Sembrava aver avuto un minimo di successo nel rendere tranquillo Masao. Almeno così gli pareva di scorgere tra i sorrisi che faceva e le rassicurazioni che restituiva, anche se non poteva negare di sentire un velo di malinconia sopra le sue parole. Non doveva essere un bell'argomento da rinvangare, non doveva essere un bel momento per lui in ogni caso. Ritrovarsi smarriti in una strada dove tutte le vie sembrano avere conseguenze e problemi di sicuro non aiutava ad affrontare anche un passato doloroso. Ancora una volta esitò nel parlare della scomparsa di sua madre, per fargli capire che in un certo senso poteva comprendere la sua pena. Ma ancora una volta si fermò, chiedendosi se si potessero veramente paragonare. Per quanto i maggiori aspetti della propria ed altrui vita si potessero misurare su una metaforica bilancia per sommariamente confrontarli, quando era morta la signora Sazama lui non era riuscito a metabolizzare l'accaduto in nessun modo. Ma il padre di Masao era morto per una sventura o chissà che altro, mentre Miya Sazama per una causa naturale che nessuno poteva prevedere. Forse a lui non sarebbe capitato lo stesso destino sempre si fosse ricordato di andare agli esami di controllo, ma anche se quel giorno aveva perso molto non aveva acquisito come molti la capacità di potersi relazionare col prossimo. Non riusciva ad accettare che proprio lei se ne fosse andata via per un motivo così stupido, così improvviso, così illogico.
Su, sono sicuro che ce la farà. - In una specie di saliscendi dalla sedia, Kishou tornò in piedi per stringere la mano energicamente al signor Suzuki. Non era una cosa che si faceva spesso in Giappone ma aveva spesso avuto a che fare con persone con diversi tipi di educazione che la consideravano un saluto tra uomini decisamente migliori di un mesto inchino. Magari gli avrebbe fatto un po' di forza e la sua esuberanza gli avrebbe fatto dimenticare per un attimo i discorsi precedenti, anche se dubitava potesse essere così. L'offerta che seguì un po' lo fece rimanere perplesso e ci pensò su un attimo, indeciso sul da farsi. Era un po' diverso da Hector che non centrava niente con la sua vita professionale, mentre lui era proprio un cliente. Immaginava che a Tokyo si fosse un po' più libertini anche sotto queste relazioni?
Non rifiuterò un'offerta così gentile. Mi mandi un messaggio quando può, il mio numero ce l'ha. Proverò ad essere disponibile. - Gli avrebbe sorriso affabilmente, mentre il cliente si girava per andarsene. Sembrava ci fosse qualcos'altro che il biondo volesse dire sotto quelle parole di cortesia, come se ci fosse un peso che non riuscisse a sputare. Ed un po' si chiese se fosse qualcosa riguardo la licenza che non gli aveva detto, come facevano molte persone con il proprio avvocato. Era strano sentirsi trattato con diffidenza quando ci si dedicava anima e corpo a garantire la vittoria dell'individuo. Ma anche se Masao gli stava nascondendo qualcosa, gli aveva raccontato solo bugie od era solo un perditempo, non gli importava molto. Gli venne in mente ciò che il suo primo superiore gli disse quando gli chiese un'importante domanda sul mestiere: come si fa a difendere un uomo colpevole? La risposta gli rimase sempre nella mente, anche perché non era mai stato chiaro di capirla fino in fondo. "Non lo so, perché non so chi è colpevole. Il mio lavoro è capirlo alla fine del processo". Quella persona era sempre stata decisamente particolare anche per gli standard di un avvocato.
Alla prossima, signor Suzuki. - E la porta venne chiusa dalla sua mano, mentre quello studio cessava di esistere e diventava una semplice stanza. Il suo pensatoio personale, un luogo dove c'erano infilati pensieri oscuri tanto quanto positivi. Quella lezione gli era sempre sembrata senza senso. Se non è chiaro chi è il colpevole e chi l'innocente, esistono veramente questi due lati?
my job is to find the truth
no matter how painful it is
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