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» Seishiro Harada
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Fu sorpreso dalle scuse della giovane. Dopotutto lei non poteva saperlo, era stato gentile provare ad essere simpatica e Seishiro si era reso conto di questo.
In ogni caso, le apprezzò molto; erano, in qualche contorto modo, le prime scuse che poteva considerare dirette alla sua vera essenza e non ad un qualche personaggio di cui aveva indossato le caratteristiche.
Ed accadde un evento al limite del magico, perché le sue gote si tinsero di un leggero rossore causato da un sincero imbarazzo che lo avvolse in un abbraccio con la sua purezza, facendolo sentire, finalmente, solo un ragazzino.
E, come una persona normale, le parole di Yami lo investirono, dandogli quella scossa che aspettava da parecchio.
Durante l’adolescenza ci si crede invincibili; noi, soli contro il mondo al pari di un eroe romantico, sospesi in un mare di nebbia troppo irruenti e desiderosi d’attraversarlo, spesso non ci fermiamo ad ascoltare cosa ha da raccontare.
E’ inevitabile. E’ il normale corso della vita, la maniera migliore per crescere, in cui si impara che cadere è il primo passo per potersi rialzare.
Seishiro era, alla fine, un adolescente.
Spesso si trovava ad interrogarsi su temi troppo maturi per la sua età, ma i suoi modi non si discostavano troppo da un qualsiasi ragazzino arrogante: quel bisogno di sfidare il mondo adulto, come a dimostrare che sì, non era più un bambino, quella sicurezza data dall’invisibile e costante protezione della famiglia, quella spavalderia energica di chi, finalmente, può scoprire il mondo da solo.
Era l’adolescente medio, solo aveva incanalato tutto quell’ardore giovanile in metodi di difesa meno convenzionali, elaborati con minuzia di particolari non appena aveva scoperto alcune piccole verità sulla società in cui viveva.
Ma Yami aveva ragione: non poteva essere aiutato se continuava a rimanere aggrappato solo alle proprie menzogne; esporsi, rischiare di essere ferito, sperimentare davvero la sensazione d’essere spaesato e in balia del mondo erano dei passi che, prima o poi, avrebbe dovuto fare per crescere.
Aveva, con il tempo, imbrigliato la propria coscienza in un circolo vizioso, facendole credere d’aver bisogno di ogni menzogna, che da sola sarebbe stata troppo debole; l’aveva relegata in una prigione appositamente costruita, lasciandosi guidare dai personaggi che amava interpretare, come un guscio vuoto guidato da chissà quali fili.
Ma, da quando aveva visto il vuoto in sé attraverso lo specchio, si era ripromesso di affrontare ogni cosa, liberandosi in un certo senso da sé stesso.
Era lì, bloccata ad una sedia, caviglie e polsi saldamente stretti; non poteva muovere un muscolo, costretta nella posizione che un bambino spaventato aveva predisposto.
Era cieca, sorda e muta, incapace di percepire altro se non il freddo e il dolore: più cresceva e più le costrizioni la ferivano, facendole versare lacrime che sarebbero rimaste inascoltate.
Poi, un giorno, aveva aperto gli occhi, benedetta dal dono della vista.
Immobile, ma consapevole.
Gli occhi sono davvero lo specchio dell’anima ed essere riuscito a liberare loro per primi sarebbe stata la salvezza di Seishiro, un piccolo passo verso l’autenticità di una vita costruita con menzogne non più volte a ingannare sé stesso. Certo, non avrebbe smesso di creare e indossare maschere; avrebbe smesso di lasciare che si indossassero.
Con la consapevolezza che, dentro di lui, qualcosa stava disperatamente cercando di suggerirgli di afferrare la mano che Yami gli stava tendendo, Seishiro non lasciò la donna sola sotto la pioggia quando riprese a camminare. Con qualche secondo di ritardo la raggiunse, obbligandola nuovamente a fermarsi.
Le aveva afferrato la giacca all’altezza del gomito.
Quando i loro occhi si incontrarono nuovamente, la donna vide un semplice adolescente; dal labbro che si mordeva, dai suoi occhi, da quella convenzione sociale violata… tutto le suggeriva che, finalmente, quel ragazzino si stava aprendo e mostrando almeno un po’, vergognandosi profondamente della propria fragilità ma rendendosi conto di come fosse necessaria.
Yami aveva fatto qualche domanda, ma non gli aveva davvero chiesto nulla.
E fu per questo che Seishiro le disse tutto.
« Non si trattava di denaro.» Fece un respiro profondo. « Quella donna rivoltante mirava a ben altro. »
Lasciò la presa sulla giacca di Yami, ricomponendosi.
« Mi ha attirato in un evento un po’ fuori dagli schemi, mi ha fatto combattere di fronte ad una platea, con l’intento di stordirmi per potermi prelevare e... » Fece una pausa e deglutì. Ancora provava disgusto all’idea. « …tenermi come giocattolino da buttare via dopo un po’. »
Seishiro non sapeva davvero cosa Madame de Steal intendesse per “giocattolino”, ma vista l’indole perversa della donna si era aspettato il peggio; che si trattasse di un modo per chiamare una persona che avrebbe ridotto male a suon di botte o definisse con meno precisione le pratiche che portano alla pedofilia, poco cambiava: il cuore del giovane faceva ancora fatica a lasciar correre l’argomento, ferito e violato dalla terribile sensazione di quanto sarebbe potuto accadere.
Fu scosso da un brivido impercettibile.
« Immagino volesse punirmi, in qualche modo. Diciamo che... posso essere molto curioso. Un topolino che, non visto, rosicchia i fili giusti fino a lasciare senza elettricità. » Rise, ma sembrava di più uno sbuffo per allentare il disagio. « Ci sono persone che, quando si sentono minacciate da qualcuno, provano in tutti i modi ad eliminarlo; probabilmente la sua logica perversa la guida verso pratiche diverse dal semplice omicidio. Una fortuna per me, immagino. »
Sospirò.
« Non penso assolutamente che tu sia stupida, Yami-san. Avevo solo bisogno di un po' di tempo. Difficilmente mi confido in questo modo, specialmente con una persona conosciuta da poco. »
Si era davvero confidato con qualcuno.
Non era certo di come si sentisse in quel momento. Certa era, però, la sensazione di ansia ed angoscia che gli stava aggrovigliando i visceri.
Si era esposto; per la prima volta aveva cercato di afferrare una mano.
Era terrorizzato che questa lo avrebbe lasciato andare.. -
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« Oh, per quello che ho fatto nel frattempo sono certo di averle dato molto fastidio. »
Seishiro aveva ripreso a camminare al fianco di Yami. Poteva essere un’impressione, ma ora la distanza che li separava si era ridotta, come se per il ragazzo l’aver chiesto aiuto con quell’imbarazzante gesto fosse stato un segno del superamento di qualsiasi convenzione sociale. Era come se la vicinanza fisica dei due corpi potesse favorire il contatto delle anime, facendole entrare in risonanza e creando quei legami che tengono in vita le amicizie più profonde.
Quella donna in qualche modo si permetteva di giudicarlo, ma non con l’arroganza di chi pretende di essere migliore: sembrava più l’occhio di una sorella maggiore, come se davvero le interessasse di un ragazzino incontrato per strada il cui unico atto gentile nei suoi confronti era stato offrirle parte del proprio ombrello come riparo.
Forse stava idealizzando Yami.
Dalle sue parole emergevano frammenti della sua vita, la normalità di chi si trova a doversi immergere, probabilmente più per necessità che per piacere, nel lato oscuro della società.
Ma, se Yami fosse stata una persona cattiva non solo non si sarebbe lasciata sfuggire dettagli compromettenti – se non per avere un pretesto per portarlo in un vicolo ed accoltellarlo -, ma avrebbe anche avuto un diverso approccio nella conversazione.
Aveva capito che si trattava di una donna sicura, ma gli dava anche l’impressione che fosse una persona entusiasta della vita, come se avesse imparato a vivere da poco.
Dopo aver analizzato e conosciuto tante persone in balia della vita, incontrare qualcuno che desiderasse viverla al meglio era molto stimolante per un amante delle persone come lui.
Per questo era convinto che, nonostante potesse essere coinvolta in affari loschi, Yami fosse una persona fondamentalmente buona.
Buffo come, in realtà, sono proprio le persone più buone a sporcarsi le mani; amare davvero qualcuno, volere il suo bene non significava anche desiderare per lui felicità e spensieratezza? Quale regalo migliore per qualcuno se non lasciarlo ignaro del lato peggiore delle cose, permettendogli di vivere una vita priva di ansia e angoscia non necessarie?
Seishiro venne folgorato da quel pensiero, rendendosi conto di un possibile motivo per cui era diventato così curioso.
Lui amava e aveva due persone che desiderava proteggere; erano i suoi modelli di virtù, puliti, limpidi e sinceri.
Era certo che anche nell’azienda di suo padre ci fosse del marcio, sarebbe folle pensare che una tale ricchezza si basi solo sull’onestà. Ma Yato non era coinvolto.
E questo lo metteva in pericolo, gli dava decisamente una posizione di svantaggio rispetto ai furbi manipolatori.
Ecco il motivo per cui si era buttato in una situazione pericolosa: aveva inconsciamente deciso che, anche se solo adolescente, sarebbe cresciuto con i messi e le idee per proteggere la propria famiglia.
Ragionamento contorto, ma che gli diede molta gioia. Quel senso di colpa frustrante che aveva provato nel mentire ai propri genitori veniva così eliminato, sostituito dalla consapevolezza che forse non sarebbe mai stato un esempio di virtù, ma lo sarebbe stato di amore.
Il suo passo si fece impercettibilmente più deciso, animato da una nuova forza.
« Sai, Yami-san, starò anche uscendo troppo presto dalla tana, ma di certo non me ne vado in giro impreparato. » Ridacchiò. « Ho registrato tutto. So che la Madame voleva rapire me, la persona che mi ha aiutato a fuggire me lo ha rivelato. »
Ripensò per un momento a Karen; non desiderava coinvolgerla, non voleva che le venisse fatto del male. Era una persona che non era ancora riuscito a comprendere al meglio, ma con lui era stata decisamente buona e gentile, non avrebbe avuto nessun motivo per desiderare il suo male.
Alla fine Seishiro non era cattivo o vendicativo; era un ragazzino, si occupava di mille problemi nella propria testa, risolvendo situazioni ipotetiche per necessità di ordine, ma poi nel piano pratico non meditava nulla fino al momento del bisogno.
Per Karen non aveva pensato a soluzioni che la riguardassero in modo negativo: le doveva molto, non riteneva giusto considerare di poco conto un favore.
« Allora? Che ne pensi? » Sul suo viso si fece strada un ghigno malizioso. « Se anche la Madame lo sapesse, non penso che sarebbe così stupida da cercarmi in modo irresponsabile. Con una prova del genere e il fatto che posso permettermi ottimi avvocati non sarebbe troppo difficile incastrarla. » Sospirò « Tuttavia preferisco che la mia famiglia non venga coinvolta in queste questioni, per questo sto cercando informazioni da solo. »
Alzò lo sguardo, accompagnando con un respiro profondo ciò che stava per ammettere.
« Prima ho mentito sul non essere un buon utilizzatore degli smartphone e in generale dei mezzi di comunicazione. Probabilmente nelle mie ricerche a tempo perso sarei potuto arrivare a scoprire qualcosa di scomodo. » Fece una breve pausa, più per rendersi conto di aver appena rivelato di aver detto una menzogna che per altro. Era strano, come se fosse spogliato della propria identità.
Ma stava facendo la cosa giusta, ne era certo.
« Quando mi è arrivato un messaggio con l’invito per l’evento, ci ho pensato molto. All’inizio volevo andare solo per dare un’occhiata, ma una volta arrivato c’era davvero. Volevo capire cosa stava succedendo. E una volte dentro... mi sono fatto riconoscere. Non ho resistito, dovevo vedere la reazione della Madame ai comportamenti di un ragazzino che era in grado di metterla in difficoltà. Ma ho imparato la lezione, in un certo senso. » Concluse senza che quel sorriso sghembo sparisse.. -
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Ancora una volta veniva trattato come un bambino.
Il suo Io sospirò, agguantando l’Es prima che potesse sfuggirgli nuovamente per buttarsi rovinosamente contro il Super Io. Si contendevano la sua anima, la sua identità; ognuno desiderava che lo seguisse, spezzandola, frammentandola e ricostruendola malamente, con il risultato di lasciarla a pezzi e in solitudine.
Un povero animo, dilaniato non solo dalle proprie componenti, ma dalle sue stesse definizioni, che ne proponevano diverso genere. Spesso si dice che l’anima è donna, poiché associata alla figura paziente e gentile di una madre, comprensiva e molto più spirituale e sensibile di quanto potrebbe mai essere un maschio.
Come se il cromosoma Y non portasse con sé una paragonabile quantità di interiorità e paranoie.
L’animo di Seishiro voleva considerarsi, in questo, non binario, come tanto va di moda definire; non si riteneva più affine alle riflessioni femminili o maschili, era già andato oltre, proiettandosi verso una dimensione più filosofica e speculativa.
Si potrebbe dunque chiamare anim@, dimostrando apertura mentale alle nuove tendenze e godendosi un po’ la sensazione di iniziare disorientamento che questa non identificazione può causare.
Dunque, l’anim@ di Seishiro di trovava in una posizione scomoda: desiderava ribattere, farsi sentire, urlare e ribadire che non era uno stupido anche se aveva solo sedici anni. Certo che sapeva che una come Madame de Steal doveva essere protetta da persone molto potenti! Una parte del suo piano faceva davvero affidamento sulle abilità di retorica e dialettica spesso riconosciute nella figura dell’avvocato, ma non si sarebbe limitato a quello.
Il problema delle menti con una certa dose di paranoia è che finiscono con il pensare troppo, rielaborando sempre gli stessi dati da prospettive differenti, scoprendo spesso aspetti molto singolari ed alternativi delle questioni; una serie di informazioni così analizzate e poi catalogate secondo la compulsione che caratterizzava il ragazzo era un buon metodo per avere sempre ben presente come agire.
Fallire era anch’essa un’opzione, lasciarsi vivere senza nemmeno provare no.
Spesso l’anim@ si interroga sulla sfida dell’Accidia, tentato dalla dolcezza del non agire, cullato dagli eventi che scuotono il mondo, semplicemente beandosene senza mai scegliere.
Seishiro percorreva una strada di vita troppo vicina a quel vizio, ma più che cedervi sembrava spesso osservarlo e sfidarlo, quasi a dimostrare che è possibile essere uno spettatore attivo.
Decise di non commentare le parole di Yami; le era in qualche modo grato per quella strana premura che stava dimostrando nei suoi confronti dunque, per quanto gli desse fastidio essere sminuito e quasi rimproverato in quel modo, lasciò perdere.
Le avrebbe, forse, dimostrato qualcosa con i fatti.
Dopotutto, crescere era un percorso che comprendeva anche la consapevolezza di quando è più opportuno parlare.
Si limitò ad annuire leggermente e guardare la donna con l’espressione di chi ha capito.
« Sì. » Rispose secco alle insinuazioni sulle sue menzogne. « Anagraficamente non mi chiamo Shizuka, ma in questo momento è il nome con cui desidero essere identificato da te, Yami-san. E’ importante per me. »
Completamente ignaro dei possibili fraintendimenti di genere che quel nome poteva creare nella mente della donna, Seishiro fu sincero almeno sul fatto che desiderava essere Shizuka mentre parlava con lei. Un concetto molto contorto che, forse in un futuro, avrebbe potuto spiegare e confondere ancora di più sulla propria stabilità emotiva e mentale.
Ammise a sè stesso di sentirsi decisamente spaesato nel momento in cui Yami si permise di prenderlo dolcemente per il mento; il sollievo provato alla conferma che Yami fosse il suo vero nome, buffo e intrigante al tempo stesso, fu cancellato dal disagio che un contatto così diretto poteva causare.
Non era tanto la sua educazione tipicamente giapponese a dargli quelle spiacevoli sensazioni; immaginava di poter tranquillamente sostenere il contatto fisico con una mano, forse addirittura con un abbraccio.
Ma il viso… no.
Sul volto di una persona si dipingono le emozioni, si crea una storia che ogni interlocutore può scegliere di leggere o no; è sicuramente il distretto corporeo che per Seishiro ha il valore più privato ed intimo, non qualcosa che ci si può permettere di toccare ad un quasi sconosciuto.
Un bacio è, per portare l’esempio su un piano estremo, molto più difficile ed intimo di un rapporto carnale; è facile provare piacere senza coinvolgimento emotivo, ma è quasi impossibile baciare bene fingendo. Ma baciare davvero.
Senza contare che le labbra sono una delle superfici in cui abbiamo una sensibilità più fine, avvicinarsi in quel modo e toccare la pelle poco distante era una chiara violazione, quasi un imporsi sull'altro.
Si era dimostrato molto meno tradizionalista di quanto si poteva aspettare da un normale giapponese, ma per motivazioni personali non accettava ancora quel tipo di contatto, a meno che non si trattasse di persone più che amate.
Probabilmente Seishiro arrossì per l’imbarazzo, nascondendo così il fastidio di essere stato toccato proprio sul viso. E fortunatamente Yami non aveva avuto la pessima idea di scegliere una zona vicina agli occhi; il ragazzo avrebbe quasi potuto avere una crisi di panico.
In ogni caso, per tutta la durata del contatto, il sorriso sparì dal suo viso, sfuggendo allo stretto controllo sulle emozioni proprio perché una corda sensibile era appena stata toccata.
« No, nessuna attività diversa rispetto al solito. » Prese il telefono dalla tasca e, con movimenti veloci e sicuri del pollice, arrivò presto allo screen del messaggio, mostrandolo a Yami.
Sicuramente si poteva notare che si trattava di un modello di smartphone tutt'altro che economico.CITAZIONE"Scommetti fino all'ultimo centesimo in una serata per VIP all'insegna del sangue! Ospiti speciali: Madame S! Caldamente consigliata è una maschera e tutti i soldi che avete!
Antico Teatro Oshida, ore 23.00."
« Questo è tutto ciò che mi è stato inviato. Numero sconosciuto, messaggio intrigante; come vedi c’è anche il link per le coordinate gps. Alla fine era un giro di scommesse illegali su incontri clandestini. Come gioco hanno invitato un ospite casualmente scelto a combattere sul palco. Sapevano chi ero, perché la persona che mi ha salvato mi ha chiamato per nome e cognome. » Sorrise al pensiero di Karen. « E’ una sottoposta della Madame, una donna onorevole e gentile. »
Detto questo, lasciato il tempo a Yami di leggere il messaggio con calma, chiuse tutte le finestre, bloccò lo schermo e ripose lo smartphone da dove l'aveva preso.
Edited by ~Wyrd - 5/10/2018, 12:13. -
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« Sì, lo sono. » Seishiro si rendeva perfettamente conto che agli occhi di chiunque sembrava aver fatto una grandissima stupidaggine a recarsi nel luogo dell’invito.
Lo era sembrato anche a lui, in effetti.
Aveva pensato più volte se andare, aggrovigliando pensieri e domande, valutando la situazione, ma, alla fine, aveva ceduto quell’irrazionale desiderio dell’uomo di sentirsi vivo, trasgredire le regole della quotidianità che si ripete sempre allo stesso modo.
Da sempre l’umanità si è trovata a dover affrontare i sentimenti verso l’ignoto, prendendo strade diverse ma convergenti, intrecciate e a tratti parallele: scienza, filosofia, religione, psicologia… molte discipline sono nate dai desideri degli uomini più che dalla necessità pratica; perchè, da qualche parte nel mondo, c’è sempre qualcuno abbastanza saggio e curioso da trovare il tempo per porsi domande e non darsi risposte.
Seishiro era stato vinto da quel bisogno di osare e, pensandoci a posteriori, non se ne pentiva né vergognava. Che i giudizi fossero positivi o negativi, l’unica cosa che importava era che quell’evento così insignificante per lo scorrere del tempo era stato per lui l’inizio di un percorso di formazione e analisi, come se avesse finalmente trovato il coraggio di usare una vecchia chiave per aprire le porte del propri@ anim@.
Un viaggio difficile, che difficilmente mostra risultati prima che l’impeto iniziale della ricerca si spenga, in cui l’ostacolo principale era rappresentato da Seishiro stesso, con tutte le paure che con il tempo gli si erano incollate, rimodellandolo e costringendolo alla crudeltà della malafede.
Non era ancora riuscito a liberarsi di nulla, ma aveva fatto propria la consapevolezza della paura; gli impavidi non sono reali, sono personaggi di fantasia che nel mondo farebbero una pessima fine. Il vero coraggio si ottiene con l’accettazione, mentre la rimozione di ogni male crea solo illusioni e speranze fittizie.
Oh, Speranza, tu che tanto nutri gli animi dei mortali, male più profondo e custodito con cura, lasciasti il vaso come ultima, schernendo la vita stessa, creando, con la tua venuta, la trappola che la tua essenza comporta. Sventurati coloro che ciecamente ti invocano, ingannati dal velo di misericordia con cui ti copri. Dunque, cara, placati. Sconfitta dalla ricerca della verità e ad essa asservita; strumento di costanza in cui dolore è ormai noto, non hai più il potere d’illudere.
Finchè non ci volteremo dall’altra parte e dimenticheremo…
Dopo un piccolo silenzio di riflessione, le domande di Yami, giustamente, tornarono. Seishiro preferiva quel modo di conversare quando non doveva fingere, era molto più autentico rispetto ad un lungo racconto.
« Ho visto in lei una profonda tristezza per gli atteggiamenti della Madame. E un animo buono. » Sorrise, non senza una certa amarezza. « Credo sia rimasta leale ad un ricordo, più che alla sua signora. »
Dalle parole di Karen aveva percepito un profondo amore, con toni dolci e amari, abbracciato alla memoria e amareggiato dal presente, incapace di spegnersi per la fiamma che nel cuore ancora accendono ombre sbiadite e tremolanti.
Probabilmente, voleva solo aiutare la Madame a ritornare quella di un tempo, correggendo da sé gli errori che commetteva, amandola a tal punto da disobbedire alle sue direttive.
Un sentimento così puro che avrebbe potuto risplendere e dare una piccola luce a quel mondo oscuro; invece restava sopito e custodito gelosamente nel cuore, manifestato attraverso il sacrificio non compreso e una bontà apparentemente sprecata.
Ed eccole; alcune delle sue amate paranoie avevano preso voce attraverso la donna europea, infine espresse e non più solo meditate.
« Non penso mirassero alla mia famiglia. Sarebbe stupido farlo così, ci sono molti altri modi per colpire, probabilmente tutti più efficaci. Se lo so io alla mia età, figuriamoci una criminale. No, credo fosse proprio un volermi avvisare o punire, semplice e conciso. E sei la prima persona con cui ne parlo, Yami-san. » Rise; era cristallino, forse finalmente sereno. « Una sconosciuta. »
Quando si fermarono, prima di proseguire attraverso una galleria subacquea, per un attimo Seishiro pensò che fosse giunto il momento di separarsi da quella strana donna.
Una sensazione, un presentimento. Non sentiva pericolo, non pensava che volesse fargli del male. Si sentiva, semplicemente, come se stesse per fare un salto nel vuoto; come se attraversare quella costruzione avesse un qualche valore simbolico per la sua interiorità.
Sarebbe stato stupido negare d’aver timore dei cambiamenti, ma cercò di indossare quella paura, accogliendola come una compagna di viaggio invece che ritenerla un ostacolo.
Sospirò e fece quel metaforico passo, sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi sghembi.
« E perdermi tutta la storia sulla costruzione crollata? Direi proprio di no, Yami-san. Non penso ti libererai di me, per il momento. ». -
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« Magari sei proprio tu la mia rapitrice, Yami-san. Mi stai portato in un luogo isolato come un bravo pifferaio. » Rise. « Sono sempre in guardia. »
Appena sotto il tunnel, scrollò leggermente l’ombrello, liberandolo dal peso di quelle gocce che implacabili si proiettavano verso il suolo, colpendo indistintamente, ticchettando su ogni superficie come ad indicare che sotto i loro colpi qualsiasi cosa diventa grigia e immobile.
Sbiadisce nella nebbia, cullata dal ritmico suono delle lacrime versate dal cielo.
Chiuse l’ombrello e si incamminò sullo stretto marciapiede dietro alla donna.
Qualsiasi adolescente in una normale situazione psicofisica sarebbe stato decisamente felice di trovarsi in quella posizione privilegiata, osservando le forme di Yami, ben evidenziate dall’abbigliamento aderente.
Seishiro non faceva eccezione.
Per quanto l’interesse romantico o riproduttivo non fossero ciò che guidava i suoi pensieri in generale, era un adolescente giapponese abituato agli spettacoli piatti che le compagne di classe offrivano in rare occasioni. Le lezioni di educazione fisica erano l'unico momento in cui poter sbirciare dei corpi che pian piano si sviluppavano, con pantaloncini fascianti e magliette aderenti, ma svolgere quelle lezioni separati fra maschi e femmine permetteva solo una sbirciatina ogni tanto, lasciando più l'aspettativa che la realtà.
E quel gruppo di ragazzi, pur di elevato ceto sociale, si ritrovava nello spogliatoio circondato solo da altri muscoli, con il lontano ricordo di dolci curve.
Yami, al contrario, aveva il corpo di una donna, con curve proporzionate e un fisico snello: era, oggettivamente, una bellezza.
Probabilmente molti utilizzerebbero termini molto più coloriti per definirla, ma Seishiro era, nonostante tutto, un signorino e sapeva come fare dei complimenti, anche se sarebbero rimasti nei suoi pensieri.
Guardava i suoi piedi sostenere le lunghe gambe snelle e toniche; i suoi glutei morbidi ondeggiavano in armonia salendo dai fianchi alla stretta vita, celata dalle ciocche dei lunghi capelli platino.
E man mano proseguivano sotto le luci della galleria, più quei movimenti diventavano quasi ipnotici per l’alternarsi con l’oscurità.
Oh, a quell’età si guardano le donne, va bene? O gli uomini, in base alle preferenze.
Seishiro non aveva mai riflettuto sulla propria sessualità, ma sapeva distinguere molto chiaramente una persona bella e Yami lo era. Forse era l’unico adolescente che in quella situazione non era spinto dal puro e semplice istinto ormonale ma da una curiosità più interiore, mettendo in secondo piano lo spettacolo davanti a lui per ritirarsi nella propria introversione per qualche istante.
Effettivamente non aveva mai toccato davvero il corpo di una femmina, immaginava che desse una sensazione molto morbida e piacevole; quelle forme lo sembravano davvero.
Che ironia rendersi conto di come le proprie connazionali non fossero benedette dalle stesse fortune. Tuttavia era certo che ogni persona avesse qualcosa da offrire e, se gli uomini da secoli e millenni continuano a riprodursi, probabilmente l’aspetto fisico giocava solo una parte nella grande questione dell’accoppiamento.
Una buona parte, certo.
D’altra parte non vedeva assolutamente contro natura le relazioni senza finalità riproduttiva; l’essenza stessa dell’uomo ricerca il piacere, ottenerlo sotto quella forma non era per nulla disdicevole. Era meglio non farlo sapere in giro per via delle restrizioni sociali, ma nel privato dare sfogo a pulsioni omosessuali era assolutamente condiviso dal ragazzo. Alla fine, sono affari privati.
In realtà Seishiro era sempre molto curioso di osservare manifestazioni pubbliche d’affetto, così proibite e respinte dalla società in cui viveva; era interessante osservare come, per ogni persona, un gesto poteva assumere diversi significati e causare reazioni sempre nuove. Sembrava quasi che, al contrario della presunta univocità della parola, il linguaggio non verbale non potesse essere codificato, poiché esprimeva l’individualità di ognuno.
Affascinante a tal punto da distogliere lo sguardo dall’ondeggiare di Yami dopo essere stato abbagliato da una coppie di fari, perso nelle proprie riflessioni riversate nella sua mente dall’implacabile flusso di coscienza.
Eh, povero ragazzo.
« Sedici. » Rispose con tono pacato. « Tu? »
Effettivamente gli interessava conoscere l’età di Yami. Aveva accennato qualcosa sulla sua vita difficile e sul proprio lavoro.
Era giunto il momento di sommergerla di domande. Aveva fatto la persona quasi cortese e riservata fino a quel momento, pensava di meritarselo.
« Cosa fai per vivere, Yami-san? Il tuo capo è uno studioso di Quirk, hai detto… tu cosa sei? Adesso hai una casa? Dove vivi? Ti piace il nero come colore o è semplicemente più comodo per lavoro? Non hai mai pensato di fare una treccia? Quanto spesso pettini i capelli al giorno? Usi il balsamo? Che marca? Hai una bella pelle, usi prodotti per il corpo? Perchè sei uscita senza ombrello con un tempo del genere? Cosa si prova ad avere un fratello? »
E, passo dopo passo, guidati da quella pista di luci come se fossero molliche di pane, giunsero all’uscita del tunnel.. -
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« Quindi non sei in grado di rispondere ad una raffica di domande quando non sei sotto stress. Capisco. »
Osservava Yami camminare in modo decisamente non idoneo alla potenziale pericolosità della situazione, rafforzando in qualche modo l’idea che dovesse trattarsi di una persona con una buona dose di sicurezza; che fosse derivata dalla personalità o da un particolare Quirk non sembrava troppo importante.
Certo, avrebbe potuto tenere per sé anche quell’affermazione, ma perché privarsi di una possibile reazione? Aveva da un po’ l’impressione che la donna lo giudicasse un ragazzino molto infantile, con velate prese in giro, travestite da consigli pungenti; in realtà questo lo deludeva un po’, ma oltre a questo non gli dava particolari sensazioni: avrebbe continuato a comportarsi come preferiva, senza lasciarsi troppo influenzare da quel giudizio.
Anche perché non lo conosceva davvero. Non si conosceva lui, sicuramente una quasi sconosciuta non era stata in grado di leggerlo.
E, buffo a pensarci, anche se fosse riuscita, avrebbe trovato ben poco, dato che aveva iniziato a riscrivere le pagine della propria esistenza da poco.
In ogni caso, le risposte di Yami non furono esattamente soddisfacenti: aveva evitato più o meno le domande meno interiori, più adatte ad una conversazione frivola.
Male.
O meglio per lui. Gli permetteva di inquadrarla come una persona non troppo attenta ai dettagli, confermando l’idea che i suoi comportamenti e parole avevano già dato.
D’altra parte, anche ciò che la donna aveva detto era abbastanza elusivo e poco approfondito; a volte, però, molto calzante, come l’ammissione che amare il nero come specchio della propria anima, quasi come un distorto paragone con il significato di yami.
Tuttavia, Seishiro non ci credeva.
Non pensava che la donna stesse mentendo, credeva semplicemente che non avesse davvero avuto modo di leggersi, ma leggersi davvero, sconvolgendosi a tal punto da disperarsi.
Il nero è spesso associato al male e alla tristezza, ma non nella cultura giapponese, tanto che il colore dell’abito per il defunto è spesso il bianco, associato ai crisantemi trovati spesso nei cimiteri.
In realtà il nero è un colore stupendo con la caratteristica d’assorbire tutte le lunghezze d’onda della luce, o così almeno si insegna a scuola.
Ma per ora ci accontenteremo di una definizione alla portata di tutti, senza coinvolgere né lo spettro del visibile né la fisiologia dell’occhio, che ci permette di percepire il mondo.
Rimane comunque il fatto che per Seishiro un colore non potesse mai essere rappresentativo di un’interiorità, perché le nostre percezioni sono limitate dai nostri sensi, mentre l’anima è un piccolo infinito. Come si poteva ridurre un infinito ad una singola rappresentazione?
Sembrava quasi di fargli un torto; non si sarebbe mai permesso.
Al tempo stesso trovava interessante l’affermazione sulla comunione con la natura che la sensazione della pioggia sulla pelle poteva dare. Per lui, effettivamente, avrebbe avuto come effetto solo l’arrivo di un brutto raffreddore nel migliore dei casi; ma, per fortuna, ogni essere umano è unico e speciale, ciò che di più meraviglioso esiste al mondo, ma che spesso non viene riconosciuto come tale.
Ah, ovviamente non mancò di notare la spinta elusività in merito alla domanda relativa al suo impiego, prendendola come una parziale risposta. Alla fine chiunque faccia un lavoro onesto o sia privo di segreti, non ha nessun problema a riferirlo.
Capiva benissimo la donna, quindi decise di non insistere. Se, compiuti i vent’anni, non poteva essere precisa su certe questioni poteva solo immaginare che il destino non fosse stato troppo clemente con lei.
Fu molto colpito dall’affermazione sul fratello. Decise anche qui di non indagare in modo troppo fastidioso.
« Oh, capisco. » Fece una breve pausa, poi sorrise con una punta di amarezza nello sguardo. « A me sarebbe piaciuto avere un fratello o una sorella. » Era vero, dannatamente vero. Poteva sembrare un paradosso che un bugiardo come lui desiderasse un’altra persona nella propria vita; non credeva che con un altra figura in famiglia sarebbe stato meno invogliato a mentire e costruire maschere, ma sperava che in un universo parallelo il Seishiro con un fratello o sorella potesse essere sincero almeno con quella persona.
Così, per avere almeno una vera amicizia.
Soffriva terribilmente per la mancanza di relazioni autentiche, ma non aveva ancora trovato qualcuno con cui confidarsi a tal punto: doveva essere una persona a cui donare tutto il proprio amore, ma che non amasse abbastanza da voler proteggere da quel buio che aveva scoperto nella propria anima.
Era una questione difficile e delicata.
Sospirò e riaprì l’ombrello prima di uscire da quel tunnel, facendo strada a Yami.
« No, Yami-san. » Le sorrise, invitandola ad accomodarsi nuovamente sotto l’ombrello. « Non sono soddisfatto. Sei stata molto breve ed elusiva su tutte le questioni più rilevanti. Perchè? Non sembri una persona timida, quindi non c’entra la tendenza personale a parlare poco. Sai, per me è difficile essere sincero, quindi capisco; e non ti giudico. Solo, è stato un po’ deludente. Pensavo fossi diversa da me, Yami-san. »
Ops.
« Questo non mi impedisce di trovare piacevole la tua compagnia. C'è una storia su una costruzione crollata e due yakuza che ho ancora voglia di ascoltare, dopotutto. ». -
..
-
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» Seishiro Harada
Livello 2
Esperienza 100
Energia 100
Forza 10
Quirk 50
Agilità 15
Danni: //
Tecniche: //
Equipaggiamento: //
» Scheda « » Quirk «Narrato Parlato Pensato
Era stato deluso dalle risposte di Yami, aveva avuto il coraggio di essere sincero ed esprimerlo e, per lui, era già più che abbastanza.
Non si aspettava altri risvolti, immaginava che il discorso sarebbe caduto lì, come coperto da un velo di imbarazzo che con i secondi avrebbe assunto sempre più l’aspetto di un tappeto. Già pronto a spazzar via tutto ma senza dimenticarlo davvero, accadde qualcosa.
Quel fuoco, quell’ardore che sentiva a pelle provenire dalla donna, avvampò come rabbia e leggera frustrazione; era quello stato d’animo in cui una parola sbagliata può svegliare la collera, mentre una parola giusta è in grado di spegnere l’incendio.
Era, per Seishiro, uno dei momenti in cui il cuore diveniva più autentico, mostrandosi al mondo con la purezza del sentimenti.
Così fece Yami.
Era furente nell’animo, ma dai modi ancora abbastanza pacati da parlare civilmente; sbottò la propria storia dai tristi risvolti, giudice e giudicata, forse finalmente libera di raccontare.
Chiunque sarebbe colpito da una vita del genere, sul filo del rasoio al confine fra crimine e legalità, con sogni soffocati chissà dove ma ancora così intensi da far guardare al futuro con coraggio; Seishiro non era da meno: fu molto toccato dalle parole di Yami, sinceramente commosso. Ma non si sarebbe di certo messo a piangere o ad abbracciarla, dandole quel bisogno d’affetto che spesso si crede necessario ed opportuno; necessario sì, opportuno decisamente no.
La donna gli aveva finalmente regalato ciò che desiderava, confidandosi e, in questo modo, dimostrandosi diversa da un certo ragazzino tanto spaventato dal mondo da mentire alla propria famiglia.
Ed era splendida.
Quando gli toccò il viso, Seishiro si sentì nuovamente violato, ma sopportò.
I loro occhi si incontrarono e in un attimo sembrarono scambiarsi più di mille parole. Lo sguardo del ragazzo, in quel momento, esprimeva tutta l’ambiguità che caratterizzava l’esistenza di quella creatura: la lente era inespressiva, coprente, una maschera sull’iride azzurra, la copertura perfetta per l’anima; l’occhio cristallino, invece, era profondo, vivo e pieno d’emozione.
Era uno sguardo diverso dai precedenti, ma non perché carico di pietà: quel calore, quel turbine che si celava sotto la superficie si stava muovendo, proiettando sul pigmento quel tumulto interiore. Era molto simile agli attimi di poco prima, ormai sbiaditi nell'uggiosa giornata.
Seishiro era felice. Faceva davvero fatica a manifestarlo in quel modo, senza proferire parola ma semplicemente lasciando che gli occhi brillassero.
Era felice e per nulla pietoso!
Guardarla diversamente? Ma scherzava? Cosa doveva fare, piangere per la povera piccola Yami, nuova eroina di quella tragedia chiamata vita?
Ma per favore.
C’è chi ha una vita più difficile e chi più facile e la sensibilità di ognuno varia di fronte a questo, ma l’atteggiamento no. Come ci si poteva permettere di dimostrarsi gentili e cortesi di fronte a qualcuno meno fortunato, giusto per non offenderlo?
Ipocrisia e falsità.
E, pensato da un bugiardo, rendeva la situazione quasi surreale.
La differenza stava che Seishiro nelle proprie menzogne era sempre sincero e corretto, per nulla bisognoso di farsi scudo di un buonismo lenitivo per le lacerazioni nell’anima.
Quindi sì, avrebbe guardato Yami con occhi diversi, gli occhi di chi sta disperatamente cercando un modo per continuare a parlare con quella persona, senza farsi sbraitare di andarsene.
Non pensava al brivido che avrebbe potuto dargli analizzare in dettaglio la storia della donna, convinto che il fatto di avergliela raccontata fosse più importante del racconto stesso. O meglio, si ripromise di farlo in un secondo momento; non poteva certo perdersi informazioni come un fratello omicida e un datore di lavoro pazzo criminale.
Per ora, c'era solo Yami, in tutta la sua complessità, fragilità e forza, una splendida creatura sempre più indecifrabile man mano che si procede nel profondo.
Gioia, curiosità, malizia, desiderio, fastidio; ora tutto turbinava negli occhi di Seishiro, mostrato solo da un'unica porta sul suo Io, a cui l'Es, ora più che mai, sussurrava di abbandonarsi a quel dionisiaco che tanto caratterizza il desiderio di libertà.
E lui, stoico, non muoveva un passo, lasciandosi osservare e osservando, occasionalmente concedendosi un leggero sorriso di soddisfazione.
Però, alla fine, non era davvero cambiato il modo in cu guardava Yami; si era solo perfezionato.
« Sì. » Rispose, con tono fermo. « Se è la tua vita, è esattamente questo che voglio sentire. Desidero conoscerti, non posso averti incontrata per caso. E non mi interessa se hai un passato doloroso e difficile, io sto parlando con questa Yami, la donna che mi ha rimproverato senza nemmeno conoscermi e che ho accettato di accompagnare sotto l’ombrello perché avevo voglia di parlare ancora con lei! Ho conosciuto una persona che, senza nemmeno volerlo, mi ha spinto a confidarmi. Non la perderò solo perchè hai paura di essere giudicata per come hai affrontato la tua vita. »
Fece un respiro profondo, poi parlò.
Un mezzo sorriso beffardo in viso e l’insicurezza del cuore.
« Vengo da una famiglia benestante, ho una vita perfetta da ragazzino esemplare e avrò un futuro facile. Non mi è mai mancato l’amore. Eppure sono cresciuto con la paura di mostrare il mio vero carattere fin troppo curioso, diventando un bugiardo compulsivo con chiunque, finendo a credere alle mie stesse menzogne finchè non ho aperto gli occhi dopo aver rischiato la vita. Imbarazzante, vero? »
Ecco, l’aveva detto.
Ormai.
« Sai cosa ho da dire dopo tutto questo? Una sola cosa e probabilmente nemmeno ti piacerà. »
Si fece coraggio e infranse ancora una volta una regola sociale, afferrando con una mano il colletto della giacca della donna, quasi a legarsi in un contorto simbolismo. Quando si trovò in quella posizione, così totalmente fuori da ogni logica, si sentì perso: non sapeva cosa dire o fare, ogni sospirò si era fermato fra le labbra in preda al panico che solo un gesto sincero e impulsivo poteva dare. Indugiò un attimo, poi sorrise con dolcezza; solo due parole sarebbero state appropriate. « Ti ringrazio. »
Rimasero in silenzio, accompagnati solo dal battere della pioggia sull'asfalto, finchè un sussurro quasi sofferente di Yami non si fece sentire, timido e ambiguo, come se fosse indeciso se essere timoroso o risultare spavaldo.
« Perchè dovrei guardarti diversamente? Perchè dovresti farmi schifo? Ogni cuore ha luce e ombra, Yami-san. Tu, io, chiunque. Io lo accetto e vi trovo la bellezza. »
Le diede un leggero colpo d’anca, cercando di sembrare simpatico, ad indicare che non aveva nessuna intenzione di lasciarla sotto la pioggia.
« Quindi questi Yakuza? E questo tizio che fa esperimenti sulla gente? ». -
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Edited by exquisite†corpses - 15/10/2018, 22:11.