Justice signed in scarlet

La fronte si corrugò in un'espressione afflitta, mentre quel discorso che era uscito mille volte dalla bocca di Shinjiro gli entrava in testa con una certa disperazione. Kishou sapeva che quel suo desiderio di voler rendere il mondo perfetto e senza sofferenza era estremamente infantile, più che arrogante. O perlomeno era la sua parte più logica a ricordargli che un mondo perfetto non esisteva in ogni caso. Ma una città priva di alcun problema poteva esistere? Poteva almeno riuscire in quel piccolo ma gigantesco intento? Al contrario del cuoco, quell'avvocato non aveva idea di come funzionassero le cose lì a Tokyo. Non conosceva il modo di pensare dei suoi abitanti, così desiderosi di giustizia. Non sapeva che lì non erano solo i criminali dichiarati a muovere strani fili per la città, ma anche loschi industriali che sembravano all'apparenza voler fare del bene alla città. Ovviamente ci abitava da quasi un anno, ma non ci aveva ancora veramente vissuto.
E' un pensiero molto triste, ma cercherò di tenerlo a mente. - Mentre lo diceva si toglieva quella malinconia dal volto che non faceva per lui, che non voleva che qualcuno vedesse, tornando alla serietà. Si passò una mano sul petto come se gli facesse male. Era sbagliato sentirsi tristi per una cosa del genere, mentre proprio quello che voleva combattere continuava ad espandersi e molta più gente continuava a soffrire. Si chiedeva se quel senzatetto lo avrebbe denunciato veramente alla fine e un po' il panico si fece strada nel suo cuore, pensando che effettivamente quella stretta sul collo avrebbe portato a qualcosa se qualcuno avesse deciso di ascoltarlo. Ma in quel momento non si sentiva in colpa per quell'uomo di mezza età, più che altro nei confronti di Joule che aveva avuto il compito di calmarlo. Farsi aiutare sempre da gente inaspettata era probabilmente il suo marchio di fabbrica.
Non so se approvare questi metodi, ma non credo di poter essere in posizione di giudicare. Però mi sembri una persona che ha passato molto. - Commentò, dopo la fine del discorso di Shinjiro. Non sapeva chi fosse questo strano vigilante mascherato né perché avesse deciso di sembrare un terrore notturno nell'intento di proteggere gli altri (sempre fosse quello), però c'era qualcosa che con le sue abilità di osservazione era riuscito a capire. Quello che aveva detto non era un idealistico discorso di chi voleva cambiare le cose ma decisamente qualcosa che aveva provato sulla sua pelle e che forse non gli era riuscito. Che fosse veramente un Pro-Hero in pensione? Una persona che aveva subito un torto e che cercava vendetta in quel modo? O più semplicemente uno spirito libero che voleva fare del bene in modo poco ortodosso? C'erano tante possibilità tante quante le pagine all'interno di una libreria.
Se non applicassi le punizioni che ritengo giuste per gli altri sarei ancora più ipocrita, heh. - Avrebbe ribattuto, probabilmente sembrando un masochista in quel momento considerato il mezzo sorriso che aveva in viso. Ma l'essere giusti una lezione che gli aveva impartito il vigilante di fuoco, anche se probabilmente la sua intenzione non era quella di farlo diventare un autolesionista. Se era lui il primo a distribuire "giustizia", come avrebbe potuto guardarsi lo specchio senza riceverla a sua volta? Le maniche coprivano e toccavano appena quelle ferite che gli facevano male e che pizzicavano non appena il tessuto le sfiorava. Probabilmente se ne sarebbe pentito amaramente tra qualche ora. Raccolse quella valigia da terra, non osando aprirla. Probabilmente il contenuto era stato danneggiato ed era solo merito del Quirk che non si fosse spaccata in due. A quella valigetta ci teneva ma l'aveva gettata con tanta facilità in quel momento di rabbia. Strinse la mano sul manico mentre ondeggiava a destra e sinistra seguendo i suoi passi.
Uhm, grazie. - Non sapeva bene cosa aggiungere in quel caso, perché offrirgli una crema contro il mal di schiena non gli sembrava il caso. E c'erano un sacco di cose che voleva chiedergli, ma allo stesso tempo si vergognava di dire e sembravano anche fuori luogo. Il tragitto sarebbe infatti risultato silenzioso per entrambi, soprattutto ora che erano appena usciti da uno scontro breve e che non aveva avuto alcun significato. Era come avere litigato con un compagno di classe e poi dover ripercorrere la strada per casa assieme. Così tanti dubbi e così tanto che non sapeva che lo spaventava. La luce fu per lui il segno di salvezza e di ritorno al normale, al vero Kishou.
Capisco. Sperando non stia facendo qualcosa di sciocco... - Mormorò qualcosa tra sé e sé, guardando un'ultima volta quel tizio scheletrico. Aveva paura di camminare di nuovo nella strada principale. Tutti gli occhi della gente su di lui, il suo vestito sgualcito e vagamente bruciato. Non poteva nemmeno restare lì in quel vicolo buio, non faceva per lui. Vedere il mondo in grigio faceva veramente schifo.
Spero un giorno di restituire questo favore... Anche se non penso ci incroceremo di nuovo. Eviterò di passare di nuovo da qui, sinceramente. Addio, Joule-san. - Guardo quindi l'uscita, prima di fare un passo in avanti e cominciare a rientrare nel fiume di gente di Tokyo. Avrebbe giusto aspettato che il ragazzo gli restituisse il saluto, forse per quella cortesia così radicata nella sua mente. Ma non si sarebbe voltato, non voleva rimettere lo sguardo in quell'abisso che si trovava tra le ombre e le orbite vuote della maschera del vigilante. Non era una persona che poteva fare quelle cose come il suo precedente avversario. Ed eppure si chiedeva come mai quelle luci gli dessero la nausea, ora che ci camminava di nuovo.

KISHOU SAZAMA

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