Under the Rainbow

[Affiliazione Lowrence "Jack Sballow" Jackson]

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    Era tutto il pomeriggio che pioveva a dirotto. L'acqua scrosciava giù da tetti e grondaie formando piccole cascatelle e fastidiosi fiumiciattoli, rendendo sdrucciolevoli i marciapiedi e un pantano le povere aiuole disseminate qua e là per le strade. Per quello forse c'erano poche persone in giro. Non che fosse un problema, ma per quelli che lavoravano nei negozi come Jack era una vera noia: non c'erano clienti e quelli che c'erano erano sempre un po' più nervosetti del normale per via del tempaccio. Però il meteo di marzo era mediamente più imprevedibile che nel resto dell'anno, quindi anche volendo imprecare contro i kami c'era poco da fare. Alla faccia della primavera che era cominciata la settimana scorsa. Per fortuna, almeno non faceva freddo.
    A dire il vero quell'anno anche i ciliegi erano fioriti presto, e ora che ci si avviava verso l'inizio di aprile erano più vicini alla sfioritura che al contrario: colpa del riscaldamento globale certo, ma - se non altro - erano stati tutti felici di vederli comunque fiorire, soprattutto lì ad Ueno. Ueno era sempre stato un quartiere tranquillo, ma da quando l'incendio aveva devastato uno dei polmoni verdi di Tokyo, sulla circoscrizione si era distesa una sottile ombra di tristezza che probabilmente non si sarebbe diradata tanto presto e qualcuno aveva addirittura temuto che il parco fosse stato troppo danneggiato per permettere ad uno spettacolo come l'hanami di avere luogo. Eppure, la natura aveva di nuovo sorpreso tutti.
    Rimaneva ancora uno spettacolo vagamente malinconico a cui assistere, ma era pur sempre uno spettacolo. Cominciata la primavera, le giornate cominciavano gradualmente ad allungarsi, ma prima delle luminose sere d'estate ci sarebbe voluto ancora parecchio. Il sole era tramontato da un pezzo, i primi lampioni si erano accesi ed ora illuminavano le strade colme di pozzanghere, mentre alcuni frenetici genitori sgridavano i figli tirandoli per mano e cercando di evitare che ci saltassero dentro come novelli tuffatori, ben consci che contro la furia aggressiva dei bambini spesso gli impermeabili potevano ben poco.
    Era piuttosto tardi, Jack aveva appena finito il suo turno nel negozio di dolciumi dove lavorava e adesso non gli rimaneva altro da fare che tornarsene a casa. Forse, in una giornata come quella, non c'era neanche il bisogno di rimanere aperti così tanto, ma con l'economia ancora a pezzi, per i piccoli negozi qualsiasi occasione era buona per rimanere aperti un po' più del dovuto.
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    CITAZIONE
    Hello Iruko , benvenuto nel tuo add nella role per la tua affiliazione!
    Come in add hai un post totalmente libero a tua disposizione: puoi descrivere la mattinata di Jack, la sua giornata lavorativa, i suoi pensieri, lamentarti che la vita fa schifo, eccetera. Insomma, quello che vuoi. Poi la situazione è quella che leggi: è sera, piove, vorresti essere a casa e invece stai uscendo ora dal lavoro, quindi spero che almeno tu abbia un ombrello. Per qualunque altra informazione o chiarimento, sono disponibile in privato.

    Have fun! :sparks:
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    ...♫Takeeeee oooon meeee...♫



    Take. On. Me! fu la risposta, il manico del mocio che veniva spostato a destra e a sinistra mentre Jack fingeva fosse un vecchio microfono ad asta

    ...♫Takeeeee meeeee oooooonn...♫



    Take. On. Me! gamba avanti, poi indietro, poi piedi uniti, mentre il manico del mocio microfono restava fermo sul posto, sorretto dalla mano del Candyman.

    ...♫Iiii'll beeeee goooone....♫



    ♪♭♯ IN A DAY OR TWOOOoooOOOoooOO ♪♭♯ proruppe Jack in una stonatura tale da far sembrare le unghie su di una lavagna un'armoniosa melodia. Nella sua immaginazione, mentre la canzone volgeva al termine, la folla esplodeva in un fragoroso applauso. Da un punto imprecisato alla sua destra - più o meno nella zona delle caramelle mou - qualcuno sventolava un cartello recitante "In my Jack shaped ❤ there's a Jack shaped hole", mentre dietro di lui, tra i cassetti dei dolci assortiti, partivano fuochi d'artificio a profusione. A sinistra, tra i dispenser di caramelle gommose e al cioccolato, gli stand delle stazioni radiofoniche stavano annunciando l'ennesimo disco di platino che il Candyman aveva vinto per unanimità dei giudici. Ma la sorpresa più grande non fu quella. Passando attraverso i mochi e le barrette di cioccolato - che delimitavano le quinte del palco - il Presidente in persona venne incontro al giovane con un immenso sorriso, accompagnato dalla sua scorta di uomini in nero. Un Jack senza parole si ritrovò a stringere la mano all'uomo più importante d'America, mentre questi gli raccontava di essere il suo più grande fan, e lo invitava ad una cena alla Casa Bianca. Jack stavava per rispondere quando...

    di-ding!

    La campanella alla porta annunciò l'arrivo di un cliente, e Jack venne brutalmente risucchiato nel mondo reale con tanto di gorgoglìo dello scarico. Immaginate la scena: Entrate in un negozio e quello che dovrebbe essere il commesso vi da il fianco, con la mano tesa a mezz'aria e le dita leggermente piegate a stringere un qualcosa di invisibile, il tutto con un'espressione estatica in volto. Voi cosa fareste? Beh, per quelli che non avessero indietreggiato lentamente per allontanarsi dallo squilibrato, avrebbero visto quest'ultimo voltare la testa così di scatto da giocarsi almeno un paio di vertebre cervicali I-Irasshaimase! esclamò con un certo disagio il Candyman, dando il benvenuto tipico dei negozi giapponesi. A metà tra la porta e l'esterno, una vecchietta stava richiudendo il suo ombrello azzurro, cercando -inutilmente- di non sgocciolare sul pavimento oh, non si preoccupi fece Jack, un po' più composto rispetto a prima ripulirò dopo in realtà era già in procinto di chiudere il negozio, ma diciamocelo... Chi manderebbe via una vecchietta in cerca di caramelle?

    Era una giornata piovosa, nonostante fosse la fine di Marzo. L'uggia e l'umido avevano tolto ogni colore a quella giornata primaverile, rendendola un triste ricordo dell'inverno appena passato, più che un preludio al bel tempo in arrivo. Da quella mattina Jack aveva lavorato instancabilmente al suo negozio, servendo i clienti e ripulendo tutte le impronte lasciate da scarpe e ombrelli fradici. Forse era anche per la dedizione che ci metteva, che alla gente non dispiaceva Candyland.
    Il negozio non era tanto grande, ma aveva il suo fascino. Illuminato da una serie di faretti, Candyland presentava un mobilio in legno di pino, dove le venature più chiare lasciate in primavera si alternavano a quelle più scure e dense di legno tardivo. Deliziosamente incorniciati tra le onde lignee, i dolci sugli scaffali e nei cassetti erano un'esplosione di colori vivaci tutti da esplorare, ben protetti nella loro teca di plastica sottile. Al centro del negozio, su di un'isola squadrata alta a malapena un metro, erano disposti i sacchetti di plastica tramite i quali ogni cliente avrebbe potuto sbizzarrirsi nel preparare la propria composizione. E poi c'era la musica. Collegate al pc che Jack usava per il negozio, le casse audio poste agli angoli superiori del locale trasmettevano playlist di buona musica targata USA scelta dal Candyman in persona. Forse era anche questo che attirava i clienti: dalla musica, ai dolci d'oltremare fino al commesso dai capelli ossigenati, Candyland vantava di un fascino esotico che restava impresso nella mente di chi varcava la sua porta. Oh, e parlando di fascino esotico, non avevo accennato che il commesso vestiva una bizzarra camicia a strisce colorate abbellita da un papillon nero come i pantaloni, un riferimento più che voluto alla "Fabbrica di cioccolato", anche se lì in Giappone probabilmente non lo avrebbe colto nessuno.

    Ed eccolo lì, il commesso. Stanco ma con un sorriso, Jack aiutò la vecchietta da poco entrata a trovare l'assortimento giusto per i propri nipotini. Nelle casse suonavano i Jackson5, coprendo il roboare dei tuoni in lontananza, e tra quello e il mondo di dolci tutto attorno, fu bello vedere la vecchietta increspare le rughe in un bel sorriso. Quando fu di nuovo da solo, il Candyman sospirò caro signor Presidente... fece riprendendo in mano il mocio ...Purtroppo devo declinare la sua offerta. Sono a cena con la mia sorellina e fischiettando si rimise a pulire il bel pavimento a mattonelle colorate del negozio.

    Una sferragliante saracinesca siglò la chiusura del locale quasi quaranta minuti dopo l'uscita della nonnina. Col fiato che si sollevava in volute di condensa, Jack s'infilò le chiavi nella tasca del giubbotto nero, aprendo invece il grande ombrello dai colori dell'arcobaleno che si era portato da casa. I lampioni si erano da poco accesi, e le strade bagnate riflettevano la fredda luce come in Blade Runner. Gli era rimasta giusto una cosa da fare. Pronto? rispose la voce di Erika dopo a malapena tre squilli si pronto buonasera, è questa la hotline per Fratelloni-Stanchi-E-Bisognosi-Di-Coccole? la sorellina ridacchiò, prima di rispondere oh, deve aver ricevuto il nostro volantino. Sì sì, ha chiamato proprio il numero giusto! era sempre meraviglioso sentire una nota di vivacità nella voce di Erin sei uscito ora? già è un po' tardi... Jack rispose sbadigliando una vecchietta è arrivata poco prima di chiudere beh, poco male! di sottofondo, Jack sentì armeggiare la sorella con qualcosa tanto questa sera penso io alla cena! uuh! fece Jack allora ho fatto bene a declinare l'invito del Presidente Erika rise, inconsapevole delle fantasie ad occhi aperti del fratello, ma comunque divertita da quel commento allora torno all'opera. Tu fa con calma: ci vorrà un po' ovviamente, Jack non aveva la benchè minima intenzione di restare fuori sotto la pioggia. Se fosse arrivato prima, si sarebbe certamente tuffato in un bel bagno caldo sarò una lumaca! rispose comunque a dopo!

    La casa del Candyman non era molto lontana, motivo per il quale non era venuto in macchina, anche se col brutto tempo. Doveva ringraziare suo nonno, se lavorava e abitava in una zona così bella come quella di Ueno. Del resto era stato lui a comprare l'appartamento in cui Jack viveva con la sorella, e anche il negozio, se era per quello. Solo che non aveva voluto rendere Jack proprietario. "Farai come me", gli aveva detto "partirai con le origini più umili, e crescerai col tempo". Una filosofia decisamente da secolo scorso, ma fortunatamente, al Candyman non faceva paura rimboccarsi le maniche. I nonni non avevano badato a spese per permettere ai fratelli Jackson di stare in Giappone, e non lamentarsi era il minimo che potesse fare.
    E così, con la pioggia che picchiettava sul suo ombrello e l'asfalto bagnato che scricchiolava sotto le sue scarpe, Jack cominciò a fischiettare la famosa canzoncina de "Il mago di Oz", solo che nella sua mente il testo parlava di un posto sotto all'arcobaleno del suo ombrello.








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    La pioggia continuava ticchettare sull'asfalto. Assieme ad essa ticchettava anche qualcos'altro; un orologio da polso, per la precisione. Allacciato con un cinturino rosa al braccio di una ragazza che correva trafelata sotto la pioggia. Era un po' difficile ipotizzare dove stesse andando con quel tempaccio, ma non aveva l'ombrello - per quello correva. Ogni tanto si fermava sotto un portico di qualche negozio chiuso, si guardava intorno preoccupata, fissava l'orologio e riprendeva a correre dopo una manciata di secondi, come se il solo fermarsi gliene avesse già fatti sprecare abbastanza. Era coperta solo da un impermeabile nero che le arrivava appena sotto la vita, una specie di largo giubbotto senza cerniera e con un'ampia tasca sul davanti, uno di quelli che andavano per forza infilati dalla testa se si voleva indossarli; aveva due strisce dai colori del neon su ambe le maniche ed il cappuccio che le cadeva sul viso era fornito di due piccole orecchie che ricordavano un gatto, la cui unica funzione era decorare la giacca.

    Ueno era un quartiere tranquillo, ma ciò non lo rendeva privo di avvenimenti strani. Anche se spesso la gente tende a dare definizioni soggettive di "strano" e probabilmente qualcuno avrebbe affibbiato tale aggettivo persino a Jack, che se ne andava in giro fischiettando sotto un temporale, incapace di comprendere che la felicità altrui a volte poteva celarsi anche dietro una telefonata.
    La ragazza che correva sotto la pioggia non lo era, qualcuno aveva annebbiato troppo presto la sua visione del mondo affinché potesse comprendere un concetto astratto come la "felicità". Era stanca, infreddolita e inzuppata dalla testa ai piedi, eppure sapeva che non poteva fermarsi, c'era quasi. La luce dei lampioni illuminò la sua figura ancora per qualche istante, mentre le suole dei suoi stivali lasciavano poche e vaghe impronte sul marciapiede che venivano subito lavate via dalla pioggia.

    Jack aveva appena riattaccato la telefonata con la sua sorellina quando si vide arrivare addosso una figura incappucciata a tutta velocità: se quello fosse stato l'inizio di un libro thriller la figura incappucciata avrebbe avuto un coltello in mano e Jack se lo sarebbe ritrovato piantato nello stomaco; fortunatamente non lo era e il giovane commesso evitò di finire rovinosamente a terra solo perché dall'alto del suo metro e novanta poteva vantare una stazza decisamente maggiore di quella di una giapponese che non superava neanche il metro e sessantacinque.

    «Ugh... – un borbottio sofferto e la misteriosa figura sollevò il capo per vedere contro cosa aveva sbattuto, incontrando con tutta probabilità lo sguardo di un Jack molto confuso o qualcosa di non troppo dissimile. Dai lineamenti sembrava una ragazzina giovane, i capelli corti, ricci, di uno strano color grigio cenere e gli occhi di un viola sbiadito appena coperti da una frangetta. Aveva delle strane bende intorno al collo ed il viso cosparso da una miriade di lentiggini e goccioline di pioggia, che si vedeva aveva chiaramente provato ad asciugare in corrispondenza degli occhi. – Ah-- Mi scusi--!» esclamò mortificata, non appena il suo sguardo incontrò quello di Jack, con una voce tanto fragile che pareva di cristallo. Era ovviamente colpa sua, perché non stava guardando dove metteva i piedi, un po' per quel cappuccio che le arrivava quasi fin sugli occhi, un po' per la pioggia fitta che rendeva difficile la sua forsennata corsa contro il tempo, un po' forte del fatto che in strada non ci fosse quasi nessuno e forse non aveva pensato di rischiare di scontrarsi contro qualcuno. Nonostante avesse invaso il suo spazio personale tuttavia, non diede molto tempo di reagire al povero Jack. Fece un veloce passo indietro abbozzando un inchino frettoloso e, senza badare ad altro, corse di nuovo via, oltrepassandolo e svoltando alla prima curva a sinistra pochi metri più avanti, lasciando il povero ragazzo con un palmo di naso e... un astuccio rosso.

    In realtà l'astuccio rosso non glielo aveva proprio lasciato volontariamente, probabilmente le era caduto di tasca e ora si trovava in mezzo ad una pozzanghera ai piedi del commesso che si stava accingendo a tornare a casa.
    Era un piccolo astuccio di stoffa rossa, con sopra ricamati degli animali che sembravano... alpaca? Piuttosto carino, forse una bustina per contenere dei trucchi. Stranamente sembrava quasi si potesse ipotizzare che appartenesse ad una ragazza con un viso timido come il suo con facilità. Semichiuso da una cerniera, qualcosa era sfuggito dal suo interno. Ma non erano accessori per il trucco. Era una sottile bustina di plastica trasparente, con delle pasticche tonde e colorate al suo interno. Guardandole da vicino poi si poteva notare che avessero impressa una minuscola farfalla come in un bassorilievo: erano pasticche di XSQ. E l'astuccio era pieno.

    Non era facile riconoscerle se non si avevano presenti perché all'apparenza non sembravano altro che semplici caramelle. Jack forse le aveva già viste una volta, anche se non era detto che se le ricordasse, dalla sua avventura con Sachiko. Però erano lì, davanti ai suoi piedi, in quell'astuccio rosso che si stava inzuppando di pioggia.
    Che farci? Erano della ragazza? Anche guardandosi intorno ormai era sparita. Le aveva perse? Ne faceva uso? Per averne così tante forse poteva anche venderle. Avrebbe dovuto prenderle?
    Gli spacciatori di Aogiri erano conosciuti per essere piuttosto aggressivi, sebbene quella ragazza fosse sembrata proprio all'antitesi di ciò. Se le avesse prese e quella fosse tornata accorgendosi di averle perse poteva vedersela brutta. Avrebbe dovuto portarle alla polizia? Il prossimo kōban non doveva essere molto lontano da lì, ma forse lo avrebbero trattenuto lì tutta la notte.
    Forse avrebbe fatto meglio ad ignorare e a lasciare l'astuccio lì, no? L'omertà era brutta, ma a casa c'era Erin che lo aspettava...
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    Sciaf sciaf sciaf!

    Forse fu a causa del soverchiante rumore della pioggia, che Jack non udì il ritmico battere di stivali inzuppati poco dietro l'angolo che stava per svoltare. Aveva appena rimesso in tasca il telefono, fischiettando quel suo motivetto allegro, quando all'improvviso si ritrovò a meno di un metro da una figura in corsa. Sulle prime, Jack credette fosse un fanatico intento a fare jogging sotto la pioggia, ma fu solo quando la figura gli arrivò addosso che riuscì a inquadrarla per benino woah! fece svuotando l'aria dai polmoni. Nessuno dei due aveva avuto la prontezza di riflessi per scansarsi, ma almeno Jack aveva mantenuto l'equilibrio senza troppa difficoltà grazie alla sua stazza. D'istinto portò una mano sulla schiena della figura, come ad abbracciarla, per assicurarsi che non cadesse. Ed eccola lì, inzuppata fradicia a causa della mancanza di un ombrello, una ragazzina dall'outfit decisamente curioso osservava Jack da sotto un cappuccio con le orecchie da gatto Hey Kitty-girl salutò allegro il Candyman, spostando l'ombrello in modo da includere anche lei sotto di esso tutto apposto? Ti sei fatta mal... neppure il tempo di finire la frase che la giovane chiese frettolosamente scusa, prima di ricominciare a correre h-hey aspet...! Jack sollevò un braccio nel tentativo di richiamare l'attenzione della ragazza ma fu inutile. Lei svoltò dietro il primo angolo, e Jack rimase da solo sotto la pioggia, osservando intontito l'angolo dietro al quale era sparita.
    Ora, vero era che non si trovava nel Paese del Sol Levante da molto tempo, ma quella era forse la cosa più bizzarra capitatagli fino a quel momento. Sbuffando una mezza risata, il Candyman mise in posa le mani, cercando di reggere l'ombrello come poteva ed esclamando un "Giappone" un po' come il famoso meme che girava fino a qualche anno prima però devo ammettere che era proprio carina! pensò tra sé strusciandosi il naso con un dito, mentre per tutta risposta il suo cervello riproduceva il suono di sirene della polizia in avvicinamento. Infilando in tasca la mano che non reggeva l'ombrello, Jack fece per andarsene, quando il suo piede urtò contro qualcosa uh? fece abbassando lo sguardo e questo...? per terra, probabilmente perso dalla ragazza, un innocente astuccio di stoffa rossa aspettava di essere raccolto, mostrando una serie di simpaticissimi ricami che -probabilmente- avrebbero convinto anche Jack a comprarlo, lo avesse mai trovato in vendita da qualche parte oh ma che carin... l'esclamazione gli morì in gola, quando si rese conto di quel che aveva innanzi. Si era chinato sui talloni per raccogliere il piccolo oggetto, e solo allora aveva notato parte del suo contenuto riversato sulla strada. Neanche un bambino avrebbe creduto potessero essere caramelle, quei confetti coloranti dentro a quella busta di plastica cazzo... mormorò Jack, poggiandosi una mano sulla bocca. Dove c'era la XSQ c'era Aogiri. E poi c'era quella ragazzina. Si voltò, ancora chino, guardando fugacemente la direzione verso cui si era allontanata. Possibile fosse una spacciatrice? No. I suoi modi non erano quelli di una persona di quel giro. Forse un corriere. Un corriere molto nei guai, non appena sarebbe giunta sul luogo della consegna. Senza pensarci, ricacciò la busta nel borsello, ficcandolo poi in una delle tasche del giubbotto. Scattò in piedi e prese a correre, le ampie falcate che macinavano la stessa strada che aveva percorso la giovane cazzo cazzo cazzo CAZZO!! cosa avrebbe fatto? L'avrebbe raggiunta, e poi? Perché salvare un corriere? Era colpevole tanto quanto gli spacciatori, cosa c'era di diverso? è una ragazzina ringhiò a denti stretti, sollevando il cappuccio del giubbotto. Chiuse l'ombrello, lasciando che gelide lame di pioggia iniziassero a martoriare ogni centimetro del suo corpo. Si sarebbe inzuppato, ma avrebbe corso molto più veloce. L'obiettivo, per il momento, era cercare di seguire la ragazzina, cercando in qualche modo di non farsi scoprire. E mentre Erin preparava la cena indaffarata, Jack rischiava nuovamente la vita, nuovamente per cercare di salvare qualcuno invischiato con quella roba







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    "Carina", non era proprio la definizione che Makoto avrebbe dato di sé stessa. Gli andava bene se qualcuno lo pensava, ma no — lei preferiva definirsi un mostro. Makoto veniva da una storia di abusi familiari suo malgrado piuttosto comune nella società giapponese. Aveva perso la madre da piccola e non si ricordava nemmeno che viso avesse. Suo padre si era dato all'alcool e aveva cominciato a sfogare le sue frustrazioni sulla figlia. Una storia andata avanti per anni, senza che lei avesse coraggio di parlarne con nessuno, perché nessuno le credeva. Faceva strano pensare che suo padre, un uomo molto rispettato nella compagnia dove lavorava, potesse alzare le mani su una ragazzina per sfogare lo stress dello stesso. Aveva sempre desiderato scappare, ma l'ansia e la paura, unite alla mancanza di un lavoro fisso e stabile che le potesse garantire un minimo di sopravvivenza, l'avevano sempre fermata ad un passo dal fare qualsiasi cosa. Fino a quando, un giorno in cui si sentiva meno coraggiosa degli altri per tornare a casa e trovarsi costretta a nascondere nuovi lividi, aveva deciso di dormire fuori.
    Non le era importato dove, l'importante era che fosse un posto diverso da casa. Aveva girato a vuoto fino a che non le avevano fatto male le gambe e infine si era accovacciata in una stradina, stretta nel suo giubbotto ed aveva cominciato a piangere. Di quella giornata non ricordava granché, solo che ad un certo punto - forse impietosita - le si era avvicinata una ragazzina, le aveva offerto un lecca-lecca rosa e le aveva chiesto se andava tutto bene.
    No, ovviamente non andava tutto bene. Ma che diritto aveva di ammorbare una sconosciuta con i suoi problemi? Nessuno, ma - per qualche ragione - eicordava di averlo fatto lo stesso. Forse perché in quel momento si era sentiva più vulnerabile degli altri. Aveva raccontato tutto per fila e per segno, asciugandosi le lacrime, all'altra ragazzina, aspettandosi quello che riceveva tutte le volte: risate e scherno. Eppure lei non aveva fatto una piega, e a fine racconto le aveva chiesto solo una cosa, la domanda fatidica che aveva cambiato la vita: desiderava che suo padre morisse?
    Makoto ricordava di essere rimasta impietrita a fissare i suoi occhi strani, la pupilla del sinistro a forma di triangolo.

    Desiderava che suo padre morisse?

    Sì, probabilmente sì. Voleva essere libera, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di ucciderlo. Che quella ragazzina volesse ucciderlo per lei? Quando si era resa conto non solo di averlo pensato, ma di averlo anche detto ad alta voce si era sentita una persona infima, ma l'altra ragazzina aveva riso ed aveva sorriso. Poi si era alzata in piedi e le aveva lasciato il suo numero di telefono, assieme ad una leggera e affettuosa pacca sulla testa, dicendole di chiamarla se aveva bisogno di aiuto, o anche solo di un'amica.
    Makoto ricordava di averle chiesto una sola cosa prima che quella se ne andasse: il suo nome. E lei le aveva risposto: "Mei. Ma puoi chiamarmi Zero, se preferisci".

    E Makoto ci aveva pensato, a lungo, fino a quando una sera che suo padre era stato più violento del solito, aveva creduto di non farcela più, aveva ceduto e aveva chiesto aiuto. Una settimana dopo, tornando a casa, aveva trovato suo padre appeso con una corda al lampadario della cucina. Era con Aogiri da quel momento. Il caso di suo padre venne semplicemente archiviato come un suicidio dovuto allo stress lavorativo e la tragedia venne chiusa lì, mentre Makoto cominciava la sua nuova vita. E le cose erano andate bene. Aogiri era stata estremamente gentile con lei, l'aveva aiutata a prendersi una qualifica per lavorare e l'aveva anche assunta come aiutante nelle cucine dell'Eclipse. Per Makoto era stato come vivere un sogno, e si era detta che se tutto quello era costato solo la vita di suo padre ora poteva guardare al passato senza nessun rimpianto. Si era persino fatta degli amici e quella tragedia l'aveva dimenticata in fretta.
    Poi era successo. Un bel giorno, qualcuno le aveva detto che ormai era pronta, era parte della famiglia, non aveva più bisogno di essere un topolino, e le aveva messo in mano delle pasticche colorate: XSQ. Ed era cominciata la sua odissea, fatta di vicoli bui, soldi e spacciatori.

    Mentre macinava i suoi pensieri correndo a perdifiato, Jack non avrebbe avuto molte difficoltà a tenere traccia del percorso della ragazzina: svoltando la stessa strada che aveva imboccato lei, infatti, l'avrebbe semplicemente vista poco più avanti, a lato del marciapiede, sotto il portico di una fermata di un autobus che ancora sembrava non avere nessuna intenzione di arrivare.
    Nemmeno la ragazzina di prenderlo a dire il vero, perché non sembrava lì solo per ripararsi dalla pioggia, era appena accucciata verso terra, che si guardava intorno frenetica, tastandosi addosso, come se avesse perso qualcosa. Con ogni probabilità il piccolo astuccio rosso che ora si trovava nelle mani di Jack.
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    Il rombo lontano di un tuono raggiunse Jack proprio mentre cominciava a correre. Schizzi d'acqua piovvero sul bagnato, quando la superficie già irregolare di una pozzanghera venne falciata a metà dalla corsa dell'Americano. Le poche anime che aveva incontrato fino a poco prima si erano dileguate al riparo dalla pioggia. In effetti, chiunque si fosse affacciato dalle finestre dei vicini palazzi avrebbe trovato decisamente anomalo non tanto la mancanza di persone sotto ad un temporale, quanto il fatto che ci fosse un unico tizio armato di ombrello chiuso che stava affrontando da solo il diluvio universale. Non che inseguire una ragazza con un cappotto al neon da Nekomimi fosse strano, in Giappone.
    Appena voltato l'angolo dietro al quale era scomparsa la ragazzina, Jack piantò una frenata tanto brusca che per poco non scivolò a terra. A quanto pareva l'inseguimento era finito ancora prima di cominciare. A pochi metri da lui stava consumandosi una scena degna di un film di John Malkovich, dove la pioggia torrenziale si abbatteva senza pietà sul portico sotto al quale l'esile figura della giovane si era riparata. In tutto questo, la povera ragazza era intenta a cercare il suo prezioso astuccio ginocchioni per terra, aspettando un autobus che forse non sarebbe mai passato. Una grossa nube di condensa si disperse nell'aria, quando Jack espirò via tutta l'agitazione di un momento prima. Infilò una mano in tasca, avviandosi verso la ragazzina e facendo dondolare l'ombrello ad ogni passo. Quando fu abbastanza vicino, girò su sé stesso, appoggiando la schiena alla parete del portico subito di fronte a lei, così da essere rivolto nella sua direzione. Qualche gocciolina gli precipitò in volto dal bordo del cappuccio, mentre la osservava con fare mesto. Fu quasi con noncuranza che tirò fuori di tasca il sacchetto di caramelle che aveva preparato per sua sorella, i colori sgargianti dei dolciumi che contrastavano contro il grigiore spento della sera calante di genere non si accettano caramelle dagli sconosciuti... esordì Jack con una scrollata di spalle mentre soppesava il sacchetto ...ma fidati.... continuò, chinandosi sui talloni così da essere alla stessa altezza della ragazzina. La guardò nuovamente in viso, negli occhi se possibile, prima di proseguire queste sono decisamente più buone di quelle che hai perso e con un occhiolino, slegò il nodo che teneva chiuso l'involucro prima che la sua interlocutrice potesse ribattere ah fece poi sollevando le sopracciglia accorgendosi del suo fare sospetto giusto per dimostrarti che sono innocue... posò l'ombrello e pescò nel sacchetto, facendone emergere una caramella gommosa che si portò alla bocca. Il sapore dolce alla fragola era un qualcosa quasi fuori luogo in quel contesto. Nel suo immaginario, i dolci che vendeva venivano consumati in momenti di serenità, e non certo in una situazione come quella. Stava di fatto che per reggere il suo stesso gioco mise su un'espressione beata, prima di acchiappare un'altra caramella è solo dimostrazione eh, mica sono goloso scherzò, mandando giù anche quella. L'idea era quella di tranquillizzare la ragazzina con una battuta, quantomeno farle capire che non aveva cattive intenzioni. Prendile pure tutte, se vuoi propose, porgendo con entrambe le mani il sacchettino in modo da emulare il modo in cui i giapponesi si facevano dei doni e se poi ti va, potremmo fare quattro chiacchere. Magari in un posto un po' meno umido, che ne dici? il Candyman sorrise incoraggiante. Piegato lì sui talloni, sentiva la bustina di XSQ premergli leggermente contro il petto, una sensazione granulare piuttosto spiacevole, considerato che aveva addosso ciò che più odiava al mondo. Era ancora indeciso se dar fuoco a quelle pillole con della benzina oppure consegnarle a Sachiko, com'era accaduto l'ultima volta. Ma il dopo sarebbe arrivato dopo. In quel momento, il mondo era ridotto a quel portico, al suo sorriso e a quelle caramelle. Cosa sarebbe successo da quel punto in poi, dipendeva solo dalla ragazzina.





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    Grazie ancora per la comprensione. Cercherò di riprendere il ritmo. Scusa anzi se la qualità del post non è delle migliori, ma diciamo mi sono dovuto un po' sforzare per riuscire a scrivere. Da qui ti prometto massimo impegno!
     
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    Nemmeno un miracolo avrebbe potuto salvarla in quel momento, si stava dicendo mentalmente Makoto. Strano a dirsi, ma in quel piccolo astuccio rosso che aveva perduto c'era rinchiusa metà della sua vita. Aogiri non sarebbe stata per nulla contenta se l'avesse scoperta, anzi era probabile che la stessero già seguendo e non era nemmeno sicura di potersi permettere di perdere tempo, ma la realizzazione di non avere più quel piccolo pacchettino con sé l'aveva colpita con fin troppa freddezza. Perché se non era lì a terra... significava che avrebbe potuto averlo perso virtualmente ovunque lungo il suo percorso ed al suo appuntamento mancava fin troppo poco.
    Che poteva fare? Perdere l'XSQ era terribile, era una delle prime raccomandazioni che le avevano fatto: non lasciarla in giro, non farla finire in mani sbagliate, non perderla.
    No, un miracolo non poteva salvarla. Ma forse Jack sì.
    La ragazzina con il cappuccio registrò l'arrivo del ragazzo con i capelli biondi un attimo in ritardo, presa com'era dai suoi problemi. Difficile dire se lo riconobbe come lo spilungone di poco prima, ma sollevò il viso e, nello scorgere la sua figura controluce, sussultò spaventata, per poco non fraintendendo l'intera situazione. Si pietrificò sul posto, con i jeans ormai inzuppati fino all'osso, e rimase immobile fino a che non vide lo sconosciuto piegarsi sulle ginocchia e offrirle qualcosa.
    Le sue caramelle!
    Per un secondo le sembrò che il mondo avesse ripreso colore. Lo sgargiante colore delle XSQ.
    Quindi quel tipo non era di Aogiri! E non era venuto lì per ucciderla! E allora chi era?
    Perché la stava aiutando?
    La sua gioia tuttavia durò meno di un paio di secondi, giusto il tempo di registrare e razionalizzare come il suo discorso - per lei - non avesse il minimo senso. Le sue sottilissime iridi color ametista si abbassarono dal viso di Jack al sacchetto che il ragazzo le stava porgendo. No, quello non era il suo astuccio. E come... come faceva a sapere che aveva perso le sue...?
    «No...» istintivamente, la ragazzina indietreggiò appena, sempre rimanendo in ginocchio, mentre le sue parole si disperdevano lentamente nella pioggia che scrosciava sul tettino della fermata.
    La mano che stava tendendo verso il sacchetto di Jack si fermò a mezz'aria. Qualcosa non andava. E Makoto sapeva per esperienza che doveva diffidare non solo degli sconosciuti, ma di tutti. Chiunque fosse quel tipo non doveva fidarsi. Avrebbe dovuto tirare fuori gli artigli e difendersi, come le avevano insegnato a fare, ma non era capace. Lo sapeva.
    «No... per favore...» rantolò, non appena ne trovò le forze, abbassando lo sguardo verso terra. Se quel tipo sapeva che aveva perso le sue non c'era altra spiegazione: aveva trovato le XSQ e ora stava rischiando la vita solo per il fatto che le portava con sé, chiunque fosse. A Makoto ovviamente non importava niente della vita di quel tipo, ma gli importava della propria e nessun'altra caramella avrebbe potuto mai sostituire l'XSQ. Doveva convincerlo a restituirgliele. In un atto colmo di disperazione, Makoto congiunse le mani davanti al viso e piegò il busto verso terra, quasi in segno di preghiera. «Non posso prendere le tue. Ti prego, ho bisogno di quelle caramelle che hai trovato... Ne va della mia vita! PER FAVORE!» supplicò, dapprima a basa voce, poi quasi esplodendo in un atto disperato. Era normale che Jack volesse parlarle: Makoto non aveva idea che avesse già avuto a che fare con Aogiri e lo lo credeva una persona normale, ovvio che non aveva intenzione di seguirlo.
    La risposta al successivo quesito di Jack, tuttavia, non tardò ad arrivare.
    Stavolta, però, non da parte della ragazzina.
    «Sì, forse dovremmo farle due chiacchere.»
    In quell'esatto istante, un lampo illuminò quasi a giorno i dintorni e, sotto quel diluvio, proiettò sull'asfalto un'ombra ampia abbastanza da schermare la luce proveniente dal cielo per entrambi i giovani in ginocchio. In piedi al loro fianco c'era una sagoma che di umano aveva ben poco: dietro la schiena aveva due gigantesche ali squamate ed una coda da rettile; due corna rossicce gli spuntavano ai lati del viso, fra i lunghi capelli bianchi fradici di pioggia, che incorniciavano un volto coperto per la metà inferiore da una maschera nera. Aveva le mani e gli avambracci, fin quasi ai gomiti, trasformati in artigli coperti di scaglie: uno dei quali era puntato verso il basso, e Jack se lo sarebbe ritrovato a pochi centimetri dal viso se solo avesse osato voltarsi.
    «Stai disturbando la mia cliente?» tuonò l'individuo, la stessa voce cupa di prima, probabilmente distorta dalla maschera. Forse a Jack sarebbe potuto venire il dubbio di esser rimasto coinvolto in qualcosa in cui non avrebbe dovuto mettere il naso; se non altro, la sua buona volontà sarebbe stata ricordata come encomiabile.
    « WHEN THE WIND BLOWS, THE PLANT BENDS. »
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    Per un meraviglioso momento la ragazzina parve accettare l'offerta di Jack, mentre allungava timidamente la mano verso le caramelle, ma l'incantesimo non durò a lungo. Il Candyman poté quasi vedere un riflesso nelle pupille della giovane, come se fino a quel momento avesse sognato ad occhi aperti. E a quanto pareva, la realtà era ben peggiore del brutto sogno che stava facendo. Assenza e sorpresa si sgretolarono dal viso lentigginoso, sostituite da un terrore tale da poter essere associato solo all'istinto di sopravvivenza no no no, tranquilla, non ti faccio niente! esclamò Jack velocemente, mollando le caramelle e mostrando i palmi per tranquillizzarla. La giovane si era ritratta come se avesse toccato un tizzone ardente, e fu quel comportamento così altalenante che fece realizzare al Candyman la possibile verità: la ragazzina non era un semplice corriere... Era un corriere che dipendeva dalla roba che si portava dietro. La ragazza era intrappolata ad un qualcosa di più leggero di un guinzaglio, ma dalla stretta molto più salda. La supplica che lo investì non fece altro che alimentare ulteriormente quei dubbi. Jack appoggiò gli avambracci sulle cosce, sospirando rumorosamente. Fece del suo meglio per non guardare la ragazza con pietà, ma anzi cercò di parlare in modo da infonderle sicurezza Mannò, la tua vita non dipende da quella roba. Io posso aiutar...

    Per un terribile istante le ombre si allungarono, facendosi nette e taglienti contro le superfici dei palazzi. Immortalata in quel flash naturale, Tokyo venne scossa dal crepitare del fulmine che accompagnò il materializzarsi di un mostro accanto a Jack ma che cazz...? si bloccò. Aveva fatto per girarsi solo per trovarsi a tu per tu con quello che ad un esame attento, sarebbe potuto essere un cono di cheratina affilato da velociraptor, forse. In altri termini, aveva "un cazzo di artiglio" pronto a fargli qualche buco per piercing non richiesto ad appena due centimetri dal suo splendido naso. L'umorismo però, era tremendamente fuori luogo in quel momento. A quanto pareva, Monsters&co era la persona che Kitty Girl avrebbe dovuto incontrare, e avendola chiamata "cliente" ciò faceva di lui un dannato spacciatore e di lei la tossica da salvare. Ora, probabilmente chiunque al posto di Jack avrebbe pensato a tutto meno al cinema, ma c'era una cosa che i film di Eddy Murphy gli avevano insegnato: una parlantina veloce era in grado di gabbare praticamente chiunque. Il suo non era il migliore dei piani -neppure l'abbozzo di un piano, se era per quello- ma a questo punto non poteva far altro che provare a dar fondo a tutte le sue doti recitative e sperare che il tizio, da bravo dinosauro quale sembrava, avesse come loro il cervello delle dimensioni di una nocciolina.
    Il primo step fu quello di assumere un'espressione seccata, il tutto senza finire di girarsi, come se fosse perfettamente padrone della situazione e tu chi cazzo sei? Godzilla dei poveri? fece con tono quasi minaccioso, il tutto tendendo l'orecchio per essere pronto a eventuali controbattute. Ovviamente, il gioco avrebbe funzionato se quello fosse stato un monologo, più che un dialogo, e pertanto Jack chiamò a sé tutta la sua maleducazione per interrompere il tizio ogni qualvolta sembrava stesse per ribattere sto importunando la tua cliente perché tu eri a farti le seghe con Capitano Uncino, anziché trovarti qui mezz'ora prima. E se te lo stessi chiedendo si... Jack strinse i pugni per dar l'impressione di essere ancora più fuori dai gangheri io sono quello dei piani alti che ha fatto quella cosa... e calcò nel punto giusto facendo un cenno verso la ragazzina, come a dire "ci sono un paio di orecchie di troppo qui" ...E che è stato spedito qui a fare il tuo cazzo di lavoro per punizione. Quindi dammi retta... voltò leggermente la testa così da poter guardare dal basso verso l'alto il mutante uscito da un fumetto Marvel con l'espressione più feroce che fosse in grado di mettere su ...Toglimi quell'artiglio dalla faccia, o ti giuro che te lo pianterò così tanto su per il culo che dovrai chiamare i pompieri per tirarlo fuori per un momento resse lo sguardo mascherato del tizio, pregando in tutte le lingue che conosceva e che non conosceva che si fosse bevuto la farsa. Sputò a terra con sdegno, prima di aggiungere con tono pacato mi sto alzando. La roba è nel giubbotto forse questo gli avrebbe fatto guadagnare quel punto credibilità in più per evitare di diventare controfiletto di Jack, oltre a dargli la possibilità di rimettersi in piedi. In quel momento, il Candyman si sentiva il cuore in gola. In un angolo della sua mente, un chibi Jack si nascondeva sotto ad un lenzuolo, accendendo e spegnendo una torcia puntata negli occhi e implorando "mammina". Ma ormai, si stava giocando il tutto per tutto. Se fosse riuscito ad alzarsi, il Candyman avrebbe leggermente aperto il giubbotto così da raggiungerne la tasca interna, dove il carinissimo astuccio con gli alpaca ricamati attendeva placidamente di essere preso. Nonostante i suoi movimenti apparentemente tranquilli, la mente di Jack correva veloce come la Delorean di "Ritorno al Futuro", finendo in un angolo dei suoi ricordi ormai polveroso intitolato "Spaghetti Western", alla voce "Lo chiamavano Trinità". Jack estrasse l'astuccio lentamente, reggendolo poi nel palmo della mano. Avrebbe atteso quindi con sguardo truce fino a quando lo spacciatore non si fosse mosso per afferrarlo, facendo così scattare la trappola. Se in quel film Terence Hill aveva messo tra le mani di un tizio il proprio cappello prima di spaccargli la faccia, lo stesso fece Jack con quell'astuccio. Una volta che lo spacciatore lo avesse avuto tra le mani, la sua attenzione sarebbe stata probabilmente focalizzata del tutto su di esso, permettendo a Jack di tentare un rapido uppercut diretto al mento del suo avversario. Fosse riuscito nell'impresa, avrebbe tanto desiderato vedere il replay al rallentatore, con le gocce di pioggia che s'infrangevano contro le sue nocche fino a quando non fossero giunte a destinazione. E magari perché no, un bel fulmine scenico per quei pochi istanti in cui lo spacciatore si fosse trovato a mezz'aria, inarcato verso il terreno e -nel migliore dei casi- già nel mondo dei sogni. Ma lui correva troppo con la fantasia. Non ci sarebbe stato nessun "Adriana" urlato a squarciagola, ma solo il rapido susseguirsi degli eventi. Se l'attacco fosse giunto a destinazione, Jack avrebbe velocemente raccolto l'astuccio, riponendolo nel giubbotto mentre scattava in direzione della ragazzina gambe in spalla bimba! Veloce! ok, magari "baby" non suonava così bene in Giapponese, ma non c'era tempo per finezze linguistiche. Senza indugi, il Candyman avrebbe cercato di afferrare la giovane per una mano, prima di cominciare assieme a lei -nel caso avesse voluto seguirlo- una fuga per le strade di Tokyo non ti voltare avrebbe gridato corri e basta! Se non l'ho steso con quel pugno, allora dovremo pregare che un fulmine lo becchi in pieno mentre vola, o siamo in un mare di guai! Jack non aveva infatti dimenticato le ali che spuntavano dalla schiena di quel tizio, e dubitava fossero solo un cosplay ben fatto. La loro unica possibilità, era raggiungere un posto coperto in cui nascondersi. Si odiò per questo pensiero, ma in quel momento l'unico posto che gli veniva in mente era il suo negozio. L'entrata sul retro gli avrebbe permesso di zigzagare per i vicoli per raggiungerlo, rendendo -forse- l'inseguimento leggermente più difficile. E in tutto questo, aveva mollato a quella fermata del bus il suo ombrello nuovo. Che dire... Le disgrazie non vengono mai sole.






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    Se quel tipo fosse stato uno spacciatore, la recita di Jack avrebbe anche potuto attecchire.
    Se quel tipo fosse stato uno spacciatore.

    Per un meraviglioso momento la strategia di Jack parve funzionare: "Godzilla dei poveri" mosse sul serio un artiglio in direzione del piccolo astuccio rosso raffigurante gli alpaca, afferrandolo con le dita squamate, e il montante del biondo colpì effettivamente qualcosa... che purtroppo non fu il mento del suo avversario. Distinguere sagome e contorni, nel buio e con tutta quella pioggia, non pareva molto facile, ma a quanto pare lui ci riusciva benissimo. Il pugno di Jack fu fermato a mezz'aria e le sue nocche impattarono contro il rigido palmo aperto dell'artiglio che fino a pochi attimi prima gli aveva minacciato la gola.
    Gli occhi verdi dello sconosciuto si fissarono nelle pupille nere del neo-improvvisato-vigilante, forse accompagnati dalla rivelazione che il suo sforzo non era bastato ad impressionarlo o che quel tizio non era affatto ciò che sembrava.
    Sfortunatamente per lui, la persona che aveva davanti aveva l'abitudine di risolvere i problemi a modo suo ed in fretta. Jack non fece in tempo a muovere un singolo muscolo: l'astuccio cadde a terra, l'artiglio che lo reggeva agguantò il colletto della sua maglia ed una forza che decisamente non ti saresti aspettato da un tipo alto neanche un metro e ottanta, lo tirò verso il basso e lo ribaltò sull'asfalto, schiena a terra, con un colpo abbastanza forte da mozzargli fiato e respiro. La ragazzina al loro fianco cacciò un urlo spaventata e si acquattò contro il sostegno di plastica del vecchio portico della fermata. Nel sentirla, le iridi del ragazzo che lo aveva appena aggredito si fecero ancora più truci di quanto già non fossero.
    «Dannata feccia di Aogiri.» mormorò, la voce distorta e ovattata dalla maschera. Levò la mano del braccio libero, la serrò con forza ed assestò con decisione un pugno sulla tempia sinistra di Jack. La ragazzina urlò di nuovo. Ma quella fu anche l'ultima cosa che Jack fu in grado di udire, mentre il mondo attorno a lui cominciava a perdere consistenza ed i contorni a sfumare accompagnati dal rumore della pioggia. Cos'era andato storto? Chissà. Jack avrebbe avuto alcuni istanti per domandarselo, prima di annegare in un'oblio scuro e silente. Forse si era davvero immischiato in qualcosa che non lo riguardava, era stato scambiato per un membro di Aogiri e quella, per lui, pareva essere la fine dei giochi.








    ... Oppure no?


    No, in realtà no. Era solo svenuto. Quando il povero Jack riaprì gli occhi, dopo qualche istante di vista annebbiata, si sarebbe potuto accorgere di non essere più fuori al buio e sotto la pioggia, ma di avere un tetto sopra la testa, illuminato da una calda luce giallo chiaro, e di essere steso su un lettino al centro di una stanza che pareva uno strano incrocio fra un ufficio ed un'infermeria. Di sottofondo c'erano pochissimi rumori, solo due voci maschili che discutevano animatamente.
    Se avesse provato a guardarsi intorno, infatti, avrebbe notato di non essere solo ed avrebbe - forse - anche riconosciuto alcune figure. Seduta su una poltroncina a pochi metri dal lettino su cui era steso Jack, avvolta in un'asciugamano e con una tazza fumante in mano, c'era la ragazzina che aveva seguito; sul fondo della stanza, invece, in piedi e di spalle, c'era il ragazzo che lo aveva assalito: non aveva più né ali, né coda, né artigli, gli rimanevano solo le corna, che spuntavano dai lunghi capelli bianchi ancora umidi, come se portasse una specie di strano cerchietto per capelli di colore rosso al contrario, e la suit nera indosso. Aveva un asciugamano attorno alle spalle e stava parlando con un'uomo di mezz'età dai capelli cenere, con indosso un haori verde, che stava guardando fuori da una porta-finestra chiusa che dava su una terrazza, la tenda scostata. Diluviava ancora.
    Oh, e accanto alla poltrona della ragazzina c'era anche il suo ombrello.
    Percependo dei movimenti alle sue spalle, da parte della ragazzina che era stata la prima a notare che Jack fosse sveglio, Godzilla si voltò seduta stante.
    «Visto? È sveglio. Non l'ho colpito così forte.» disse, rivolto al suo interlocutore. Jack avrebbe certamente potuto dissentire, dopo qualche attimo di confusione, se avesse registrato quella frase, ma forse prima c'era una questione più importante. Dove diavolo era e chi erano quelle persone? Non sembrava proprio il covo di Aogiri.
    ❖ Non è oro tutto quello che brilla. ❖


    CITAZIONE
    Bene, siamo alla svolta. Scusa, so che sono stata cattiva, ma sono contenta che Jack sia cascato nella mia trappola. : )
    Per i lettori che ricordano Appetite of Destruction e se lo stanno chiedendo, sì, mi piace scaraventare le persone per terra.
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    Tutto procedeva secondo il piano. I lampioni appena accesi riempivano di una luce livida la scena, gettando ombre tra le nocche del Candyman mentre caricava il suo micidiale destro. Pesanti goccioloni di pioggia esplosero in miriadi di piccoli schizzi, mentre l'attacco accorciava via via la distanza tra sé e il suo bersaglio. E poi, sul culmine della figaggine, proprio nel momento in cui un altro tuono rimbombava tra i vicini palazzi...Il colpo venne intercettato con una facilità disarmante da Godzilla, scatenando in Jack un misto di oltraggio e quella sensazione priva di nome di genere contraddistinta da un oh cazzo... detto giusto un momento prima di essere presi a legnate. Consapevole di essere del tutto scoperto, il Candyman si preparò a far ingollare una mezza overdose di Joy a JurassicPark, ma purtroppo, questo fu uno di quei casi in cui il cervello fu ben più veloce delle reazioni del corpo. Ora, Jack era tutto fuorché mingherlino. Anzi, aveva addirittura imparato a far ballare i pettorali a comando, così da poter meglio citare Johnny Bravo in quei momenti in cui Erin necessitava di essere tirata su di morale. Eppure la sua stazza non gli fu di alcun aiuto. Tutto il suo metro e novanta piombò a terra accompagnato dai suoi centodue chili di muscoli, il tutto senza apparente sforzo del suo avversario c-cazzo fu l'unico pensiero mentre l'aria gli veniva sottratta dai polmoni se non lo metto a nanna questa volta rischio di... se Jack era già spiazzato, immaginatevi la sua faccia quando udì il commento del Re dei Mostri. Feccia di Aogiri? Questo tizio stava seriamente pestandolo perché credeva che lui fosse...!? ti sbagli! cercò di dire in un rantolo strozzato non sono un Onigiri... e sul finire di quella frase, giunsero i titoli di coda. "That's all folks", o "This is it", ma a seguire non sarebbero seguite le Merry Melodies né Michael Jackson. Solo il pesante buio dell'incoscienza accompagnato dallo straziante silenzio nel quale rimbombò un ultimo pensiero non ti voglio lasciare, Erika

    Un qualcosa di sfocato. Un rumore non bene distinto. Una serie di rumori. La testa gli faceva un male tremendo, e le palpebre sembravano pesanti come macigni. Luce. C'era una luce. Cos'era successo? Il suo ultimo ricordo era il concerto seguito dall'arrivo del presidente. Che le groupie avessero esagerato? Si era ripromesso di non mandar più giù così tanta Joy da ridursi in quello stato. La serie di rumori si schiarì un poco. Un dialogo. Non capiva una parola di cosa stessero dicendo, sembrava una lingua che non conosceva. Ah, ma quella...Giapponese? Si, conosceva quella lingua. Le palpebre si fecero leggermente meno pesanti, e gli occhi iniziarono a mettere a fuoco. Con l'audio e la vista attivi (anche se ancora in 240p), Jack venne investito dai ricordi. Ma certo. La pioggia, la ragazzina, la XSQ e... Godzilla... gracchiò portandosi una mano sulla fronte e sbattendo gli occhi. Si trovava in un posto che non conosceva, in un letto che non conosceva e con i postumi di una sbornia -che conosceva benissimo - senza avere bevuto un goccio di birra. Non troppo lontano da lui, la ragazzina che aveva provato a salvare era avvolta in diversi asciugamani mentre beveva della cioccolata calda. L'intenso e dolce aroma del cacao disciolto nel latte ebbe lo strano effetto di calmarlo. Con fatica, il Candyman si mise a sedere sul letto, cecando di ignorare le proteste provenienti dalla sua schiena. Più in là, sul finire della stanza, la versione decisamente più umana del tizio che lo aveva messo k.o stava conversando animatamente con quello che poteva perfettamente essere il Robin Williams giapponese, se Robin Williams si fosse mai vestito con un haori verde tipo Maestro Splinter. Il primo a voltarsi fu proprio mister JurassicPark, il quale non ebbe neppure la decenza di indagare le condizioni di Jack, prima di uscirsene con la classica frase da camionista sulla difensiva dopo aver tamponato un motorino a più o meno novanta chilometri orari HA.HA.HA fece Jack con ironia simpatico. Ho una cosuccia per te fece finta di frugare sotto al lenzuolo che lo copriva, prima di tirare fuori il dito medio e sventolarlo in direzione di quel tipo ecco, per colpa tua ho pure fatto un gestaccio davanti ad una ragazzina si lamentò poi esasperato alzando gli occhi al cielo non mi hai colpito per nulla forte: volevo solo farmi un sonnellino e tu mi hai dato la scusa per mettermi a nanna in mezzo alla strada una fitta di emicranea lo costrinse a chiudere gli occhi un momento. Respirò profondamente, prima di riprendersi il fatto che io sia qui a lamentarmi mi fa supporre che voi non siate con quei bastardi di Onigiri tirò un'occhiata alla ragazzina il che va bene, se avete tirato Kitty Girl fuori dai guai in effetti, nel profondo Jack sentiva un bruciante senso di sconfitta. Voleva aiutare la giovane -che a questo punto sperava non fosse una tossica- e invece era finito sconfitto in un battito di ciglia. In un'altra occasione forse non si sarebbe svegliato. Quel pensiero fu seguito dalla richiesta sul fondo della sua gola di una sigaretta, o perchè no, di un po' di Joy. Ma c'era un tempo e un luogo per ogni cosa -come disse il Professor Oak- e quello non lo era quindi che ne dite di fare le presentazioni, visto che abbiamo lo stesso nemico? allungò una mano con un cenno d'invito prego, prima i padroni di casa quella situazione era surreale. Ma c'era qualcosa di forse peggiore: non sapeva quanto tempo fosse passato, e tutto voleva meno che far preoccupare sua sorella.








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    Il tempo passato non era poi molto, ed era un elemento abbastanza intuibile dal fatto che sia i vestiti di Jack sia i capelli dei due che erano stati sotto la pioggia con lui erano e sembravano ancora umidi per la pioggia. Ciononostante, era passato comunque abbastanza tempo da essere sul filo del rasoio per gestire successivamente la preoccupazione di Erika.
    Terminato il teatrino imbastito da Jack, la prima persona a prender parola fu proprio la ragazzina, dalla regia gentilmente soprannominata KittyGirl.
    «M-Mi chiamo Makoto.» protestò, flebilmente, come se l'informazione fosse di vitale importanza al momento. Non che lo fosse, ma magari a Jack avrebbe fatto piacere saperlo.
    Il ragazzo dai capelli bianchi la seguì a ruota. Non sembrava essere rimasto molto impressionato dal comportamento del ventunenne e non aveva battuto ciglio. Beh, letteralmente come poco fa in strada quando il giovane commesso si era improvvisato spacciatore. Si voltò di nuovo verso il proprio interlocutore, che aveva smesso di guardare fuori dalla finestra per osservare la scena, e allargò leggermente le braccia.
    «A me sembra star bene.» osservò, con una strana e saccente calma, appena velata d'ironia. Probabilmente si riferiva al fatto che, nonostante la botta ricevuta, Jack sembrasse molto sveglio, pimpante e persino in grado di scherzare. «Se la caverà anche se March è fuori città.» aggiunse, forse criptico per chi non sapeva di cosa stesse parlando, ma l'uomo con l'haori parve capire, perché si fece sfuggire un sospiro sconsolato, alla stregua di un vecchio padre apprensivo.
    «Ryu, potresti chiedere scusa, almeno. — disse, ma il ragazzo, spostato lo sguardo su Jack lo fissò con diffidenza per qualche istante, solo per poi tornare a guardare quelli di chi lì dentro pareva essere il capo. — E sta dicendo la verità, puoi fidarti.» asserì, prima di circumnavigare il tavolo, recuperare qualcosa da un armadietto lì vicino ed avvicinarsi al ragazzo in barella, dove le cose che aveva preso si rivelarono essere degli asciugamani, che porse allo sventurato.
    «Mi dispiace che tu sia rimasto coinvolto. Hai sicuramente passato dei momenti migliori, ma come ti senti?» chiese, facendo seguire una lieve pausa. Non calò comunque il silenzio, perché Makoto si fece sfuggire un leggero starnuto, facendo voltare i presenti, solo per poi scusarsi e arrossire, tornando ad affondare il viso nella sua cioccolata. L'uomo di mezz'età sorrise appena.
    «Puoi chiamarmi Druid.» disse, a quel punto, ed indietreggiò fino a riportarsi nella sua posizione precedente, vicino alla finestra. Ora, quello era un nome abbastanza conosciuto a Tokyo e sul conto del quale giravano parecchie leggende, ma Jack era abbastanza nuovo nel panorama della città e c'era la probabilità che non lo avesse mai sentito prima. Come se quello fosse una sorta di pass o timbro di approvazione, anche il ragazzo con le corna si decise a fornire un nome, si voltò di nuovo verso Jack ed accennò un inchino di cortesia.
    «Io sono Ryu. Sono una di quelle persone a cui la gente ama riferirsi come "vigilantes", e lui è il nostro Leader. Ti ho scambiato per uno spacciatore di Aogiri e ti ho colpito, ti chiedo scusa. — disse, prima di raddrizzare la schiena. — Puoi chiamarmi anche Godzilla, se ti piace di più. Non cambia niente.»
    Stranamente gentile, nonostante le apparenze. E attenzione, forse aveva anche un po' di senso dell'umorismo?
    In realtà, il vero nome di Ryu era Fou Lu. Era un ragazzo di origini cinesi che studiava alla Yuuei, al corso di supporto per meccanici, ormai prossimo al diploma. Aveva dei voti ottimi e probabilmente sarebbe finito a lavorare in qualche prestigiosa azienda che produceva equipaggiamenti per Eroi. Aveva un quirk molto aggressivo e portato per il combattimento fisico, di cui Jack aveva avuto un assaggio poco prima, e molti si chiedevano infatti come avesse fatto a fallire il test d'ingresso per il corso da Pro-Hero. Nessun gran mistero, l'aveva fatto di proposito, e quell'unicità che gli aveva regalato in eredità qualche caratteristica di un patrimonio genetico quasi perduto come quello dei dinosauri adesso veniva usata per altro.
    «Non ti faremo niente. Makoto è una persona che stiamo cercando di aiutare da tempo, ma prima di parlare di "nemico comune" vorrei sapere chi sei e perché avevi le sue pasticche. Ti sconsiglio di mentire. Ci ha già detto che non ti ha mai visto prima.»
    Makoto evitò qualsiasi contatto visivo, come se si vergognasse. Era una minaccia? Non proprio.
    Ma Druid, nonostante l'aria apparentemente normale, aveva già detto qualcosa sul sapere che Jack non stesse mentendo. Strano, no?
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    Jack accennò un inchino col capo, quando Makoto lo corresse sul soprannome. Di genere avrebbe anche aggiunto una frase di cortesia, ma in quel momento era troppo concentrato sulla risposa che Godzilla stava per dargli. Fu per questo che trovò parecchio seccante quel che venne dopo OI! fece a voce alta alzando un pugno non fare come se non ci fossi! sentendosi un po' come un anime, Jack abbandonò l'atteggiamento bellicoso quando l'uomo di mezza età prese parola. L'americano però non poté fare a meno d'inarcare un sopracciglio, quando il tizio aggiunse con sicurezza che stesse dicendo la verità. Ora, per quanto il suo discorso fosse plausibile, dire con certezza se una cosa è vera o falsa non è così scontato. Non ci volle un genio per capire che i casi erano due: o l'uomo di mezza età era uno stalker -creepy route- oppure c'era di mezzo il suo quirk, qualunque esso fosse. Per un momento Jack inorridì pensando che quel tipo potesse leggergli nel pensiero, ma del resto non poteva fare molto per evitarlo ok, non pensare niente di compromettente si disse mettendo su la sua migliore Poker Face proprio mentre ripensava alla pinup del mese di marzo, che aspettava sul suo bravo calendario nel retrobottega del negozio il ritorno del commesso. In ogni caso, che fosse come il Professor Xavier degli X-men o no, l'uomo era molto cordiale. Gli porse degli asciugamani -Jack aveva a malapena registrato il fatto di essere spiacevolmente umido- prima di chiedergli se effettivamente stesse bene nah, non c'è motivo di dispiacersi banalizzò l'americano portando le gambe fuori dalla barella me la sono andata a cercare, quindi non hai nulla di cui scusarti anche se era lì da poco, l'americano aveva più o meno imparato a conoscere i giapponesi, e di genere i tre quarti delle volte finivano col darsi carico di colpe non loro preoccupati piuttosto della mano di Godzilla ghignò, gettandosi sui capelli un asciugamano e iniziando a strofinare con la testa dura che mi ritrovo, è più probabile che sia lui quello in condizioni gravi la lieve stilettata di emicranea che seguì fu una protesta più che sufficiente da parte del suo corpo, che fu però bellamente ignorata a beneficio dell'atteggiamento da macho. Fu solo dopo la brevissima e non voluta interruzione di Makoto, che l'uomo di mezza età si presentò Druid...? Jack fece un immenso sforzo di volontà per non aggrottare la fronte è un...Patito di Dungeons and Dragons? non era sicuro che il gioco da tavolo più famoso al mondo fosse tanto di moda in Giappone, ma evidentemente doveva essere così. Con cautela, si alzò dalla barella. La schiena non protestò più di tanto, ma Jack sapeva che per un paio di giorni sarebbe stato meglio evitare di piegarsi o sollevare pesi eccessivi. Dopo Druid fu il turno di Godzilla - o Ryu, come si presentò - che contro ogni aspettativa -e forse contro voglia- si scusò con Jack per la randellata giù in strada caz... Jack allungò la parola tirando un'occhiata fugace verso Makoto ...ssssseruola, è la stessa cosa che ho fatto io. Quindi semmai, quello che deve scusarsi per l'attacco improvviso è il sottoscritto con l'unica differenza era che il suo era paragonabile al pugno di un bimbo di cinque anni contro quello di Mike Tyson, ma decise di omettere questa parte.

    Jack espirò tra i denti, vedendo come Makoto cercava di evitare il suo sguardo. Si passò una mano tra i capelli ancora un po' umidi, finendo inevitabilmente col tastare il bernoccolo lasciatogli da Ryu giusto perché lo sappiate, non sono un bugiardo cronico esordì serio la scena laggiù in strada mi serviva solo per spiazzare quello che credevo essere uno spacciatore lasciò un momento di silenzio per enfatizzare la cosa, per poi proseguire in tono più rilassato è la seconda volta che sento quella parola..."Vigilantes". Beh, anche se sono in Giappone da poco, credo che possiate associarmi a quella categoria per un momento Jack s'immaginò con un costumino da Batman, e la cosa fu così ridicola che dovette dissimulare con un colpo di tosse lo sbuffo divertito che emise comunque quando sono sul campo, mi faccio chiamare Candyman scrollò le spalle voi potete chiamarmi Jack. Jack Sballow inclinò leggermente la testa mentre lo diceva, come per dire "si, è un altro nome d'arte" anche se credo di essere stato un po' troppo generoso a dire "sul campo". Per ora ho rotto le pa... occhiata a Makoto ...delle a quelli di Aogiri Tree una sola volta. Ma ci sto lavorando e proprio come quando parlò con Sachiko, gli dette fastidio pensare di essere considerato un novellino. Sapeva di esserlo, ma essere squadrato dall'alto in basso da qualcuno non gli era mai andato a genio ma quello è solo un sintomo del mio obiettivo principale proseguì io voglio aiutare i tossici. Avete presente quegli esseri umani dimenticati dagli eroi e dalla società? Jack s'indicò con entrambe le mani io vorrei...voglio essere la loro speranza lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, e spostò il peso da un piede all'altro E fintanto che i cari Onigiri andranno in giro a far girare la loro robaccia, hanno almeno un nemico giurato: me di certo non era il più potente tra i potenti, ma non si sarebbe fatto fermare da queste considerazioni e questo dovrebbe rispondere alla domanda sul "chi sono" sorrise. Appoggiò distrattamente l'asciugamano che ancora aveva sulla barella, prima di muovere un paio di passi verso la poltrona su cui sedeva Makoto per quanto riguarda il come io sia entrato in possesso di quelle pasticche si appoggiò quindi allo schienale della poltrona bisogna andare indietro di qualche minuto prima del mio K.O tecnico Jack raccontò quindi di come la giovane gli fosse venuta addosso, perdendo il piccolo borsello con gli alpaca che ...a proposito, è adorabile, Makoto-KittyGirl-San e terminò col breve inseguimento avvenuto dopo aver riconosciuto la XSQ che ho già incontrato un paio di mesi fa, in un parco vicino all'ospedale della 30Minutes. Per lo spacciatore e i suoi sgherri, quella è stata una brutta serata, ve lo assicuro. Comunque... mostrò per un attimo i palmi delle mani il resto della storia la conoscete forse la sua sconfitta non sarebbe stata così cocente, se avesse imbottito Ryu di Joy. Ma in fin dei conti, andava bene per com'era andata posso garantirvi di non aver raccontato bugie, croce sul petto e parola di boy scout fece ironico, mimando con le mani ma suppongo che Druid abbia naso per le menzogne, eh? era una domanda abbastanza diretta, ma non era in tono accusatorio. Era onestamente curioso di sapere se ci avesse visto giusto o se le sue fossero solo le paranoie tipiche di chi si è beccato un'incudine in testa ora che mi viene in mente... aggiunse dopo un attimo Ryu, prima hai detto "il nostro leader"... aveva notato quell'importantissimo dettaglio con un discreto ritardo. Colpa della botta, di sicuro quindi...? lasciò la domanda in sospeso, ma era chiaro cosa stesse per chiedere: "non siete solo voi due, vero?"








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    Uhm, ripensandoci nel precedente post non ho messo in status le condizioni di Jack, quindi sistemo in questo =3
    Scusami di nuovo se non ho postato ieri, ma come ti ho detto, il prof fa un po' quello che vuole quando vuole ._.
     
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    Sotto sotto, in realtà, il ragazzo-drago un pochino le stava trovando divertenti le reazioni di Jack e, sebbene non avesse proprio il viso più espressivo dell'universo, se non fosse stato per l'intervento di Druid, c'era una buona probabilità che avrebbe continuato: non a far finta che Jack non ci fosse, ma a punzecchiarlo di proposito e senza darlo troppo a vedere come stava già facendo, sì. Tuttavia sapeva rispettare la parola degli altri, indi per cui si limitò a sollevare appena gli angoli della bocca e si quietò, lasciando parlare il suo capo e la poi-non-tanto-piccola Makoto.
    «U-Uhm. Guarda che se pensi che mi scandalizzi se dici le parolacce ti sbagli.» disse infatti lei, un po' titubante, ma rivolta al biondo, come a voler sottolineare che se ne poteva stare tranquillo. Se era era stata con Aogiri fino a quel momento era probabile che conoscesse anche più parolacce di Jack. E forse il problema con lei non era neanche Aogiri, ma meglio sorvolare.
    Druid ascoltò con interesse tutto il racconto del giovane, parendo prestare particolare attenzione alla parte riguardante l'albero, proprio mentre - poco più in là - Ryu, che frattanto si era poggiato con le spalle al muro, apriva e chiudeva la mano con la quale aveva colpito Jack quasi a spregio, tanto per fargli vedere che stava benissimo.
    Druid sembrava una persona abbastanza seria, eppure le parole di Jack alla fine gli strapparono quasi un sorriso che lo indusse a voltarsi verso l'unico altro ragazzo nella stanza, come se fosse - in qualche modo - divertito dalla situazione.
    «Sai Ryu, ti assomigli--» «No. Non ci provare.» esordì infatti, venendo subito fermato dalla voce di Ryu, che in reazione gli aveva puntato un dito contro manco lo stesse minacciando. Druid rise sotto i baffi, prima di tornare a rivolgersi a Jack.
    Probabilmente qualcosa di tutto quello che aveva detto il giovane commesso di Ueno, aveva finito per ricordargli qualcosa che Ryu non doveva aver apprezzato granché.
    «Jack, lascia che ti dia un consiglio. Per quanto il tuo sia un ottimo obiettivo, quelle pasticche che hai visto non sono come la droga normale. La dipendenza da XSQ è estremamente difficile da curare. Non so quali mezzi tu abbia, ma non ti mettere contro Aogiri, potresti ritrovarti morto prima di domani. Stasera hai incontrato Ryu, ma potevi incontrare uno dei superiori di Makoto, e... — Druid fece una pausa, un sospiro, scostò appena haori e yukata che indossava, scoprendo la spalla e la mostrò a Jack. Sulla pelle dell'uomo c'era incisa una grossa cicatrice che somigliava all'impronta di un enorme artiglio, come se un orso avesse tentato di scorticare la corteccia di un albero. — Non sono esattamente quelle che chiamerei persone gentili.» concluse, passando poi a riaggiustarsi gli abiti. Non stava cercando d'impressionare quel povero ragazzo, ma di fargli capire che se al posto di Ryu avesse trovato qualcun altro, probabilmente adesso si sarebbe trovato ancora sull'asfalto ad Ueno.
    Ryu sbuffò appena. Ad onor del vero nemmeno il loro gruppo di Vigilantes aveva la fama di essere "innocuo", ma decise di non aggiungere altro: stavano pur sempre parlando con un civile.
    Un civile che aveva appena detto di definirsi un vigilantes certo, ma quello lo facevano tutti più o meno e Ryu per primo sapeva di aver fatto parte di quella categoria comportato quando aveva "iniziato". Il problema era che la maggior parte dei vigilantes credevano di essere eroi mancati, e se poi provavi ad indagare scoprivi che neanche ce lo avevano chiaro il mestiere dell'eroe: da quel punto di vista Jack non aveva ancora detto niente che lo mettesse su quello stesso piano, ma a Ryu - sebbene conoscesse la politica di Druid di non rifiutare nessun contatto potenzialmente utile - non piaceva fidarsi troppo dei civili che si auto-definivano vigilantes. «Quindi cosa? Ti aspetti che spiattelliamo gli affari del network al primo che passa?» rispose, infatti, quando il biondo interpellò anche lui. Non tanto ironicamente in quel ragazzo sembravano coesistere uno strano lato gentile e uno più scontroso e meno garbato. Ennesimo sospiro da parte di Druid.
    «Ryu, ora devo accompagnare Makoto alla sua nuova casa, quindi...»
    «Faccio io, sì.»
    Nel sentir pronunciare il suo nome, la ragazzina dai crini color cenere scattò in piedi e si avvicinò timidamente a Jack, mentre Druid si dirigeva verso la porta della stanza. Arrivata abbastanza vicino, chinò il busto ed allungò le mani verso il biondo. In mano aveva il piccolo astuccio con gli alpaca. Lo stava pregando di prenderlo.
    «Non credo ci vedremo ancora, ma... scusa. — biascicò, risollevando il viso ed abbozzò il suo primo sorriso da quando si erano incontrati quella sera. Probabilmente si stava scusando per averlo coinvolto. — Vorrei che lo tenessi tu. A me non serve più. E... sì, grazie.» mormorò, sperando che Jack accettasse di prenderlo. Era un oggetto alquanto insignificante, così come un gesto forse, ma al momento Makoto non aveva altro per far si che potesse ricordarsi di lei.
    Che Jack avesse preso o meno l'oggetto, dopo pochi attimi Makoto si sarebbe ricongiunta con Druid che frattanto aveva indossato un cappello a strisce verdi e bianche ed aveva imbracciato un lungo bastone da passeggio e ora la aspettava sulla soglia della porta. Accennato un ultimo cordiale saluto in direzione di Jack, aprì la porta, posò una mano sulle spalle di Makoto, come un padre affianco ad una figlia, e sparì con lei oltre l'uscio, lasciando Jack e Ryu nell'infermeria.
    «I vigilantes a volte hanno bisogno di qualcuno che li coordini, altrimenti tutto quello che fai ti sembrerà sempre inutile o troppo poco. Questo intendevo, quando ho detto Leader. — esordì il secondo, dopo qualche istante di silenzio, staccandosi finalmente da quell'angolo di muro di cui si era appropriato. — O almeno, non per tutti è così, ma per me lo è. Siamo un network che da principalmente la caccia ad Aogiri, 12th, Twelfth Division, Druid, il Vigilante Verde, Cypher, il Vigilante Bianco, Mobius. Sono tutti nomi che puoi ricollegare a noi, ma ti consiglio di dimenticarti di tutto il prima possibile, se non vuoi vivere con un mirino puntato sulla schiena. Ti accompagno a casa. Dove abiti? Ueno?»
    Fuori continuava a diluviare.
    ❖ Non è oro tutto quello che brilla. ❖


    CITAZIONE
    Bene, siamo verso la fine, dosa bene le tue parole e domande e vediamo un po' quante informazioni puoi strappare al caso. :stare:
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    cazzo hai ragione con le sopracciglia inarcate, Jack si diede un buffetto sulla fronte scusa, distorsione professionale parliamoci chiaro: il Candyman non era uno scaricatore di porto, ma neppure lesinava sulla quantità di imprecazioni quotidiane. Gli fece quasi strano essere ripreso per averne dette troppe poche, eppure in quella giornata le cose bizzarre sembravano piovere come i goccioloni d'acqua che ticchettavano fuori dalla finestra. Sul finire del racconto di Jack, un Druid che mal celava una certa dose di divertimento fece per paragonarlo al Godzilloide Infame, facendo scattare in entrambi la stessa reazione No. Non ci provare. fece l'Americano all'unisono con Ryu, puntando un dito esattamente come quest'ultimo. Passò a malapena un momento, prima che l'uomo di mezza età iniziasse a ridacchiare dannazione fece Jack, cercando in tutti i modi di non unirsi all'ilarità di Druid assumerò che tu abbia fatto la stessa cosa solo per farmi incazzare archiviò rivolto a Ryu, abbassando il dito accusatore e cercando di ricomporsi.
    Lo strano momento di divertente complicità svanì poco dopo, quando Druid mise in guardia Jack dei pericoli che correva. Quando l'uomo mostrò la sua cicatrice, il Candyman emise un fischio sommesso Bello sbrego. Ma sai... si batté un indice sul lato del naso con un ghigno ... a me le persone poco gentili stanno parecchio sulle palle. E' solo un motivo in più per... esitò un momento. "To give them hell" non funzionava per nulla in Giapponese mettergli la paprika al culo non esattamente il rimpiazzo migliore, ma concettualmente l'idea era quella. In realtà, Jack avrebbe voluto rispondere in maniera differente, ma non con Makoto a portata d'orecchi. E questa volta era per non farla sentire in colpa, più che per proteggerla dal terribile mondo delle parolacce. E mentre Druid era stato risoluto ma sempre estremamente delicato e cordiale nel suo consiglio, Ryu rispose come il pezzo di dinosauro che era ma che cazzo, prima fai il figo facendomi palesemente capire che siete in metà di mille, e poi quando domando fai il prezioso!? le braccia tese di Jack comunicavano l'assurdità della cosa e poi scusa tanto, ma su facebook non sono proprio riuscito a trovare il gruppo degli Hater di Aogiri aggiunse con una voce leggermente più acuta, per imitare il comportamento scemo che Ryu credeva avesse. Fortunatamente, il battibecco morì così com'era iniziato quando Druid annunciò l'uscita di scena per lui e Makoto. La ragazzina, che fino a quel momento era rimasta in disparte inserendosi fugacemente solo dove necessario smontò dalla poltrona su cui era appollaiata, avvicinandosi a Jack con un dono per lui hey, non essere così fatalista! rispose allegro lui prima o poi ti capiterà di passare per Ueno e aver voglia di qualche caramella. Quando arriverà il momento, cerca un negozio che si chiama "Candyland", offre la casa. Così potrai vedere il mio brutto muso quando vorrai aggiunse con un pollice alzato e per quanto riguarda il tuo astuccio e prese l'oggetto con entrambe le mani, alla maniera di accettare doni in Giappone credo che non me ne separerò mai più e ringraziò con un formale inchino, prima di nascondere quel piccolo tesoro nella tasca interna del giubbotto, dov'era già stato.
    Dopo i saluti, arrivò finalmente il momento per qualche risposta. La mente di Jack divorò quelle informazioni, elaborando il più semplice dei concetti: l'unione fa la forza. E se a lui mancava la forza, era chiaro cosa gli servisse. Solo che -nonostante il momento incredibilmente serio- per poco non scoppiò a ridere per come "Twelfth Division" venne pronunciato. Certo, per qualcuno che parlava Giapponese doveva essere un pugno nel fegato, ma per uno che parava inglese "Tuerufutu Divishion" era una sberla nelle orecchie woh woh woh, frena campione fece il Candyman sollevando una mano prima di riaccompagnarmi a casa e darmi il bacino della buonanotte, avrei giusto un altro paio di cose da dire si sporse un momento verso la porta per assicurarsi che Makoto non fosse più a portata d'orecchi per cominciare - e questo lo puoi riferire a Druid - lo scontro sarebbe andato molto diversamente se avessi potuto usare il mio quirk sollevò un dito per bloccare una possibile interruzione da parte di Ryu e questo non perché tu sia debole, Godzilla-man. Anzi confermo e sottolineo che sei dieci volte più forte di me. Anche cinquanta non gli fece male ammetterlo, e non si riferiva solo alla prestanza fisica. Ryu aveva fermato il suo montante improvviso in condizioni di semioscurità, e quella non era di certo fortuna ma per natura della mia unicità, mi sarebbe bastato un colpo solo per ribaltare l'esito della partita Jack sottolineò la cosa sollevando il dito indice e capirai il perché tra un momento, dopo che ti avrò detto la seconda cosa e di nuovo le dita accompagnarono la frase quando Druid mi ha chiesto che mezzi avessi per aiutare i tossici, credo non potesse aspettarsi che la mia risposta fosse "una droga" di nuovo sollevò una mano per tenere a bada Ryu e non una qualsiasi. Se permetti, su quella robaccia so una cosina o due non sulla XSQ, era vero, ma a questo ci sarebbe arrivato dopo e dato che mi aspetto un cervello mastodontico tra quelle corna che ti ritrovi proseguì mi aspetto che tu insegni a me che attualmente le persone con una dipendenza vengono curate con una sostanza chiamata Metadone e calcò la parola proprio come fece il suo mentore - il Professor Jenkins - tanti anni prima che è essa stessa una droga e rischia di causare dipendenza si portò le mani chiuse alle tempie con aria sbalordita, come a dire "Seriosuly!?" e qui entro in gioco io chiuse un pugno con aria determinata il mio quirk, Candyshop, mi permette di generare la sostanza grazie alla quale ho dato inizio alla mia crociata aprì quindi il pugno, rivelando un piccolo cristallo rosa delle dimensioni di una caramella Ryu, ti presento la Joy lanciò quindi il cristallo al ragazzo, facendogli compiere un arco parabolico così da rendere semplice la presa se mastichi un po' di inglese, avrai già capito di che si tratta. Il frutto del mio quirk è letteralmente felicità cristallizzata... ci pensò su un momento nelle giuste dosi. In dosi maggiori può dare qualche altro effetto, ma non è questo il punto eclissò la cosa sventolando una mano se prima ti avessi colpito con quella, muscoli e possenza potevano andare a farsi benedire. Saresti diventato docile come un agnellino si tamburellò le labbra per un momento un Agnellino-Sauro dai si corresse ma non potevo rischiare di colpire Makoto di fatti, dalla sua posizione prona Jack avrebbe potuto usa il suo Twister di Joy, ma avrebbe certamente colpito anche la ragazzina in difficoltà ora, è chiaro che è tutto un se mostrò i palmi delle mani con un'alzata di spalle magari lo evitavi e mi riempivi di botte comunque. Ma mi piace lasciarti col dubbio sogghignò prima di proseguire quindi questo ti dimostra che non sono indifeso, e neppure un coglione. So di avere a che fare con dei farabutti... la sua mente tornò indietro a certi dolorosi ricordi, che però sorvolò in un'istante ...Ma come ho detto prima mi basta un colpo, per cambiare le carte in tavola. E parlando di assi nella manica e qui Jack indicò il cristallo che aveva creato poc'anzi a differenza del Metadone, la Joy non causa dipendenza lasciò un momento di silenzio per far giungere Ryu alle medesime implicazioni che stava per spiegare questo significa che può essere assunta, può coprire i sintomi di un'astinenza e può essere una potenziale cura per quella merda che ha messo in giro Aogiri non voleva fare il pallone gonfiato, quindi si affrettò ad aggiungere non ho ancora avuto modo di provarlo, ma operando da solo mi manca gente che possa fare un po' di brainstorming con me. O che comunque ne sappia di più e possa portare ad una conclusione vera e propria forse le sue erano solo parole, ma doveva esserci un minimo di potenziale, no? Con le droghe comuni la Joy poteva funzionare. Forse per la XSQ ci sarebbe voluto un po' più di studio, ma perché non sognare? quindi alla luce di quanto ti ho detto e piantò i palmi delle mani su di sè desidererei davvero non essere etichettato con "il primo che passa". Mi andrebbe bene anche solo fare il mozzo nella vostra ciurma, ma un "benvenuto a bordo" significherebbe molto per me in effetti, Jack non aveva bisogno di ulteriori dettagli sulla 12th Division, nè voleva forzare Ryu a darglieli. Gli bastava soltanto sapere che erano il palo nel fondoschiena degli Onigiri, e pertanto non poteva perdersi la festa.
    Se dopo Ryu glielo avesse chiesto nuovamente, Jack avrebbe indicato la strada per tornare a casa. E ovviamente -solo per fare incazzare il lucertolone che lo aveva messo K.O - avrebbe riparato Ryu sotto il suo ombrello arcobaleno.







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    In realtà Ryu credeva che Candyman non avesse centrato in pieno il discorso di Makoto. Quel che la ragazzina voleva dire era che non avrebbe più rivisto lei come Makoto, non che non l'avrebbe più rivista in generale. Quello perché se l'avesse incontrata ancora avrebbe, con ogni probabilità, risposto ad un altro nome. D'altronde, in parte, quello che loro facevano consisteva nell'aiutare e proteggere chi voleva uscire da Aogiri e non sapeva come fare. Ryu era cosciente che Druid avrebbe metaforicamente ucciso Makoto, quella sera. Le avrebbe dato dei nuovi documenti, un nuovo posto dove stare ed il network l'avrebbe tenuta al sicuro finché non sarebbe stata di nuovo pronta a vivere da sola. Lei in cambio aveva già dato loro abbastanza informazioni, senza contare che era stata una dei tramiti che gli aveva fornito le XSQ per svariati mesi. Quindi se Jack l'avesse incontrata di nuovo, beh... non sarebbe stata più Makoto. Tutto qua. Sul momento decise tuttavia, di non dirglielo, più per non rovinare il momento che altro, e attese che i due finissero di salutarsi, cercando di non sentirsi nauseato da quella scenetta da film.
    Ryu era una persona che solitamente dimostrava forte distacco e scarsa empatia nei confronti degli altri, nonostante fosse, per lo più, solo una facciata. In verità era un individuo empatico quasi fino all'estremo, e questo lo condizionava al distaccarsi dalle persone, cercando di essere, a suo modo, giudice imparziale del mondo. Era cordiale, sicuramente, ma amichevole? A primo acchito decisamente no, sebbene riconoscesse il valore della stessa. Tendeva ad essere abbastanza riservato per natura, a non parlare molto, e più che adattarsi a persone e situazioni, esercitava una forte dominanza nel cercare di adattare persone e situazioni a sé stesso.
    Da quel punto di vista probabilmente Jack era la persona peggiore con cui gli potesse capitare di avere a che fare, vista l'indole con cui sembrava trattare il prossimo. Infatti si sorprese non poco quando il ragazzo lo fermò che era praticamente già rivolto verso la porta, rimarcando che aveva ancora cose da dire.
    «Che—?! Non voglio darti proprio nie...» esordì, giusto perché ci teneva a precisare che loro due non erano affatto amici, ma - sfortunatamente, abbiamo detto - era una persona cordiale e nel vedere il gesto di Jack s'interruppe per lasciarlo parlare.
    E lo lasciò parlare sul serio, tornando a non rivolgergli le spalle per educazione. Lo fece parlare, parlare e ancora... parlare, allungando solo la mano per afferrare al volo qualcosa che Jack fece cennò di volergli lanciare, qualcosa che si rivelò un piccolo cristallo dalla forma di una piccola stella tridimensionale.
    Tra l'altro, per quanto Ryu fosse una persona mediamente intelligente, altrimenti non avrebbe studiato alla Yuuei, purtroppo non s'intendeva granché di chimica: studiava meccanica, e il suo lavoro in 12th Division non era certo quello di analizzare le droghe, quanto quello di prendere a pugni i criminali se se lo meritavano — e a volte anche quando non se lo meritavano, Jack l'aveva ampiamente provato sulla propria pelle.
    «Certo che parli proprio un sacco, tu.» replicò, inarcando un sopracciglio, quando finalmente Jack chiuse la bocca, concedendosi a quel punto di scrutare perplesso quel frammento di Joy, o come l'aveva chiamata il giovane, che aveva avuto l'onore di ricevere. Sollevò il cristallo dal palmo della mano, racchiudendolo fra l'indice e il pollice, e sollevò le dita verso l'alto, come per osservarlo in controluce, quasi volesse vedere se fosse opaco o trasparente. Dovevano essere le caramelle di cui aveva parlato Makoto. E quella roba doveva essere in grado di metterlo al tappeto? Voleva proprio vedere. Ryu scrutò il cristallo ancora per qualche attimo e, quando si fu convinto di averlo osservato abbastanza, se lo portò alle labbra, lo schiacciò tra i denti e mandò giù come nulla fosse.
    Arricciò il naso e scosse impercettibilmente la testa dopo un paio di secondi, ma poi riportò lo sguardo su Jack e scoppiò sommessamente a ridere.
    «Ohi. Se speri che una cosa del genere possa mettermi fuori combattimento ne hai di strada da fare.» ghignò, incrociando le braccia. Questa volta però fu il suo turno di sollevare la mano per fare intendere all'altro che non aveva finito di parlare. Abbiamo detto anche questo, Ryu non era proprio una cima nell'interpretare le persone, figurarsi se prima aveva capito che Jack era interessato a loro nel senso di essere interessato a dare e a farsi dare una mano dal network. Credeva fosse solo un curioso con una parlantina troppo spiccata. E sì, d'accordo, lui preferiva lavorare da solo, ma sapeva cooperare con gli altri se la situazione lo richiedeva. E sapeva che Druid era sempre pronto ad allargare la sua rete di contatti.
    «Ho capito, ti chiedo scusa. — commentò, prima di fare una breve pausa e sospirare. — Druid è piuttosto protettivo nei confronti del network, ma posso mettere una buona parola per te, se serve. Quello che dici è comunque interessante. Però hai visto quello a cui rischi di andare incontro.» disse, riferito alla brutta cicatrice che il Vigilante Verde gli aveva mostrato. Nemmeno i suoi di artigli erano in grado di lasciare dei graffi del genere. Onestamente gli faceva un po' senso pensare che aveva appena mangiato una cosa frutto del quirk altrui, ma decise di sorvolare, si frugò in tasca e tirò fuori uno smartphone, aprendo la tastiera e facendo intendere a Jack che voleva ci scrivesse un numero di cellulare o qualcosa che gli consentisse di contattarlo.
    «E lasciami quel pacchetto di "caramelle". — intimò, prima di rendersi conto quanto poteva suonare strano. Insomma, non le voleva mica per sé. — Voglio dire, l'XSQ è una droga che agisce sul Fattore Quirk di un individuo ed influenza la produzione degli ormoni che attivano le unicità, farò analizzare quella Joy, alla nostra dottoressa e ti farò sapere cosa pensa di ciò che hai detto, ma sono sicuro che non sia sufficiente.» asserì, abbastanza piccato sulla questione, ma poi si corresse di nuovo. «Voglio dire che sei debole.» aggiunse, con il tatto di un elefante. Ovviamente Ryu non stava cercando di abbattere il morale di Jack, quanto più di metterlo di fronte alla realtà dei fatti, anche se quello non era proprio il modo migliore per farlo. In tutta onestà si ricordava abbastanza bene quando era stato il suo turno di essere "debole", di quando aveva avuto paura di usare il suo stesso quirk con l'ansia che trasformarsi in un mostro squamato lo avrebbe fatto diventare tale, ma si era allenato ed aveva risolto la cosa. «Però non è un problema. Tutti lo sono, all'inizio. Quindi tu continua a fare quello che hai sempre fatto e allenati ad usare... quella roba. Se migliora, magari ne possiamo davvero fare qualcosa. E anche se non dovesse rivelarsi quello che speri chi vuole aiutare è sempre il benvenuto, qui.» concluse. Forse non era il miglior benvenuto in cui Jack potesse sperare, ma era pur sempre un benvenuto.
    Dopo quella breve chiacchierata, giunse il tanto agognato momento della verità. Ryu lo guardò prendere l'ombrello dai colori dell'arcobaleno e quando il commesso accennò a cominciare a dargli le indicazioni per tornare a casa sua, si accigliò appena.
    «Comunque puoi scordartelo che andiamo a piedi. Siamo a Ikebukuro qui, Ueno è quasi due circoscrizioni di distanza.» disse, con nonchalance. Beh, sì. Chiaramente prima c'erano arrivati volando lì. Anzi, Ryu aveva fatto anche abbastanza fatica a portarsi dietro non solo Makoto, ma anche quel gigante di Jack, sebbene non se ne fosse lamentato. E ora dovevano tornare indietro. Quindi...
    ....mica lo voleva riportare indietro volando? No, per fortuna no. «Hai dei biglietti per la metro?»
    ❖ Non è oro tutto quello che brilla. ❖


    CITAZIONE
    Bene, io non ho più nulla da aggiungere quindi se Jack non ha domande o altre cose strane da chiedere, l'affiliazione si conclude qui. Fai pure il tuo ultimo post e se necessario ti risponderò e faremo un ultimo giro! Intanto ne approfitto per dirti che mi sono divertita molto nel corso della role, Jack mi fa ridere tantissimo ed è davvero un bel personaggio. Bravo Jack, non cambiare mai. La mia mente ovviamente lo considera già amico di Ryu, anche se lui non è d'accordo, ma non abbiamo chiesto la sua opinione quindi va bene così. Ad ogni modo, puoi ovviamente ritirare lo stipendio per tutti i mesi in cui sei stato impegnato nella role, visto che si è comunque svolta a fine marzo e... niente, spero di riuscire ad aggiungere presto un'equipaggiamento-cura per la XSQ nel mercato nero, lol. Se hai bisogno di qualcosa, dettagli che riguardano 12th e i suoi membri etc., puoi scrivermi tranquillamente per MP! Per ora ti lascio libero. :**:
    contattiwww
     
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16 replies since 30/3/2021, 17:59   402 views
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