Chi non muore... - CASE II: Life is a Play

AM per the saxofonist, Lostien, Farnia_Play - Kabuki-za

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    CASE II: LIFE IS A PLAY

    Erano passati ormai un paio di mesi dalla giornata in cui si era tenuta la Manifestazione del Corteo Anti-Mutant, al termine della quale un pericoloso criminale era - forse con l'ausilio di qualche frangia estremista del Movimento - riuscito ad evadere dal Centro di Detenzione di Tokyo. Purtroppo le indagini non erano ad un buon punto, complice anche uno strano evento accaduto ad Halloween in una specie di vecchio, enorme magazzino a Tsukiji. Anche a quell'evento, purtroppo, non si era ancora riusciti a dare una spiegazione plausibile. Una cosa, però, è certa: le forze dell'ordine di Tokyo avevano avuto un gran daffare negli ultimi tempi.
    In un primo tempo, tutto in città era stato muto. Il Sagrestano era irraggiungibile, perché non sembrava aver lasciato alcuna traccia dietro di sé. Viste le riprese del carcere danneggiate, era impossibile anche solo pensare di riuscire a risalire a quei presunti quattro o cinque uomini in casacca nera che lo avevano aiutato durante la sua evasione. La polizia aveva provato ad interrogare qualche persona tra i ranghi alti del Movimento Anti-Mutant giapponese, ma tutti avevano con fermezza criticato l'operato del Sagrestano e il Reverendo Bolek e avevano preso le distanze dal loro modo di fare, affermando inoltre che il Movimento agiva solo nella piena legalità concessa dallo Stato.
    Vista la delicatezza della situazione, ad occuparsi delle indagini assieme alla polizia era l'eroina Whisper, forse mossa anche dai sensi di colpa, credendo di essere in un certo senso complice di quell'evasione per la sua pessima gestione della Manifestazione. Per rimediare alla situazione di pericolo in cui aveva messo dei giovani studenti, inoltre, si era proposta per un nuovo stage, questa volta meno rischioso: voleva infatti mostrare ai giovani eroi come comportarsi su una scena del crimine, trovare indizi e quant'altro. Purtroppo, ovviamente, questo necessita di una scena del crimine, appunto.
    Il Teatro Kabuki di Ginza effettuava due spettacoli al giorno, uno pomeridiano e uno serale. All'orario al quale i ragazzi erano stati convocati - le tre e mezza del pomeriggio - ci si sarebbe quindi aspettati di trovare le porte aperte e magari una piccola coda all'esterno: ecco, non era così. Il marciapiede di fronte al Teatro era pressoché deserto, vi erano parcheggiate due volanti della polizia e le porte del teatro erano sigillate come spesso si vede nei telefilm: nastro giallo incrociato con grossi kanji neri ad evidenziare l'accesso consentito solo agli uomini delle forze dell'ordine.
    L'iscrizione a quell'attività extra-curricolare (e infatti in quanto tale si svolgeva nel pomeriggio) era volontaria, e tra i tanti che si erano proposti il "Presi-King" aveva fatto una cernita. L'assortimento comprendeva varie classi e sezioni quindi con molta probabilità i tre studenti assegnati al Teatro di Ginza non sarebbero arrivati nello stesso momento. Eppure, ad attenderli ci sarebbero stati solamente quel nastro giallo fluo e il silenzio.



    CITAZIONE
    Bene ragazzi, benvenuti all'AM.
    Per le pure e crude informazioni al pubblico da social media, potete approfondire col seguente articolo. Quanto alla storia passata del Sagrestano ci sono i due articoli sulla vecchia Quest: click e clack!
    Il materiale sulla Manifestazione non è stato ancora redatto ma se volete fare riferimenti sapete dove trovare le AM, evitate solamente il metagame ovviamente.
    Il primo turno è in ordine di arrivo, dopodiché manterremo quello che si sarà venuto a formare come tradizione. Il luogo esiste veramente quindi lascio a vostra discrezione il metodo di arrivo ed eventuali descrizioni. :zizi:
    Ricordatevi il limite minimo di 2000 caratteri e per qualsiasi dubbio avete tutti un mio contatto!
     
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    lemurpower10|| Amachi Jabar ||




    Narrato - Parlato - Pensato



    Ormai l’evento di Halloween era passato ed era stata dura riprendersi dopo quell’avvenimento. Doveva essere una festa come un’altra, ma invece si era tramutata in una serata veramente dell’orrore! Un 31 ottobre così non lo si augura neanche al peggior nemico, o quasi.
    C’erano state delle notti difficili per Amachi, infatti nei giorni successivi all’event di Halloween aveva avuto molta difficoltà a dormire almeno due ore di fila, spesso si svegliava di colpo, sudata, con gli occhi spaventati ed il fiatone, come se era di nuovo intrappolata in quell’incubo dove c’erano solo vampiri e mostri. Spesso, appena svegliata, si toccava il collo, le clavicole ed i polsi, infatti sembrava proprio che volesse controllare che fosse ancora tutta intera e priva di morsi o ferite.
    Le mattinate a scuola trascorrevano per lo più in tranquillità, anche se c’erano stati casi di frecciatine simil razziste da parte di alcuni studenti, forse anche questi erano schierati con chi odiava i Mutant, ma Amachi cercava sempre di sviare e fuggire da quelle provocazioni. Era palese che si stavano divertendo a farla soffrire, ma per fortuna c’erano anche studenti che si schieravano con chi era come lei, non vedendo una “diversità” tra le varie tipologie di Quirk. La lemure si sentiva un po’ un pesce fuor d’acqua, anche perché era da poco tempo che era riuscita ad accedere all’accademia per eroi di Tokyo e stava facendo fatica a fare amicizia con le persone. Era una tipetta che aveva amici sui social network, ma fuori da quel contesto era sola, o quasi. Aveva molta difficoltà a relazionarsi con le persone dal vivo, infatti preferiva restare ad ascoltare ed esprimere poco le sue volontà, perché temeva i giudizi e le sentenze che potevano essere gettate su di lei ma per colpa di fraintendimenti.
    Ma proprio in una mattinata come tante, precisamente nell’ora del pranzo, in sala mensa era passata una circolare che era stata portata in giro per l’istituto da un paio di studenti del primo anno. Amachi non sapeva effettivamente se quei tipi erano dell’altra sezione o se erano più grandi di lei, sa solo che stavano portando un messaggio da parte dell’eroina Leticia LaCroix alias Whisper. A quanto pare c’era del lavoro extra scolastico da fare, stava cercando dei volontari nell’istituto per affrontare una piccola missione di indagini su un fattaccio accaduto qualche tempo fa, proprio durante la manifestazione anti-mutant. Inizialmente la lemure aveva percepito lungo la schiena un brivido gelido che l’aveva attraversata fino alla punta della coda, con la pelliccia corta e folta che si era lievemente sollevata sulla parte dorsale del suo corpo, giusto quei pochi secondi in cui aveva capito più o meno di che evento si stava parlando. Era scossa da quella circolare, ma le faceva comodo avere qualche punticino in più sulla sua pagella da aspirante eroe. Anche se non era una missione pericolosa o dove c’era da tirare fuori la forza, lei aveva intenzione di farsi avanti. Aveva interrotto per qualche minuto il suo pasto, giusto il tempo per scambiare due parole con quegli studenti per farsi segnare in quella lista che poi avrebbe esaminato il Presi-King per decidere chi doveva andare a quella missioncina pomeridiana. Alla fine cosa poteva mai succedere? Non doveva stare troppo a contatto con le persone, forse doveva solo guardare cosa facevano i veri eroi e prendere appunti, oppure imparare qualche modo per indagare sulle scene del crimine, ma alla fine doveva poco interagire con qualche individuo…Almeno nella sua testa “Almeno vediamo se riusciamo a sbloccarci un po’, eh Amachi? Vediamo di tirare fuori le p- ehm, forse meglio dire gli artigli.. Quelle altre cose le hanno i maschietti.” Pensò nella sua testolina, mentre da fuori era palesemente nata sul faccino un’espressione sicura e piena di orgoglio.. Ma era bastato un salto di congedo da parte dei due studenti, che lei era tornata la ragazza timida dell’istituto.
    Pochi giorni dopo c’era stata la grande scelta da parte del Presi-King ed a quanto pare aveva scelto tra diversi nominativi quello della giovane Jabar! Quando era stato annunciato in classe, tramite circolare, il suo nome, lei trasalì ed il viso era diventato rosso..Ops! Lei era coperta di pelliccia grigiastra, quindi era impossibile vedere l’imbarazzo stampato sul suo visino, anche se l’espressione sorpresa l’aveva fatto intendere. Quello stesso giorno, alle tre e mezza del pomeriggio, quindi dopo scuola, doveva recarsi al teatro Kabuki di Ginza. Nella sua testa, come al solito, si erano venuti a formare diversi scenari che poteva trovare in quel posto, come si sarebbe svolto lo stage organizzato dalla Hero Whisper, ma anche possibili scenari fallimentari dove fallivano miseramente. Cercò di cacciare via quei filmini stupidi dalla sua testa, infatti andò a muovere appena la testa come a scuoterla, sbuffando poco dopo dell’aria dalle narici del suo nasino nero.


    Il pomeriggiò arrivò presto, infatti Amachi appena aveva finito l’orario di scuola si era recata nella zona armadietti dove poteva recuperare le sue scarpe da ginnastica bianche, con sopra disegnata stilizzata una scimmietta nera posta sul lato esterno delle calzature, ma non aveva intenzione per il momento di usare la sua tuta nuova di pacca da eroe. Forse non le sembrava il momento di sfoggiarla, infatti aveva deciso di restare in divisa scolastica che era composta dalla classica camicia bianca, giacchetta grigia ben abbottonata sul davanti, cravattina rossa e la gonnella a pieghe color verde bottiglia. Unica cosa per avere un minimo le gambe coperte, aveva deciso di mettersi delle calze parigine bianche che le arrivavano fin sotto le cosce, almeno sarebbe rimasta un po’ più al calduccio.

    Come copri abito aveva optato per la giacca color militare che le arrivava a circa metà coscia, abbttonata davanti da un paio di bottoni di plastica neri, con un paio cappuccio che aveva deciso di tenere sulla testa e coprire i capelli neri ispidi e scompigliati, che erano oggi legate in due codine alte e che esaltavano la selvaggia capigliatura. Sul viso, come al solito, si era messa i suoi occhiali da sole grandi e rotondi, con le lenti colorate e che cangiavano quando la luce del sole si poggiava su di esse. Zaino nero in spalla e via, era pronta per lo stage! Aveva deciso di andare al teatro Kabuki di Ginza con i mezzi pubblici, anche perché non aveva la macchina e neanche la patente. Per metropoli come Tokyo era sempre meglio affidarsi agli autobus o metropolitane, perché erano molto affidabili e potevano portarti ovunque, certe volte saltavano pure le file ed ingorghi che si potevano trovare sulle normali vie del centro. Meno male che lei aveva optato per un treno che portava da una parte all’altra della città, ma passava anche dalla zona più esterna che era proprio dove si trovata l’istituto dove studiava la lemure. Il suo viaggio era stato tranquillo, aveva trovato anche un posticino a sedere su un sedile di plastica e passava tutto il tempo a guardare il suo telefono per vedere nuovi aggiornamenti sui social network, soprattutto sulla sua pagina se aveva ricevuto dei Like o meno per i suoi video musicali.
    I colori nel cielo iniziavano a mutare, segno che il sole aveva già iniziato a calare, con lentezza, per poter arrivare più tardi al tramonto. Amachi se ne era accorta perché aveva alzato lo sguardo per capire se era la sua fermata, scorgendo così anche quella sfumatura azzurrina che iniziava a tendere verso il giallino. A quanto pare era giunta a destinazione, scese dal piccolo treno composto da pochi vagoni e cercò di dirigersi con passo tranquillo verso la zona che le era stata detta con l’ultima circolare che era passata per le classi. Gli occhi, due pozzi neri con due iridi rosate, si muovevano dietro le lenti colorate dei suoi occhiali da sole e scrutava la zona che era nei pressi del Teatro Kabuki “Uhm.. Qui non c’ero mai venuta. Almeno non me la ricordo.. Meno male che con il BooBle Maps sto trovando facilmente il posto dove inizierà lo stage.” Pensò, mentre sentiva in se salire quella leggera preoccupazione che la rendeva spesso insicura e timida. Si umettò le labbra scure, mentre la coda ad anelli, che era tenuta bassa e quasi del tutto ferma, incominciò a muoversi alle sue spalle, con lentezza e creava disegni astratti ed invisibili nell’aria. Le orecchie ampie e pellicciose erano tenute ferme e basse, ma spuntavano tra i capelli scuri e spiccavano data la differente tonalità di colore. Sospirò proprio quando la sua attenzione si era piantata sulle volanti della polizia ed in fine sul maestoso Teatro, storico e ben tenuto, un luogo che ogni viaggiatore guardava con stupore, infatti inghiottì con leggera difficoltà un piccolo nocciolo di saliva “Mh.. Ci siamo. Forse è meglio aspettare che ci sia qualcuno addetto alle indagini? Calma, non entrare subito nel pallone! Allora.. Ricapitolando.. Intanto leviamo il telefono di qui e mettiamolo in tasca” E così fece, andando a porre in tasca del giaccone color verde militare il telefono, ma prima controllò di aver staccato la suoneria e soprattutto il navigatore “Adesso vai fin là alla porta ed andiamo a vedere se c’è qualche cartellino appeso su quei nastri..” Si limitò a suggerire nella propria testa con quel pensiero. Le mani della lemure si erano nascoste nelle tasche del copri abito, mentre la coda continuava a muoversi dietro di lei senza sosta. Iniziava ad avere un po’ d’ansia, alla fine era la sua prima missione! Cercò di guardare inizialmente le due volanti della polizia per controllare se all’interno c’erano o meno degli agenti, per poi tentare di dirigersi verso la zona tappezzata di nastri gialli e con sopra le scritte in giapponese che intimavano di non varcare oltre quella “barriera” fatta di plastica. Non toccava nulla, si limitava solo a cercare di capire se era sola o c’erano anche altri studenti come lei in attesa. Per ora si limitava a studiare come era fatto l’esterno del teatro, a quanto pare l’affascinava come posto “Speriamo che gli spettacoli vengano rifatti… Non ne ho ancora mai visti dal vivo. Ma adesso devo pensare qui alle indagini, sopratutto mi spaventa questo evaso, il sacrestano! Ha ucciso dei bambini...Per delle idee malate... Mi mette i brividi...” E sospirò ma senza dire nulla al momento.



    AmDv8iE
    LIVELLO 2


    CITAZIONE
    Aspirante Hero
    Energia: 100
    Forza: 20
    Quirk: 30
    Agilità: 25
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    TECNICHE/EQUIP





    Edited by Farnia_Play - 9/12/2019, 16:40
     
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    I passi che s’accostavano a quelli di Sumire, erano di alcune sue compagne di classe, in quella che per loro era diventata una sorta di tradizione giornaliera: si riunivano mezz'ora prima dell’inizio delle lezioni in un bar a qualche isolato dalla Yuuei, prendevano qualcosa assieme e poi si dirigevano a scuola. Stanca delle colazioni solitarie e silenziose nel suo appartamento, l’idea era venuta proprio all'albina e per questo soltanto alcuni eletti rientravano nel ristretto gruppo che accompagnava la sua mattinata, evitando così di ritrovarsi presenze poche gradite nelle prime ore del mattino.
    Il bicchiere di caffè ormai mezzo vuoto, era avvolto dalle sue minute e curate mani, cercandone il calore tenue mentre avanzavano a passo lento verso l’edificio scolastico, condotte da Sumire che, a qualche metro più avanti delle sue compagne, ascoltava con assorto interesse il loro chiacchiericcio, almeno finché non le chiesero se quel pomeriggio le avrebbe accompagnate a fare un giro a Roppingi.
    La treccia laterale che aveva tessuto sui suoi capelli, volò appoggiandosi sulla schiena quando girò il viso per guardare quelli delle compagne, in un’espressione altezzosa. ‹ Questo pomeriggio ho da fare, mi sono iscritta e sono stata scelta per assistere a delle indagini. › affermò non risparmiando un tono pomposo, voltò di nuovo lo sguardo davanti a sé e bevette un ultimo sorso di caffè, per poi buttare il bicchiere in un cestino al lato del marciapiede. La conversazione così si concentrò, come le piaceva, su di lei e le sue amiche iniziarono a riempirla di domande a cui però nemmeno lei aveva ancora risposte chiare. Erano stati piuttosto vaghi, quelli della Yuuei riguardo cosa avrebbero indagato con esattezza; Sumire aveva avuto tempo di formulare una propria ipotesi, il caso era seguito dalla Providence e, dopo la notizia della loro pessima gestione nella manifestazione Anti Mutant e la molto probabilmente collegata l'evasione al Centro di Detenzione di Tokyo, le era sorto il sospetto che potesse trattarsi d'un indagine collegata a quei eventi. Seguendo quell'ipotesi aveva deciso di informarsi il più possibile, leggendo vecchi e più recenti articoli di giornali in modo da non ritrovarsi del tutto impreparata una volta arrivata sul luogo: era la prima volta che partecipava ad un indagine e l'idea di qualcosa di sconosciuto e nuovo a lei significava essere inesperta ed era una sensazione che non riusciva a sopportare.
    Il suo parere era piuttosto neutro per quel che riguardava il Movimento Anti Mutant, non approvava la situazione violenta che s'era andata a creare, ma non condannava i manifestanti: ognuno era libero di esprimere i propri pensieri attraverso una manifestazione. Per l'evasione invece era più indignata che preoccupata: erano ormai passati mesi e ancora nessuno aveva trovato Homura, com'era possibile che la polizia fosse così inetta?
    I motivi che l'avevano spinta ad iscriversi allo stage, quindi, non avevano nulla a che vedere con un particolare coinvolgimento ideologico o emozionale, ma semplicemente l'idea di poter scendere sul campo, far esperienza e vedere come lavoravano gli eroi.

    La giornata scolastica trascorse in tranquillità e Sumire, nonostante sapesse che anche una delle sue compagne di corso avrebbe partecipato a quell'attività extra-curricolare assieme a lei, non si era presa la briga né di andarci a parlare per prima né di invitarla ad andare assieme: dopotutto se la lemure non s'era avvicinata perchè avrebbe dovuto farlo lei?
    Al suono del campanello dell'ultima lezione del giorno, l'albina prese la metro ed arrivò a casa una quindicina di minuti più tardi: ormai si stava abituando ai mezzi pubblici, tanto che aveva smesso di guardare male chiunque fosse il fortunato ad aver trovato un posto a sedere o chi fin troppo spesso le finiva addosso nei momenti in cui la metro frenava.
    Non riuscì a concentrarsi su nient'altro che non fosse lo stage che aveva quel pomeriggio, aveva così finito a trascorrere le ultime ore prima dell'incontro a rileggere i vecchi articoli quasi volesse impararseli a memoria e, giunta ormai alle decima volta, probabilmente avrebbe saputo recitarli.
    Venti minuti prima della fatidica ora dell’incontro, Sumire, intenta a finire di prepararsi, aveva di nuovo indossato la divisa scolastica: le gambe snelle fasciate da un paio di calze nere e la camicia posta sopra la gonna verde mirto portata leggermente sopra i fianchi, la cravatta rossa seminascosta dalla giacca ardesia. Siccome la giornata fuori era particolarmente fresca, indossò anche un cappotto di lana color carbone che le arrivava pochi centimetri sotto la gonna e allacciato, nascondeva così la divisa della Yuuei che per i gusti dell'albina era semplicemente orribile. Prese una delle sue innumerevoli borse, ficcandoci dentro un blocco note, alcune penne, il portafoglio e il cellulare, per poi partire verso il Kabuki-za.
    Il viaggio fu piuttosto breve, il teatro non distava che pochi chilometri da suo appartamento ed essendo già andata un paio di volte ad assistere agli spettacoli sapeva le strade e scorciatoie più brevi in modo di giungere sul posto perfettamente in tempo.
    Timidamente il sole si nascondeva dietro l'imponente grattacielo che ora faceva ombra al teatro Kabuki di Ginza, ricostruito parecchie volte nel corso della storia, aveva mantenuto la sua essenza e il suo stile architettonico con l'andare degli anni, esso infatti era ispirato inspirato ai vecchi castelli Giapponesi e i templi precedenti al periodo Edo. Sumire si fermò sul marciapiede, notando i mobili della polizia parcheggiati vicino all'edificio e, poco più avanti, posta sulle porte sigillate dai nastri gialli che vietavano l'accesso, la sua compagna di scuola. Saremo soltanto noi due?
    Si avvicinò prima alle auto della polizia, constatando che non ci fosse nessuno, poco dopo raggiunse Jabar all'ingresso del teatro, puntando i suoi occhi azzurri sugli occhiali da sole colorati della ragazza. ‹ Hey, Jabar-san. › la salutò, per poi far scattare di nuovo lo sguardo nei dintorni. ‹ Non c'è nessun'altro....? › le domandò, piuttosto perplessa.


    | Hero | #Livello 3 | 17 y.o. | © |
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    Ricordo che faceva male. Guardarla stare male.

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    Quella mattina una penna con il tappo nero roteava con velocità tra le dita di Shoya, il quale annoiato dalla lezione in corso teneva gli occhi fissi davanti a sé e con la mente girovagava tra i suoi pensieri.
    Pochi giorni fa si era candidato per un’attività extracurriculare molto interessante, si trattava di un’indagine non troppo definita per scovare un qualche villain evaso di prigione, o almeno così gli pareva di aver capito. Il giovane dai capelli neri non era un assiduo lettore di giornali né tantomeno guardava i notiziari, la maggior parte delle informazioni le percepiva ascoltando le conversazioni dei suoi compagni tra i corridoi, durante l’intervallo o durante gli allenamenti.
    Nell’ultimo periodo infatti erano successe cose strane, in primis quella che doveva essere la festa di Halloween migliore di sempre si era trasformata in un incubo e nessuno ne voleva parlare. Shoya era stato invitato, ma non era potuto andare perché doveva finire di lavorare sugli upgrade della sua nuova tuta eroe, ma da quello che aveva potuto capire, gli era andata bene così. I pochi amici che aveva non erano frequentatori di feste, così chiedere agli altri ragazzi della scuola non aveva portato ad alcun risultato. Certo il giovane era curioso, però dopo pochi giorni se ne era fatto una ragione e aveva smesso di porsi questi interrogativi.
    Nel frattempo avevano iniziato a girare voci un po' razziste tra i corridoi della scuola, qualcuno parlava di questo movimento Anti-Mutant e della conseguente evasione di un pericoloso criminale. Tutti sembravano essere esperti in materia, c’era chi giurava di aver visto tutto, chi di aver avuto un parente che si trovava proprio lì mentre accadeva il misfatto; insomma non allo Yuuei non si parlava altro che di gossip.
    Shoya assorbiva e analizzava con mente critico tutte le informazioni, d’altronde si sa che la verità sta sempre nel mezzo. Così si era fatto coinvolgere da questa evasione e da questa indagine, visto che era stato richiesto l’aiuto di qualche studente lui di certo non poteva tirarsi indietro.
    Sbadigliò portando la mano sinistra a coprire la bocca, mentre gli occhi si inumidivano con una leggera lacrimazione.
    Fortunatamente oggi faccio solo mezza giornata
    Infatti oggi era il giorno in cui era stato convocato per incontrarsi con gli altri compagni di scuola e gli eroi che gestivano questa attività extracurriculare di indagine. Più precisamente sarebbe dovuto andare alle tre e mezzo del pomeriggio al teatro Kabuki di Ginza.
    Tutte le volte che sentiva la parola teatro, Shoya ripensava alla sua ultima missione; Karen, Lion, gli uomini pianta e i villain che se l’erano data a gambe.
    La penna scivolò via dalle dita del giovane e cadde per terra.
    Ecco si era già innervosito. Non riusciva proprio a farsela passare che ancora una volta quei villains se l’erano data a gambe, proprio quando aveva avuto la situazione sotto controllo, il pieno delle forze e una posizione vantaggiosa.
    Non ricapiterà più!
    Ripeteva a se stesso con convinzione e infatti era convinto che non sarebbe più ricapitato. Adesso si era allenato con maggiore intensità e aveva sviluppato una tuta eroe che gli permetteva di sfruttare in maniera ancora più efficace il suo quirk. Non si sarebbe più fatto cogliere impreparato.
    La campanella suonò e Shoya scattò in piedi. Si sarebbe dovuto muovere subito se voleva arrivare in tempo. Il pranzo al sacco lo avrebbe consumato sul treno. Così salutò i suoi compagni e amici, raccolse qualche imbocca al lupo e si diresse verso l’uscita della scuola.
    Indossava la divisa scolastica, con pantaloni camicia e cravatta, ma sotto di essa vi era presente la sua nuova tuta eroe chiamata full dive; progettata per essere aderente gli permetteva di poter indossare anche dei vestiti sopra senza avere i movimenti troppo limitati. Era perfetta per cogliere di sorpresa un nemico.

    Curioso, gasato e anche un po' dubbioso scese alla fermata più vicina al teatro e si avviò a piedi per quei pochi metri. Il clima era mite, non tirava troppo vento, ma il sole stava già iniziando a calare dietro gli edifici più alti. Il teatro era perfettamente visibile, spiccava in mezzo a tutta la modernità della città. Un edificio ampio, non troppo alto e molto luminoso affacciava direttamente sulla strada circondato da alcuni paletti di colore rosso. Il luogo era deserto se non fosse per la polizia e per il movimento di qualche altra persona. Troppo strano per essere un teatro regolarmente funzionante.
    Con passo veloce vide in lontananza due sagome ben distinte. Una con i capelli bianchi e una con una coda pelosa che si muoveva a destra e sinistra.
    Mi sembra di averle già viste da qualche parte…
    Aguzzava la vista mentre tenendo entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni osservava le due giovani studentesse scrutare l’ingresso del teatro, il quale era stato sigillato dal classico nastro giallo e nero della polizia.
    Una volta che fosse arrivato abbastanza vicino decise di farsi notare salutando con voce decisa e sicura di sé come era solito fare.
    Allora, chi abbiamo qui nuove reclute allo Yueei? Siete state convocate per l’indagine?
    Prese fiato lasciando un po' di tempo e mantenendo quell’aria da duro che era solito fare. Era sicuro che lo avrebbero riconosciuto con la divisa scolastica, magari sapevano anche chi fosse visto che era uno studente di un paio di anni più grande. Si sa che le reclute hanno ammirazione per i ragazzi più grandi.
    Poi si sarebbe rilassato accennando ad un leggero sorriso e fissando prima una poi l’altra si sarebbe presentato con discreta gentilezza.
    Io sono Shoya, come vi chiamate?
    Avrebbe atteso schiena dritta e spalle all’infuori, fiero di se stesso.
    Chissà se sono già famoso a scuola…

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    Ohi ohi, come si può essere così crudeli? - queste erano state le sue prime parole una volta messo piede sulla scena del crimine. Era poco dopo pranzo e il detective Kimura era stato chiamato nonostante fosse il suo giorno libero, quindi sapeva che si trattasse di qualcosa di estremamente importante. L'incaricato lo aveva informato che non solo c'era stato un omicidio nella notte e doveva quindi recarsi sulla scena del delitto per le solite indagini di routine, ma avrebbe anche dovuto gestire dei ragazzi dalla UA per conto della Pro-Hero Whisper considerando che lei sarebbe stata molto probabilmente impegnata da un'altra parte, almeno fino ad un certo punto.
    Aveva sospirato e scosso la testa tra sé e sé a quelle parole, ma sapeva di non essere in condizione di poter rifiutare quella richiesta: solo qualche settimana prima, alle comparse dei primi due omicidi, Benedict aveva quasi perso una prova molto importante allontanandosi dalla scena del crimine, e Leticia l'aveva raccolta e l'aveva inseguito per mezza città per ridargliela. Aveva un debito nei suoi confronti e lo sapeva bene.
    La giovane eroina francese era più giovane di lui di quasi dieci anni, ma apprezzava la sua intraprendenza e il suo essere ligia al dovere. Avevano iniziato a lavorare assieme proprio su quel caso ed era quasi triste che qualcuno di così valido fosse sprecato a fare l'eroe. Ma, in ogni caso, quelli non erano decisamente fatti suoi.
    Mmmh... Suppongo che ormai i mocciosi saranno arrivati. - aggiunse quindi osservando l'orario sull'orologio allacciato al suo polso destro, scostando leggermente il polsino della camicia - Bi-erre-bi! - concluse quindi a voce più alta salutando i colleghi poliziotti con un cenno della mano, probabilmente ignaro che non essendo gli altri appassionati di giochi online come lui non avrebbero probabilmente avuto la minima idea di cosa avesse appena detto.
    Giunto all'esterno del Teatro alzò il nastro fluo con il braccio destro osservando i tre ragazzi di fronte a sé. Erano un maschio e due ragazze, di cui una mutant. Corrugò un'attimo la fronte, pensando a quanto fosse stata crudele quella scelta considerando cosa avrebbero dovuto vedere di lì a poco. Ciononostante improvvisò un sorriso e cercò di essere cordiale, per quanto possibile almeno.
    Salve ragazzi, io sono il Detective Kimura, e voi siete... - si annunciò dunque, aggiustando leggermente la giacca elegante nera che portava aperta sulla camicia bianca. I pantaloni eleganti, anch'essi neri, erano in pendant col piccolo cravattino che gli cingeva il collo - Nnnnno, non mi ricordo i vostri nomi, ma mi perdonerete. Sono stato informato del vostro arrivo non più di un paio d'ore fa. - aggiunse con un falso sorriso sul volto massaggiandosi la nuca. Avrebbe quindi atteso una loro presentazione per poi proseguire - La signorina LaCroix è impegnata in un altro luogo al momento, dovrebbe raggiungerci un po' più tardi con ogni probabilità. Se per voi non è un problema, nel frattempo entrerei.
    Davanti a loro, oltrepassato il nastro, il corridoio di entrata che dava anche sulla biglietteria. Il complesso era vuoto e il rumore dei loro passi echeggiava nella struttura. A metà del corridoio due poliziotti facevano la guardia. Dopo poco meno di un minuto di camminata, un bivio. Proseguendo frontalmente si sarebbe potuto accedere alla tribuna sopraelevata mentre prendendo due scale laterali si sarebbero potuti raggiungere i posti ad altezza palco. Il detective proseguì dritto verso la tribuna.
    La sala era molto ampia, illuminata da varie luci longilinee e molto grosse che ripercorrevano il profilo del soffitto. Le sedute erano semplici poltroncine di colore arancione, e il soppalco era a circa cinque o sei metri rispetto al piano inferiore. Dalla tribuna era ovviamente possibile godere della vista più ampia possibile sul palco. Quest'ultimo, in legno, presentava le tipiche tende multicolore aperte ai lati a rivelare i segreti celati dietro quel velo di Maya. Su una scenografia finemente decorata su assi di bambù si stagliava una scena raccapricciante. A metà del palco si trovava il corpo esanime di un individuo di sesso maschile e non più di tredici anni. Il suo corpo era interamente carbonizzato (e il Sagrestano, era informazione di dominio pubblico, era in grado di manipolare il fuoco) e irriconoscibile. Il suo corpo era martoriato a mo' di suicidio rituale: il suo ventre era infatti aperto da un tanto e il suo sangue annerito formava varie chiazze e grumi sul palco. Era evidente che quello non fosse davvero un suicidio, e a differenza del rituale originale il suo cranio era ancora saldamente attaccato al suo collo.
    Spero non siate deboli di stomaco. - disse il detective, assumendo ora un'espressione più seria - Avete domande? Considerazioni? - chiese ai giovani aspiranti eroi. Quello era un teatro kabuki, forse la forma più brutale di rappresentazione scenica, o certamente una più cruenta rispetto al teatro occidentale dove eventuali battaglie e morti erano spesso rappresentate fuori scena. Eppure, sebbene quel palco avesse visto numerosi e numerosi seppuku, questa volta non si trattava di una messinscena ma di cruda realtà.


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    lemurpower10|| Amachi Jabar ||




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    Non era proprio il tipo di ragazza che andava a disturbare le compagne per fare tragitti di strada insieme o roba così. Aveva avuto un’insegnamento molto rigido da parte dei suoi genitori adottivi, ma non sempre riusciva ad evadere da quegli schemi. Quando ci cresci per tanti anni, diventava un’abitudine comportarsi così e lei, spesso, non riusciva ad avere rapporti di amicizia o simile duraturi. Magari si apriva pian, piano per farsi conoscere, ma poteva anche succedere che improvvisamente svaniva nel nulla per problemi di segh* mentali sue.
    Amachi era arrivata al teatro Kabuki che era stato ben nastrato di giallo e nero, ma poco dopo venne raggiunta dalla sua compagna di classe Sumire Murakami con cui non ha mai parlato. A malapena sa il suo nome, a differenza dell’altra che sa addirittura il cognome della lemure, infatti quando questa si palesa all’appuntamento, Amachi drizzò per una manciata di secondi le orecchie, mentre la coda si fermò ed abbassò verso terra. Un sorriso imbarazzato fu inizialmente la risposta a Sumire, ma poi disse con tono teso:

    «Ehm, buon pomeriggio Sumire» Fece un cenno di inchino con la testa «Beh, a dire il vero non lo so.. Forse avranno pescato anche qualche studente dell’altra sezione?»

    Inarcò il sopracciglio destro e si mostrò interrogativa sul suo faccino grigio. Gli occhiali non venivano assolutamente spostati da sopra il suo volto, ma non nascondevano con le lenti i suoi occhi dalla colorazione particolare.
    Poco dopo si unì al gruppo anche un altro individuo, la lemure non lo aveva mai visto ed inizialmente si limitò a fissarlo per squadrarlo dalla testa ai piedi “E questo chi è?” si domandò nella sua testolina, mentre portò le mani ad afferrare le bretelle imbottite dello zaino che portava sulle spalle. Lasciò che fosse l’altro a parlare per primo e sembrava molto sicuro di se e nei suoi modi di fare. La mutant arricciò il nasino nero, per poi dire con tono lievemente stranito:

    «Si dice nuovi studenti, non reclute. Non siamo mica in un’esercito.»

    Fece spallucce e dette un’occhiata fugace alla compagna di classe. Sembrava che il ragazzo avesse un volto da duro oltre al carattere, infatti la lemure si limitò a presentarsi ma senza troppi infiocchettamenti in merito:

    «Sono Amachi Jabar, della prima A. Piacere di conoscerti. In che classe saresti tu?»

    Inclinando appena la testa verso sinistra e lo fissò con un grosso interrogativo stampatole in faccia.
    Non tardò ad arrivare anche il quarto elemento del gruppo, anche se questo non era di certo uno studentello come loro. Si trattata di un detective ed era sicuramente più grande di loro tre lì presenti. La mutant fece un leggero inchino di rimando al detective e cercò di presentarsi con educazione anche a lui, anche se del timore aleggiava nella sua voce:

    «Buon pomeriggio detective Kimura! Io sono Amachi Jabar della prima A. Sono qui per lo stage organizzato dalla Hero Whisper.»

    E tornò in eretta postura, mentre la coda ad anelli incominciò a muoversi solo nella parte della punta, ondeggiando a destra e sinistra, destra e sinistra, in continuo. Il cuore le batteva forte, stavano per iniziare una pseudo missione di indagini con un vero detective. Amachi fece un sospiro molto profondo, poi pensò tra sé e sé “Diamine, ho una paura folle! Eppure siamo solo ad una indagine. Ma.. Chissà che cosa ci aspetterà.” Si umettò le labbra scure, poi guardarò in direzione dei due compagni di stage “Loro sembrano più tranquilli. Ma perché non riesco a stare calma? Accidenti, devo controllarmi. Concentrati Amachi, concentrati.” E le mani si strinsero con forza alle spalline dello zaino che aveva ancora sulle spalle. Il detective intanto spiegava come la sua memoria era stile quella di un pesce rosso, ma molta gente aveva lo stesso problema nel ricordare i nomi degli altri. Le sfuggì appena un sorrisino divertito, e fece appena un cenno con la testa per delineare che non le importava se non venisse ricordato il suo nome.
    Arrivò anche l’informazione che l’eroina LaCroix non sarebbe stata presente con loro, almeno per ora, ma potevano comunque iniziare l’operazione delle indagini. Amachi guardò i propri compagni un’altra volta, poi di nuovo il detective e disse semplicemente:

    «La seguiamo, detective. Dobbiamo prendere appunti? Oppure le indagini sono segrete e devono restare in mano solo a voi ed alla polizia?»

    Forse poteva risultare una domanda stupida, ma lei era insicura e non voleva fare cavolate.
    Alla fine non era da sola, ma aveva con se anche i suoi compagni d’istituto e non voleva far ricadere nelle colpe o suoi errori pure loro. Senza dire altro si limitò a seguire l’uomo e cercava di osservare con attenzione quel luogo. Spostò appena i nastri gialli e neri, cercando di passare sotto di essi e provando a non romperne neanche uno. Entrarono in quel corridoio che conduceva alla biglietteria, ma non c’era nessuno a quello sportello, né era presente una fila di spettatori in attesa di pagare l’ingresso allo spettacolo. Il rumore dei loro passi era come una lancetta di un orologio che batteva, irregolarmente, i secondi che passavano. Quel suono la disturbava e la faceva stare in ansia completa. Ogni poco gli occhi guizzavano a destra ed a sinistra, spiavano ogni angolo di quel teatro che per lei era nuovo, non c’era mai venuta prima. Mentre si avviava verso le tribune, seguendo sempre i passi del detective, cercò di passare la lingua tra le labbra, sembrava che sentisse la secchezza delle fauci , come se quella tensione la stesse prosciugando nella bocca e parole. Finalmente erano arrivati nella tribuna, dove c’era un’ottima vista che era proprio su quel palco di legno ben lavorato, con i tendaggi del sipario, ora aperti, che spiccavano ai lati del palcoscenico. Ma ciò che saltava all’occhio non era di certo la struttura del teatro o le sue decorazioni tipiche kabuki, ma quella macabra ed orribile visione del corpo carbonizzato di un ragazzetto. Il sangue della mutant si ghiacciò nelle vene, mentre dalla testa ai piedi sentì quei brividi e formicolii gelidi che ricordavano come se una cascata di sabbia le attraversasse il corpo. Le gambe iniziarono a tremare, mentre la coda scattò un paio di volte e si limito a porsi alta inizialmente, poi cercò di avvolgersi al busto di Amachi come se fosse una fascia posta laterale dalla spalla destra al fianco sinistro. Fece un passetto indietro e trovò dietro la piegatura delle gambe una seggiola che prese subito come punto d’appoggio. Si sedette e posò le mani sulla bocca, tappandola, mentre iniziò a sospirare per cercare di calmare il suo attimo di nausea e paura. L’odore che si stagliava nel teatro era tremendo, sembrava l’odore di pollo strinato, unito al carbone e soprattutto quello di un cadavere. Ci vollero diversi minuti prima che la lemure si riprese un minimo, mentre il detective cercò di chiedere agli studenti se avevano domande... Lei sapeva, come gli altri in fondo, le potenzialità di quel sagrestano evaso di galera, infatti quella carbonizzazione era sicuramente dovuta alle sue capacità. La mano destra si posò sul ginocchio del medesimo lato, mentre l’altro arto superiore si mise a massaggiarsi la cervicale e nuca, chiaro segno di nervosismo:

    «Coff coff» si schiarì la voce che comunque le tremava ancora «Quante ore fa è successo questo..questa..scena? Non ci sono guardie notturne o custodi nella struttura che possano aver udito qualcosa? Una persona in quello stato, potrebbe aver urlato dal dolore, oppure era già morto in precedenza ed è stato usato per i macabri scopi dell’omicida pazzo?»

    Abbassò le orecchie di colpo, come se si sentisse messa sotto i riflettori e lei non vorrebbe mai starci, almeno non come eroe.
    Spesso sospirava, ma non erano versi perché si annoiava o simile, bensì era palese che cercasse di scacciare gli odori dal suo olfatto che era più fine e delicato rispetto a quello dei normali esseri viventi,almeno quelli non come lei. Per un momento si limitò a portare gli occhiali rotondi e colorati sopra la testa, così poteva liberare il suo faccino e lo sguardo da quell'accessorio così stravagante.

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    I suoi occhi tornarono sulla figura della lemure quando le rivolse la parola, notando quel suo tono teso, come se parlare con lei la rendesse nervosa. Amachi era un’altra di quelle compagne a cui non aveva mai rivolto la parola, sembrava piuttosto schiva e immersa nel suo mondo, perciò aveva finito per ignorarla.
    Nemmeno la lemure aveva idea se oltre a lei e Sumire si sarebbero uniti altri compagni, ad ogni modo non dovettero attendere molto prima che l’ultimo del trio si presentasse davanti a loro. Il ragazzo dava tutta l’aria di avere la loro stessa età, se non più piccolo, dato che raggiungeva a malapena l’altezza della stessa Sumire. L’aveva visto in giro per la Yuuei, sapeva per certo non fosse della sua classe, e dal modo in cui si stava rivolgendo a loro probabilmente doveva essere al secondo o terzo anno. Il modo quasi arrogante con cui s’era presentato non avevano dato una buona prima impressione alla ragazza dai capelli albini. Incrociò le braccia al petto, squadrandolo dal basso verso l’alto. ‹ Sumire Murakami, anche io della prima A. › si presentò brevemente lei, non spendendo troppe parole al contrario di Amachi.
    La breve chiacchierata venne interrotta dall'arrivo di quello che a Sumire parve subito come un detective, l’uomo di bell'aspetto non sembrava avere più di trentanni non indossava un’uniforme come i poliziotti, né aveva l’aria dell’eroe, aveva anzi quella tipica da agente investigativo. In realtà, l’albina si aspettava sarebbe stata Whisper ad accoglierli, ma come avrebbe spiegato loro qualche istante dopo, l’eroina era impegnata in un altro posto in quel momento. Il detective Kimura si presentò a loro in modo affabile, se pur cordiale, forse per farli sentire più a loro agio.
    Sumire lasciò scivolare le mani sui suoi fianchi, dedicandogli anche lei in breve inchino, lasciando che fosse prima la sua compagna a presentarsi, o per meglio dire, quest’ultima non le diede il tempo di parlare per prima. ‹ Salve Kimura-san. Sono Sumire Murakami, prima A. › ripeté nuovamente il suo nome.
    Poco prima di entrare nel teatro, Sumire buttò un’occhiata ai sue due compagni, Amachi sembrava la più agitata e, nonostante anche Sumire lo fosse –anche se si sarebbe definita più esaltata, all'idea di partecipare alle indagini di un vero caso– sapeva come mascherarlo e non passare come una liceale alle prime armi, nonostante lo fosse.
    Sorpassò i nastri gialli, sollevandoli leggermente, inoltrandosi poi nel lungo corridoio, col solo rumore dei loro passi ad accompagnarli. I quattro proseguirono verso le tribune sopraelevate, dove si poteva ammirare in interezza il palco e la tribuna sottostante. L’estesa sala, illuminata da luci ce ripercorrevano la struttura del soffitto, non ospitava nessuno spettatore quel giorno, sembrava quasi più grande, ora che la vedeva vuota.
    Aveva già visto alcune volte quel palco, i tendaggi dai colori spenti, il curato parquet e la scenografia e le luci che lo illuminavano, non fu ciò quello che prima attirò l’attenzione d’ella. Steso, ironicamente al centro del palco, vi era il corpo carbonizzato d’un bambino. E in un’attimo Sumire sentì come se non ci fosse nient’altro, nessun’altro attorno a lei. Gli occhi sgranati, fissi sul cadavere. Sentiva solo il lieve rumore del suo respiro farsi più pesante, le sue mani stringere la ringhiera fredda del soppalco, il leggero tremore d’esse e una sensazione di vuoto, che venne presto sostituita dalla nausea.
    Non si riteneva pronta per quella visione, non lo sarebbe stata nemmeno se l’avessero avvisata in anticipo, aveva pensato di un indagine, si sarebbero ritrovati ad indagare sulla scena del crimine quando il cadavere era già stato portato in obitorio e di esso ne rimaneva solo la sagoma delineata da nastri bianchi.
    E, solo in quel momento, arrivò a chiedersi come un’altra persona potesse martoriare il corpo di un bambino in quel modo, porta così nella sua testa scene che non avrebbe nemmeno mai pensato di poter immaginare. Era raccapricciante, il corpo bruciato e annerito del bambino, era raccapricciante, che quel cadavere solo un paio d’ore prima fosse vivo, era raccapricciante, la sola idea di cosa avesse subito. Solo la voce del detective accanto a lei la riportò alla realtà, e lei fu costretta a chiudere gli occhi per un secondo, serrare la mascella, stringere i denti e mandare giù il pranzo che voleva risalire, assieme ai suoi pensieri.
    E’ solo un cadavere Sumire, è solo un cadavere ora. continuava a ripetere nella sua mente, riportando il suo sguardo sui suoi compagni, sul detective, cercando un appiglio che la riportasse alla sua realtà, lontano dalle immagini che si era costruita in testa, ascoltando le domande che la lemure aveva appena posto a Kimura.
    ‹ Il Sagrestano Homura aveva un quirk legato al fuoco e... il modo in cui è stata uccisa la vittima... pensate si possa trattare di lui, non è vero? › parlò poco dopo la ragazza. ‹ Immagino non abbiate ancora identificato la vittima. › concluse, evitando che i suoi occhi tornassero una seconda volta sul palco. Mantenne un'espressione neutra, apparentemente calma e il suo tono era il solito, leggermente più distaccato, evitando mostrare quanto in realtà fosse scossa.


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    Ricordo che faceva male. Guardarla stare male.

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    I quesiti mentali del giovane dai capelli neri furono subito disciolti: infatti dalla risposta di entrambe le ragazze si evinceva chiaramente come ancora non era famoso, né tanto meno conosciuto un minimo all’interno della scuola.
    Shoya mantenne quel mezzo sorriso mentre ascoltava le parole delle due giovani studentesse del primo anno. Dentro di sé si accese un forte senso di sconforto, quasi avrebbe abbassato la testa e tirato un sospiro; iniziò a provare anche un po' di irritazione, ma fortunatamente evitò di imbastire una scenata in cui avrebbe potuto elencare tutte le missioni a cui aveva fatto parte, i villain che aveva combattuto, la licenza provvisoria raggiunta e i risultati che aveva portato alla scuola.
    Ormai solo gli eroi professionisti sono tenuti in considerazione… e dire che quando io ero al primo anno guardavo con rispetto chi aveva già raggiunto la licenza provvisoria!
    Fissò la giovane dall’aspetto di Lemure e rispose alla sua domanda con un tono un po' forzato dallo sconforto di aver scoperto di non essere famoso.
    Praticamente sono quasi in terza…
    Cadde un silenzio un po' imbarazzate che fortunatamente fu interrotto da un quarto individuo.
    Shoya si voltò e osservò l’interlocutore appena arrivato. Era vestito fin troppo bene per essere un semplice poliziotto: infatti indossava giacca e pantaloni eleganti e in tinta con il cravattino, mostrando una sgargiante camicia bianca appena uscita dalla lavanderia. Egli si presentò come il detective Kimura e non si sprecò in molti convenevoli, ascoltò le presentazioni degli studenti e poi si avviò verso l’interno del teatro.
    Shoya aveva prontamente risposto al seguito delle sue due nuove compagne di avventura Amachi e Sumire, poi avrebbe atteso che entrambe si fossero addentrate dentro il teatro per poi muoversi anche lui e chiudere così il corteo. Lasciato alle spalle il marciapiede si addentrarono verso il cuore della struttura passando prima per quella che era una biglietteria deserta, quasi da brividi, per poi arrivare all’interno del teatro. Il giovane osservava attentamente i movimenti del detective per captare qualsiasi segnalazione e ogni tanto buttava un occhio intorno a sé per controllare di non essere colto da nessuna sorpresa. Il cuore aveva iniziato a battere ad un ritmo più forte, l’adrenalina dell’ignoto iniziava a scorrere attraverso le vene. Shoya distese i muscoli della schiena e delle spalle allungando le braccia lungo i fianchi, libere di muoversi per qualsiasi evenienza.
    Ogni volta c’è sempre di mezzo un teatro…
    Ripensava all’ultima missione, cioè al salvataggio di altri due compagni di scuola rapiti e sperava che questa volta le sue compagne di missione non avrebbero fatto la stessa fine, altrimenti avrebbe dovuto salvare anche loro.
    Ma no questa sembrava una missione ben diversa, non sarebbe bastata la forza bruta per risolvere l’enigma, questa era un’indagine.
    Quando il gruppo raggiunse la tribuna calò un silenzio profondo. Gli occhi erano puntati sull’ampio palco in legno, dove oltre i bellissimi tendaggi laterali al centro si poteva scorgere forse una delle scene più raccapriccianti che il giovane eroe avesse mai visto. Il corpo di un bambino carbonizzato e aperto all’altezza del ventre.
    Shoya notò subito come le due ragazze sembravano aver accusato il colpo. Lui non si sarebbe potuto mostrare debole a quella vista, nonostante a primo impatto fosse stato come un pugno nello stomaco. Rimase impassibile, fermo con gli occhi fissi. La sua mente andò in protezione, quello che vedeva non era realmente un corpo, probabilmente era qualche esperimento di qualche rituale fatto con un quirk particolarmente orribile. No non era un bambino, non voleva pensarci.
    Fortunatamente il detective ruppe il silenzio abbastanza rapidamente. Chiedeva se c’erano domande.
    Shoya pensò tra sé e sé che certamente c’erano domande e dubbi, ma non era sicuro fossero tutti pertinenti alla situazione.
    Amachi e Sumire non si preoccuparono più di tanto e iniziarono a porre domande generali.
    Il giovane eroe invece rimase qualche secondo a pensare.
    Detective Kimura, perché ci ha portato proprio qui?
    Disse con voce decisa e convinta. Non era chiara la situazione. Perché il corpo era ancora lì e non lo avevano portato via? Se sapevano già chi era l’assassino che senso aveva far partire le indagini da quel teatro. Sarebbero potuti andare dritti a cercare il sospettato.
    C’era qualcosa che non tornava.

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    Inutile negare che qualsiasi parolina fuori posto potrebbe allarmare il nostro ricercato e farlo scappare... - disse l'uomo in risposta alla ragazza dal bizzarro aspetto simil-lemurino mentre i quattro si incamminavano per il corridoio centrale del Teatro Kabuki-za di Ginza - Ciononostante, siete degli studenti e non avete alcun obbligo di riservatezza professionale di cui rispondere, almeno al momento. Se prendete appunti, almeno cercate di non dimenticare i quaderni sulla metro o cose simili. - aggiunse quindi.
    Come immaginabile, la scena che aspettava i tre giovani nell'aula del teatro era qualcosa a cui almeno la maggior parte di loro non era preparata. Kimura socchiuse gli occhi osservando nuovamente la scena: era abituato - forse sì, avrebbe potuto dirlo - ma ciò non lo rendeva meno peggio. E la cosa che lo nauseava era l'idea che tutto quello non fosse neanche davvero un costrutto della società dei quirk, il fatto che esistesse da prima, ben prima. Era semplicemente la malvagità insita nell'animo umano, unicità o meno.
    Si voltò ad osservare i tre ragazzi, pronto a rispondere alle loro domande. Da dietro di loro, all'entrata dell'aula, si era affacciata la dipendente del Teatro che solo pochissime ore prima aveva ritrovato quel corpo esanime sul palco. Kimura le fece cenno di attendere un attimo con la mano destra: sarebbero andati da lei solo una volta che avrebbe risolto i dubbi dei giovani. La prima a parlare fu la lemure, che si era appoggiata ad una delle seggiole del Teatro come se stesse per avere un mancamento, per non cadere.
    Difficile a dirsi, Jabar. - rispose l'uomo, voltandosi nuovamente a dare un'occhiata al palco - A giudicare dallo stato del sangue, è successo in tarda nottata o mattinata, ma la custode l'ha ritrovato solo quando è venuta ad aprire un paio d'ore fa. - aggiunse indicando nuovamente la donna alle loro spalle, la quale non poteva sentirli vista la distanza di almeno venti metri - Quanto alle urla, è plausibile ma non ovvio. Al momento dell'arresto del Sagrestano è stata ritrovata una vittima sotto l'effetto di una droga non identificata che l'aveva fatta cadere in uno stato di incoscienza e disabilitato l'utilizzo della sua unicità. Penso sia impossibile valutarne l'utilizzo in questo caso o meno visto che... Beh, il sangue avete visto che fine ha fatto. - concluse. Effettivamente con tutto quel sangue secco sparso per la stanza e considerando anche lo stato carbonizzato del corpo era abbastanza difficile svolgere delle analisi tossicologiche.
    No, non siamo ancora riusciti a svolgere un'identificazione odontologica, che viste le condizioni in cui versa il cadavere ci sembra l'unico metodo utile per il riconoscimento. Il motivo per cui il corpo è ancora qui, se ve lo state chiedendo, è perché... Vista la particolarità del suo posizionamento e il luogo di ritrovamento riteniamo che la sua stessa presenza in questa stanza sia l'unica chiave per risolvere il mistero. - aggiunse quindi, pur uscendo un po' dai limiti della domanda che gli era stata posta dalla ragazzina dai capelli bianchi - E' brutto dirlo, ma questo non è solo un omicidio: è un messaggio. - specificò - Quanto al resto, l'età del soggetto e la modalità di uccisione in sé corrispondono col profilo criminale di Homura, ma non ha mai organizzato una morte così... Teatrale, passatemi il gioco di parole. - con quella frase si voltò, affacciandosi alla balconata - Semplicemente... Perché? - si domandò.
    All'Orfanotrofio, qualche anno fa, sono stati ritrovati numerosi corpi carbonizzati ed ammassati, pronti ad essere sciolti con dell'acido. Il suo obbiettivo, almeno quello sostenuto da lui, era di curare quei bambini dall'unicità, e fallendo doveva liberarsi dei corpi dei fallimenti per non essere beccato, altrimenti non avrebbe potuto continuare la sua sacra missione. - spiegò, ricordando i dati e gli interrogatori dei tempi - Era l'unicità del Reverendo Bolek a poterli curare, però, non la sua. E questa non è una cura. Questo è... - fece nuovamente una pausa - Field kabuki.
    La domanda successiva, da parte del ragazzo, lo stranì. Si grattò la testa prima di voltarsi nuovamente a guardare i ragazzi in faccia.
    Non era proprio nei piani, suppongo. - rispose con semplicità - La vostra uscita didattica era preparata da un po', ma stamane abbiamo ricevuto queste due emergenze e la signorina LaCroix ha deciso di coadiuvare il tutto al meglio. In fondo fare l'eroe non è solo andare in giro a menare supercattivi per la strada, ma anche collaborare con la polizia. - aggiunse - E' uno scenario a dir poco crudele questo, ma in fondo... Sulla strada che avete deciso di imboccare c'è anche questo. Conviene abituarcisi appena si può.
    Concluse quelle parole fece nuovamente cenno alla donna alle loro spalle, questa volta per farla avvicinare. Era una normalissima donna giapponese, dai corti capelli a caschetto neri come i suoi occhi a mandorla. Era alta poco meno di un metro e sessanta e ad occhio e croce sembrava avere circa cinquant'anni anche se spesso, diceva uno stereotipo, le donne asiatiche sembravano mostrare sempre molti meno anni di quanti ne avessero in realtà. Indossava una gonna nera e un gilet beige, le mani unite di fronte al piatto petto da cui ciondolavano le chiavi dello stabile.
    Se avete domande per la signora che ha ritrovato il corpo questa mattina, lascio iniziare voi.

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    Bene, spero che sia tutto, chiaro, potete ovviamente porre le domande che volete!
     
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    Per il momento la lemure si era messa seduta su una delle sedie che creavano gli spalti per osservare il palco. Quella scena raccapricciante e quell’odore nauseabondo le aveva fatto venire un forte giramento di testa. Mentre il detective spiegava e rispondeva alle sue domande, Amachi cercava con le mani di massaggiarsi le tempie, con le palpebre che oscuravano i suoi occhi dalle sclera nere e le iridi color giallo. Sospirava come a cacciare fuori quell’odore schifoso di carne carbonizzata, ma più che cercava di disfarsene e più che prepotentemente le entrava nelle narici.
    Sembrava un’angosciante tortura rimanere in quel teatro Kabuki, faceva anche fatica a tenere l’attenzione -con il suo fine udito- sulla voce del signor Kimura, ma alla fine cercò di rispondere inizialmente con una leggera movenza della testa per dare un esito negativo:

    «N-Non si preoccupi detective. Per sicurezza non mi segnerò nulla come appunti. Non vorrei che mi rubassero lo zaino contenente il quaderno, o lo dimenticassi in metro come ha detto lei.. Resterò attenta! Coff, coff!»

    Tossicchiava e cercava di levare quell’aroma di bruciato che dal naso le si era piantato nella gola.
    Per un momento aveva lanciato uno sguardo poco rassicurante al ragazzo che non era nella prima sezione scolastica, bensì era quasi nella terza, ma lei non lo conosceva. Quello sguardo poco rassicurante lo aveva lanciato come a fulminarlo e pensò “Ma che caz*o di domande fa questo ragazzo!? Meno male che è più grande di noi…Tsè.” Sospirò e posò gli occhi su Sumire, anche lei sembrava avere una certa difficoltà a trattenersi, ma a differenza della mutant sembrava essere rimasta come una statua di pietra, ferma ed immobile alla balaustra. La coda di Amachi andò a muoversi per un momento, poi cercò di posarsi sulle gambe che erano coperte in parte dalle calze ed in parte dalla gonnella a pieghe della divisa scolastica. Le mani dalle tempie si spostarono e finirono per toccare il ventre, accarezzandolo ogni poco per cercare di alleviare quel senso di nausea che le rimaneva fisso addosso.
    Non aveva interrotto il discorso di Kimura, infatti cercò di puntare la sua attenzione su di lui e provò dopo una manciata di minuti ad alzarsi per mettersi in eretta postura. Passò la lingua tra le labbra per inumidirle, sentiva come un senso di secchezza che le faceva venire sete, ma non interruppe la discussione e spiegazioni per quel suo bisogno che non era neanche urgente, poteva benissimo dissetarsi più tardi.
    Quando il detective posò lo sguardo sul cadavere, Amachi non fece lo stesso, ma si limitò ad abbassare lo sguardo e disse con tono leggermente sofferente:

    «Quindi una droga potrebbe aver stordito e reso inerme il poveretto. Una droga così potente…Diamine. Ma si sa se questa droga è diffusa nel paese o solo lui l’ha usata al momento? Nel senso, magari se si riesce ad arrivare tramite i pesci piccoli, gli spacciatori di questa sostanza, ai pezzi grossi, magari si arriverà anche all’omicida. Se non ero sembra sparito nel nulla il Sagrestano, o sbaglio?» Magari aveva letto fischi per fiaschi sul giornale: «..Si, per quel che ho visto il corpo è decisamente messo male e come dice lei è difficile trovarne tracce di quella sostanza.»

    Rabbrividì, per un momento le era arrivato nella testa un’immagine -partorita dalle sue paure- del Sagrestano che drogava qualcuno e questo, impossibilitato a muoversi e riprendere i sensi, veniva dilaniato e carbonizzato dalla folle mente ed idea del pazzo. La coda venne mossa un paio di volte, scattava a destra e sinistra, per poi abbassarsi e tenendo solo la punta arricciata per evitare di tenerla posata sul pavimento.
    Scrollò la testa e spalle e guardò verso la compagna di classe per capire se lei avesse capito che genere di messaggio potesse aver lasciato questo assassino. Non disdegnò neanche la presenza del ragazzo della UA, infatti cercò anche di capire se lui avesse o meno idee su come mai il corpo era posto lì.
    Annuì inizialmente alle parole del detective, poi disse con tono basso, come se ragionasse un po’ per fare chiarezza sull’accaduto:

    «Quindi questo è un messaggio lasciato dall’assassino, ma quale? Che cosa voleva intendere con il cadavere morto carbonizzato nel teatro? Gli spettacoli kabuki non li ho mai visti, ma se non mi sbaglio sono anche storie piene di violenza e sangue.» Sospirò e con la mano sinistra continuava ad accarezzarsi il ventre «Ma che messaggio voleva lasciare questo Sagrestano, qui.. Che abbia voluto prendere possesso del palco come fosse un altare e dichiarare così la sua Sacra missione che ha di nuovo inizio? Ma perché un teatro.. Perché vuole continuare questa missione senza il suo compagno.. »

    Arricciò il nasino nero quando venne annunciata la donna che era appena arrivata, infatti Amachi cercò subito di guardarla e di studiarla da capo a piedi, per poi tornare sul suo volto. Sfarfallò un paio di volte le ciglia, mentre il sopracciglio destro si alzo in segno di curiosità. Aveva mille domande che si affollavano nella sua testa, ma molte di queste neanche le stava esponendo perché ritenute “stupide”.
    Solo una si fece strada tra le tante e cercò di getto di dirla alla signora, accompagnata inizialmente da un inchino educato come segno di saluto:

    «Salve signora, mi dispiace per l’accaduto e della scena a cui ha dovuto assistere. Vorrei chiederle, per caso oltre a questo scenario, ha trovato delle tracce o delle porte scassinate da cui ha avuto accesso il Sagrestano? E per caso c’erano tracce anche di cose banali come cartacce, sacchettini di plastica, cose così sul pavimento che delineassero il tragitto fatto dall’uomo o comunque qualcosa che potesse far capire dove si trovava prima?»

    Forse aveva visto troppi film polizieschi dove spesso venivano trovate tracce come scatoline pubblicitarie di fiammiferi o qualche cartaccia che poteva avere sopra un logo di un posto o locale dove era stato prima l’assassino o vittima. Alla fine per lei questa era la prima esperienza sul campo.. Doveva farsi le ossa, anche sbagliando s’impara!

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    Sumire certo non aveva bisogno di prendere appunti, era abbastanza sicura che non avrebbe facilmente rimosso dalla sua testa quella scena, quel teatro, quel cadavere. Era nauseata dal solo pensiero.
    Quella ad avere accusato di più il colpo –o almeno che lo dava a vedere– era la ragazza lemure che, seduta su una delle sedie, non smetteva di tossire, come se l’aria di quel posto fosse contaminata, o quasi soffocante nel caso di Sumire che aveva iniziato a respirare lentamente per ignorare quel lieve odore di bruciato a cui, prima, non aveva nemmeno fatto caso, ma ora era tutto ciò che le sue narici riuscivano a percepire. Il ragazzo, Shoya, sembrava immutato e porse al detective una domanda strana, non era fuori luogo, era una cosa che implicitamente anche l’albina aveva pensato, rispondendosi nell'esatto modo in cui poco dopo avrebbe fatto il detective Kimura: collaborare con la polizia era una parte fondamentale della loro carriera.
    Dopo aver gettato delle occhiate ai compagni, i suoi occhi e la sua attenzione tornò sul detective, per poi spostarsi sulla custode di cui stava parlando: ad alcuni metri di distanza, posta all'entrata, vi era una donna dagli inconfondibili tratti giapponesi ad aspettarli.
    Nemmeno lei interruppe le risposte del detective, cercò anzi di concentrarsi solamente su ciò che lui stava dicendo. Si appoggiò alla balaustra, dando la schiena al palco, le mani infilate nelle tasche del giubbotto, giocherellava nervosamente con le dita che si intrecciavano tra loro, cercando in qualche modo di distendere i nervi. ‹ Credo che la particolarità della droga non stia nel fatto di riuscire a stordire, quanto più che riesca ad inibire un’unicità, non è una cosa di cui si sente tutti i giorni. › intervenne nel momento in cui Jabar iniziò a parlare, guardando prima lei, per poi rivolgersi a Kimura. ‹ Ma in qualche modo Jabar-san ha ragione, avete già trovato una vittima sotto l’effetto di quella sostanza, immagino quindi l’abbiate già analizzata e forse siete già prima riusciti a risalire allo “spacciatore”? In quel caso sarebbe una buona idea mandare qualcuno ad interrogarlo e capire se ha avuto contatti con il Sagrestano recentemente. › affermò con naturalezza, come se non stesse affatto suggerendo cosa fare alla polizia. Ma quella era soltanto un’ipotesi, per iniziare non sapevano nemmeno se anche in quel caso era stata usata tale droga, ne Sumire aveva la minima idea fossero o meno riusciti a trovare il trafficante di quella sostanza, o se fossero chissà loro stessi a fabbricarla.
    Non incrociò lo sguardo con nessuno nel momento in cui il detective spiegò il motivo per cui il cadavere non era ancora stato rimosso dalla scena del crimine, si voltò di nuovo verso esso, o più precisamente verso il palco, cercando di cogliere qualche dettaglio, evitando di posare le iridi sul corpo al centro di esso. Un messaggio? Come detto dallo stesso detective, era l’unica cosa che non coincideva con il resto degli omicidi svolti dal Sagrestano, se all'orfanotrofio faceva in modo di coprire le sue tracce per non essere scoperto, scegliere invece un teatro kabuki non poteva affatto trattarsi di una coincidenza, voleva chiaramente dire qualcosa, ma cosa?
    La lemure iniziò a riflettere ad alta voce e stavolta la ragazza dei capelli bianchi non aggiunse nulla, perchè non aveva la minima idea di cosa ciò potesse significare. Si diceva che per capire le azioni d’un assassino bisognava entrare nella sua mente, pensare come lui, ma Sumire non poteva empatizzare con qualcosa che non riusciva a comprendere. Fino a quando non era stato scoperto, nessuna sapeva cosa accadeva in quell'orfanotrofio, allora perchè iniziare adesso a farsi notare? ‹ Perché avrebbe dovuto dichiarare "l’inizio della sua missione"? Prima non l’ha fatto. ›
    La custode si fece avanti al cenno del detective, Jabar nonostante in classe apparisse come una ragazza introversa e schiva, era quella che in quel momento prendeva spesso parola per prima, irritando Sumire che ogni volta che apriva bocca era costretta a richiuderla per poter lasciar parlare la sua compagna. Si rimise composta, incrociando le braccia al petto. ‹ Sempre se la porta è stata scassinata. › asserì, divertendosi ormai a punzecchiare la lemure. ‹ Qualcun’altro oltre ha lei ha le chiavi per accedere al teatro di notte? Ci sono delle copie? Avete controllato non sia stata persa alcuna chiave? ›

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    Il dibattito si accese dopo pochi secondi di permanenza all’interno del teatro. Le due ragazze avevano posto parecchie domande e una di loro, Jabar, quasi non la smetteva di porre domande. Il detective dal canto suo rispose con calma e pazienza ad ogni quesito, non mostrando alcun segno di impazienza o disturbo.
    Shoya era in piedi con lo sguardo rivolto verso il palco, i pugni chiusi lungo i fianchi e i muscoli delle braccia tesi. Non riusciva ancora a realizzare bene quello che vedeva, gli sembrava uno scenario così surreale da non poter essere vero in alcun modo. La sua mente si era affollata di domande, ma non per questo aveva optato di tempestare il detective con ogni dubbio, conosceva bene il peso delle parole e il quesito che aveva posto pocanzi seppure composto da una sintassi semplice celava un significato più complesso. Il detective non sembrava aver colto a pieno, ma tramite le risposte che stava dando alle due ragazze aveva sicuramente chiarito maggiormente la situazione.
    Quindi non spostano il cadavere perché è un messaggio lasciato da questo reverendo Homura…
    Shoya ancora immobile non riusciva però a spiegarsi perché erano partiti con le indagini da questo teatro; il detective avrebbe potuto fargli vedere una foto visto che l’omicidio è un messaggio dell’assassino e avrebbero potuto iniziare le indagini dall’orfanotrofio o interrogando chi avevano già arrestato. Invece no, si trovavano in quel teatro a cercare qualcosa, ma cosa nello specifico?
    Mentre il giovane dai capelli neri ormai si era quasi isolato dal gruppetto la sua attenzione fu colta dall’arrivo di una nuova persona, una donna ben vestita e dai capelli a caschetto che teneva salde delle chiavi, probabilmente quelle che servivano per accedere al teatro. La donna era infatti al custode dello stabile e aveva ritrovato il cadavere la mattina stessa.
    Il detective lasciò spazio prima agli studenti per porre le domande, ma Shoya già si chiedeva che cosa avrebbe potuto domandare alla donna che i poliziotti non avessero già chiesto? Come non detto Jabar si gettò a capofitto nel tempestare di domande la nuova arrivata, completamente incurante se quest’ultima potesse essere o meno scossa dall’incidente o dal ritrovamento del cadavere avvenuto solo poche ore prima. Sumire fu un attimo più discreta, punzecchiò la sua amica con una battutina sotto voce e poi continuò a parlare ponendo dei quesiti.
    Ricadde il silenzio di prima. Shoya aveva puntato gli occhi verso la donna, voleva capire quanto fosse colpita dal ritrovamento del cadavere, fingere le emozioni era una delle cose più difficili soprattutto in casi davvero estremi come questi. Il giovane dai capelli neri mosse qualche passo in direzione della custode e con sguardo rassicurante iniziò a parlare.
    Gentile Signora, probabilmente sarà terribilmente scossa da quello che le è successo questa mattina, ma non si deve preoccupare, noi siamo Eroi e siamo qui per proteggerla e aiutarla
    Shoya allargò le braccia indicando il gruppo di persone che era alle sue spalle. Probabilmente in questo modo la custode si sarebbe potuta sentire più al sicuro e avrebbe potuto raccontare qualcosa che ai poliziotti non aveva detto.
    Immaginiamo che avrà raccontato la storia già alla polizia, ma se potesse raccontarci qualcosa riguardo i suoi colleghi qui al teatro, qualcosa di strano avvenuto nei giorni scorsi… insomma quello che si sente di dirci
    Non aveva senso forzare la discussioni, avrebbero dovuto essere empatici verso al povera donna. Shoya si schiarì la voce e si fece da parte tornando vicino alla balaustra e appoggiando la schiena ad essa.

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    Avvicinatasi, la donna era ovviamente disposta a rispondere a qulsiasi domanda della polizia per velocizzare il più possibile le indagini. Innegabile che tale ritrovamento l'avesse profondamente scossa, in fondo si trattava di uno spettacolo orribile, ma la parte forse più materiale e umana nel fondo del suo animo sperava che finissero presto il sopralluogo, liberando il teatro e possibilmente pulendolo. La notizia sarebbe sicuramente andata pubblica: avrebbe inficiato in qualche modo la reputazione del teatro? Avrebbero probabilmente dovuto chiudere per un po' in rispetto alla vittima, sperando di non perdere gli abituali visitatori alla riapertura.
    Prima di quello, però, i ragazzi avevano posto altre domande al detective Kimura.
    Mi scuso se il termine "droga" vi ha mandato in confusione, ma lo intendevo in senso medico. - rispose alle perplessità dei ragazzi - E' il termine che i dottori che hanno analizzato l'unica vittima di tale composto hanno utilizzato. Ma, appunto, c'è stata una sola vittima. - aggiunse, sottolineando la parola chiave - Niente spacciatori, dunque. Col Reverendo Bolek in una bara e il Sagrestano dietro le sbarre con la bocca cucita, ai tempi si è concluso tutto in ipotesi. Quella principale è che l'avessero prodotta loro, ma lascia il tempo che trova. E' probabile che avessero dei rudimenti di chimica vista anche la loro scelta dell'acido per liberarsi delle vittime, ma nessuno dei due ha svolto studi scientifici... "Pubblicamente", almeno. - concluse quindi.
    Quanto alle disquisizioni sul perché avesse lanciato quel messaggio, ecco, Kimura non rispose. Era ancora confuso a sua volta sull'accaduto e non sapeva cosa pensare, lanciare ipotesi a quel punto non sarebbe potuto che essere deleterio, tracciando una sorta di pista da seguire che poteva benissimo rivelarsi del tutto errata ed inconcludente. Servivano insomma altre prove.
    No, nessuna traccia e nessuna porta scassinata. - rispose sommariamente ad Amachi con la voce tremolante la donna che ormai si era avvicinata - Anche se... Una volta vista la scena mi sono immediatamente catapultata fuori e ho chiamato la polizia, di certo non mi sono messa a curiosare in giro. - aggiunse con delle parole che forse potevano apparire sgarbate, ma erano semplicemente specchio del tumulto interiore che quella situazione aveva generato.
    Le chiavi sono in triplice copia per essere pronti ad ogni emergenza. Io ne ho una copia, una copia ce l'ha il collega che chiude la sera e un'altra copia la direttrice. - rispose dunque alla domanda di Sumire, di per sé sottintendendo che nessuna copia fosse stata persa non segnalandolo direttamente, o perlomeno ammettendo di non essere al corrente di tale informazione riguardo alle copie altrui, in possesso della propria.
    Ciononostante... - si intromise dunque il detective - In una società come la nostra ci sono molteplici possibilità di intrufolarsi da qualche parte anche senza bisogno di chiavi o di scassinare porte. Ciò che mi sorprende maggiormente è che non sia suonato l'allarme... Che suppongo abbiate, giusto? - domandò dunque alla donna.
    Sì, ma pare sia stato disattivato in qualche modo. - sospirò la donna, abbassando lo sguardo - Ho fornito le registrazioni delle telecamere di sicurezza ai vostri colleghi ma mi pare di aver capito che siano state manomesse anche quelle.
    Buio completo dalle cinque alle sei del mattino, precisamente. - specificò dunque il detective poco prima della scenetta di Shoya. Scosse la testa con un leggero sorriso di fronte al suo comportamento. Erano così pittoreschi, gli eroi. In qualità di poliziotto e detective non era mai riuscito a comprenderli, onestamente. In fondo i loro lavori erano diametralmente opposti: gli uni dovevano impedire i crimini, gli altri molto spesso limitarsi a risolvere quelli che i primi non erano riusciti a sventare, come in quel caso.
    Umh... No, tutto normale... - cercò dunque di rispondere alla domanda del ragazzo riflettendoci un po' su - L'unica cosa è che è finita una serie di spettacoli e ha da un paio di giorni iniziato ad esibirsi una compagnia nuova. - aggiunse quindi spalancando gli occhi - Sembrano tutti dei bravi ragazzi però... E non credo avrebbe senso commettere un crimine ora, dato che sarebbero i primi sospettati. - concluse la donna.
    Al termine delle sue parole, il detective Kimura si voltò nuovamente verso il palco per gettare un'occhiata sommaria, e poi ancora verso la donna. Per quanto stupidamente ovvio, c'erano innanzitutto due grandi possibilità: quell'omicidio era stato opera del Sagrestano, oppure no. Il modus operandi in sé era decisamente simile a quello dell'uomo, ma tutta la sovrastruttura era completamente differente. Innegabile poi che i dettagli sugli omicidi erano stati resi pubblici e non ci sarebbe voluto molto, anche senza unicità, a carbonizzare un corpo. A quel punto l'unica possibile discriminante era l'utilizzo di quella particolare droga vista solo in possesso del Sagrestano, ma era impossibile per loro valutarne l'utilizzo. Considerato che nella stessa notte vi erano stati ben due omicidi si aprivano solo tre possibilità all'orizzonte: o entrambi gli omicidi erano stati fatti dal Sagrestano, o solo uno, oppure nessuno dei due. Servivano più informazioni.
    Ipotizziamo che si tratti di qualcuno non in possesso delle chiavi del Teatro. - iniziò dunque a parlare l'uomo - Non avendo scassinato nulla, significa che si deve trattare di qualcuno con un'unicità di teletrasporto, o almeno di dislocazione. E questo escluderebbe per certo il Sagrestano. - aggiunse, per poi fare un paio di secondi di silenzio - Il nostro uomo, però, dovrebbe anche conoscere alla perfezione il sistema di sorveglianza del Teatro per riuscire a disattivarlo prima dell'attivazione. Altrimenti dobbiamo per forza ipotizzare la presenza di almeno due persone, una delle quali in grado di interagire anche a distanza con apparecchi elettronici. - proseguì, grattandosi il mento - Sappiamo che all'evasione il Sagrestano è stato aiutato da un gruppo di persone, le quali si sono allontanate ad alta velocità. Sappiamo anche che durante la Manifestazione usata come copertura per l'evasione i dispositivi auricolari che dovevano permettere il contatto tra le varie squadre di sorveglianza sono stati momentaneamente disturbati. Potrebbe forse trattarsi nuovamente della stessa formazione, voi che dite? - domandò quindi rivolto ai ragazzi - Se così fosse si potrebbero spiegare i due omicidi in una notte... Ma sfuggirebbe comunque la motivazione...

    benedict scott kimura | 34 y/o | CIVILIAN | POLICE | Code ©


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    Se volete potete porre ulteriori domande al testimone.

    P.S: Scusate il "ritardo", sebbene segnalato nell'apposita discussione. :zizi:
     
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    Si era sollevata in eretta postura, ormai aveva abbandonato il posto a sedere che aveva prima conquistato per evitare di finire a terra. La scena del crimine non la osservava mai, anzi, era voltata in modo da donare le spalle al cadavere ancora esposto sul palcoscenico.
    Amachi per un momento si sentì come di troppo, oppure meglio dire come un pesce fuor d’acqua. Non sapeva come affrontare queste situazioni e dal tono con cui la testimone le aveva risposto, le aveva fatto intendere che era un pochino infastidita. Non aveva tatto? Vero, infatti era alle prime armi con l’approcciarsi ad individui estranei, ma soprattutto con la mente ancora fragile per via dei fatti accaduti. Sospirò profondamente, anche se quell’odore di morte e carne carbonizzata le dava la nausea. Quella stanza del teatro, per lei, era diventata una camera a Gas. Dove cercava un punto di rilassamento dello spirito e corpo -come con un semplice sospiro- trovava subito quell’inquietante sentore di inquietudine ed horror che le dava ancor più ansia ed agitazione. La coda non si fermava per il momento, aveva infatti ripreso a muoversi, oscillando alle sue spalle con lentezza e battendo qualche volta sulla balaustra, anche se non creava quasi nessun rumore data la morbidezza della pelliccia che attutiva il suono.
    Le orecchie della lemure inizialmente erano lievemente inclinate verso l’alto, proprio per poter sentire bene le risposte e le varie conversazioni che venivano dette dalla testimone, dal detective, ma anche i dubbi e ragionamenti che esponevano i propri compagni di Istituto.
    Proprio il duo di studenti le aveva dato il colpo di grazia, i loro sguardi ed i loro modi di fare l’avevano per come messa con le spalle al muro. Si sentiva accusata di aver fatto qualcosa di sbagliato, infatti ben presto cercò di abbassare i padiglioni auricolari, con le punte che indicavano verso le proprie esili spalle. Chinò la testa e per un momento cercò di isolarsi, andando a cercare di sfilarsi lo zaino e di portarlo proprio sulla seduta dove prima si era appoggiata. Incominciò così a cercare il suo quaderno degli appunti con le paginette a quadretti, ma poco dopo tirò fuori anche un lapis che utilizzava per scrivere.
    Da quel momento si era messa solo ad ascoltare e ragionare per conto suo, appuntando sulle pagine del quadernetto degli indizi che stava trasformando in possibili schemi per poter arrivare ad un possibile colpevole. La lingua passò lenta sul labbro inferiore nero, per poi passare a mordicchiarselo con l’arcata dentale superiore, un chiaro segno per scaricare la tensione che si stava accumulando in lei. Il lapis veniva mosso velocemente e certe volte cerchiava anche determinati appunti, mentre pensava “Quindi a quanto dicono le chiavi non sono solo un mazzo, bensì ce ne sono tre in circolo. Non ci sono stati segni di scasso.. Sono entrati tranquillamente dagli accessi normali, oppure grazie ad un’unicità che poteva aver fatto oltrepassare le persone attraverso le pareti. E se invece sono passati dalle fognature? Ma la signorina ha detto che non ci sono segni di alcun tipo..La direttrice, questa signora e un’uomo che chiude il teatro la sera hanno le chiavi per accedere. Nulla vieta che questi tre abbiano aiutato i criminali, o il criminale. E se fosse tutta una messa in scena per far cadere l’occhio sul Sagrestano, ma in realtà c’è altro sotto? Usano una copertura, ecco. ” Sospirò di nuovo, anche se ormai quell’aria viziata ed intrisa di morte le stava facendo meno schifo, forse si era abituata e così anche per la nausea “L’allarme disattivato, ma se invece è stato uno dei tre che tengono le chiavi a manometterlo prima di finire il turno? Per me la migliore cosa è sentire anche le altre due persone che lavorano qui.” Assottigliò lo sguardo e fissò la pagina su cui stava scrivendo e rileggendo più volte “Poi a quanto dice la signorina c’è anche il fattore che c’è una nuova compagnia ad esibirsi, ma secondo lei son dei bravi ragazzi. E se invece c’entrassero con il Sagrestano, se c’entrasse il criminale evaso appunto? Mh..Non si deve lasciare nulla indietro. Bisogna ragionare e creare più ipotesi.” Le labbra della mutant si schiusero un istante, ma non andò ad emettere alcun suono, infatti si soffocò nella gola le parole che stava per dire “No Amachi, zitta..Altrimenti ti guarderanno nuovamente male e resterai sul caz*o a tutti nell’istituto!!” Si mordicchiò nuovamente il labbro inferiore e chinò il capino per tornare sul suo quaderno, appuntandosi ancora altre informazioni che stavano venendo date dal Detective e dalla donna “Una unicità che faceva teletrasportare le persone al suo interno, oppure se vogliamo giocare con la fantasia, potrebbe essere qualcuno che crea come porte dimensionali che fanno passare attraverso gli oggetti..Uhm..” La coda venne scossa nell’aria un paio di volte con più forza, per poi tornare ad avere il lento e delicato movimento precedente. Un altro appunto iniziò a scriversi nella pagina a fianco “Già, ci sono stati ben due omicidi nella stessa notte, quindi cosa significherebbe…Che ci sia qualcosa legato al Sagrestano, o è una scusante..Oppure..” Sussultò e guardò con i suoi occhi neri e gialli il detective, per poi dire con tono leggermente tentennante e timido:

    «Mi perdoni Detective, forse c’è una gang formata dopo la carcerazione del Sagrestano? Magari hanno agito nell’ombra fino a quando non hanno deciso di liberare il loro Leader. Potrebbero essere degli invasati criminali anche loro che credono nelle parole dell’evaso. Appunto per quello magari lo hanno aiutato ad uscire di galera… Magari hanno anche attuato questi due omicidi in due luoghi differenti perché vogliono lasciare un messaggio per farci capire che non è solo uno ad agire, ma una squadra, una banda, insomma una setta che brulica per le vie della città stessa.»

    Ma non si azzarda a dire altro, infatti si limitò ad appoggiare al petto il proprio quadernetto, nascondendo per vergogna i propri appunti e ragionamenti "Diamine Amachi! Dovevi proprio parlare!?" Temeva una reazione contraria da parte del gruppo, soprattutto dagli studenti della scuola dove stava andando anche lei. Chinò lo sguardo verso il basso ed attese così una risposta dal gruppo. Magari aveva fatto cilecca, ma del Sagrestano sapeva poco, solo cose che si leggevano sui giornali e non aveva approfondito la questione.

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    Quello che, almeno in apparenza, si era mostrato più empatico nel gruppetto era stato il ragazzo del secondo anno. Sumire lo guardò stranita quando iniziò a rivolgersi alla custode, facendosi scappare un piccolo sorriso divertito, tecnicamente loro non erano ancora eroi, e riteneva davvero innecessarie quelle parole. La donna avrebbe dovuto comunque rispondere alle loro domande, che fosse o meno dello stato d’animo adatto e, in quel momento la situazione era calma, non c’era niente da cui doveva proteggerla.
    Ella iniziò a rispondere alle varie domande, facendo poi intervenire il detective che iniziò a formulare alcune ipotesi, raccontando del modo in cui il Sagrestano era riuscito a fuggire dalla prigione. In quell'occasione, era stato aiutato da persone all'esterno d’essa, si erano allontanati ad alta velocità e nella manifestazione gli apparecchi con cui le varie squadre comunicavano avevano smesso di funzionare. Il detective quindi stava lasciando pensare si trattasse di più di una persona coinvolta in quel, o meglio, quei crimini. Riflettendoci meglio, sarebbe stato davvero difficile per una sola persona, oltretutto già ricercata, compiere due omicidi in una sola notte. ‹ In che luogo è accaduto l’altro omicidio? Si è trattato anche in quel caso di un bambino? › domandò l’albina, forse in qualche modo il posto dove aveva lasciato i cadaveri poteva in qualche modo aiutarli a decifrare il motivo, o il messaggio che il Sagrestano aveva voluto lasciare. La custode aveva accennato anche ad una nuova compagnia di attori, arrivati da poco a teatro, ma che li considerava dei bravi ragazzi e che ora, probabilmente, erano appena diventati dei sospettati.
    La lemure invece sembrava essersi improvvisamente inibita, le orecchie prima in alto, attente, s’erano abbassate dandole l’aspetto d’un piccolo cagnolino che era appena stato sgridato. Si era isolata dagli altri ed era andata a sedersi, prendendo appunti. Sumire si era si nuovo appoggiata alla balaustra, riflettendo un po’ sui pochi indizi che avevano, gettando ogni tanto una veloce occhiata allo scenario di sotto, chiedendosi se ad un certo punto sarebbero stati costretti ad avvicinarsi. Il fatto che si trattasse di più persone era sempre più plausibile, come poco dopo disse Amachi, in un tono molto meno determinato di prima, quasi avesse iniziato ad aver paura di parlare di fronte a loro.
    ‹ Già, anche io a questo punto possa essersi trattato di più persone. › appoggiò, per questa volta, l’ipotesi della studentessa. ‹ Ma dubito che il “messaggio” voglia essere ciò. Ci sarebbero stati modi più semplici per farci capire che lavorassero in gruppo. Credo piuttosto abbia a che fare con il luogo in cui sono stati commessi... perchè proprio in un teatro kabuki? ›

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