Pian piano, Sakiko parve rilassarsi un po', anche se non parlò per qualche minuto, probabilmente persa in chissà quale riflessione. Dopodiché riprese a singhiozzare e- no, un momento, qualcosa non tornava. Stava ridendo? Era stato tutto uno scherzo? Qualcuno li stava guardando? Qualcuno li stava filmando? Era per questo che Sakiko si guardava intorno circospetta? In realtà non era preoccupata ma stava prendendo accordi col cameraman? Era Castiel, sicuro come l'oro, ci avrebbe scommesso che era lui il cameraman. Lo avevano filmato mentre si rendeva ridicolo e rompeva il suo stoico personaggio per abbracciare la povera Sakiko, quindi? Forse poteva ancora salvare la faccia trasformando l'abbraccio in una supplex a tradimento.
Mi spiace, non so perché sto ridendo. Ok Saki, per ora sei salva dalla supplex, bella mossa.
-No, non sono pratico, no.- Acconsentì, con cipiglio velenoso. E poi quel paragone con suo padre, letteralmente la cosa peggiore che si potesse concepire di dire a Jason, il nemico giurato numero uno dei padri. L'idea della supplex gli sembrò di nuovo tutto sommato buona, anche se non c'era nessuno a filmarli, ma si contenne e si costrinse a sospirare: si era già preso una vendetta "preventiva" fulminandola, letteralmente, anzi, poteva forse considerare quella frase come la vendetta di Saki nei suoi confronti e vederla in quel modo gliela rendeva molto più digeribile. Certo, era consapevole che più realisticamente, semplicemente per Sakiko la figura del padre non fosse interamente negativa e quindi quella similitudine fosse innocente, ma aveva imparato che il suo subconscio aveva bisogno di risposte a volte diverse dalla realtà per potersi tranquillizzare e quando si trattava di "bugie bianche" come quella andava bene così. -Spero un lato buono di tuo padre, almeno.- Mormorò, fra i denti, ignorando ancora una volta la ridarella della ragazza ed osservandola districarsi dal suo abbraccio con un certo sollievo. Lo aveva stancato quel singolo abbraccio più di tutto il combattimento, ad essere sinceri.
Nemmeno lei aveva capito granché di cosa era successo, prevedibilmente. Già, ora che la prima crisi era gestita gli restava il grande interrogativo della giornata: che cosa era successo? Da dove veniva quell'elettricità? L'avevano prodotta i quarzi? Era per questo che gli erano sembrati instabili? Una cosa era certa, quella scossa elettrica era in qualche modo partita da lui, quale che fosse la causa. E per quanto si sforzasse di capire o rivivere la scena nella sua mente, non riusciva a cavarne un ragno dal buco. Fosse stata qualche altra cosa, anche solo l'instabilità dei quarzi da sola, probabilmente avrebbe lasciato correre, ma in realtà aveva sbloccato la nuova fobia di incenerire inavvertitamente le persone accanto a lui e quindi doveva fare qualcosa. Doveva vedere un dottore. Chissà se la dottoressa Omori poteva aiutarlo...? Non credeva fosse proprio il suo campo ma vista la discrezione dei suoi servizi valeva la pena di fare un tentativo.
-Non lo ho capito nemmeno io. Ci penseremo prossimamente.- Concluse infine, conscio che non poteva farci nient'altro in quella situazione e che al momento voleva solo riposare la mente. -E non c'entra niente che non eri pronta. Non stavamo facendo nulla di traumatico, in fondo. Poteva succederti in qualsiasi altra circostanza, in fondo meglio sia successo qui che c'è un po' di privacy. No?- Tentò di tirarla su. E alla fine era vero. Era capitato per caso che avesse quel breakdown in quel momento e forse l'attacco repentino aveva un po' aiutato, ma per esperienza personale Jason poteva dire che non importava la natura del suo trauma, il breakdown arrivava a tradimento quando apriva il freezer per fare un inventario dei surgelati e decidere quali mangiare per cena. Il ragazzo ascoltò la confessione di Saki e, senza voler avere l'arroganza di fare diagnosi, gli sembrava proprio il classico caso di disturbo da stress post-traumatico, e probabilmente era il caso che la ragazza lo sapesse.
-Non me la caverò molto bene in questi momenti e non mi piace dire cose di cui non sono sicuro, ma mi permetto di dirti che secondo me potresti avere un PTSD.- La mise in guardia. -Queste cose non vanno prese alla leggera. Io non lo dirò a nessuno, ma tu dovresti.- Si raccomandò, sentendosi istantaneamente in colpa. Perché? Perché sapeva benissimo di avere dei traumi non processati di cui avrebbe a sua volta dovuto parlare con qualcuno. -E non dico tipo... a tuo padre o che ne so. Dovresti parlarne con un terapista.- Tipo il suo terapista, che visitava regolarmente prima della morte di Ken, prima di decidere che ogni singola cosa nell'universo era inutile e nulla ne valeva davvero la pena. Era bravo, però, almeno con lui ci sapeva fare.
-Sì, beviamoci qualcosa di caldo. E poi vedo se ho ancora il numero del mio vecchio psicologo.- Il ragazzo scrollò le spalle. -Vedrai tu poi. Ma io te lo consiglio caldamente.- Si guardò poi intorno e ricordò di essere vestito in tuta, quindi urgeva un ulteriore step intermedio prima di andare a bere quel famoso qualcosa di caldo. -Dovremmo anche darci una ripulita. Dai, muoviamoci.- La "invitò" avendo già ritrovato tutta la sua proverbiale cortesia e precedendo la ragazza verso l'esterno facendogli a malapena un pigro cenno di seguirla prima di infilare le mani in tasca.
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