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Role | Evelynn - Yami

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    Forse ci avevo messo un po' troppo a decidermi, l'importante era che alla fine quella decisione l'avessi presa e mi fossi decisa a contattare Yami per chiederle di raggiungermi alla ETERNIUM House. La parte più difficile era stata però il perché farmi sentire, cioé perché le dovevo chiedere di raggiungermi lì? Per parlare del più e del meno? Stavolta i costumi e le divise non c'entravano niente, per quella del Patisseryo avrei dovuto aspettare il mio compagno di gruppo nonché secondo capo (il primo era la svedese, nella mia testa) con la sua decisione nonostante avesse detto di volerla sottoporre all'altra ragazza che avrei incontrato a breve.
    Così come non mi interessava nemmeno chiederle qualche consiglio su quello che avrei potuto comprare per prepararmi all'estate che si stava avvicinando...anche se avrei potuto, in effetti dire che Yami avesse un più che discreto personale era decisamente riduttivo nei suoi confronti e dovevo darle giustizia. Non mi era ancora capitato di vederla in costume, ad occhio e croce non sarebbe stata ma-concentriamoci sull'obiettivo principale. Il perché l'avevo chiamata.
    Da quella notte dove Tokyo era stata liberata per gran parte dalle spore radioattive delle farfalle si era sollevato nel mio interno un senso di inadeguatezza e frustrazione che a volte dovevo sfogare semplicemente prendendo a pugni un cuscino: volevo fare qualcosa e non avevo fatto niente, anzi me ne ero lasciato scappare uno da sotto il naso di quei terroristi e la cosa che più mi dava fastidio era che aveva girato la colpa su di me anche se non aveva la più pallida idea di chi fossi. Andare via a piedi senza mostrare nessun cenno di abilità alla fine era stata una bella scelta, prima o poi però mi sarei dovuta esporre ed a quel punto non mi sarei nemmeno dovuta permettere di trattenermi. Più che "dovuta", direi "potuta".
    Il tutto, però, se avessimo potuto programmare qualcosa, qualsiasi cosa per muovere un po' le acque: da quando ero entrata a far parte del gruppo non avevo visto molta attività (anzi), solo una passività che non mi sarei aspettata e che un po' mi lasciava dell'amaro in bocca che per fortuna in un modo o nell'altro ero riuscita ad addolcire con il tempo. Vuoi lavorando con Ryo, vuoi con qualche incontro in qualche locale molto rinomato, vuoi in parte con il mio lavoro ero riuscita a distrarmi. Tutta questa calma e sapere che c'erano ancora alcuni terroristi in giro però mi dava un fastidio che non avrei mai immaginato di poter provare, non così tanto almeno. Volevo davvero fare la parte della brava persona fino a questo punto? Detto da una che degli eroi non si fidava più di tanto, l'idea non era da considerare poco: non ero proprio una cattiva cattiva, ero solo cattiva a modo mio. Un po' come i ragazzi che percorrevano davanti a me la stessa strada e dico davanti perché rispetto a loro sono un passo indietro, sono nell'ombra e mi va bene così: è quello il mio posto.
    A volte però è dall'ombra che bisogna partire, no?
    « Adoro questo divano~ » Certo che Yami come covo si era scelta una casa non male, una di quelle villette che farebbero comodo a tutte le famiglie: si era trattata bene al punto che l'idea di prendere una camera qui a lungo termine mi era passata per la testa più di una volta, avrebbe potuto rimediare magari al fatto che a volte a casa mi annoiassi terribilmente tanto e qui magari avrei avuto sempre un po' di compagnia. Avrei pensato di più, però, a determinate cose? Forse da un lato era meglio così, però...
    Oh dimenticavo, cosa avevo chiesto a Yami? Ero andata sul semplice: se potevamo incontrarci alla E-House per parlare di attività di gruppo. Niente dettagli, giusto l'argomento principale, ed ora mi trovavo seduta sul divano, testa appoggiata ed occhi chiusi. In genere questo era il periodo dell'anno dove iniziava a far più caldo e - sopportandolo relativamente poco - non capivo mai cosa indossare, per fortuna era una giornata temperata ed avevo potuto permettermi qualcosa di relativamente normale: jeans blu scuri, un top particolare ad una spallina e manica sola (la sinistra, la spalla destra rimaneva scoperta fino a poco sopra il petto) color panna ed una giacca leggera beige appoggiata sul divano al mio fianco. Per certi modi come tonalità di colori ricordavo un po' la bandiera del mio Paese d'origine, me ne rendevo conto ora.
    Mi stiracchiai in attesa di Yami. Forse potevo mettermi a guardare un po' di televisione?

    Keep them longing,
    make them plead.

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    Quando tutto era iniziato, Yami si trovava già al sicuro alla clinica della dottoressa Teruko Omori che, per l'occasione, si era trasformata come tanti altri posti della città in una piccola zattera di salvataggio per coloro che, lontani da casa, non sarebbero riusciti a tornare lì in tempo. Per lei la questione era diversa: pur trovandosi già nella sua abitazione al momento dell'annuncio dell'attacco, Yuya aveva deciso di passare a prenderla e portarla lì con sé. Un atto di premura che, in un certo senso, aveva dissipato i dubbi che le erano venuti in mente parlando su un tetto della città assieme a Ryo sul morire dell'estate. Almeno stando alle continue frecciatine che le rivolgeva il ragazzo con la coda da diavolo non sembrava averle ancora perdonato chissà quale affronto ma, se non altro, riusciva a trovare ancora dell'affetto e dell'interesse nei suoi gesti più premurosi.
    La giovane svedese aveva osservato l'accaduto di quei giorni dalla bolla di cristallo del Nyorai's Blessed Hand assieme a Ryo. Yuya si era dedicato ovviamente alla gestione dei pazienti, numerose persone colpite dal farmaco venivano portate lì momentaneamente in attesa dell'arrivo di soccorsi più competenti. Daisuke ed Evelynn, l'ultima arrivata, si erano invece riuniti al gruppo molte, molte ore dopo l'inizio di quell'inferno.
    Le immagini alla televisione, quando funzionava, avevano in qualche modo confermato il suo timore. Ricordava ancora quella polvere nera evocata da quel misterioso individuo alla Yuuei tanti anni prima, le loro unicità venire corrotte e consumate. In tutta onestà non era chissà quale conferma, ma il colore nero di quel denso gas in grado di privare le persone delle loro unicità non poteva che ricordarle quell'orribile momento. L'idea di aver fatto il loro gioco sin da quando si era unita alla Serpe la faceva rabbrividire: chissà, magari nel sonno profondo dell'operazione che l'aveva privata di suo fratello era passata proprio sotto le mani del dottor Takashi.
    Ripensare a quel giorno la faceva rabbrividire accarezzandole la pelle con un irrazionale velo di paura, sensazioni che difficilmente sarebbe stata in grado di spiegare all'americana che non era presente quel giorno. Il motivo per cui aveva deciso di non fare nulla in quell'occasione, però, era quello. Era convinta di aver visto e fatto fin troppo nella sua brevissima vita per doversi mettere nei guai anche in quella situazione. Tutti i pazzi che aveva incontrato in quegli anni, la storiella del prete e il suo acido, Thunderstorm, la Serpe e la brutta finaccia che aveva fatto...
    Osservando Ryo e Yuya difficilmente era in grado di scorgere il loro impetuoso passato nella loro vita odierna. Sembravano due persone nuove, completamente cambiate. Quell'esperienza, forse, aveva cambiato tutti. Si era ritrovata spesso a chiedersi se, in fondo, non potesse esserci una via più normale per perseguire il suo obbiettivo. La guerra agli eroi che aveva progettato per anni con suo fratello sembrava ormai un ricordo lontano, un sogno febbricitante da cui per fortuna era riuscita a staccarsi. Da questo punto di vista le idee espresse recentemente dalla nuova del gruppo calzavano a pennello: ciò che dovevano fare era diffondere le loro idee non in aperto contrasto col sistema, non con la lotta, ma col passaparola e l'educazione. Col tempo, insomma, si era insinuata in Yami l'idea che, nonostante tutto, forse sarebbe potuta ritornare a vivere una vita normale come quella che le era stata strappata ormai quasi dieci anni prima.
    E la paura, certo, era un deterrente potentissimo: agli ultimi rintocchi della campana di quell'apocalisse le perdite umane erano molte meno del previsto, ma questo non rendeva il conflitto meno terribile. Il Palazzo Imperiale mutilato, i giardini di Hama-rikyu completamente congelati, il parco di Ueno consumato dalle fiamme, le vie d'accesso alla città bloccate... se non erano riusciti gli eroi di professione a fare meglio di così in che modo il suo o il loro intervento avrebbe dovuto cambiare le cose? Non sarebbe neppure stata in grado di utilizzare la sua unicità senza rischiare di bruciarsi completamente la fonte di protezione delle vie aeree, sarebbe stata semplicemente inutile.
    Tra paure e rimpianti tutto era finito, il tempo era passato, la città - pur ferita irrimediabilmente - stata lentamente tornando alla normalità. Il prezzo degli immobili era calato di molto e questo le aveva permesso di acquistare ad un buon prezzo un locale per Ryo, realizzando il suo sogno di avere un locale tutto suo. Ecco, forse avrebbe potuto fare quello di lavoro, l'imprenditrice filantropa. Doveva ammettere che rendere le persone a cui teneva felici era una bella soddisfazione e, in fondo, non poteva considerarsi filantropia anche il suo progetto di legalizzare le unicità in un certo senso?
    Anche Daisuke era riuscito a trovarsi un lavoro da persona normale e mentre Yuya cercava di concludere il suo percorso di studi lei aveva deciso di fare altrettanto, cercando qualche corso professionale che le permettesse di recuperare gli anni di scuola persi. Aveva quindi iniziato a riflettere più sistematicamente sul suo progetto, cercando di capire fino a che punto le sue idee fossero giuste e praticabili. Nel suo seno portava ancora il seme del dubbio, uno scetticismo di base verso le unicità stesse che la portava spesso a pensare che, in fondo, forse quel dottor Takashi non era poi così nel torto. Come aveva detto anche a Ryo, un mondo senza unicità era in fondo l'altro lato della medaglia di un mondo dove tutti possono utilizzarle senza problemi: un mondo equo, un mondo bilanciato.
    Erano ormai passati più di sei mesi e, quella giornata, Evelynn le aveva chiesto di fare un salto alla ETERNIUM House. Era passata da Patisseryo prima di dirigersi lì, acquistando del the freddo e un paio di ciambelle per l'incontro con la ragazza. Passava spesso di lì, un po' per effettiva ghiottoneria e un po' per controllare i frutti del suo investimento. Ryo se la cavava ai fornelli ma non aveva mai gestito un locale da solo prima... non che lei fosse in grado di farlo, ma il ragazzo dai capelli bianchi le aveva detto che voleva prendere dei dipendenti. Gli affari, se non altro, sembravano andare abbastanza bene da poterselo permettere senza problemi.
    Indossava dei fuseaux di colore nero e una maglietta che vestiva molto largo di colore rosso, dalla quale si intravedevano senza troppo imbarazzo le spalline scure del reggiseno. I suoi piedi, come al solito, riposavano in un paio di scarpe da skate nere dal logo bianco. I lunghi capelli bianchi erano raccolti in una coda alta, rivelando le sue piccole orecchie adornate da due orecchini a cerchio in oro rosa.
    La chiave girò nella toppa della porta della villetta, sbloccando la serratura. Dopo essere entrata si levò le scarpe con le punte dei piedi, rimanendo solo nei fantasmini neri, come da tradizione, chiudendo la porta dietro di sé con un colpo di tacco. Quella casa nata come un semplice punto di incontro era diventata qualcosa di più dopo gli eventi degli ultimi mesi, quando il quartiere di Shinjuku era rimasto succube dei terroristi ed era diventato inabitabile. Per una triste coincidenza sia Ryo che Daisuke che Yuya abitavano lì, e se quest'ultimo era semplicemente andato a vivere da lei gli altri due ragazzi avevano deciso di appoggiarsi alla House come soluzione - sperava - momentanea. Gli affari di Ryo sembravano andare molto bene e sembrava fosse in procinto di trovarsi una nuova abitazione, Daisuke aveva trovato da poco un lavoro e sperava avrebbe fatto lo stesso. Il suo caso le stava maggiormente a cuore, perché sapeva che nonostante gli evidenti sforzi il giovane dai capelli neri faceva forse un po' troppo affidamento su Yami e sul gruppo: sperava avrebbe ritrovato autonomia al più presto. Presa dai vari impegni e visto che la House era diventata più un vero appartamento vero e proprio che un luogo d'aggregazione ultimamente non la visitava più tanto spesso, ma andare lì era sempre come sentirsi a casa.
    Hello, hello~ - si annunciò chiudendo la porta, prima di affacciarsi sul salone principale della casa. Lì trovò Evelynn ad occupare il divano e le rivolse un sorriso, inclinando leggermente il volto verso destra. Alzando la mancina si avvicinò quindi al tavolo al centro della stanza, rivelando la busta in plastica bianca dove erano riposti gli acquisti fatti alla pasticceria del suo migliore amico, poggiandola poi sul tavolo stesso.
    Come va? - le chiese quindi, per poi infilare la mano destra nella busta stessa ed estraendo una piccola scatola in cartone decorata con fantasie color pastello - Ho portato un po' di merenda quindi spero tu abbia fame, se mangio troppo prima di cena poi Yuya mi sgrida. - ridacchiò quindi coprendosi le labbra col dorso della mano destra una volta poggiata la scatola sul tavolo.
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    Evelynn Harcrow

    Certo che Yami si trattava davvero bene per potersi permettere una casa come questa come abitazione secondaria, o meglio luogo di ritrovo nemmeno del tutto personale. Da quel che avevo capito per fortuna gli altri erano fuori - o sembravano esserlo dato che non aveva trovato nessuno al suo interno né nessuno era uscito da qualche stanza al rumore della televisione accesa - e di conseguenza avrei avuto tutto il tempo o modo del mondo per parlare con la svedese. Non avevo intenzione di accusare, di puntare il dito o tenere un tono canzonatorio ma solo di capire.
    Ryo, per fortuna, era stato capace di farmi un piccolo riassunto di ciò che tutti gli altri quattro ragazzi avevano passato prima della fondazione del gruppo di ETERNIUM lasciandomi momentaneamente in uno stato di gelosia per non avere un legame così forte alle spalle con questi, tenendomi di fronte al fatto ed alla consapevolezza che i legami, in fondo, potevo solo costruirmeli a modo mio. Per ora con Ryo stesso ero riuscita a farne uno tutto sommato piacevole, era una persona simpatica con cui parlare e con cui lavorare che non aveva problemi a farti sentire come a casa se messo nelle giuste condizioni; con Daisuke era abbastanza complesso perché doveva ammettere di aver interagito poche, pochissime volte con lui dopo la serata al Kura Sushi; Yuya mai incontrato, Yami anche lei molto, moltissimo di rado ma forse vuoi il fatto di essere una ragazza, sentivo di poter empatizzare un po' di più con lei che con gli altri.
    Speriamo che il pasticciere non lo venga mai a sapere ma è difficile che una ragazza si leghi di più con un ragazzo che con una "simile". Non che io e Yami avessimo molte cose in comune e...aspetta, potevo dirlo per davvero quando alla fine nemmeno la conoscevo così tanto bene? Mi ero fatta un'idea, ovvero che fosse una persona con delle idee estremamente forti ma per tutto ciò che aveva passato, avesse paura anche solo a provare a metterle in gioco. Non potevo biasimarla eppure sentivo che qualcosa, in ogni caso, avrebbe potuto fare anche senza voler passare dalla "porta sul retro" per mettere in pratica le sue idee; dicevano che avesse le capacità per essere un'ottima politica ed io stessa avevo riconosciuto che con le parole ci sapesse fare, avendomi dato una motivazione davvero in fretta per accettare e perorare la causa.
    Il punto era che...cos'avevamo fatto per diffondere le idee anche agli altri? tutto questo silenzio aveva fatto sì che l'idea iniziale passasse dall'essere un concetto di meravigliosa eguaglianza al sogno di una bambina che da grande voleva fare un lavoro importante ma poi si perdeva per strada, un po' come me che non ricordavo nemmeno cosa sognassi di diventare.
    Ecco, questo non mi piaceva nemmeno considerando ciò che aveva passato.
    Non era il silenzio, a questo punto, a darmi fastidio ma la voglia di non affrontare nemmeno il problema: non è mettendovisi di fronte il metodo migliore per risolverne uno? O meglio, per oltrepassarlo.
    Che poi non sapevo nemmeno se fossi io la persona adatta a farlo, solo che qualcuno doveva pur cominciare, no? Così come quella notte assieme a Daisuke - con cui avevo avuto uno scambio rapido almeno per messaggio - seppur in luoghi differenti avevo deciso di metterci di fronte al problema, dovevo fare la stessa cosa perché era pur vero che loro quattro avevano un rapporto ed un passato indissolubile, che io fossi la straniera ma poteva essere questa l'unica arma che avevo per potermi permettere di prendere Yami (metaforicamente) e metterla di fronte a ciò che doveva affrontare. Gli altri avrebbero avuto coraggio di farlo oppure si sarebbero fermati in virtù delle loro esperienze e nel rispetto di quella profonda amicizia che li legava? Alla fine io ero un'amante, non un'amica, ed un'amante non ti porta a fare le scelte giuste ma quelle di testa, quelle impulsive e che a volte ti fa ragionare, così come a volte non te lo fa fare e si sa che nell'amore, alla fine, l'amicizia non trova mai posto. L'amore lascia solo spazio ad una follia che stenta ad essere persino vagamente lucida, il mio compito era tentare.
    Non appoggiare una mano sulla spalla.
    Appoggiai la testa allo schienale del divano ondeggiando le code come una gatta di fronte a qualcosa di interessante quando in realtà in tv non c'era niente capace di catturare la mia attenzione, solo il suono della chiave nella serratura e della porta che si aprivano furono capaci di farmi rizzare il pelo: era Yami? A meno che uno degli altri non avesse acquisito l'incredibile capacità di imitarla, era davvero improbabile che non lo fosse. Mi diedi una spinta in modo da poter far pendolare il capo all'indietro oltre il divano, guardando il resto della casa da sotto sopra. Potevo avere dei dubbi sulle sue idee ma niente mi avrebbe fatto pensare che Yami fosse un piccolo gioiellino in grado di far bella figura da tutte le parti. Allungai le mani in sua direzione sempre guardandola al contrario, dedicandole un sorrisone non appena questa si fosse affacciata al salone. « Hi honey! Ti vedo in forma~ » Forse dovevo dire "al contrario".
    Mi alzai dal divano (in maniera normale) facendo un paio di saltelli verso di lei e---quella confezione la conoscevo, ne maneggiavo un bel po' ogni giorno ed a quanto pareva era arrivata armata pesante: solo il cielo sapeva quanta fatica facevo a stare dietro quel bancone senza allungare le mani, era la mia forza di volontà (e l'obiettivo auto imposto di mantenere una certa linea) a permettermelo ed ora lei se ne usciva così? Lavorare da e per Ryo era bello perché mi permetteva di svagarmi un bel po', il lato molto negativo era il dover mostrare tanta, tantissima pazienza ed ignorare anche l'odore di ciò che avevo sotto mano. Almeno potevo scherzare con qualche persona ogni tanto. « Prima stavo bene, quella scatola però potrebbe avermi già messa in difficoltà. Sei per caso passata da Ryo? Mi ha detto che sei praticamente un'abituale. » Oltre che la finanziatrice principale del locale nonché persona con la quale il pasticciere aveva un debito. Spero solo che gli interessi non siano alti. ​Gli affari non andavano male da quello che vedevo e che il ragazzo mi poteva dire, aiutarlo inoltre mi aveva dato un po' di colore: era forse questo che si provava nel vivere una vita normale, più o meno? Quasi mi dispiaceva l'idea che potesse assumere dei dipendenti ma l'idea di avere qualcuno da provocare perennemente era talmente stuzzicante da farmi ignorare il desiderio di non voler nessuno di sconosciuto attorno.
    Proprio io poi che sugli sconosciuti facevo il mio metodo di divertimentosostentamento principale. Misi le mani sui fianchi quasi con aria finta offesa, com'era possibile che non l'avessi vista mezza volta nella pasticceria? Per caso faceva l'apertura Yami in modo che nessuno ce la vedesse? « Un giorno capirò come fai a passare sempre quando non ci sono io. » Tolsi la piccola maschera ritornando a dedicarle un piccolo sorriso, anzi ridacchiando per la battuta quasi come lei solo che non mi coprii la bocca. « Credevo fosse il tuo ragazzo, non tuo padre. » Oddio maga-no, non lo dovevo nemmeno pensare adesso. Non era questo il contesto giusto.
    No.
    Cattiva Eve, cattiva.
    « Ma non preoccuparti, posso insegnarti qualche trucco per fargli passare l'arrabbiatura. In ogni caso sì, accetto volentieri: tenere le mani al loro posto lì dentro è così difficile che per una volta voglio fare uno strappo alla regola. » Mi sarei seduta al tavolo solo se Yami avesse fatto lo stesso, sarebbe stato brutto se Yami fosse stata in piedi ed io no. Oh, avevo dimenticato la tv accesa. Poco male, la potevo spegnere dopo. « Era un po' che non ci incontravamo, che hai fatto di interessante in tutto questo tempo? » Che era una domanda come un'altra, alla fine, ma mi interessava davvero. C'era una certa scintilla di curiosità nel mio sguardo e non volevo faticare nemmeno a nasconderla. Più il tempo passava, più mi comportavo come una gatta: andavo un po' dove volevo, pochi affetti, debole alle offerte di cibo, stavo persino iniziando a muovere molto spesso le code a ritmo come quel tipo di animale. Chissà se un giorno mi sarei trasformata davvero.

    Keep them longing,
    make them plead.

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    Yami Dødson
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    Facendo scivolare le sottili dita verso una linguetta della scatola in cartone la svedese dai capelli bianchi la aprì rivelandone il contenuto: avvolte in della sottile carta grigiastra si trovavano due grosse ciambelle dall'aspetto decisamente invitante, soffici e ricoperte da grosse scaglie di zucchero. Sorrise inclinando la testa verso destra sentendo le parole della ragazza americana: e così anche lei passava spesso da Patisseryo e sembrava anche aver stretto con Ryo, abbastanza da chiamarlo per nome almeno. Chissà se il ragazzo nonostante tutto era rimasto così facile a familiarizzare con le altre persone com'era un tempo, si ricordava che l'aveva appellata "fuocherella" dopo solo qualche manciata di minuti di conversazione... certo, non era propriamente in sé in quel momento ma nonostante tutto le era sempre sembrato una persona abbastanza aperta. La verità era che il loro circolo era decisamente ristretto e quando lo aveva conosciuto il ragazzo dalla pelle scura conosceva già sia Yuya che Daisuke e quindi, alla fin fine, lei era stata l'ultima ad iniziare a ronzare attorno a lui. Magari l'esperienza dalla signora Miko, a contatto con la clientela, lo aveva aiutato a dialogare con le persone. La verità era che il Tatsuki le era sempre sembrato una persona molto stramba, di quelle in grado di chiacchierare con tutti ma che molto, molto raramente si aprono del tutto: chissà se Evelynn era già riuscita a far breccia in quel lato nascosto del pasticciere. Aveva scoperto qualche tempo dopo che il ragazzo aveva conosciuto anche la sua Luna in una bizzarra coincidenza ma, tristemente, come in un'eterna notte di buio profondo, quella non sembrava intenzionata a scintillare più nel loro cielo. Evelynn rimaneva quindi, per ora, l'unica tra di loro estranea agli orribili fatti di cinque anni prima.
    Suppongo di avere degli orari... bizzarri. - annuì quindi rispondendo all'altra, nonostante la sua fosse probabilmente più una battuta che una vera curiosità. Yami aveva vissuto la società da estranea per davvero tanto tempo e faceva molta fatica a seguire gli orari e i ritmi di una normale vita anche se ora, senza più problemi legali e con tante persone a circondarla, stava cercando di abituarvisi sempre più. Si ricordava come fosse ieri la sua vita al Soseiji, la sua camera nella botola dietro al bancone con una chiazza di sangue al centro, poi la sua villa indipendente in periferia dove tornava ad orari improbabili e aveva sempre qualcuno pronta a servirla. Quelle giornate così vuote avevano la stessa indipendenza di quando viveva con i suoi genitori ma portavano con sé un irrimediabile senso di tristezza. Nonostante tutto il male che le aveva fatto, vivere senza suo fratello l'aveva immersa per mesi in un silenzio quasi assordante. Forse le avrebbe fatto bene parlare con uno psicologo.
    Si era lasciata tutto alle spalle però e ora quegli avvenimenti erano lontani come l'eco di un sogno ricorrente da bambini. A fatica ricordava il nome della persona che le aveva lasciato quella chiazza di sangue nella camera al bar, una persona che un tempo ammirava quasi come una ragazzina innamorata: aveva capito col tempo che caricare a testa bassa un eroe non è coraggio ma solo stupidità, che la legge del più forte che le aveva insegnato suo fratello non era l'unico modo di affrontare la vita. Aveva quindi iniziato ad ammirare Yuya per ciò che era davvero e non perché era riuscito a ribellarsi a suo fratello, a comprendere l'isteria di Ryo e riuscire a rivedere in lui lo stesso ragazzo nonostante la sua vita pacata, a comprendere Daisuke e il suo bisogno di riconoscimento cercando, o almeno sperando, di indirizzarlo sulla via corretta.
    Direi che è più il mio dietologo, suppongo. - ridacchiò quindi alla frase di Evelynn. Forse la sua era una critica più che una battuta, ma il concetto di famiglia di Yami era così distorto che ormai le importava poco. In un certo senso era così egoista da pensare che l'importante era che Yuya e poi Daisuke e Ryo fossero suoi, e poi poco importava fossero suoi padri, suoi ragazzi, suoi fratelli, suoi amici. Non aveva avuto nulla per così tanto tempo che le importava solamente quello e i soldi che avevano acquistato quella villa di certo non avrebbero potuto comprare quell'affetto. Evelynn era la nuova aggiunta al gruppo - ormai "nuova" solo in relazione agli altri - e anche se non si erano incontrate spesso Yami la considerava comunque un'amica visto il suo decisamente ristretto giro di conoscenze. Considerato poi quando Daisuke era sparito per un anno o poco più senza lasciare traccia, la svedese aveva iniziato a considerare l'amicizia su un livello differente, che non richiede necessariamente il perenne contatto ma semplicemente il genuino desiderio da ambo le parti di avere un buon rapporto.
    Afferrò quindi la scatola per il bordo destro e la porse verso la ragazza americana per farle prendere uno dei due dolciumi, per poi poggiarla nuovamente sul tavolo e tirare fuori le due bottigliette di the freddo - ormai semplicemente fresco - dal sacchetto in plastica della pasticceria.
    Vado a prendere dei bicchieri, non mangiarti tutto tu. - le disse quindi con un occhiolino dirigendosi verso il piccolo angolo cucina dalla parte opposta del corridoio d'entrata rispetto alla grande saletta in cui si trovavano.
    Umh, sto... - prese quindi a parlare a più alta voce per farsi sentire mentre si metteva in punta di piedi cercando di raggiungere i bicchieri in vetro in uno dei ripiani della stanzetta - Sto cercando di mettere in ordine le ultime cose per diventare un membro produttivo della società, suppongo. - aggiunse afferrandone due per poi chiudere lo sportello e dirigersi nuovamente in sala dove si trovava la compagna di chiacchiere.
    I miei genitori mi hanno lasciato un sacco di soldi, ma mi sentirei una parassita a sfruttarli e basta dopo che quello che gli ho... - fece un sospiro, poggiando i bicchieri sul tavolo - Dopo quello che mio fratello gli ha fatto. - scosse la testa - Il Patisseryo è il mio primo investimento... e un regalo per Ryo, suppongo. Il fatto è che è davvero difficile, sai? - le chiese quasi retoricamente, facendo spallucce - Tutte queste cose degli investimenti, i permessi, le tasse... - elencò, per poi afferrare la sua ciambella sperando fosse ancora indenne - Non ho neanche finito le superiori e ho passato tutta la mia vita a... beh, non preoccuparmi di queste cose, devo ammettere che vivere da persona normale è davvero difficile. - aggiunse addentando il soffice dolciume quasi come fosse un premio per tutti i suoi sforzi - Qfindi... - borbottò con la bocca piena, per poi portare il dorso della mano destra a coprirla e deglutire. La ferocità nel mangiare e la sua maleducazione, quelle erano certo cose che non era riuscita a cambiare in cinque anni, dopo tutto il tempo passato a sapere se quella sera avrebbe cenato o meno - Quindi, per ora sto svolgendo un corso per recuperare gli anni di studio persi. - sorrise togliendosi una scaglia di zucchero dal labbro con indice e pollice della destra, per poi mangiare anche quella - Sono decisamente arrugginita ma non me la cavavo male, quindi sono fiduciosa.
    Quella parola era estremamente importante per la svedese, perché per anni aveva perso qualsiasi tipo di interesse nel futuro troppo impegnata a vivere giorno per giorno. Ora, invece, aveva finalmente un obbiettivo e qualcosa che la spingeva ad andare avanti, qualcosa di anche più concreto rispetto a quel sogno che comunque era interessata a coltivare. Chissà, magari un giorno si sarebbe sposata con Yuya, una donna di successo con dei pargoli e dei meravigliosi zii acquisiti ad accudirli come una grande famiglia.
    E tu, invece? - le domandò quindi - Che mi racconti? - aggiunse, per poi aprire una delle due bottigliette di the e versare un po' della bevanda nei due bicchieri che aveva preso prima.
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    Più che orari bizzarri, doveva davvero essere quella che apriva il negozio la mattina dato che spesso e volentieri era l'unico orario che non bazzicavo per altri motivi. Non ero di certo la dipendente modello - anzi non credo che stare alle dipendenze in generale di qualcuno se non di me stessa mi piaccia, almeno Ryo è un bravo ragazzo - eppure quando mi si diceva un orario quello per me doveva essere: certo che lavorare in una pasticceria e non essere molto informata sugli ingredienti principali non era una buona partenza, almeno sapevo di cosa si trattassero i pezzi in esposizione. Diciamo che mi dedicavo parecchio alla cura del negozio ed anche all'intrattenimento della clientela, cosa per la quale ero molto più portata del previsto.
    Forse era anche quello che mi sarebbe piaciuto fare se fossi rimasta negli Stati Uniti ed avessi vissuto una vita normale, mi domando dove sarei andata a finire: sarei entrata in qualche gruppo di cheerleaders? Sarei stata popolare non tanto per il mio aspetto ma per la personalità? Sarei stata una brava studiosa? Mi ricordo che quando ero bambina dicevo di voler diventare veterinaria.
    Sì, anche la piccola Eve aveva dei sogni ordinari ma adoro gli animali e me ne sarei presa cura volentieri. Avevo un porcellino d'india, a casa, che era molto molto grasso e che chiamavo Luke: un animaletto simpatico, gli volevo bene finché l'età non ha deciso che non dovesse più guardarmi con quel suo tenero musetto e quel nasino tanto simpatico su cui fare "bup" con un dito. In ogni caso questo era per dire che anch'io, da bambina, sognavo di avere una vita come quella di tutte le altre persone e potevo dire che trovarsi alle dipendenze in una pasticceria poteva rientrare in quei compiti abbastanza ordinari che però mettevano in seria difficoltà la mia forza di volontà. Davvero tanto seria, per fortuna almeno da quel punto di vista ero ferrea e finché ero in servizio, non osavo nemmeno alzare un dito. Magari ci provavo a chiusura quando sapevo che altrimenti gli articoli sarebbero stati buttati via, ma se potevo evitavo: non mi piace approfittarmi troppo della gentilezza di Ryo. « Ti apposti fuori dalla porta alle prime luci dell'alba per non farti vedere troppo in giro dalle altre persone? » Avrebbe potuto farlo e nessuno le avrebbe detto niente, anzi. Almeno non io dato che ad orari stavo messa molto, molto peggio. « Magari riuscirei a capire anche cosa ti piace, sento dire da qualche cliente che il tipo di dolce rivela parecchio sulla personalità. »
    E questo non era assolutamente vero, me l'ero inventato di sana pianta adesso giusto per provare ad incuriosirla un po' e spingerla a dirmi di solito cosa prendesse. Giusto un giorno per provare a farle una piccola sorpresa e portarle qualcosa, niente di più. Avevo deciso di impegnarmi, almeno per questo: da quant'era che non potessi dire di avere una vera e propria amica con cui parlare ogni tanto? Da quando mi ero trasferita qua in Giappone, mi ero dedicata puramente al mio scopo senza cercare di costruirmi determinati rapporti e non credevo che ne avrei sentito la mancanza, non fino a quando non ho parlato con Ryo e mi sono fatta raccontare la storia di loro quattro. Quattro persone con dei trascorsi abbastanza importanti che hanno deciso di sposare un unico progetto capace di lasciarli uniti, non era facile da dire dopo quelle letterali disgrazie: in genere chi vive esperienze traumatiche si allontana da chi ha camminato la sua stessa strada per non dover più nuotare in mezzo a quei ricordi, non mi sarei sorpresa fosse stato così per loro ma anzi ne sono usciti più uniti di prima.
    Per quello ero diventata davvero gelosa. La squadrai un attimo con finto fare critico. « Uhm. » Poi con un dito la indicai da testa a piedi e viceversa, annuendo un paio di volte. « Allora sta facendo un ottimo lavoro, tesoro. E' quasi un vero peccato che uno dei tuoi più grandi amici abbia una pasticceria, vero? » Appoggiai dopo il mento sui palmi delle mani, lasciando che fossero le code a muoversi ancora ritmicamente oscillando qua e là. « E soprattutto che ci sia io che proverò a tentarti ad ogni occasione possibile. » Oh se ci avrei provato.
    Si dice che per conquistare un uomo bisogna passare dal suo stomaco, chissà se funziona così in genere per le ragazze anche dato che ci stanno molto più attente. Bravo Yuya, tu tienila sotto controllo che poi a viziarla ci penserò io: un giorno sarà "mia". « Tu non allontanarti troppo, altrimenti non posso promettertelo. » In realtà da quando avevo iniziato a dare una mano a Ryo, se devo essere sincera, era iniziata anche a passarmi un po' la voglia di dolci dato che li avevo sotto davvero spesso: era come mangiare ripetutamente qualcosa tutti i giorni, tutti i giorni e prima o poi la voglia ti sarebbe passata, facendola diventare quasi antipatia. Non avrei mai provato antipatia o repulsione per i dolci, sia chiaro, ma se prima l'occhio mi ci cascava sempre ora iniziavo di più a trattarli come quello che erano: delle sfiziose piccole soddisfazioni, non di più.
    Sospirai, dopo aver afferrato uno dei due dolci della scatola con una coda, sollevandolo ma senza iniziare a mangiarlo: sarei stata scortese se non avessi aspettato Yami. Mi permisi una battuta. « Che fatica dev'essere avere tanti soldi, vero? » Non è il sogno di chiunque fare la vita da parassita godendosi quelle montagne di dollaroni verdi? Yen, in questo caso. Ascoltando comunque il resto della sua risposta mi misi a pensare: ci stava provando davvero. Come aveva intenzione di far combaciare questo aspetto con quello che - credo - ci aveva riuniti tutti nello stesso mazzo? Sempre se ne aveva voglia, sia chiaro. Quello che era più difficile, però, era proprio l'idea: una persona che ha fatto determinate cose, difficilmente riuscirà ad inserirsi in una società che intanto pensa di base non vada bene e poi...una società che sembrava troppo normale rispetto a tutto ciò che aveva passato solo Yami stessa. Cosa dire, dunque? Alla fine Yami sembrava volerci provare davvero, sentivo di dover essere contenta per lei. Le sorrisi, allungando la coda libera per provare a "pattarla" sulla testa un paio di volte. « Questo ti fa onore, stai andando bene e devi essere solo fiera di te anche solo per esserti messa alla prova in questo modo. » Poco mi importava che in questa nazione il contatto fisico fosse più importante che dalle altre parti, ormai mi comportavo per la maggior parte dei casi secondo i miei usi ed i miei costumi. Diedi qualche morso alla ciambella pure io e feci per rispon-cavolo quanto era buona. Mi presi qualche attimo per gustarmela respirando profondamente.
    « Se comunque hai bisogno di una mano con l'inglese, sai chi chiamare. Anzi se scopro che hai preferito qualcun altro rispetto a me, inizierò a sentirmi personalmente offesa. » E chissà cosa l'aveva spinta ad assumere una decisione del genere: qualche parola da parte di una persona importante? Del senso civico che pensava di non avere? Oppure era semplice volontà di avere una vita decente dopo aver vissuto, fino ad ora, nell'ombra tormentata dal proprio passato? Magari lo faceva anche per avere una base sua, guadagnarsi qualcosa con le proprie mani e far fronte il meno possibile a quello che le avevano lasciato.
    ...io sarei già volata alle Maldive da un po'.
    E che vuol dire "che mi racconti"? Non aveva saputo niente? E no, non parlo di quella notte di Tokyo che era fondamentalmente il motivo per cui ero qua. Mi congelai qualche istante sul posto. « Ryo non te l'ha detto? » Battei le ciglia qualche volta con fare genuinamente incuriosito, magari non ne aveva avuto occasione ma...no no, non era possibile. Come poteva non averle mai detto niente dato che il locale gliel'aveva comprato Yami? « Devo fare un discorso con Ryo, più tardi. » Morsi la ciambella, avevo bisogno di un po' di zucchero dopo l'amarezza. « Da un po' di tempo do una mano a Ryo con il suo negozio, credevo te l'avesse accennato. Piccolo infingardo, mi aveva detto che ti avrebbe chiesto l'approvazione per le divise. »
    Voleva dire che mi aveva preso in giro? A seconda della risposta della svedese, il compagno dai dolci gusti avrebbe avuto un brutto quarto d'ora da passare la prossima volta che l'avrei visto. Ovvero fra qualche oretta. « Quando non vado in giro a farmi accusare di aver mandato in fin di vita un poliziotto, si intende. Mormon poi è un nome orribile, santo cielo. » Sbuffai appena scocciata, immagina dare ad una come me un nickname così brutto. Un giorno mi sarei fatta cambiare tutto nell'archivio. Era un modo come un altro per provare ad accennare all'argomento, dato che dopo le parole le dedicai un'occhiata curiosa giusto per capire come aveva preso le ultime due cose che avevo detto.
    Almeno avevano smesso di parlarne troppo in giro.


    Keep them longing,
    make them plead.

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    Yami ridacchiò alle parole dell'americana, molto più vicine alla verità di quanto potesse immaginare. Forse non lo si sarebbe detto a guardarla, ma la svedese era decisamente una persona mattiniera e allo stesso tempo una che faceva le ore piccole, alternando questi periodi vampireschi ad altri periodi da letargo in cui a fatica riusciva ad alzarsi dal letto. Detto con molta onestà, il suo periodo di vita di strada se lo si voleva chiamare in questo modo le aveva insegnato ad essere in forma anche dormendo lo stretto necessario e, ovviamente, che aggirarsi per le vie della città prima dell'esodo dei pendolari e dei lavoratori o quando tutti erano a dormire per essere pronti e svegli il giorno dopo era decisamente meglio, specialmente per una ragazza dai capelli bianchi e i tratti poco orientali.
    Qualcosa di simile. - ammise quindi candidamente ad alta voce - Quando ero più piccola vivevo la notte come se fosse il giorno e poi quando sono andata a vivere da sola... le cose sono decisamente peggiorate. - annuì ora con un po' più di serietà - Non ho mai avuto un... lavoro normale, quindi finivo a fare cose come pranzare alle quattro del pomeriggio o cenare alle tre di notte ed ero sempre in giro nel momento sbagliato, ecco. - aggiunse - E anche se ora sono ufficialmente pulita ammetto di avere un po' di difficoltà a farmi vedere in pubblico, non vorrei che qualcuno mi riconoscesse e per partito preso smettesse di andare alla pasticceria. - ammise con un leggero tono da sensi di colpa, massaggiandosi la chioma con la mano destra - Ci sono i miei soldi e il sogno di Ryo in ballo, non vorrei rovinare nessuna delle due cose. - concluse poi.
    Lentamente le cose sarebbero migliorate, probabilmente le persone si erano già dimenticate chi lei fosse ed era più una questione personale, ma sapeva che in molti avevano pregiudizi e per tanti altri la verità era tale anche senza prove. Come un tatuaggio che ti impedisce di entrare alle terme anche senza alcun collegamento con la mafia, Yami dubitava fortemente che quella macchia sarebbe mai stata pulita del tutto dalla sua fedina penale nonostante la sua dimostrazione d'innocenza. Ciò che la preoccupava maggiormente era ovviamente rovinare gli affari all'amico piuttosto che il timore di essere giudicata, motivo per il quale cercava di farsi trovare sempre nei momenti meno concitati, che fosse la mattina presto, la sera tardi o negli orari di pausa. Molto ironicamente, la tecnologia veniva in suo aiuto: i più moderni motori di ricerca affamati di dati non si facevano alcuno scrupolo ad evidenziare gli orari con più o meno movimento dei vari negozi e Ryo, ovviamente, era una fonte ancora più affidabile. Quasi come fosse uno spaccio nascosto nel retrobottega di un bar durante il proibizionismo, il ragazzo dai capelli bianchi era la sua fonte nascosta di zucchero giornaliero.
    Temo che risulterei schizofrenica, visto che mi mangerei di tutto. - rispose con una battuta all'affermazione di Evelynn, forse deludendo le sue aspettative di scoprire di più sul suo conto. La verità era che Yami semplicemente non stava mentendo: i suoi trascorsi le avevano forzatamente insegnato a non essere troppo schizzinosa, non sapendo se rifiutando un pasto avrebbe mangiato per il resto della settimana o meno, e anche uscita da quella situazione la sua ingordigia non si era minimamente placata. Il fatto che Ryo avesse un vero e proprio talento per la pasticceria non poteva che peggiorare le cose, ovviamente. Più una cosa era grassa più le piaceva, più era salutare... e più l'avrebbe volentieri lasciata mangiare a Yuya.
    Prese i bicchieri con straordinaria fretta, forse prendendo troppo sul serio la battuta della compagna, ma non avrebbe lasciato la sua ciambella in balia di nessuno.
    Heh, più di quanto pensi. - rispose alla frase dell'altra riguardo il denaro, posando i bicchieri sul tavolo, pur avendo capito l'antifona - Innanzitutto non sai la fatica che ho fatto per rientrarne in possesso. - aggiunse portando le sottili dita ad aprire la sua bottiglietta di the freddo - Casa mia purtroppo non l'ho potuta recuperare, nel frattempo l'hanno demolita e ci hanno fatto un supermercato... - sospirò pensierosa. Quella scoperta era stata relativamente recente e ancora le si spezzava il cuore, ma non poteva davvero biasimare la scelta: era abbastanza difficile che qualcuno avrebbe voluto comprarla dopo l'omicidio che vi era stato perpetuato e la preferiva come un luogo simile piuttosto che come una presunta casa infestata o qualcosa di simile dove spillare soldi a gente credulona grazie ad una tragedia - Ho avuto la fortuna che i miei avevano preso la cittadinanza giapponese, altrimenti probabilmente sarebbe tornato tutto nelle mani dei miei parenti in Svezia suppongo. - non li conosceva molto ma era entrata in contatto con loro negli ultimi tempi per gestire alcune questioni legali riguardo l'omicidio dei suoi genitori: indagini riguardo le loro unicità per vedere se vi erano dei precedenti di familiari con un'unicità simile alla sua e questioni di quel tipo - E poi le tasse e tutte quelle robe... Ugh, non ci capisco nulla, l'unica nota positiva è che posso permettermi di pagare qualcuno che ne capisce al posto mio. - ridacchiò, mettendo quindi in luce il modo in cui anche una ragazzina giovane e ignorante come lei era riuscita a permettersi di aprire un'attività come il Patisseryo.
    Ti ringrazio. - accennò un inchino alle questioni riguardanti l'inglese - Sarebbe certamente d'aiuto, l'unica altra lingua che conosco è qualche parolina di svedese imparata dai miei quando ero più piccola. - e l'inglese base, ovviamente. Le scuole le aveva comunque frequentate fino ai tredici anni anche se ai tempi l'istruzione della lingua non era obbligatoria e la giovane americana ovviamente era più competente di lei. Si diceva che l'unico vero modo per imparare perfettamente una lingua era parlarla assieme a qualcuno, quindi doveva certamente essere d'aiuto. Anche Daisuke non se la cavava per nulla male, ma un madrelingua doveva essere di certo più competente.
    Oh, ora che ci penso mi aveva accennato qualcosa mandandomi delle foto delle divise? - puntò un dito sul mento, alzando lo sguardo pensieroso al soffitto - Ho una pessima memoria, specialmente con tutti questi impegni. - si massaggiò di nuovo la chioma bianca quasi vergognandosi - Ma... probabilmente ti stupirebbe sapere quanto poco parliamo io e Ryo. - le fece un timido occhiolino - Siamo più quel tipo di persone di poche parole che si capiscono con uno sguardo... forse perché la prima volta che ci siamo parlati decentemente lui è quasi arrivato ad insultarmi. - rise ora più apertamente, pensando nuovamente alla notte della "fuocherella" in cui si erano conosciuti. Entrambi erano cambiati molto da quella notte, avevano imparato ad essere più riflessivi e più pacati. Ironicamente nonostante tutto, nonostante le lezioni di cucina e le uscite, Ryo era la persona con cui Yami parlava meno e che al contempo la capiva di più. Erano soliti parlare del più e del meno e raramente sfioravano questioni importanti ma quando lo facevano erano ormai spesso affini, nonostante gli screzi iniziali.
    Mmmmh... Beh, benvenuta nel club. - disse sarcasticamente in risposta all'ultima frase di Evelynn, accomodandosi a sedere e prendendo la sua ciambella - Qui se non sei stato falsamente accusato di aver provato a far fuori qualcuno è perché lo hai fatto davvero. - aggiunse sottolineando, per quanto ironicamente, la verità. Lei con i suoi genitori, Daisuke con quello studente della Yuuei, Yuya con il Sagrestano... E Ryo ai tempi d'oro aveva aggredito probabilmente più persone di tutti loro messi insieme, anche se forse aveva avuto la benedizione di vedere invece i suoi misfatti affibiati a qualcun altro col caso Thunderstorm.
    Per quanto Yami cercasse di evadere da quella realtà, la verità è che erano tutti dei criminali, né più né meno. Il fatto che non avesse davvero ucciso i suoi genitori non cancellava tutti i misfatti compiuti dopo quel gesto, così come il fatto che Yuya non avesse ucciso Aiden Brenton di sua sponte non lo sollevava dalle sue colpe precedenti. Come una novella Macbeth, le sue mani non sarebbero probabilmente mai risultate pulite. Pur senza approfondire, Yami aveva seguito con attenzione le questioni al telegiornale e aveva capito senza troppi problemi a cosa l'americana si stava riferendo.
    Umh... in qualità di CEO delle False Accuse, vuoi parlarne...? - chiese quindi con gentilezza, prima di addentare la sua ciambella personale.
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    Onestamente non avevo idea di quanto difficile era stata la vita di Yami fino a quel momento. Ricordo che la prima volta che ci eravamo incontrate a quel parco aveva accennato qualcosa, mi aveva raccontato la sua storia ma un conto è immaginarla mentre un altro è viverla o vederla con i propri occhi: non avevo avuto la sfortuna di fare letteralmente la fame o dovermi arrangiare con quel che trovavo sperando non fosse l'ultima cosa che mettessi sotto i denti, però ti doveva forgiare un bel po'. Di sicuro poi avere una svolta di vita così tanto positiva come guadagnare quella fortuna di cui parlava - e non ero sicura di voler sapere a quanto ammontasse effettivamente per non avere un attacco di cuore - l'aveva aiutata ad essere la ragazza che era, un giorno magari sarebbe stata lei a condividere più cose rispetto a quelle che mi aveva già detto oppure mi sarei avvicinata abbastanza a lei da poter essere al pari di tutti gli altri.
    Lo ammetto, da quando Ryo mi aveva raccontato tutta quella faccenda avevo iniziato a sentirmi invidiosa del rapporto che loro avevano, anch'io avrei gradito qualcuno di tanto vicino nel mio momento di difficoltà. E quando parlo di difficoltà di certo non potevo paragonare le mie a quelle della ragazza che avevo davanti, che coraggio e che forza aveva avuto. Soprattutto la forza di passare dai negozi di prima mattina per non farsi vedere dalle persone, però avevo scoperto che non ero la sola a vivere la notte, usando parole di Yami, come se fosse il giorno. Sbuffai appena come per rimarcare la faccenda. « Ti dici "dai, devo regolarizzare i miei orari dunque stasera a letto presto" ma poi trovi quella distrazione fatale e le dieci di sera diventano le tre del mattino, poi le cinque e quando vai a letto ti domandi perché ci sia la luce del sole fuori dalla finestra quando era sera fino a due secondi prima, vero? » Funzionava sempre così.
    Poi a volte le distrazioni non erano traducibili in cose ma in persone, quello dipendeva dal lavoro. Non ero l'unica persona che svolgeva un lavoro che ti teneva impegnata la sera fino alle ore piccole, per fortuna avevo trovato il locale di Ryo che da un certo punto di vista mi stava aiutando: sapere di dover essere ad una cert'ora in un posto mi spingeva almeno a provarci ed oltretutto mi domandavo adesso come mai volessi quasi qualcosa di normale quando non ero per niente scontenta di ciò che facevo in generale considerando che fosse perfetto per me. Me ne sarei interrogata a casa, era un discorso un po' troppo profondo da affrontare adesso. Però mi trovai a ridacchiare di fronte all'idea che Yami potesse rovinare l'immagine del negozio.
    « Ti preoccupi davvero del fatto che la gente possa non venire più dopo magari averti vista? » Ed allora cos'avrei dovuto dire io? Era in un quartiere che frequentavo spesso anche ad altri orari ma penso che la differenza di mentalità tra me e la ragazza fosse abbastanza grande. Se uno dei miei clienti fosse entrato in pasticceria e mi avesse vista, come si sarebbe comportato? Per ora non era ancora capitato, ammetto tuttavia di essere abbastanza curiosa e che quasi ci speri che accada. « Se solo ci lavorassi, ti chiederei di fare la ragazza immagine. E Ryo non ti direbbe di sicuro di no, soprattutto perché non dirlo in giro ma a volte ha un po' paura di te. » Non la stavo dicendo in senso cattivo, non era per incrinare qualche tipo di rapporto e la mia era solamente una battuta nonostante ci fossero delle cose per le quali il ragazzo mi avesse chiesto di non riferire niente alla svedese dato che non voleva sperimentare la sua reazione.
    Reazione che io però volevo vedere: per certe cose ero come quei bambini a cui dicevi di non fare una cosa e quelli facevano di tutto per il contrario. Mai dire certe cose ad una persona molto, molto curiosa come me. Quello che non riuscivo però ad immaginare era una Yami schizofrenica che si avventava su qualsiasi cosa le capitasse davanti in una pasticceria, dava un'aria talmente calma e pacata di sé (almeno per chi non la conosceva tanto bene come gli altri, ergo per la sottoscritta) ed ora, come per il non volerla mai vedere arrabbiata, ero quasi desiderosa di avere di fronte agli occhi questo lato del suo carattere: dopo sarebbe stata presa dai sensi di colpa? Dalla vergogna per aver mostrato un lato indecoroso di sé stessa? Sarebbe stata invece orgogliosa di quel lato di sé o avrebbe fatto finta di niente sperando che nessuno se ne ricordasse di lì ai prossimi due minuti?
    Troppe domande per non avere nessuna risposta, era davvero un peccato. Staccai un pezzettino di dolce con una mano per portarlo alla bocca, battendo gli occhi qualche volta. « Allora è un peccato davvero che non passi quando ci sono io, credo ti vizierei un po' troppo: io il tuo dietologo mica lo conosco, alla fine. Se davvero te ne ha parlato e ti ha mandato anche la foto della divisa, sappi che sono disposta a qualsiasi cosa per convincerti a farmela usare: ho sempre desiderato portare quella da quando l'ho comprata e non ho avuto molte occasioni, di sicuro questa sarebbe un po' più... » Come dire, c'era una parola adatta che esprimesse il concetto senza entrare troppo nel dettaglio ma permettendole comunque di capire: alla fine una divisa gliel'avevo prestata tempo addietro, almeno l'avevo lasciata in un armadio qui dentro in questa casa, dunque sono convinta che fosse facile per lei capire determinate cose soprattutto perché non ne facevo mistero. Non ne avevo troppa vergogna, ecco. « ...consona, ecco. E sì, la cosa mi sorprende perché da quel che mi ha detto lui ormai mi ero fatta l'idea che voi foste quel gruppo di amici che parlavano di qualsiasi cosa per messaggio, soprattutto Ryo: è molto più socievole di quanto credessi, è facile parlare con lui. » Tanti giapponesi invece, almeno per quello che avevo potuto constatare sulla pelle, facevano per tirar via quasi fosse proibito conversare. La cortesia faceva parte della cultura comune e quello non potevo nasconderlo, quello che mi sorprendeva era comunque che ci fosse un modo cordiale anche per congedarsi in fretta. Incredibile. « E' anche un ragazzo con la testa sulle spalle, non mi sorprende tu abbia voluto investire su di lui. E gli hai appena salvato la vita dicendomi che ti aveva parlato almeno delle divise. Quasi non riesco ad immaginarlo nell'insultarti, c'è qualcosa di lui che dovrei sapere? Qualche lato nascosto? » E non era tanto per conoscere un suo punto debole, era proprio per avere qualcosa in più da aggiungere alla cartella personale del pasticciere in modo da avere una conoscenza migliore della persona. Una cosa in comune con Yami, però, ce l'aveva: entrambi avevano un concetto di amicizia abbastanza forte.
    « Ed approposito di investimenti, non faresti prima, che ne so, a comprare un condominio ed affittare gli appartamenti? Rendita facile senza sforzo, se proprio non hai voglia di lavorare seriamente: altrimenti cosa vorresti fare oltre imparare l'inglese? Purtroppo le mie competenze in ambito lavorativo sono ristrette, l'unica cosa che sono brava a fare è dare un parere estetico. » Allungai le mani componendo con gli indici ed i pollici un ipotetico obiettivo: "inquadrai" il volto di Yami chiudendo l'occhio sinistro come se fossi dietro ad un'ipotetica telecamera, "ruotando l'obiettivo" un paio di volte. Forse sarò un po' troppo monotona o fissata, sono convinta però che se la svedese decidesse di fare la modella non avrebbe poi troppe difficoltà nell'andare avanti in quel mondo...gelosia del compagno a parte. Era un settore che ti metteva di fronte a tanti sguardi e tante cose andavano nascoste, non sapendo che tipo di persona fosse Yuuya non potevo esprimermi riguardo gelosie o no. Se avessi avuto conoscenze nel settore, per dire, avrei anche potuto propormi come aggancio ma tranne quella serata con Sakiko Yumeno di tanto tempo fa, la mia familiarità con l'ambiente era abbastanza nulla. Chissà se la bionda si sarebbe ricordata di me se mi avesse avuta di fronte.
    Abbassai le mani dopo aver fatto uno scatto immaginario con l'indice, come ad avere pronta un'immagine da affiliare alla rubrica mentale delle persone che avevo incontrato. L'argomento sarebbe cambiato di lì a breve e per fortuna era quello per cui l'avevo chiamata. « Buono a sapersi, dunque per non avere una falsa accusa bisogna farlo davvero? Spero almeno le tessere siano carine. » Presi un sorso di thé a mia volta iniziando poco dopo a tamburellare con le dita sul tavolo in maniera ritmica. Si era presentata in un modo carino, il CEO delle False Accuse non suonava male, dunque penso di poterle dare un po' di fiducia e provarci.
    Anche perché ero qui per questo. Ero curiosa, Yami sembrava così tanto adesso voler essere una ragazza normale che non sapevo cos'avrebbe voluto fare e...beh, scopriamolo.
    « Ricordi il detective che quella sera di mesi fa aveva detto di esser stato attaccato da due ragazze sul tetto del Ginza Wako? Il detective Kimura? » Alzai la mano destra come se stessi prenotando una risposta in una qualsiasi classe del liceo. « Fuella fono... » Avevo addentato il dolcetto giusto per riempirmi la bocca di dolce dato che dovevo parlare di qualcosa di un pochetto amaro e salato dal mio punto di vista. Mandai giù. « Scusa, dicevo: una di quelle dovrei essere io. Il punto è che non sono e sono abbastanza sicura di due cose: che non sia stato attaccato da nessuno e che lui sia uno di quei terroristi. Oh, di tre cose: anche che il mio nome in codice di sicuro non è Mormon, è orribile. » Ruotai gli occhi verso l'alto con fare di disappunto ed anche un po' di disgusto, come si poteva dare ad una come me un nomignolo così brutto? Era per l'accento? Si sentiva che non ero giapponese e dunque mi avevano dato un nome così tanto strano e straniero? Davvero dovevo presentarmi quella sera, magari sarei stata famosa per un alias decente.
    Guardai Yami qualche secondo in silenzio prima di riprendere. « Sapeva troppe cose, era già lì e per me tutte le scuse che ha rifilato a me e quell'altra tizia che era lì non stanno in piedi. Il punto, tesoro, è che personalmente vorrei prenderlo: vero che non si sono più fatti vivi, il fatto però che uno di quelli sia così dentro la polizia è pericoloso. »
    « A mio avviso anche per l'ideale che hai detto di voler portare avanti. » L'ultima frase la feci uscire un po' come una piccola sentenza più che come serie di parole buttate lì, osservando la ragazza che avevo davanti con nemmeno troppa curiosità ma solo con...calma. Dovevo stare a quello che avrebbe detto di lì a poco, certo, perché da quello sarebbero dipesi gli eventuali nostri futuri movimenti.
    Di sicuro non avrebbe scelto così su due piedi ed anzi avrebbe iniziato a farmi domande, per quello ero pronta a rispondere - se non mi fossi sbagliata - e per quello avevo fissato le iridi sul volto della svedese. Forse il momento dei dolci era finito troppo presto.


    Keep them longing,
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    Hehe. - una piccola risatina quasi colpevole schiuse le labbra di Yami alle prime parole di Evelynn - Qualcosa di simile. - aggiunse con un occhiolino. Le cose non stavano proprio così, specialmente da quando Yuya aveva perso il suo appartamento ed era andato a vivere da lei, ma poco ci mancava. Anche se a volte andava a letto presto per essere pronto per le lezioni all'università e il tirocinio e altre volte invece lei si ritrovava ad aspettarlo fino a tardi per il suo lavoretto alla clinica della dottoressa Omori Yami era effettivamente quel tipo di persona che rimaneva sveglia fino a tardi, spesso senza un motivo ben preciso. Aveva preso la brutta abitudine di giocare a quei giochi per cellulare quando aveva iniziato a lavorare per la Serpe e non si era mai riuscita a togliere il vizio: molto spesso si rigirava nel letto guardando lo schermo del suo telefono con la luminosità al minimo incapace di prendere sonno. A volte non dormiva per un'intera notte, altre volte dormiva per dodici e più ore di seguito. Anche se lentamente le cose si stavano assestando la sua rimaneva comunque ben lungi dall'essere la tanto agognata "vita normale" a cui puntava.
    E ha ragione. - ridacchiò quindi quando l'americana le confessò una chissà quale paura di Ryo, indipendentemente che fosse reale o presunta - In fondo l'ho stracciato in qualsiasi gara di scalata di palazzi e nessuno meglio di lui conosce le mie capacità di cucina di cibo venefico. - aggiunse ironicamente, ma neanche troppo. In qualità di suo personale insegnante di cucina il suo migliore amico era anche la persona più a conoscenza della sua totale incapacità, anche se col tempo era decisamente migliorata. Quello era l'esatto motivo per cui sì, se mai Ryo l'avesse accettata a lavorare al Patisseryo lo avrebbe certamente fatto in qualità di ragazza immagine e di certo non di aiutante pasticcera o qualcosa di simile. Apprezzava davvero il complimento di Eve, ma non era quel tipo di persona che voleva puntare sulla propria bellezza per costruirsi una carriera lavorativa.
    Non c'era nulla di male nel farlo ovviamente, ma Yami aveva numerosi complessi sul proprio corpo, ben diversi da ciò che si potrebbe pensare. Il suo fisico era stato il tempio di due grandi catastrofi: prima l'abitazione del suo gemello abusivo e poi, per liberarsi da quest'ultimo, il terreno di lavoro di uno scienziato probabilmente al soldo di quelle stesse persone che avevano attaccato la città qualche mese prima e di cui avrebbero parlato di lì a poco. Se avesse potuto, ma era fantascienza, Yami avrebbe probabilmente preferito trasferire la sua coscienza in qualche tipo di macchina e abbandonare le sue spoglie mortali. Il problema era tutt'altro che estetico ma, in fondo, si rispecchiava anche in quella dimensione.
    Beh, finché non allontana i clienti perché no. - rispose alla ragazza con un sorriso per le questioni riguardanti la divisa, anche se l'ultima parola spettava ovviamente a Ryo. Lei aveva scelto il nome, ci aveva messo il denaro e si occupava di... pagare i commercialisti per occuparsi del locale, ma alla fine le questioni riguardanti ciò che vi avveniva all'interno spettavano a lui - Finché rimane un posto rispettabile il business è business non ci vedo nulla di male. - fece semplicemente spallucce.
    Le parole successive di Evelynn le fecero tremare gli occhi mentre masticava la sua ciambella. Una sensazione decisamente strana si impossessò del suo petto, totalmente incomprensibile. Era una sensazione positiva ma non sarebbe riuscita a descriverla a parole in nessun modo probabilmente. Yami, d'altro canto, non era proprio una maestra nel riconoscimento e nell'espressione dei propri sentimenti.
    Mi... - balbettò, quasi confusa - Mi rende molto felice. - aggiunse con un sorriso. Si riferiva ovviamente alle parole che la ragazza aveva appena rivolto a Ryo. Era la prima volta che sentiva qualcuno parlare di lui in quel modo, incapace di comprendere se quel sentimento che aveva preso possesso del suo stomaco fosse fierezza, felicità, stima. Una cosa era certa, Ryo era cresciuto molto e aveva trovato la sua strada. Difficilmente Yami nei panni di Evelynn sarebbe stata gelosa del loro rapporto visto che il percorso che li aveva portati sin lì era stato costellato di carboni ardenti, ma sapere che quel ragazzino arrabbiato col mondo e che voleva solo fare del male agli altri era cresciuto così tanto le dava un certo senso di fierezza nei confronti dell'amico, quasi come fosse invece un figlio.
    Ryo era... - abbassò lo sguardo, riflettendo sulla domanda sul loro passato - La persona più simile a me che abbia mai conosciuto, probabilmente. - fece un sospiro, scuotendo la testa - La prima volta che l'ho incontrato lo stavo... tenendo d'occhio per il mio vecchio datore di lavoro, e lui stava aggredendo un motociclista in un vicolo. - motociclista che peraltro si era finalmente risvegliato dal coma qualche tempo prima. Con anche l'arresto di Thunderstorm sembrava che pian piano tutti i tasselli del loro passato stessero cadendo al loro posto - Poi è stato aggredito da... un vigilante. Io l'ho salvato e gli ho parlato... Beh, di ETERNIUM, anche se ancora non esisteva. - gesticolò, avendo ormai finito la sua ciambella decisamente prima della compagna di conversazione - Lui mi ha detto che ero un'illusa e che era un'idea stupida. Era così... arrabbiato col mondo, proprio come lo ero io solo qualche mese prima di incontrarlo.
    Almeno per ora decise di concludere lì la trattazione. Non amava parlare molto della Serpe e di cosa era successo successivamente: era una ferita che sentiva ancora aperta e sanguinante sul suo corpo e dolorava ogni singola volta che pensava a quella storia delle farfalle, sicura che le due cose fossero indissolubilmente connesse.
    Mmmmh... - borbottò alle successive parole dell'americana - Suppongo che sarebbe un buon investimento, sì... specialmente ora che la città ha molti edifici vuoti e dal basso valore commerciale, e che col tempo tenderà a riempirsi di nuovo... ma non è un abusare della situazione? - domandò onestamente, chiedendo il parere dell'amica. Da persona che aveva vissuto nella botola di un bar per anni l'argomento la toccava in prima persona. Non che ritenesse i padroni di casa una razza da estirpare, anzi, ma proprio per i suoi trascorsi si sarebbe benissimo vista ad essere una proprietaria sin troppo gentile, disposta ad anticipare numerose mensilità prima di ricevere finalmente i pagamenti dovuti.
    Ascoltò quindi le successive parole dell'americana con attenzione. Yami non si considerava il loro "capo", per cui non si era mai espressa in merito a ciò che Daisuke ed Evelynn avevano fatto durante l'attacco, ma avrebbe chiaramente preferito non si fossero messi nei guai. A conti fatti in ogni caso tutto sembrava essersi concluso per il meglio... o forse no, stando alle parole della ragazza con le code. Una falsa accusa era comunque meglio della morte e questo Yami lo sapeva sin troppo bene.
    Aveva seguito i notiziari in televisione, perlomeno quando le comunicazioni lo permettevano, per cui aveva ben chiaro l'episodio di riferimento. Il detective Kimura, che si diceva appunto essere stato aggredito a Ginza, aveva gestito anche le operazioni di cattura del Sagrestano Homura alla Cattedrale ed era il fratello del capo della polizia di Tokyo. Personalmente, specialmente senza alcuna prova, Yami dubitava potesse avere qualcosa a che fare con il Culto. Ad onor del vero, era probabilmente positivo per Evelynn: se davvero lo avesse creduto tale, la svedese avrebbe probabilmente negato qualsivoglia tipo di aiuto. Yami, infatti, non aveva la minima intenzione di avere a che fare con quelle persone per tutta una serie di motivi ben radicati nel suo passato, che avevano anche a che fare col disprezzo che provava per il proprio corpo.
    Mmmmmmh... - disse massaggiandosi il capo e cercando di mettere in moto quei tre o quattro neuroni che ancora orbitavano nella sua scatola cranica - Capisco. - annuì con un sospiro - Mi fido di te, quindi non credo tu lo abbia davvero aggredito, e ritengo che... pulire la tua immagine, per così dire, sia la priorità, al di fuori degli ideali. - gesticolò cercando di spiegarsi. Quell'ultimo discorso sarebbe probabilmente andato a parare in un nulla di fatto, specialmente alla luce delle considerazioni a cui Ryo e Yami erano giunti in cima ad un tetto della città un pomeriggio prima della catastrofe. Per quanto non piacesse neppure a lei ammetterlo, Yami non riusciva ad essere totalmente sicura che il suo ideale e quello delle cosiddette Farfalle fossero poi così tanto divergenti, a differenza della metodologia.
    Direi quindi di fare un passo alla volta. Tu non lo hai fatto, e quindi rimangono solo tre possibilità. O si è inventato tutto, come penso tu creda, o è stato aggredito dalla persona che era lì con te, oppure da altre persone completamente. - cercò di applicare la logica alla situazione per quanto possibile, non essendo stata lì in prima persona - Nel mondo in cui viviamo persone in grado di modificare il proprio aspetto... Beh, sono tutt'altro che rare, suppongo. - aggiunse per approfondire quell'ultimo punto - Ma dato che sarebbe la pista peggiore da seguire, direi di non considerarla neppure per ora. - annuì con un sorriso - E questo per iniziare, ci porta a... Chiunque altro fosse lì con te.
    Se la presunzione di innocenza valeva per Evelynn, lo stesso doveva valere per il Detective, almeno agli occhi di Yami. Allo stesso modo, non stava incolpando quella terza persona, anzi, il suo interesse era completamente diverso.
    Hai idea di chi si trattasse o qualche modo per contattarla? - chiese quindi - Suppongo che se non sia stata neppure lei sia infastidita tanto quanto te, certamente in due potreste trovare più informazioni che agendo da sole. - e nel caso in cui invece fosse stata lei e la vittima avesse supposto un legame tra le due decidendo di denunciarle entrambe la situazione si sarebbe risolta ancora più facilmente. Unendo le idee, sarebbe stato davvero orribile se quella persona avesse avuto un quirk mutaforma e dopo la sparizione di Evelynn avesse deciso di tornare sul luogo del misfatto con le sue sembianze ad aggredire il detective ignaro.
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    Vivere da soli era letale per il proprio organismo, c'era poco da dire e poco da fare: non avere nessuno che ti controllasse ti permetteva di fare un po' qualsiasi cosa volessi e di conseguenza rovinarsi il ciclo circadiano, davvero era così semplice da risultare quasi spaventoso. Quanto ci avevo messo io a passare da un ritmo normale ad uno terribile? Circa...due sere, il tempo di trovare i primi clienti ed allora la notte era diventata il mio giorno e viceversa.
    Alzarmi prima di una cert'ora era talmente difficile che il rischio di sentirmi fisicamente male era davvero alto, ora per fortuna dando una mano a Ryo ero riuscita a recuperare almeno un po' di regolarità. Riuscivo addirittura ad aprire gli occhi, a volte, quando le ore erano in singola cifra del mattino: un passo avanti non indifferente. « Oh non parlarmi di cucina. » Sbuffai, appoggiando il mento su una mano. Iniziai a dondolare le gambe, pensando a quali fossero le mie capacità in ambito culinario. « Sono cintura nera in ordinazioni da asporto e secondo dan dei preconfezionati, per fortuna che nessuno ha chiesto quali siano le mie doti da casalinga per i lavori che faccio. » Sarebbero rimasti tutti estremamente delusi. Per fortuna che Yami, per dire, non mi aveva nemmeno chiesto di pulire ogni tanto l'ETERNIUM House perché non avrei saputo nemmeno da dove iniziare.
    Cioé come pulire qualcosa lo sapevo, casa mia la tenevo tutto sommato in ordine, ma c'era una sola occasione in cui potevo mettermi addosso la divisa da maid e non era per riordinare casa a qualcuno. Anzi due, mettiamoci anche il servizio nel Patisseryo. Lì lo facevo oltretutto più volentieri che nell'altra occasione, non ero tanto fanatica di certe cose. In compenso mi ero scoperto abbastanza socievole con le persone al di fuori del contesto in cui ero solita avvicinarmi agli altri, era divertente vedere i ragazzini che entravano in pasticceria e non sapevano a volte cosa scegliere o non sapevano come comportarsi di fronte ai miei modi di fare così differenti dal solito da essere quasi amabilmente invasivi. Per ora era sempre andata bene e non se n'era lamentato nessuno, forse l'associazioni delle mamme pancine non era ancora arrivata fin lì nonostante qualcuna l'avessi servita: chissà se Yami avesse approvato la mia divisa come sarebbe andata a finire, ero abbastanza curiosa e non scherzavo quando dicevo che sarei stata disposta a tutto pur di farmela approvare. « E l'hai stracciato perché non lo sa fare o perché sei molto più veloce te? Potrei dire la mia nelle scalate ma sono comunque convinta che non riuscirei a tenerti testa, giuro era davvero spaventato dall'idea di farti arrabbiare. » Mi aveva addirittura fatto promettere che certe cose non le avrei mai rivelate pur di non incombere nell'ira funesta della svedese.
    E comunque continuavo a volerla quasi vedere da lontano senza esserne io la causa scatenante, più ci pensavo e più avevo questa enorme tentazione. « Potresti specializzarti in qualche arte strana, la forza bruta non è sempre l'unico modo per mettere KO qualcuno. » Le menzogne fatte e dette bene, per esempio, spesso bastavano ed avanzavano: bastava solo essere credibili e convincenti.
    E...stava davvero dicendo sì per la divisa? Davvero? Sono sicura mi si fossero illuminati gli occhi, aveva davvero dato il suo benestare per farmi indossare quel meraviglioso costume? Battei le mani una volta fra loro con aria entusiasta fino però a ripensarci e mordermi la lingua. « So che è controproducente per le mie intenzioni ma...prima di dirmi sì dacci un'occhiata: sai le mie divise come sono, anche se non sembra è un locale a cui tengo un pochino pure io. Prima parlane con Ryo, poi nel caso dimmi di sì. » Sospirai, di nuovo, consapevole di essermi messa i bastoni tra le ruote ma sapevo di aver fatto la cosa giusta: quelle da uomo erano anche carine nel loro bizzarro modo di porsi, la mia forse necessitava qualche piccolo ritocco per non farmi risultare quel tipo di cameriera che attirava la gente per via di ciò che mostrava e non di come effettivamente lavorava, ne sarebbe andato dell'immagine del locale e considerando quante energie ma soprattutto quanto entusiasmo avevano sia Ryo, sia Yami era bene andarci un pochino con i piedi di piombo, altrimenti il soggetto dell'ira che nessuno voleva vedere sarei stata io. Avevo fatto così tanto per sopravvivere fino ad oggi che mi sembrava un peccato gettare via la mia vita con così poco.
    Quello che non mi riusciva immaginare adesso era un Ryo differente da come fosse adesso, scordandomi però che alla fine fossimo e fossero tutte persone con un passato discutibile e qualche lato oscuro ce lo dovevano avere per forza. Dovevo solo sperare che non usasse i suoi dolci per avvelenare qualcuno e sviluppare una dote di assassinio segreta, anche se ammetto sarebbe stato davvero figo e da film. « Mi viene da domandare cosa gli avesse fatto di male quel motociclista per farsi aggredire. » Questo perché non riuscivo ancora ad immaginarmelo come quel tipo di persona che aggrediva le persone tanto per fare qualcosa: forse era quel suo semplicemente essere arrabbiato con il mondo che lo aveva spinto ad essere com'era ai tempi, complici anche le disavventure - chiamiamole così - vissute da loro come mi era stato raccontato.
    Se ripensavo a quello che avevo passato io, mi sentivo pure in colpa a dire che fossi stata un pochino sfortunata dato che in confronto a loro la mia vita era stata una mezza passeggiata nel parco: alla fine le mie ombre avevano aiutato a farmi capire quale fosse la strada migliore per me, quella che riuscivo a frequentare e camminare meglio di tante altre. Da un lato almeno ero contenta che fossero riusciti a trovare una loro stabilità, una loro dimensione ed un loro modo di vivere in mezzo alla comunità, più o meno. Quello che non mi piaceva era come Yami nonostante tutto non avesse ancora la mentalità da squalo, soprattutto per i soldi. Doveva un po' marciare sulle disgrazie, no? « Probabilmente sì, ma è il metodo migliore per fare soldi. » Scrollai le spalle, di sicuro io me ne sarei già approfittata: non era un problema mio se le compravo a meno di quanto potevano stare regolarmente, era un problema di chi la vendeva. « Non facendo beneficienza, facendo investimenti: ne faresti uno sull'impiego futuro, un po' come hai fatto con Ryo ed il suo negozio. Se non lo farai tu, di sicuro lo farà qualcun altro e poi nessuno ti chiede di mettere affitti esorbitanti, no? Dovresti solo stare attenta a non farti fregare dalle persone a cui dai gli appartamenti, ma credo che conoscendo la gente che hai intorno non sarebbe un problema. » Chissà che tipo di aguzzina sarei, forse una di quelle che andava per minacce velate. Sarebbe stato simpatico scoprirlo, non che Yami comunque ne avesse bisogno ma una mano, agli amici, si da spesso e volentieri.
    Il discorso poi virò sull'argomento che a me interessava di più e non so come mai, sentivo un po' di amaro in bocca: forse perché sentivo che a Yami la faccenda non premesse così come premeva a me, forse perché non aveva ancora capito la gravità della situazione, forse perché semplicemente non le interessava. Quel che era certo era che non avesse capito le mie intenzioni: farmi un buon nome di nuovo? Stellina, il mio nome non aveva dei buoni accompagnamenti da anni a causa del lavoro che faccio, cosa poteva interessarmi della falsa accusa di omicidio soprattutto tenendo a mente che non era nemmeno me che cercavano ma un mio ipotetico alias dal nome orribile? « L'unica cosa che mi importa dell'immagine, cara, è il nome: se devo farmi conoscere, non è come Mormon. Poi insomma, non hanno niente che possa portare a me. » Mangiucchiai uno degli ultimi pezzi di ciambella, mi dispiaceva finirla ma nemmeno potevo guardarla e farne un quadretto. Era stata presa per essere mangiata, non tanto per essere incorniciata: ce ne avevo sott'occhio tutti i giorni, potevo ammirarle più tardi per tutto il tempo che volessi. « Sono abbastanza sicura che lui sia uno dei terroristi, anche se non ne ho le prove, ma la logica è dalla mia parte: si era accampato dentro il negozio, sapeva tante cose su quelle farfalle e non ha minimamente avuto l'intenzione di arrestarci. Se fosse stato un poliziotto pulito, gli sarebbe bastato fare due foto al macchinario, andare fuori dalla zona di isolamento delle comunicazioni di un metro, fare una telefonata e tornare ad aspettare: non fare la prova di sopravvivenza per giorni. Non capisco perché ci abbia permesso di distruggere quel diffusore, ma sono sicura di quel che dico. »
    Iniziai a dondolare di nuovo le code dietro la schiena, riflettendo: però perché farsi del male da solo? Esaminando le ipotesi di Yami, sentivo di poter ribattere punto su punto. « Inventato magari no, alla fine in ospedale ci è finito lo stesso ma io non sono stata, la ragazza che era lì se n'è andata al mio stesso tempo e l'ho vista prendere un'altra strada, non ho sentito nessun rumore di scontro e quando ce ne stavamo andando, si potevano già vedere le luci delle volanti in arrivo. Non c'è stato il tempo perché qualcuno potesse sbucare, attaccarlo ed andarsene. » Rimaneva un'ipotesi talmente folle che non volevo nemmeno pensarci, soprattutto perché non ero sicura di quel che comportasse e che fosse vera.
    Però aveva ragione: arrivare a rintracciare l'altra ragazza poteva essere un più che discreto punto da cui partire anche se di lei non avevo il minimo modo di riconoscerla tranne che per il quirk, circa. « L'unica cosa che so su di lei è che ha un quirk in grado di far vibrare le cose, l'ho vista farlo su una maniglia fino praticamente a romperla. E che è parecchio forte. » Mi appoggiai allo schienale, sospirando di nuovo. « L'unico modo che avrei per cercarla sarebbe quello di fare un po' di casino al buio, spargere in giro la voce che la stia cercando ed aspettare di trovarla: di sicuro non era una Pro-Hero, altrimenti avrebbe fatto di tutto per arrestarmi. Hai qualche idea differente dalla mia sul come poter rintracciare qualcuno? »
    Magari grazie alle sue esperienze sapeva darmi una dritta o un piccolo punto di partenza, io non avrei saputo da dove partire e dove battere il naso se non nel modo in cui avevo appena annunciato: significava mettermi nei guai ma ehi, prima o poi avrei dovuto cominciare a farlo, no? Non potevo stare in tranquillità per sempre, magari potevo mandare un messaggio a qualcuno e chiedere se conoscesse? Di certo nella rubrica non avevo forze dell'ordine tra i contatti, magari potevo contattare quella simpatica Shiisa per sapere se fosse a conoscenza di qualcuno di simile.
    Presi qualche secondo ad osservare Yami però, in silenzio. Avevo un vago sentore, eppure c'era una cosa che avevo bisogno di farmi dire. Anzi un paio, ma potevo andare con calma: non avevo intenzione di chiederle del suo passato, doveva essere spontaneo quello da parte della svedese, ma c'era un qualcosa che mi faceva storcere il naso.
    E non poco. « Ho paura a farti questa domanda, ma cos'hai pensato di fronte all'attacco di quel gruppo? E di quel gruppo in generale. » Da quella risposta avrei potuto capire in gran parte se avevo la possibilità di ottenere aiuto da parte di Yami o meno.


    Keep them longing,
    make them plead.

    SCHEDA | VILLAIN | CRONOLOGIA | #LIVELLO 6

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    Diciamo che... - un sorriso sornione si sciolse sul suo volto alla domanda riguardo le abilità di Ryo come scalatore di palazzi - Diciamo che la sua unicità presenta degli impedimenti strutturali. - non era certa che l'americana conoscesse le potenzialità del suo migliore amico e non sarebbe stata certo lei a confessarle se il pasticcere aveva intenzione di tenerle private, ma trovava sempre molto divertente come le uniche due possibilità che il ragazzo dalla pelle scura aveva per utilizzarla fossero abbassarsi i pantaloni o bucarli irrimediabilmente. Capelli infuocati e code non erano in ogni caso i migliori strumenti per fare arrampicata, ma era un modo per loro di esorcizzare quanto accaduto anni prima alla prestigiosa scuola per eroi fuori Tokyo.
    Va bene. - concesse un simpatico occhiolino all'amica sentendola parlare delle divise - Prometto che ne parlerò con Ryo se è ciò che vuoi. - aggiunse. Quella questione sembrava per qualche motivo essere molto importante per lei e al di là del prendere quasi tutto poco sul serio Yami era sempre onesta quando faceva una promessa. A dir la verità la svedese aveva sempre avuto dei gusti sopra le righe riguardo al vestiario e chissà cosa avrebbe pensato l'americana se l'avesse incontrata solo qualche anno prima. Quando aveva deciso di chiudere col passato però aveva bruciato tutti i suoi vecchi vestiti più particolari e barocchi nello stanzino del Soseiji, per poi rifarsi un armadio decisamente più sobrio. Tali stranezze, in ogni caso, erano più che comuni nei quartieri più trafficati della capitale giapponese, specialmente tra i più giovani.
    Probabilmente nulla. - rispose con tranquillità alla domanda probabilmente retorica della ragazza riguardo il movente dell'aggressione di Ryo. Se per lei il ragazzo era una persona totalmente diversa, Yami aveva visto direttamente la scena di fronte ai suoi occhi. Se lì sul momento aveva molto ingenuamente pensando ad un qualche motivo legato ad un rifiuto amoroso e non aveva mai chiesto al ragazzo le vere motivazioni, aveva convissuto per abbastanza tempo con suo fratello da sapere per quali frivolezze potesse scatenarsi una rissa se semplicemente qualcuno era in vena di fare a botte. Rinnegare il passato era semplicemente inutile, che rimanesse quindi come monito per insegnare quante cose erano cambiate in meglio.
    Suppongo che tu abbia ragione. - liquidò così la questione riguardo gli investimenti edilizi, ma promettendosi che ci avrebbe pensato. Doveva seriamente capire se nel suo animo tale operazione sarebbe effettivamente contata come fare qualcosa di utile o se invece si sarebbe comunque sentita come una parassita del patrimonio dei suoi genitori, utilizzando semplicemente il loro denaro per farne dell'altro senza alcun tipo di impegno. Nonostante fosse stata cresciuta in Giappone la sua famiglia era fortemente cristiana e una buona dose della sua personalità si basava su un perenne senso di colpa impossibile da lavare via come una sorta di peccato originale marchiato col fuoco.
    Ora che ci penso... - inclinò la testa verso destra, grande maestra delle questioni frivole anche nei discorsi più importanti - Come ti piacerebbe essere chiamata? - Yami era in realtà una persona orribile e a testimoniarlo erano probabilmente solo Ryo, Daisuke e Yuya. Il pasticcere faceva probabilmente bene ad avere paura di lei considerato che per la maggior parte del tempo era solita indossare una maschera di pietra. Amava mostrarsi con quell'apparenza così frivola e spensierata ma il Carro e il Folle dovevano saperlo benissimo visto certi discorsi che aveva fatto loro. Se Evelynn non lo aveva ancora compreso dalla loro chiacchierata a quel chiosco fuori dallo zoo chissà, forse lo avrebbe scoperto a breve. Era solita evitare i discorsi di cui non aveva la minima intenzione di parlare con quelle sue uscite un po' svampite e anche se cercava di sembrare una persona normale il suo stupido costume da uomo era scucito in varie parti. Anche se sembrava aver sottolineato la parte più frivola della conversazione comunque, indipendentemente da quanto l'americana sembrasse dar peso a quel nome, la sua domanda era seria: se lei era Witch, Ryo era Deathstalker, Daisuke era Chariot e Yuya si faceva chiamare Nocturne sin da tempi non sospetti, non le era mai passato di mente di chiedere uno pseudonimo all'americana.
    Beh... - sbottò con un lungo sospiro, grattandosi la nuca. Era un po' imbarazzante, ma almeno due persone che sarebbero riuscite senza alcun tipo di problema ad apparire sulla scena, accoltellare il poliziotto e sparire nel giro di pochi istanti frequentavano abitualmente quella stessa casa ove stavano ora facendo merenda. Ovviamente non erano stati né Yuya né Daisuke, ma chissà quante altre persone con poteri simili ai loro giravano per la città. Plausibilità o meno, però, era stata lei la prima a dire di ignorare completamente una simile possibilità: che fosse impossibile era tutto da dimostrare, ma se davvero si fosse trattato di un caso simile avrebbero fatto prima a buttare il caso nella spazzatura, perché sarebbe stato impossibile trovare un qualsiasi straccio di prova. La vita per i poliziotti doveva essere davvero dura in un mondo simile, il che suonava quasi come un movente per arruolare un poliziotto tra le fila del Culto. Così come quel detective non aveva prove per accusare Evelynn, però, neanche lei sembrava a conti fatti averne per accusare lui, e dare il beneficio del dubbio all'amica e non al poliziotto sarebbe semplicemente stato sbagliato. Essere il CEO delle False Accuse significava anche essere pronti a difendere un nemico fino a prova contraria.
    Mmmmmh... - borbottò ascoltando la povera descrizione dell'altra persona presente - Era un uomo o una donna? - aggiunse grattandosi il mento pensierosa. L'unica persona che conosceva con un'unicità anche solo lontanamente riconducibile a ciò che aveva descritto era Ash, ma era onestamente profondamente dubbiosa che potesse fare qualcosa di simile. Se così fosse stato però, e se come aveva saputo Ash era stato davvero presente alla Cattedrale di Tokyo il giorno in cui il Sagrestano Homura era morto, la presenza del detective Kimura in entrambi i luoghi sarebbe potuta essere sensata. Magari l'inglese aveva scoperto qualcosa a riguardo e aveva deciso di pedinare l'uomo o qualcosa di simile.
    Aveva una seconda idea in mente, una che probabilmente non sarebbe piaciuta all'americana e che decise quindi di tenere per sé in attesa di una risposta. Per quanto le dolesse ammetterlo, aveva incontrato nella sua vita una persona con un'unicità veramente simile a quella che aveva appena descritto... era un membro del Culto e l'aveva utilizzata per disintegrare i coltelli con cui Ryo andava in giro ai bei tempi. La cosa peggiore era che quella persona era dotata di molteplici unicità e una di esse era proprio un'unicità di teletrasporto. In quell'ottica l'effettiva ipotesi del ritorno di quella persona sulla scena del misfatto per accoltellare il detective e magari tentare di far incolpare l'americana si sarebbe probabilmente fatta preponderante e decisamente credibile.
    Penso che... - si grattò la nuca, incerta su cosa dire. Le sembrava che qualsiasi cosa potesse dire suonasse semplicemente estremamente razzista - Umh... - borbottò, cercando di prendere tempo - Beh... se queste sono le informazioni che hai... umh... tu sei certamente più riconoscibile, ecco. - tentò di sfoderare un sorriso da ebete. Era chiaro che una donna dalla pelle grigiastra, gli occhi gialli e due code fosse abbastanza facilmente distinguibile dalla massa, ma non sapeva bene come l'altra avrebbe preso quell'affermazione - Proverò a dare un'occhiata in giro e vedrò se trovo qualcosa. - aggiunse con un nuovo occhiolino. Nel caso in cui fosse stata una vigilante difficilmente avrebbe trovato qualcosa a riguardo visto che bazzicava poco in quel mondo. Molti cosiddetti "criminali" però sembravano essere scesi in difesa della città nonostante tutto - tra cui Daisuke, non avrebbe probabilmente rivolto quell'aggettivo ad Eve - quindi magari sarebbe riuscita a trovare qualche report riguardante un'unicità simile. Se c'era perlomeno qualcosa che non le mancava dovevano certamente essere i contatti.
    Umh. - la successiva domanda la colpì come un treno in corsa. Abbassò lo sguardo incupendosi, osservando il tavolo per un paio di secondi per poi versarsi un bicchiere di the. In tutta onestà, non era ancora certa di avere la risposta a quella domanda. La parte più egoista di lei riusciva a comprendere che molto probabilmente lei e il dottor Takashi desideravano lo stesso identico mondo, pur col desiderio di raggiungerlo in modi diametralmente opposti. Se uno voleva eliminare completamente le unicità per una società più equa e per eliminare i problemi da esse scaturiti, lei desiderava allo stesso modo equità e sperava di eliminare tali problemi proprio attraverso lo sdoganamento, in modo che fossero più facilmente riconoscibili e vi si potesse quindi agire sin dall'infanzia. Si chiedeva spesso se anche lei sarebbe stata in grado di agire con misure così drastiche per il mondo che desiderava... ma non era ancora giunta ad una risposta. Come detto, per quanto cercasse di spacciarsi per una brava persona, Yami probabilmente non lo era affatto.
    Io... - una cosa però, una singola cosa riguardo a tutta quella storia la sapeva per certo - Io ho pensato che sono stati loro a darmi la mia unicità, che ho lavorato per loro e che non ho intenzione di mettermi contro le persone che hanno armeggiato col mio corpo, col corpo di Ryo e probabilmente con quello di Daisuke. - aggrottò la fronte, tenendo lo sguardo basso. Quelle persone avevano ucciso suo fratello e avevano messo le mani nel suo corpo, per certo in quello di Ryo e molto probabilmente in quello del Carro. Non aveva mai approfondito per bene il discorso, ma aveva consegnato anche Daisuke ferito alla Serpe e al loro incontro successivo il suo braccio brutalmente ustionato era magicamente tornato normale, per cui era probabile avessero fatto qualcosa anche a lui. Sapevano tutto di lei e sapevano come arrivare a Yuya e in tutta onestà non poteva negare con assoluta certezza che non l'avessero aiutata ad uscire dai suoi problemi legali, in fondo era stato proprio un collaboratore della Serpe a fornirle il materiale riguardante suo fratello. Era estremamente probabile che lei fosse l'unico membro esterno al Culto ad avere così tante informazioni riguardo il loro operato passato e, allo stesso tempo, era molto probabile loro sapessero tutto di lei: aveva vissuto in una casa fornita da loro, utilizzato un cellulare che loro le avevano dato per anni, poi aveva messo i bastoni tra le loro ruote ed era quasi svanita nel nulla.
    Forse si sopravvalutava e magari a loro non interessava nulla di lei, forse non era altro che un esperimento fallito, ma non poteva negare di essere terrorizzata dall'idea di mettersi contro di loro, come una macchina che si ribella al creatore che ne conosce tutti i punti deboli. Se Evelynn avesse voluto le avrebbe raccontato tutta la storia, ma non avrebbe certo iniziato a raccontarle gli ultimi cinque anni della sua vita senza essere interpellata a riguardo.
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    Ryo mi aveva accennato qualcosa riguardo ai problemi che il suo quirk dava riguardo ai vestiti, in particolare alla creazione di una parte del corpo che io avevo in duplice copia ed in forma decisamente meno invasiva di quello che mi potevo immaginare riguardo al ragazzo. Anche se continuavo ad essere curiosa di come funzionasse: immagino che avesse una divisa, un costume per le proprie attività notturne e mi domandavo se avesse un buco proprio in quella zona del corpo per far spuntare quell'arto pensile senza problemi e senza distruggere ciò che indossava e che si era fatto costruire su misura. « Mi ha accennato qualcosa sulla coda, nel dettaglio non mi ha rilevato molto della sua unicità. Mi ha fatto sorridere però il pensiero che nel momento più importante, la coda possa fargli cadere i pantaloni e renderlo molto meno serio di quanto dovrebbe. » Insomma mettendo da parte il fatto che, come pensato prima, il suo costume fosse fatto per queste evenienze mi trovavo a sorridere se mi immaginavo uno scontro tra lui ed un qualsiasi altro nemico in una situazione di vita o morte, il pasticciere tirando fuori la coda si faceva cadere la parte inferiore e si veniva a creare quel momento di sorpresa, perplessità e stupore che fermavano lo scontro portandolo in quegli attimi dove non si sapeva se continuare o meno.
    Chissà come si sarebbe comportato in quella circostanza.
    « Basta che non succeda anche a te qualcosa del genere e siamo a cavallo. Non vorrei dover correre in tuo soccorso con un asciugamano per coprirti. » Anche se sono sicura che tutti e due ormai si siano abituati ad eventualità del genere, se mai ne siano capitate anche a Yami e voglio dubitarne. Ma comunque era una battuta che mi lasciai uscire tanto per scherzarci, i toni si sarebbero rabbuiti un po' dopo e finché potevo tenerli tranquilli e calmi, perché no? Alla fine parlare del più e del meno con Yami era una di quelle cose che mi volevo concedere una volta ogni tanto, da quant'era che non mi concedevo dei minuti così con qualcuno al di fuori di quelli lavorativi con Ryo al suo locale? Locale per il quale tra l'altro la ragazza aveva detto di voler esaminare le divise: dentro di me espressi un piccolo sospiro di sollievo perché accettare alla cieca, da parte sua, sarebbe stato estremamente rischioso: in generale l'accontentarmi alla cieca lo era, se non fosse stata lei probabilmente avrei preso il suo darmi il permesso senza tanti giri di parole, sarei andata da Ryo e gli avrei detto "ehi, mi ha dato l'ok dunque da domani lo porto" ignorando le conseguenze. Sapevo benissimo che quel costume aveva bisogno di qualche ritocco per renderlo visivamente tollerabile, era giusto che la svedese ci dedicasse qualche secondo. In generale pensavo che ogni luogo avesse il proprio costume adatto da portare e poteva essere sia stravagante, sia sobrio a seconda della circostanza: a dirla tutta non sapevo nemmeno se quello che avevo proposto io poteva essere l'ideale per il negozio, considerando però com'era fatto e come lo avevo decorato poteva andarci molto, molto vicino e poi chi si sarebbe sorpreso di trovare un vestito particolare da maid a Tokyo che, per antonomasia, era la città dei maid café? Si trattava solo di impostare quale tipo di maid si voleva far apparire, tutto qua.
    « Lilith. » Risposi riguardo al nickname con il quale avrei voluto sentirmi chiamare in giro riguardo alle attività un po' meno legali. « Non so quanto hai presente di mitologia antica. » C'era un preciso significato dietro al nome che avevo scelto e rispecchiava abbondantemente quel piccolo ruolo che avevo accettato nella società e sì, ci tenevo parecchio perché il biglietto da visita alla fine è la cosa più importante: immaginate per esempio di essere un importante uomo d'affari che cerca di stabilire delle connessioni altrettanto importanti per dei giri dalla grandezza sconsiderata, come potevo essere credibile se, per dire, mi fossi fatto chiamare "il signor Truffa"? Ecco, come poteva essere credibile una persona con un nome inadatto? Io non mi sarei fidata di un eroe, per dire, che si faceva conoscere in giro con un nome che mi faceva ridere così come non mi sarei preoccupata di un villain nella stessa condizione. Un conto erano quelli generici che trasmettevano curiosità, un altro erano quelli ridicoli.
    Ammetto di aver avuto diverse difficoltà prima di trovarne uno che soddisfacesse i miei gusti personali, ci ero arrivata dopo aver girato un po' su internet domandandomi se non ci fosse qualche mito di qualche donna con qualche caratteristica che ci potessi rivedere e prima di quello avevo solo visto l'antica dea greca dell'amore ma...ugh, l'amore. Per chi conosceva un po' di culto ebraico il perché poteva essere un po' più chiaro. « A tal proposito io non credo ancora di sapere i vostri, di nickname. » Ryo e Daisuke di sicuro non me l'avevano detto e Yuya non l'avevo ancora incontrato di persona, dunque navigavo un po' nell'oscurità. In genere mi piaceva farlo ma qui si trattava di quelli che dovevano essere i miei compagni di squadra, insomma. « Era una ragazza, dalla voce direi che non fosse più vecchia di me di sicuro comunque. » Rimasi comunque perplessa riguardo all'essere più riconoscibile. « E dici? Perché ho delle code? Cavolo, chissà quante altre centinaia di migliaia di persone ne hanno in questa città: sono stata anche brava a non mostrare niente della mia unicità, arrivata ed andata via a piedi. Magari la voce... » Feci spallucce, figuarsi accusare qualcuno da una tonalità di voce quando esistevano dei sintetizzatori in grado di camuffare o cambiare il tono.
    Ed ormai la parte del discorso che mi era interessata di più era non tanto quella sul detective ma quella sulla considerazione di Yami per quel gruppo dato che la prima era una diretta conseguenza della seconda: mi trovai ad osservarla in silenzio terminando il dolce che avevo preso. Mi appoggiai allo schienale, gambe accavallate sotto il tavolo a dondolare quella che avevo sopra e sguardo fermo su Yami a ponderare su ciò che stavo non tanto sentendo - perché non aveva detto niente di rilevante - quantopiù vedendo: sguardo basso, gli occhi che si spengono per un momento e quell'indecisione sul non sapere cosa dire o come comportarsi che sembravano portare la svedese a percorrere un binario che per un po' di tempo avevo percorso anch'io, un binario per niente bello e con un paesaggio per niente godibile. La cosa più frustrante, secondo me, in una conversazione era fare una domanda a qualcuno e ricevere una non risposta ma da quella si potevano capire diverse cose con quella in cima alla lista che fosse il non volerne parlare ma qui mi spiaceva un po' per Yami, non ero la persona adatta a farla desistere. Un amante ti porta a fare qualcosa che non avresti mai considerato in vita tua, qualcosa che va oltre la ragione e la tua zona di comfort e si da il caso che quella carta me l'avesse data proprio lei: non sarei stata una buona portatrice se non avessi insistito o non le avessi permesso di approfondire il discorso. E dato che era palesemente un qualcosa di cui era difficile parlare per Yami, si meritava giusto un bel po' di schiettezza. « Non è una risposta alla mia domanda. » Forse mi era uscito con un tono un po' più cattivo di quanto dovesse, ma davvero non lo era: non ero in grado di giudicare quello che aveva passato né volevo farlo, alla fine la mia domanda era rivolta ad un pensiero su ciò che era avvenuto e su una filosofia. « Ti ho chiesto un pensiero su dei fatti ma ho ottenuto quella che mi suona come un'ammissione di paura. Per l'amor del cielo è normale provarne, fa parte della natura umana, ma comunque non è una risposta a ciò che ho chiesto. Mi domando se riusciresti ad agire se per caso un giorno decidessero di attaccare uno degli altri. » Per quanto mi considerasse amica, parte della famiglia e tutto quanto, non riuscivo ancora a calarmi perfettamente nella parte del membro di un gruppo e nella mia testa se fossi stata io il bersaglio, lo scenario era di loro che dicevano "beh, se l'è cercata" abbozzando delle flebili ricerche per poi lasciarmi in balia del destino mentre invece se fosse stato uno degli altri "arcani" allora il discorso sarebbe stato diverso.
    Si sarebbero mossi tutti, ne ero sicura. Se avessero deciso di vendicarsi di Daisuke perché quella notte aveva messo i bastoni tra le ruote al Culto avrebbe avuto paura o no? Mi seccava fare un po' la parte della ragazza ignorante o insensibile però ricordo che mi fosse stato promesso qualcosa, no? Smisi di ondeggiare le code, usando la punta di una di queste per picchettare ritmicamente ma debolmente sul tavolo. « Ma voglio cambiare domanda. » Sospirai, scacciando quasi il discorso precedente con la mano come se fosse una nuvoletta di fumo, cosa che probabilmente per lei poteva essere anche se, in effetti, il discorso non era finito del tutto.
    Non per me.
    « Che fine ha fatto il tuo sogno? » Quello di cui mi aveva parlato, quello che mi aveva convinta, quello che in fondo condividevo con lei. Dopo tutto questo tempo mi sembrava svanito, però non dovevo essere io a dirlo: doveva essere Yami a deciderlo.

    Keep them longing,
    make them plead.

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    Non posso prometterlo. - ridacchiò, per poi bere un goccio di the, a riguardo delle incompatibilità tra vestiario e unicità. Se avesse effettivamente utilizzato la sua unicità, non come quando l'aveva mostrata per la prima volta all'americana, probabilmente avrebbe incendiato tutti i suoi vestiti e sarebbe rimasta nuda, sì. Per questo quando andava in azione era dotata di non una, non due ma ben tre tute diverse in grado di resistere al suo calore. Se due di quelle erano dei regali della Serpe l'ultima la aveva fatta progettare lei stessa per il suo imminente ritorno sulle scene criminali della capitale giapponese.
    Annuì sentendo il nome proposto dalla ragazza. Quel nome forse sconosciuto per la maggior parte della popolazione dell'arcipelago era invece a lei abbastanza conosciuto. Yami era tutt'altro che una teologa, ma dato che i suoi genitori erano antropologi formatisi in occidente e la sua formazione era fondamentalmente stata di stampo luterano ne conosceva molto bene i fondamenti e soprattutto le ambiguità. In anni più recenti aveva iniziato un ciclo di letture a riguardo dell'alchimia e dell'esoterismo europei, acquistando il suo primo libro proprio dove un vecchio amico di famiglia le aveva regalato il suo mazzo di tarocchi, per cui un po' se ne intendeva.
    Io, come ben sai, sono Witch. - le rispose con un sorriso sulle labbra - Ryo è Deathstalker, Yuya è Nocturne, mentre Daisuke è semplicemente Chariot. - annuì - Forse un giorno riuscirò a convincerlo del suo valore e a fargli adottare un nome più pomposo. - ridacchiò nuovamente.
    Un sospiro di sollievo si fece spazio tra le sue labbra istintivamente quando l'americana disse che la persona sconosciuta che aveva incontrato era una donna. Rilassò le spalle: rendeva certamente la ricerca più difficile escludendo al cento per cento che si trattasse del suo conoscente inglese, ma significava anche che non era quella macchina da guerra di anni prima.
    Beh, sì... - balbettò alla questione riguardante le centinaia di persone dotate di coda in giro per la città di Tokyo, sentendosi anche un po' stupida e razzista a riguardo visto ciò che aveva detto. Il fatto era che le code non era l'unica particolarità dell'americana ma lì per lì non aveva riflettuto che vista la situazione in giro sarebbe probabilmente stato saggio coprirsi il più possibile in quei giorni di buio.
    Forse era discriminatorio, forse era sbagliato, ma riteneva comunque che il fondamento del suo pensiero fosse giusto. Era vero che era certamente pieno di persone dotate di coda in giro, ma rimaneva comunque un tratto distintivo, più o meno specifico ma comunque tale. L'altra persona avrebbe potuto aguzzare la vista in presenza di una persona dotata di appendici aggiuntive, lei invece non sembrava comunque avere alcun modo per distinguere l'altra donna anche l'avesse incontrata per sbaglio per strada. Era comunque un punto di inizio migliore al loro, no? Ovviamente però questo implicava che l'altra fosse effettivamente interessata a cercarla.
    Secondo me vale comunque la pena di... provare a mettersi in mostra, in un modo o nell'altro. - annuì, sperando di non offenderla con quelle parole - Anche se beh, nulla garantisce che lei sia interessata a trovarti.
    Alle parole successive di Evelynn Yami rise, questa volta onestamente, di cuore. Era evidente che le due non potessero essere più diverse dato che in fondo, nonostante la sua passione per evitare i discorsi più spinosi, la svedese era comunque convinta di aver dato una risposta soddisfacente alla domanda. L'intera vita di Yami gravitava attorno alla paura, intimorire gli altri per mettersi in posizione di potere ed essere intimorita da chi sta più in alto. Non era chiaramente un bel modo di vivere ed era semplicemente un retaggio della brutta compagnia con cui aveva passato così tanto tempo. Non importa se riesci a togliere un cane randagio dalla strada per metterlo nella villa più bella della città, probabilmente avrà sempre la stessa fame. Un'ammissione di paura - perché sì, quello era - era per Yami quanto più di genuino potesse esprimere sulla faccenda. Per quanto cercasse di arrovellarsi, probabilmente a differenza di Evelynn, non era ancora giunta a capo di quel dilemma, non sapeva ancora cosa pensare dell'accaduto. Era giusto? Era sbagliato? Le stesse domande potevano porsi riguardo al suo sogno: e se una volta permesso di utilizzare liberamente le unicità la gente avesse dato fuoco al mondo? Forse la risposta poteva sembrare ovvia a molte persone, ma non era così per lei. Come detto, non era neppure sicura che il sogno del Dottor Takashi fosse incompatibile col suo, il punto di arrivo era in fondo il medesimo. Ma, non avendo ancora assunto una posizione certa a riguardo, non aveva intenzione di dire cose a cui non credeva davvero. Proprio per quello, la paura era la questione importante: cosa importava del suo parere a riguardo se il timore le imbavagliava la bocca e le stringeva i polsi, impedendole di agire?
    Non accadrà. - rispose quindi secca, terminata la risata, con un sorriso emblematico sulle labbra - Può sembrare un controsenso, ma una persona a cui non importa delle vite altrui non si sarebbe mai presa la briga di migliorare le chance di sopravvivenza al farmaco. - aggiunse con un sospiro - Hanzo Takashi potrà certamente essere un pazzo, ma non è un assassino rancoroso, non ha alcun motivo di attaccare noi o qualsiasi altro cittadino con lo scopo di uccidere. - proseguì - Se davvero il poliziotto che hai incontrato era uno dei suoi, dovresti averne la dimostrazione tu stessa visto che non vi ha torto un capello. Al SALEM è riuscito ad addormentare centinaia di persone per chissà quanto tempo, ma non gli ha fatto nulla. Ci ha mandati a portare una bomba alla UA, ma si è assicurato che fosse stata evacuata prima. E... - abbassò lo sguardo, aggrottando le ciglia - Per quanto io odi ammetterlo, neppure la persona che mi ha messo addosso questo... orribile terrore, ha mai provato a farci nulla. - odiava la sua paura quasi irrazionale, ma era vero che quell'uomo aveva solo neutralizzato le loro unicità e aveva cercato di far sì che la loro missione andasse a compimento, non aveva praticamente tentato di attaccarli ma solo di vanificare i loro tentativi di portare via l'ordigno esplosivo. Ovviamente Hanzo Takashi era tutt'altro che un santo: ammesso fossero davvero opera sua e non si stesse solo vantando di meriti altrui aveva causato la più grande strage di eroi dell'epoca moderna, ma lo aveva fatto perché potevano in qualche modo essere di ostacolo al suo piano. Loro non lo erano, perché il suo piano era fallito. Yami dubitava che avrebbe provato nuovamente a fare ciò che aveva fatto, un po' per i dissidi interni al gruppo di cui avevano parlato i testimoni del Palazzo Imperiale e un po' perché chissà quanti anni di preparazione aveva richiesto il tutto. Un centinaio di membri erano stati arrestati, non sarebbe stato semplicemente in grado di riorganizzare le forze. Quella storia si era conclusa, anche se qualcuno sembrava non volerla lasciar andare.
    Se mai dovessero attaccarci per qualche assurdo motivo, probabilmente si tratterà di dei disertori, quindi non c'è alcun motivo di temere per la nostra incolumità... per quanto io comunque non adori combattere. - non capiva bene che idea Evelynn si fosse fatta di lei, dando per scontato che avrebbe agito in difesa dei suoi compagni come fosse chissà quale capobranco. Yami odiava le lotte, le odiava quando era Yama a guidarla perché si trovava coperta di lividi anche se restava nascosta per tutto il tempo e le aveva odiate anche dopo, incapace di sostenere l'odore della carne umana bruciata dal suo fuoco. Forse sì, se avesse dovuto difendere Yuya o uno degli altri avrebbe agito, ma non lo avrebbe dato così per scontato. Lottare per un ideale era diverso.
    Il... mio sogno...? - inclinò il capo verso destra, confusa dalla domanda. Ovviamente aveva capito benissimo a cosa si stava riferendo l'americana, non riusciva solo a capire dove volesse arrivare. Il suo sogno era lì, pur estremamente ammaccato da tutti quei dubbi che erano sorti dalle dichiarazioni di Hanzo Takashi. Se davvero lo scienziato aveva i numeri dalla sua, se davvero le unicità non avrebbero fatto altro che peggiorare, era davvero giusto invitare le persone ad utilizzarle? Lei non era certo una scienziata e in tutta onestà il suo sogno si era schiuso da un uovo la cui scorza era semplicemente formata dalle sue delusioni infantili e dal suo pessimo trascorso storico. Non c'era nulla di inerentemente giusto nel suo desiderio, solo puro egoismo.
    Mmmmh. - sulle sue labbra si fece spazio un sorriso malizioso. Forse aveva capito dove voleva arrivare Evelynn, ed era ciò che gli altri non le avevano mai detto. In fondo l'americana aveva ragione: lei non era ancora una "di famiglia". Gli altri non avevano chissà quali ambizioni, il loro legame era ben più stretto del loro desiderio. Lei invece si era unita al gruppo per un motivo, e se anche un giorno sarebbe diventata anche lei una figura cardine di quel gruppo strampalato era giusto che avesse delle esigenze.
    Yami si alzò e si mosse verso il mobile della stanza, sul quale si trovava il televisore e le varie console per videogiochi. Ne aprì un cassetto e tirò fuori il suo mazzo di tarocchi. Normalmente lo portava sempre con sé, ma con l'arrivo del caldo aveva iniziato a non portare la borsetta in giro per non ritrovarsi una spalla consumata e visto che ormai viveva con Yuya - che era in grado di fare da taxi istantaneo, aveva iniziato a lasciarlo alla House, chiuso nel mobile.
    Tornata a sedere, Yami iniziò a scoprire tutte le carte in ordine numerico di fronte a sé, lasciando degli spazi liberi dove mancavano delle carte. Le prime due carte del mazzo erano assenti dato che erano i tarocchi personali di Yami e Ryo, così come mancavano all'appello il Carro, gli Amanti e il Diavolo. Evelynn, però, avrebbe potuto notare senza bisogno di chissà quale genio matematico che a mancare all'appello non erano cinque carte, bensì sei. Anche la carta numero diciotto, infatti, non si trovava nel mazzo.
    Qualche anno fa ho incontrato per strada un topolino. - un sorriso mesto e malinconico fece capolino sul suo volto, facendole abbassare lo sguardo - Questo topolino era molto interessato alla rivoluzione, ed era un mago del computer... - sospirò - Ma la Luna è sparita dal nostro cielo. - concluse drastica. Era contenta che Ryo lo avesse incontrato dopo gli eventi che avevano coinvolto Madame de Steal, a dimostrazione che era ancora vivo, ma si chiedeva che fine avesse fatto. Purtroppo, però, doveva scendere a patti con la realtà. Preferiva pensare che la Luna avesse semplicemente cambiato idea piuttosto che pensare che le fosse successo qualcosa.
    Ho sognato a lungo una rivelazione come quella fatta dal dottor Takashi. Sai, sugli schermi di tutti. - sorrise nuovamente malinconica - "Noi siamo ETERNIUM, libereremo le unicità", qualcosa così. - ridacchiò - Ma la Luna non si è mai presentata per permettercelo, e ora è... fondamentalmente impossibile. - scosse la testa - Lo ha fatto quel pazzo, quindi non voglio accostarmi in alcun modo a lui. - fece spallucce - Siamo finiti sul giornale per aver consegnato il diario del Sagrestano Homura, ma chiaramente non basta. Eppure... La mia... La nostra vita è stata così... stramba, per così tanto tempo che non saprei neppure da dove iniziare. - ridacchiò nuovamente - Hai idee per farci conoscere in giro, Lilith? - concluse con un occhiolino.
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    Dunque anche lei aveva problemi riguardo il vestiario e l'unicità? Ero forse l'unica ad aver pensato a qualcosa per code ed effetti collaterali con la mia divisa? Va bene che non avevo problemi a mostrare il mio corpo, sapevo però che ci fosse occasione ed occasione ed uno scontro non poteva essere di certo una di quelle fatte apposta per mettere in risalto ciò che avessi. Non che loro lo facessero di proposito, questo lo sapevo benissimo, mi faceva solo strano che nel caso non ci fosse una sola persona che avesse problemi riguardo ciò che poteva causare l'applicazione del proprio potere ma ben due: sembravano persone molto accorte e preparate, almeno con giudizio, invece mi sorprendevano così. Uh, vallo a pensare.
    Che poi magari non era nemmeno vero e mi stava solo prendendo in giro, cosa che dovevo considerare estremamente plausibile. « Dovrò aggiungere un telo al mio equipaggiamento, non si sa mai. » Meglio essere pronti a tutto che pensare "cavolo, se solo avessi avuto questo oggetto...". Non che mi sarei mai portata un asciugamano o qualcosa di simile dietro, bastava avere le dovute precauzioni ed i problemi si sarebbero risolti.
    E per fortuna placò la mia curiosità sui soprannomi adottati dagli altri in modo che li potessi accumulare e memorizzare, aggiungendo una casella ai rispettivi individui togliendo dei mentali punti interrogativi su questa singolare voce: morivo dalla voglia, sotto sotto, di chiedere anche il perché di quei soprannomi dato che al mio ci avevo pensato un pochetto: anche loro ci avevano dedicato tempo? C'era un significato particolare? Fui sotto sotto sorpresa da quello di Ryo, non so perché ma mi dava l'idea di esser stato scelto durante una fase adolescenziale dopo aver letto un po' troppi fumetti ed aver attraversato il periodo edgy: magari era correlato a ciò che sapeva fare il suo quirk? Mi ero scordata di chiedergli i dettagli, magari un giorno al locale in un momento di noia ci avrei pensato.
    Ed in realtà non mi sorprendeva che Daisuke avesse scelto semplicemente il nome della carta, non mi dava l'idea di essere una persona che dava molto peso a delle cose come un soprannome ma puntasse un po' di più alla sostanza, al compiere il proprio dovere nel migliore dei modi e nient'altro: a volte mi era sembrato come se non avesse la più pallida voglia di interessarsi delle cose nonostante fosse estremamente gentile nei miei confronti - così come voglio pensare che lo fosse per tutti gli altri membri del gruppo -, pensando a fare solo il minimo indispensabile e niente più. « Potevo aspettarmelo da Dai-kun, in effetti è in linea a ciò che ho imparato sul suo conto. Se vuoi posso chiedergli di provarci, mi piace pensare di avere una certa confidenza ormai con lui. » Per fortuna non avevamo più parlato di ciò che era capitato al Kura Sushi interpretandolo entrambi come l'evento di una sera particolare, considerando però le interazioni che avevo avuto con lui in precedenza mi ero creata in testa l'idea di avere un piccolo posticino speciale nella sua testa che mi mettesse non al pari degli altri, certo, ma al livello di una di quelle persone che potesse valer la pena di ascoltare magari sì. Inutile pensare che se avessi avuto bisogno sarebbe venuto in mio soccorso perché alla fine era ciò che avrebbe fatto non solo con me ma anche con Yami, Ryo e Yuya se ne avessero avuto mai bisogno ed in realtà mi rendevo conto, anzi realizzavo di come - e forse mi sbagliavo, non potevo fare a meno però di pensarlo - quella che avesse potuto aver necessità di soccorso potevo essere io più degli altri: loro delle esperienze le avevano avute, potevo paragonare le mie a ciò che avevano passato, soprattutto la ragazza che avevo davanti? Per quanto volessi giocare a fare la grande, in realtà forse non lo ero.
    Sospirai internamente, che brutto realizzare certe cose. Che brutto realizzare che forse non ero quasi all'altezza del passato che loro avevano avuto, come potevo io avere pretese su cosa fare e non fare?
    Ed almeno Yami, per quanto mi stesse dicendo di non voler avere niente a che fare con la faccenda di Kimura, non mi stava dicendo di stare ferma o di desistere al cento percento: sembrava quasi volermi invogliare a continuare nonostante lei avesse dichiarato di star comoda sulla sua poltrona da spettatrice e lasciare che gli eventi desistessero naturalmente, che tutto tornasse alla normalità ancor più di adesso e niente più. Però non mi tornava come mai, nonostante avessero lo stesso passato più o meno, Daisuke si fosse mosso quella sera, Ryo mi avesse dato il suo ok per eventualmente fare qualcosa mentre Yami no. Forse c'entrava con il fatto che avesse paura e sono sincera, il fatto che mi avesse riso in faccia mi aveva dato un certo fastidio. Smisi di tamburellare con le dita sul tavolo, osservando Yami evitare di nuovo la domanda con una teoria. Tutto il sapore del dolce e dello zucchero mi era andato via dalla bocca, sentendomi anche leggermente presa in giro da tutta quella ventata di paura che mi era stata gettata in faccia senza nemmeno troppi giri di parole. Era un continuo diniego che speravo non mi facesse dire qualcosa che non volessi, tendevo a spegnere un attimo il cervello quando andavo su di giri o trovavo qualcosa che mi infastidiva. « Sì, immagino quanto tenesse alla salvaguardia delle persone. E sono sicura che se davvero Kimura è uno di loro, il motivo per cui non ci ha attaccate è perché si trovasse in inferiorità numerica e farlo avrebbe significato che fosse colpevole al cento percento. Così invece è passato addirittura da eroe, bella fregatura. » Dunque sì, perdoniamolo solo perché non ha mai fatto niente a nessuno di male, perché non è un assassino: ha solo provato un attentato alla UA, compiuto un atto terroristico su una città e la sua popolazione intera, compiuto esperimenti illegali ma ehi, non ha fatto male a nessuno no? O almeno non troppo, solo qualche pizzicotto, punturina, svenimento e qualcosa del genere.
    E lo potevo vedere che non adorasse combattere, Yami: aveva un sogno ma non stava facendo niente per realizzarlo. Anche quello era combattere e...no, devo darmi una calmata. Chiusi gli occhi e sospirai pesantemente, rimanendo in silenzio mentre si era alzata: Yami stava sorridendo addirittura, io no. Dentro provavo una delusione quasi gigantesca, volendo però aspettare per vedere dove volesse andare a parare. Aveva preso il mazzo di tarocchi? Quello dal quale aveva preso la carta che mi aveva dato: era il tempo di una storiella? Dunque era perché non ci fosse nessun tipo di esperto informatico tra i nostri ranghi che non si stava mettendo a far niente? Non mi sembrava però che si stesse nemmeno impegnando per provarci a far qualcosa, per provare a cercare qualcuno che potesse soddisfare i requisiti: certo, come detto da Ryo non potevamo mettere un annuncio ma nemmeno pensare di fare la bella vita e come investire i soldi dei genitori poteva aiutare nello scopo. Non so come mai ma questa rivelazione, questa mancanza aggiunse altro fastidio a ciò che si era creato dentro di me prima facendomi chiudere un occhio, metaforicamente parlando. Ancora non abbastanza per iniziare a parlare o rispondere male, quello sarebbe successo se fossero stati entrambi. « Potresti iniziare cercando di capire intanto determinate cose. » Tieni salda la corda, Eve, e non lasciarla andare perché di lì a cadere in un burrone è un attimo.
    Stavo osservando Yami che continuava a sorridere, come se per lei questo discorso non fosse importante tanto quanto lo era per me. Sembrava quasi che ci tenessi di più io nonostante l'idea non fosse partita da me e la cosa mi dava delle serie perplessità non tanto sul suo conto, sul mio: perché mi ero attaccata così tanto al sogno di qualcun altro? « Mi spiego. » Correggiamo il tiro. « Questo sogno quanto va a dar fastidio a ciò che gli altri gruppi di Tokyo stanno facendo o vogliono fare? Io non conosco bene il giro della malavita della città, magari voi sì e potete illuminarmi. Quello che vorresti fare - » Mettiamo l'ipotetico. « - è bello, ma proposto così all'improvviso potrebbe essere un'imposizione che alle persone potrebbe non andare bene: dovremmo mostrare che è possibile fare per tutti fare qualcosa che di base non sarebbe permesso solo perché...perché alla società va bene così, quando in realtà non va bene per niente. E la cosa che mi fa storcere la bocca è che per metterci in mostra, mi viene in mente di fare solo cose---buone. » Un piccolo brivido lungo la schiena, l'idea di fare qualcosa di buono per la città mi dava un po' allo stomaco nonostante - soprattutto negli ultimi periodi - Tokyo non fosse stata molto buona con me. Dovevo un po' piegare il capo in avanti e far orecchie da mercante, lasciando che gli avvenimenti fossero tutta acqua che passava e scorreva senza problemi.
    « Potremmo chiedere aiuto a qualche altro gruppo: se qualcosa manca, cerchiamolo. Alla fine quello che vuoi fare tornerebbe comodo anche a tante, tante altre persone e non solo a quelle brave però devi capire, anche se già lo sai, perché vuoi portare avanti l'idea di ETERNIUM. Saperlo penso ti permetterà di capire anche come agire...per metterla dal punto di vista cinematografico, per capire se vuoi essere un Sith o un Jedi. »
    E non chiedetemi come mi sia venuta in mente un'analogia del genere proprio in questo momento.
    Parlare comunque mi stava aiutando, mi stavo un pochetto calmando ma il fatto che nella mia testa ora ci fossero delle piccole crepette era abbastanza pericoloso - per me intendo -: l'ultima volta che ne avevo avute così importanti, mi ero trovata ad isolarmi. Avrei potuto bere un po' di thé per provare a mettermi un po' di dolce in bocca, sentivo però che sarebbe stato come ingerire dell'acqua: insapore. Da quando stavo parlando con Yami, non avevo che domande quando in realtà avrei voluto delle risposte.
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    Certo, fai pure. - ridacchiò alla proposta riguardante Daisuke, ignara dei loro trascorsi - Se non altro ha viaggiato molto e ora ha anche trovato un lavoro, sono certa che inizierà a valorizzarsi un po' di più. - aggiunse, anche se era più una frase fatta che altro. Se non aveva apprezzato particolarmente il suo mettersi in pericolo per agire durante i giorni dell'attentato doveva se non altro riconoscere il fatto che era stata un'azione indipendente e, anche se votata nel suo modo distorto al diffondere il verbo di ETERNIUM, per una volta Daisuke aveva avuto dell'iniziativa. Doveva per forza essere un segnale positivo per quel ragazzo così maniacalmente fedele, sperava solo non gli si ritorcesse contro mettendolo più in pericolo del dovuto.
    Quanto alla discussione riguardante l'attentato, la svedese dai capelli bianchi non aveva molto da aggiungere. Dubitava che l'inferiorità numerica fosse un problema per quelle persone che avevano distrutto mezzo Palazzo Imperiale e congelato l'intero parco dove si era recato lo stesso Chariot, ma non le veniva nulla in tasca a fare l'avvocato del Culto, né era sua intenzione farlo. Non sapeva se quel poliziotto ne era un membro o meno, a livello logico e per ciò che aveva potuto capire poteva esserlo così come no, mentre non era certamente sua intenzione difendere Hanzo Takashi. L'uomo era un terrorista ed un criminale, su questo non ci pioveva. Semplicemente, ai suoi occhi, era un criminale con dei principi e non un pazzo assassino pronto ad eliminare indistintamente qualsiasi cosa si trovasse sul suo percorso... perché visto ciò che era riuscito a fare se quello fosse stato il suo interesse probabilmente sarebbe rimasto ben poco della città di Tokyo. In qualche modo quel tizio era riuscito a ricoprire l'intera città di farfalle come un tappeto uniforme, disturbare le comunicazioni, avvolgere la megalopoli in una cortina di fumo che in alcuni luoghi ancora persisteva nonostante tutto. Se il suo intento fosse stato distruttivo, almeno così la pensava Yami, Tokyo sarebbe semplicemente stata una nuova Okinawa.
    Shizuka, quello era il nome con cui la Luna si era presentata a Yami, era tutt'altro che un semplice informatico mancato all'appello per la svedese. Molto ironicamente, Shizuka aveva probabilmente incontrato la Yami che Evelynn avrebbe voluto incontrare: una giovane donna che l'aveva incitato a compiere crimini, ad intervenire di fronte alle angherie, una Yami che probabilmente avrebbe davvero mandato il gruppo in prima fila nei fatti avvenuti qualche mese prima. Si erano conosciuti perché lui si era rifiutato di difendere un'anziana da uno scippo e la giovane svedese aveva cercato di convincerlo ad intervenire anche a costo di compiere un crimine utilizzando la sua unicità, perché gli eroi non potevano arrivare dovunque.
    Yami non era più quella persona, perché proprio Shizuka le aveva fatto comprendere il peso completamente diverso che assumono le parole quando vengono riferite ad altri e non a sé stessi. Mettere la propria vita a rischio era un conto, incitare gli altri a farlo era una questione completamente diversa. Era possibile che la Luna fosse morta in qualche strada dimenticata da tutti a causa delle parole che Yami le aveva rivolto, ed era solamente colpa sua. Quando poi aveva visto le condizioni in cui Daisuke e soprattutto Yuya erano tornati dall'intervento alla Cattedrale di Tokyo la giovane dai capelli bianchi aveva capito che c'era un motivo se gli eroi facevano gli eroi e i criminali facevano i criminali, e che non era il suo compito assumersi quei rischi senza alcun beneficio.
    Quella linea di pensiero, d'altronde, non contraddiceva in alcun modo il suo desiderio. Aveva capito, insomma, che "liberare le unicità" significava molto di più di permetterne l'utilizzo per autodifesa, ma riguardava la conoscenza di sé stessi, la libertà di impiegare tutti sé stessi sul posto di lavoro, la possibilità di rendersi conto di eventuali problematiche prima di raggiungere un punto di non ritorno. Quel suo capriccio di intervenire in questioni che non la riguardavano non era altro che un retaggio di quel periodo passato assieme al suo gemello, all'insegna del ripudio per le autorità e odio per gli eroi.
    Ovviamente questo non la autorizzava all'ignavia, anzi. Se Yami si fosse trovata di fronte ad uno scippo sarebbe comunque intervenuta, semplicemente non riteneva fosse il suo compito andare a picchiarsi in una metropoli avvelenata con qualche supercriminale. Aveva preferito andare alla Clinica della dottoressa Omori e aiutare lì come possibile, accogliendo i fuggiaschi, portando i carrelli con le medicine e quant'altro. Aveva capito che lottare non era l'unico metodo per aiutare le persone.
    Ci penso spesso, sai. - socchiuse le palpebre, tamburellando con le dita della mano destra sul tavolo di fronte a sé - Questo mio... capriccio, a chi andrebbe più a genio? - fece un sospiro - Forse alle persone va bene vivere come vivono, in fondo c'è un motivo se nessuno ha mai provato a cambiare le cose. E forse ai criminali farebbe piacere sapere di poter utilizzare la propria unicità liberamente. - scosse la testa. In quei termini, come aveva avuto modo di riflettere, non era tanto diversa da Hanzo Takashi. Evelynn aveva ragione, il suo "sogno" poteva risultare come un'imposizione ai più... sebbene non fosse ovviamente sua intenzione imporlo a nessuno, e questa era la differenza tra lei e lo scienziato. Le sarebbe piaciuto proporre un'alternativa, pur non avendo alcun dato a sostenere che quell'alternativa potesse essere corretta o persino sostenibile.
    Ovviamente penso che chi compie un crimine utilizzando la propria unicità debba comunque essere punito più duramente... - proseguì a spiegare - E' necessario che rimanga un deterrente del genere, è innegabile che certe unicità sono troppo pericolose e la mia è certamente tra queste. - annuì. Forse era ironico che fosse proprio lei a guidare quella linea di pensiero, ma la sua unicità era fondamentalmente inutilizzabile in qualsiasi ambito di vita a meno che non la mettessero a fare da motore a scoppio in qualche stramba centrale elettrica, o a fare da inceneritore.
    Oi oi. - ridacchiò alle ultime parole dell'americana - Direi che è un bene se ti vengono in mente solo idee buone, non ho certo intenzione di fare rapine e bruciare palazzi. - ... forse. Era innegabile che l'idea le fosse balenata in mente un paio di volte e non era del tutto certa di averla depennata dalla sua lista di possibili cose da fare. Per quanto cercasse di fingere il contrario e per quanto fosse convinta del fatto che il suo sogno avesse dei risvolti perlopiù positivi, a conti fatti Yami era senza dubbio tutt'altro che una persona buona.
    Forse collaborare con dei... criminali potrebbe essere una buona idea, ma mi sembra anche il metodo più veloce per fare screditare tutto dall'opinione pubblica e farsi annientare dagli eroi. - si grattò il mento. Un po' come fosse un gioco o uno sport, era bene fare attenzione a chi si selezionava come proprio sponsor. Dubitava che le persone avrebbero ascoltato le parole diffuse da dei terroristi come Aogiri, indipendentemente dalla loro validità.
    Probabilmente bisogna pensare più alle persone che ai gruppi. Anche se una persona fa parte di un determinato insieme questo non la rende automaticamente buona o cattiva, giusto? - la svedese era particolarmente convinta di quelle parole: solo perché una persona lavorava per Aogiri questo non significava certamente ne sottoscrivesse tutte le idee o fosse automaticamente un pazzo criminale. Il modo in cui lei, Ryo e Daisuke erano sopravvissuti a Bloody Snake ne doveva certamente essere la dimostrazione più palese.
    Oh, ora che ci penso... - i suoi occhi si illuminarono, come se avesse appena avuto un'epifania - Avevi detto di aver incontrato quei tizi che erano andati in televisione, giusto? - le chiese, ricordandosi di quando al loro primo incontro, proprio sedute a quel tavolo, l'americana le aveva raccontato la sua storia - Quelli della Manifestazione Anti Mutant, alla fine non se n'è saputo più nulla... per caso hai ancora il loro contatto? - era già pronta ad una risposta negativa, ma tentar non nuoce si suol dire. Sembravano il giusto equilibrio tra persone intenzionate a fare qualcosa per cambiare la situazione e l'essere dei volti controversi ma con una probabile influenza positiva sull'opinione pubblica. Si sentiva quasi stupida a non averci pensato prima, e si sentiva ancor più stupida a non aver colto la citazione di cultura pop fatta dall'americana. Non era molto al corrente con quelle cose, non amava molto il cinema.
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    Mi ricordo bene che la prima impressione che avevo avuto di Daisuke era stata tutto sommato positiva, insomma chi si fermerebbe a dare una mano ad una perfetta sconosciuta in mezzo alla strada? Oltretutto in un periodo particolare come quello dove gli anti-mutant erano usciti un po' troppo a testa alta pensando di fare qualcosa come una sorta di distinzione etnica che già in passato, in occidente ad esser precisi, aveva portato delle spiacevole conseguenze per tutto il globo. E per uno stato in particolare. Ma piuttosto che parlare di storia antica, concentriamoci sul presente. Dicevo...Daisuke mi aveva dato una buona prima impressione per il suo aiuto, poi ammetto che mi fosse sembrato un po' un ragazzo noioso, o meglio indeciso. Come poi avevo percepito anche quella sera particolare al Kura Sushi dove all'inizio era arrivato al pari di uno di quei ragazzi che puoi trovare su una spiaggia di sera mentre si fanno i falò e dopo aver bevuto sette od otto birre, tentando di fare lo splendido ma letteralmente impacciato quando trova effettivamente qualcuna che ci sta. Sono quelli che usano l'alcol per mascherare qualche piccola incertezza, per dire, però per fortuna aveva mostrato un po' di qualità quando era stato il momento.
    Mai perdere la speranza. « Più che valorizzarsi, dovrebbe perdere un po' di... » Non sapevo proprio come dirlo, mi picchettai l'indice sul mento cercando di trovare il termine giusto. Ci misi qualche secondo, ma mi venne in mente e schioccai le dita. « ...passività, ecco. Si lascia molto trasportare dagli eventi almeno da quello che ho potuto provare sulla mia pelle. » Troppo senza nemmeno cercare di provare a scollarsi questo appellativo: gli piaceva salire su una barca e lasciarsi trasportare dalla corrente o magari era ciò che gli riusciva fare meglio, spero che il fatto che abbia trovato lavoro lo svegli un po' e gli faccia prendere un po' più di iniziativa per tante cose. Gli chiederò magari cosa fa adesso per curiosità.
    Me l'ero stranamente preso a cuore, cucciolotto.
    Il punto successivo mi sa che consisteva nella differenza di opinioni e di vedute che avevamo io e Yami: magari lei poteva avere un piccolo "occhio di riguardo" nei confronti di qualcuno che non aveva fatto troppo male a nessuno spinta, anche, dalla paura che nutriva nei suoi confronti mentre io ero un po' come quel meme di un film di quell'azienda di cartoni animati famosissima. Un cattivo è un cattivo: che faccia vittime o no, quando compie un atto terroristico non c'è distinzione tra terrorista bravo o meno e non mi avrebbe di certo ben disposto nei suoi confronti, anzi se quel che faceva andava contro - nella mia testa - alle idee che ritenevo più adatte a me ed i miei scopi allora era solo da tirar giù nonostante non avessi mai fatto niente di così eclatante da darmi quella malizia e quella cattiveria che mi servivano. Il fatto, però, che sul tetto del Ginza Wako mi fossi concessa anche di pensare che il detective dovesse essere ucciso per evitare guai, mi sorprese: non mi sarei mai creduta, prima di qualche tempo fa, capace di concepire un pensiero del genere.
    Così come anche evidentemente avevamo dei concetti diversi riguardo alle conseguenze sul "liberare le unicità": sembrava quel tipo di persona, Yami, che si soffermava più sulle conseguenze negative che positive. Io pensavo che alla fine se una persona voleva usare la propria unicità per qualcosa di poco legale, lo faceva senza fregarsene molto delle conseguenze dato che aveva già deciso che sarebbe diventato un "poco ben visto" dalla legge. Mi piaceva soffermarmi di più sul fatto che se tutti avessero avuto le loro libertà, non ci sarebbe il bisogno costante di dover pregare che arrivi qualcuno per tempo capace di fare ciò che tu potresti ma non ti è permesso di fare, ovvero difenderti. Era questo il mio motivo principale, forse non pensavo molto alle conseguenze ma alla fine pensare non era proprio il mio lavoro, anzi quelle come me devono solo metterci il fisico mentre gli altri la materia grigia al posto loro. « I criminali usano già la loro unicità liberamente, è proibito perché la usano in modo sbagliato: pensi che un poliziotto mi direbbe qualcosa se usassi un filo d'ombra per portarmi un bicchiere alla bocca? Dovrebbe, ma non lo farebbe perché è un gesto innocuo. » E no, quello che stava sentendo non andava bene perché mi stava un po'...preoccupando. Ripresi a tamburellare le dita sul tavolo abbastanza nervosamente, c'era qualcosa in quelle parole che mi aveva messo addosso un'ansia incredibile perché mi sembrava quasi che Yami stesse ritornando indietro, si stesse rimangiando tutto quanto ma volevo credere di aver capito male, davvero. Dovevo farlo, altrimenti non avrei avuto che da lasciare la carta sul tavolo, ringraziare ed andare via.
    Volevo continuare a sognare ancora un po' nonostante mi stessi piano piano rendendo conto che forse avevo investito le mie idee su una persona che voleva far qualcosa ma non ne aveva assolutamente voglia. Sospirai. « Mica tanto un bene, mica voglio fare la poliziotta: potrei stare dietro una scrivania, ma niente più. Se poi vuoi pensare ad un'idea un po' più cattiva, bisognerebbe screditare un po' tutto il concetto degli eroi facendo o far loro una pessima figura, o far credere alla gente che non siano necessari. Se vuoi davvero provare a cambiare questa cosa, tesoro, non puoi aspettarti di non andare contro a nessuno: gli eroi esistono perché esiste la licenza, senza quella loro sono al pari mio o tuo. »
    Non puoi andare in guerra e sperare di non tornare senza nessuna ferita, prima o poi dovrai combattere con il rischio anche di non riuscire nemmeno a tornare. Quanti soldati morivano ad ogni conflitto? Qualcuno, in un duello, ci doveva lasciare le penne e quando due persone con il fucile si incontrano, nove su dieci torna a casa quello più veloce a centrare il bersaglio giusto. Pretendeva di fare per caso una cosa così grande senza far male a nessuno? O avevo capito male io, oppure era abbastanza ingenua. « Forse. » Feci spallucce. « Una persona può anche esser stata fatta entrare in un gruppo con l'inganno ed essere di carattere o mentalità opposta, puoi avere ragione. Oppure ci entra per necessità ed è costretta a fare cose che non vorrebbe. » Quante volte le persone si affidavano agli individui sbagliati perché non potevano fare altrimenti e poi compievano gesti sui quali non riuscivano a prendere il sonno? Se ne sentivano troppi di quei casi. Comunque la conversazione non avrebbe portato a niente se Yami non avesse avuto il pensiero di una persona che avevo incontrato.
    « Oh, intendi Mari? La ragazza con le mani di forbice, dico. » Ecco, poteva essere qualcosa. Andai a cercare il telefono dalla tasca per appoggiarlo sul tavolo e sbloccare lo schermo.
    Lasciamo stare il fatto che io sia una persona estremamente narcisista ed abbia uno sfondo con una foto di me stessa da non poter mostrare a chiunque ed in pubblico - senza però risultare troppo volgare, presente il vedo non vedo? Ecco -, andai verso la rubrica. « In realtà sì. Prima di farmi portare sul sito del recupero che mi aveva chiesto, le avevo domandato un contatto per quando sarei stata pronta e mi ha mandato un messaggio. » Un singolo punto, ad essere sincera. Meglio di niente. « Fammi vedere, fammi vedere...eccolo lllì. » Appena trovato, misi il telefono a metà strada tra me e Yami mostrando il contatto che avevo per l'appunto salvato. Non lo avevo più usato ma lo avevo tenuto per caso, pensando che magari un giorno avrebbe potuto chiedere di nuovo di me ed io l'avrei riconosciuta subito. « Se non ricordo male, lei era una di quelle persone che si erano fatte arrestare ma non so se il suo telefono lo hanno tenuto i suoi compagni o no. In teoria ti dirò di più, mi avevano contattata sul profilo di...lavoro e sono stata anche ad una delle loro basi, non so se l'hanno abbandonata dopo quel giorno. »
    Mi appoggiai allo schienale, incrociando le braccia sotto al petto per lanciarle un'occhiata curiosa. Aveva in mente qualcosa per loro? Non sapevo quando l'idea di andare contro al corteo anti-mutant avesse ingraziato quel gruppo agli occhi di Yami, se però poteva essere uno sprono a non gettare la spugna allora ci sarei stata con tutta me stessa. Forse potevo aver dato una piccola scintilla senza volerlo...? « Ti è venuto in mente qualcosa? »

    Keep them longing,
    make them plead.

    SCHEDA | VILLAIN | CRONOLOGIA | #LIVELLO 6

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