A cooler me

Role libera tra Gin & Tobi

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    TOBIKO FUKUDA

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    Narrato.
    -Parlato Tobi.-
    -Parlato Altri.-
    "Pensato."



    -Stupido.- Mormorò Tobiko, steso a terra nel suo modesto salotto con le gambe infilate sotto il kotatsu, le cui coperte rosse e bianche erano ripiegate e riposte all'interno di un cassetto dell'unico altro mobile della sala. La tv era spenta e Tobi era completamente immobile: il periodico rumore del treno che passava era l'unica cosa che dava l'impressione che il tempo stesse effettivamente scorrendo. Il ragazzo indossava dei pantaloncini grigi ed una canottiera nera, pronto per andare a fare il suo giro di corsa mattutino, ma si era arrestato al controllare il telefono che aveva lasciato sul tavolo la sera prima. Da quella posizione, si era lasciato cadere all'indietro e non aveva più mosso un muscolo, cadendo in una sorta di stato meditativo profondo per quasi due ore.
    "Ma cosa mi è venuto in mente?" Concluse, prendendosela con sé stesso. Un crampo di fame lo spinse a rotolare su un fianco e a chiedersi, stupito, che ora fosse. Le nove e venti? Aveva davvero passato due ore steso a terra come un sacco di patate? Con fatica, rotolò ancora, per poi mettersi in piedi, un po' barcollante. Camminò sino al frigorifero e lo aprì, fissando gli avanzi della cena della sera prima, senza tuttavia vederli davvero. Un sonoro bip gli fece notare che la porta del frigorifero era aperta da troppo tempo, dunque egli si scosse ed afferrò la ciotola in ceramica bianca degli avanzi, assieme ad una bottiglia di succo all'arancia ed una d'acqua. Ormai la sua routine era saltata, non sarebbe andato a correre per quel giorno, perciò tanto valeva mangiare subito.
    Per fortuna era nel periodo delle vacanze estive, che nella Yuuei non era lungo quanto quello delle altre scuole, ma era comunque presente. Specie per chi, come lui, si era iscritto ad inizio anno scolastico e quindi aveva completato tutti i corsi senza ritardi. Ebbene sì, in qualche modo ce l'aveva fatta: non solo aveva provato di essere degno di frequentare la scuola, ma era anche passato al secondo anno.
    Forse fu proprio quello a dargli un falso senso di sicurezza, che lo aveva spinto a compiere quella sciocchezza. Cosa poteva essere, passare al secondo anno della scuola di supereroi più prestigiosa del Giappone, in fondo, se paragonato con l'ottenere un appuntamento dalla ragazza che ti piace? Era ovvio che sarebbe stato completamente ignorato, lui, un ragazzo talmente invisibile che a volte sospettava il suo vero Quirk fosse quello. Qualunque momento di vicinanza che credeva di aver avuto con lei, qualunque parola gentile che lei gli aveva rivolto, era evidente che il ragazzo avesse attribuito alla cosa più importanza di quanto non avesse fatto lei. Ad essere onesti, Tobi non era sicuro che lei gli piacesse davvero: per lui era la prima volta, non aveva mai pensato a nessuna ragazza sotto quel punto di vista, perciò non sapeva bene che tipo di "sintomi" doveva cercare per capire se si era effettivamente preso una cotta per lei o se era solo grato delle sue attenzioni.
    Infatti avrebbe dapprima voluto approfondire la sua conoscenza, ma era stato bloccato già al primo step del suo longevo piano: le aveva scritto ormai un giorno e mezzo prima, e lei non aveva nemmeno visualizzato. Era stato molto conciso, quindi i suoi messaggi potevano essere tranquillamente letti dalle anteprime, ed il ragazzo trasse proprio quella conclusione: che lei non li avesse ancora nemmeno visti era fuori discussione.
    Il rumore del legno che batte sulla ceramica lo scosse: sovrappensiero, aveva continuato a mangiare ed aveva finito per divorare tutti gli avanzi della sera prima. Dunque bevette il succo direttamente dalla bottiglia, ripose la ciotola nel lavello e le bevande in frigorifero. E, dopo quella colazione decisamente esagerata, si fiondò sotto la doccia e si preparò per uscire. Anche se "preparò" era decisamente molto generosa come definizione: il ragazzo si era limitato a mettere dei pantaloncini sportivi neri con delle righe bianche laterali ed una maglietta nera semplice. Li considerava abiti "buoni" perché meno consumati di quelli che usava per andare a correre, ma non si poteva certo dire che si fosse agghindato. Per la prima volta si fermò a guardarsi allo specchio, dopo essersi vestito e spruzzato un po' di deodorante: avrebbe compiuto sedici anni di lì a pochi mesi, ma cosa diceva invece il suo aspetto? Con quel taglio di capelli e quei vestiti, sembrava semplicemente un ragazzino delle medie un po' troppo cresciuto, l'unica cosa che lo faceva risaltare un po' erano le spalle grosse ed i muscoli, che comunque nella maggior parte dei casi non si notavano subito. Forse era quello il motivo per cui era stato snobbato? No, palesemente aveva a che fare con i suoi problemi di comunicazione, ma sicuramente il fatto che sembrasse un "bambino gigante" non contribuiva.
    Il ragazzo sospirò, costringendosi a smettere di pensarci, dunque si sedette di nuovo al kotatsu e controllò di nuovo il cellulare. Nulla, non che si aspettasse qualcosa, a quel punto. Osservò quasi con rancore la console nera con cui normalmente si svagava, decidendo però che quel giorno non aveva la minima voglia di starsene chiuso in casa, altrimenti avrebbe finito con l'impazzire. Cosa fare, dunque? Cosa facevano i ragazzi della sua età, quando avevano del tempo libero? Dove andavano? Ci rifletté per qualche minuto, dunque decise di fare un giro per la via commerciale di Akihabara. Magari poteva fare un salto da Mandarake: non era un fan sfegatato di anime e manga, ma comunque alcuni li seguiva ed un qualche oggettino bello ed inutile poteva essere ciò che serviva per placare il suo animo. In fin dei conti, le sue vecchie statuine ed action figures erano rimaste nella sua vecchia casa a Hinode, doveva pur riempire gli scaffali in qualche modo prima o poi.
    Dunque, sfruttando l'efficiente rete di mezzi di trasporto giapponesi, in quattro e quattr'otto si stava affacciando lungo l'affollata via commerciale, colma di gente di ogni età e sesso, senza distinzioni, inclusi centinaia di ragazzi della sua età. Si strinse alla sua tracolla grigia e camminò, con flemma sino a raggiungere l'imponente stabile, senza riuscire a non esserne affascinato: ricordò di esserci stato già un paio di volte, ma erano ricordi precedenti alla morte di suo padre, e ad essere onesti quella parte della sua vita era molto sfocata. Forse ci era stato proprio con lui? Nel tentativo di ricordare, rimase fermo per qualche minuto davanti all'edificio.


    SCHEDA TOBI FUKUDA - LIVELLO 3

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    exquisite†corpses here we go. Alla fine per il titolo non ho trovato nulla di meglio :asd:
     
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    GIN NAKANO
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    Quella di Gin, almeno dai presupposti della sera prima, non doveva essere una giornata particolarmente interessante. Sveglia alle otto del mattino, sarebbe dovuto scendere con suo padre al tattoo shop e passare buona parte della mattinata lì. Aveva prenotata una sessione per un'intera sleeve: un irezumi tradizionalissimo a dire il vero, se escludiamo il fatto che Gin lo avrebbe ovviamente eseguito con una macchina invece che a mano, essendo ancora in apprendistato.
    Il lavoro era lungo e complicato: peonie e fiori di pesco turbinanti attorno alla figura di una giovane geisha. L'esecuzione richiedeva il suo tempo ma il cliente, un turista, lo voleva terminato entro la fine della giornata. Avrebbe quindi lavorato fino alla pausa pranzo e poi ripreso dopo un paio di ore. Ecco, questi erano i piani per la giornata.
    Un "No Show", questo il termine tecnico. Il cliente, senza neppure avvisare, aveva semplicemente deciso di non presentarsi all'appuntamento. Al contrario di quanto si può pensare, si trattava di una situazione ben più frequente di quanto un professionista vorrebbe. Magari il cliente aveva speso troppi soldi in souvenir e non aveva più abbastanza denaro per saldare il costo del tatuaggio o magari aveva voglia di passare quella giornata a visitare templi e non a farsi marchiare la pelle, ma l'esito era sempre quello: Gin aveva improvvisamente perso soldi e guadagnato una giornata libera. Sedeva, al momento, nel suo studio nel negozio del padre, fissando il muro. Certo, come da prassi il cliente aveva pagato un deposito in anticipo (e anche uno succoso, viste le dimensioni dell'opera), ma era sempre e comunque una delusione finire in quel modo. D'altro canto il suo lavoro gli piaceva, e perdere l'occasione di eseguirlo era certamente... triste. Sospirò, scuotendo la chioma nera desolato.
    Erano solo le dieci e Gin, con una giornata vuota di fronte a sé, era risalito in casa per mettersi la divisa dell'università. Al momento erano in vacanza (e per questo Gin si trovava a casa dei genitori e non nell'appartamento affittato coi suoi coinquilini) ma viste le circostanze pensava fosse una buona idea recarsi in aula studio a ripassare per i futuri esami e la divisa scolastica era l'unico indumento in suo possesso al contempo abbastanza lungo da coprire i tatuaggi e abbastanza leggero da impedirgli di morire viste le temperature estive. Il Nakano non aveva un particolare timore o vergogna di mostrare i suoi tatuaggi a dire il vero, ma le regole per l'accesso ai locali pubblici in Giappone erano ancora più rigide di quanto si potesse immaginare.
    Indossata quindi la divisa scese nuovamente in negozio: per sua estrema fortuna, quello era giorno di paga. Prese lo stipendio accennando un inchino al padre. Metà del denaro andava per pagare l'alloggio e le spese, mentre con il resto poteva fare un po' ciò che voleva. Decise quindi di andare a fare un giro ad Akihabara prima di dirigersi all'università e, già che c'era, di pranzare lì. Mise i libri in uno zaino nero e, inforcatolo in spalla, uscì quindi dallo shop.
    Il viaggio sui mezzi passò tutto sommato in fretta, e il ragazzo dalla divisa bluastra e riconoscibile solo dal logo dell'università alla sinistra del petto lo impiegò per riflettere sugli eventi di poco prima. Non solo i clienti erano diventati sempre più pretenziosi con le loro scelte, invece di lasciare libertà all'artista, ma avevano anche la faccia tosta di rimangiarsi la parola data e non presentarsi agli appuntamenti. Gin lo trovava inaccettabile. E poi, giorno dopo giorno, coloro che sarebbero dovuti andare a farsi marchiare per esprimere la propria individualità non facevano altro che chiedere tutti gli stessi motivi: un infinito, una rosa, una frase in inglese (a volte persino malamente trascritta da loro stessi). Mai nessuno che desse fiducia all'artista e si facesse inchiostrare con il tristo mietitore a cavallo di un dinosauro robot. Non c'era più spazio per esprimersi.
    Sceso dalla metro si fermò ad un distributore automatico e, infilandoci dentro una monetina bronzea, ne ricavò un piccolo brick di succo alla pera con una cannuccia in plastica attaccata alla confezione. Raccoltolo dal vano della macchinetta automatica, si diresse verso le scale per immergersi nel quartiere. Nonostante l'ora, le strade erano comunque gremite di gente. Sui lati dei palazzi centinaia se non migliaia di pubblicità coprivano la vista con una massa disordinata e inorganica di colori. Anche se era mattina presto, pareva quasi di essere comunque accecati dalle luci. Camminando con le mani in tasca, Gin si diresse verso Mandarake.
    Il punto vendita di Akihabara era in un elegantissimo palazzo nero dalla forma trapeizoidale. A differenza di tutti gli edifici circostanti, il colore scuro era puro e visibile, coperto solo da un paio di cartelloni verticali.
    Il giovane universitario, a dire il vero, non aveva una motivazione particolare per dirigersi lì. Insomma, stava andando al negozio solamente per fare un giro e non era
    - come invece spesso gli accadeva - alla ricerca di qualcosa di particolare. Preso lo stipendio, voleva solo comprare qualcosa per sfogare la delusione di quella mattina. Lo shopping compulsivo era probabilmente un suo problema, anche se non voleva riconoscerlo. Molto spesso, se reduce da delusioni amorose o lavorative, o anche solo stressato dallo studio intenso per un esame, trovava la sua cura nello spendere soldi in spese sconsiderate che avrebbe certamente rimpianto a fine mese. Insomma, per tirarsi su di morale gli sarebbe bastato comprare una qualsiasi statuetta in plasticaccia raffigurante una ragazza o un ragazzo prepuberi in atteggiamenti ammiccanti e del tutto inappropriati per la loro età, o un qualche manga horror che ancora non aveva in collezione.
    Alzò lo sguardo, prima fisso sul marciapiede a riflettere, e vide una piccola figura di fronte a lui ergersi come un guardiano di fronte alle porte del negozio: era un esserino alto una buona decina di centimetri in meno di lui, dai pantaloncini e una maglietta entrambi neri, i primi ornati da righe bianche.
    Il giovane studente universitario lo scansò leggermente, superandolo, per poi voltarsi completamente verso di lui e poggiando i suoi occhi dorati sul suo volto, proseguendo la sua entrata nell'edificio all'indietro mentre le porte automatiche si aprivano alle sue spalle.
    Il ragazzo aveva un classico volto giapponese, facilmente dimenticabile, e capelli neri... decisamente più corti dei suoi, che ora portava raccolti in una lunga coda dietro la schiena. A squadrargli il volto non pareva avere più di diciotto anni. Magari stava aspettando che la mammina uscisse fuori con un regalo per lui, il tenerone? Sorrise tra sé e sé al pensiero.
    Comprimendo le guance Gin aspirò ciò che rimaneva del suo succo grazie alla cannuccia, fissando il ragazzo, per poi voltarsi mentre le porte si chiudevano di fronte a lui. Bene, ora doveva capire in che cosa avrebbe buttato i suoi soldi.

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    Scheda: Gin Nakano


     
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    TOBIKO FUKUDA

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    -Parlato Tobi.-
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    Doveva essere stato fermo per diversi minuti a fissare l'edificio, completamente assorto. Diverse persone lo avevano sorpassato ed egli a malapena le aveva viste, fu in realtà un suono a riportarlo al presente, non un'immagine. Il tipico suono che fa una cannuccia quando chi ne sta usufruendo beve gli ultimi millimetri di liquido sul fondo del contenitore, per poi aspirare a vuoto per qualche istante.
    -Oh?- Si scosse, calando lo sguardo e notando, fugace, lo sguardo tagliente di un alto ragazzo dai lunghi capelli neri raccolti in una coda, proprio mentre egli si voltava e varcava la soglia del negozio. Sembrava essere più grande di Tobi e, a parte l'altezza ed il colore di capelli, l'unico altro dettaglio che il ragazzo notò fu la divisa scolastica scura. Perché lo stava fissando? Forse lo aveva intralciato in qualche modo e stava aspettando le sue scuse? In effetti, Tobiko era proprio in mezzo: c'erano ancora una dozzina di metri fra lui e l'ingresso del negozio, ma sicuramente aveva costretto diverse persone a schivarlo.
    Pazienza, probabilmente non avrebbe mai più incontrato il senpai, lo stesso Mandarake era composto da diversi piani, ormai era andata così.
    "Non credo proprio si ricorderebbe di me, comunque." Ragionò quindi il ragazzo, incamminandosi verso il negozio. All'interno, Tobiko venne investito da un'ondata di colori che lo inebriò: c'era talmente tanta roba, che non sapeva letteralmente da dove iniziare a cercare, complice il fatto che non aveva nemmeno un'idea precisa. Sfogliò qualche manga, soffermandosi particolarmente sugli Slice Of Life, magari potevano dargli qualche ispirazione per integrarsi meglio nella società. Ma dopo pagine e pagine di nulla, si ritrovò a sospirare e a posare anche l'ultimo fumetto. Sicuramente erano colmi di insegnamenti preziosi, ma al momento non riusciva a mettersi nell'ottica giusta. Decise quindi di cambiare totalmente sezione, salendo al piano superiore, dove avrebbe trovato una vastità incredibile di Action Figures, statuine, modellini e quant'altro. Tuttavia, a metà della salita, si arrestò pensieroso: magari uno Slice Of Life lo poteva prendere lo stesso, tanto si trattava di pochi yen. Tornò allo scaffale, afferrò quello che lo aveva convinto di più (un semplice manga scolastico con accezione romantica) e lo trattenne sotto il braccio, mettendo le mani in tasca e salendo infine al piano superiore. Camminò fra gli scaffali, osservando con indifferenza i vari protagonisti di Shonen, che godevano ciascuno di decine di statuine: la forma base, il primo potenziamento, il primo potenziamento ma con il colore alternativo, il secondo potenziamento, il secondo potenziamento con il colore del primo potenziamento, e così via, ricalcando tutte le forme possibili ed immaginabili assunte dal beniamino di turno nell'arco di centinaia di capitoli. Giustamente, erano gli scaffali più ricchi e più presi d'assalto dalle folle, in alcuni casi godevano addirittura di veri e propri espositori: tutti volevano accaparrarsi quella nuova forma apparsa per due panel e mezzo nel ventinovesimo volume, a cui l'artista aveva dedicato addirittura una pagina a colori.
    Tobi evitò accuratamente di passare dovunque vedesse questi feroci assembramenti di persone, ritrovandosi infine ad esaminare un lunghissimo scaffale colmo di statuine di eccezionale fattura, di dimensioni e forma molto eterogenee: dalla classica scolaretta giapponese alta tredici centimetri, al demone cornuto con apertura alare di quaranta o cinquanta centimetri. Gli occhi del ragazzo caddero sulla statuina di una ragazza bionda con aria parecchio imbronciata, vestita con una canottiera bianca e dei pantaloncini cargo verde scuro.
    "Somiglia a Laguna." Pensò Tobi, prendendola e rigirandosela fra le mani per capire da che serie provenisse. Poi, alzando lo sguardo, qualche decina di centimetri più a sinistra vide un personaggio alto e longilineo, con sguardo serio e dei lisci capelli bianchi, indossante un completo elegante azzurro su camicia blu: la somiglianza con il suo senpai Darius Wild era innegabile. Dunque continuò a camminare verso sinistra, curioso di vedere se vi fossero altre statuine che ricordavano i suoi compagni di scuola: distratto com'era, non posò nemmeno la simil-Laguna, che reggeva con una presa leggera di entrambe le mani.
    "Ecco Robert." Pensò, vedendo una sorta di lupo mannaro bluastro e continuando a camminare con flemma. Poi vide la statua di una ragazza dalla pelle scura, i capelli di un blu scurissimo e dei penetranti occhi azzurri: fu più che sicuro che al primo anno della sezione B ci fosse una ragazza che le somigliava, ma al momento gli sfuggiva il nome. Notò che allo stesso scaffale, solo un paio di metri più avanti rispetto a lui, era affacciato lo stesso ragazzo il cui sguardo aveva incrociato all'ingresso del negozio. Ora che gli era vicino notò anche il suo fisico allenato (non che fosse scoperto, ma si vedeva chiaramente dalle pieghe assunte dalla divisa) e dei particolari occhi gialli, quasi felini. Tobiko iniziò a farsi prendere dal panico e fu tentato di fuggire via, ma ricordò di reggere uno Slice Of Life sotto l'ascella sinistra che doveva servire a fargli vincere la sua ansia sociale, a che pro leggerlo se poi dalle situazioni scomode continuava a fuggire? Avendo stretta la statuina della ragazza bionda imbronciata, ricordò che anche con Laguna era capitato che lui le recasse un'offesa, e si era costretto a rimanere per rimediare, facendone scaturire tutto sommato qualcosa di buono.
    -Ah.- Esordì Tobi, mimando sorpresa, dunque abbozzando un rispettoso inchino. -Tu sei il senpai di prima. Chiedo scusa se ti ho intralciato, ero sovrappensiero.-


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    GIN NAKANO
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    Superato il giovane strambo e centrato il cestino posizionato al lato dell'entrata con l'involucro cartonato del succo ormai finito, Gin fece spallucce e si voltò per iniziare la sua avventura all'interno del negozio. Il complesso di Akihabara di Mandarake era composto da otto piani, ognuno dei quali si occupava di un determinato settore dell'intrattenimento. Insomma, era un vero colosso.
    Proprio per la sua divisione in otto piani, la merce venduta nel negozio spaziava enormemente passando dai semplici manga alle doujinshi erotiche, fino ad arrivare alle action figure, a normali giochi e videogiochi fino, all'ultimo piano, modellini di auto e treni. E da qualche parte c'era anche attrezzatura da cosplay. Gin dal canto suo imboccò immediatamente le scale mobili, ripetutamente, per dirigersi al sesto piano. Gli scaffali qui erano pieno di CD, DVD e videogiochi.
    Il ragazzo tatuato era un avido collezionista di CD di idol e aveva deciso di dirigersi lì proprio per quello. A dire il vero, soprattutto ora che viveva con dei coinquilini, non ascoltava mai i CD che comperava. Li prendeva, ne osservava la copertina, ne sfogliava minuziosamente il booklet e girava il CD in modo che fosse correttamente in asse con la confezione dato che solitamente erano storti. Dopo di che li metteva semplicemente in una pila di accumulo in una libreria nella sua stanza. Usare uno stereo era fuori discussione e comprare un lettore CD portatile solamente per quello sembrava uno spreco... oltre ad essere anacronistico. In un mondo pieno di piattaforme digitali che permettono di ascoltare qualsiasi canzone ovunque ti trovi sarebbe stato strano. Certo, alcune rarità non erano presenti su quegli store ma... beh, la musica giapponese era business più che altro, demo e cose simili non esistevano in ogni caso, poco da perdere.
    I suoi occhi dorati si muovevano sulle coste dei digipak come quelli di un predatore sul suo spuntino giornaliero, finché qualcosa non attirò la sua attenzione. Mosse quindi le dita della mano sinistra verso lo scaffale, estraendo ciò che aveva deciso avrebbe comprato quel giorno: un album delle ・・・・・・・・・, uno dei suoi gruppi preferiti. La copertina era una foto sovraesposta e sfocata che ritraeva i volti irriconoscibili di tre ragazze dai lunghi capelli neri. Sorridente come un bambino prese quindi a scendere le scale mobili, avanti e indietro di nuovo.
    Scese almeno quattro piani per poi, guardandosi attorno, accorgersi di essere arrivato in mezzo alle action figure. Un bizzarro sorriso si fece spazio sul suo volto. No, non aveva intenzione di andare a cercare la figure mega-galattica del protagonista del suo shonen preferito e neanche uno di quei modelli di robot da costruire e perderci ore da nerd. Aveva in mente tutt'altro, decisamente tutt'altro.
    Si mosse tra le persone con leggiadria, evitando le masse di bambini e adolescenti che osservavano i personaggi di questo o quel fumetto colmo di Tournament Arcs che piacevano tanto alla gente senza gusto e suo malgrado - forse - anche superando le riproduzioni fedeli di quelli che considerava manga di un effettivo valore artistico, arrivando in una piccola zona di uno scaffale particolare. Questo era separato da quello immediatamente adiacente da un piccolo divisore di colore nero e conteneva... beh, statuette non adatte ad ogni tipo di pubblico. Donne dalle forme prosperose e ragazzi in costumi bagnati che mostravano più del dovuto, fino ad arrivare ai preferiti di Gin: le loli e gli shota. Ovviamente che fossero rigorosamente maggiorenni, ma che non lo mostrassero nel proprio sviluppo corporeo. I suoi occhi si illuminarono di una luce diversa, così come si allargò il sorriso che aveva preso forma sul suo volto. Allungò la mano verso lo scaffale.
    Tra le sue mani rigirava quella che sembrava essere certamente una ragazza, plastica di circa venti centimetri. Capelli rossa, un sorrisone e una divisa scolastica alla marinaretta. Ma era un uomo. Era uno dei suoi personaggi preferiti di un determinato gioco e Gin la ribaltò per osservare sotto la gonna, cercando di capire se il dettaglio fosse fatto bene oppure meno. Fu in quel momento che sentì una voce alla sua sinistra, e si voltò stupito.
    A parlare era stato il ragazzo che prima stava facendo da tornello all'entrata. La sua faccia era certamente dimenticabile, ma il tutto era successo non più di un quarto d'ora fa. Gin storse le labbra, osservandolo scusarsi proprio per aver fatto da palo prima delle porte automatiche.
    O-Oya, nessun problema coso-kun. - disse con estrema semplicità, per poi posare la statuetta della trap che aveva in mano al suo posto. Normalmente il giapponese era un ragazzo gioviale, ma essere colto in un momento simile e da un ragazzo decisamente più giovane di lui lo metteva in un certo senso in agitazione. Si sentiva come un genitore quando il proprio figlio di otto anni torna a casa a chiedere cos'è il sesso, per qualche motivo. Seguirono un paio di secondi di imbarazzante silenzio, con Gin che non sapeva cosa dire e l'altro ragazzo probabilmente meno di lui.
    Abbassando lo sguardo sulla sua figura, che ora più vicina rivelava un fisico decisamente allenato, lo vide stringere nella mano la statua di una donna dai capelli dorati, pantaloncini corti e sguardo imbronciato. Tutto sommato, l'universitario non era un gran fanatico. Ma altre persone si sarebbero certamente adirate a vedere il ragazzino portare in giro una statuetta in quel modo, con totale noncuranza.
    Oi. - sussurrò dunque, fissandolo dritto negli occhi - Occhio alla tsundere, se non la compri posala. - aggiunse. Non era sicuro neppure lui se quello fosse un consiglio vero o una presa in giro, ma ormai era uscita dalla sua bocca. Non c'era più bisogno di arrovellarsi, a quel punto.

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    Scheda: Gin Nakano


     
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    Il ragazzo dai lunghi capelli neri ebbe una reazione un po' bizzarra, posando immediatamente la statuina che stava esaminando come se fosse qualcosa di estremamente imbarazzante e rassicurando Tobi che non aveva recato nessuna offesa. Quest'ultimo non aveva osservato alcun comportamento ambiguo nel senpai, dunque non capì: forse era il personaggio in sé ad essere imbarazzante? Tobi dedicò alla statuina una rapida occhiata, identificando quella che sembrava in tutto e per tutto una scolaretta dai capelli rossi. Niente di particolarmente degno di nota, di per sé, ma forse apparteneva ad una qualche serie mal vista o poco popolare, e che poteva mettere in cattiva luce un ragazzo cool come lui. In quel caso sarebbe stato fortunato, poiché Tobi ne sapeva veramente poco e non avrebbe saputo collocare il personaggio.
    A quel punto i suoi occhi vagarono lungo lo scaffale e notò che la scolaretta era circondata da statuine eterogenee di quelli che parevano essere suoi coetanei. Bizzarro vi fosse una sezione dedicata solo ai bambini, ma Tobi trovò alla cosa una giustificazione quando i suoi occhi caddero sulle generose curve delle statuine nello scaffale accanto e sugli statuari corpi seminudi di atletici ragazzi in costume da bagno: capì che oltre quel piccolo divisorio nero che gli era sfuggito di primo impatto vi era il reparto dedicato al fanservice, e che quella che il senpai aveva fra le mani non era una bambina ma una loli.
    Differenza sottile, ma allo stesso tempo invalicabile.
    Il senpai scelse proprio quel momento per fargli notare che stava stritolando forse un po' troppo la statuina che aveva fra le mani, definendola tsundere. Tobiko si scosse e colse la palla al balzo per allontanarsi dallo scaffale incriminato e celare l'imbarazzo che gli era sovvenuto nel ritrovarsi a fissare quel reparto con tanta ostentazione e per averci messo così tanto a capire cosa stava guardando.
    -A-ah, sì, certo. L'avevo presa in mano perché mi ricordava qualcuno e poi mi sono distratto.- Mormorò, tornando qualche metro più indietro, dove aveva raccolto la simil-Laguna. La esaminò, per assicurarsi di non aver inavvertitamente provocato qualche danno (cosa pressoché impossibile dato che grazie alla sua Unicità avrebbe potuto rigirarsela fra le mani tutto il giorno senza ledere minimamente la plastica), dunque allungò un braccio e la rimise al suo posto. La osservò ancora per qualche istante, ripensando a quella notte ancora una volta. Chissà se Laguna lavorava ancora in quel postaccio? Se non fosse costata la bellezza di ventisei yen, avrebbe volentieri salvato almeno la statuina della ragazza portandola al sicuro a casa sua, ma non poteva dire che le sorti di quei diciotto centimetri di PVC lo facessero stare troppo in pena, la cosa peggiore che poteva capitarle era finire nella cameretta di un pervertito. A quel pensiero, i suoi occhi si mossero inevitabilmente sul senpai con cui aveva interagito poco prima: era un pervertito, dunque? Magari semplicemente apprezzava il personaggio, ma allora non si spiegava la sua reazione ambigua.
    Non che gli interessasse particolarmente approfondire, se non per puro spirito di curiosità, dunque riprese ad osservare le statuine per vedere qualcosa che faceva realmente a caso suo, senza lasciarsi distrarre dalle somiglianze con i suoi conoscenti.
    Ne adocchiò una piuttosto bella di un drago argentato che gli sembrò di conoscere: era sul retro dello scaffale, quindi scostò un paio di statuine e lo prese per osservarlo meglio: sì, lo conosceva, era uno dei draghi più potenti a cui dava la caccia nel suo videogioco preferito, un magnifico esemplare argentato con quattro zampe e due ali piuttosto strane, composte da tre sporgenze ossee non collegate da nessuna membrana, ma pesantemente corazzate ed artigliate. Al drago non serviva nessuna membrana per volare, poiché dalle strane ali emetteva degli sbuffi di energia rossa che gli fungevano da propulsori, facendolo schizzare qua e là con incredibile destrezza: era decisamente una delle lotte più interessanti del videogioco, nonché uno dei nemici preferiti di Tobiko. Sul piedistallo notò la scritta "Da Esposizione. Articolo inscatolato disponibile nel reparto B6", seguita da un'ulteriore etichetta con un prezzo veramente troppo alto, che fece immediatamente desistere il giovane. Egli posò il drago e sospirò, aguzzando la vista per cercare una sua versione miniaturizzata o qualunque altra cosa che lo attirasse.
    -Yare, yare...- Si lasciò sfuggire, stupito che una semplice statuina potesse costare tanto. Si voltò, sospirando, trovandosi davanti ad un grosso espositore di action figures Kayodo Revoltech. Ricordò che in camera sua aveva il Revoltech di un bizzarro robot rosso con una mezzaluna sulla fronte ed una sorta di seconda faccia sul torso, munita di occhiali da sole spigolosi. Decisamente sopra le righe, per i suoi gusti, ma era il lead di una serie animata che aveva seguito con passione quando era un bambino: ricordò di averla vista assieme a suo padre, a sua volta entusiasta poiché gli ricordava le varie serie animate di Super-Robot che andavano di moda quando era bambino anche lui. A ripensarci, forse era stato proprio suo padre ad avergli comprato quella figure Revoltech. Il ragazzo sorrise con nostalgia e sondò l'espositore sino a trovare una figure della stessa serie, cosa non particolarmente difficile vista la straordinaria popolarità di quest'ultima. Ritrovò il lead rosso ma si disse che non aveva senso ricomprarlo, dunque afferrò quello che vi era direttamente a fianco, un robot nero con gli occhi gialli, una lunga coda affilata ed un corno proiettato verso l'alto. Anch'esso aveva una seconda faccia sul torso: un secondo paio di occhi gialli brillavano sul petto, mentre l'addome era quasi interamente sostituito da due file di denti bianchi aguzzi. Tobi sorrise, aveva trovato quello che cercava: era relativamente economico e decisamente cool: avrebbe fatto un figurone sullo scaffale. Fece per dirigersi alle casse, ma si rivolse istintivamente ancora una volta verso il senpai, indeciso se dire qualcosa o meno. Il problema non si pose: era sparito. Del resto, Tobiko ci aveva messo un bel po' a scegliere, complice il fatto che non era nemmeno sicuro di cosa volesse: pervertito o no, il senpai pareva interessato ad un solo tipo di statuina, naturale ci avesse messo di meno.
    Il ragazzo, quindi, pagò e si diresse all'esterno della struttura, venendo investito dai poderosi raggi solari di metà giornata. Il suo stomaco brontolò, dunque egli decise di pranzare direttamente lì ad Akihabara, e si incamminò lungo la via commerciale alla ricerca di qualche locale che lo ispirasse, cadendo inevitabilmente su una nota catena di fast food. Dunque varcò la soglia del locale dopo averne esaminato l'ampia vetrata, ma senza soffermarsi troppo sul menù: alla fine, quali potevano essere i piatti di un fast food? Aveva già le idee piuttosto chiare, quindi si mise direttamente in fila alle casse, pagò il suo ordine, ritirò il profumato vassoietto in plastica marrone e si guardò intorno, in cerca di un posto a sedere. Più facile a dirsi che a farsi: trovare a sedere in una delle catene più famose del giappone, in piena via commerciale di Akihabara, ad ora di pranzo... Beh, poteva risultare abbastanza complicato. Il ragazzo girò fra i tavoli, ma la triste realtà gli fu presto nota: erano tutti occupati.
    A quel punto i suoi occhi si soffermarono su una figura ormai familiare, che non si aspettava minimamente di trovare in quel posto ma che in quel caso poteva significare la sua salvezza: il senpai dai capelli lunghi. Era seduto ad un tavolo da solo, e c'era sicuramente abbastanza spazio anche per Tobi, dunque egli deglutì e gli si avvicinò: sicuramente era più facile chiedere a lui piuttosto che a un completo sconosciuto, almeno si erano già parlati.
    -Che coincidenza, senpai.- Esordì, poi si rese conto che forse il ragazzo avrebbe pensato che lo stava seguendo e si affrettò ad aggiungere. -Non... non ti sto seguendo, giuro. Non mi ero nemmeno accorto che te ne fossi andato, prima, a dire il vero.- Fece una pausa ulteriore, poi si fece coraggio e chiese la fatidica domanda. -Ehm... i tavoli sono tutti occupati e... non ti disturberei se avessi altra scelta, ma ho ordinato prima di rendermi conto che era tutto pieno ed ora non so dove mettermi. Posso... sedermi qui, per favore?- Chiese, facendo per inchinarsi meccanicamente ma interrompendosi a metà per via del vassoio.




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    Huh. - sussurrò tra sé e sé il giapponese, osservando il ragazzo indietreggiare imbarazzato e posare la statuetta che aveva in mano su uno degli scaffali. Onestamente, "mi ricordava qualcuno" è una delle peggiori cose che si potrebbero dire in una situazione simile. Insomma, quanto era da loser voler acquistare una statuetta in plastica simile a qualcuno che conosci? Era una specie di feticcio? Magari una supplente delle superiori di cui si era segretamente innamorato ma alla quale non poteva dichiarare il suo amore, e allora doveva sfogare i suoi bisogni su un pezzo di plastica che le assomigliasse? Non parlando necessariamente di pulsioni sessuali, quando più di bisogno di possesso. A lui, onestamente, non era mai successo. Ma è anche vero che i suoi interessi erano differenti e chiunque rientrasse nell'età per poter insegnare a scuola probabilmente non rientrava nell'età di interesse di Gin. Sia chiaro, non che fosse un maniaco vero e proprio, ma i mommy issues non facevano di certo parte del suo personaggio. Non riusciva onestamente a vedere oltre i coetanei, ad essere sinceri. Ad ognuno il suo, però.
    Rimase ad osservare il ragazzo per un paio di minuti, incerto sull'andarsene o meno. In fondo era stato lui ad approcciarlo, e ora lo stava semplicemente ignorando per osservare uno strano drago o qualcosa di simile. Aveva intenzione di parlargli o no? Se voleva chiedergli scusa davvero poteva perlomeno offrirgli qualcosa. Il modo bizzarro e sospettoso col quale si era fondamentalmente eiettato fuori dalla discussione una volta nominata la statuetta che aveva in mano lo convinse sempre più che doveva certamente trattarsi di un maniaco. Sì, i ruoli si erano invertiti: sebbene lui fosse stato beccato a sbirciare nel settore per gli adulti, era decisamente quel moccioso il maniaco. Insomma, lui perlomeno lo ammetteva, no? Quell'esserino invece cercava di darla a bere nascondendosi dietro una bionda coi vestiti, celando le sue vere pulsioni dietro una maschera che rassicurasse la socie— strinse gli occhi a fessura e se ne andò, lasciando quel tizio ad osservare la plasticaccia. Non era decisamente così importante né interessante da dedicargli tutto quel tempo.
    Sceso al piano terra si diresse verso la cassa per pagare: alla fine aveva deciso di prendere solamente il disco delle "Dotstokyo", anche ma non solo a causa di quel piccolo disturbatore. Uscito, tirò fuori lo smartphone dalla sua tasca e poggiando l'impronta dell'indice destro sul rilevatore posto sul retro della scocca osservò l'ora. Tra una cosa e l'altra, era arrivato il momento di mangiare.
    La mensa universitaria era un'idea, ma aveva un prezzo decisamente eccessivo per la qualità del cibo che veniva servito. In aggiunta, ad essere sinceri, non era neppure sicuro che fosse aperta in quel periodo dell'anno. Decise quindi di continuare la sua passeggiata per Akihabara e fermarsi nel primo fast food che avrebbe incrociato. Era stato suo padre a trasmettergli la "passione" dei fast food: li aveva scoperti nel suo periodo di emigrazione in America e da allora aveva iniziato ad andarci abbastanza spesso. A suo dire, erano l'unica cosa a ricordargli "lo stile di vita americano" in Giappone. In effetti, in un mondo profondamente globalizzato e soprattutto sottoposto al modello di sviluppo americano, i Paesi Orientali erano forse quelli che maggiormente erano riusciti a mantenere una propria identità, vuoi religiosa o vuoi culturale. Nel bene e nel male, ovviamente. Le catene di fast food potevano certamente non essere salutari, o buone, o apprezzate, ma erano comunque il simbolo di un modello di sviluppo totalmente estraneo a quello nipponico e che pure riuscivano a ritagliarsi uno spazio nelle metropoli. Se le loro abitudini non erano mai grossomodo state influenzate dalla cultura mondiale lo stesso non si poteva dire dei loro negozi.
    Aperta la porta del primo locale che gli era passato sottomano Gin non poté che notare il fatto che era strapieno. Tutto sommato, però, la cosa non lo stupì più di tanto. Era in centro, era periodo festivo e... beh, quella era fondamentalmente la mentalità dei fast food, no? Servire il numero più alto possibile di clienti nel minor tempo possibile. Si mise quindi in fila e al suo turno prese due panini col pollo fritto, delle patatine e una coca. Non gli erano mai piaciuti gli hamburger e in quei posti prendeva sempre i prodotti con il pollo.
    Girovagò un po' per il locale, facendo su e giù, finché non riuscì ad intercettare una famiglia che stava per liberare il tavolo che stava occupando. Madre, padre e due bambine che probabilmente non superavano gli otto anni. Gin sorrise alzando il suo vassoio sopra di loro e stringendosi sull'uomo seduto alle sue spalle per far passare la famiglia ed occupare come un predatore inferocito il tavolo. Neppure il tempo di mettersi a suo agio che venne disturbato da una voce.
    Il ragazzo di prima, quello di Mandarake, era ora in piedi davanti a lui col vassoio in mano e gli stava chiedendo se per caso poteva sedersi al tavolo con lui. Insomma, di spazio ce n'era ma non poté che pensare che dovesse davvero trattarsi di un maniaco. E il fatto che il ragazzo stesse mettendo le mani avanti specificando di non essere uno stalker non poteva che completare il quadro. Lo fissò con lo sguardo spento.
    Oi. - sussurrò nel frenetico casino del locale, per poi alzare la voce - E' così che ci provi con le ragazze, tu? Invece di invitarle fuori a pranzo ti auto-inviti al loro pranzo? - sorrise quindi, restando un paio di secondi in silenzio. Dopodiché si alzò in piedi fissando il ragazzo, zitto per qualche secondo.
    Va bene. - sbottò, quindi, aprendo la giacca con lo stemma dell'università per toglierla ed evitare di insozzarla col cibo, o non lo avrebbero fatto entrare davvero in aula studio - Basta che la pianti di chiamarmi "senpai", coso-kun. Mi chiamo Gin. - aggiunse, quindi, appoggiando la giacca alla sedia alla sua destra. Coperto il petto da una maglia nera abbastanza attillata, oltre le maniche che coprivano poco più della spalla era possibile ora vedere i suoi tatuaggi. Il corpo di un dragone si attorcigliava attorno alla sua pelle inframezzato da dei fiori, ma non sembrava trovare uno sbocco né il suo muso e neppure la sua coda. Dunque si sedette, iniziando a scartare uno dei suoi panini. Quello poteva essere davvero un disturbatore, ma avrebbe cercato di resistere. E se invece lo avesse disturbato troppo... Allora gliele avrebbe suonate una volta fuori. Ora, in ogni caso, non era il momento di pensarci.
    Quindi, huh... buon appetito. - disse, o domandò. Il suo tono, onestamente, era abbastanza ambiguo. Guardò il ragazzo per un paio di secondi, per poi concentrarsi sul suo pasto.

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    TOBIKO FUKUDA

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    Narrato.
    -Parlato Tobi.-
    -Parlato Altri.-
    "Pensato."



    Per puro caso, il ragazzo dai lunghi capelli neri fece una battuta molto appropriata all'odierna situazione di Tobi: scherzò sul suo approccio con le ragazze. A dire il vero, il ragazzo si era molto tranquillizzato rispetto alla stessa mattina, fare un giro e cambiare aria gli aveva fatto decisamente bene. Perciò quando il senpai portò di nuovo in tavola l'argomento, si incupì nuovamente, rendendosi però conto che il peggio pareva essere passato: sentiva ancora una stretta al cuore a ripensarci, ma riusciva anche a pensare ad altro. A conti fatti, la battuta era divertente, perciò concesse al suo interlocutore una risatina un po' amara e ci scherzò su a sua volta.
    -L'approccio standard non sembra funzionare molto bene per me, ho pensato di provare qualcos'altro.- Fece. Dunque l'altro gli concesse di sedersi, alzandosi nel farlo, cosa che Tobi dapprima scambiò per un'eccessiva forma di rispetto, poi capì che si voleva solo togliere la giacca, poiché lo vide armeggiare con i bottoni. -Grazie.- Rispose dunque, abbozzando un altro inchino prima di sedersi e posare finalmente il vassoio sul tavolo. Nel mentre, il ragazzo dagli occhi felini si era finalmente liberato dell'indumento ornato dello stemma della sua università e lo aveva ordinatamente riposto sul posto vuoto alla sua destra. Intimò a Tobi di smetterla di chiamarlo senpai e si presentò dicendo solo il suo nome: Gin. L'altro decise di fare altrettanto, lottando contro l'automatismo di dire anche il cognome, penetratogli nel cervello dopo anni ed anni di educazione formale.
    -Va bene, molto piacere. Io mi chiamo Tobiko, ma di solito mi chiamano Tobi.- Annunciò quindi, iniziando a scartare il suo pranzo: un'abbondante confezione di pepite di pollo, una porzione di patatine e del tè freddo. Nel farlo, tuttavia, il suo sguardo cadde sui vistosi e colorati tatuaggi di Gin: uno splendido drago serpentiforme tipico della tradizione orientale, anche se da quella posizione era visibile solo il lungo corpo attorcigliato, ornato da un gradevole motivo floreale. Il ragazzo tatuato, a quel punto, spezzò il silenzio con un augurio di buon appetito, con un tono difficile da interpretare.
    -Grazie, Gin-san, buon appetito anche a te. Gran bel tatuaggio.- Si complimentò dunque Tobi con un sorriso innocente, prima di calare lo sguardo sul proprio pranzo. Istintivamente, fece per prendere delle bacchette inesistenti, salvo poi sfiorare la tovaglietta di carta posata sul vassoio e ricordarsi di essere in un fast food. Si frugò quindi nelle tasche dei pantaloni ed estrasse una piccola boccetta di gel igienizzante per mani, se ne versò qualche goccia e si sfregò le dita sino a sentirle nuovamente secche.
    Infine, prese una pepita e la mangiò, trovandola piacevolmente calda e fragrante. Non male, per un fast food. A dirla tutta, il senpai... cioè, Gin, gli dava l'impressione di essere un po' infastidito, o quantomeno di non apprezzare particolarmente la sua compagnia, pertanto il ragazzo aveva deciso di consumare il suo pasto cercando di non attirare l'attenzione su di sé, facendo meno rumore possibile e cercando di occupare meno tavolo possibile, non che la cosa potesse in qualche modo influenzare il senpai.
    Al contempo, però, sembrava quasi che Gin si aspettasse qualcosa, come se il ragazzo si fosse già fatto una determinata idea di Tobi che questi non stava rispettando o non appieno. Si chiese se, forse, un po' di chiacchiere di circostanza non avrebbero risollevato un po' il clima teso che si respirava al momento, che in tutta onestà gli rendeva difficile godersi il cibo. Forse, dopo averlo interrotto per ben due volte, credeva che Tobi provasse quantomeno un qualche tipo di interesse nei suoi confronti, nemmeno necessariamente sentimentale, ed ora si stava chiedendo perché il ragazzino non apriva più bocca.
    Ad osservarlo meglio, Tobi notò qualcosa che di primo impatto gli era sfuggito: occhi gialli a parte, anche i suoi lineamenti ed i suoi capelli neri e lisci rientravano perfettamente nei canoni giapponesi, e sarebbe stato facilmente dimenticabile se non fosse stato per la lunghezza dei suoi capelli ed in generale uno stile molto più attento e curato di quello di Tobi. Eppure era uno figo, quel Gin, e questo Tobi lo aveva pensato anche prima di notare gli occhi felini ed i tatuaggi. Lo studente della Yuuei non poté evitare di pensare che Gin pareva la versione migliore di lui. Per qualche motivo, in un certo senso, questa sorta di paragone lo mise più a suo agio, ed il rilassamento ebbe un riscontro immediato sulla sua postura più comoda ed un'espressione più serena, normale, l'espressione di un ragazzo di quindici anni che mangia in un fast food di Akihabara in compagnia.
    Gli tornò in mente il suo ragionamento di poco prima riguardo la possibilità o meno di fare un po' di small talk, e nel suo stato di ritrovata serenità fece la prima domanda che gli venne in mente.
    -Hai trovato qualcosa di carino, allora?- Domandò. Tuttavia, un allarme suonò nella sua mente, elencandogli immediatamente i migliori trentacinque motivi per cui quella domanda era terribile. Uno su tutti, se Gin gli avesse posato sul tavolo una statuina loli non avrebbe davvero saputo che faccia fare. Ricordò un dettaglio e lo sfruttò per sviare l'argomento dalle loli. -Ho visto che avevi un CD.- Forse, dopo questa osservazione, Gin sarebbe tornato dell'idea che Tobi fosse uno stalker (ammesso l'avesse mai abbandonata), ma era un sacrificio che il ragazzo era disposto ad affrontare pur di non scendere in argomenti imbarazzanti. Non che avesse nulla in particolare contro il fanservice, aldilà di non trovarlo allettante non biasimava nessuno per apprezzarlo (serviva letteralmente a quello), ma non era decisamente qualcosa di cui voleva parlare con un ragazzo più vecchio di quasi dieci anni.




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    Gin prese dunque l'iniziativa, scartando il panino che aveva acquistato rivelandone il pane gommoso con semi di sesamo e il fragrante pollo fritto al suo interno, circondato da un letto di insalata e maionese. Nel frattempo, il ragazzo che aveva praticamente occupato abusivamente il posto di fronte a lui decise di presentarsi a sua volta. Gin stava per affondare i denti nel suo pasto ma, a sentire la sua presentazione, si fermò ed alzò i suoi occhi dorati verso la sua figura a fissarlo.
    Huh. - sussurrò di nuovo tra sé e sé, muovendo velocemente le sue pupille sul suo corpo come a volerlo scannerizzare - Come... Le uova di pesce... - morse quindi il panino, riflettendo su quanto i genitori di quel povero ragazzo dovessero odiarlo per decidere di dargli quel nome. Dopo un paio di masticate deglutì - Decisamente meglio Tobi. - precisò con l'intenzione di chiudere lì il discorso per sempre.
    Gin non si era mai posto troppi problemi sul suo nome nonostante, a conti fatti, fosse anche il nome comune di un determinato metallo. In quel preciso istante, però, di fronte a quel ragazzo dal nome così stupido non poteva che sentirsi un privilegiato. Insomma, sembrava uscito da uno di quei manga dove l'autore, per dare un nome memorabile ai personaggi, decide di chiamarli come una determinata pietanza o un capo di vestiario. Solo che in quei casi, trattandosi spesso di nomi inglesi, uscivano fuori nomi tutto sommato abbastanza interessanti ed esotici. Tobiko era certamente diverso.
    Grazie. - bofonchiò masticando delle patatine al complimento del ragazzo al suo tatuaggio, muovendo leggermente le braccia ed osservandole con sguardo fiero. Non ne faceva certo un mistero, era fiero della sua pelle. Un po' perché si trattava di un lavoro di suo padre che avrebbe portato per sempre sul proprio corpo, nonché il suo lavoro più ambizioso, e un po' per ciò che quel disegno - seppur ora celato dai vestiti - rappresentava per il giovane studente universitario.
    Dopo quella frase, il vuoto. Il misterioso stalker non sembrava avere più il coraggio di aprire la bocca e a Gin onestamente non importava un granché. Insomma, quella situazione era senza dubbio imbarazzante, ma non sentiva la responsabilità di dover essere lui a rompere il ghiaccio. Era normale capitare a pranzare con sconosciuti di fronte nella frenetica vita giapponese: per rispettare tutti gli orari non si poteva certo essere schizzinosi e condividere il tavolo con qualche sconosciuto che probabilmente non avresti mai più visto nella tua vita era normale, ma questo caso era diverso. I due non erano sconosciuti, ma non erano neppure amici. Per qualche motivo si sentiva come quando esci con una ragazza che ti ha presentato un tuo amico ma nessuno dei due ha il coraggio o la voglia di fare il primo passo. E mentre masticava un po' di patatine ora e un po' di panino dopo, si stava decisamente innervosendo per quella situazione.
    Fortunatamente fu nuovamente il giovane dai neri capelli corti a fare un passo avanti, chiedendogli se avesse comprato qualcosa da Mandarake e successivamente ripiegando sul CD che gli aveva visto in mano. Gin sorrise sadicamente: aveva capito il perché di quella specifica. In una normale occasione avrebbe certamente decantato i dettagli precisi e realistici di una qualche action figure particolarmente lewd visto il piacere quasi sadico che provava nel mettere le persone in difficoltà. Ciononostante si trovavano comunque in un locale pieno di persone e il fatto che quel ragazzo sembrasse palesemente un weirdo gli fece fare un passo indietro.
    Yeah, è un album delle Dots. - rispose sommariamente, per poi finire di masticare - Un gruppo di idol molto fico, fanno musica stramba. - aggiunse, quindi, per poi posare gli occhi sulla borsa di Tobi. Anche lui sembra aver fatto acquisti, e decisamente più ingombranti dei suoi - ... tu invece?

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    Gin notò immediatamente l'accezione prettamente culinaria del suo nome e Tobiko gli annuì con un mezzo sorriso, per confermare che il nome si scriveva anche allo stesso modo. Significava proprio quello, uova di pesce volante, nessuna scappatoia. A Tobi non dispiaceva troppo il suo nome, in fondo, ma era abituato a questo tipo di osservazioni: era un nome strano, proprio com'era strano anche lui, in questo senso gli si addiceva molto. Il ragazzo, ovviamente, aveva subito le dovute prese in giro negli anni della sua prima infanzia, e mano a mano che si avvicinava al mondo adulto gli scherni lasciavano spesso spazio ad un confuso silenzio. Tuttavia, nessuna delle due cose gli aveva mai dato particolare fastidio. Aveva chiesto ai suoi il motivo di tale nome, a quanto pare era stato un nome fortemente voluto dal padre, con la promessa che un giorno avrebbe spiegato i suoi motivi. Il genitore, tuttavia, aveva alla fine portato il segreto nella tomba con sé.
    -Forse dovrei direttamente presentarmi come Tobi.- Rispose lo studente della Yuuei all'osservazione di Gin, con un velo d'ironia. Il ragazzo dagli occhi felini non sembrava particolarmente intenzionato a proseguire il discorso, quindi lasciò perdere a sua volta.
    Al complimento di Tobi sul suo tatuaggio, l'universitario mosse leggermente le braccia e lo osservò con aria compiaciuta, anzi, orgogliosa. Sembrò fermarsi per un istante a riflettere, osservandolo: probabilmente per lui aveva qualche tipo di significato. No, sicuramente doveva avere un qualche significato, per marchiarsi in maniera permanente il corpo in maniera così invasiva non poteva certo essere una cosa fatta a caso. Forse quel dragone rappresentava lui, Gin? O qualche altra persona importante nella sua vita? L'ipotesi più solida che Tobi poteva fare in quelle condizioni era che in qualche modo gli ricordasse sé stesso. Inevitabilmente, si ritrovò a pensare come un tatuaggio del genere sarebbe stato a lui: si immaginò con un lungo drago serpeggiante che si snodava lungo tutto il corpo e non poté fare a meno di pensare a quanto strano facesse, vederlo su di sé. Certo, non poteva andare in giro con un drago sul petto ma continuare a tenere i capelli a scodella e indossare i vestiti di un ragazzino delle medie, un tatuaggio del genere andava portato, esattamente come un vestito: nessuno con un minimo di amor proprio avrebbe mai abbinato una giacca elegante con un paio di infradito, del resto. Con il giusto stile, forse, un tatuaggio del genere sarebbe stato bene anche a lui: il fisico per mostrarlo, in fondo, non gli mancava. Doveva solo reinventarsi un po', anche se era senz'altro più facile a dirsi che a farsi dato che il ragazzo non aveva la benché minima idea di come fare.
    Gin parve della sua stessa opinione riguardo l'evitare il discorso statuine, confermando di aver comprato un CD delle "Dots". A Tobi quel nome non diceva nulla, ma si fermò comunque a pensarci per qualche minuto, nel caso gli venisse in mente qualcosa, ma ritrovandosi a scrollare le spalle sconsolato.
    -Scusa, non mi dicono nulla.- Sorrise alla descrizione di Gin. -Musica stramba, eh? Proverò a darci un'occhiata quando torno a casa.- I gusti musicali del ragazzo erano, contrariamente a molte altre cose del suo carattere, abbastanza normali, aveva una particolare predilezione per la Synthwave e l'Alternative ma ascoltava un po' di tutto, dalla musica giapponese alle colonne sonore.
    A quel punto, Gin chiese a Tobi dei suoi acquisti, dunque questi afferrò la busta e ne estrasse la piccola scatola del robot Revoltech che aveva acquistato. Fu sicuro al 100% che anche Gin avrebbe quantomeno riconosciuto la serie, pur magari non avendola vista o non tutta.
    -Arredamento.- Rispose Tobi, con un sorrisetto. -Mi sono trasferito da poco e stavo cercando qualcosa con cui riempire gli scaffali.- Fece. Non sapeva molto di action figures e statuine, a dire il vero, perciò non sapeva bene se aveva acquistato un buon prodotto o meno. -Non me ne intendo molto di queste cose, ma ricordo che me ne era stato regalato un altro di questa marca, anni fa.- A quel punto, il ragazzo si rese conto di star offrendo spunti pericolosi al suo interlocutore, avventurandosi nel terreno delle statuine, nonostante avesse fatto del suo meglio per evitarlo proprio poco fa. In qualche modo, tuttavia, era più rilassato rispetto a prima, come se riuscire a mettere in fila delle frasi senza dire stupidaggini facesse calare i suoi livelli di ansia.
    Il sacchetto di Mandarake, ora contenente solo il manga, era stato riposato di nuovo sulla sedia accanto a Tobi: il fatto che la bustina non fosse ancora completamente vuota era abbastanza chiaro, e se Gin si fosse sporto anche per pochi centimetri avrebbe certamente riconosciuto la sagoma di un manga abbastanza corposo, sebbene il contenitore non fosse trasparente. A dire il vero, Tobi non aveva nemmeno pensato di mostrarglielo: non per qualcosa, ma non era venuto a comprare quello e non lo considerava un acquisto da sbandierare, sebbene non lo stesse nascondendo.





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    Come avvisato nel topic delle assenze, il 21 partirò e tornerò il 28. Sicuramente non riuscirò a rispondere prima del 21, quindi ci dovremo risentire dopo il 28. Take ur time.

    P.S. ovviamente se vuoi congelare la role e ruolare altrove non mi opporrò :asd:
     
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    Giunto a metà del panino, il ragazzo tatuato tirò leggermente su la carta dell'involucro per appoggiarlo sul suo vassoio in tutta calma, iniziando dunque a dedicarsi alle patatine. Nel frattempo, il suo interlocutore aveva confermato l'intuizione sul suo nome, ammettendo di chiamarsi come un tipico piatto della cucina giapponese. Gin scosse leggermente la testa in segno di disappunto, pur non così accentuatamente da risultare fastidioso o sembrare un pesante giudizio.
    Come facilmente immaginabile dal suo aspetto, Tobiko non conosceva le ・・・・・・・・・. Forse qualcuno avrebbe potuto dire lo stesso osservando lui, ma il giovane non aveva certamente la faccia di uno che ascolta gruppi di idol, tantomeno quelli più sconosciuti che fanno una sorta di miscuglio tra pop e shoegaze.
    Prova a darci un ascolto, invece. - sorrise, sottolineando pungente quando Tobi disse che avrebbe provato a dargli "un'occhiata" una volta giunto a casa. In fondo era musica, no?
    Sorrise, spontaneamente invece questa volta, quando il giovane di fronte a lui tirò fuori dalla borsa di Mandarake la scatola di cartone di un'action figure additandola come "arredamento". Era divertente perchè solitamente l'arredamento dovrebbe offrire una sorta di razionalizzazione dello spazio abitativo, essere utilizzato per esprimere i propri interessi e la propria personalità. La stanza di Gin invece era sommersa da pile di CD musicali, DVD, statuette a volte posizionate persino a terra. Non riuscire a tenere casa in ordine era certamente un suo problema, ma anche l'utilizzare lo shopping come sfogo aveva il suo peso. Molto spesso si trovava ad acquistare cose completamente inutili per il semplice scopo di farlo e abitando in una casa condivisa con dei coinquilini non poteva certamente riversare tutta la sua marmaglia negli spazi "pubblici". Aveva finito quindi per accumulare tutto in camera sua facendola assomigliare più ad una discarica con un letto che un effettivo appartamento.
    Figo, ci sta. - rispose con semplicità, masticando un paio di patatine (probabilmente fatte di pasta di patate e non effettivamente di patate). A dire il vero non gli importava un granché cosa il ragazzino avesse comprato, pur constatando coi suoi occhi dorati che alla fine aveva deciso di non comprare la "tsundere" che stava tenendo in mano qualche decina di minuti prima.
    Come detto, però, pranzare in totale silenzio con uno sconosciuto-non-sconosciuto di fronte sarebbe stato più imbarazzante che altro. E Gin, più che prendere in giro le persone, non aveva molti altri argomenti di discussione: i tatuaggi (e il giovane di fronte a lui non sembrava certamente il tipo), le trap (e il giovane di fronte a lui non sembrava certamente il tipo), shota e loli (e il giovane di fronte a lui...) e così via per un altro paio di argomenti.
    Che scuola frequenti? - domandò quindi, riprendendo in mano il panino. Non aveva certamente indizi sulla sua età ma a giudicare dalla sua fisionomia e dal fatto che aveva (in modo molto imbarazzante) iniziato a chiamarlo "senpai" gli avevano fatto credere che fosse quantomeno ancora in età di scuola dell'obbligo.


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    TOBIKO FUKUDA

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    Narrato.
    -Parlato Tobi.-
    -Parlato Altri.-
    "Pensato."



    Gin scosse il capo impercettibilmente quando il suo interlocutore confermò le origini del suo nome. Roba da matti, gli lesse in faccia Tobi, come se non potesse credere che i genitori del ragazzo avessero così tanta voglia di rovinargli la vita. Tobiko scrollò le spalle: non aveva mai pensato che fosse stato una sorta di dispetto o altro, ma non negò di avere a sua volta diverse domande in merito al suo nome, che erano evidentemente destinate a non trovare risposta.
    -Se non altro, mio fratello ha un nome normale.- Concluse infine, a mezza voce, come a voler alleggerire l'altrimenti dura sentenza che Gin aveva senz'altro emesso verso i suoi genitori. Ma l'avrebbe alleggerita o appesantita? In fin dei conti, sembrava voler sottolineare un'esplicita preferenza, il che non è esattamente sintomo di grande parenting.
    Il ragazzo dai lunghi capelli neri suggerì a Tobi di dare un ascolto al gruppo di idol di cui gli aveva parlato, piuttosto che un'occhiata. L'osservazione, palesemente ironica, era rivolta alla forse non azzeccatissima scelta semantica del ragazzino, ma era palese che egli si rifacesse ad un comune modo di dire. Qual era, dunque, lo scopo di quell'uscita? Logicamente, nessuno, ma forse aveva più a che fare con il carattere di Gin, che lo portava a comportarsi in maniera un po'... antipatica? Insomma, non si poteva certo definirlo un bullo ma... Tobi aveva avuto più volte l'impressione che si stesse prendendo gioco di lui o che lo mettesse volutamente in difficoltà. Lo studente della Yuuei sospirò, un po' stranito da quell'osservazione non necessaria, ma ben deciso a passarvi sopra.
    Forse Gin lo aveva semplicemente preso in contropiede, per qualche ragione. Possibile che ce l'avesse ancora con lui per avergli ostacolato l'accesso a Mandarake?
    Quando vide Tobi estrarre il Revoltech ed additarlo come "arredamento", tuttavia, il senpai sorrise. Sembrava un sorriso spontaneo e genuino, questa volta: Tobiko si sentì come se fosse riuscito a fare una mossa giusta a scacchi dopo ore di tentativi fallimentari. Figo, Gin aveva definito l'acquisto di Tobi a quel modo: una piccola vittoria per il ragazzino.
    -È divertente?- Chiese, alludendo al sorriso del ragazzo di poco prima. Magari poteva essere uno spunto di conversazione: Tobi pensò di sfruttare ogni appiglio poiché Gin non sembrava affatto propenso a dargli corda. C'era sempre il rischio di sembrare un fastidioso, insistente kōhai, ma in fondo tanto valeva fare un tentativo.
    Invece, con sua somma sorpresa, poco dopo fu proprio il ragazzo dagli occhi felini ad iniziare un nuovo discorso, con una domanda che mise immediatamente in guardia Tobi: gli aveva chiesto che scuola frequentava. Ora, normalmente non ci sarebbe stato nulla di cui vergognarsi a frequentare la Yuuei, ma l'ultima volta che ne aveva parlato con qualcuno di esterno alla struttura aveva finito per farsi odiare. Quindi è naturale che ormai si facesse problemi anche solo a menzionarla: sembrava che l'opinione pubblica fosse sempre spaccata in due, c'era chi odiava la scuola e gli eroi e chi invece li amava. Non sembrava esistere nessuna mezza misura.
    Senza contare che c'era sempre questo suo non sentirsi all'altezza della cosa, non nel senso di non averne le capacità (o perlomeno non solo), ma prevalentemente il suo essersi iscritto senza perseguire un ideale ben preciso e anzi, per uno scopo personale ed abbastanza banale: nessuno dei suoi compagni di classe era come lui, avevano tutti un ideale in mente, qualcosa a cui aspirare o una meta da raggiungere.
    Se avesse detto la verità a Gin, per come si era dimostrato fino ad ora, lo avrebbe sicuramente preso in giro e giudicato, ma non gli andava nemmeno di mentire troppo spudoratamente, senza contare che non avrebbe saputo inventarsi una balla troppo grossa così, su due piedi.
    -Sono al secondo anno alla Yuuei.- Esordì, poi scrollò le spalle. -Corso meccanici, carino. Il mio Quirk mi facilita molto con i gadget.- Spiegò, sommariamente. In fondo, non dovevano servire chissà quali ideali per quel corso, no? Sperò che Gin non indagasse troppo. -Tu, invece? Voglio dire, mi sembra decisamente una divisa, quella.- Terminò dunque, un po' per ricambiare la curiosità del suo interlocutore ed un po' per sviare il discorso. In effetti, chissà che scuola poteva frequentare un personaggio come lui? Arte, forse? O magari qualcosa di totalmente inaspettato?






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    Keh. - sorrise compiaciuto quando il giovane di fronte a lui sostenne almeno di avere un fratello dal nome normale. Forse quella non era neppure una battuta di per sé, ma a Gin piacque decisamente. Riconoscere i propri limiti o i propri difetti è il primo passo per provare a superarli, e certamente un nome non troppo carino non era alla pari della mancanza di un braccio: una bella fila all'anagrafe, e nulla che non si potesse risolvere. Di sicuro la colpa non era imputabile a lui, sebbene per Gin chiamare il proprio figlio "uova di pesce" risultava sempre e comunque una sorta di forma di bullismo. Insomma, in un mondo dove le persone tendono a chiamare i propri figli "Chanel" o con altri nomi di stilisti o persone importanti... Chiamare il proprio figlio in quel modo non poteva che sembrargli strano. Sarebbe rimasto a bullizzarlo a riguardo del suo nome per tutta la giornata, ma a tutto c'è un limite in fondo.
    Il giusto. - rispose alla successiva domanda del ragazzo, poco prima di porre la propria. In tutta onestà, non gli importava un granché di che cosa il giovane studiasse. Insomma, era uno sconosciuto che probabilmente non avrebbe mai più rivisto, no? Il problema era che qualsiasi alternativa sarebbe stata troppo imbarazzante: continuare a guardarsi, muti, mangiando? No, come detto si conoscevano già troppo per una manovra simile. Domandargli del suo anime preferito, visto dove si erano incontrati? No, troppo da otaku. Chiedergli qualcosa riguardo al fratello che aveva appena menzionato? Suvvia, troppo personale. Il ragazzo di fronte a lui - Tobi - sembrava comunque giovane nonostante il fisico, con ogni probabilità in età di scuola dell'obbligo. Per questo motivo porgli una domanda sul suo percorso di studi era probabilmente il modo più sicuro per far conversazione e, vista la sua faccia, probabilmente anche quello meno noioso. Sì, Gin non aveva molta fiducia nelle persone.
    Arricciò un sopracciglio alla risposta di Tobi. Gin in realtà non era uno di quei tizi che odiavano la Yuuei e la scuola per gli eroi in generale, però aveva certamente delle rimostranze nei confronti del sistema in sé. La possibilità che solo pochi eletti potessero utilizzare la loro unicità liberamente, a suo vedere, era innanzitutto una violazione della libertà personale, e poi delle eventuali libertà creative del singolo. Ciononostante, non era un fatico e, soprattutto, riusciva a rendersi conto che non fosse una colpa della scuola in sé, sebbene della società che aveva poi generato tale scuola. Insomma, se giochi a scacchi e vuoi seguire le regole non puoi certo prendertela col cavallo perché può muoversi solo ad L.
    Gin era sempre stato un individuo creativo. Tutto ciò che riusciva a vedere nel senso della vita era creare e produrre qualcosa di nuovo con le proprie mani. In un certo senso, la meccanica studiata dal ragazzino di fronte a lui poteva ricoprire questo stesso ruolo, ma generalmente Gin vedeva tale pratica come un semplice seguire le regole e la guida altrui per aggiustare qualcosa di già esistente. Al più, gli inventori potevano certamente innovare e creare qualcosa di nuovo, ma la destinazione d'utilizzo sarebbe sempre e comunque rimasta diversa. Un oggetto deve essere utile, l'arte no o almeno non necessariamente. Diede un morso al suo panino.
    Mh, la Yuuei, deve costare un sacco. - rispose dopo aver masticato con un tono tutto sommato neutro. Come detto, le scuole per eroi erano solo un prodotto della società degli eroi. A molti parevano qualcosa di straordinario ma a conti fatti, per Gin, non erano nulla di tanto diverso da un istituto informatico o medico. Una mera specializzazione per occupare un posto nella società. E poi il nanetto non studiava neanche per diventare un eroe, in fondo.
    Io... studio arte, all'università. - rispose dunque alla domanda - E sto facendo apprendistato da mio padre. Facciamo tatuaggi. - aggiunse, mostrando quindi nuovamente l'inchiostro che ricopriva le sue braccia con un sorriso e certa fierezza.
    Hai detto... Il tuo quirk...? - domandò quindi nuovamente, questa volta leggermente interessato sul serio. Insomma, le unicità erano fantastiche, uniche da definizione, chissà che sotto questo aspetto il ragazzo lo avrebbe potuto stupire davvero. Forse.
    Cosa fa di bello? - reiterò, qualora non si fosse capito che voleva sapere dell'unicità in sé, e non era un buzzurro delle montagne senza la minima idea di cosa fossero i quirk in generale.

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    Gin evidentemente aveva frainteso la sua domanda, poiché aveva solamente risposto "il giusto". Il ragazzino certamente non stava chiedendo una conferma, se quello che avesse detto fosse stato divertente o meno, voleva più che altro sapere perché Gin lo trovasse divertente, perché nella sua mente tutto era tranne che una battuta. Nella sua mente, quel piccolo Revoltech era esattamente questo: un'articolo di arredamento. Bastava trovargli una posa cool, attaccargli gli accessori negli appositi slot ed infilargli l'action base in un pertugio dall'assai ambigua collocazione, in modo da sollevarlo e permettergli di mantenere una dinamica posa aerea. Cos'era, a conti fatti, più di un articolo di arredamento? Aveva scelto di porre la domanda in quel modo perché chiedere a Gin "cosa c'è di così divertente?" suonava brusco e antipatico, almeno nella sua mente, ma aveva finito per porre una domanda troppo ambigua. A dire il vero, ora che iniziava a conoscere Gin, c'era anche la possibilità che questi avesse capito benissimo la domanda e che si fosse semplicemente, deliberatamente rifiutato di rispondere.
    Pazienza, tanto era una semplice domanda per fare conversazione, non è che a Tobi interessasse realmente l'argomento: quando Gin pose la sua domanda e ne iniziò uno nuovo, il ragazzino fu il primo a lasciar perdere la vicenda.
    Al nominare la Yuuei, Gin inarcò un sopracciglio e dapprima Tobiko pensò al peggio, ma poi pensò che doveva essere una semplice reazione sorpresa dovuta all'accostamento improbabile fra la (presumibilmente) migliore scuola di eroi del Giappone e quel ragazzino che nella migliore delle ipotesi si poteva definire come completamente anonimo. Infatti, al termine di un modesto periodo di riflessione, l'unica osservazione che il ragazzo dai capelli lunghi fece al suo interlocutore fu qualcosa riguardo ai costi probabilmente molto elevati della retta per la Yuuei.
    -Hmm, abbastanza.- Fece Tobi, scrollando le spalle. -Non so se sia perché tempo fa stava per saltare in aria e ha perso punti popolarità, ma direi decisamente meno di quel che pensavo. Poi la borsa di studio ne copre più di metà.- Rifletté, rivolgendo solo all'ultimo il suo sguardo verso il senpai. In effetti non gli capitava spesso di pensare alle tragedie che solo poco tempo prima avevano profondamente sconvolto la Yuuei. Era ormai abituato al corpo professori ed al tempo della sua iscrizione c'erano già loro, ma era bizzarro pensare che prima delle disgrazie non c'era quasi nessuno di quelli in servizio all'inizio della carriera scolastica di Tobi. Dubitava che il suo rendimento o la sua vita in generale ne avrebbero risentito particolarmente, ma non poteva fare a meno di chiedersi come fosse prima. Era solo una sua impressione o le nuove generazioni di eroi erano profondamente diverse da quelle del passato? Anche questo era riconducibile ai profondi sconvolgimenti avvenuti non molto tempo prima? Chissà. La verità è che al momento buona parte degli eroi che conosceva passavano il tempo a menare le mani o pensare a come menare le mani più forte, e la scuola era stata salvata da delle persone che di eroico avevano solo lo spirito, certamente non la licenza.
    Si scosse rapidamente da questi ragionamenti, poiché ogni volta che ci ripensava gli saliva una sorta di nodo allo stomaco, come se la cosa lo disgustasse profondamente, e non poteva mai evitare di storcere il naso in maniera abbastanza evidente: prima che Gin lo notasse ed infierisse in qualche modo (ne sarebbe stato sicuramente in grado), dunque, meglio rivolgere la sua attenzione altrove. Non era affar suo, in fondo, lui non voleva diventare un eroe per ideali, anzi, non voleva diventare un eroe. In fin dei conti, ciò che voleva davvero era la licenza: poteva davvero dare lezioni di moralità agli altri?
    Fortunatamente, Gin rispose alla sua domanda sull'università proprio in quel momento, e la cosa lo distrasse in un batter d'occhio perché si rese conto di aver azzeccato la previsione: studiava arte.
    "Lo sapevo!" Esclamò nella sua mente, guardandosi bene dal dirlo ad alta voce per evitare di creare situazioni, ma forse lasciandosi sfuggire una fugace espressione esultante. Il ragazzo tatuato aggiunse di star facendo anche un'apprendistato dal padre nel suo... negozio di tatuaggi? Tobi si rese conto di non conoscere la definizione specifica per un luogo che si occupava di fare tatuaggi. Un salone, forse? Sicuramente meglio di "negozio", ma ancora non sapeva se era la parola giusta.
    -Capisco. Figo.- Fece, ripetendo volutamente le parole di Gin di poco prima, ma dubitando che questi se ne sarebbe accorto: per quanto Tobi non la usasse molto, era una parola pronunciata di frequente dai ragazzi. -Quelli te li ha fatti tuo padre, quindi?- Indagò dunque il ragazzino, iniziando a mettere in fila i tasselli. -Beh, non ne capisco molto ma mi sembrano davvero precisi e dettagliati, deve essere davvero bravo.- Si complimentò infine, strizzando leggermente gli occhi per osservare meglio l'oggetto del suo discorso, i tatuaggi sulle braccia del ragazzo dagli occhi felini.
    A quel punto, Gin gli chiese del suo Quirk, visto che l'aveva tirato in ballo poco prima ricollegandosi al corso di meccanica. Tobi annuì, solitamente parlava del lato più visibile e pratico del suo Quirk, ma visto il contesto decise di spendere una parola in più per un aspetto... non secondario poiché comunque utile, ma decisamente più discreto.
    -Ah, sì.- Esordì, raccogliendo i pensieri. -Beh, ho totale padronanza di qualunque oggetto tocchi. Non solo nel senso che lo so utilizzare al meglio, ma anche nel senso che ne comprendo tutti i funzionamenti, il peso, la fisica se ha qualche forma particolare... cose così. Per farti un esempio, uhm... se mi dessi un elettrodomestico rotto toccandolo capirei immediatamente dov'è il guasto e saprei sistemarlo.- Spiegò il ragazzo, dunque pensò di fare la stessa domanda anche a Gin: di norma era una cosa abbastanza personale, ma in fondo era stato lui per primo a chiedere. -Sarebbe indiscreto se ti chiedessi del tuo? Mi appassiona conoscere i Quirk delle persone.- Chissà, forse Gin avrebbe notato quell'improvviso animarsi degli occhi del ragazzo, al parlare del suo argomento preferito.





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    Bevve un sorso di bibita mentre il ragazzo parlava della Yuuei e delle disgrazie che l'avevano colpita negli anni precedenti. Effettivamente Gin era ancora al liceo quando quei fatti erano accaduti, ed in un certo senso lo avevano colpito personalmente per quanto lui frequentasse in realtà un liceo dall'altra parte della città. Ricordava con vivida chiarezza il giorno in cui l'esplosione aveva sferzato il cielo notturno di Tokyo, e la notizia che numerosi eroi avevano perso la vita in servizio ad Okinawa, molti dei quali erano impiegati come professori proprio alla scuola per eroi. L'intera nazione si era sentita in pericolo, in crisi, ma l'austerità giapponese aveva permesso una rapida ripresa della normalità. Certo è che Gin non sarebbe mai andato a fare il professore alla Yuuei: quello aveva tutta l'aria di essere un attacco diretto alla scuola e sebbene il mandante fosse stato arrestato, le cose nella loro totalità non tornavano e le indagini erano ancora aperte, pur brancolando probabilmente nel buio.
    Non per mancare di rispetto a coloro che avevano perso la vita quel giorno, ma anche quell'evento aveva convinto il giovane giapponese della totale inutilità della società degli eroi. E' ingenuo pensare che "qualcun altro" potesse essere più addestrato e avrebbe fatto la differenza in quella situazione, ma certo è che una minore privatizzazione del ruolo dell'eroe avrebbe permesso una maggior mobilitazione. Con più forze in gioco magari le perdite sarebbero state minori, la scuola non sarebbe stata lasciata scoperta e quel povero studente non avrebbe perso la vita. Anche se, trovandosi a scuola di sera e dopo un'evacuazione, la colpa alla fine era anche sua.
    Per fortuna che qualcuno ha fermato la bomba. - disse con semplicità Gin, posando la bevanda sul suo vassoio - Anche se non sapremo mai chi. - concluse quindi senza aggiungere altro.
    Giravano diversi identikit dei presenti sulla scena quel giorno. Prima dell'enorme esplosione visibile da ogni angolo di Tokyo era stato segnalato uno scoppio minore che aveva distrutto parte di un edificio della scuola (l'unico effettivo danno escludendo la morte del povero studente) e alcuni curiosi erano accorsi per ficcare il naso. Erano stati riportati sulla scena il noto "Druid" e un altro vigilantes che da quel giorno aveva smesso di apparire in giro, assieme ad un bizzarro gruppo di quattro ragazzi, di cui tre con i capelli bianchi. Erano stati proprio questi ad attirare lo sguardo dei ficcanaso ma, trovandosi fuori dall'edificio scolastico, la loro presenza non era più sospetta di quella dei curiosoni stessi. Una cosa, però, era certa: non erano stati gli eroi di mestiere a salvare la scuola, ma veri e proprio eroi "illegali", quelli che la stampa indicava col perentorio termine "vigilantes". E per Gin era proprio questo il significato, e ciò a cui auspicava: non la possibilità di utilizzare la propria unicità a piacere, ma il diritto di utilizzarla qualora ci fosse bisogno di difendere qualcuno o di fare inequivocabilmente del bene.
    Il discorso era comunque avanzato, e annuì quando il ragazzino di fronte a lui gli chiese se i tatuaggi che coprivano il suo corpo erano stati fatti da suo padre. Legalmente un'operazione simile sarebbe stata impossibile: Gin aveva raggiunto la maggiore età da solo due anni e un'operazione di quelle dimensioni avrebbe richiesto ben più di seicento giorni per essere completata. Insomma, facendo un occhiolino alla legge, buona parte della riuscita di quell'opera mastodontica era stata garantita dall'utilizzo del quirk di suo padre. Ormai il lavoro era quasi completo: mancavano solamente due tao sul dorso delle mani ma non era sicuro di quella parte. Il mondo del lavoro giapponese era ancora retrogrado (pur forse su questo punto in linea con buona parte di quello mondiale) e i tatuaggi in posti visibili non erano ben visti. Avrebbe completato il tutto solo una volta deciso al cento per cento di voler lavorare nel negozio di suo padre.
    Mmmmh. - borbottò alla spiegazione di Tobi riguardo al suo quirk. Il mondo era bello perché vario, ma gli veniva comunque difficile capire cosa facesse l'unicità del ragazzo, perlomeno rispetto ad una immediata come la sua. L'esempio aveva aiutato, ma non sembrava nulla di particolarmente interessante. Ciononostante, una cosa li accomunava: fino ad un certo punto, entrambi i loro quirk non erano nulla di unico, anzi, permettevano solo di fare con più semplicità ciò che chiunque, con un po' di allenamento, sarebbe riuscito a fare.
    Certo. Il mio quirk mi permette di leggere il futuro delle persone. - sghignazzò dentro di sé. Era falso, ma non si sarebbe perso l'occasione di prendere in giro il giovane - Insomma, non è che vedo la loro vita come un film, semplicemente... Posso visualizzare alcuni concetti legati al loro futuro di lì a breve. - aggiunse, facendo spallucce - ... Vuoi provare? - domandò, porgendogli la mano destra col palmo rivolto verso l'alto.
    Se il ragazzo avesse accettato porgendogli la mano come in una lettura del palmo, Gin avrebbe poi fasciato la sua mano portando la sinistra su di essa. Dopo un paio di secondi Tobi avrebbe sentito un leggero pizzicore e, tirando fuori la mano, avrebbe visto un carattere in kanji impresso a colore nero sul palmo della sua mano: shi (死), morte. Dopo aver finto uno sguardo stupito, Gin avrebbe quindi riso lasciando cadere la maschera.
    No, scherzo. - sospirò, bevendo nuovamente dalla sua bevanda - Sorpresa delle sorprese, posso fare tatuaggi. Oh, ma non è permanente. Tra un minutino andrà via.

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    Gin si dichiarò rincuorato del fatto che qualcuno avesse fermato la bomba, ma rammaricato del fatto che non avrebbero mai saputo chi era stato l'eroe della situazione, al ché Tobi annuì.
    -Ironico come, con tutti questi eroi in circolazione, non sia stato nessuno di loro.- Osservò, con lo sguardo perso fisso sul proprio vassoio. In effetti, se fosse stato per gli eroi, la Yuuei sarebbe stata solo un ricordo. Chissà che fine avrebbe fatto lui, se la Yuuei non ci fosse stata? Se c'era una cosa che lo aveva attirato verso la scuola di eroi era stata sì la possibilità di vedere molte Unicità, ma anche il fatto che la Yuuei era sempre sulla bocca di tutti, per un motivo o per l'altro, e lui era un tipo curioso per natura. Se non ci fosse stata avrebbe scelto un'altra scuola per eroi? Ad essere onesti, non ne era sicuro... gli sembravano così anonime, non era nemmeno sicuro di come si chiamassero. Non che fossero necessariamente inferiori alla Yuuei, ma sicuramente erano meno in vista, Tobi non era sicuro che avrebbe fatto questo salto verso l'ignoto per una di quelle scuole. Probabilmente sarebbe finito a fare ingegneria robotica o meccanica, come suo fratello, continuando a coltivare la sua passione per i Quirk nel tempo libero.
    Gin non commentò nulla riguardo il Quirk di Tobi, e questi incassò senza fiatare. Lui amava la sua Unicità e non l'avrebbe cambiata con nessun'altra, ma sapeva benissimo che effetto faceva sulle persone: "meh". Ecco perché aveva evitato di dire che era un eroe a Gin, avrebbe pensato che si era montato la testa o chissà cosa. Come poteva uno con il suo Quirk sperare di essere un eroe?
    "Beh, non avevo proprio voglia di sentirmelo dire." Si giustificò, per convincere un lato di sé stesso ancora titubante che aveva fatto bene a mentire. Del resto, probabilmente, avrebbe incontrato quel ragazzo una volta sola, ed erano costretti a condividere soltanto un pranzo: terminato il pasto, tanti saluti. Valeva la pena rovinarsi la giornata solo per non mentire a uno sconosciuto? Palesemente no.
    A quel punto, Gin rispose alla domanda che gli aveva posto Tobi, dicendo che il suo Quirk gli permetteva di vedere il futuro delle persone. Il ragazzino alzò un sopracciglio, un po' scettico, gli sembrava fin troppo esoterico per essere vero. Essendo un appassionato, di Unicità ne aveva osservate e studiate molte, e nessuna fino ad ora si era rivelata totalmente inspiegabile e priva di fondamenti scientifici. Gin rettificò, forse in risposta allo sguardo scettico di Tobi, comunicando che più che vere e proprie visioni era in grado di afferrare "concetti" legati al loro immediato futuro. Per quanto sembrasse ancora piuttosto misteriosa come cosa, quantomeno era stata ridimensionata. Magari qualche spiegazione scientifica ci poteva essere, anche se al momento a Tobiko non sovveniva.
    -Uhm, ok.- Mormorò il ragazzo quando Gin si offrì di fargli una dimostrazione, tendendogli la mano destra come implicitamente richiesto. Gin coprì la mano di Tobiko con la sua sinistra e, quando la rimosse, il ragazzino notò che era apparsa una lettera sul suo palmo.


    (MORTE)


    A Tobi venne istintivamente da ridacchiare, ora era chiaro: lo stava prendendo in giro. Il suo Quirk aveva più probabilmente a che fare con il far apparire, in qualche modo, simboli addosso alla gente. Forse manipolazione dell'inchiostro? Appropriato, per un tattoo artist, in effetti: se lo aveva ereditato almeno in parte dal padre, poteva capire perché i due avessero deciso di dedicarsi a quel mestiere.
    -Hah.- Esalò, con un sorrisetto, come a sottolineare che aveva capito tutto. Di lì a poco, Gin gli avrebbe spiegato meglio il suo Quirk, ossia far apparire tatuaggi temporanei addosso alle persone. A Tobi venne da ridacchiare: era stato lui per primo a mentirgli riguardo alla scuola, quindi non poteva prendersela più di tanto, ma poté certamente notare l'istantanea ripercussione karmica. Lezione imparata: se avesse deciso di seguire la strada della menzogna, avrebbe anche dovuto evitare di fidarsi delle persone troppo facilmente.
    -Capito. Beh, che dire... molto appropriato. Anche se a questo punto mi viene da supporre che sia da questo che nasce la vostra passione per i tatuaggi.- Osservò. Ragionandoci a mente fredda, era un Quirk piuttosto interessante e decisamente inusuale, un appassionato come Tobi non poteva che essere felice di aver avuto la possibilità di osservarlo. Sollevò la propria mano destra e se la portò dinanzi al volto, osservando da vicino il marchio impressogli dal suo interlocutore. -Davvero interessante.- Mormorò, valutando la notevole definizione del simboletto e la sua minuziosa precisione. -Peccato durino così poco, però.- Osservò infine, abbassando la mano e sorridendo a Gin con aria pensierosa.
    Pepita dopo pepita, la sua porzione di pollo era finalmente giunta al termine, ora toccava alle patatine. Già intaccata, la modesta porzione non sarebbe durata a lungo: ormai l'incontro con Gin stava volgendo al termine. Forte di questa consapevolezza, si permise di fare un'osservazione al senpai, cercando di mantenere un tono calmo e neutrale, come se la cosa non lo disturbasse poi tanto.
    -Ti diverte molto prendere in giro le persone, huh? O lo fai solo con quelli un po' più tonti?-



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    NESSUN EQUIPAGGIAMENTO


     
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