Improvvisarsi critici d'arte.

Role || Desmond e Masao

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    Slot normale per Desmond, extra per Masao.


    Masao Suzuki
    Masao Suzuki era sempre stato il tipo di persona che preferiva i cani ai gatti.

    I cani sono creature dirette. Semplici. Fondamentalmente felici di essere al mondo. Apprezzano il cibo, l'esercizio fisico, la compagnia, e non si fanno mai problemi ad esprimere affetto ed esternare i loro bisogni con abbaiamenti e scondinzolamenti.
    I gatti, di contro, sono più introversi. Criptici. Si fanno accarezzare, e due secondi dopo ti graffiano a caso! I loro comportamenti seguono logiche misteriose e incomprensibili. Più che amare i loro padroni, pare che a stento li tollerino. Anziché esprimere affetto, trasudano fastidio.
    Masao Suzuki sapeva di non avere una grande affinità per i felini, però stava provando a capirli meglio. A comprendere come comunicare con loro nella maniera più corretta.
    Ad esempio, aveva imparato che offrire da mangiare a un gatto può portare solo a due risultati: o l'animaletto prende il cibo senza nemmeno un grazie, come se il regalo gli fosse dovuto, oppure rifiuta il gesto con gran sospetto, giudicando l'offerta troppo bella per essere vera.
    Se vuoi farti apprezzare da un gatto devi agire in maniera più sottile.

    Ragion per cui non aveva messaggiato Desmond con un semplice "hey, ti va di venire a questo museo?" Le domande dirette non vanno bene, perché mettono l'altro sotto pressione e impongono la necessità di una risposta. No, quando lui invitava Desmond ad andare da qualche parte era sempre in maniera più implicita, tipo:

    Pensavo di andare al Sato Fine Arts Center questo weekend, fanno tipo uno spettacolo di luci e il posto si illumina tutto

    Prendo dei biglietti anche a te se ti va.


    A Desmond andava di passare un pomeriggio al Sato Fine Arts Center, ragion per cui ora Masao si trovava sotto casa sua ad aspettarlo — in giacca e cravatta, come testimonia la pic a fianco. C'è una spiegazione, davvero, non stava cercando solo di fare colpo.

    È che Desmond era un gran nerd, ma era Masao quello con la laurea in arte — e quando Desmond l'aveva scoperto, lo aveva semi-costretto a fargli da guida nelle gallerie d'arte di Tokyo. In quelle occasioni aveva iniziato a vestirsi tutto serio come l'inglese, così potevano fingere di essere gran critici d'arte. Indi oggi, come da tradizione, si era messo in tiro.
    Gli occhiali finti che al momento riposavano nel taschino, però, erano una novità. Come era una novità il fatto che stesse aspettando l'inglese seduto su una moto gialla e dall'aria moderna, che faceva assai a pugni con la sua immagine così formale.
    Quello era stato un acquisto ispirato e approvato dalla sua nuova amichetta Laguna incontrata in una scena che dobbiamo ancora aprire per problemi organizzativi ma abbiate fede.

    (Si era preso una Suzuki Vanvan, tra parentesi, una moto lenta ma leggera e con tanto spazio per scarrozzare la gente in giro. Gli piaceva che avesse il suo stesso cognome, già si stavano simpatici.)

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    Desmond Archisorte
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    Masao aveva imparato a conoscere un certo gatto nero pigro e diffidente e la sua tecnica per avvicinarlo, come preventivato, aveva funzionato.
    E così quel pomeriggio Desmond era pronto a farsi guidare al Sato Fine Arts Center per assistere a una delle maggiori attrazioni della galleria d'arte, lo spettacolo di luci e Quirk in grado di affascinare chiunque, che fosse davvero in grado di comprendere ed apprezzare le altre opere esposte o meno.
    «Ciao, Masao.»
    Aveva accolto il biondo che lo aveva raggiunto sotto casa con un movimento della mano, per poi impiegare qualche secondo di troppo ad elaborare ciò che aveva davanti: oramai si era abituato a vedere Masao in qualcosa di diverso dalle solite giacca e cravatta — soprattutto da quando si era licenziato dal lavoro da impiegato — ma quella moto era decisamente nuova.
    «È... molto da te» Leggasi: molto gialla «Mi piace, ti si addice.»
    Era sincero, era un mezzo agile adatto all'esagitato uomo della caffeina, poi però un enorme dubbio: sapeva guidare, vero? Cioè, per essere lì aveva sicuramente la patente, ma era in grado di non ammazzarsi su un mezzo in grado di sfrecciare nel confusionario traffico di Tokyo? Non aveva ancora intenzione di morire.
    «Dobbiamo andare... con quella.»
    Non voleva mettere in dubbio le capacità del biondo, ma non poteva fare a meno di essere un filo preoccupato per la propria incolumità.
    «Forse è meglio così, ci si impiega meno che con la metropolitana.»
    Un debole tentativo di addolcire la pillola, non voleva offenderlo e un po' si sentiva sinceramente in colpa per la propria diffidenza.
    «Avremo comunque tempo per guardare la mostra, prima dell'inizio dello spettacolo dell'architetto che manipola il vetro» Si poteva chiamare spettacolo o era offensivo nei confronti dell'arte-che-non-era-spettacolo? «Pare che lì dentro ci siano un sacco di sculture strambe e roba concettuale.»
    Sarebbe stato un sacco divertente improvvisarsi un critico, più la roba che avevano davanti era incomprensibile e più le spiegazioni fuffa potevano risultare credibili.

     
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    Masao Suzuki
    Masao Suzuki era sempre stato il tipo di persona che preferiva i cani ai gatti. Sarà che lui stesso era molto canino in certi atteggiamenti — come quel modo che aveva di rizzare il capo e le orecchie nel sentirsi chiamare, non dissimile dal modo in cui reagiva Ikiru quando Shinji entrava in casa. Se avesse avuto una coda avrebbe scodinzolato.

    "Ah, Des."

    Non l'avrebbe mai ammesso a voce alta, ma sotto sotto apprezzava che Desmond avesse ignorato tutti i suoi deboli "preferirei Tachibana" iniziando per pura ripicca a usare Masao, appellativo solitamente confinato alle urla di sua madre e della sua ex.
    Gli faceva battere il cuore sentirsi chiamare così.

    "Grazie! È che ho pensato avendo un mezzo posso iscrivermi ai siti per fare il rider e cose così, almeno mi tengo impegnato mentre decido cosa fare della mia esistenza."

    Probabilmente era la prima persona straricca che decideva di fare il rider nella vita, ma il concetto di "avere dei soldi" continuava a sembrargli così... Assurdo. E poi si stava già annoiando, ora che non aveva più un lavoro.

    "Dobbiamo andare... con quella."

    Un attimo di esitazione. In realtà non avrebbe mai osato proporlo personalmente, perché dava per scontato l'altro avrebbe detto di no e non voleva creare disagi. L'inglese, però, pareva aver già deciso che sarebbe stato sgarbato non salire sulla moto, sebbene non paresse troppo convinto della sua scelta.
    Ed era una cosa carinissima, davvero.

    "Se hai paura possiamo andare in metro, so... Di non sembrare un guidatore affidabile." Mormorò a testa bassa. Davvero, non biasimava Desmond per i suoi dubbi. "Però giuro che non ho mai fatto un incidente in vita mia, il traffico di Tokyo è una melma e non potrei fare lo spericolato neanche volendo."

    Mise giù il cavalletto e scese dal mezzo. Non negava che un po' ci aveva sperato di scarrozzare Desmond in giro prima o poi: portare la gente in giro in cambio di abbracci era il motivo principale per cui si era preso una moto. Ma non si aspettava di farlo ora subito adesso. Non era psicologicamente pronto.

    Coscienza: Masao respira.

    Aprì il baule sul retro, recuperando il secondo casco. Almeno in quello era preparato.

    "E poi se cado rimbalzo, in caso di incidente ti faccio da airbag," concluse con un debole sorriso, piegando una gamba e sollevando le braccia per offrire, come fosse una corona, il casco di riserva.
    Che ovviamente era giallo.

    "Ho dato un esame di arte concettuale e moderna all'università," annunciò con un certo orgoglio, gonfiando il petto. "E l'ho fallito tre volte." Con altrettanto orgoglio, sollevò tre dita a sottolineare il suo triplice fallimento.

    "È la prima volta che sali su una moto?" chiese mentre anche lui si allacciava il casco, al momento appeso al manubrio. Doveva spiegargli come fare il passeggero? Era semplice, davvero: doveva solo sedersi dietro di lui e stringerlo forte. Nel caso gli avrebbe dato tutte le istruzioni e rassicurazioni che voleva, e poi...

    Boh, se non c'era altro da dire per lui potevano anche andare. Bunkyo era a due passi da Ueno, ergo il viaggio sarebbe stato breve, liscio e tranquillo, davvero.
    Un po' perché ci teneva a fare bella figura.
    Un po' perché trovarsi un Desmond appiccicato addosso avrebbe ucciso le sue poche capacità cerebrali.

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    Desmond Archisorte
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    Non voleva sembrare scortese agli occhi di Masao con tutta quella titubanza, sia mai che credesse che non si fidava di lui e delle sue capacità di guida, solo che... non si fidava, era innegabile.
    Però nemmeno poteva fargli un simile torto, no? Aveva trovato il coraggio di utilizzare il proprio Quirk nonostante soffrisse di emofobia, di affrontare un terrorista e ora si doveva lasciar intimorire da una moto? Mai!
    «Andiamo in moto, non avrebbe senso perdere più tempo del dovuto.»
    Un sorriso che voleva essere rassicurante.
    «Sei qui vivo e vegeto a parlarmi di quanto sei un pilota virtuoso, devi esserlo sul serio.»
    Era abbastanza convincente?
    «Oh, è molto giallo» Prese il casco che l'altro gli stava porgendo con fare tanto teatrale, non prima di essersi arrotolato i capelli nel bun tattico che utilizzava per farli sparire sotto al casco di Ichór che poi non era così differente da quello di una moto «Questi sono dettagli importanti.»
    Una mezza risata, apprezzava davvero che il casco fosse dello stesso colore del veicolo, faceva capire che il proprietario ci teneva.
    "Ho dato un esame di arte concettuale e moderna all'università"
    Scoppiò a ridere apertamente, sapendo benissimo che l'altro non si sarebbe offeso di fronte a quella che poteva sembrare una presa in giro.
    «In questo modo sai il triplo delle cose, non potevo sperare in una guida migliore.»
    Rettifica: lo stava prendendo in giro sul serio.
    «Sì, sono già stato su una moto, ma ammetto di preferire mezzi più... stabili, con almeno quattro ruote e un abitacolo.»
    Per la cronaca, per quanto fosse capace odiava anche andare in bicicletta, era troppo faticoso e arrivavi a destinazione sempre sudato.
    «Andiamo.»
    Era convinto, potevano andare in moto, e pur nella peggiore delle ipotesi — in caso di morte, quindi — i suoi videogiochi sarebbero andati ai ragazzi dell'ospedale, l'aveva già lasciato detto a Shinji una volta in cui la sbornia triste aveva colpito fortissimo.
    Si sistemò per bene il casco, attese che Masao prendesse posto e poi si sistemò a sua volta su quella gialla trappola mortale, stringendosi all'altro in modo da non cadere alla prima curva.
    «Dimmi se ti do fastidio.»
    Tipo nel momento in cui avrebbe stretto la presa attorno ai fianchi dell'altro, spaventato dalla prima frenata.
    Ma era tutto a posto, si fidava di Masao.

    Erano arrivati a destinazione sani e salvi, ancora tutti interi, la moto molto gialla era stata parcheggiata in un apposito spazio e ora il Sato Fine Arts Center era di fronte a loro.
    «L'architetto che ha progettato questo posto riesce davvero a manipolare tutto quel vetro?»
    Era tanto vetro e l'uomo doveva avere delle abilità non indifferenti, con il naso rivolto verso l'alto in direzione dell'edificio, Desmond era sinceramente curioso di assistere all'evento e ai giochi di luce che quel giorno avrebbero fatto parte della visita.
    «Immagino abbia un patentino per l'uso lavorativo del Quirk.»
    Un borbottio rivolto più a se stesso che all'altro mentre continuava ad osservare incuriosito il luogo.
    «Ci si improvvisa critici d'arte anche questa volta, vero?»
    Non vedeva l'ora di cominciare quel viaggio tra le stranezze contemporanee dell'arte.

     
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    Masao Suzuki
    Anche Desmond che si raccoglieva capelli era un dettaglio importante, a cui Masao dedicò un paio di occhiate di sottecchi mentre si allacciava il casco con finta nonchalance.
    A volte si chiedeva come Desmond ancora non avesse notato di avere un ammiratore segreto. O lui era un campione mondiale nel fissare la gente di nascosto, o il geniale detective dal grande spirito di osservazione non era poi così geniale quando si trattava di misteri legati alla sua persona.

    "Dimmi se ti do fastidio."

    ...Decisamente la due.
    Si piegò all'indietro voltando il capo verso Desmond, una mano casualmente poggiata sul braccio che gli cingeva la vita.

    "Ma come, ti sei già dimenticato il mio scandaloso segreto?" Era abbastanza sicuro di avergli confessato, da ubriaco marcio, che a lui il contatto fisico piaceva — una rivelazione scottante che rovinava totalmente la sua immagine da bravo giapponesino timido e riservato.

    "Stritolami quanto vuoi."

    E detto questo, avviò la moto.
    Se Desmond non era capace di cogliere certi segni, lui avrebbe provato ad essere più esplicito, ecco. Non aveva paura di essere rifiutato: se persino un uomo come Shion ci aveva provato con lui, significava che non faceva poi così schifo come essere umano. I tuoi piani ti si ritorcono contro, Sapph.
    Cosa gli aveva detto la sua life coach, aka Midori? "Devi iniziare a sentirti a tuo agio intorno a lui. Fai un pochino il sostenuto. Mostrati simpatico e interessante. Non fargli vedere che proprio guarda cioè senza di te non vivo omg". Parole da rigirarsi nella testa mentre guidava, cercando di non fare troppo caso alle braccia che lo cingevano, a quella pressione contro la schiena, al mero concetto di essere così vicino al tipo che gli piaceva.

    Fortuna che a lui guidare calmava molto. Si trovava a suo agio in situazioni in cui le cose accadevano velocemente, richiedendo la sua costante attenzione, permettendogli di concentrarsi sul qui e ora e ignorare i mille ripensamenti della sua testolina ossessiva. Fu un viaggio breve, andò tutto liscio, e meno di mezz'ora dopo arrivarono al Sato Fine Arts Center, caschi nel baule e moto parcheggiata e lucchettata in un posto sicuro.
    Tempo di dirigersi verso l'entrata.

    "L'architetto che ha progettato questo posto riesce davvero a manipolare tutto quel vetro?"

    Le prime volte che aveva accompagnato Desmond ad un museo, Masao l'aveva seguito con aria timida e sperduta, camminandogli dietro come uno scolaretto che segue la maestra. Erano cambiate così tante cose, da quelle prime uscite a cui ripensava con imbarazzo — farfalle, coming out, licenziamenti, amici malati, soldi trovati sotto il pavimento.
    E tra un casino e l'altro, aveva imparato a camminare al fianco dell'inglese a testa alta.

    "Forse c'è una qualche maglia o un elemento particolare nel vetro che lo aiuta a indirizzare il suo quirk?"

    Tipo il tessuto che aveva integrato nella sua suit per poter assorbire e direzionare l'energia degli urti subiti. Se ce l'aveva fatta lui seguendo tutorial su Youtube, poteva farlo anche un architetto.

    "Certo che faremo i critici d'arte, sono venuto preparato."

    Sfoderò i suoi occhiali fintissimi dal taschino e se li mise sul naso, rivolgendo all'inglese un sorriso compiaciuto.

    "Come sto?"

    Era carino? Magari anche vagamente affascinante? No.

    "Visto che non siamo morti, comunque?" Un lieve inchino, una mano al petto. "Se vossignoria ha apprezzato il viaggio, la prossima volta vengo a prenderla da lavoro in moto."

    Dopo che era stato aggredito da quella screanzata di Tachikawa, l'aveva aspettato più di una volta fuori dal museo per accompagnarlo a casa. "Passavo di qui per caso e ho deciso di aspettarti", gli aveva detto le prime volte, ma dopo la sesta volta che passava di lì per caso anche Desmond aveva probabilmente capito che veniva lì apposta.
    ...O almeno sperava.

    "Anche se dovresti davvero smetterla di farti pestare dai ragazzini mentre torni a casa. Che poi scusa, non hai un tuo esercito personale di bambini? Non puoi chiedere che ti facciano da garante? Fatti scrivere una lettera che conferma che sei..." Agitò una mano con aria vaga. "Sotto la protezione del popolo dei bimbi dell'ospedale, non so."

    Un'altra cosa che aveva imparato a fare era punzecchiare l'inglese, visto che il musone preferiva comunicare a insulti e frecciatine.
    Vah quanto character development che aveva avuto dietro le quinte tra una scena e l'altra, eh?

    "Ah, parlando di bambini..." Si portò una mano alla bocca, invitando Desmond a chinarsi per sussurrargli, con aria cospiratoria: "Posso portare dei sassi di cioccolata a Goro? C'è qualche regolamento in ospedale sul cibo portato da fuori? E se sì, quante possibilità ho di eludere i controlli con la mia finta aria da bravo ragazzo?"

    Mentre attendeva risposta, diede i biglietti al controllore all'ingresso del museo.

    Scheda Vigilantes Bloodpact Livello 6


    Assenza spaventosa segnalata in assenze, abbiate pietà.
     
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    Desmond Archisorte
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    Desmond si considerava un individuo dal più che discreto spirito d'osservazione, pronto a cogliere gesti e cambiamenti nelle persone che lo circondavano, ma se si parlava di indizi riguardante la sfera sentimentale — soprattutto se la propria vita sentimentale — diventava ricettivo come un muro.
    Quindi no, non aveva ancora compreso le intenzioni di Masao.
    «Magari è scomodo per guidare.»
    Un borbottio vagamente piccato in risposta a quelle parole, ricordava benissimo quanto all'altro piacesse il contatto fisico, semplicemente, come diceva un certo professore, c’è tempo e luogo per ogni cosa, ma non ora.
    Quindi aveva semplicemente relegato quei momenti di contatto umano alle serate che terminavano in ubriachezza e gente che dorme sul divano.

    Il viaggio era stato rapido e senza grossi problemi, aveva giusto stretto la presa attorno alla vita dell'altro un paio di volte temendo di finire per terra o disarcionato da quella gialla trappola mortale, eppure ora... era vivo e vegeto, sulle proprie gambe, davanti al museo.
    Un buon inizio.
    No, dai, doveva riconoscerlo, Masao era effettivamente bravo a guidare.
    «Uhm, in effetti avrebbe senso se avesse una sorta di amplificatore che lo aiuta a gestire tutto quel vetro...» Tornò col naso per aria, tutto intento a osservare l'edificio «O magari fa... tutto questo da una vita e lo si potrebbe paragonare a un Pro-Hero, in quanto a esperienza.»
    Era comunque un modo interessante per utilizzare le proprie capacità al servizio della comunità.
    "Come sto?"
    Interruppe la propria contemplazione della struttura esterna del museo, tornando con i piedi per terra, sentendo le parole dell'altro.
    «Ti danno un'aria molto intellettuale.»
    Non gli stavano male, era solo un po' diverso dal solito Masao.
    «Apprezzo la tua preoccupazione, ma non è necessario» Gli faceva piacere tornare a casa in compagnia, non era così irriconoscente, eppure allo stesso tempo... «Credo di essere un bambino abbastanza grande per tornare a casa da solo.»
    Un sorrisetto vagamente di scuse, sapeva benissimo quanto il biondo lo sopportasse volentieri e apprezzasse la sua compagnia — la cosa era reciproca, ovviamente — ma non voleva pesare sugli altri e soprattutto rinunciare alla propria indipendenza che si manifestava anche in quei piccoli gesti come camminare per conto proprio tra il luogo di lavoro e la fermata della metro, il semplice potersi fermare a fare qualche commissione, ad acquistare un libro usato oppure un nuovo videogioco.
    Senza contare che passava le proprie giornate in mezzo alle persone, condivideva i propri spazi vitali con un coinquilino, spesso mangiava assieme agli altri clienti abituali del Kagejikan e, in breve, il tragitto che gli consentiva di andare a tornare dal lavoro erano gli unici momenti che poteva passare con i propri pensieri, da solo.
    «Come se fosse colpa mia» Per una volta poteva affermare con assoluta certezza e totale mancanza di vittimismo che erano sempre gli altri a cominciare «Ho davvero l'aria da criminale? Io mi limito a difendermi.»
    Un lieve sospiro.
    Forse e sottolineo forse alla fine si divertiva con quelle bizzarre lezioni di vita da strada, ritrovandosi nella figura dell'insegnante in una accezione diversa da quella dell'immaginario collettivo, ma non l'avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.
    «Questa è un'ottima idea!» Eccolo mortalmente serio per un argomento tutt'altro che importante come solo lui sapeva fare «Posso chiedere, sono sicuro che nessuno avrà il coraggio di prendersela con un ambasciatore del prestigioso Popolo dei bimbi dell'ospedale.»
    Annuì con fare convinto, come se stesse seriamente prendendo in considerazione la faccenda.
    «Sono sicuro che anche tu potrai avere un posto di prestigio all'interno della nostra società.»
    Poco a poco aveva introdotto i suoi (pochi) amici ai ragazzini dell'ospedale, facendoli conoscere ed interagire, in modo da rendere sempre più stretto attorno a sé come una morbida coperta che lo avvolgeva quel piccolo mondo che amava; ai piccoli pazienti faceva bene incontrare individui diversi dai soliti volti noti dei volontari e Shinjiro, Masao e Jason tutto sommato sembravano sopportare di buon grado le sue richieste di accompagnarlo a trovare i ragazzi.
    «Eh?»
    Cogliendo il movimento dell'altro, si chinò verso di lui accorciando il divario d'altezza che li separava.
    «In teoria non si può portare cibo dall'esterno perché rovini l'appetito ai ragazzi, scombussoli qualche dieta speciale o chissà cos'altro, ma in ogni caso il problema non si pone perché Goro odia la cioccolata.»
    Uno dei vantaggi (o svantaggi?) di un ragazzino con una particolarissima forma di parosmia che, mescolata ad un Quirk di tipo mutant legato all'olfatto, lo portava a trovare disgustosi quelli che per le persone comuni erano profumi e gli rendeva irresistibile l'odore di... altro non per forza edibile.
    Quante volte gli avevano tirato a forza fuori dalla bocca del cotone idrofilo che secondo lui aveva un aroma unico.
    «Prova con il natto, auguri a non farlo individuare dalle infermiere e non contare su di me» Una mezza risata «Mi scoprono sempre quando porto qualcosa da mangiare e non dovrei.»
    C'erano un paio di persone che chiudevano un occhio o anche due di fronte al suo contrabbando di generi alimentari, ma più di una volta si era beccato una bella ramanzina.
    «Vogliamo andare?»
    Avrebbero avuto tutto il tempo che volevano, una volta all'interno del museo.

     
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    Masao Suzuki
    Masao Suzuki era sempre stato il tipo di persona che preferiva i picchiaduro ai puzzle games, ma immaginava che le notti che Desmond passava giocando ad avventure cervellotiche non fossero poi tanto diverse dalle nottate insonni che lui passava fumandosi sigarette in terrazzo, rigirandosi conversazioni immaginarie nella mente nel tentativo di far combaciare due personalità discordanti.
    Il jock esagitato e il nerd pigro. Dov'era il loro punto d'incontro? Lui voleva Desmond, ma l'inglese cosa voleva dalla sua vita? Tutto quello che aveva erano indizi e osservazioni frutto di serate ubriache, quando il ficcanaso abbassava le sue ferree difese contro l'altrui ficcanasare.

    Sapeva che Desmond era fuggito da una situazione difficile, e che si sentiva ancora fuori luogo lì in Giappone. Che era una persona orgogliosa. Che desiderava riconoscimenti e attenzioni per il suo operato, ma al contempo si chiudeva a riccio appena qualcuno gli prestava attenzioni. Ed era così difficile approcciarlo nella giusta maniera, bilanciando affetto e nonchalance onde non spaventarlo troppo.
    La strategia a cui era arrivato consisteva in due punti.

    Punto uno: frecciatine e sarcasmo, l'unico linguaggio che l'inglese sembrava essere in grado di capire. Un buon modo per dichiarare verità facendole passare come uno scherzo.

    "Oh, so benissimo che non è necessario, è che mi piace trovare nuove scuse per rapirti." Ammiccamento e gomitata amichevole. "Se pensi di essere un bambino grande in grado di affrontare da solo i vigilantes fastidiosi, allora me lo devi dimostrare."

    Punto due: diventare forte. Essere più sicuro, calmo, deciso. Il tipo di persona su cui ci si può appoggiare, la cui presenza provoca sollievo anziché stanchezza.
    Quella era la parte non semplice.

    "Aria da criminale?" Lo squadrò dall'alto al basso, una mano al mento. "Un po' sì. Però un criminale di quelli europei e affascinanti, da film di James Bond. Quelli che non vanno a picchiare l'eroe di persona, ma lo aspettano seduto su un trono mentre accarezzano un gatto con aria malvagia." Agitò un indice. "Quindi attaccarti in un vicolo è comunque inappropriato."

    Era sempre stato stranamente popolare con le ragazze, in virtù del suo essere estremamente beta: il tipo di fidanzato che segue pazientemente la ragazza mentre fa shopping, portandole le borse della spesa, e va a comprarle cioccolata e tamponi quando ha il ciclo. Non gli era mai capitato di essere la parte decisa di una relazione, ma per Desmond era pronto a diventare qualsiasi cosa.
    Perché anche se avrebbe fallito, sarebbe comunque diventato una persona migliore. Guardatelo, ad esempio, aveva iniziato ad andare a trovare i bambini in ospedale.

    "A Goro non piace la cioccolata?!" Espressione affranta di un bimbo europeo a cui hanno appena rivelato che non esiste Babbo Natale. Si prese qualche secondo per digrire il trauma, il capo chino.

    "È che avevo pensato... Di portargli del cibo a forma di oggetti, tipo le posate fatte di cioccolata, così poteva mangiare cose normale ma provando l'ebrezza del proibito." Ed evitare di azzannare le posate di plastica, magari. "Però se gli piacciono altri cibi più solidi del natto, tipo... Boh, il formaggio, potrei scolpirli io. Avrò pur studiato arte per qualcosa," borbottò. "Prossima volta lo interrogo sui cibi preferiti, così faccio una lista. In inglese."
    Determinazione. Rialzò il capo, stringendo i pugni.
    E si ritrovò a fissare l'enorme occhio di un fiore di plastica colorato.

    "Uh."

    La scultura che li accolse all'ingresso dell'esibizione era una pianta fiorita di almeno tre metri d'altezza, la superficie plasticosa dipinta ad allegri pois e un occhio gigante incorniciato tra i petali.

    "Beh, professor Archisorte." Si aggiustò gli occhiali, invitandolo ad osservare la scultura con un ampio gesto della mano. "Cosa ne pensa di questo raffinatissimo esempio di arte giapponese? Ne percepisce l'intento provocatorio? L'aspetto giocoso e giocattoloso che si fa inquietante quando portato a dimensioni anormali?"

    Annuì tra se e se, molto soddisfatto della sua analisi artisticamente approfondita.

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    "Se pensi di essere un bambino grande in grado di affrontare da solo i vigilantes fastidiosi, allora me lo devi dimostrare."
    Un'occhiata dall'alto in basso e un sorrisetto.
    «Mi stai sfidando?»
    Lui, Masao e Shinjiro talvolta si allenavano provando nuove applicazioni del Quirk o giusto per mantenersi in allenamento, ma se il biondo voleva fare sul serio non aveva che da chiedere: lo avrebbe reso uno scolapasta prima di ricucirlo col Quirk stesso.
    E non era sempre così competitivo, semplicemente gli amici (ed i nipoti, non aveva pietà neppure per loro quando si trattava di certi videogiochi di kart) non dovevano sfidarlo.
    Ridacchiò sentendosi paragonare a uno dei villain dei film di spionaggio, sistemandosi i capelli e fingendo poi di accarezzare un gatto invisibile.
    «Potrebbe essere un ruolo che mi si addice, è sempre meglio far fare il lavoro sporco agli altri mentre rimango a pianificare i miei loschi intenti su una poltrona comoda davanti al camino, con whiskey di qualità in un bicchiere e un gatto sulle gambe.»
    Sì, era proprio una gran prospettiva.
    «No, non portargli nulla che sembri altro all'infuori del cibo che sta mangiando»Il suo tono si era fatto improvvisamente serio, parlando di uno dei suoi giovani studenti all'ospedale «Infermieri ed educatori stanno facendo una gran fatica ad insegnargli a non mangiare cose non commestibili, a partire dalla forma.»
    Poi certo, era una faccenda tutt'altro che semplice, certi alimenti non avevano una forma o consistenza intuitivamente edibile — perché i marshmallow si potevano mangiare e la gommapiuma no? — ma anche se indirettamente Desmond non voleva contribuire a rendere ancora più complessa la situazione del ragazzino.
    «In ogni caso sono sicuro che apprezzerà il tuo tentativo di chiedergli quali sono i suoi cibi preferiti, soprattutto se in inglese.»
    Non voleva smontare del tutto l'entusiasmo dell'altro, ecco.

    Si trovarono di fronte ad una grossa pianta sotto LSD.
    O forse erano loro quelli sotto l'effetto di stupefacenti?
    «Mi trova d'accordo, professor Suzuki, abbiamo davanti un pezzo alquanto interessante.»
    Allenato da anni e anni di conferenze, l'inglese era diventato piuttosto bravo a inventare supercazzole sembrando incredibilmente convinto.
    «La forma ed il materiale ci riportano all'infanzia, allo stesso modo i colori, anche se l'occhio che pare osservarci stride terribilmente con l'aspetto giocoso complessivo» Un'occhiata di sbieco alla persona dietro di loro che si era fermata ad ascoltare i loro discorsi «In ogni caso farei attenzione ai dintorni, potrebbe svilupparsi un tratto di realtà alterata governato da una Strega.»
    E con la fortuna che si ritrovavano, loro erano quelli incaricati di combatterle per recuperare il Grief Seed.
    «Dobbiamo anche-- bloody hell
    Quelle cose nel corridoio di fronte a loro si erano mosse! Si stavano avvicinando! Zompettavano con fare orribile come un esercito di insetti fuori standard! Per fortuna aveva abbastanza autocontrollo o avrebbe rischiato di abbatterli a colpi di Quirk.
    «Mi sono preso un infarto
    Era legale che le opere d'arte si muovessero? Perché quella sorta di alberi umanoidi con un mappamondo al posto della testa ed un motore nello stesso tremolavano e si muovevano come facendo dei passettini in loro direzione.
    Agghiaccianti.
    «Questa mostra sta assumendo una piega horror... cosa ne pensa di queste nuove opere d'arte, professore? A me suggeriscono una vendetta della natura nei confronti dell'essere umano sfruttatore, come se fossero un'orda di zombie pronta a riprendersi i propri spazi.»
    Non avrebbe mai voluto affrontare gli alberi-zombie.

     
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    Masao Suzuki
    "Mi stai sfidando?"

    Domanda a cui rispose con un ghigno da schiaffi che grondava arroganza.

    "Oh, sì."

    Allenamenti di gruppo a parte, non gli era mai capitato uno scontro con Desmond — ma considerate le abilità altrui, non dubitava che avrebbe potuto facilmente avere la meglio. Non perché Desmond non fosse capace! È che senza qualcuno a fargli da scudo, un caster come Desmond sarebbe stato facile preda di un combattente fisico come Masao, che aveva l'agilità necessaria per schivare i suoi proiettili di sangue, sbatterlo contro un muro e ███ █████████ █████ ██ ████ █ ███ ████

    Ciao Masao, sono la tua coscienza. Passavo giusto a ricordare che questa non è una role NSFW, quindi le fantasie poco caste rimandale a dopo per favore.

    Okay torniamo a parlare di cose più serie e tristi tipo i bambini malati in ospedale.

    "No, non portargli nulla che sembri altro all'infuori del cibo che sta mangiando."

    "Va bene." Annuì con aria mesta. "Non faccio cazzate senza chiederti prima promesso."
    Un sospiro a capo chino. Un attimo di esitazione.

    "È che... Vorrei aiutare ma non so ancora bene come." Agitò una mano. "Ne parliamo meglio dopo nel caso."

    E con "dopo" intendeva "stasera e da ubriachi", perché dubitava che senza alcool sarebbe riuscito ad ammettere che...



    ...Che incontrare i piccoli pazienti di Desmond era stato un po' come prendersi in faccia una mattonata.

    I bambini gli piacevano, e aiutare gli altri lo rendeva sereno. Ma il suo Quirk era sempre stato l'unica parte di lui di cui era orgoglioso, e trovarsi in una stanza piena di persone affette da Negaquirk... Boh, lo aveva fatto stare male.
    Non riusciva a digerire che il suo più grande pregio potesse per altri essere una maledizione. Non capiva come si sentissero, non sapeva come aiutare.
    Ancora non aveva chiesto a Desmond se aveva mai pensato di uscire fuori dall'ospedale senza la maschera, durante l'attacco delle farfalle.

    Fortuna che davanti a lui ora c'era un'assurda opera d'arte, ed è molto difficile pensare a cose tristi quando una gigantesca margherita di plastica ti fissa con il suo occhio colorato. Un'opera che ci riporta all'infanzia, mh? Il collegamento con le streghe invece gli era poco familiare — un commento che accolse con un semplice cenno del capo. Più fissava quell'occhio di plastica, più pensava che...

    "Credo sia un invito a riconsiderare con occhi nuovi una realtà familiare," decretò, sbattendo le palpebre. "Una margherita è un fiore banale. Una presenza scontata in ogni giardino. L'idea che un fiore a cui a stento prestiamo attenzione sia interessato a osservare noi... È un'idea potente." Si voltò lentamente verso Desmond, guardandolo negli occhi. Fissandolo per un istante in silenzio. "Anche se abbiamo qualcosa davanti tutti i giorni non significa che lo stiamo guardando davvero."
    Poi una pianta nel corridoio iniziò a tremare.


    "Merda!" Sussultò, il cuore in gola, balzando indietro per lo spavento e quasi cadendo a terra. Non sapeva se Desmond tenesse il conto delle rare volte in cui Masao Diceva Le Parolacce, ma quella doveva essere era la terza o la quarta volta che si lasciava sfuggire un'esclamazione simile in un anno.

    "Ehm, volevo dire," si ricompose, più o meno. "Che opera inaspettata e imprevedibile."
    Una mano al cuore. Lunghi respiri. Il suo sguardo era ora fisso sul corridoio, in cui numerose... Opere d'arte tremolavano e vibravano producendo rumori inquietanti.

    "È interessante il fatto che pur producendo tanto frastuono, i loro movimenti siano assai limitati," azzardò. "Una riflessione sulla futilità del lavoro umano? Quelle sfere che sembrano quasi sorreggere, non hanno un che di Sisifeiano?" domandò con uno sventolar di mani, invitando il suo collega a continuare. Era lui l'esperto di arte greca, dopotutto.

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    Desmond Archisorte
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    Lasciò cadere il discorso allenamento e quello riguardante i suoi piccoli allievi rimandandolo a momenti più propizi, magari nella tranquillità di casa propria e con la compagnia di qualche bicchiere, non gli piaceva l'idea che qualcuno potesse cogliere parte di quei discorsi così personali.
    «Oh.»
    Ricambiò lo sguardo di Masao, ascoltandolo con attenzione.
    «Mi sembra una interpretazione... molto interessante.»
    Posò poi lo sguardo sulla margherita gigante, chiedendosi se un esemplare era diventato così spaventoso proprio perché era sotto gli occhi di tutti, tutto il giorno e tutti i giorni, ma al di fuori di quel museo e di quella trasformazione mostruosa nessuno si soffermava veramente ad osservare dei fiori piccoli e all'apparenza insignificanti.
    «Credo che però sia una prospettiva un po' triste, come se solo chi è grosso, spaventoso e colorato possa essere degno di attenzione.»
    Per qualche motivo, gli venne in mente Takeru il ragazzo che dipingeva ad acquerello nel parco, colui che si soffermava ad osservare gli alberi, li imprimeva sulla carta e cercava di non dimenticarsi di loro, soprattutto se erano piante che avevano la bizzarra tendenza a comparire dal nulla da un giorno all'altro.
    «Preferisco interpretarlo come un invito a non dimenticarsi delle piccole cose che ci circondano, che sia una margherita in giardino, un'amicizia che coltiviamo da molto tempo o una presenza che diamo per scontata al nostro fianco, sapendo che quando saranno... come quella, magari sarà troppo tardi e rimpiangeremo il tempo che non abbiamo dedicato a ciò a cui tenevamo.»
    Forse era una prospettiva ancora più deprimente di quella dipinta da Masao, ma bisogna ammettere che non era mai stato bravo a essere quello ottimista della compagnia.
    E no, Desmond non teneva il conto delle volte in cui sentiva Masao imprecare, ma la sua reazione gli era bastata per comprendere di non essere stato l'unico ad aver visto la morte in faccia al primo movimento dell'opera d'arte.
    «Decisamente imprevedibile.»
    Si ritrovò ad osservare con aria sospettosa quegli spaventosi alberi umanoidi che si muovevano per qualche secondo e poi parevano riposare immobili, per poi riprendere il loro tremolante incedere che non pareva guidato da un percorso prefissato o una destinazione.
    «Secondo te dobbiamo attraversare questa foresta da incubo?»
    Per forza, se volevano proseguire con la visita, il corridoio era un passaggio obbligato e i visitatori non potevano fare a meno di infiltrarsi tra quelle creature (circa) inquietanti per proseguire la visita.
    «Secondo me non può finire bene...»
    Un borbottio poco convinto, aveva giocato abbastanza videogames indie horror — tra cui uno proprio ambientato in una galleria d'arte — per non osservare con sempre maggior sospetto quegli alberi tremolanti che se si avvicinavano troppo erano pronti a farti a pezzi.
    Erano dei nemici, era ovvio.
    «Dei lavoratori oppressi dal sistema...» Degna dell'ex colletto bianco che aveva accanto, non c'erano dubbi, lui si era sempre ritenuto fortunato perché il suo lavoro gli piaceva e lo appagava, ma si rendeva conto di essere un'eccezione in un mondo di persone frustrate dal proprio impiego «Magari fanno lavori considerati semplici, poco qualificati e tutt'altro che stancanti, ma in realtà sulle spalle delle persone risultano pesanti come un masso che va spinto su per una montagna e al mattino sai già che sarà di nuovo a valle in un costante e inutile ripetere e ripetere quel lavoro fine a se stesso.»
    Un lieve sospiro.
    «Che prospettiva deprimente.»
    Meno male che era lui quello pessimista del gruppo.
    «Sai che una versione del mito vede Sisifo, un uomo incredibilmente scaltro ed intelligente, come il padre di Ulisse? Da un uomo noto per l'ingegno ne nasce un altro ancor più famoso per l'astuzia.»
    Poi certo, entrambi i personaggi potevano essere interpretati in modo non del tutto positivo, le loro azioni considerate borderline con la disonestà ed il puro guadagno personale, ma il bello della mitologia classica era proprio ambiguità di dei e mortali ben lontani dai racconti che devono far emergere una morale.
    «Aspetta.»
    Si girò appena ad osservare il biondo, piegando appena il capo.
    «Non sapevo conoscessi la mitologia antica occidentale.»
    Poi certo, Masao aveva studiato arte e sicuramente doveva conoscere qualcosa a riguardo ma... ricordava benissimo la perplessità di Shinjiro di fronte a figure ben più famose di Sisifo.

     
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    Masao Suzuki
    "Von Stuck," fu l'immediata risposta di Masao ai dubbi dell'inglese. "C'è un quadro di Von Struck di Sisifo che mi era rimasto impresso quando ho dato l'esame di arte occidentale. Non so molto di mitologia greca, ma ho studiato un sacco di opere che raffiguravano miti vari e mi ricordo un po' di aneddoti a caso. Vediamo se ritrovo il quadro..." Tirò fuori il cellulare dalla tasca e googlò l'autore in questione. Il gesto gli costò appena un paio di secondi, ma venne seguito da una lunga, lunghissima pausa.

    "...Uh." Un momento di esitazione, prima di inclinare lo schermo in direzione dell'inglese. "Beh." Non ricordava che il quadro fosse così... Nudo. Il Sisifo in questione aveva un volto assai inquietante e una carnagione verdognola, ma anche un fisico scolpito che non avrebbe sfigurato sulla copertina di qualche rivista zozza.
    "Ora capisco perché mi aveva colpito tanto."
    Momenti di profondissima, silente, imbarazzata contemplazione.

    "Nice ass," fu il suo commento conclusivo, sussurrato a mezza voce. Buoni motivi per imparare l'inglese: il potersi permettere certe battute senza venir origliato da altri.
    Si ricacciò il cellulare in tasca, rifilando all'inglese un'occhiata da "facciamo finta che non hai visto niente". Dopo aver esaminato il corridoio pieno di piante, si sfilò gli occhiali e relegò anche quelli a una vita nel taschino.

    "Ti proteggo io, Caster. Stammi vicino."

    Acchiappò un polso dell'inglese e si fece avanti, affrontando il corridoio infestato con il passo marziale di un soldato in missione. Privo dei suoi occhiali, in quel momento era un vigilante impegnato a proteggere un collega, non un critico d'arte.
    Eppure...

    "Potrebbero aiutarsi," mugugnò mentre camminava, il passo marziale di un soldato in missione. "Sono tutti diversi, ma stanno sostenendo lo stesso peso. Potrebbero starsi vicino, e..." Alzò l'altro braccio per schermare Desmond da un albero che stava caracollando in loro direzione, facendo il giro largo per spostarsi dalla sua traiettoria. " E dicevo, potrebbero... Usare tutti i loro rami per sostenersi a vicenda. Eppure preferiscono starsi lontano e soffrire da soli." Una pausa. "Forse perché tremano così forte che hanno paura che nessuno riuscirebbe ad avvicinarsi? Ma basterebbe abbracciarsi. Hanno tante braccia."

    Il suo discorso iniziale sulle margherite era stato frutto dell'ispirazione del momento; un'improvvisata tinta di frustrazione. Ma visto che Desmond non aveva dato il minimo segnale di aver capito a cosa si stesse riferendo, aveva deciso di fare il bis.
    Di fargli la morale usando l'arte.

    Non era così che aveva programmato di dichiararsi, usando metafore contorte e arte contemporanea. Ma iniziava ad essere davvero stufo di quella situazione, e c'era un che di soddisfacente e malsano nel comportarsi così, nel cercare di rendere le metafore sempre più esplicite per vedere se e quando il grande detective si sarebbe svegliato.

    Non poteva ancora saperlo, ma si sarebbe pentito di quella sua nuova missione autoimposta da lì a brevissimo — quando, giunto alla fine del corridoio, si sarebbe ritrovato con l'inglese in mezzo a un salotto pieno di puntini.

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    Desmond Archisorte
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    Per essergli rimasto così impresso e ricordarselo ancora dopo così tanti anni, il quadro citato da Masao doveva essere di impressionante bellezza, oppure...
    Un attimo di silenzio.
    «Freudiano.»
    Poi scoppiò a ridere.
    «Sì, col senno di poi si comprendono molte cose.»
    Un'amichevole pacca sulla spalla all'altro come a chiudere il discorso che sembrava imbarazzarlo tanto e, in qualche modo, comprendeva a sua volta pur avendo vissuto decisamente meglio la scoperta di sé e della propria sessualità. In ogni caso, si sarebbe reso complice di quel segreto.
    «Bravo, vedo che hai imparato a stare al tuo posto.»
    Un commento divertito in risposta all'offerta di protezione da parte dell'altro — era importante proteggere il proprio healer, se non di vitale importanza — e poi un'occhiata sorpresa quando si sentì prendere per un polso e trascinare quasi di peso lungo il corridoio infestato dalle piante artistiche.
    Voleva solo fare il melodrammatico, non aveva davvero intenzione di stare lì tutto il giorno.
    «Credo che alcuni individui siano semplicemente incompatibili, più si avvicinano e più si fanno male» Che avesse capito il secondo fine delle parole di Masao? Forse sì, forse no — non era mai stato troppo sveglio quando si trattava di sé, i propri sentimenti e quelli degli altri nei suoi confronti — ma di sicuro quel discorso lo interessava.
    «Quello che dovrebbe essere un abbraccio per portare lo stesso peso si trasforma in uno spezzarsi di rami, tronchi rovinati e radici aggrovigliate.»
    Con alcuni si poteva sopravvivere a distanza più o meno ravvicinata, passare assieme molto tempo e far parte della stessa foresta, ma certe piante semplicemente non possono stare troppo vicine senza sottrarsi luce o nutrienti, oppure senza avvelenarsi inconsapevolmente perché ciò che era prodotto dalle foglie di una, era dannoso per l'altra.
    «Oh.»
    Desmond si era fermato all'improvviso, sbattendo un paio di volte le palpebre di fronte all'ingresso di una nuova sala dipinta completamente di bianco, mobili e suppellettili compresi, ma soprattutto piena e strapiena di pallini colorati.
    Erano ovunque su pavimento, muri, oggetti e soffitto.
    «Non ho usato troppo il mio Quirk e questo non è un calo di pressione né un inusuale principio di attacco di panico dato dalla presenza di troppo sangue, vero?»
    Si era piegato leggermente verso l'altro, in modo da poter abbassare la voce e non farsi sentire da eventuali presenti nelle vicinanze.
    «Io non...» Si strofinò gli occhi, infastidito da tutti quei colori «Non credo di apprezzare molto quest'opera.»
    Era veramente fastidiosa.
    «Secondo te è voluto? L'obiettivo era quello di mettere a disagio lo spettatore?»
    C'erano riusciti benissimo, aveva la forte tentazione di attraversare la stanza a occhi chiusi.

     
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    Masao Suzuki
    "Credo che alcuni individui siano semplicemente incompatibili, più si avvicinano e più si fanno male."

    E più cercano di avvicinarsi e più si feriscono, cuore trafitto da un muro di spine.

    "Quello che dovrebbe essere un abbraccio per portare lo stesso peso si trasforma in uno spezzarsi di rami, tronchi rovinati e radici aggrovigliate."

    E quelle che dovrebbero essere parole dette per scherzo si trasformano in una coltellata da sopportare in silenzio, a denti stretti, trattenendo a stento la voglia di urlare.
    Cane e gatto. Fortuna che come i cagnolini, a Masao bastava poco per tornare a sorridere - come una stanza piena di puntini colorati da osservare con occhi colmi di meraviglia. Sembrava il progetto di gruppo di una classe di bambini! Chissà quanto si erano divertiti a lanciare macchie di vernice sul soffitto.
    Peccato solo che il suo esimio collega non paresse condividere il suo stesso entusiasmo.

    "Ah... Perché i pallini ti sembrano sangue?" domandò con aria preoccupata, piazzandosi istintivamente davanti a Desmond per schermarlo da quella visione.
    Certo, Desmond lo superava di trenta centimetri.
    E si era bloccato all'ingresso, indi ora stavano ingombrando il passaggio.
    Ma nonostante le occhiatacce degli altri visitatori e qualche gomitata, lui se ne rimase lì, davanti a Desmond, ingranaggi cerebrali che scricchiolavano dietro la sua espressione angosciata.

    "Io... Non condivido né approvo la sua interpretazione dell'opera precedente, professore." Decretò infine. "Mi sembra alquanto riduttiva e pessimista. Piante molto diverse possono benissimo convivere e sostenersi a vicenda, basta solo che... Rispettino le proprie peculiarità senza cercare di cambiarsi a vicenda," continuò, a voce bassa. "O di cambiarsi da sole pur di accomodare l'altro."

    Il motivo per cui volevi provarci con Desmond, a ben pensarci, è che in lui avevi visto una persona con cui poter forse avere una relazione alla pari.
    E com'è che questa idea si è trasformata in un disperato tentativo di cambiare per lui?


    Ottima domanda.
    Ottima domanda, davvero.

    Finse un colpo di tosse e si voltò, dando la schiena all'inglese.
    "A me, ad esempio, quest'opera d'arte aggrada parecchio," annunciò, agitando una mano. "L'interpreto come una... Una rappresentazione visiva della presenza umana. Una prova che anche ambienti all'apparenza sterili, come un ufficio o un ospedale, sono toccati ogni giorno da migliaia di persone che ci vivono e li colorano con la loro presenza." Pausa drammatica. "Quindi se a lei provoca tanto fastidio, collega, tenga gli occhi chiusi e lasci che la guidi fuori dalla stanza."

    Perché nonostante tutto, non gli aveva ancora mollato l'orlo della manica.

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    Desmond Archisorte
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    "Ah... Perché i pallini ti sembrano sangue?"
    Un'occhiata sorpresa a Masao, come gli era venuta in mente una cosa del genere?
    «No, ma l'effetto del calo di pressione ogni tanto è molto simile a questo.»
    Quella che voleva essere una battuta era stata presa un po' troppo sul serio, forse doveva imparare a dosare ciò che diceva: niente roba che potesse sembrare anche solo vagamente preoccupante riguardo la propria salute, in presenza dell'altro.
    «L'evoluzione serve proprio a cambiare per sopravvivere agli altri, oppure per farli secchi in modo più efficace» Non comprendeva come mai il biondo avesse preso tanto a cuore la faccenda, alla fine il loro non era che un semplice esercizio mentale, no? «Se non sono della stessa specie, le piante che stanno più vicine sono quelle che si sfruttano, tipo l'edera con gli alberi ad alto fusto.»
    Poi anche piante simili con troppo poco spazio vitale tendevano a morire o a sopraffare le altre per prendersi luce e nutrimento... a pensarci bene la natura sapeva essere davvero crudele e anche le piante, all'apparenza così immobili e tranquille, erano terribili.
    «Questa tua interpretazione potrebbe far venire un infarto a un misofobico.»
    Come conoscesse un termine del genere e invece fosse all'oscuro di tanti altri ben più semplici — in ogni caso l'importante era non chiedergli come si scrivesse — non era dato saperlo, ma era facile presumere grazie a qualche videogioco o attraverso le sue visite in ospedale.
    «I puntini sono colorati e non neri, grigi o comunque dai colori scuri, quindi opto anche io per un'accezione positiva» Niente batteri o virus pronti a intaccare tutto ciò che è pulito con le loro azioni nefaste, quanto un proliferare di idee, cose e persone «Un moltiplicarsi di ciò che è vivo e bello.»
    Per una volta, i due grandi esperti erano d'accordo.
    "Quindi se a lei provoca tanto fastidio, collega, tenga gli occhi chiusi e lasci che la guidi fuori dalla stanza."
    Un attimo di silenzio per poi guardarlo con un'espressione indecifrabile.
    «No, va bene così.»
    Un conto era fargli i grattini sulla testa quando erano in casa, troppo poco sobri per realizzare davvero la cosa, un altro... stare lì in mezzo a così tante persone.
    Sarebbe stato imbarazzante.
    «Sono sopravvissuto a cose ben peggiori, non saranno due o tremila pallini colorati ad uccidermi.»
    Un lieve sorriso prima di tornare a muoversi, ben concentrato sull'uscita dinnanzi a sé.
    Quell'opera d'arte comunque non gli piaceva.



    Chiedo scusa per il ritardo pure qui </3
     
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    Masao Suzuki
    "Esistono anche piante diverse che si stanno vicine ma si aiutano a vicenda," borbottò in risposta, non troppo convinto. Sapeva che certi animali avevano un rapporto simbiotico, tipo le mante e quei pesciolini piccoli che gli stanno sotto, quindi immaginava che la cosa si applicasse anche agli alberi... Avrebbe dovuto chiederlo a Shion, ma tanto ormai non importava più: Desmond si era già allontanato.

    Si fissò la mano che fino a poco fa aveva stretto la manica dell'inglese.


    E quel che fa veramente male non è il rifiuto in sé
    ma il fatto che nemmeno se ne renda conto.


    Se la cacciò in tasca con uno sbuffo e seguì l'esimio collega fuori dalla stanza. Fortunatamente, il salone successivo conteneva un'opera più piacevole per entrambi: una sorta di intrico di piante metalliche che vibravano producendo musica (una critica al desiderio di tornare a un'infanzia pura, idealizzata e contatto con la natura, decretarono i due critici). A seguire, un corridoio pieno di... gnomi giganti fatti di pongo (qualcosa sull'omologazione),


    Stai cercando in tutti i modi di fargli capire quanto ti piaccia con gentilezze e gesti carini, ma non ottieni mai la reazione che vorresti. Lui non coglie. Non capisce. Fraintende.
    Come se parlaste due lingue completamente diverse.


    un'inquietantissima fata fatta di stracci (pressione sociale a vestirsi in una certa maniera), una stanza buia piena di lucine al neon con il suono del vento in sottofondo (rappresentazione di un concetto astratto di estate),


    So che vorresti solo che ti guardasse e che vedesse un uomo e non un amico scemo, ma per quanto ti sforzi di cambiare, non puoi cambiare il modo in cui LUI vede il mondo.
    Sì, è uno stupido pessimista che non si rende conto di essere circondato da persone che lo adorano.
    No, non puoi farci niente.


    e infine...

    "Woah."

    Eccola, la sala degli spettacoli luminosi! Era una delle normali sale del museo, piena di visitatori e altre opere strambe da osservare, ma la facciata di vetro che occupava il lato ovest stava iniziando a muoversi come se fosse... Tipo una spiaggia ma verticale. Il vetro ondeggiava piano con l'eleganza di un'onda, dipingendo arcobaleni di luce su pavimento, pareti, persone, cose.

    Con una leggerezza che poco si addiceva ai suoi abiti, il Professor Suzuki iniziò a moversi seguendo i movimenti delle luci, cercando di rimanere al centro del raggio da lui prescelto - un po' come i bambini che giocano a "salta da una mattonella all'altra senza toccare le righe in mezzo".
    Avrebbe voluto tendere una mano a Desmond e invitarlo a unirsi al suo gioco, ma sapeva già che l'altro gli avrebbe detto di no.

    "Apprezzo molto che questo capolavoro si rifletta sui visitatori di questo spazio," disse invece, sguardo concentrato sul pavimento. "Visitatori che non solo diventano parte dell'opera, ma vengono elevati ad opera d'arte loro stessi, illuminati in una maniera che..." Ah, l'arcobaleno si era spostato con un movimento improvviso! Fece un saltello per tornare di nuovo sopra la luce. "Che richiama i celebri 'quindici minuti di celebrità' Warholiani. Perché..." Un attimo di esitazione. "Perché la realtà è soggettiva e fluida, proprio come questo vetro d'acqua. Certe persone assolutamente normali e anonime possono brillare agli occhi di un determinato osservatore, e..."

    Alzò il capo per fissare Desmond.
    Desmond, col suo metro e novanta e i lineamenti europei e i capelli troppo lunghi che lo avevano fatto pensare, all'inizio, "sembra quasi la mia ex". Desmond con gli abiti eleganti ma sempre sdruciti, le giacche piene di toppe e i calzini spaiati. Desmond che raramente si lasciava toccare quelle mani sempre guantate, e che diceva di non essere nulla di speciale anche se ai suoi occhi risplendeva sempre, specie ora che era circondato di arcobaleni.


    E ora cosa vorresti fare, chiedergli di uscire? Se accettasse di uscire con te sarebbe solo perché gli fai pena e non vuole farti rimanere male. Sai già che non funzionerebbe, che tu ti sforzeresti troppo mettendo entrambi in imbarazzo e finireste entrambi a bere ridendoci su. Hai davvero bisogno di vivere questa umiliazione per lasciare perdere? Di farti ancora del male? O speri ancora nel miracolo? Speri che lui ti dica "mi piaci", e poi cosa? Una relazione con Desmond sarebbe solo uno stillicidio in cui tu cerchi disperatamente di aiutarlo mentre lui si chiude sempre di più a riccio, odiandoti. Odiandovi. Forse la verità è che Desmond non ti merita. Forse lo stai pensando solo per ripicca. Ma sicuramente tu meriti qualcuno migliore di lui, qualcuno che apprezzi il tipo d'uomo che stai cercando di diventare. Che poi vuoi essere la persona che Desmond vuole, o quella di cui ha bisogno? Perché sono due cose diverse. E so che vorresti salvare da se stesso quest'uomo gentile maledetto da un Quirk che ti affascina in maniera morbosa, ma forse il problema di base, qui, è che tu gli vuoi troppo bene per essere solo un fidanzato.



    "Mi sono innamorato di te dal primo istante che ti ho visto, ma poi ho capito che sei veramente insopportabile," dichiarò, voce calmissima e cuore in gola.

    Sbattè le palpebre.

    "Però una botta te la darei comunque."

    Si coprì il volto con una mano e scoppiò a ridere istericamente, raggi di luce che danzavano intorno alla sua figura tremolante.


    Prova a ignorarmi ora.

    Scheda Vigilantes Bloodpact Livello 6

     
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23 replies since 19/10/2021, 11:13   576 views
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