Il Diavolo fa le Falene ma non fa le Lampade

Role Summer Event | Kimama Evans & Midori Hasegawa

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    Kimama Evans
    «Le falene non vanno mai in vacanza»



    Kimama ricorda bene l'anno precedente, il suo primo anno in cui poté osservare seppur da lontano la curiosa festività estiva che colorava il Giappone di lunghi vestiti colorati e il cielo fuochi d'artificio altrettanto variopinti. L'aveva osservata dalla sua casa, ancora troppo timida e troppo inesperta della lingua locale per osare. Soprattutto per nulla abituata al caldo torrido dell'estate Giapponese, che mal si sposava con la sua mutazione che favoriva ben di più un clima freddo come quello Canadese in cui anche l'estate non arrivava mai davvero a temperature calde. Spese buona parte della stagione a casa, con un ventilatore sul viso e uno sulla schiena, spendendo il tempo nella lettura della storia locale e nel consumare cibi freddi. Quest'anno il clima non è stato meno inclemente con la giovane falena, che tramite l'esperienza dell'anno scorso ha però maturato delle tecniche per sopravvivere alle ore di luce del clima estivo Giapponese. Smuovere le ali per generare correnti e tenersi fresca, andare su spiagge e giardini che al contrario del duro asfalto non assorbivano il calore del sole rendendo ogni cosa attorno ad esso afoso e soffocante come un forno. E soprattutto aveva alleggerito la cucitura dei suoi vestiti, rendendoli fini e meno atti a trattenere il calore. SI, quest'anno sarebbe andata di persona al festival estivo, aveva persino trovato qualcuno con cui andarci!
    "Telefono, costume, pareo, dolcetti..." E attenta faceva un'ultima volta la lista delle cose importanti da avere con se, annuendo ad ogni nome. "... crema solare, portafogli e... acqua!"

    Il modo in cui l'aveva conosciuta le portava un certo imbarazzo, ma dopo la mutant dalle fattezze di drago lei era la seconda compagna della UA con cui era entrata effettivamente in confidenza. Era stata lei ad offrirsi di accompagnarla al festival, dicendo qualcosa sul fatto che andare soli portasse sfortuna o comunque qualcosa in riferimento a qualche tipo di tradizione locale. Kimama ne era molto felice, soprattutto perché sarebbe andata in spiaggia senza dover soffrire troppo il caldo e poi con il calare del sole Midori le avrebbe mostrato tutte le bancarelle ed i piccoli oggetti di interesse di quell'evento annuo. L'avrebbe attesa all'ultima stazione della metro più vicina alla spiaggia di Isshiki, nella cittadina di Zushi. Si era recata li con un'ora d'anticipo, per sincerarsi che le previsioni meteo fossero corrette e che uno sgrullone non avrebbe rovinato la giornata. Sta seduta su di una panchina all'ombra, guardando l'ora sul telefono di tanto in tanto, beandosi della frescura mattutina prima che questa sia presa dall'afa giornaliera. Le cicale ancora non cantano, poche persone passano davanti a lei, molte di loro si soffermano per qualche istante e Kimama ricambia gli sguardi sorridendogli. Ed attende, paziente, sperando che nulla fosse successo per impedire l'arrivo di Midori.


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    Midori Hasegawa
    I festeggiamenti estivi erano tra i miei preferiti dall'anno - beh, insieme a quelli natalizi, per la fine dell'anno... forse non era propriamente vero. Mi piacevano tutte le feste. L'atmosfera che si respirava in quei periodi era unica.

    Le festività per Tanabata, poi... le fiere, i takoyaki, le pesche fortunate!
    Come si faceva a non adorare questo paese? Certo, c'erano i furbetti che provavano a usare il quirk per imbrogliare. Ma la perfezione non esiste, no? Ero incerta su chi mi avrebbe accompagnato quest'anno, vista la necessità di cambiare giro di amicizie con l'iscrizione alla UA - le mie amiche della scuola precedente erano contente di passare il loro tempo con me... ma mi sembrava che ormai fossimo più distanti. Quindi, per questa occasione, avevo deciso di provare a stringere nuove amicizie.

    Certo, la serata in cui Kimama mi aveva incontrato era stata... particolare, per dire il meno. Avevo rischiato un infarto. Di quelli fulminanti, che ti lasciano steso a terra per sempre. Tuttavia, per fortuna eravamo andate entrambe oltre la prima impressione, diventando delle brave compagne di scuola. Non andavamo nella stessa classe, ma proprio per questo era stato più divertente incontrarsi di tanto in tanto.

    « --- ho dimenticato tutto. Che brava. »

    Avevo solo un tubetto di crema solare, avevo dimenticato le carte... ma avevo portato i quattro bento. Almeno non avevo dimenticato le cose importanti. Ero leggermente in pensiero ad andare in giro con un'altra ragazza, vista la spiacevole esperienza che avevo avuto al locale con quell'uomo che mi aveva offerto cena, controcena e voleva farmi bere. Ma ero certa che non sarebbe successo niente. Persino la brutta gente doveva festeggiare, no?

    Ad ogni modo, con un piccolo ombrellone sulle spalle - di quelli da tenere inclinati - e una grossa borsa, stavo aspettando che il treno mi portasse alla stazione dove ci eravamo date appuntamento. Il mio cappello di tela decorato con tanti girasole ondeggiava ad ogni mio passo, così come il mio copricostume. Nella borsa avevo il cambio, tutto piegato con grande cautela e attenzione per evitare di rovinarlo. Lo Yukata che mi ero portata era bellissimo, speravo che sarebbe piaciuto a Kimama!

    Scesi dal treno a quel punto, iniziando a guardarmi intorno.
    Appena vidi la ragazza-falena, il mio viso s'illuminò di un sorriso genuino e contento. Mi avvicinai a lei a grandi passi, fermandomi solo di fronte a lei. Poggiai la borsa al suo fianco, per portare le mani dietro la schiena.

    « Aspetti da molto, Kimama-san? »

    Le chiesi allegra, eccitata per come avremmo passato quella giornata.
    Il mio costume a righe bianche e azzurre non vedeva l'ora di saltare in acqua!

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    Kimama Evans
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    Con ogni minuto che passa il duro cemento della strada si riscalda, la muratura della stazione si scaldano e se non fosse per la tettoia protettiva anche la panchina di metallo su cui siede Kimama si sarebbe scaldata. Le antenne cominciano a piegarsi, fiaccate dall'insopportabile calura che non sembra dare alcuno scampo. Ogni tanto si alza e spiega le ali, le sbatte appena per generare una piacevole corrente, sospira cercando di regolare la temperatura corporea per quanto questo le sia possibile. Si distrae aprendo la borsa, ricontando e ricontrollando più volte i contenuti mentre ne sussurra i nomi tra se e se, tirando fuori un panno per asciugare il sudore dalla fronte. Ed il pensiero che il mare e la frescura fossero così vicine le faceva sentire anche più caldo di quanto non ve ne fosse. Considera l'idea di arrendersi, di volare via verso il mare e di fare una terribile figura con Midori, di tutto pur di porre fine a quel tormento. E quando ogni speranza sembra ormai perduta la vede, come un miraggio che si manifesta nell'aria distorta dall'afa, una macchia azzurra che lentamente prende forma in una sagoma distorta e finalmente in quella di un viso familiare. Le antenne flosce di Kimama si rizzano come un paio di corna mentre la falena scatta in piedi, un viso disperato che tramuta in pura gioia neanche Midori fosse venuta fin li per salvarla.
    "MIDORI!" Poco ci mancava che urlasse il nome di lei, ma finalmente poteva considerarsi salva dalla terribile estate. "Ah, scusa... avevo paura fosse successo qualcosa."

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    C'è più della mera forza bruta nella stazza considerevole di Kimama e nelle sue ali, per esempio la possibilità di potersi risparmiare alcuni mezzi di trasporto in favore di metodi di viaggio ben più rapidi e naturali. L'autostrada sarebbe stata un disatro, soprattutto prendendo l'autobus che per Kimama era l'equivalente di una morte tramite cottura lenta con grill per renderle croccante il giusto. No, gli antenati le avevano dato le ali e quelle avrebbe usato per raggiungere la spiaggia. Fuori dal suo borsone tira fuori delle corde elastiche munite di gancio, di quelle che si usano normalmente per fissare dei carichi sui tetti delle macchine. Prende la sua borsa e quella di Midori, passandosi la corda attorno alla vita e tra le cinghie delle borse con una praticità che suggeriva qualcosa fatto più e più volte, usando la tensione per agganciare i ganci gli uni agli altri e dando un paio di colpi alle borse per assicurarsi che fossero ben salde al suo corpo e ricontrollando le cinghie per essere certa fossero ben chiuse. Poi volge lo sguardo al cielo per qualche secondo, fissando gli occhi su uno stormo di passeri che sembrava volare in direzione della spiaggia.
    "Bene, quella corrente va esattamente dove abbiamo bisogno! Ora ricorda..." E si rivolge a Midori sollevando l'indice della mano superiore destra in aria, sul viso un'espressione attenta ed apprensiva. "... niente movimenti bruschi, niente pause bagno, niente snack o bevande durante il volo. Se c'è un'urgenza basta dirmelo e troverò un buon punto per atterrare. E soprattutto metto il silenzioso al telefono, i suoni forti ed improvvisi mi fanno perdere la traiettoria di volo! Non dovrebbe volerci più di mezz'ora con le giuste correnti!"

    Ed annuisce un paio di volte prima di aprire le sue braccia a Midori, mettendosi davanti alla panchina per darle un rialzo su cui mettersi per essere presa e stretta a lei con tutte e quattro le braccia. Un paio attorno al busto all'altezza delle spalle, l'altro all'altezza della vita per mantenere parallelo il corpo e i piedi infilato nell'incavo delle borse per evitare che fossero lasciati a penzolare come dei rametti secchi. Come per le borse Kimama si assicura che la presa sia ben salda prima di spostarsi in uno spiazzi largo e senza altre persone. Spiega le ali e le batte una, due, tre volte mentre un vento simile ad un vortice si forma attorno a lei e il terreno comincia a farsi lontano. Era da un po' che non lo faceva, più o meno da quando aveva smesso di portare sua nonna materna alla montagna sacra per guardare il tramonto, ma lo aveva fatto per anni ed era premunita per ogni evenienza. A trenta metri da terra comincia a muoversi in direzione obliqua, allineando il suo corpo con la traiettoria di volo mentre le prime correnti cominciano a sfidarla e a richiedere la sua piena concentrazione per mantenere l'equilibrio. Ascende rapidamente, sbattendo le grandi ali con tale foga dal silenziare ogni suono attorno a loro che non fosse il vorticare feroce del vento, e improvvisamente la velocità di volo aumenta, le ali smettono di sbattere e la brezza accompagna Kimama verso la meta. Guardare la natura e comprendere, per non stancarsi in volo doveva seguire gli uccelli che meglio di lei conoscevano le correnti e i percorsi di minor resistenza ad una meta. Un battito occasionale per mantenere la quota, ma a quel punto vi è solo il soffiare gentile del vento e il mondo che si è fatto piccolo sotto di loro.

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    Midori Hasegawa
    A giudicare dall'entusiasmo che ci aveva messo nel salutarmi, doveva starmi aspettando da un secolo. Praticamente avrebbe fatto in tempo a tessermi un maglione con--- aspetta, le falene tessono cose con... sì. Possibile. Quindi poteva anche fare maglioni. Sì, me lo sarei dovuto segnare.

    « Oh, e di cosa. Non pensavo di essere così in ritardo. »

    Fu la mia risposta al suo dar voce alla sua preoccupazione - forse il soffrire particolarmente il caldo l'aveva portata a una simile conclusione? Poco male, poco male! La osservai sollevare la mia borsa, facendomi inclinare leggermente il capo. Uh, aveva voglia di portarla lei? Beh, grande com'era forse era più facile per lei, invece che per una ragazzina esile quale ero.

    Poi seguì la spiegazione.
    Rimasi ad osservarla in silenzio, sbattendo le palpebre perplessa. Come se mi stessero facendo vedere un film troppo in fretta, saltando i dialoghi fondamentali. Ed ero anche il genere di persona che chiedeva di continuo cose durante la visione di un film, avendo qualche difficoltà a collegare efficacemente tutti i pezzi.

    Poi alla fine, quando iniziò a parlare di silenzioso al telefono, capii.
    Avrei provato le Kimama Airlines. Se inizialmente la mia espressione era dubbiosa e poco convinta, subito mi illuminai come una bambina. Avrei volato?! Cioè, davvero davvero? Volato in aria, come fanno le farfalle bellissime e... no, aspetta, in questo periodo non è bello parlare di farfalle. Come una bellissima... una bellissima... Rondine?!? O una Stella. Si, mi piacevano le stelle.

    « Ma.. ma... dici davvero? Se l'avessi saputo avrei viaggiato più leggera! »

    Ecco, adesso mi sentivo in colpa per essermi portata dietro l'ombrello - certo, lei era così graaande e io così piccolina e minuta, ma era pur sempre un ombrello. Feci una piccola smorfia, prima di seguire le sue indicazioni per essere presa da lei. Ero leggermente titubante all'idea, ma allo stesso tempo ero super contenta di quella bella sorpresa! Questo Tanabata si presentava benissimo - cominciavamo proprio con il piede giusto.

    Quando poi ci sollevammo in aria, iniziai a vedere tutto rimpicciolirsi, sentii i capelli iniziare a muoversi in maniera assolutamente non aerodinamica. Per fortuna il cappellino sembrava rimanere al suo posto ben fisso in testa. Alzai lo sguardo per guardare le nuvole che ci si paravano davanti, mentre sentivo le mani di Kimama tenermi per impedirmi di spiaccicarmi al suolo. Certo, ci voleva una grande fiducia - ma dopo quello che era successo quella notte alla Yuuei...

    « Deve essere bellissimo poter volare quando vuoi! »

    Commentai, prima di rendermi conto che quella libertà aveva un prezzo. La gente la guardava storto tutti i giorni. Magari sputava dove passava lei. Come doveva essere avere quegli orrendi sguardi addosso, costantemente? Mi rabbuiai per un breve istante, prima di vedere che... beh, sembrava felice. Tornai a godermi lo spettacolo del cielo, come se fossi su uno strano aeroplano. Era una sensazione unica, indescrivibile in poche righe .

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    Kimama Evans
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    Per Kimama nessun atto era più intenso e liberatorio dello spiegare le sue ali verso la libertà, di sentire la brezza fresca dell'altra quota sulla sua pelle e tra le sue antenne, con gli occhi aperti mentre fissa l'orizzonte azzurro davanti a se che si mescola con la costa man mano che si avvicina ad essa. Era passato molto tempo da quando aveva volato portando qualcuno con se, quasi una vita da quel lontano giorno sulla montagna sacra. Dopo quella volta aveva avuto difficoltà a farlo di nuovo, a stringere a se qualcuno mentre cavalcava le correnti ascensionali e planava al fianco di rondini e passeri con il mondo che si fa piccolo sotto di lei. Ma quel giorno era un giorno diverso, un giorno felice, un giorno che avrebbe passato in compagnia di qualcuno a cui il suo istinto le aveva sussurrato di dar fiducia. Ed anche lei sembrava felice, ogni timore che il volo potesse spaventarla che sparisce con un sorriso ancor più grande da parte di Kimama.
    "Si, quando ero in città con i miei genitori non potevo farlo spesso, ma con tutti gli spazi liberi attorno alla UA posso volare ogni giorno senza timore di mettere in pericolo nessuno! E poi gli alberi d'acero giapponese colorano il vento di un buonissimo odore!" Kimama sembrava davvero estatica di quella situazione, l'anima leggera come la piuma di un'aquila. "Oh! Dimmi se sto andando troppo veloce! E non preoccuparti per le borse, non sono pesanti."

    Non ci sarebbe voluta più di mezz'ora per la falena e la sua ospite a passare i boschi, le strade e le colline e giungere finalmente sulla linea della costa. Kimama aveva originariamente preventivato di atterrare direttamente sulla spiaggia, ma l'idea di tutte quella sabbia che le finiva tra i capelli e la pelliccia semplicemente rendeva la cosa poco appetibile. Inoltre Midori avrebbe rischiato di ritrovarsela anche negli occhi, e se si fossero irritati avrebbe rovintato l'intera giornata sul nascere. Fu per questo che scelse un parcheggio non troppo lontano dalla linea costiera per il suo atterraggio, con una lunga strada centrale vuota, già pieno e quindi senza alcun rischio di altre macchine in arrivo. Con un movimento rapido Kimama riduce la chiusura delle ali e comincia a volare pericolosamente verso il basso, ad una velocità simile a quella di un aereo in picchiata. A meno di quaranta metri da terra però le ali si aprono completamente, facendo vorticare l'aria come farebbe un paracadute e cominciando a sbattere velocemente e furiosamente per smorzare la velocità d'atterraggio colpo dopo colpo. Ed infine i piedi toccano terra con un'ultima folata di vento fresco, Kimama distende le ali come le stesse stiracchiando prima di farle richiudere sulle sue spalle. Con cautela mette parzialmente a terra Midori, tenendola per i fianchi per assicurarsi che le sue gambe non si fossero addormentate durante il tragitto prima di lasciarla del tutto.
    "Eccoci arrivate! Ho prenotato una cabina lungo la spiaggia, non siamo troppo lontane dalla destinazione! Oh, giusto-..." E comincia a disfare le borse che aveva assicurato alla vita con i cavi blocca-carichi da automobile, ridando a Midori la sua e mettendo la propria a tracolla per rimettervi dentro i cavi. "Oh e non dimentichiamoci di mettere la crema solare, o non sarà affatto divertente andare per bancarelle tutte bruciate! Ah, e ho fatto dei panini, dei ghiaccioli alla frutta, una macedonia e anche un'insalata nel caso non ti piaccia mangiare carne!"

    E con tutte le dovute raccomandazioni Kimama si incammina verso la loro destinazione, attraversando le strade per lo più tranquille e prive di traffico, ormai chi doveva arrivare in spiaggia lo aveva già fatto. Grazie ai prodigi della tecnologia e della pigrizia umana aveva prenotato e pagato la cabina online, dovendo solo confermare la prenotazione al banco dello stabilimento prima di discendere le scale di pietra e mettere piede nella sabbia. La cabina non era particolarmente distante, e larga abbastanza. Kimama la apre e dispone la borsa al suo interno, e poi quella di Midori nel caso lo avesse preferito. Dopo di che entra e chiude la porta alle sue spalle. Ci sono rumori di vestiti che si sfilano, ali che sbattono contro le pareti che si dimostravano limitanti per la stazza della falena. Dopo poco più di un minuto Kimama apre la porta, brandendo in una mano destra uno dei ghiaccioli, indosso un semplice costume in due parti dal colore delle arance, con un pareo azzurro dei colori dell'arancio e del plumbeo legato attorno alla vita.
    "Uff, non vedo l'ora di farmi un bagno!" Esclama a gran voce Kimama, passandosi una mano tra i capelli per pulire via il sudore dalla fronte prima di guardare il ghiacciolo con occhi larghi. "Oh, ne vuoi uno anche tu?"

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    Midori Hasegawa
    Sì, doveva essere meraviglioso - quando il limite è il cielo.
    Poter andare in alto, sfuggire ai problemi della terraferma per un poco. Certo, non ne avevo ancora così tanti, ma a volte avevo quella strana sensazione sullo stomaco, che non si stacca - i pensieri delle cose da fare il giorno successivo, di come fossi indietro rispetto ai miei compagni. La competitività della società giapponese, i supercattivi pronti a terminare le vite altrui. In quest'ordine di importanza, forse.

    « Tranquilla, va benissimo così! »

    Risposi alla ragazza, che sembrava davvero preoccupata che tutto andasse per il meglio. Che carina, che era! Nonostante l'incontro burrascoso, come dicevo, sembrava che sarebbe stata una bella giornata. Quando atterrammo al termine del piccolo volo, mi sentii quasi triste. Essere mantenuta da Kimama non mi faceva sentire propriamente al sicuro, ma allo stesso tempo era bello sentirsi così precari. Avevo qualcosa che non andava, forse? La picchiata finale, poi, mi fece pensare per in singolo istante che la mia amica avesse intenzione di uccidermi. Infatti per un attimo solo strinsi una delle sue mani, ma quando compresi cosa stava effettivamente succedendo, mi rilassai e la lasciai libera di terminare le sue manovre.

    « N-Non mi aspettavo l'atterraggio così, devo dire. »

    Fu il mio commento, cercando di non sembrare troppo scossa. I miei capelli, notai, avevano assunto un colore blu intensissimo. Che fosse a causa dell'alta quota? Osservai le punte delle mie lunghe code - stavano già iniziando a perdere quel particolare colore. Mi stiracchiai, guardando verso Kimama che si stava avvicinando alla cabina che aveva prenotato. Uh, era stata più previdente di me. Io probabilmente mi sarei buttata su uno degli ombrelloni abbandonando tutto lì sotto. Avevo già il costume sotto il vestitino che indossavo, quindi non sarebbe servito che io usassi la cabina.

    --- la scena che mi si parlò davanti fu quantomeno singolare.
    Da dove era uscito quel ghiacciolo. Scelsi di non fare domande, limitandomi ad accoglierla con un sorriso.

    « Volentieri - ma devi dirmi dove hai comprato quel copricostume. »

    Aveva dei colori bellissimi - e anche se probabilmente a me non sarebbe stato bene, potevo vedere se in negozio li avevano con delle fantasie più adatte a me. I miei capelli, nel frattempo, avevano già assunto una nuova sfumatura. Le punte erano di un giallo paglierino, che sfumava verso il blu più acceso della parte superiore, che era stata coperta dal cappello. Uh, beh, non era male.

    « --- come funziona l'acqua con le tue ali? »

    Chiesi, inclinando lo sguardo. Erano ... ali che si potevano bagnare?
    O era meglio di no? Aveva parlato di bagno, quindi... probabilmente...

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    E senza perdere tempo Kimama infila il busto nella cabina, aprendo la sua borsa che al suo interno presentava una borsa termica più piccola di colore azzurro che apre a sua volta per osservarne i contenuti. Da essa tira fuori un ghiacciolo di forma identica al suo, ma di un colore forte e giallo tendente all'oro. A prima vista poteva sembrare un ghiacciolo al limone dal colore particolarmente intenso, ma sarebbe bastato un rapido assaggio per confermarne l'aroma singolare al miele. E con rapidità la borsa termica viene chiusa, mentre dall'altra Kimama estrae un grosso spruzzino del color della sabbia che comincia a spruzzarsi prima sul viso, poi sulle braccia e sul busto, sino alla schiena e alla sezione superiore delle cosce, ovunque vi fosse pelle invece di pelo. Quando era piccola era stata al mare e ricorda ancora bene come sensibile la sua pelle fosse al picchiare del sole. Con perizia spalma la crema spray dappertutto, offrendola poi a Midori con un grande sorriso.
    "Mettila bene dappertutto o rischierai di scottarti!" Poi apre appena le ali, facendole vibrare il giusto prima di ripiegarle alle sue spalle. "Oh, non temere, le mie ali sono lisce e forti, ho fatto nuoto in Canada per imparare ad usarle anche in acqua."

    Una brezza costante accarezzava la sabbia, soffiando dal mare e portando con se la frescura dello stesso, con molti ombrelloni che già puntellavano la spiaggia con motivi classici o disegni dalle forme particolari. Ma vi era ancora posto, seppur non direttamente vicino alla spiaggia. Come un segugio Kimama scandaglia l'orizzonte e blocca lo sguardo su un punto relativamente vuoto, con pochi altri contendenti nelle dirette vicinanze. Dando di tanto in tanto un morso al suo ghiacciolo color oceano si porta alla posizione stabilita, guardandosi attorno per essere sicura di non causare alcun intralcio prima di affondare le mani a terra e cominciare a scavare ritmicamente in un movimento ripetuto e costante che aveva quasi dell'ipnotico, indicando poi la buca a Midori con un sorriso largo quanto l'orizzonte dell'oceano stesso.
    "Ecco, possiamo metterlo qui l'ombrellone! E... oh!" E poggia lo sguardo su quel pareo, fissandolo per un paio di secondo prima di tornare con gli occhi a Midori. "L'ho fatto io a casa qualche giorno fa, così se dobbiamo camminare per tanto fuori dall'acqua non mi scotto le cosce!"

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    Provai ad assaggiare il ghiacciolo che mi era stato dato, ringraziando con un lieve cenno del capo. Sembrava limone, a un osservatore poco attento, ma era bastato avvicinarlo al mio naso per percepire come fosse invece al miele. Beh, aveva il suo perchè - in fondo Kimama era pur sempre una mutant in parte insetto. Chissà che altro mangiava, di strano? Forse ero persino stata poco attenta nei suoi confronti - speravo che le sarebbe piaciuto quello che avevo preparato. Feci un'espressione preoccupata e pensierosa per un istante, prima di scivolare nuovamente nel mio inguaribile ottimismo. Sarebbe andato tutto bene, nel peggiore dei casi le avrei potuto offrire il pranzo!

    « ... si, gli ultravioletti sono pericolosi. »

    Chissà se un giorno sarei arrivata a controllare quelle lunghezze d'onda? Il fatto che il sole potesse ancora scottarmi e bruciarmi mi faceva strano a volte - ma allo stesso tempo ero consapevole che con il tempo avrei potuto migliorare la mia attitudine a controllare questo particolare elemento. Osservai le ali di Kimama a quel punto, curiosa della sua spiegazione. Il Canada? Era un posto molto lontano, chissà quale era la storia di questa ragazza-falena. Avrei avuto tutto il tempo di farmela raccontare, oggi. Tirai una piccola leccata al mio gelato, guardandomi in giro e seguendo la mia compagna, che sembrava essere ben sicura di dove stava andando.

    --- oddio è vero non ha una lingua.
    Ha una... una... si chiamano spirule?
    Perchè ho così tanto a che fare con gli insetti in questo periodo?!
    La cosa mi aveva messo leggermente a disagio e questo mi faceva sentire una brutta persona. Lei era stata così gentile con me e nonostante la trovassi simpatica non potevo fare a meno di spostare lo sguardo. Feci del mio meglio per nascondere come mi sentivo in quel momento, ma ero certa che sarebbe passata da un momento all'altro.

    « Mi sembra un buon posto! »

    Dissi, poggiando lo stecchino del ghiacciolo ormai terminato nella sabbia - l'avrei recuperato dopo - e iniziando ad aiutare la falena con gli scavi per l'ombrellone. O meglio, dandole supporto morale, visto che sembrava in grado di fare tutto da sola con le duecento zampe addizionali che si trovava. Avevo in mano il palo dell'ombrellone e l'avrei infilato nella sabbia senza timore, non appena la falena mi avesse dato il permesso di farlo. Nel giro di brevi istanti, il nostro fortino era su e potèi finalmente con mio grande sollievo togliermi il copricostume bianco, per rivelare il mio costume turchese e bianco a righe. Ormai i miei capelli si erano stabilizzati su un verdino molto pallido, tendente al biondo. Iniziai a spalmarmi la crema solare, ascoltando la risposta di Kimama.

    « Oh?! E' vero... come funziona, Kimiama-san? C'è così poco che so di te, del tuo quirk... raccontami qualcosa! Fammi capire, ecco. »

    Non ci avrei messo molto, in fondo non usavo protezioni eccessive.
    Ma c'era comunque bisogno di qualche minuto, che avremmo potuto impegnare in questa maniera. La passeggiata verso la spiaggia, poi, non era propriamente cortissima, quindi mi sembrava un buon argomento di conversazione!

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    Quieta e meticolosa la falena scava la sua buca, e con grande attenzione compatta e spinge la sabbia attorno all'asta metallica dell'ombrellone per garantirne la piena stabilità anche in caso di raffiche ventose. A compito svolto si alza senza pensarci troppo, battendo la testa contro il tessuto dell'ombrellone e rimanendo interdetta per un paio di secondi, i grandi occhi fissi sui colori accesi dello stesso prima di riprendersi e poggiare lo sguardo su Midori. Si era resa conto di quello sguardo che le aveva fatto? Certamente, era qualcosa con cui ha dovuto convivere con una costanza quasi giornaliera, il dover essere così diversa da buona parte degli esseri umani. Eppure mai aveva odiato per quegli sguardi, era qualcosa che le era stato insegnato fin da piccola dove molti del popolo Inuit condividevano quel tipo di unicità. Era normale che la gente temesse ciò che era diverso, così come era normale che con il tempo quel diverso sarebbe scivolato via e il fare avrebbe avuto ben più valore dell'apparire. Alle volte non sarebbe stato così, ma queste non erano poi state molte sino a quel momento ed era sicura che Midori avrebbe visto ben oltre tutti gli altri. E le sue domande erano giuste, da quando era arrivata alla UA non aveva davvero mai parlato molto del suo passato, della sua terra natia e delle sue usanze.
    "Oh! Beh funziona... come mi vedi! Ho quattro braccia, quattro dita, pellicia e carapace sotto di essa-... tranne che al collo, li non c'è! So volare, e ho le mie grandi antenne per sentire al posto delle orecchie-... oh e i miei occhi possono vedere davvero bene e vedo molti più colori perché mi aiuta a capire meglio quando un frutto o un fiore sono davvero maturi al punto giusto e riesco anche a vedere gli ultravioletti se mi concentro! E ho anche un buonissimo olfatto, sempre per lo stesso motivo! Ecco... sono solo una grande falena, in effetti." Ammise in chiave conclusiva, facendo spallucce perché in fondo non aveva poteri da Emitter di tipo particolare, a meno che la sua seta non contasse come tale. "Ed è per questo che so quanto possano fare male nell'ora di punta, riesco a vederne l'intensità!"

    E nel narrare dei suoi forse ovvi talenti si sfila il pareo, legandolo senza stringere ad una delle asticine metalliche dell'ombrellone e soffermandosi di nuovo sul tessuto acceso dello stesso prima di avviarsi verso la spiaggia. Per tutto il tragitto sta con le spalle ben strette, gli occhi che guardano fissi davanti a se con un'attenzione quasi eccessiva visto il semplice compito che stava svolgendo, ergo schivare ogni persona ed ombrellone che fossero ben troppo vicini a lei. Ogni volta che un ostacolo si fa vicino i peli rivolti verso di esso si rizzano, quasi percepissero lo spostamento d'aria attorno a lei ben prima che lo sguardo potesse localizzare la minaccia. E per tutto il tragitto sta ben quieta, temendo che parlare l'avrebbe distratta e avrebbe finito con lo sbattere addosso a qualcuno e fargli del male. Quando gli ombrelloni sono alle loro spalle e la battigia si presenta con l'azzurro del mare Kimama tira un lungo sospiro di sollievo, rilassando ogni fibra del suo corpo e aprendo parzialmente le sue grandi ali, un sorriso solare sulle sue labbra. Il mare era limpido, calmo, le onde salivano e scendevano con pigrizia e la brezza che spirava portava con se l'odore della salsedine e del mare stesso.
    "Oh, giusto! Come ti dicevo vengo dal Canada. Il mio papà è nato li, la mia mamma anche ma lei appartiene al popolo Inuit. Nel Popolo moltissime persone hanno un quirk come il mio, o mutazioni simili a molti dei nostri animali sacri! Una mia amica ha gli stessi tratti di un'alce, un'altra invece è una falena come me ma molto più piccola e con una pelliccia gialla e rosa! Quando ero in Canada non avevamo questi... problemi di Mutant, in nord america la maggior parte delle persone ha Quirk Mutant di questo tipo!" E di nuovo stiracchia le sue ali, aprendole nella loro piena estensione prima di richiuderle, calcando bene la sabbia umida per assicurarsi che non fosse scivolosa. "Ed è dalla mamma e dalla nonna che ho imparato a cucire e tessere, faccio molte cose usando la mia seta!"


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    Ascoltai con grande attenzione la spiegaizone che Kimama era stata così gentile da fornirmi. Vedeva molti più colori? Che bello, doveva essere! La luce funzionava in una maniera così affascinante. Bastava cambiare le lunghezze d'onda e improvvisamente qualcosa diventava invisibile a determinati individui, oppure visibile ad altri. E gli animali, poi, percepivano la luce in maniera completamente diversa da noi!

    La storia sulla frutta mi lasciò colpita poi - dovevo ammettere che non lo sapevo. La natura era così incredibile e da quando noi umani avevamo iniziato a dimostrare tratti evolutivi così evidenti, non potevo che rimanerne sempre più affascinata.

    « Oh - riesci a vedere anche le onde elettromagnetiche, quindi? Incredibile, è qualcosa che io non riesco a fare. E dire che dovrei controllarle. E' così difficile controllare qualcosa che non vedo... le percepisco vagamente, ecco. »

    Scelsi di non interrompere il silenzio che ci eravamo autoimposte nel tragitto verso l'ombrellone, riprendendo a parlare solo al termine del breve racconto che la ragazza mi aveva appena fatto. Quindi in nord-America, o almeno nella zona da dove veniva Kimama, c'erano molti mutant? Chissà se c'era un motivo per quella concentrazione, all'infuori delle ovvie ragioni genetiche. Mi sarebe piaciuto informarmi, ma sembrava una cultura così complessa da comprendere.

    « Se i risultati sono questi, direi di continuare e non fermarti mai. »

    Aveva un futuro, almeno.
    Come me, che avrei sempre avuto un'alternativa se questa storia dell'eroina non fosse andata in porto. Non volevo pensarci, viste tutte le speranze che erano riposte in me. Ma non era il momento di pensarci. Presi posto sull'asciugamano che avevo appena steso al suolo - aveva un delizioso motivo a forma di pentagramma ed era decorato con stelline e note musicali argentate, su uno sfondo azzurrino. Distrattamente, iniziai a sistemare le mie cose, osservando la mia compagna.

    « A casa non avete il mare, no? Mi pare di capire tu abiti in montagna... ci sono laghi? »

    Noi abitavamo su un'isola, probabilmente doveva essere molto diverso.
    Mi alzai in piedi, subito dopo, rendendomi conto che non avevo ancora messo la crema sulla schiena. Diedi la bottiglia di spray a Kimama, senza dire niente. Silenziosamente, mi voltai per darle le spalle e spostai i codini di lato, per permetterle di aiutarmi in quell'annosa questione.


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    Kimama Evans
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    Kimama sta in ginocchio con Midori davanti a se, una mano che stringe lo spruzzino di crema solare, le altre tre a palmi aperti mentre Kimama le fissa con occhi sgranati come fossero imbrattate di sangue. Avere degli artigli di carapace alla punta delle dita non era esattamente qualcosa di piacevole, gli ci era voluto parecchio ad eseguire attività giornaliere senza graffiare qualsiasi cosa toccasse. Era diventata davvero brava a non far danni quando toccava qualsiasi cosa, il suo unico vero limite era dover toccare il corpo di altre persone. Evitava strette di mano, pacche sulle spalle, alle volte abbracciava tenendo ben chiusi tutti i pugni. Finché doveva lavarsi o fare attività proprie non temeva nulla, aveva coscienza del suo corpo, e poi quasi metà di esso era pelliccia su resiliente carapace che le impediva di farsi del male. Invidiava i mutant felini per questo, per la loro capacità di poter ritirare gli artigli e non doversi preoccupare di far male a nessuno quando non volevano. E dopo secondi che durano giorni Kimama inspira profondamente, e procede a spruzzare la crema lungo la schiena di Midori, avvicinandovi lentamente tutte e quattro le mani, le dita ben estese e flesse per quanto possibile verso l'alto cosicché solo i palmi pelosi toccassero la pelle dell'altra. I movimenti sono lenti e carichi di timore, gli occhi di Kimama sgranati per tutto il tempo neanche dovesse disinnescare una bomba a base di uranio e nonostante questo ogni pelo del suo corpo è irto come le punte di un porcospino, il sudore che scendeva sulla fonte colpa in parte uguale del caldo e della tensione causata da quella semplice attività.
    "Oh in re-... altà..." Cerca di dire qualcosa, ma troppo si concentra sullo spalmare la crema per parlare, troppo teme che il parlare le faccia commettere un'errore. E poi un sospiro di sollievo, le antenne che si rilassano. "FATTO!"

    E lo esclama come avesse compito le fatiche di Ercole, pulendosi quel che rimaneva della crema sulle cosce prima di tirarsi in piedi con un gran sorriso. Con la calma di nuovo nel cuore riesce finalmente a soffermarsi sulle parole di Midori, su quello che aveva detto della sua terra. Certo quando qualcuno pensa al Canada pensa alle alte montagne innevate, ai fitti boschi, ai grandi laghi cristallini pieni di ogni sorta di pesce nordico. Ma la verità è che il Canada ha molti e lunghi appezzamenti di spiagge, anche se meno della metà sono adatte ad attività di stampo balneare per via delle spiagge rocciose li presenti. Kimama però era stata fortunata, infatti nonostante Sawlog Bay stessa non fosse particolarmente adatta alla balneazione non doveva poi volare molto per averla.
    "In realtà ci sono molte bellissime spiagge in Canada, tutte le estati i miei genitori mi portavano un mese a Thunder Beach, quando la temperatura tende ad andare oltre i trenta gradi almeno. E poi ci sono tantissimi laghi puliti, ne abbiamo tantissimi come... credo un paio di milioni! A papà piaceva molto pescare quando era giovane, ci andava sempre con suo fratello!" Esclama con profonda soddisfazione, facendosi brevemente passiva alla menzione dello zio, come una buffa nuvoletta in un cielo sereno "Tutti pensano che in Canada ci sia la neve tutto il tempo, ma in realtà l'estate li è molto piacevole perché non fa mai davvero troppo caldo e le foreste fanno in modo che la sera diventi subito fresca senza che il cemento accaldi tutto quanto!"


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    Midori Hasegawa
    Personalmente? Non mi ero resa conto neanche lontanamente di come stessi rischiando una quantità incredibile di ferite e cicatrici con quella mia banale richiesta. Al contrario, ero lì ferma tutta contenta, lasciando che la ragazza-insetto mi cospargesse la schiena di crema. Certo, era una strana sensazione. Non era quella che mi aspettavo. Ma tutto sommato piacevole, avvertivo un certo solletico - completamente ignara del rischio che stavo correndo.

    Spostai leggermente il capo quando iniziò a parlare, prima di interrompersi. Avevo fatto qualcosa di sbagliato? Mi stavo comportando normalmente, no? Ero una cattiva persona perchè ci stavo mettendo dell'impegno? Compresi dopo che Kimama era stata messa duramente alla prova dalla mia richiesta. Strano-- oh beh. Decisi di lasciar stare, tornando ad ascoltare la sua interessante risposta al mio quesito.

    « Beh è un posto molto naturale, vero? Tutt'altra cosa rispetto a Tokyo, sono sicura. Magari un giorno andrò a visitarla. Chissà, una tournèe se non dovessi diventare una Pro Hero. »

    Feci scivolare via quella mia frase, sorridendo subito dopo per ringraziare Kimama della sua gentilezza. Mi sedetti a quel punto, perfettamente protetta dal sole, sull'asciugamano che avevo sistemato poco prima. Tirai un nuovo morso al gelato che la falena mi aveva offerto, osservando il mare all'orizzonte. In altre situazioni mi sarei gettata subito in acqua, ma... non ne avevo molta voglia al momento.

    Sfumata tutta? Niente di grave, comunque.

    « In famiglia non siamo tipi da ... attività. In vacanza andavamo alle onsen, papà ne approfittava per fare piccoli affari. Laovri di vario tipo con tutto lo studio legale e cose così. Però avevo dei bei vestitini. »

    Però ero contenta - visitavamo tanti bei posti in vacanza, facevamo tante foto. Eravamo una famiglia felice, tutto sommato. Con delle aspettative molto alte, che non mancavano di farsi sentire. Ma non ci sarebbero stati problemi, finchè fossi stata all'altezza. Non avevo motivo di pensare che fare l'eroe sarebbe stato troppo, per me - avevo un quirk versatile. Avevo un quirk che poteva farmi fare strada. Stava solo a me non rendere questa fortuna sprecata.

    « ... dev'essere bello, il Canada. »

    Ripetèi a quel punto, regalando alla mia amica un altro sorriso.
    Nuovo morso al gelato, il sapore del miele che si scioglie sulla mia lingua. Un piccolo sospiro e il mio sguardo torna nuovamente al mare, abbandonando la figura di Kimama. Forse potevamo giocare a carte? Non avevo fatto piani troppo complessi, dovevo ammettere.

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    Kimama Evans
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    Kimama ascolta con vivido interesse i racconti di vita passata di Midori, tanto che nemmeno si sdraia sulla spiaggia, bensì si siede portando le gambe al petto ed abbracciandole con tutte e quattro le braccia, tenendo la mano che reggeva il ghiacciolo mezzo-mangiato vicino alla bocca così da poterlo mordicchiare di tanto in tanto. Le Onsen erano qualcosa che conosceva solo di nome, mai infatti Kimama avrebbe osato mettere piede in quelle vasche di acqua calda, nemmeno nel cuore stesso dell'inverno quando avrebbe avuto ben più senso. Lei adorava l'acqua fredda, non importava se dolce o salata, era quel fresco che si attaccava alla pelle a renderla così fresca. Ed aveva quell'enorme distesa azzurra ad un passo di distanza, voleva tuffarcisi dentro e restarvi per ore, scrutare il fondale marino nell'acqua cristallina alla ricerca di conchiglie ed altri curiosi oggetti da aggiungere alla sua collezione. Eppure rimane li ad ascoltare, sotto il caldo, seppur reso meno crudele dalla frizzante umidità dell'aria marina. Quando Midori finisce di raccontare del suo piccolo spezzone di vita Kimama si fa estremamente interessata a quelle menzioni su tematiche di successo, aspettative e piani nel caso non riuscisse a diventare un'eroina.
    "Oh, non vedo perchè non dovresti!" Esclama Kimama come un fulmine a ciel sereno, portando via l'ultimo pezzo di ghiacciolo dal bastoncino con un morso. "Hai un potere molto bello e forte, puoi farci tantissime cose ed aiutare tantissime persone! E non so se tu sia brava a cantare, non credo di averti mai sentita mentre lo facevi!"

    Ma anche con l'aria marittima il caldo cominciava a gravare sulla figura di Kimama che sudava ormai copiosamente da tutti i pori, le antenne che man mano si facevano sempre più flosce e morbide sotto il peso dell'estate. E poi tutto quel parlare di Onseen e del Canada non aveva fatto altro che farle ancor di più pensare al caldo soffocante ed al fresco a cui tanto anelava in quel momento. Ed alla fine si arrende all'evidenza, aveva davvero bisogno di farsi un bagno, era il motivo principale per cui aveva volato sino a li in fondo! Con un profondo sospiro si alza da terra, si stiracchia e osserva la battigia. Quella spiaggia aveva un tragitto di basso fondale molto breve, seguito subito da una profondità di qualche metro, un punto perfetto. Avrebbe spiccato il volo per un tuffo, ma l'idea di sollevare un polverone di sabbia per così poco le dava fastidio, così come sicuramente avrebbe infastidito la povera Midori così vicina al punto di partenza. Semplicemente si incammina verso il mare, lasciando nella sabbia bagnata delle impronte curiose, come di un piede umano ma dalla forma dura e geometrica, con sole quattro dita che sembravano terminare in delle forme appuntite, neanche fosse un Kappa o qualche creatura mitologica. Quando l'acqua comincia a ghermirle le caviglie e poi le ginocchia Kimama rizza la peluria di felicità, premeditando già la frescura a cui sta andando incontro.
    "La mama dice sempre che il Canada andrebbe visitato due volte. D'estate per il nostro mare e d'inverno per la nostra neve!" Dice improvvisamente Kimama, voltandosi quando l'acqua è ormai all'altezza del bacino, guardando diritta in direzione di Midori. "Questo inverno potrei ritornare a casa per una settimana o due durante il periodo delle festività, se vuoi potresti venire con me!"


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    Midori Hasegawa
    Feci un piccolo sorriso ad osservare come il volto di Kimama si muoveva alle mie parole. Sembrava molto interessata a quello che stessi dicendo e mi rendeva felice. In maniera forse ingenua, nella ragazza di fronte a me vedevo un'innocenza che aveva difficoltà a essere plausibile. Era una mutant, no? Viveva in un periodo fatto di discriminazione e odio nei suoi confronti, il fatto che riuscisse ad essere così dolce e spensierata mi faceva tenerezza. E nonostante nelle mie parole ci fosse una punta di malinconia, era riuscita con pochi e semplici concetti a stemperarlo.

    « Magari un giorno andiamo al Karaoke. Erano le falene a cantare, di notte? O mi sto confondendo? Non sono un'esperta entomologa. Biologia non era tra le mie materie migliori, a scuola. »

    Avevo un potere molto bello, diceva, forte. Innegabile, la sua versatilità e scenicità potevano rivelarsi utilissime in numerosi contesti. Ma c'erano ancora troppe incognite, sarei stata in grado di usarlo appieno? Sentivo le aspettative di Kimama unirsi a quelle di tutti coloro che mi stavano vicino. La sensazione era positiva ma allo stesso tempo, era... impellente. La vidi alzarsi e senza dire nulla mi la seguii silenziosamente in acqua, emettendo un gemito leggermente infastidito quando mi resi conto che l'acqua era più fredda di quanto avessi preventivato.

    Tuttavia, in faccia avevo un sorriso tenue.
    Kimama era molto gentile, mi aveva persino invitato a casa dai suoi - sarebbe stato un poco strano però. Non la conoscevo così bene, ma era bello aver ricevuto un invito di quel tipo. Con le mani dietro la schiena, il cappello che avevo riposto poco prima nuovamente in testa, guardai verso di lei.

    « Mi farebbe molto piacere. La moda americana è tutta particolare, hanno... un sacco di vestiti belli, lì. »

    Forse stavo più pensando agli Stati Uniti, ma anche in Canada doveva funzionare in maniera simile. A meno che Kimama non vivesse letteralmente nel mezzo della foresta, avremmo potuto dare un'occhaita a città come Toronto oppure Vancouver. Forse mi stavo concentrando sull'aspetto sbagliato di quel viaggio.

    Tornai ad osservare Kimama - c'era qualcosa che non capivo.
    Che ci faceva una persona così... adorabile, in accademia? Voleva diventare una pro-hero, combattere i villain? Oppure era qui per qualcosa che non potevo sapere? Riuscivo a immaginarla, nel suo paese natale, pronta a mettere in atto le sue nuove conoscenze. L'orgoglio della sua famiglia. Forse chiedere sarebbe stato poco carino.

    « C'è qualche pro-hero che ti piace, Kimama? Qualcuno che ti ispira, che prendi come modello? »

    Si, forse questa era una domanda meno intrusiva.
    Sembrava uscita dal nulla, ma in realtà la mia testa stava lavorando, gli ingranaggi erano in moto.

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    Kimama Evans
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    Quella singola domanda aveva un che di significativo per Kimama, qualcosa di enorme importanza di cui di fatto nessuno all'infuori dei suoi stessi genitori ed alcuni cari amici lasciati in Canada sapevano. Il Canada aveva la sua buona misura di Pro-Heroes di livello internazionale, come la famosa Crimson Leaf capace di controllare ogni singola forma di vita arborea, o Unthankful Frost capace di congelare il sangue nelle vene dei suoi nemici semplicemente toccandoli. Poi ce ne erano molti altri, magari non particolarmente famosi fuori dallo stato stesso ma che sapevano ispirare i cuori di tutti i giovani che sognavano un giorno di essere proprio come loro. La realtà dei fatti però era che la figura di riferimento di Kimama non era un Pro Hero, o almeno non lo era quando aveva cominciato a prenderlo come riferimento. Non capita spesso, ma alle volte alcuni Vigilantes capiscono tramite realizzazione o peculiari accadimenti nelle proprie vite che il concetto di farsi giustizia da soli alla fine non sia davvero meritevole di tale dedizione. Alcuni semplicemente svaniscono dalla circolazione, appendono le loro maschere al chiodo e rimangono nella storia come fantasmi dei quali non si è mai scoperta l'identità. Altri invece vedono i propri gesti come qualcosa a cui dover porre rimedio, e questo fu il famoso caso di...
    "... Elkalicious!" Kimama pronuncia quel nome come vi fosse qualcosa di profondamente reverenziale in esso, come fosse il nome di un dio o una figura mitologica. "Una delle poche persone nella storia del Canada ad avere una fama sia come Vigilantes che come Pro Hero!"

    E nella quasi lunga ora che segue quella domanda dall'apparenza tanto semplice, Kimama narra a Midori delle molte gesta di Elkalicious. Era un Mutant dalle forti fattezze di alce, nato non in Canada ma nella sfortunata Detroit da una famiglia di ceto basso che si ritrovò come molte esposta alla dura realtà delle gang e delle faide territoriali, un qualcosa da cui molti non tentanto nemmeno di scappare, e chi ci prova non sempre ci riesce. Il suo vero nome era Maximillian Smith, ed il mondo aveva un modo tutto suo di tirare malasorte a qualcuno quando nascevi come un Mutant Afro-Americano nel cuore di Detroit. Max era robusto, forte, una vera e propria Alce con tanto di corna e zoccoli, un molosso la cui sola forza fisica era di per se un'arma. In gioventù cadde come molti nel concetto della gang, della fratellanza, commettendo piccoli crimini proprio nel periodo in cui i quierk avevano cominciato ad emergere e i senza-quirk erano ancora la maggioranza della popolazione mondiale e locale. Per lui sembrava una buona vita, questo almeno finché quelli che chiamava fratelli non cominciarono a metterlo da parte proprio per il suo aspetto, proprio per ciò che lo rendeva così utile. Da quelle stesse persone che avevano vissuto sulla propria pelle la discriminazione per essere diverso si trovò lui stesso discriminato e persino minacciato. E nella notte del ventisette dicembre del millenovecentosettantatré, all'età di diciannove anni, la casa di Max fu attaccata da una banda di puristi con cocktail incendiari. Lui non era li per fortuna, ma i suoi umani genitori non ebbero altrettanta fortuna. Prima che il sole toccasse i tetti delle case del suo quartiere, Max era tornato al covo della sua banda seguendo la puzza di cherosene sul macinino di uno della sua banda, e fu consegnato alla storia come un pluriomicida che aveva personalmente massacrato a mani nude ventisette persone, otto delle quali minori. Marciò a nord lasciandosi alle spalle una scia di cadaveri di appartenenti a bande, cartelli, qualunque cosa che lo faceva molto semplicemente andare in bestia era motivo sufficiente per ammazzare di botte il malcapitato di turno. Mai più minori, questa sembrava l'unica regola che portava con se dopo gli accadimenti del settantatré, ma nei due decenni che seguirono il nome di Elkalicious fu qualcosa meritevole di terrore per la criminalità organizzata o non, letteralmente una bestia che viveva e respirava con il singolo spietato proposito di ammazzare ogni piccolo criminale che gli capitasse tra le mani.
    "... e poi, di punto in bianco... svanì dalla circolazione! Molti pensarono che qualcuno fosse riuscito a batterlo..." Midori poteva vedere il timore con cui Kimama narrava quelle orribili gesta, quasi come se parlarne le desse fastidio, o vergogna. "... e poi, un giorno, mezzo decennio dopo la sua sparizione..."

    La storia parla per se, e come è comune conoscenza quelli che cominciarono come vigilantes furono anche tra i primi a dovenire dei Pro Heroes e a lavorare a fianco dei rispettivi governi per portare la pace in un mondo avvolto dal caos. Ma Elkalicious fu forse tra ai più brutali e violenti di questi Vigilantes, e con il fatto che molti lo avessero ormai dato per morto vi fu una certa sorpresa quando quella massiccia figura si presentò nella stazione di polizia di New York, decidendo di costituirsi per quelli che di fatto erano crimini meritevoli persino della condanna a morte. Il caos mediatico che ne seguì fu ai limiti dell'allucinante, con una parte della popolazione che approvava ai metodi spietati di Elkalicious ed un'altra che condannava la sua brutalità come eccessiva e meritevole della massima pena. Tutte quelle voci tacquero in egual misura quando nella fresca primavera del novantadue il processo di Elkalicious fu mandato in diretta nazionale. Molti davano la condanna per scontata, ma nessuno si aspettava il discorso che quell'uomo così calmo ed educato presentò, un uomo che per molti doveva essere alla stregua del confine tra bestia ed essere umano. Il processo durò quasi tutto il giorno, vi furono liti nell'aula stessa, ed il giudice era combattuto come tutti sul da farsi. Alla fine, la sentenza di Elkalicious sarebbe stata quell'opportunità per cui molti oggi faticano giorno dopo giorno. Elkalicious fu condannato a servire come Pro Hero sotto l'attenta supervisione del governo Statunitese prima, e del gruppo degli East Coast Champions poi, di cui divenne negli anni a venire il leader.
    "Quello che davvero ammiro di lui è che avrebbe potuto evitarlo. Sarebbe potuto svanire nel nulla, nascondersi nelle foreste Canadesi e vivere il resto dei suoi giorni senza dover affrontare tutto quello che aveva fatto. Eppure ha scelto di consegnarsi al mondo, di lasciare che lo giudicassero e di dargli una seconda possibilità!" Kimama era immersa nell'acqua fino al collo, e fissava Midori con grande attenzione, come se temesse che quel lungo racconto avesse potuto annoiarla. "... penso che il suo coraggio sia qualcosa di unico, di diverso da qualsiasi altro. Ha fatto molte cose brutte, terribili, e ad oggi c'è chi ancora non lo perdona per queste, ma... ha dimostrato di poter cambiare, di poter essere la miglior versione di se stesso. E mi piace la sua musica, è un bravissimo rapper!"

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