolto da un'ira colorata dal disgusto, concentrata come un laser su mio nonno e se stesso... Ma cosa dico. Sono un'unica persona, no?

    « Se sono morto questo dev'essere l'inferno. »

    Gli torna il sorriso in volto. Ma distorto. Solitamente indicava la leggerezza con cui s'approcciava al mondo, una filosofia quasi contagiosa, che mi portava a pensare "hey, forse le cose non sono disperate come credo". L'espressione che porta adesso invece è velenosa.

    « La mia punizione è fare da testimone al fallimento ch'è stata la mia intera vita. E guardare inerme mentre i miei discendenti sputano sulle mie ceneri e vivono una lunga vita felice... Senza di me. »

    Pensavo d'essere abituato a reggere emozioni negative, considerando il monologo interno che accompagna ogni mia giornata. Non ero preparato al vortice d'odio che emana Kaworu in questo momento. Un vero e proprio buco nero con cui sta minacciando di cancellarsi.

    Sembra quasi anch'io potrei infrangermi sotto questa forza. La sua sofferenza è la mia sofferenza, e se devo aiutarlo o accelerarne la distruzione voglio solo esserne libero... È così che si è sentito Kaworu, quando ero io a soffrire?

    « Mi dispiace solo aver trascinato anche te in tutto questo, nipoti– Blergh. No. Non riesco a dirlo. Mi sento troppo vecchio... Ma hey, vecchio lo sono. Anzi proprio cadaveri– »

    « Kaworu! »

    Volevo sembrasse un'esclamazione potente, invece da solo l'impressione sia un animale ferito disperato per un po' di riposo.

    « Io... Sono io che dovrei chiederti scusa. »

    Mi fissa. Sono riuscito a distogliere la sua attenzione dal proprio disprezzo a me. Ho interrotto la caduta con cui sembrava volesse frantumarsi... Per ora.

    « Tutto questo tempo... Non ho avuto alcun riguardo per la mia vita. L'ho buttata via, e anche adesso, se ho una singola possibilità per diventare un Pro-Hero è perché non ho paura di gettarmi tra le fiamme... Ma non ho mai pensato a te. Se avessi saputo che condividiamo un corpo– »

    Kaworu non esiste. Non in carne ed ossa come me, almeno per quanto riguarda avere una presenza fisica nel mondo. Per questo non è limitato dalle stesse leggi dello spazio e del tempo... Di fatti riesce a svanire dalla roccia e riapparirmi davanti per cacciarmi uno schiaffone sradicante, che mi getta col culo sull'erba.

    Se l'esperimento del selfie m'ha insegnato qualcosa, è che il ceffone me l'ha infranto addosso prendendo in prestito la mia stessa mano.

    « Mi stai proprio sulle palle, Miya! »

    Mi urla addosso eppure il suo spirito non brucia dell'odio che rivolge a se stesso. Il contrario, anzi.

    « Sei sempre in cerca di un motivo per incolparti di qualcosa, è assurdo! Pensi questo ti renda una brava persona? Sei solo fastidioso. E non nella maniera in cui tu credi di esserlo, ma proprio per quanto cerchi disperatamente di tappare buchi che manco esistono! »

    ...Ha ragione, sono proprio un idi– Non ho il tempo di finire il pensiero prima che un secondo colpo m'investa la collottola.

    « Vedi?! Ancora! »

    « Owww! Non capisco, cosa vuoi che faccia?! »

    « Quel cazzo che vuoi, Miya! Basta che ti decidi e smetti di seguire gli altri. Non c'è nobiltà nel fare da zerbino al mondo intero. »

    S'inginocchia scendendo al mio livello, afferra la collottola della nostra camicia e mi stringe quasi naso-naso a lui.

    « Ho sprecato la mia vita, Miyasato. Evita di fare lo stesso errore. Se devi vivere fallo per te stesso, non per un patetico vecchiaccio! »

    « Ti sbagli! »

    Alza una mano aperta per la terza volta.

    « Hai solo ventott'anni! Hai tutta la vita davanti! »

    Una mano che si congela a mezz'aria. Raggelata forse dalla stupidità di ciò che ho appena detto, riflessa in un'espressione di sconcerto.

    « Sono già morto, stanno per spargere le mie ceneri, scemo. »

    « Se sei morto, con chi sto parlando?? »

    Quasi si sente di darmene una anche più forte di quanto voleva prima.

    « Kaworu Oshima è morto! ...Il Kaworu che ha voltato le spalle a suo figlio e si è ritirato nei boschi. Non mi pare sia stato tu a farlo. »

    « Solo perché non ho avuto il tempo. Perché ora sono qui. »

    Allenta la presa su di me, abbassa il polso appena un poco.

    « Sì! Esatto! Tu la vedi come una punizione ai tuoi peccati... Ma se fosse una seconda possibilità? Quanta gente ha l'occasione di vedere il risultato dei propri errori, e cambiare strada? »

    « Non ho più una vita da raddrizzare. Sono un fantasma. L'immagine residua di un essere umano. »

    « E allora cos'è questo? »

    Alzo il palmo e glielo pongo davanti agli occhi. È arrossato... Dagli schiaffi che io stesso mi sono impartito. O meglio, che Kaworu mi ha inflitto.

    « Un corpo lo hai... Il nostro. »

    « Il tuo! »

    Lascia la presa di scatto e si volta di spalle... Silenzioso, contornato dall'energia del rimpianto.

    « Non dovrei nemmeno essere qui, a pesare sulla tua libertà. Se potessi sparire... »

    Un tocco alla spalla. Si volta, e il suo volto trova il mio, adornato dalla sagoma rossa di un palmo sulla guancia, ma che mantiene l'accenno di un sorriso.

    « Anch'io ho provato a "sparire"... Siamo simili, io e te. Entrambi viviamo vite che sentiamo non ci appartengano. »

    "Ma la tua ti appartiene!", lo sento ribattere, senza parole.

    « Allora anche la tua, Kaworu! Unendomi alla UA mi sono promesso che avrei offerto tutto al servizio degli altri... Ed è quello che voglio fare. Davvero. Perché soltanto io posso... Specialmente nel tuo caso. »

    « ...Scemo. Cosa stai dicendo? »

    Le sue proteste sono meno sonore, permette che il mio tocco di fiducia continui. Sento la scorza metallica con cui si protegge affievolire un minimo.

    « Siamo qui contro la nostra volontà, le nostre storie avrebbero potuto concludersi con una Bad Ending... Eppure stanno continuando. Se sei convinto che io possa cambiare, sono convinto dello stesso per te! Non c'è scritto da nessuna parte che io debba essere un suicida e tu un vecchio reietto! »

    « Anche se fosse! Non posso vivere la mia vita attraverso qualcun altro. »

    Di scatto alzo l'altra mano e gli stringo entrambe le spalle, costringendolo a fronteggiarmi faccia a faccia.

    « Non lo so! Non so manco come farò io a vivere figurarsi qualcun altro... Ma il primo passo è deciderlo. Viviamo, Kaworu! Solo così avremo il tempo per tutti gli altri problemi... »

    ...C'è una lunga, dolorosa pausa, dove lui guarda me, e io guardo lui. O forse siamo soltanto noi che guardiamo noi stessi.

    « ...Tsk. Adesso mi faccio dare lezioni di vita da un adolescente. »

    Act Four – Lift me up, don't want to sink.

    Ecco che le ceneri se ne vanno. Gettate con poche cerimonie nel fiumetto, trasportate via dal simile disinteresse di madre natura. Fanno presenza la donna che l'ha accudito per lavoro, un figlio che mai ha conosciuto, una famiglia che lo considera un anziano a caso... E se stesso, in un certo senso.

    Com'è essere invitati al tuo stesso funerale?

    ...Non risponde. Kaworu si è nascosto appena siamo tornati verso la casa e ci siamo ricongiunti agli altri, non è ancora pronto per incontrarli ufficialmente... Papà mi guarda negli occhi senza realizzare che suo padre è ancora al suo fianco, e non solo nell'urna.

    Urna che tra l'altro ha scelto di svuotare proprio lì attorno piuttosto che portarsi appresso. "È qui che ha preferito vivere, non vedo perché dovrei separarlo dalla sua vera casa." Non gli ho mai sentito così tanto astio nella voce. Vedrebbe anche me di mal occhio se sapesse dov'è Kaworu? Non lo so... Ma non è ancora il momento per dire la verità. Nessuno è pronto, emotivamente.

    Questo è il mio fardello da custodire.

    Mio nonno mi vive dentro. E io che pensavo d'avere una vita monotona e noiosa, ora sembro il protagonista di qualche Light Novel dal titolo troppo lungo. Non ho mai condiviso il corpo con nessuno... Cosa dovrei fare? Già fatico a gestire la mia di vita senza sgretolarmi, poi con un coinquilino dentro... Devo dar retta alle mie stesse parole.

    Non so cosa ci aspetti. Ma soltanto vivere ci permetterà di scoprirlo.


    Edited by Stan - 19/3/2021, 13:22
     
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    Miyasato: +25exp

    Chiudo.
     
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1 replies since 19/3/2021, 10:59   85 views
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