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Edited by exquisite†corpses - 26/5/2019, 23:23. -
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YUYA MIROKUJIEra raro che Yuya si sentisse in colpa per non aver risposto ad un messaggio; in realtà era raro che Yuya si sentisse in colpa in generale, ma prima ancora di quello era raro che Yuya, per un motivo o per un altro, non rispondesse ad un messaggio.
A volte lo faceva subito, a volte un po' in ritardo, dipendeva dal mittente, ma lo faceva. Soprattutto quando di messaggi ne aspettava alcuni importanti, il che di solito voleva dire una cosa sola: lavoro. E per la prima volta in vita sua, poteva fregiarsi di qualcosa di assolutamente legale. Non che il resto gli dispiacesse di per sé, i soldi erano soldi ed era sicuro di essere abbastanza avido da non poter mai cambiare opinione, ma quelli che riceveva solitamente erano sempre in nero, ed averne un'altra fonte stabile avrebbe risparmiato un sacco di domande scomode dai suoi compagni universitari che di soldi ne vedevano a cascate.
Erano passati pochi giorni, ma Yuya aveva davvero ricevuto il suo primo vero lavoro. Era stata un po' una casualità, ma passando in edicola, sfogliando una rivista di moda gli era cascato l'occhio sull'annuncio di un provino: quella rivista cercava un nuovo modello, che sarebbe comparso sulla copertina nella stampa del prossimo mese. Yuya ci aveva pensato un po', immaginando sé stesso al provino, e se all'inizio ci aveva riso sopra dandosi dell'idiota... alla fine, senza sapere cosa l'avesse convinto, ci si era presentato. In realtà non si aspettava proprio nulla, anzi, era convinto di essere andato pure decentemente male, visto che lì riuniti quel giorno c'erano così tanti bei ragazzi che si era sentito un debole persino lui.
Perciò, quando - due settimane dopo - aveva ricevuto quella chiamata e dall'altro capo del telefono gli avevano detto che lui e un altro ragazzo erano stati scelti per posare per quella copertina, beh... no, aveva mantenuto quel suo solito distacco professionale che gli riusciva ad opera d'arte e che, però, una volta chiusa la telefonata, lo aveva fatto esultare abbastanza da fargli ricordare cosa volesse dire essere veramente contenti. Aveva persino pensato di chiamare sua madre per dargli la notizia, prima di ripensarci considerando che non gli rivolgeva la parola da più o meno cinque anni. Alla fine aveva chiamato Chris, il suo tutore, e almeno con lui era stato in grado di sostenere una conversazione soddisfacente.
In tutto questo, Yuya stava aspettando un solo messaggio: dall'agenzia, con le info del caso. Peccato che proprio in quei giorni avesse deciso di cambiare operatore telefonico, per cui la sua vecchia SIM stava facendo un po' i capricci, ed era dalla mattina del giorno prima che il segnale andava e veniva, cercando di stabilizzarsi, i suoi ultimi momenti prima di morire per sempre.
E Yuya ci viveva con il cellulare in mano, fra social e app di messaggistica, quindi la mancanza di segnale la percepiva piuttosto bene, anche se aveva deciso di non farne una questione di stato, tanto prima o poi il messaggio dell'agenzia sarebbe arrivato comunque, bastava mettersi l'anima in pace.
Ad arrivare prima di quello, però, era stato - sorprendentemente - un altro messaggio, che Yuya non aspettava assolutamente. Era comparsa la notifica sul suo schermo, abbassando momentaneamente il volume della musica che stava ascoltando con gli auricolari, e Yuya si era allontanato dal frigo, chiudendo lo sportello con la coda, mentre cercava di aprire lo yogurt al mirtillo che vi aveva appena tirato fuori.
Le sue iridi dorate avevano sondato subito il display del cellulare, che segnava le undici e dodici minuti, solo per assumere un'espressione di pura sorpresa nel leggere il contenuto di ciò che gli era appena arrivato.
Poi, uno strano ghigno si era dipinto sulla sua faccia, più divertito che altro. Perché ad avergli scritto era stata Yami, la ragazza di Disneyland con i capelli bianchi, quella che, bene o male, sembrava incontrare sempre per caso, ammesso che "il caso" esistesse, nelle situazioni... meno opportune. Ma se la ricordava bene, sì, nonostante fosse parecchio che non riceveva sue notizie. Però, ehi, che strano, non lo stava contattando per lavoro?
«Cos'è, un appuntamento?» aveva mormorato fra sé e sé, lasciando sfumare quel ghigno in una specie di sorriso. Poi aveva letto l'orario e la data del messaggio.
Il giorno prima.
Aveva corrucciato lo sguardo.
Oh.
Ora fissata: mezzogiorno.
Il che significava che... mancava meno di un'ora.
Yuya aveva quasi rischiato di strozzarsi con lo yogurt, poi aveva lanciato qualche imprecazione verso il suo nuovo operatore telefonico e aveva abbandonato la confezione di plastica appena aperta nel frigo, dirigendosi a passo svelto verso la sua camera.
Mai dare buca ad una ragazza era una sua prerogativa da... anni, probabilmente. Non poteva cominciare certo in quel momento. E soprattutto non con Yami.
Yuya odiava fare cose come quella a viso aperto, insomma, comparire dal nulla in mezzo a posti non troppo in vista non era proprio il massimo, perché non sapevi mai chi o cosa potevi trovarci, soprattutto di sabato a mezzogiorno. Però, si era ritrovato, senza volerlo, con l'acqua alla gola e molte poche alternative. Le strade di Ginza, in effetti, erano ghermite dalla gente, e Yuya ringraziò gli dei che la ragazza avesse scelto un posto famoso come il teatro Kabuki-za o non sarebbe arrivato in tempo nemmeno con il suo quirk. Alla fine, si era lasciato prendere dalla fretta ed era riuscito ad arrivare ben con quattro minuti di anticipo. Ed aveva finito col vestirsi quasi completamente di bianco.
Yami, come al solito, non era stata difficile da individuare: una figura sottile, con una chioma candida, vestita completamente di nero. In netto contrasto fra loro, Yuya si chiese, per la prima volta, se si vestisse così per tentare di uniformarsi alla massa di persone giapponesi che la circondavano e che le camminavano intorno. Alla fine, il tempo di chiedersi perché lo avesse chiamato non lo aveva avuto, quindi sperava che fosse sul serio un appuntamento, perché lui si era preparato mentalmente per quello.
Il ragazzo con la coda, che stavolta si era premurato di non nascondere, aveva deciso di avvicinarsi in modo cauto, evitando quindi di comparirle bruscamente alle spalle in un ricettacolo di fumo e zolfo. Per quanto comportarsi in quel modo potesse piacergli, in alcune occasioni... beh, era meglio evitare. La vedeva irrequieta già di suo, da lontano. Riuscì ad avvicinarsi abbastanza giusto in tempo per captare e comprendere uno dei suoi borbotti, che lo fecero istintivamente sorridere, portandolo a schiarirsi la voce con un colpo di tosse, mentre lei alzava lo sguardo per scrutare le locandine degli spettacoli, come in un cinema.
«Per vedere me, suppongo?»| Villain | #Livello 6 | 23 y/o | ☀ |
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Edited by Ryuko - 28/5/2019, 19:37. -
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YUYA MIROKUJIYuya infilò le mani nelle tasche dei jeans, bianchi, proprio come i capelli di Yami. Doveva ammetterlo, in quel momento poteva ritenersi particolarmente di buon umore, e la ragazza in sua compagnia non avrebbe avuto particolari difficoltà a notarlo: vuoi per quel sorriso compiaciuto che gli si era stampato in viso al suo "ciao" ingarbugliato; vuoi per quel muoversi quasi ritmico, da destra verso sinistra, della coda che gli spuntava poco sotto al cardigan che gli faceva da giacca.
«Beh, ti fai sempre viva nei momenti più... disparati. Sai di solito gli appuntamenti si chiedono con un po' di anticipo.» commentò, sfregandosi appena l'indice della mano destra proprio sotto il naso, prima di riporre la mano in tasca, senza aggiungere altro e risparmiando alla giovane tutto il... resto. Soprattutto la storia della SIM e del suo patetico ritardo. Era piuttosto convinto che non gliene fregasse proprio nulla.
Oddio, forse no. Visto che si trattava di Yami, e Yuya per via dei loro precedenti incontri era ormai piuttosto convinto che sarebbe stata ad ascoltarlo anche se avesse tenuto un seminario su come coltivare frutta. Le iridi dorate del giovane si mossero rapide verso il cielo, con fare dubbioso, per poi tornare rapide a fissare lo sguardo azzurrino della ragazza.
«Ti avrò abituata male a presentarmi sempre puntuale ogni volta che mi chiami?» mormorò poi, incurvandosi appena verso di lei. Yami era piuttosto alta, per la media giapponese, sfortunatamente però, lo era anche Yuya per cui la loro differenza d'altezza continuava a rimanere piuttosto palese. Yuya arginò così il suo "non pensavo saresti venuto", considerando che fino a poco meno di un'ora prima... non lo pensava nemmeno lui. Ebbe modo, invece, di scrutare la sua figura snella e di notare quel buffo contrasto: lui con i capelli neri, vestito completamente di bianco; lei con i capelli, bianchi vestita completamente di nero. «Sono molto carini, comunque. - aggiunse, dopo un secondo di muto silenzio, accennando appena un sorriso. - i vestiti.»
Sperò di non averla fissata troppo, nonostante fosse quasi certo di averlo fatto, o almeno non così tanto da metterla a disagio. Però lo aveva pensato sul serio, che stesse bene vestita e truccata in quel modo.
In realtà c'erano una miriade di ragioni per cui poteva definirsi di buon umore in quel frangente, sia per come erano andate le cose nei giorni scorsi, sia per altro, tipo che fosse bel tempo, ma una delle ragioni era comunque l'essere lì in quel momento. Yuya prese a camminare a fianco di Yami, accettando il suo invito a muoversi. Il sole sulle strade di Ginza diffondeva un calore abbastanza piacevole.
Non era certo di quale fosse il motivo, ma era sicuro che la sua presenza c'entrasse qualcosa. Perché quando passava il tempo con lei, in qualche modo, riusciva ad essere davvero sé stesso. Non sentiva di aver niente di particolare da nascondere, o almeno, non le cose che di solito nascondeva agli altri. Certo, poi c'era quel discorso che ogni volta che era con lei rischiava di rimetterci la pelle: e quando era suo fratello, e quando erano le richieste che gli faceva, e quando era lei che andava a buttarsi in delle trappole palesemente ovvie.
Però se ci pensava adesso non poteva fare a meno di trovarlo divertente. Come dire, sembrava che la vita si smuovesse quando c'era Yami nei paraggi, probabilmente per via dei segreti che si portava sulle spalle o... chissà. Nemmeno Yuya li sapeva. Forse non c'era nemmeno una vera e propria spiegazione.
«Oh? Quindi non era un appuntamento? Mi sono sbagliato e mi hai chiamato davvero per lavoro?» rispose, con una nota di vera sorpresa nella voce, alla successiva frase della ragazza, mentre si lasciavano il teatro alle spalle. «Peccato... Ma no, non ho mangiato, dove vuoi andare? Karaoke? Offro io.» chiese, stranamente pieno di brio. Ammesso che Yami ci fosse mai stata in un karaoke. Chissà se sapeva cantare.| Villain | #Livello 6 | 23 y/o | ☀ |
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YUYA MIROKUJIA Yuya venivano in mente circa una dozzina di modi in cui poter far aspettare Yami, o meglio, come far aspettare una persona in generale, tuttavia decise di non infierire troppo. Non era certo il campione della puntualità, ma grazie alla praticità del suo quirk si era salvato numerose volte da situazioni altrettanto spiacevoli. Soprattutto nel periodo in cui ancora andava a scuola e aveva ancora degli orari piuttosto rigidi da rispettare. Fortunatamente veramente in pochi fra i suoi amici sapevano che fosse in grado di teletrasportarsi, e quindi sembrava tutto incredibilmente normale.
«Non saprei, già il fatto che tu sia qui dovrebbe suggerirti qualcosa.» sospirò, trattenendosi per un pelo dal soffiarle in faccia per farle chiudere quegli occhioni da cerbiatta che aveva osato sbattergli davanti al naso. Ce ne sarebbe voluto di tempo ancora, prima che il cuore di Yuya si sciogliesse davanti ad un'espressione tenera.
Districandosi in mezzo alle persone che affollavano le strade di Ginza, Yuya realizzò che per essere primavera faceva abbastanza caldo e decise di sfilarsi di dosso il cardigan. Alla faccia che il bianco non doveva assorbire la luce del sole. Decise di sistemarselo sottobraccio, rimanendo così solo con la sua maglia a mezze maniche dal comodo scollo a V, e si accorse proprio in quel momento, mentre ascoltava Yami parlare, di aver dimenticato una cosa importante. Non aveva messo nessuna collana, il che era un peccato, visto che - in generale - gli piacevano molto.
«Molto carino da parte tua.» commentò, scrollando le spalle, in risposta alla premura di Yami, che indirettamente gli aveva chiesto come avesse passato l'ultimo periodo della sua vita. Ma non aggiunse tanto altro. Già, Yuya dal canto suo non era cambiato molto. Qualunque cosa si aspettasse Yami, sarebbe probabilmente rimasta delusa: il giovane era rimasto il solito ragazzo spigliato e a tratti irritante che lei aveva sempre conosciuto. Lo stesso che al "Day One" le aveva fregato il suo coltello ricurvo da sotto il naso. Il suo guscio era sempre lì, saldo al proprio posto. C'erano così tante cose che avrebbe potuto dire o raccontare, ma così facendo Yuya avrebbe rischiato d'intaccare quello specchio di perfezione dietro al quale gli piaceva nascondersi. «Oh. Mi hanno chiamato da una rivista di moda. Poserò per la loro copertina a quanto pare. Come pensi che stia?» mormorò infine, optando per la cosa più classica da dire. E forse anche la più interessante. «Ti ascolto volentieri, comunque. Ma suppongo che tu non voglia parlarne qui, quindi muoviamoci, fa caldo.» asserì, aumentando appena il passo, solo per raggiungere la ragazza che gli stava camminando di fronte e prenderla per le spalle.
Non in modo aggressivo; in realtà poggiò solamente i palmi delle proprie mani sulle spalle di Yami, in modo il più equidistante possibile dalla base del suo collo. Un gesto abbastanza amichevole, per gli standard dei contatti che i due avevano avuto fino a quel momento.
«E non fa niente. Ci sono tanti modi in cui puoi farti perdonare. - mormorò, accompagnando la frase con un occhiolino. In realtà avrebbe potuto benissimo ammettere che in parte la colpa fosse sua e del fatto che avesse deciso di cambiare operatore telefonico, ma in fin dei conti Yuya era così e non vedeva il motivo per non approfittare della cosa facendo tutto il possibile per mettere a disagio gli altri. - Ma se continui a camminare così rischi di colpire qualcuno, tesoro. Quindi girati e andiamo.» asserì, sottintendendo che aveva accettato l'invito a quel Karaoke che avrebbe dovuto chiedere i diritti d'autore a Tony Stark.---
I due incroci vennero superati piuttosto in fretta, complice il fatto che, sì, erano piuttosto vicini, e che forse entrambi si trovavano in assieme ad una persona di cui non trovavano sgradevole la compagnia. Yuya e Yami si ritrovarono ben presto di fronte ad un ingresso abbastanza vistoso che, senza ombra di dubbio, apparteneva al Karaoke.
«Oh, direi che ci siamo. Prima le signore, giusto?» domandò, con una punta d'ironia, inclinando il capo, e lo sguardo di conseguenza, verso la giovane che lo stava affiancando.| Villain | #Livello 6 | 23 y/o | ☀ |
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YUYA MIROKUJIYuya si lasciò sfuggire un sospiro, abbozzando un sorriso. Quando aveva risposto alla ragazza, lui ovviamente si era riferito ad un suo possibile stato psicologico, non ad uno fisico, ma in fin dei conti Yami pareva aver lavorato giusto un briciolo di più sul suo senso dell'umorismo, cosa che non doveva essere del tutto negativa.
«In effetti il bianco ingrassa. - Yuya si era fatto pensieroso per un momento, poi però aveva afferrato l'orlo candido della maglietta che aveva indosso e l'aveva sollevato appena. In concomitanza, un simpatico ghigno si era dipinto sul suo viso. La t-shirt, infatti, andò a scoprire la sinuosa V dell'inguine di Yuya e quelli che sembravano a tutti gli effetti degli addominali ben scolpiti. - Ma, si chiamano muscoli, Yami. Mai visti prima?»
La sua ironia pungente durò comunque poco, perché erano pure sempre in pubblico, e la stoffa scivolò al suo posto tanto in fretta quanto si era sollevata. Ciò non risparmiò comunque un altro occhiolino a Yami, sempre amichevole, s'intende. «Se vuoi toccare puoi richiedermelo più tardi.»---
Una volta entrati nel locale, ad accoglierli fu una cameriera. Yami si occupò degli "onori di casa", e Yuya si senti sollevato, perché... non riusciva mai a parlare alle cameriere senza far sembrare che ci stesse provando con loro, e questo era meglio che Yami non lo sapesse.
Yuya la ringraziò solo in un secondo momento, una volta che li ebbe condotti nella stanza riservata e che ebbe lasciato loro i menù. Senza farsi troppi problemi, il giovane si accomodò sulla poltroncina di pelle rimasta libera. Strano. Pensava che per una stanza privata bisognasse almeno prenotare, o essere in tanti. Forse avevano avuto fortuna perché non c'era troppa gente, ma Yuya aveva giurato di aver visto qualche gruppetto nella sala pubblica. Beh, non che gli dispiacesse.
In compenso Yami partì in quarta: Yuya non fece nemmeno in tempo a pensare di prendere il menù che la ragazza estrasse dalla borsetta un mazzo di tarocchi asserendo di saperli leggere.
«Oh. - mormorò, rimanendo interdetto per un attimo, perché in effetti poteva dire qualsiasi cosa, ma non se lo aspettava. - Uhm... e come funziona?» chiese, inarcando un sopracciglio e fissando il mazzo di carte posto sul tavolo.
Poi estrasse il cellulare dalla tasca. «Ehi, metti la mano qui.» disse, indicando la superficie del tavolo, proprio di fianco ai tarocchi.
Se Yami lo avesse accontentato Yuya, aperta la fotocamera, avrebbe scattato una semplice foto.
No, non voleva violare la privacy di nessuno, ma in realtà il ragazzo non era molto pratico di quelle cose, proprio per niente. Del resto se Yami lo avesse guardato perplessa o se gli avesse chiesto coda diavolo stava facendo, Yuya avrebbe risposto con una mentalità profonda tanto quanto quella di un bambino di cinque anni. «Cosa c'è? Dovrebbe essere figo farsi leggere i tarocchi, no?»
Nella sua testa qualcosa come farsi leggere i tarocchi era una roba da serie televisiva, per quello era sicuro che quella foto con il giusto filtro, avrebbe acchiappato le sue belle dozzine di like. Insomma, un mazzo di carte, la mano di una pseudo-cartomante con lo smalto nero...| Villain | #Livello 6 | 23 y/o | ☀ |
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YUYA MIROKUJIL'atmosfera era sicuramente diventata strana meno di un minuto dopo che la cameriera aveva inforcato l'uscio della porta per lasciarli soli, ma Yuya aveva avuto più o meno - senza saperlo - la stessa sensazione di Yami.
Tralasciando che no, nemmeno questa volta aveva idea del motivo per cui la ragazza albina lo avesse chiamato, era la prima volta che uscivano come due normali, normalissimi, ventenni. Il che considerando le rispettive situazioni non era cosa da poco. Anche se nessuno dei due era a conoscenza delle dinamiche precise per cui l'altro ci si trovava, se non per pochi dettagli, i loro incontri precedenti - soprattutto il primo - non lasciavano molto spazio alle parole.
E che stessero giocando o meno a fare le persone normali, non era una brutta sensazione.
«Tranquilla, la tua privacy è al sicuro con me.» mormorò il corvino, lasciando slittare il telefono sulla superficie del tavolo. «Ho fotografato solo la tua mano... oh, ma se ci tieni posso taggarti.» le sorrise. Lo schermo del cellulare, infatti, non era spento, e mostrava la fotografia che il giovane aveva appena scattato: la carnagione diafana delle dita di Yami proprio a fianco delle carte. Nulla di più, però effettivamente, era una foto carina.
Dopo averla "rassicurata" - per così dire, visto che aveva scambiato l'incertezza di Yami per puro e semplice imbarazzo dovuto all'apparire in foto - Yuya obbedì e colpì con l'indice il retro della prima carta del mazzo dei tarocchi. Tre leggerissimi colpi, come se stesse bussando ad una casa per bambole.
Si era incuriosito abbastanza da prendere la cosa leggermente sul serio.
La ragazza cominciò a separare le carte e a dire... di come esse avrebbero dovuto guidarlo. Sì, ma dove? Alle sue orecchie tutto ciò che Yami stava dicendo suonava completamente nuovo. Decise comunque di stare al gioco, e mantenere la sua poker face. Era quello che sapeva fare meglio.
"Cosa voglio chiedere, uh?" si disse, mentalmente.
Chiuse gli occhi una frazione di secondo e... fece finta di pensarci sul serio, nonostante non avesse la più pallida idea di cosa volesse dire. Ce ne erano di cose che avrebbe voluto chiedere: a sua madre, a suo padre, ai suoi amici, a Yami. Forse anche alle sue ex, ma era la cosa meno importante. Serviva a sdrammatizzare. Ora, le carte... erano lì per fare da catalizzatore o semplicemente per far diventare Yami la sua psicologa personale? Fortunatamente a questa domanda non trovò risposta, perché dopo appena qualche secondo, Yami svelò la prima carta che si rivelò meno ostica del previsto, per quello che si aspettava Yuya. Anzi.
Ora, lui non era un grande esperto, ma gli arcani maggiori più famosi a grandi linee li conosceva. E nonostante quel mazzo fosse un tantino macabro, era quasi certo di poter dire che l'unica carta a rappresentare due soggetti fosse quella degli Amanti.
E alle parole di scherno di Yami, ne ebbe solo la conferma. Un sorriso si delineò sul suo volto, ed il ragazzo si ritrovò a distendere la spina dorsale sullo schienale imbottito della poltroncina. Poi, accavallò le gambe.
Davvero, Yuya non lo faceva apposta. Ma ogni tanto sembrava proprio che Yami gliele offrisse su un piatto d'argento quelle occasioni. E chi era lui per non coglierle?
«In realtà... sì.» Yuya sospirò e chiuse gli occhi, congiungendo le mani proprio sopra il ginocchio della gamba accavallata. Era piuttosto palese che stesse recitando la parte stereotipata di un uomo omosessuale. Difatti, dopo un secondo raddrizzò la schiena e si sporse in avanti, abbassando il tono di voce, fino a ridurlo ad un sussurro.
«La rivista di moda, sai... dovrò posare assieme ad un altro ragazzo e, insomma, noi...» si strinse il labbro inferiore in una morsa, ma interruppe lì la frase, perché era palese dal suo tono di voce fasullo che stesse mentendo. Però non riusciva a fare a meno di sogghignare divertito, perché già prevedeva dove sarebbe andata a finire la conversazione: in un altro bellissimo modo per stuzzicare Yami.
«Ti conviene sbrigarti se vuoi confessarmi il tuo amore... o potrei cedere alle sue lusinghe.»
Perché insomma, era abbastanza palese che Yami si fosse presa una cotta per lui. E Yuya lo sapeva più che bene. Sperava solo che la cameriera non entrasse proprio in quel momento.| Villain | #Livello 6 | 23 y/o | ☀ |
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YUYA MIROKUJIA Yuya piaceva giocare a fare lo spavaldo. Gli era sempre piaciuto. E spesso esagerava senza nemmeno rendersene conto, ritrovandosi invischiato in situazioni più grandi di lui.
Difatti, alle parole di Yami, gli tocco fare un passo indietro.
In senso figurato, ovviamente.
Yuya pensava di essersi preso parecchie cotte nell'arco della sua vita, ma dire che sapesse dare una definizione di "amore" sarebbe stato come provare a raccontare un libro senza averlo letto.
Yuya sapeva cos'era il sesso, cos'era l'attrazione fisica, l'infatuazione, ma una definizione di amore non era certo di poterla dare.
Non sapeva se doveva collegarlo a quel sentimento che provava quando continuava a preoccuparsi per la salute di sua madre, nonostante la distanza che si fosse creata tra loro; non sapeva se doveva collegarlo a quella vana speranza di vedere, un giorno, suo padre spuntare da uno dei suoi soliti varchi dimensionali per abbracciarlo e dirgli che era fiero di lui; e non sapeva nemmeno se doveva collegarlo all'affetto fraterno che provava per la sua unica amica d'infanzia che, nonostante tutto, gli era rimasta vicino.
Per quanto potesse illudersi e darsi arie da esperto dongiovanni, non lo sapeva e basta. Perché non credeva di averlo mai davvero provato, nonostante tutti i suoi compagni d'università andavano da lui, a chiedere, quando dovevano tentare di conquistare una ragazza. E poi lui era il primo, quando una ragazza gli interessava veramente, a non saper cosa fare.
Anche perché, a conti fatti, quella era la prima volta che sentiva che una ragazza gli interessava veramente. E non sapeva nemmeno se fosse un interesse romantico, o solo genuina curiosità di saperne di più su di lei una volta per tutte.
Sì, stava parlando di Yami.
Nella storia che Yuya conosceva di lei mancavano così tanti tasselli che ricostruire un puzzle al momento era impossibile.
Il corvino sospirò, schiarendosi la voce con un colpo di tosse, ed accantonando quella fastidiosa vocina nei suoi pensieri, origine di tutte le sue paranoie mentali. Scompose la sua posizione fasulla e si rilassò di nuovo stravaccandosi sulla poltroncina.
«Mi spiace, non posso aiutarti.» mormorò, distogliendo lo sguardo che fino a quel momento era rimasto fisso sul viso della ragazza. «Cioè, davvero non so che idea tu ti sia fatta di me, ma probabilmente è sbagliata. Sono una pessima scelta per sentirsi "al sicuro".» enfatizzò, facendo con le dita il tipico gesto delle virgolette per accentuare quelle parole.
Era la prima volta che Yuya non cantava lodi di sé stesso in presenza di Yami.
«È strano che tu non te ne sia accorta, visto che hai rischiato la vita ogni volta che ci siamo incontrati.» Ironia a parte, era strano, ma il giovane giapponese non stava trovando alcuna ragione per mentire, come faceva di solito. Forse si era reso conto che stava portando avanti la sua recita da troppo tempo. Qualunque tipo di recita fosse.
«Poi... io non so davvero niente di te. Tranne che per qualche ragione sei stata accusata di omicidio a tredici anni. Basta scavare un po' tra le ricerche del tuo nome su internet.»
Questa volta, forse, ci era andato giù particolarmente pesante, era capace che nemmeno Yami si aspettasse che il suo compagno di conversazione riesumasse un argomento del genere. Ma era vero, Yuya l'aveva fatto, seppur non di recente. Qualche tempo dopo Disneyland probabilmente. Visto il sostanzioso numero di volte che si erano incontrati, a lui era sorta solo la curiosità di sapere chi fosse. E l'aveva cercata. Anche se c'era la possibilità di non rivederla affatto. Ma al posto del suo profilo Facebook, Instagram o di qualsiasi social, erano spuntate delle notizie ambigue, e poi... dei vecchi articoli di giornale.
«Quindi, posso avere delle spiegazioni? Chi sei tu, chi è Yama e perché mi hai contattato quella notte di tre anni fa insieme a quel tipo vestito da... Daft Punk? Come si chiamava, Sanji?» anche riesumare il loro primo incontro era un osare molto pericoloso. Non era detto che Yami avesse voglia di parlare con lui di tutte queste cose, ma il tono di Yuya era diventato improvvisamente abbastanza serio. Quello di uno che esigeva delle risposte che gli erano rimaste precluse per troppo tempo.
Proprio in quel momento, tuttavia, tre lievi colpi sulla porta, susseguiti da un socchiudersi della stessa, interruppero l'atmosfera carica di tensione e aspettative.
Era la cameriera.
Già, Yuya si era scordato di guardare il menù. Lanciò una veloce occhiata alle carte posate sul tavolo, e poi fece cenno alla cameriera che poteva entrare. Puntò il dito a caso, ma in una sezione ben precisa del menù. «Per me questo, grazie.» mormorò. Più o meno qualsiasi cosa con il pesce andava bene. Poi sospirò, di nuovo, quasi come rilassandosi.
«Ordina, dai.» asserì rivolto a Yami.| Villain | #Livello 6 | 23 y/o | ☀ |
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YUYA MIROKUJIYuya rimase in silenzio. Gli ci volle qualche lungo attimo per elaborare le parole di Yami e l'immensa mole di informazioni in esse contenute. Era impressionato soprattutto dalla facilità con la quale gliele aveva spiattellate davanti. Ed i suoi pensieri a riguardo erano due: o era veramente cotta, oppure doveva davvero fidarsi di lui, scelta che il giovane non si sentiva affatto di condividere, ma che - forse - poteva iniziare a comprendere.
Quando però vide la ragazza allungare la mano verso il mazzo di tarocchi per rimetterli in borsa, agì quasi d'istinto. Perché le cose andavano fatte con ordine e non sopportava che qualcuno gli mettesse in bocca parole che non aveva detto. Allungò il braccio a sua volta e le afferrò il polso. Era già successo una volta, a Disneyland, e le cose non erano finite bene, ma stavolta c'era qualcosa di diverso: non aveva fretta e non c'era un briciolo di agitazione nei suoi gesti.
«Non voglio andarmene.» mormorò, spostando le proprie iridi dorate dal polso sul viso di Yami. Il suo tono era serafico, nonostante, no, Yuya dentro di sé non lo fosse affatto. Stava ancora processando tutte le informazioni ricevute, ma il suo cervello funzionava in modo strano e non era riuscito ad ignorare l'accentuarsi di quel tremolio che la voce di Yami aveva manifestato sin dall'inizio del racconto.
«Davvero. Però cerca di calmarti e non piangere.» lentamente allentò la presa e liberò il polso della giovane, rilasciando un lento sospiro. I tarocchi sarebbero rimasti al loro posto, e se Yami avesse tentato di metterli via di nuovo poteva star certa che Yuya glielo avrebbe impedito. «O meglio, puoi piangere se vuoi. So come si consolano le ragazze, pensa solo se ne vale la pena o no.» Non aveva mai pensato a Yami come una donna fragile; l'aveva sempre vista più come una bambina ingenua alla "scoperta del mondo", e... che dire, finalmente tutto aveva un senso. Avrebbe voluto dire di avere un sacco di domande, ma... in verità, non era così. Solo due gli ronzavano in testa in modo particolare, per il resto, beh, la cronologia degli eventi gli era piuttosto chiara, e ormai erano passati anni dall'incidente della Yuuei, per quanto avesse senso... non aveva senso parlarne.
Anche perché Yuya pur non essendo stato lì quel giorno si era sentito realmente una persona viscida quando aveva scoperto che quel compito che proprio Yami gli aveva affidato aveva contribuito al rapimento di uno degli studenti della scuola per eroi. Si era sentito un po' nello stesso modo di quando aveva scoperto quale fosse lo scopo dell'acido che aveva rubato all'università di fisica.
Da quando? Da quando aveva cominciato ad importargli della sorte delle persone? Yuya non lo sapeva davvero, forse aveva sempre vissuto in simbiosi con i sensi di colpa e stava iniziando a rendersene conto poco a poco. Viveva nel terrore che la sua maschera si sgretolasse, e che tutte le sue insicurezze venissero mostrate al mondo intero.
Per smettere di pensarci, fece la cosa che sapeva fare meglio: sdrammatizzare.
«E non esageriamo, ne ho visti di mostri nella mia vita e tu decisamente non rientri fra quelli.» Per quanto potesse suonare ambigua la frase, era davvero la prima volte che Yuya non si riferiva all'aspetto esteriore della ragazza. Certo, la frase era anche fatta apposta per non farlo capire, ma Yuya aveva una definizione ben precisa di "mostro" in mente. Uno che faceva parte di una delle vicende che Yami aveva raccontato, ma che aveva voglia di ricordarsi il meno possibile, per cui, ignorò il riaffiorare della sua figura nella sua testa e tirò dritto con i suoi discorsi.
«Lo odi? Tuo fratello, dico.» chiese, incurvando appena la schiena in avanti, cercando di non essere troppo aggressivo con quella domanda. Ma curiosità a parte, aveva davvero bisogno di saperlo. Era una cosa strana, ma si rispecchiava in quella situazione più del previsto. Yama, a conti fatti, era la causa della rovina di Yami, esattamente come suo padre aveva rovinato la sua, sparendo, quel fatidico giorno di svariati anni fa. E Yuya ancora non sapeva che tipo di sentimento provare nei suoi confronti, per quello stava cercando un paragone con Yami. Era sicuro che la ragazza fosse più matura di lui, anche se non sapeva perché.
Poi si poggiò rapidamente una mano sulla fronte, imprecando mentalmente, e fine per passarsela fra i capelli corvini.
«Cavolo, che casino, vorrei dire che mi dispiace, ma non credo che delle mie scuse tu te ne possa fare qualcosa. Non avevo idea che tu fossi rimasta coinvolta in tutto questo. Non sapevo nemmeno tu conoscessi Daisuke e Ryo. E Ash certo, ma lui potevo aspettarmelo, forse. Sono vivi almeno?» chiese, e per un attimo si sentì un genitore apprensivo nei confronti dei propri figli. SUl serio, Ash poteva comprenderlo, aveva lavorato per il Sosenji anche lui una volta. Anche se non era finita bene. Ma Daisuke e Ryo? Yuya li conosceva da quella volta al fight club clandestino, dove li aveva salvati da un arresto sicuro, e poi li aveva usati per infiltrarsi alla yuuei. Usati letteralmente, perché da quel momento non li aveva più visti. Il perché Yami li conoscesse era un'incognita. Che fosse riuscita a risalire a loro grazie a quel lavoro alla Yuuei, che dopotutto gli aveva commissionato lei? O li conosceva già da prima? Il mondo doveva essere proprio piccolo.
«Cavolo, non sapevo proprio niente.» rifletté, per finire, rendendosi conto che forse anche Yami si sentiva in quel modo nei suoi confronti. Però non sapeva da dove cominciare. Aveva sempre avuto solo un'amica con cui confidarsi, ma aveva smesso nel momento esatto in cui lei si era iscritta alla Yuuei. Forse... poteva sperare che Yami...
«Io... Mhh. Beh, ti sorprenderà, ma sono due storie molto simili da un punto di vista diverso. Può bastare?» mormorò, distogliendo lo sguardo con fare decisamente patetico. Gli venne naturale sospirare, di nuovo. «No, vero?»| Villain | #Livello 6 | 23 y/o | ☀ |
Energia: 550 | Forza: 170 | Quirk: 170 | Agilità: 185
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▸ Scheda: The Devil. ◂. -
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