End Of The Night

Jason & Desmond || Slot extra (entrambi)

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    ♦ JASON LEROY
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    Alle dodici del giorno prima, il palco veniva allestito: iniziavano ad essere effettuati i primi collegamenti elettrici, si testavano le luci e si effettuava ogni sorta di preparativo si potesse effettuare in anticipo. Fortunatamente, almeno quel giorno, Jason non aveva dovuto presenziare, sebbene fosse stato comunque impegnato con i preparativi: il gruppo stava facendo le prove, ed ovviamente il giorno prima dello spettacolo stavano tirando fuori le loro peggiori performance ed ogni singolo dubbio possibile ed immaginabile. Jason sapeva che erano solo nervosi e sapevano fare meglio di così, ovviamente, ma non riusciva a non farsi prendere dalla frustrazione per carattere. Lo spettacolo sarebbe stato un disastro.
    -Forza, niente panico, lo spettacolo andrà alla grande.- Li aveva congedati, alle otto di sera del giorno prima, pur con evidente preoccupazione dipinta in volto a tradirlo. L'unica relativamente tranquilla - e le cui performance rimanevano piuttosto costanti - sembrava essere quella tizia nuova, Sakiko. Ecco la differenza che faceva l'esperienza, lei in fondo era abituata alle luci dei riflettori: sperò che in qualche modo la sua spensieratezza contagiasse gli altri membri del cast, o non ne sarebbero usciti: tante qualità gli si potevano attribuire (/s), ma di certo non era molto bravo a consolare e portare il buonumore.
    Quella sera Jason chiuse gli occhi e gli sembrò di riaprirli letteralmente cinque minuti dopo, eccetto che era già praticamente ora di andare al festival. Crisi di panico varie ed eventuali accompagnarono i più sensibili degli attori al vedere quel palco così maestoso allestito solo per loro, ma alla fine tutto passò. Provarono dietro le quinte solo un'ultima volta e venne... abbastanza bene. Forse si stavano rilassando. Forse l'essersi trovati lì di fronte al palco costruito per loro aveva in qualche modo fatto calmare i bollenti spiriti, forse avevano già sfogato tutta la loro negatività. O forse era la quiete prima della tempesta, nella forma del fiasco più clamoroso della compagnia di suo cugino, che per inciso era stato totalmente bandito dall'avvicinarsi: era decisamente troppo stressato, ultimamente, ed essendo una persona estremamente emotiva avrebbe finito per gettare ombre nefaste sulla troupe. Nah, chi prendiamo in giro, sebbene la scusa fosse quella, in realtà Jason voleva solo evitare che Castiel avesse un breakdown emotivo. Se la sarebbero cavati anche senza di lui, doveva convincerlo (e convincersene) e far sì che si mettesse il cuore in pace e si concedesse più tempo anche per sé stesso. Chiaramente Jason lo faceva perlopiù per non averlo tra i piedi, ovvio. Poi chi si sarebbe sorbito le sue lagne se avesse davvero avuto una crisi? Esatto, meglio prevenire.
    Ora la parte complicata: cavarsela per davvero. Dov'erano i costumi? Perché tardavano? Erano le diciassette e trenta, e Jason andava avanti e indietro franticamente cercando persone, spostando cose e tenendo un telefono costantemente tra la spalla e l'orecchio. Non era da solo, c'erano altri quattro collaboratori più fidati di Castiel che si occupavano della gestione, ma le cose da fare per uno spettacolo così grosso non mancavano.
    -No, non tra venti minuti, mi servono adesso.- Sbottó, a telefono, mentre imbracciava uno scatolone a un suo collega e gli faceva l'ok con il pollice, indicandogli dove posarlo e correndo subito a recuperare un altro scatolone. -No, perché se poi non vanno bene non facciamo più in tempo a cambiarli. Mi. Servono. Adesso.- Proseguì, allontanando poi il telefono dal muso ed attaccando, ma iniziando subito a cercare un altro numero in rubrica. -Hyuse, hanno sistemato quel faretto? Sto per mandare Kai a fare due spese, deve comprarne uno?- Posò lo scatolone a terra e si passò il cellulare all'altro orecchio. -Ok, ok.- I preparativi continuarono più o meno a quel modo sino alle ventuno e trenta, quando tornò tutto il panico iniziale e con gli interessi. Jason rimase fino all'ultimo minuto con il resto del cast, ma alle ventidue e venticinque dovettero separarsi: di lì a poco sarebbero entrati in scena. Un ultimo in bocca al lupo, un ultimo scambio di incoraggiamenti, ed il nostro li lasciò al loro destino. Si rinfrescó al bagno, togliendosi persino la camicia per bagnarsi le braccia e le ascelle, si asciugò, si spruzzó abbondante deodorante e si rivestì: la camicia bianca tenuta con le maniche rimboccate e due bottoni aperti e la cravatta rosso scuro che penzolava un po' troppo in basso. La sua elegantissima giacca nera, parte del completo che aveva quel giorno, era al sicuro da qualche parte nel backstage e decise di lasciarla lì: rinfrescato e profumato, si diresse verso la platea e si sedette sulla sedia riservata per lui in prima fila, lasciandovisi cadere con aria esausta. Immediatamente alla sua sinistra ci sarebbe stato il posto riservato per Desmond, che aveva ovviamente invitato, e se questi fosse già arrivato lo avrebbe salutato con un cenno della mano e gli si sarebbe rivolto con aria stanca un istante prima che iniziasse lo spettacolo.
    -Che giornata.- Ed il sipario si aprì dinanzi agli spettatori, alle ventidue e trenta del sette luglio, nella suggestiva spiaggia di Odaiba dove il tutto era stato allestito.
    Non era la prima volta che Desmond assisteva ad una rappresentazione assieme a Jason, dunque ormai sapeva che il ragazzo preferiva stare in assoluto e totale silenzio, assorbito nella narrazione e nella recitazione, spesso sporgendosi in avanti e giungendo le mani davanti alla bocca con i gomiti posati sulle ginoccchia. Concitazione? Eccitazione? Orgoglio? Difficile capire cosa gli passasse per la testa, quella posizione estremamente concentrata era il massimo di dimostrazione di cui era capace, in quei momenti. A mezzanotte, il sipario si chiuse e, contemporaneamente all'inchino degli attori, dei meravigliosi fuochi iniziarono a rischiarare il cielo notturno.
    Solo in quel momento, Jason si concesse di rilassare un po' la sua posizione e tirare un lunghissimo sospiro di sollievo. Lo spettacolo, per inciso una rappresentazione ispirata alla leggenda di Orihime e Hikoboshi, era andato alla grande, non li aveva mai visti recitare così bene, e Sakiko era stata un successone.
    -Se la sono cavata, dai.- Sicuramente Desmond ormai aveva capito che sentirlo dire una cosa del genere era l'equivalente di una recensione 10/10. Il nostro sarebbe rimasto seduto ad osservare i fuochi d'artificio, sperando che anche Desmond volesse concedersi qualche minuto per vederli prima di andare. In fondo, stavano rimanendo un po' tutti. -Che ne pensi?- Sapeva che il suo interlocutore, pur non essendo un esperto di teatro, era un grande oratore ed elargiva sempre volentieri la propria opinione soggettiva. -Tutto bene, comunque?- Già, dopo tutto quel silenzio, forse era ora di scambiarsi anche un po' di convenevoli.



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    CITAZIONE
    Avrei voluto aprire prima ma non sono più riuscito ;~; chiedo scusa. A te :sparks:
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    Desmond P. Archisorte
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    Se per Jason il Tanabata ed i giorni antecedenti erano stati a dir poco impegnati e frenetici, per Desmond quella festività voleva dire una sola cosa: ferie.
    Gli piaceva lavorare al museo, non poteva essere più felice di così, ma ancor di più amava poltrire e i giorni di vacanza erano la massima rappresentazione della sua voglia di far niente. La sera prima aveva fatto le ore piccole portandosi avanti con un videogioco che, purtroppo, aveva oramai meno tempo di giocare, si era ovviamente svegliato ad un orario vergognoso degno della sua nomea di persona che non ha intenzione di passare la giornata in modo più produttivo, aveva pranzato, chiacchierato un po’ con Shiori e giocato un paio di partite a Go con Daisuke ed era tornato a dormire prima di svegliarsi nuovamente, mangiare qualcosa e prepararsi per uscire.
    Era una vita piena di emozioni la sua, sì.
    Insomma, dopo un’incredibile giornata di niente era arrivato in perfetto orario davanti al palco, aveva tranquillamente preso il proprio posto d’onore accanto a Jason – oramai era diventata un’abitudine non scritta, non si era perso un solo spettacolo della compagnia – e si era goduto quell’innegabile successo.
    Nel corso del tempo aveva imparato a conoscere Jason e le sue abitudini e sapendo perfettamente che non era tipo da chiacchiere durante la recitazione, dunque era rimasto in rispettoso silenzio seguendo con attenzione ciò che aveva davanti per poi aprirsi in un sorriso quando vide l’altro rilassarsi al termine dello spettacolo, in concomitanza con l’inizio dei fuochi d’artificio.
    Jason sembrava essere esausto sia mentalmente che fisicamente, ma come dargli torto, quello era un momento importante per la compagnia, gli attori e tutti gli addetti ed era fondamentale che tutto andasse per il meglio.
    «Sono stati tutti bravissimi, un autentico successo» Se l’altro non si sbilanciava più di tanto con i complimenti, lui si sentiva in dovere di essere più generoso per quanto fosse tutt’altro che un esperto di teatro «La ragazza che ha interpretato Orihime… uhm, Sakiko mi pare si chiami? È stata la vera protagonista della serata.»
    E non solo in senso stretto, era davvero la più brava della compagnia.
    Tornò in silenzio fino alla fine dei fuochi d’artificio, guardandoli quasi incantato, per poi tornare a dedicare la propria attenzione all’altro.
    «Siete riusciti a interpretare in modo originale e non noioso una storia oramai nota a tutti, credo sia questo il vero punto di forza dello spettacolo» Un complimento indiretto anche a Jason, sapendo che era lui a supervisionare la sceneggiatura «E ho trovato interessante l’uso delle luci, sembravano davvero stelle.»
    Guardò le persone che poco a poco si erano alzate dai propri posti, chi per tornare tra i banchi della fiera e chi per fermarsi a chiacchierare.
    Si strinse appena nella spalle, scuotendo la testa, di fronte all'ultima domanda dell'altro.
    «Tutto bene, grazie, il lavoro procede tranquillo e oggi mi sono goduto la giornata di ferie.»
    Fin troppo e ancora per poco.
    «Ah, a proposito del museo, un paio di colleghe hanno “casualmente” chiesto quando tornerai a trovarmi» Lo guardò senza riuscire a trattenere una risata «Puro interesse accademico, eh, da quando hanno scoperto che lavori per la Mankai non vedono l’ora di sapere qualcosa di più sul teatro parlandone con te.»
    Non era riuscito a trattenersi dal prenderlo bonariamente in giro, era un’occasione troppo ghiotta per non lasciarlo tranquillo.
    «Tu invece come stai? Ti vedo un po’… provato.»
    Chissà se aveva voglia di farsi un giro con lui, da una parte poteva capirlo se avesse avuto che l’intenzione di tornare a casa e dormire per dodici ore filate, ma dall’altra stare da solo ad una festa come il Tanabata era triste pure per i suoi standard di introverso.
    «Hai cenato o ti può far piacere acquistare qualcosa alle bancarelle?» Probabile che avesse saltato il pasto dovendo preparare e coordinare il tutto, erano state ore frenetiche e— un attimo «Da quanto non mangi?»
    Corresse il tiro, guardandolo con l’aria di uno che sta per trascinarlo di peso a mangiare prima di vederlo stecchito a terra.
    «Non oso nemmeno chiedere se hai dormito a sufficienza, in questo periodo.»
    Si lisciò la manica del kimono scarlatto che indossava quella sera – Shiori ne aveva fatto cucire uno apposta in una stoffa fresca e dalle belle decorazioni geometriche, praticamente minacciando di non preparargli più da mangiare se fosse andato a una festa tradizionale in abiti occidentali – fingendo assoluta noncuranza, quando in realtà, conoscendolo, dimostrava una certa preoccupazione per la salute psicofisica dell’altro.

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    Jason ridacchiò ai grandiosi complimenti rivolti da Desmond allo spettacolo.
    -Sakiko, sì, che memoria.- Si complimentò, seppur con aria un po' beffarda, non del tutto sicuro sul perché il suo amico avesse tenuto a mente quel dettaglio. -Ti procuro il suo numero?- Ridacchiò. -Tra l'altro mi sa che non posso nemmeno, non senza beccarmi dieci denunce dal suo agente quantomeno. Ha un contratto a prova di carro armato.- Rifletté, ricordando le complicazioni venute dal lavorare con una vera e propria star. Alla fine ne era valsa la pena, comunque, come aveva notato anche Desmond era stata grandiosa. -Sì, sì, se l'è cavata. Niente male come esordio.- Acconsentì, annuendo con il mento fra le mani, gli occhi stanchi fissi sullo spettacolo pirotecnico che stava deflagrando centinaia di metri sopra le loro teste. Annuì alla ricostruzione di Desmond: l'idea era quella, sì, rievocare in chiave più moderna e fruibile al pubblico del 2022 delle vicende narrate da centinaia di anni più o meno sempre allo stesso modo.
    -Mi fa piacere sentirtelo dire. Spero il pubblico la penserà allo stesso modo, per ora applaudono ma chissà poi che pubblicità ci faranno.- Ridacchiò, poi, come se la cosa in fondo non lo riguardasse più di tanto. Ovviamente lo riguardava eccome, ma non voleva dare a Desmond l'impressione di curarsene troppo. -Sì, le luci erano perfette, i colleghi di mio cugino hanno fatto un gran lavoro.- I suoi occhi brillarono, spostandosi per un istante dai fuochi d'artificio al palco, seppur ormai chiuso, come se potesse rivedere le luci che prima vi erano proiettate. -Proprio come le immaginavo.- Sussurrò poi, con un tenue, distante sorrisetto. Chiaramente non si occupava interamente della sceneggiatura, aveva già il suo da fare con gli attori, ma in fondo la sua esperienza tornava utile in diversi campi, molti dei collaboratori di Castiel per quanto talentuosi erano ancora alle prime armi, e spesso si trovava a mettere bocca anche dove non c'entrava più di tanto. Non lo faceva apposta né voleva sembrare arrogante, semplicemente la cosa lo appassionava e gli piaceva che fosse sempre tutto perfetto.
    Quando Desmond gli parlò del lavoro, lo riportò sul Pianeta Terra. L'argomento era cambiato, e lo spettacolo era finalmente finito. I suoni, quasi ovattati fino a quel momento, sembrarono tornare a pulsare vivi nelle sue orecchie, e le immagini tornarono più vivide. Non fece in tempo a rispondergli riguardo le ferie, che si ritrovò a ridere di gusto all'aneddoto sulle colleghe.
    -Pfft. Beh, sarò lieto di soddisfare il loro interesse accademico.- E che altro poteva fare? Certo, probabilmente arrivati al dunque (se veva ben inteso ciò che Desmond stava cercando di comunicargli) le avrebbe irrimediabilmente deluse, ma fino ad allora... chissà che non fossero due biglietti venduti in più. -Magari si appassionano ed entrano nel cast. Avremmo bisogno di più attrici, onestamente.- Aggiunse, scrollando le spalle.
    Rise di gusto quando il suo amico lo etichettò come "provato".
    -Provato? Sono a pezzi. Credo sia stata l'esperienza più stancante della mia vita. Però è finita. E sai, sono abbastanza soddisfatto.- Mormorò, con un sorrisetto che lasciava intendere che quell'abbastanza era sicuramente un po' di più. Rise ancora quando Desmond incalzò con le sue domande per accertarsi che avesse mangiato e dormito a dovere. -Dormirò stanotte, e domani notte, e per un bel po' di notti, ora.- Rassicurò. -Per quanto riguarda il nutrimento, dunque... ho fatto colazione e poi verso le sei di sera ho mangiato una ciambella. Ho preso diversi caffè però.- Aggiunse, come se la cosa dovesse giustificarlo. -Scherzi a parte, sto morendo di fame, sì, quindi...- Fu interrotto da un paio di ragazzi del cast, che gli si avvicinarono e gli lanciarono una manciata di stelle filanti addosso, mettendo in mano a lui e Desmond (non avrebbero sentito ragioni ed ormai avevano imparato a riconoscere "il tizio seduto vicino a Jason" almeno di vista) un bicchiere di un qualche vino bianco frizzante. L'intento era chiaro, volevano trascinare Jason (e forse anche Desmond) nel backstage a fare un po' di baldoria, e Jason quasi si lasciò trascinare meccanicamente.
    Poi lo colse come un fulmine la realizzazione che per quella sera ne aveva veramente abbastanza. Okay assecondare i ragazzi, okay festeggiare con loro, okay tutto, ma adesso voleva staccare. Non era stato come gli altri spettacoli della compagnia, era stato tanto grandioso quanto stressante, ed ora che era terminato si stava rendendo conto di quanto non vedesse l'ora che finisse, in realtà. Cioè, era ovviamente contento di aver partecipato, era orgoglioso di ciò che ne era uscito, ma era egualmente felice che fosse finito.
    -Uh... no ragazzi, questa sera non verrò a fare festa con voi, mi dispiace.- Mormorii di proteste vari ed eventuali, insistenza. -No, davvero, preferisco di no. Sono... sono un po' stanco. Io e Desmond stavamo per avviarci.- Si alzò, invitando il suo vicino di sedia a fare altrettanto con un'occhiata laterale. -Divertitevi anche per noi. Bye bye~- Si sarebbe avviato lungo la spiaggia - auspicabilmente con Desmond al seguito o di fianco - salutando teatralmente con la mano il cast ed ignorando tutte le loro successive insistenze, allontanandosi sino al punto di non sentirli più. -Uff. Succhiasangue.- Li etichettò, pur giocosamente, una volta rimasto da solo con Desmond. -Dicevamo? Ah, sì, muoio di fame. Sono sicuro che hai già qualcosa in mente, a me basta che sia abbondante, grasso e fritto, ho voglia di distruggermi.- Con una sorta di mezzo passo di danza, Jason si spostò all'indietro e terminò la movenza in un elegante inchino con un braccio teso di lato che invitava Desmond a proseguire per primo. -Dopo di lei, re delle bancarelle.- Solo in quel momento, si sarebbe reso conto di stringere ancora lo stretto calice in plastica che i ragazzi gli avevano ficcato in mano poco prima. Se anche Desmond avesse avuto il proprio, avrebbe indetto un breve, improvvisato brindisi e lo avrebbe scolato in appena due sorsi (non era niente di particolarmente forte o pregiato), per poi gettare il bicchiere in un cestino poco distante.




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    Desmond P. Archisorte
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    Non si scompose più di tanto di fronte alle parole dell'altro, un po' se le era meritate per il suo commento precedente e un po' ci era abituato perché, come anche succedeva con Shinjiro, lui e Jason comunicavano a frecciatine e sarcasmo pur andando molto più d'accordo del previsto.
    «Sì, poi non dimenticarti di portarmi la frutta quando sarò in prigione» Non sapeva se l'attrice fosse minorenne, ma indubbiamente aveva un'aria molto giovane «Ti ricordo che lavoro in un museo, sono bravo a memorizzare nomi e date.»
    Poi insomma, aveva seguito abbastanza spettacoli da poter associare un nome al volto di metà della troupe.
    «E come mai tutto questo interessamento? Puro spirito di altruismo oppure in fondo in fondo sei geloso?» Lo punzecchiò di rimando, ben deciso a non lasciargli l'ultima parola «Ma non ti preoccupare, finché continuerai a portarmi la colazione al lavoro avrai sempre un posticino nel mio cuore.»
    Solo per il cibo, eh, che non si facesse chissà quali strani pensieri sì, è proprio un gatto.
    Si lasciò scappare uno sbuffo di fronte al finto disinteressamento dell'altro, era ovvio che gli importasse della pubblicità fatta dal pubblico ma figurarsi se si concedeva un commento più sincero.
    «Vi faranno un'ottima pubblicità, siete stati tutti molto bravi e lo spettacolo è piaciuto.»
    Che continuasse pure a fare il vero uomo che non esterna i propri sentimenti, ma era evidente dai suoi gesti e da quell'aria soddisfatta che aveva dipinta sul volto che teneva a quel progetto e alla riuscita dello stesso.
    Uh, a proposito del cugino, era stato lui a non averci fatto caso (difficile, quando si tratta di un individuo dalla lunga chioma verde) o non era effettivamente presente? Non che fossero grandi amici, si erano giusto presentati e avevano scambiato qualche parola di circostanza, ma non vedere il boss in persona il giorno del grande debutto era... peculiare.
    Tra l'altro stava diventando paranoico, ma ogni tanto aveva l'impressione che il ragazzo dal viso e nome angelico lo squadrasse chiedendosi in che rapporti erano lui e Jason.
    Sì, a pensarci bene stava proprio diventando paranoico.
    «Castiel è già andato via? Quando lo vedi digli che ho apprezzato, ameno lui sembra tenere al giudizio del pubblico.»
    Un'altra frecciatina? Forse.
    Ridacchiò appena di fronte alla prospettiva di quel piano diabolico (circa) che consisteva nell'affascinare e poi arruolare nuove attrici, anche se quel momento di divertimento durò poco, sostituita da una non troppo celata preoccupazione per le sue condizioni di salute. Sapeva benissimo cosa voleva dire perdere ore di sonno e saltare i pasti per stare dietro al lavoro, ma non poteva fare a meno di avere a cuore le sorti degli altri, più che delle proprie.
    «Ecco bravo, poi cerca di--»
    Le sua parole vennero interrotte da due ragazzi del cast che dopo aver riempito Jason di stelle filanti, euforici per la riuscita dello spettacolo, decisero che anche per lui era ora di festeggiare il successo di quella serata.
    Desmond afferrò d'istinto il bicchiere di plastica – sarebbe stato a dir poco scortese rifiutare, poteva essere colto come un qualcosa di personale – anche se l'idea di intrufolarsi in quel momento di gioia della troupe lo metteva un po' a disagio... pur essendo amico di Jason ed uno spettatore fisso, comunque non faceva parte di quel piccolo mondo e rompere quel momento solo loro decisamente non gli piaceva. Allo stesso tempo, però, l'idea di gironzolare da solo per la fiera gli metteva una tristezza infinita, dopotutto erano occasioni da passare con la famiglia e gli amici e non in solitudine.
    "No, davvero, preferisco di no. Sono... sono un po' stanco. Io e Desmond stavamo per avviarci."
    Lo guardò con una punta di sorpresa, davvero non voleva stare con loro? Da una parte poteva comprendere la sua voglia di prendersi una boccata d'aria dall'ambiente in cui aveva lavorato così duramente negli ultimi giorni, ma dall'altra la troupe non rischiava di rimanerci male?
    «Spero non sia un problema se ve lo rubo per qualche ora.»
    Dopo essersi alzato, si piegò in un lieve inchino come per scusarsi dell'inconveniente e poi seguì l'altro a passo svelto.
    «Sicuro che vada bene così? Sembravano tenere molto alla tua presenza durante i festeggiamenti.»
    O magari si sarebbero divertiti ancora di più senza il capo tra i piedi, soprattutto se era uno allegro e gioviale come Jason.
    Sentendo la descrizione del suo pasto ideale, Desmond rimase un attimo in silenzio a riflettere, per poi realizzare che beh, la risposta era molto semplice e a portata di mano.
    «Hai appena descritto un bel piatto di yakisoba, ma non quello in versione light con verdurine e cose leggere che ti propongono in certi ristoranti, quanto quello tradizionale delle fiere che viene fritto nel grasso della carne e servito in quantità industriali» Voleva distruggersi? Eccolo accontentato «Ovviamente è vietato avanzarne, le stelle ti puniranno se sprechi il cibo.»
    Uno scherzoso inchino come per ringraziarlo di avergli ceduto il passo per poi rispondere a quel brindisi, svuotando il contenuto del bicchiere.
    Meno male che aveva mangiato qualcosa prima di uscire di casa.
    «Oh, a proposito del re delle bancarelle» Si era completamente dimenticato della cosa, ma quello era il momento giusto «Quando l'ho visto non ho potuto fare a meno di pensare a te...»
    Buttò a sua volta il bicchierino di plastica e poi gli si parò davanti, ben deciso a non lasciarlo andare prima di aver portato a termine quel compito importantissimo.
    «Chiudi gli occhi e guai se imbrogli.»
    Era ben conscio di comportarsi in maniera un po' teatrale e forse un po' infantile, ma in quella sera di festa tutto era concesso, no? Nel caso l'altro avesse assecondato il suo piccolo capriccio, gli avrebbe delicatamente preso una mano in cui riporre un oggettino sferico di stoffa e morbido al tatto, per l'occorrenza estratto dalla "tasca" della manica dello yukata.
    «Dimmi che non siete identici
    Esclamò allegro, mentre ora Jason si ritrovava ad essere il padrone di un peluche antistress a forma di corvo: nero come le ali di Jason e dall'aria truce come quella dell'altro, l'inglese era quasi scoppiato a ridere da solo, vedendolo in vendita in una bancarella, e ovviamente non era riuscito a resistere all'impulso di acquistarlo per regalarlo al suo corvo imbronciato preferito.
    «Cerca di non strapazzarlo troppo, mi raccomando, è cucito a mano e come te ha un cuore tenero e se sottoposto a troppo stress rischia di scoppiare.»
    Non riuscì a trattenere una risata, sì, erano proprio identici.
    «Dunque, si parlava di yakisoba, no?»
    Guardò un'altra volta Jason e poi il peluche antistress, ridacchiando ancora e facendo strada verso una bancarella che poteva fare al caso loro.

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    EDIT: Visto che ha deciso di esplodere perché sì, ho sistemato il link del peluche antistress.

    Edited by Sapphire313 - 18/8/2020, 16:35
     
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    -Ti stupirà sapere che ha già tipo... venticinque anni o giù di lì.- Rispose Jason all'allusione sulla presunta illegalità della questione Sakiko. -Non glieli daresti, uh? Sarà che deve mantenere una parvenza giovane e innocente per il suo lavoro, non so.- Concluse, scrollando le spalle. -Dovrebbe essere una specie di idol.- Mormorò, con aria un po' scettica. In tutta onestà, non capiva molto bene l'attrattiva di quel mondo, ma in Giappone sembravano andare forte. Beh, anche fuori dal Giappone ad essere sinceri, ma nonostante suo cugino ne facesse parte (o ne avesse fatto parte), non riusciva a cogliere appieno cosa ci fosse di entusiasmante. In ogni caso non era un mondo che denigrava e disprezzava (non per davvero perlomeno, poi cosa dicesse era un'altra storia), in fondo sicuramente molte persone la pensavano allo stesso modo sul teatro. -Ahw, che dolce.- Fece, con evidente tono sarcastico, quando Desmond tirò in ballo i dolci che gli portava ogni tanto, che a dire suo gli assicuravano un posto speciale nel suo cuore. -Beh, quantomeno sei low-maintenance, lo apprezzo.- Non sapeva bene come trasporre quel concetto in giapponese, sebbene vivesse lì da molti anni talvolta gli mancavano ancora le parole. Meno male che la sua stazza ed i suoi lineamenti prominenti lo identificavano molto facilmente come un gaijin (parola che, tra l'altro, di recente gli avevano fatto notare che aveva pronunciato in maniera inesatta per anni), e dunque molte cose gli venivano scusate, ma era comunque lieto di non doversene preoccupare troppo parlando con Desmond: poteva permettersi qualche inglesismo.
    -Ah, lo spero.- Mormorò Jason, un po' più serio, torcendosi un po' le mani. Era soddisfatto di ciò che era uscito, era stata una dimostrazione di qualità, e sicuramente gli bastava, ma purtroppo c'era anche da guardare in faccia la cruda realtà: gli incassi di quella sera erano già decisi, ma quelli futuri potevano dipendere dalla pubblicità che gli sarebbe stata fatta dai presenti, e questa sarebbe stata direttamente proporzionale al loro gradimento dello spettacolo. Era veramente ironico che il futuro di una compagnia teatrale dipendesse da delle persone che di teatro non capivano un accidente, senza offesa, come Jason non capiva un accidente di canto o... quasi letteralmente qualunque altra cosa non fosse teatro, fatta forse eccezione per la moda elegante uomo.
    Preso com'era, se Desmond avesse tentato di rassicurarlo a malapena lo avrebbe sentito, ma la domanda su Castiel lo scosse dalle sue riflessioni.
    -Ah. Non lo so sinceramente, può darsi. Ultimamente era stressatissimo, e i suoi colleghi gli hanno proibito di avvicinarsi più di tanto e di accollarsi ulteriori responsabilità. Abbiamo organizzato tutto senza di lui, di suo ci sono solo l'idea iniziale e le firme per i permessi.- Gongolò dunque Jason. -Doveva tornare per vedere lo spettacolo, però, ma sinceramente non l'ho visto.- Si guardò intorno, alzando il collo per cercare di trovare quella familiare chioma verde ma non ebbe successo. -Magari è già nel backstage. Quando lo vedo riferirò, comunque.- Concluse, scrollando le spalle, tutto sommato abbastanza tranquillo nel lasciare Castiel da solo. Cosa mai poteva succedergli di brutto, in una notte come quella in cui la gente si riversava sulle strade di Tokyo fino quasi al mattino dopo?

    Allontanatisi dall'allegra combriccola, Desmond parve avere dei ripensamenti.
    -Sopravvivranno. Mi dispiace, ma non ce la faccio proprio, voglio stare un po' tranquillo.- Asserì, con tono abbastanza categorico. Gli dispiacque che i ragazzi se ne avessero a male, ma in fondo era anche per loro: se già non era esattamente l'anima della festa quando aveva voglia di festeggiare, figurarsi lasciarsi trascinare ad un party con l'unico chiodo fisso del volersene andare che gli rimbombava nella mente. Rischiava seriamente di rovinarglielo, e tutto voleva tranne quello, non dopo uno spettacolo così perfetto. Avevano il diritto di festeggiare e di non avere l'uccello del malaugurio fra i piedi. Si rese però conto che al suo semplice ragionamento mancava un fattore. -Ah... a meno che tu non volessi festeggiare con loro? Scusami, sinceramente non ci ho nemmeno pensato, te l'ho detto che sono stanco. Se vuoi tornare indietro dimmi pure, no problem.- Rassicurò poi, passandosi una mano in faccia con l'aria di chi si è appena reso conto di qualcosa di ovvio.
    -Fritto col grasso della carne? Oof. Sembra una cosa così americana che non posso non provarlo. Fai strada.- Invitò dunque, salvo arrestarsi quando Desmond affermò di avere qualcosa per lui. A Jason si strizzò genuinamente il cuore: aveva comprato qualcosa per lui? Così, in maniera del tutto spontanea? Per quanto fosse una cosa stupida, non gli capitava spesso di ricevere dimostrazioni del genere, anzi, non gli capitava mai. Fu colto talmente tanto in contropiede che non seppe nemmeno cosa ribattere quando l'altro gli disse di chiudere gli occhi, non gli venne nemmeno una battutina da fare.
    -Oh... ok, ok.- Balbettò, incerto, eseguendo. Si ritrovò fra le mani una pallina di tessuto nero, ma non osò guardare finché Desmond non gli chiese se non gli sembrava identico a lui. A quel punto, Jason si disse che doveva dire qualcosa, ma fortunatamente ciò che vide aprendo gli occhi fu abbastanza per smuoverlo. Non era una palla, era una sorta di pennuto minuscolo, molto rotondo, tutto nero e con lo sguardo truce.
    -Umpf.- Si sforzò di tenere la bocca chiusa, ma le guance gli si erano evidentemente gonfiate e stava iniziando a tremolare. Durò solo qualche istante, poi scoppiò a ridere in una risata spontanea e sorprendentemente melodiosa, per i suoi standard. A sentirla, probabilmente Desmond (e chiunque altro) si sarebbe reso conto che non aveva mai sentito Jason ridere veramente, non per qualcosa ma quando si trattava di quel tipo di dimostrazioni spontanee il ragazzo era sempre molto contenuto, troppo abituato ad essere impeccabile. E invece ora si teneva lo stomaco e rideva, piegato in avanti, con gli occhi quasi umidi.
    -Oh, wow. Beh...- Una seconda scarica di risate lo interruppe mentre tentava di riguadagnare compostezza. -Che dire, grazie, è stupendo. Ne farò tesoro.- Mormorò, asciugandosi una lacrimuccia e facendolo scivolare in tasca con delicatezza, talvolta scosso da altri fremiti di ilarità. Il suo stono era stato ironico, ma le sue parole più sincere di quanto ci si aspetterebbe. Aveva già inconsciamente iniziato a trattare l'innocuo regalino come una reliquia. Evitò lo sguardo di Desmond, un po' in imbarazzo per la sua reazione esagerata, non era sicuro di voler sapere cosa ne pensava l'altro della sua risata. Aveva una faccia stranita? Era a sua volta divertito? La risata lo aveva infastidito ed era stato troppo rumoroso magari? Non volle una risposta, con la scusa di infilare il regalino in tasca si prese tutto il tempo necessario perché la sensazione di disagio svanisse, dunque si schiarì la voce e fece cenno al compagno di avventure di proseguire.
    L'uomo dai lisci capelli lunghi condusse Jason ad una delle tante bancarelle da cui si levavano quegli odori che impregnavano l'aria e gli ricordavano quanto vuoto fosse il suo stomaco.
    -Qui? Ok.- Chiese, come ultima conferma, prima di rivolgersi all'uomo sulla cinquantina dall'altro lato del bancone. Era abbronzato, stempiato e una fascia gli decorava la fronte, sebbene fosse sicuramente portata solo per vezzo visto che non aveva più capelli a cui impedire di cadere sul piatto. -Salve, vorrei ordinare un, uh...- Gli occhi di Jason saettarono avanti e indietro sul menu, appeso in alto. -Sōsu yakisoba con pollo e un'Asahi da mezzo. Grazie.- Concluse, con un inchino. posandosi poi al bancone con il gomito e tornando a rivolgere la sua attenzione verso Desmond. Non beveva spesso la birra, ma voleva una bevanda che fosse fresca e tanta, e non gli andavano le bibite zuccherose, quindi la familiare bevanda ambrata sarebbe andata bene. Quella giapponese non era nemmeno così male, sinceramente.



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    Desmond P. Archisorte
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    Sì, decisamente non si aspettava che la stella della Mankai non fosse minorenne, ma non che gli interessasse davvero, ai suoi occhi la sua presenza era importante solo per la pubblicità e l'aura di professionalità che poteva garantire alla compagnia in cui lavorava Jason.
    «Se vuoi posso cominciare a mangiare una bistecca di kobe a settimana» Poi non era ancora ben chiaro perché l'altro dovesse acconsentire a mantenerlo come un gatto viziato e capriccioso, ma non era quello il punto focale della faccenda «Oppure... uhm non saprei, non credo di avere abbastanza desideri costosi.»
    Mangiare spesso in ristoranti di lusso l'avrebbe annoiato presto – per non parlare di quanto si sarebbe offeso Shinjiro – né gli interessava più di tanto cambiare i vestiti che tendeva ad utilizzare sino a quando cominciavano a diventare logori. A pensarci bene, in realtà, la maggior parte delle sue spese erano legate alla vita quotidiana in Giappone, ma quale sugar daddy ti paga l'abbonamento della metro o l'affitto? Era un'opzione da scartare a priori.
    «Quindi continuiamo pure così e ringraziami.»
    Era vero, il rapporto che aveva con Jason gli piaceva proprio per la sua semplicità: con lui non doveva evitare l'esplosione di bombe, picchiare gente troppo stupida per stare a questo mondo né preoccuparsi dell'azione di clown psicopatici e gli andava benissimo così, voleva avere l'unico cruccio di non lasciargli l'ultima parola.
    Quanto alla faccenda di Castiel, l'inglese si rese conto che se Jason sembrava tanto soddisfatto era forse anche per quel motivo.
    «Quindi sei tu il boss della situazione, lo spettacolo è andato bene ed è anche grazie a te.»
    Se da una parte era pericoloso pronunciare quelle parole perché avrebbero alimentato ulteriormente l'ego dell'attore, dall'altra sapeva benissimo di quanto avesse bisogno di rassicurazioni circa la riuscita della serata.

    Sentendosi chiedere se voleva tornare indietro a festeggiare con il resto della troupe, con tanto di scuse per non averci pensato prima, Desmond rifiutò energicamente.
    «No, va benissimo così, preferisco stare qui e sono più tranquillo se le quantità di cibo che introduci sono maggiori di quelle di alcol» Gli mancava solo una bella sbronza a stomaco vuoto per passare l'intera settimana successiva con la morte addosso «Senza contare che ho appena salvato i suoi colleghi dalla tua allegra e assolutamente non irrequieta presenza ad una festa a cui non vuoi partecipare.»
    Una lieve presa in giro che in realtà non poteva permettersi più di tanto, non essendo a sua volta un grande fan delle feste.
    «Poi, se devo essere sincero, mi sarei sentito un po' a disagio... so a malapena associare un nome ai volti, la mia presenza sarebbe stata di troppo.»
    E nemmeno avrebbe avuto il coraggio di andare via prima per non offenderli, dunque avrebbe passato la serata a rimpiangere quella scelta obbligandosi a risultare non troppo sgradevole ed impacciato tra tutta quella gente sconosciuta.
    Le successive parole di Jason lo fecero aprire in un sorrisetto divertito, in effetti descritto così sembrava uno di quei piatti grassi ed unti che l'avrebbero fatto sentire a casa, ma fu soprattutto la sua reazione allo sciocco regalino che gli aveva portato a sorprenderlo.
    Con quella risata tanto sincera, Jason aveva finalmente abbassato la guardia lasciando intravedere una parte genuina di sé che Desmond non aveva mai avuto occasione di conoscere. Niente rispostacce e niente sarcasmo, un po' come quando apriva uno spiraglio tra le ali nere che utilizzava per proteggersi da agenti esterni, l'americano aveva momentaneamente abbassando la guarda consentendogli di intravedere cosa c'era sotto.
    E doveva ammettere che nonostante apprezzasse le sue risposte caustiche, gli piaceva molto di più quel Jason così spontaneo.
    «Sono il mago dei regali, felice che ti piaccia.»
    Il suo tono era altrettanto leggero, ma sul suo volto vi era un'espressione indecifrabile, un sorrisetto tra il divertito da quella scena e l'intenerito per quella reazione così inaspettata.
    In ogni caso non sollevò più l'argomento, sarebbe stato molto facile infierire sulla questione con un commento o una battuta all'apparenza innocua, ma semplicemente non voleva farlo richiudere nel guscio, non ora che era riuscito ad incrinarlo con un gesto a parer suo tanto semplice e banale.
    «Ha un aspetto meraviglioso» Commentò quando l'altro tornò da lui con la cena «In teoria ho già mangiato ma...»
    Come resistere a tutto quel profumo, dunque si spostò nella bancarella accanto a quella del venditore di yakisoba e tornò trionfante con una piccola quantità di takoyaki, le polpettine di polpo.
    «Aiutami a finirle.»
    Disse con semplicità, lasciando intendere che metà fossero anche per lui.
    «Sei mai stato al Tanabata?»
    Domandò poi, chiedendosi se si era mai avvicinato a quel tipo di feste al di là dei motivi lavorativi.

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    Jason ridacchiò al tentativo di impreziosirsi di Desmond. Fu subito evidente che i suoi desideri erano così semplici da renderglielo impossibile: il peggio che riuscì ad inventarsi fu il mangiare una bistecca di manzo pregiato a settimana.
    -Oh no. Dovremo rompere se alzi così tanto l'asticella.- Mormorò, alzando le mani in segno di resa. Era un po' strano come le circostanze assurde del loro primo incontro fossero sfociate in un'amicizia così... normale? Per quanto potesse essere normale qualcuno che riusciva ad essere amico di Jason, s'intende. Ovviamente Jason apprezzava la cosa, e non aveva nemmeno idea ci fosse un'alternativa a tutto ciò: chi avrebbe potuto indovinare che Desmond stesso si improvvisava vigilante nel suo tempo libero? Non sembrava proprio il tipo, specie per quanto si schifava del suo stesso Quirk. Se solo Jason avesse saputo... Niente, probabilmente avrebbe tentato di fermarlo: nella sua mente, solo lui avrebbe potuto (dovuto?) sopportare quel tipo di punizione. Probabilmente non l'avrebbe più lasciato andare da solo, quindi in un certo senso era quasi meglio che non ne sapesse nulla.
    -Hmmm... non direi proprio il boss.- Scrollò le spalle. -Ma il lavoro era ben ripartito fra Castiel e i suoi collaboratori, quindi la sua assenza ha portato parecchio lavoro extra anche a me per un effetto a cascata.- Era vero, per quanto gli piacesse mettere bocca un po' ovunque e gli fosse in qualche modo tacitamente concesso, vista la sua esperienza in merito, era consapevole di non essere realmente nessuno, nella compagnia. Non metteva firme, non c'era il suo nome nei documenti ufficiali, zero, ed era giustissimo così: lui stesso si vedeva più come un aiutante di passaggio più che come un vero e proprio assetto. D'altronde, era il primo che continuava a sostenere di non lavorare per suo cugino, no?
    Ripensarci in quei termini gli dette un istantaneo, quanto fugace, senso di tristezza. Significava che in fondo, non aveva più di tanto il diritto di godersi i frutti di quel successo? Forse era così, ma del resto era abituato a parassitare la felicità altrui, non conosceva altri modi di vivere. Dipendeva sempre da qualcun altro.
    Basta, via quei pensieri nefasti, sorrisetto e avanti con la serata.

    Desmond rassicurò Jason sul preferire a sua volta una serata più tranquilla e intima - non che fosse particolarmente stressato, ma in fondo era nella sua indole essere un animale schivo e non apprezzare più di tanto il chiasso in compagnia di sconosciuti (gatto confirmed), e Jason lo sapeva. A lui invece le festicciole non dispiacevano, ma in fondo era anche vero che lui le persone della compagnia teatrale le conosceva meglio. Le feste più in grande già tendevano ad annoiarlo più facilmente, sebbene ci andasse sempre volentieri (specie in presenza di alcool). Sebbene, dopo i fattacci del Salem, fosse un po' più selettivo.
    -Tsk, se la godano pure perché è una tregua temporanea.- Minacciò, assottigliando gli occhi. Ascoltò poi le preoccupazioni di Desmond, a suo avviso piuttosto infondate poiché il cast era molto inclusivo e non era la prima volta che coinvolgevano qualcuno di non addetto ai lavori nelle proprie celebrazioni. Che poi, sembrava sempre che fossero chissà quali party ma si trattava a malapena di un paio di bottiglie di bollicine stappate e condivise, qualche pasticcino e qualche chiacchiera: nulla in comune con i grandi college party americani.
    -Beh, se mai ti farai coinvolgere mai ti sentirai in diritto di essere coinvolto. Non serve farsi questo tipo di problemi, sinceramente, e tanto prima o poi riusciranno a trascinare anche te. Mi chiedono sempre di te, visto che ti vedono quasi sempre vicino al mio posto.- Mise in guardia infine, con un sorrisetto sornione. Era vero, non dipendeva da lui, ma dalla forse poco legittima curiosità del cast: come avevano trascinato lui, prima o poi sarebbe toccato anche a Desmond. Inoltre Jason aveva il sospetto che Castiel avesse chiesto a qualcuno del cast di tenere d'occhio "l'amico di Jason", quell'inguaribile ficcanaso. Chissà che idea si era fatto.
    Fu lieto che Desmond non avesse nulla da dire sulla sua esagerata (ma dove?) dimostrazione di poco prima, ma fu consapevole che l'altro lo faceva solo per essere cortese. Nessuno avrebbe ignorato un'opportunità così ghiotta per punzecchiarlo, altrimenti. Gli fu silenziosamente grato, e sperò che la questione fosse archiviata per sempre.
    Poco dopo, fu messo davanti al giovane dagli occhi scarlatti un grosso boccale di birra ambrata, che sorseggiò immediatamente per godersene la frescura.
    -Ma che fai, non bevi nemmeno? Con questo caldo? Vuoi svenire? Ehi senta, me ne faccia un altro per favore.- Concluse, rivolgendosi all'uomo dietro il bancone indicando con l'indice il proprio boccale: questi gli rivolse un sorriso complice ed iniziò subito a spinare. Chiaramente se la preoccupazione principale di Jason era che Desmond non svenisse, la scelta più ovvia sarebbe stata l'acqua. Ma si trattava pur sempre di Jason, anche nei gesti più cortesi doveva infilarci un qualche tipo di dispetto, e l'idea di rifilare a Desmond mezzo litro di birra così, di punto in bianco, lo divertiva assai. -Offro io, ovviamente.- Sminuì, prima che l'altro potesse obiettare. Un altro boccale fu posato sul bancone, mentre gli ingredienti del suo succulento yakisoba venivano assemblati da un cuoco ben più giovane dell'omino con cui si era interfacciato il nostro. La generosa ciotola fu di lì a poco posata con un sonoro rumore sul banco e Jason l'afferrò, assieme al proprio boccale di birra, andando a sedersi ad un tavolo. Desmond ovviamente non avrebbe lasciato lì quell'altro boccale già pagato, no?
    Ridacchiò quando l'altro si allontanò qualche istante e tornò con una porzione di takoyaki, presi a dire suo solo per gola poiché aveva cenato.
    -Ne assaggio uno, ma il resto ti conviene mangiarli o mi tocca riportarti a casa in braccio prematuramente.- Ammonì, alludendo al gigantesco boccale che l'altro aveva, forse, a malapena intaccato. Il karma lo punì quasi istantaneamnete, aveva allungato le bacchette per afferrare un takoyaki, ingannevolmente tiepido di fuori, e se lo era ficcato in bocca solo per rendersi conto di quanto cazzo era caldo. -Oof.- Biascicò, cercando di celare il dolore causatogli dalla bambinesca leggerezza commessa. Si coprì la mano con la bocca per poterla tenere un po' aperta e ricevere sollievo, finché non riuscì ad inghiottire quella sfera demoniaca. Buona, però.
    -Yes. Ci venivo sempre con Ken.- Sicuramente Jason aveva già fatto quel nome in presenza di Desmond, quindi quest'ultimo sapeva benissimo chi era. Jason non era il tipo da tenere segrete queste cose e, un argomento tira l'altro, era sicuramente già saltato fuori, specie con una persona impicciona curiosa come Desmond. Sapeva che tutto sommato a Jason non dispiaceva parlare di lui, ma che erano acque su cui non indugiare per troppo tempo. -Tu, invece? Non mi dire che è il tuo primo Tanabata, questo?- Realizzò solo in quel momento, rendendosi conto che Desmond era lì da molto meno tempo di lui.






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    Desmond P. Archisorte
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    "Beh, se mai ti farai coinvolgere mai ti sentirai in diritto di essere coinvolto."
    Si lisciò distrattamente lo yukata, come se il discorso non lo stesse toccando in prima persona.
    «Dal mio punto di vista è il contrario, non mi faccio coinvolgere perché non mi sento in diritto di farlo» E Jason aveva ragione, ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di ammetterlo «Anche se nel caso venisse espressamente richiesta la mia presenza non rifiuterei, sarebbe scortese.»
    Insomma non era un no assoluto, quanto un tentativo un po' maldestro di girare attorno alla cosa.
    «E in che senso "chiedono sempre di te"? Possono trascurarmi senza problemi, sono una persona noiosa» Domandò un po' allarmato, odiava essere al centro dell'attenzione, soprattutto se c'erano di mezzo pettegolezzi e strane ipotesi «Spero che non chiedano mai come ci siamo conosciuti, sarebbe alquanto imbarazzante spiegarlo.»
    "Mi ha salvato da morte certa ad opera di uno spacciatore" era il miglior biglietto da visita di sempre, già.
    Si lasciò scappare un breve sospiro, sperando che il possibile invito tardasse il più possibile.
    Essere posto di fronte a mezzo litro di birra e soprattutto al favoloso altruismo dell'altro gli fece vincere un'occhiataccia gratis, ma mica poteva rifiutare, soprattutto ora che la birra era stata spillata dall'uomo della bancarella diventato un momentaneo complice dell'americano.
    «Come sei premuroso.»
    Gli aveva dedicato un sorriso gentile, ma c'era una punta di veleno nelle sue parole.
    In ogni caso prese il boccale di birra – non era così stupido, poi odiava gli sprechi – e prese posto davanti all'altro al tavolo.
    «Potrei volerne un altro solo per lasciarti l'onere di riportarmi a casa ubriaco» Alla fine non era così una così cattiva idea, quella birra era davvero rinfrescante «E mi raccomando, non trattarmi con un sacco di patate.»
    Un sogghigno e qualche nuovo sorso di birra, come per fargli intuire che le sue parole non erano state dette a vuoto e fargli un attimo rimpiangere quel gesto.
    «Questo è il karma!»
    Parole appena udibili tra le risate, vedendo la sua reazione dopo aver mangiato una di quelle polpettine dal calore vulcanico, non aveva detto nulla a Jason perché... beh, l'aveva dato per scontato, ma mangiare dei takoyaki appena fatti con una simile leggerezza era stata una pessima mossa da parte dell'altro.
    Ridacchiò ancora prima di allungare le bacchette e rubargli un po' di yakisoba in attesa che ciò che aveva davanti diventasse commestibile o quantomeno non ustionante.
    «Uhm, buono.»
    Condito e grasso al punto giusto, quel piatto esprimeva al meglio lo spirito dello street food delle fiere estive.
    "Yes. Ci venivo sempre con Ken."
    Desmond rimase un attimo in silenzio, sentendosi improvvisamente in colpa per aver posto una domanda simile, in qualche modo la risposta era prevedibile e... si lasciò scappare un breve sospiro, sapeva che Jason non si faceva troppi problemi a parlare del suo ex, ma se c'era una cosa che proprio non voleva era riportargli alla mente ricordi che avrebbero potuto ferirlo.
    «Allora non hai scuse per questo gesto da principiante.»
    Decretò indicando i takoyaki che continuavano a fumare dinnanzi a loro, mentre cercava di cambiare discorso senza sembrare troppo colpevole.
    «Sono passati secoli dall'ultima volta che ci sono stato ma no, non è il primo» Appesa in casa dei coniugi Nishimura vi era una foto con lui da bambino, i suoi genitori e gli amici di famiglia stessi, mentre la seconda visita era stata decisamente più movimentata «Ho visitato spesso il Giappone, ma in periodi diversi.»
    Si decise a prendere cautamente un takoyaki, infilzandolo con una bacchetta per valutarne il grado di ustione.
    «Un po' per gli impegni personali, ma soprattutto perché il caldo estivo giapponese è insopportabile.»
    Si lasciò scappare una risata e azzardò un assaggio.
    Okay, era commestibile.

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    Jason alzò un sopracciglio quando Desmond riformulò ciò che aveva detto lui ma con parole diverse, ma Jason intendeva proprio che quel comportamento avrebbe generato un circolo vizioso per cui Desmond avrebbe continuato a sentirsi escluso.
    -Puoi porla come ti pare, è un serpente che si morde la coda.- Fece notare. L'inglese voleva l'ultima parola? Purtroppo stava parlando al maestro dell'ultima parola. Poco male, comunque, aveva comunque detto che non avrebbe rifiutato un invito esplicito, quindi era solo questione di tempo. Sollevò un angolo della bocca verso l'alto quando sentì l'altro allarmarsi per essere al centro dell'attenzione. Beh, forse Jason aveva usato delle parole volutamente un po' esagerate, in fondo dopo qualche bicchiere quelli là si dimenticavano anche della loro famiglia, ma si godette ben volentieri la reazione dell'amico. Scrollò poi le spalle, come a sottolineare che non era una cosa su cui aveva controllo
    -Glielo farai presente quando riusciranno a trascinarti.- Suggerì, con leggerezza. Si fece un po' più serio quando l'altro tirò in ballo le circostanze della loro conoscenza. -Ovviamente gli ho dato un'altra versione. Ho tenuto solo il locale che non era niente male.- Sminuì, ricordando invece ciò che era avvenuto prima del loro ingresso nel locale. Con la scusa dello spettacolo e tutto il resto, era veramente da tanto che non andava di pattuglia. La cosa, come sempre, gli dava dei sentimenti misti, perlopiù sensi di colpa. Era vero che era finalmente riuscito a ridare un minimo di valore alla sua vita, ma non aveva ancora perso di vista completamente il suo obbiettivo di rendere più sicure le strade di Shinjuku. Lo aveva solo... ridimensionato un po', ed in parte i sentimenti che provava mentre era all'opera erano diversi. Non più rabbia e frustrazione da sfogare, non più un'affannata ricerca senza fine, bensì... preoccupazione. Genuina paura che certa gente potesse incontrarla qualcuno che non era in grado di affrontarla. I suoi vicini di casa, Desmond stesso, i suoi colleghi. Già da diversi mesi non vedeva più in giro quel bambino che era solito veder correre in bicicletta dalle sue parti: la sua sparizione a grandi linee era coincisa con la notizia della fuga del Sagrestano, quindi era possibile che i genitori semplicemente avessero smesso di farlo uscire o gli avessero imposto un qualche coprifuoco incompatibile con gli orari di Jason. Però in qualche modo la cosa gli metteva una grande agitazione. E se gli fosse successo qualcosa? Non sapeva nemmeno come si chiamava o dove abitava (per quanto ne avesse una vaga idea) e quindi aveva le mani completamente legate. Si affrettò a scrollarsi di dosso quei pensieri nefasti, sperando che Desmond non avesse dato troppa importanza al suo meditabondo silenzio, fuori luogo dopo un discorso dai toni tutto sommato allegri come quello che stavano tenendo.
    Fortunatamente, i toni si sarebbero risollevati nuovamente di lì a poco, grazie al profumo del cibo, la freschezza della birra e l'inaspettata complicità di un omino pelato giapponese - anche se più che di complicità, probabilmente si trattava solo di cogliere al volo l'occasione per vendere una birra in più.
    -Questo non te lo posso garantire, sai. Farò in modo di non procurarti ferite mortali però.- Fu la rassicurazione di Jason. Inevitabilmente, si ritrovò a chiedersi come avrebbe fatto a trasportare Desmond se ciò si fosse davvero rivelato necessario: probabilmente la cosa più comoda sarebbe stata trattenerlo fra le ali piegate, in fondo erano piuttosto forti e dal piumaggio abbastanza morbido da far stare comodo un eventuale ospite. In ogni caso l'occasione non sarebbe stata quella del Tanabata né una qualunque altra (eventuale) sbronza, perché sicuramente a Desmond non piaceva bere da solo, e anche se avesse retto poco l'alcool, per portarlo al punto di rottura doveva necessariamente aver bevuto un bel po' anche Jason. Si sarebbero semplicemente accasciati entrambi sul posto o in un taxi sperando di aver comunicato l'indirizzo giusto all'autista.
    La punizione divina dell'ustionante polpettina lo risvegliò dai suoi pensieri e lo costrinse a farsi aria, finendo per inghiottirla un frammento alla volta.
    -Tsk. Per mettermi in difficoltà ci vuole ben altro.- Non era vero, già rimpiangeva di non potersi godere appieno lo yaki soba per la sopravvenuta assenza del 70% delle sue papille gustative. -Buone, comunque. Dovresti assaggiarle anche tu.- Terminò, con un sorrisetto, ben conscio di aver reso ovvio quanto fosse pericoloso assaggiarle prematuramente senza farle prima freddare. Non batté ciglio quando Desmond allungò le bacchette verso il suo abbondante piatto, salvo il farsi leggermente indietro per permettere all'inglese di servirsi, dunque assaggiò a sua volta il frutto del lavoro dell'omino pelato e dei suoi minion. Ne aveva preso un boccone bello grosso, quindi non riuscì a confermare subito il giudizio di Desmond, ma aveva già iniziato ad annuire con la bocca piena.
    -Molto, sì. Davvero saporito.- Riuscì a dire infine, sentendosi le vie respiratorie un po' più libere per i vapori bollenti del piatto che gli risalivano in gola e nel naso. Afferrò con le bacchette un bocconcino di pollo fritto e lo divorò con convinzione, squisito anch'esso.
    -Mi sono abituato con quelli che ordino a domicilio che arrivano sempre un po' tiepidi.- Si giustificò Jason, scrollando le spalle. Era da molto tempo che non acquistava delle polpettine di polpo direttamente da una bancarella o al ristorante. Era da un po' che non andava al ristorante in generale, in effetti, i siti per ordinare cibo a domicilio erano ormai fra i preferiti del suo portatile e ne faceva un uso decisamente poco commisurato a quello che sarebbe dovuto essere un adulto responsabile che vive da solo.
    -Oh, capisco.- Desmond sembrò alludere a dei viaggi perlopiù in infanzia ed adolescenza, effettivamente tendeva a dimenticare che l'amico era per metà giapponese e doveva quindi visitare il Sol Levante relativamente spesso. -Quando è stato il tuo ultimo Tanabata?- Chiese, giusto per capire se aveva più o meno indovinato. Del resto crescendo si tende ad interessarsi meno a quel tipo di cose, specie quando si è impegnati con scuole, università ed altri problemi di quell'età, ad esempio quelli di cuore o di incomprensioni con i genitori. Non per fare di tutta l'erba un fascio, ovviamente, in fondo Jason stesso era un esempio di quanto lo spettro dei problemi di gioventù fosse variabile. -Uff, non me ne parlare, è terribile. Io il caldo lo odio pure.- Il ragazzo aveva una temperatura interna abbastanza alta di suo e sopportava a stento le estati normali. Da quando si era trasferito in Giappone la sua unica strategia difensiva era barricarsi da qualche parte con l'aria condizionata.








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    Abituato ai momenti di silenzio dell'altro e abbastanza in confidenza con lui da non trovarli imbarazzanti, l'inglese non diede troppo peso alla faccenda: sapeva che Jason aveva un animo inquieto dietro a quella facciata impeccabile e alla battuta sempre pronta, ma in quel momento decisamente non riuscì ad associare quella pausa meditabonda a simili pensieri.
    In ogni caso lasciò che si prendesse il suo tempo, semplicemente attendendo che tornasse con i piedi per terra.
    «Addirittura niente ferite mortali, troppo buono.»
    Se invece fosse toccato a lui portare a casa l'altro, vista la differenza nella stazza e nelle capacità atletiche, semplicemente l'avrebbe lasciato lì sul posto.
    Che amico.
    «Dai, mi sento magnanimo e per questa sera posso graziarti dall'eseguire un simile compito.»
    Dall'alto della sua immensa bontà, l'aveva risparmiato dal doverlo sopportare in una modalità ancora più chiacchierona e potenzialmente insopportabile.
    Rimase qualche istante in contemplazione del cibo, masticando lentamente e gustandosi in particolar modo ciò che aveva rubato dal piatto dell'altro – il cibo altrui è sempre meglio – per poi guardarlo con disapprovazione.
    «Certe cose vanno mangiate sul posto, non esiste che te le fai portare a casa, si raffreddano e diventano gommose» C'era un motivo se si prendeva così spesso il disturbo di andare al ristorante di Shinjiro, pur essendo così pigro e con pochissima voglia di uscire di casa dopo essere tornato dal lavoro «Dimmi quando sei libero la sera, ti salvo dalla tristezza del cibo tiepido e ti faccio conoscere un ristorante nuovo.»
    Sapeva che avrebbe rimpianto di avere Jason e Shinjiro nello stesso posto, a parlar male di lui e in mezzo a un fuoco incrociato di frecciatine, ma il suo lato giapponese gli impediva di perpetrare simili crimini a danno della cucina locale.
    "Quando è stato il tuo ultimo Tanabata?"
    Rimase qualche attimo in silenzio, riflettendo su una risposta che non era così immediata.
    «A diciannove anni, ho accompagnato un amico straniero che era la prima volta che metteva piede in Giappone» Sorrise al ricordo, quell'anno il suo soggiorno a Tokyo era stato a dir poco pazzesco «Non credo di aver mai visto qualcuno mangiare così tanti takoyaki.»
    Non aveva mai visto qualcuno mangiare così tanto e basta, in realtà, ma quell'individuo aveva una riserva infinita di energie, voglia di fare e agire che doveva pur essere supportata da altrettanto cibo.
    «Mi sono divertito molto quella volta.»
    Il sorriso si fece appena più malinconico, poi l'uomo abbassò lo sguardo e tornò a mangiare le polpettine che aveva nel piatto.
    «Sono contento di essere qui, mi era mancata quest'atmosfera di festa» Vivere certe festività quando si è bambini è un'altra cosa, da piccoli sembrano avvolte da un manto magico che le rende speciali e indimenticabili, ma poter stare lì con Jason, chiacchierando del più e del meno e mangiando buon cibo, era comunque estremamente piacevole «Anche se la prossima volta ti devi procurare uno yukata anche tu.»
    Lo guardò con serietà, dimostrando come non fossero parole dette tanto per fare conversazione.
    «Sono sicuro che Shiori sarà ben felice di rifilarne uno anche per te.»
    Poi non che aiutassero tanto a sopportare il caldo, ma sicuramente avevano qualche presa d'aria in più rispetto agli abiti occidentali.
    «Secondo me si potrebbe optare per il nero o il blu con inserti rossi.»
    Richiamava i colori dell'altro, avrebbe senza dubbio fatto un figurone.

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    -Lo sai che ho un cuore d'oro.- Sminuì, quando Desmond lo ringraziò pomposamente per l'avergli promesso che non lo avrebbe fatto finire all'ospedale, qualora si fosse trovato a doverlo trasportare. Ridacchiò quando l'altro disse che lo avrebbe graziato, scrollò le spalle ed infine gli rispose, con tono un po' più serio. -Non pensiamoci, per ora. Bevi quello che devi bere senza preoccuparti, io ti garantisco che farò altrettanto.- Sollevò il suo boccale per indire un rapido brindisi appena accennato, dunque bevve a sua volta un altro bel sorso: le bollicine gli solleticarono il naso. Conosceva la tendenza dell'inglese a preoccuparsi fin troppo degli altri a discapito di sé stesso e non voleva che eventualmente decidesse di limitare l'apporto alcolico solo perché aveva dato troppa importanza ad un innocuo scambio di stronzate. Certo, non erano nuovi a questo tipo di discorsi senza capo né coda, ma in fondo Jason era consapevole che era un po' difficile capire quando stesse scherzando e quando no, e sebbene sfruttasse la cosa per farsi qualche risata spesso e volentieri sapeva anche quando rendere le sue intenzioni leggermente più esplicite. Chiaramente non di molto, ma Desmond lo conosceva abbastanza bene da capirlo probabilmente. In fondo non ci voleva così tanto, se Desmond era così affine ai gatti anche Jason non doveva essere troppo dissimile da un qualche animale domestico... ancora non meglio definito, ma decisamente domestico, con abitudini e pattern ben definiti.
    -... Magari alla fine dovrai trasportarmi tu. Sarebbe divertente.- Gongolò infine, osservando una gocciolina scendere lungo il collo del boccale di birra. Si immaginava una scena tipo carriola umana, con Desmond che lo trascinava con le sue gambe infilate sotto le ascelle e lui, braccia e testa molli, che sbatteva su ogni sasso e si lamentava sommessamente, in stato confusionale.
    Jason ascoltò con aria paziente la ramanzina dell'amico - chiaramente abituato a lavorare con orari ben precisi e pre-stabiliti, senza doversi preoccupare di "chissà che ore farò stasera". Certe volte ordinare a domicilio era d'obbligo, a volte si trovava anche ad ordinare direttamente in ufficio, magari in compagnia del cugino - tanto in quel giga-ufficio che si era procurato ci si potevano fare pranzi e cene con decine di ospiti. Okay forse non così tanti, ma per dire. Difficilmente lo avrebbe ammesso nemmeno con sé stesso, ma la MANKAI lo aveva aiutato a legare un po' di più con il fastidioso parente e la cosa lo rendeva abbastanza allegro. Aldilà di tutto, aldilà di come sarebbero andati gli incassi, la cosa veramente importante era che Castiel foss- ok, basta, nemmeno nel suo subconscio Jason sarebbe riuscito a completare una frase tanto smielata.
    -Oh, ashpetta.- Boccheggiò, con la bocca piena di succulenti spaghetti di soba, agitando l'indice verso la direzione generica di Desmond senza puntarglielo addosso direttamente, come se avesse avuto un'intuizione. Masticò, deglutì, si schiarì la voce. -Tu dici da quel tuo amico, lì, a Ueno. Vero?- Ridacchiò. -Sei sempre lì dentro! Ma ti piace il ristorante o il cuoco?- Domandò, facendo su e giù con le sopracciglia con finta aria ammiccante, sebbene fosse più per canzonarlo che altro. -Ad ogni modo, ormai mi hai messo curiosità, quindi in settimana ci facciamo un salto.- Confermò, accettando l'implicito invito. Non avrebbe saputo dirgli un giorno preciso nemmeno volendo, doveva vedere un po' come sarebbe stato organizzato il lavoro quella settimana e per farlo avrebbe dovuto aspettare il lunedì. -Non so già dirti il giorno ma abbiamo appena concluso uno spettacolo quindi penso di essere relativamente libero. Ti do' la conferma lunedì.- Concluse dunque.
    Jason ascoltò con interesse la storia di Desmond, sorridendogli vagamente: da come ne parlava, sembrava gli mancassero un po' quei tempi.
    -Wah, ma la storia si ripete allora!- Esclamò, allargando le braccia come ad indicare sé stesso. -Devi avere un qualche tipo di karma legato al trascinare gaijin al Tanabata e farli abbuffare.- Gli occhi di Jason si assottigliarono, dunque puntò le bacchette verso l'amico. -Non è che sei uno di quei cosi, lì... uno yokai?- Lo accusò, con sguardo serissimo: l'americano non era molto superstizioso, ma quelle storielle lo divertivano.
    Annuì, poi, alle parole rivolte al festival: era vero, rispetto a molte altre festività giapponesi aveva un che di magico. Loro amavano i festival ed ogni occasione era buona per una qualche sfilata di chissà cosa, ma questa in particolare era molto sentita, e sinceramente la cosa aveva contagiato un po' anche Jason.
    Anche Ken adorava il Tanabata, forse era semplicemente la sua eredità.
    -Se non avrò da fare con qualche spettacolo vedrò di procurarmi uno yukata, promesso.- Rifletté, cercando di ricordare se ne aveva mai posseduto uno. -In effetti, credo di non averlo mai portato.- Ammise, sebbene senza la minima aria di pentimento. -Shiori è la vecchina, giusto?- Domandò poi, per conferma, sebbene ne fosse abbastanza sicuro: sapeva che Desmond era ospite di una coppia di giapponesi con cui la sua famiglia aveva un qualche legame, ma non sapeva molto di più. Non per qualcosa, semplicemente non erano mai cascati in argomento: se era per quello, non era nemmeno sicurissimo del perché Desmond fosse in Giappone. -Te lo ha cucito lei? Molto carino.- Il suo sguardo cadde sull'indumento di Desmond: chiaramente non gli era sfuggito, adorava fissare i vestiti delle persone e farsi un'idea dei loro guardaroba, ed aveva imparato a farlo anche con una certa discrezione. Non era un grande fan dei vestiti tradizionali orientali, né era particolarmente esperto al riguardo, ma doveva ammettere che a Desmond stava molto bene.








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    "Non pensiamoci, per ora. Bevi quello che devi bere senza preoccuparti, io ti garantisco che farò altrettanto."
    Se da una parte era un pensiero carino, dall'altra Desmond finì per guardarlo con eccessiva serietà, come se l'americano avesse appena pronunciato delle parole terribili.
    «E secondo te dovrei avanzare della birra? Se solo provassi a farlo i miei avi si risolleverebbero dalla tomba e la Regina stessa comparirebbe qui e ora per strappare i miei documenti e togliermi la cittadinanza.»
    Non era una faccenda da prendere alla leggera, si trattava di una questione d'onore.
    «Ma apprezzo il pensiero.»
    Ricambiò quel nuovo brindisi e si portò il boccale alle labbra, grato che il contenuto fosse tanto fresco.
    «Per me potrebbe essere molto divertente, per te forse un po' meno» Un sogghigno mentre nella sua mente prendeva forma la stessa immagine che aveva avuto l'altro, anche se a pensarci bene trascinare un uomo adulto a peso morto poteva essere molto, molto faticoso «Come non detto, cerca di rimanere stabile sulle tue gambe.»
    La pigrizia vinceva sempre.
    Sentendo le parole dell'altro riguardo il suo presunto interesse per Shinjiro, sbuffò alzando gli occhi al cielo.
    «Ti hanno mai detto che mettere il becco negli affari altrui non è cortese?» Da che pulpito, Desmond era proprio la persona ideale per una obiezione del genere «Sei un corvaccio curioso ed impiccione e prima o poi ci lascerai le penne per questo.»
    Replicò con enfasi, calcando sui paragoni con un volatile perché... dai, era impossibile non farlo, come resistere.
    «Siamo solo amici, vado lì per mangiare e fare due chiacchiere.»
    E per pattugliare il quartiere, ma quello era meglio non dirglielo o rischiava di preoccuparsi troppo dal momento che agli occhi dell'altro era ancora l'archeologo ingenuo e incapace di difendersi. Poi certo, non che fosse migliorato così tanto da poter rivaleggiare con le indubbie capacità offensive dell'americano, ma almeno ora era in grado di difendersi o quantomeno non morire di paura e per l'effetto del Quirk del primo spacciatore trovato sulla propria strada.
    «Dico sul serio, non farti strane idee, poi Shinjiro è la persona più etero di questa terra.»
    E insomma, lo sanno tutti che la regola numero uno è non innamorarsi mai degli etero.
    «Va bene, uomo impegnato, attendo un tuo messaggio.»
    Almeno aveva il tempo per prepararsi da un punto di vista psicologico e soprattutto, per una volta, l'altro avrebbe mangiato come si deve salvandosi dal cibo precotto o d'asporto. Da brava persona noiosa e routinaria, una vita senza orari come quella dell'altro l'avrebbe messo in difficoltà impedendogli di... essere noioso al punto giusto, senza contare che per lui era fondamentale potersi dedicare come si deve ai propri hobby, ai ragazzi in ospedale e al suo secondo lavoro.
    Quando l'altro tirò fuori la storia dello yokai, lo guardò per un attimo, sorpreso, per poi scoppiare a ridere di gusto; se c'era una cosa che apprezzava in Jason, era anche quella sua capacità decisamente da attore di tirare fuori cose assurde in momenti inaspettati.
    «Oh no, mi hai scoperto, ora dovrò ucciderti per evitare che il mio segreto venga rivelato... mi fingo umano, vi intrappolo nel mio mondo di feste popolari, cibo e alcol e poi mi nutro della vostra felicità» Il suo tono si era fatto basso e si era avvicinato all'altro come per rivelargli un segreto terribile «Eri comunque destinato a diventare la mia cena, mi spiace.»
    Che Jason sapesse... di pollo? Sogghignò all'idea, decisamente divertito dalla prospettiva.
    «A proposito di felicità, entro la fine della serata dobbiamo appendere i tanzaku ai bambù!» Che uno ci credesse o meno, non era contemplato andare via dal Tanabata senza partecipare a quel piccolo rito e lui decisamente non voleva rinunciare alla cosa «Vedere quelle piante cariche dei desideri delle persone è... non so, fa parte della magia della serata.»
    Forse perché l'associava a ricordi molto piacevoli, ma Desmond adorava il Tanabata e l'atmosfera che permeava la serata.
    "Shiori è la vecchina, giusto?"
    Si gelò sul posto, guardandolo con aria insolitamente seria.
    «Non dirlo mai più
    Rabbrividì appena e si guardò alle spalle come per scongiurare un qualcosa di terribile che poteva accadere a momenti.
    «Non so quanti anni abbia, Shiori è eterna ed immutabile, ma non darle dell'anziana o rischi di non vedere la prossima alba.»
    Aveva provato a chiederle quanti anni avesse e lei aveva risposto cecchinandolo un cucchiaio, il marito si era limitato a sogghignare con fare criptico e sua madre – che conosceva la donna da sempre – gli aveva direttamente chiuso il telefono in faccia. Certe cose, evidentemente, sono destinate e non trovare una risposta.
    «Se a questo mondo esistono sul serio gli yokai, credo che lei possa davvero essere uno di essi... si è nutrita per anni del terrore degli studenti, era una professoressa di giapponese al liceo, e ora continua a rimanere giovane torturando me.»
    La donna non perdeva l'occasione per correggere ciò che diceva, rimproverarlo per la brutta calligrafia e sottolineare quanto fosse importante imparare i kanji.
    «Le mie liste della spesa contemplano l'acquisto di cacciatorpediniere, rancore in bottiglia e luoghi comuni... ciò le dà forza, ne sono sicuro.»
    Indubbiamente non si annoiavano mai, con i suoi strafalcioni linguistici.
    «Comunque no, non l'ha cucito lei direttamente, ma sarebbe disposta a vendere l'anima pur di vedere un altro occidentale con uno yukata.»
    Era una sorta di orgoglio culturale, aveva il dubbio.

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    Vide Desmond lanciargli un'occhiataccia e istantaneamente capì che non aveva nemmeno considerato il fatto di non bere. Forse per puro senso del dovere verso gli antenati, come aveva detto, forse semplicemente per avversione personale agli sprechi, o forse in fondo perché aveva davvero intenzione di affrontare la serata con leggerezza senza preoccuparsi di cosa beveva. Quale che fosse il caso, Jason gli avrebbe dedicato un'alzata di spalle: non sapeva se era una fissa inglese, giapponese o solo di Desmond, ma era abbastanza sicuro che non era la prima volta che parlava di un qualche antenato che l'avrebbe maledetto. Detta così, sembrava una cosa più giapponese che occidentale in effetti.
    -Quanta pressione questi avi, io non riuscirei a tenerli tutti sempre in considerazione. Infatti ho fatto del mio meglio per deluderli il prima possibile, inclusi quelli ancora in vita.- Aveva incluso nella sua battutina una micro-confessione personale, ossia il non essere in ottimi rapporti con la sua famiglia, ma in fondo sapeva di potersi slacciare un po' di più con Desmond. Non ricordava di avergli mai parlato della sua famiglia in America, ora che ci pensava, sinceramente era uno degli argomenti che meno gli piacevano. Sicuramente parlava molto più volentieri di Ken, alla fine di lui aveva solo bei ricordi e gli piaceva riviverli, ancora e ancora, all'infinito. Dicevamo? Sì, la famiglia, brutta cosa. Comunque.
    -Eviteremo.- Asserì poi, come degna conclusione al loro interessantissimo discorso sul chi dovesse trascinare a casa chi e le modalità in cui espletare l'ingrato compito. Tanto, la triste verità era che se uno dei due si fosse ubriacato si sarebbe inevitabilmente ubriacato anche l'altro. Rise quando Desmond riprese un'ultima volta la questione con una vena preoccupata, probabilmente rendendosi conto che trascinare un quintale in giro per Tokyo non sarebbe stato piacevole nemmeno per lui, indipendentemente da quanto Jason avesse sbattuto la testa. -Ci proverò.- Confermò, scrollando le spalle, volendo comunque mantenere un minimo di dubbio sulla faccenda, pur giocosamente.
    La reazione di Desmond alla faccenda del cuoco ovviamente non fece altro che insospettirlo ulteriormente: se davvero erano solo amici come ostentava, perché prendersela così tanto? Insomma, se Jason avesse iniziato a frequentare ogni sera lo stesso bar ed ogni sera avesse attaccato bottone con il barista, le sue intenzioni sarebbero state piuttosto chiare. Ovviamente a lui mancava tutta la parte delle bizzarre circostanze che avevano fatto conoscere e legare Shinjiro e Desmond, probabilmente se avesse saputo tutto non avrebbe messo in dubbio che potesse essere solo un'amicizia, ma raccontata così come gliela raccontava l'inglese... Praticamente un giorno era entrato nel suo locale e da quel giorno tornava almeno tre volte a settimana. Dai, ci stava provando con il cuoco, era palese e non c'era nulla di male. Non che a Jason importasse più di tanto, ovviamente, era giusto per prenderlo un po' in giro.
    -Certo certo.- Sminuì, con qualche gesto circolare della mano, rifugiandosi negli yaki soba per non punzecchiarlo ulteriormente dato che sentiva che stava per dire qualcos'altro. Shinjiro, ecco come si chiamava, continuava a scordarselo. -Ouch.- Jason sapeva bene com'era prendersi una cotta per un ragazzo etero. Lui era una persona diffidente e molto chiusa per natura, e non era una di quelle persone che si innamoravano di continuo nella vita, anzi, ad essere sinceri non ricordava più di due persone che gli fossero piaciute sul serio. Ed uno dei due era quello stronzo di Alex, alle superiori. Era ancora giovane e ingenuo ed anzi, Alex era stato proprio il punto di svolta che gli aveva fatto realizzare la sua omosessualità. Peccato che, beh, se Shinjiro era la persona più etero di quel pianeta, Alex era di sicuro nella Top 5. -Brutta storia.- Commentò infine, rivolgendo uno sguardo sbilenco a Desmond mentre si avvicinava il boccale per bere. Non lo mise in guardia né lo ammonì, tuttavia: gli sarebbe dispiaciuto vederlo con il cuore spezzato, ma sembrava ben cosciente dei pericoli di navigare certe acque. In fin dei conti, a trent'anni, era più che plausibile che avesse avuto a sua volta le sue esperienze in quel campo. Certo, se poi lo avesse visto perdere la testa in maniera eccessiva avrebbe provato a farlo ragionare, ma per il momento sembrava al sicuro.
    Ridacchiò a sua volta nel vedere Desmond sbellicarsi per la storia dello yokai. Non gli sembrava niente di che ma era sempre lieto quando riusciva a farlo ridere di gusto, ed inutile negare che l'inglese era abbastanza contagioso.
    Se ti nutri di felicità, mi sa che hai scelto il gaijin sbagliato. Non dirlo, Jason, pensalo quanto ti pare ma ti prego non dirlo, non sei così edgy. Ti prenderebbe in giro per sempre ed avrebbe anche ragione, tu faresti altrettanto.
    -Se non altro è un modo molto dolce per andarsene. Spero mi ucciderai prima di mangiarmi così non soffrirò troppo.- Ridacchiò, prese un altro pezzettino di pollo e lo gustò. -Anche perché se mi fai soffrire poi diventerò uno yokai anche io e ti perseguiterò facendoti i dispetti. Tanto mi sembra che, tipo, chiunque potenzialmente può diventare uno yokai no? Sono tipo... spiriti inquieti, o qualcosa del genere.- Jason era sicuro che l'archeologo ne sapesse più di lui, non per qualcosa ma era più giapponese di quanto non lo fosse lui, e secondariamente (almeno secondo Jason) il suo lavoro di storico lo doveva portare a contatto con la mitologia molto spesso, probabilmente erano concetti più interessanti per lui che per Jason. Sapeva che non era specializzato nella storia e mitologia giapponese, ma immaginava che avesse assimilato anche altre nozioni, se non altro per osmosi. Lui non era sicuro di aver capito perfettamente cos'era uno yokai, sinceramente, la mitologia giapponese gli sembrava un po' stramba.
    -Certo, più tardi faremo un salto. Vale anche se lo abbiamo fatto dopo mezzanotte?- Domandò ridacchiando, alludendo alla faccenda dell'appendere i tanzaku, mentre scrutava il contenuto del suo piatto per stimare quanto tempo gli servisse ancora per terminarlo: non più di dieci minuti. Non era una persona che mangiava in maniera particolarmente vorace o troppo rapidamente, anche perché gli avevano insegnato che più in fretta mangiava più sarebbe ingrassato: che poi fosse un falso mito o che ci fosse un fondo di verità, sinceramente non lo sapeva e nemmeno gli importava più di tanto, probabilmente non si sarebbe comunque abbuffato. Non era elegante.
    Ascoltò Desmond descrivere con aria rapita gli steli di bambù adornati dei desideri delle persone e... beh, non era una cosa che condivideva particolarmente, erano solo piante con dei pezzettini di carta attaccati in fondo. Ma da questo punto di vista, Desmond gli ricordava molto Ken, era più che sicuro che il suo partner avesse pronunciato quella stessa esatta frase almeno una volta.
    -Immagino di sì.- Concesse, con un sorrisetto un po' nostalgico. Meno male che il momento durò relativamente poco, poiché aveva fatto l'errore di definire Shiori una "vecchina", quando apparentemente era una delle colonne portanti dell'Universo, un elemento immutabile o un antico Precursore. O uno yokai, come giustamente aggiunto dall'inglese. Jason rise di gusto alla pittoresca rappresentazione.
    -Accidenti, chiedo scusa. Non lo intendevo in quel senso.- Alzò le mani, in segno di resa, senza volersi inimicare uno spirito potente come quello. La sua vita faceva già abbastanza schifo così. Rise ancora quando sentì l'improbabile lista della spesa di Desmond, non tanto per il rancore e i luoghi comuni che sembravano classici ingredienti da fattucchiera, ma per il cacciatorpediniere: quello l'aveva colto completamente alla sprovvista e si era ritrovato a ridere pensando a Desmond che tenta di acquistare una cosa del genere al Mercato Nero. Posso pagare con bancomat? -Un cacciatorpediniere. A quanto li fanno?- Chiese, asciugandosi le lacrime agli occhi. Sentiva la soba fargli su e giù nella pancia mentre rideva e dunque cercò di contenersi un po', almeno per il momento. Quel piatto era veramente abbondante. -Capisco, comunque. Beh, se non mi si accusa di cultural appropriation lo faccio volentieri. Alla fine anche lo yukata è molto elegante, a modo suo.- Non era proprio nel suo stile, ma per una sera si poteva fare.







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    Desmond lo guardò con aria vagamente incuriosita, la sua voleva essere solo una battuta, eppure...
    «Finché mi dicono di finire ciò che ho davanti e non mi chiedono quando mi sposo o avrò figli, non ho problemi con gli avi.»
    Una leggera scrollata di spalle prima di bere ancora, bastava conoscerlo un minimo per capire che era una pessima idea mettergli tra le mani la vita di un essere incapace di provvedere a se stesso.
    «Comunque potersi evitare i pranzi di Natale è un vantaggio.»
    Concluse con leggerezza quel discorso perché se da una parte era sinceramente curioso riguardo la faccenda, dall'altra aveva il timore di fargli ricordare eventi spiacevoli... se voleva parlargliene sapeva che non si sarebbe tirato indietro, come sempre.
    Che poi a pensarci bene qualsiasi cosa riguardante la vita privata di Jason rischiava di trasformarsi in un rivangare momenti spiacevoli, tra il ragazzo morto e i cattivi rapporti con la famiglia... che persona problematica.
    "Brutta storia."
    No.
    Un attimo, quella non era la risposta giusta a ciò che aveva appena detto.
    Okay, forse aveva posto la faccenda in modo un po' melodrammatico per il puro gusto di far leva su una serie di giochi di parole riguardanti i corvi ma... che idee si era fatto, l'altro? Era vero quando diceva che non c'era nulla tra loro, ma Jason non sembrava intenzionato ad ascoltarlo.
    «Guarda che dico sul serio.»
    Sospirò appena, realizzando che rivelargli di fare il Vigilantes a tempo perso era meno rischioso del fargli credere che fosse perdutamente innamorato di un cuoco etero. Non voleva che si preoccupasse per lui – sapeva benissimo quanto Jason fosse soft sotto a quella dura scorza da cattivo ragazzo cinico e beffardo – soprattutto perché non aveva mai rivelato di aver fatto degli effettivi progressi con l'utilizzo del Quirk.
    Chissà se sarebbe mai arrivato il giorno in cui avrebbero collaborato o, nella peggiore delle ipotesi, agito uno contro l'altro per qualche strano motivo.
    Era un'opzione troppo triste, preferiva non pensarci, soprattutto in una giornata di festa come quella.
    «E secondo te dovrei mangiarti vivo?» Domandò retorico sentendo che l'altro, come d'abitudine, stava dando corda alle sue assurdità «Magari rovinandomi la cena sentendo i tuoi commenti non richiesti su come ti sto divorando? No, non funziona così.»
    Conoscendo l'altro, sarebbe stato capace di aver da ridire pure sulla quantità di sale con cui lo condiva o qualsiasi altra cosa facesse uno yokai prima di nutrirsi.
    «Gli yokai non sono necessariamente spiriti inquieti come i nostri fantasmi, la particolarità della mitologia giapponese è che potenzialmente qualsiasi cosa può rientrare nella categoria... gli Tsukumogami, ad esempio, sono oggetti che dopo cento anni si animano e assumono particolari caratteristiche, poi ci sono spiriti legati alla natura, altri alle attività dell'uomo che vivono nelle città, alcuni si divertono a incasinare le vite di chi capita sul loro cammino e altri rifuggono da ogni contatto con gli umani.»
    Però sì, potenzialmente anche Jason poteva diventare uno di essi.
    «E credo che tu sia sulla buona strada, diciamo che l'attitudine a essere fastidioso già ce l'hai.»
    Una bonaria presa in giro condita da un sogghigno, incurante del fatto che non fosse l'individuo migliore per definire in tal maniera gli alti.
    "Certo, più tardi faremo un salto. Vale anche se lo abbiamo fatto dopo mezzanotte?"
    Annuì con fare convinto anche se non era sicurissimo della cosa, ma dopotutto Orihime e Hikoboshi non si sarebbero arrabbiati se alcuni desideri arrivavano un po' in ritardo, no? Ed era un bene che non potesse leggere nella mente dell'altro, perché si sarebbe risentito e non poco per quel pensiero cinico riguardante il cuore della festa.
    Felice di veder ridere l'altro per la sua pittoresca lista della spesa – l'argomento non era uscito per caso – si esibì in un sospiro sconsolato sentendo le parole di Jason.
    «Costano troppo per il mio misero stipendio da impiegato, purtroppo, perché dicono che siano eccezionali con la zuppa di miso.»
    A lui la scelta se immaginarle in formato tascabile da pucciare nella zuppa o se una in dimensioni reali andava spezzettata prima di essere impiegata per la preparazione del piatto.
    «Non siamo tutti americani, i giapponesi apprezzano chi apprezza la loro cultura» Non avrebbe mai smesso di fare battute sul suo essere yankee, poco ma sicuro «E sono sicuro che faresti un figurone.»
    Anche perché insomma, Jason era tipo da stare bene anche con un sacco della spazzatura addosso.

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    XDlupae
    Ridacchiò, in effetti gli avi di Desmond sembravano essere molto clementi, si limitavano al non fargli compiere sciocchezze irragionevoli come il non finire il rinfrescante boccale di birra giapponese.
    -I tuoi avi sono molto ragionevoli. Le domande scomode puoi sempre fingere di non capirle, in fondo sono spettri, duh. Finché non te lo scrivono sul muro a caratteri cubitali col sangue, sei scusato.- Ridacchiò poi, immaginandosi i caratteri che componevano la frase "QUAND'È CHE TI SISTEMI CHE HAI TRENT'ANNI?" grondanti dense gocce rosse su una parete. Non condivise questa, a dire suo, divertentissima immagine con Desmond perché... beh, sebbene non avesse capito bene in che misura, per quanto poco aveva intuito che l'amico fosse infastidito dalla vista del sangue e insomma, non voleva fargli venire gli incubi (sia per il sangue sia per il contenuto della frase). Ma Desmond lo distolse dalla manifestazione del suo macabro umorismo, dicendogli che in fondo era una fortuna essersi liberato dei pranzi di Natale. Gli puntò l'indice contro.
    -Assolutamente. Oh, e il Thanksgiving. Quanto odio il Ringraziamento.- Storse il labbro, al ricordare quella tremenda ipocrisia. Tralasciando le tristi premesse della festa in sé, ovviamente, era probabilmente una delle poche ricorrenze in cui i suoi genitori si riunivano ai loro parenti anche un po' più lontani, inclusi cugini e zii. Come se gliene fosse mai fregato qualcosa. Come se non avessero passato il resto del tempo ad insultarli e criticarli. Quella ha troppi figli, quelli si vestono male, quelli hanno una fattoria che schifo. Ma che schifo voi, semmai, cari coniugi Leroy-Hostetler.

    -Stai cercando di convincere me o te?- Domandò, ridacchiando, alla sospettissima insistenza da parte dell'inglese riguardo al non avere una cotta per quel Shinjiro. Scrollò le spalle, dunque, conscio che in parte era dovuto alle sue risposte monosillabiche al riguardo, doveva sembrare che ci stesse riflettendo parecchio, e invece si era solo perso a rivangare ricordi. -Ho capito, comunque, don't worry.- Gli fece un'occhiolino, un'ennesima allusione al fatto che gli credesse poco, anche se in quel caso era stata al 100% goliardica. Non aveva grandi motivi per non credergli, in fondo, sebbene fosse sospetto. Magari, semplicemente, gli piaceva Shinjiro ma ancora non se ne rendeva conto. -Mi hai solo ricordato la mia prima cotta, parlando di innamorarsi di uomini etero.- Alzò le spalle con un sorriso rassegnato. -Beh, dalla premessa puoi immaginare come sia finita. Mi è dispiaciuto solo che abbia deciso che non potevamo nemmeno rimanere amici.- Il suo sorriso si fece un po' più amaro, come se in parte quel rancore non fosse ancora scemato del tutto. Del resto, aggrapparsi a faccende del passato era la sua gimmick, no? -Come se avessi potuto stuprarlo da un momento all'altro. Like, calmati Alex, non sei così insostituibile.- Beh, ai tempi per Jason lo era stato, il cuore gli si era spezzato e non credeva sarebbe mai tornato al suo posto. Ma guardando indietro provava solo pena per entrambi, sé stesso ed Alex, due ragazzini giovani ed inetti, forse entrambi vittima dei pregiudizi che la società instillava in loro.

    -Pfft, e che ne so, sei tu lo yokai.- Ridacchiò, poi. In un certo senso, aveva già espresso una preferenza riguardo il modo in cui voleva essere mangiato, quindi non poté smentire Desmond quando gli disse che non voleva sorbirsi le sue critiche mentre lo masticava. Ascoltò invece con più interesse la spiegazione sugli yokai in generale, riconfermando la sua tesi che la mitologia giapponese fosse davvero molto stramba. Qualunque cosa poteva essere uno yokai, dunque? Anche... la ciotola su cui stava mangiando i soba? Che cosa stupida, ma a modo suo quasi affascinante. Sicuramente dava un livello di profondità totalmente nuovo anche a qualcosa di scontato come un paio di bacchette, forse miti del genere servivano proprio per insegnare ai bimbi a non disprezzare ciò che possedevano e non dare per scontato nulla, perché se non le riponi ordinatamente nel piatto quelle bacchette un giorno verranno a cavarti gli occhi. Okay, forse non era proprio così, ma in fondo la fantasia di Jason tendeva a creare sempre gli scenari peggiori. Forse Desmond era meglio, in quello, le sue fantasie erano molto più innocenti.
    Per questo gli piaceva ascoltarlo.
    -Che bizzarro.- Mormorò, senza tuttavia voler suonare più cinico del dovuto. -Uh, allettante. Potrei tormentare il prossimo fino alla fine dei tempi.- Abbassò un po' la voce. -O potrei diventare il nuovo incubo dei criminali. Uno yokai-vigilante che li perseguita per l'eternità.- Rialzò nuovamente il volume, ridendo di gusto all'idea. In effetti era una cosa parecchio comoda: poteva spaventarli a morte all'infinito, giorno e notte, senza aver bisogno di bere, mangiare o riposare, non poteva essere ferito e non poteva essere messo in prigione. Accidenti, quasi quasi era meglio rimandare le sue mansioni da vigilante a quando era morto, non c'era nemmeno un downside. A parte l'essere morto, forse.

    Ovviamente, la mente di Jason immaginò dei mini-cacciatorpedinieri interi immersi nella zuppa come dei savoiardi, il problema della taglia gli si presentò subito dopo. Forse da qualche parte c'era un gigantesco piatto di zuppa di miso in cui navigavano flotte di cacciatorpedinieri? Chissà, era una prospettiva interessante. Sicuramente sarebbe stato visibile dallo spazio.
    -Accidenti. Spero dal tuo amico Shinjiro ci siano perché mi è venuta voglia di provarli.- Asserì, con serietà. Annuì, poi, alle parole dell'inglese: non sapeva bene cosa pensare riguardo il fenomeno della cultural appropriation, non era sicurissimo di come si fosse originato e se dietro alla sua nascita vi fossero dei motivi ben più importanti e giusti, ma certamente stava notando una tendenza pericolosa che sembrava voler attaccare anche i fenomeni più... innocenti? Come un turista americano che vuole provare uno yukata durante il suo viaggio in Giappone, ad esempio. C'era veramente qualcosa di male? Chissà, forse era a lui che sfuggiva la questione più grande, ma non riusciva a vedere quegli atteggiamenti come un qualcosa di troppo pericoloso o dannoso. La cosa più pericolosa che poteva succedere era che un qualche turista americano si sfracellasse al suolo per colpa di quei goffi sandali giganti.
    -E meno male, per carità.- Beh, non era un segreto che a Jason gli americani non stessero troppo a cuore, non aveva un grande senso della Madre Patria come invece sembrava averlo Desmond. Arrossì impercettibilmente alle parole dell'inglese, poi, che lo incoraggiò a provare lo yukata dicendo che avrebbe fatto un figurone. -Oh, certo che farò un figurone.- Asserì, celando l'imbarazzo dietro un finto pavoneggiamento. Avrebbe dovuto aggiungere altro? Probabilmente sì. -Ah... anche tu stai molto bene.- Quella frase gli costò molta più fatica, sinceramente, e non riuscì a guardare negli occhi Desmond mentre la pronunciava, ma giustificò la cosa fissando con attenzione i dettagli del capo di vestiario per cui si stava complimentando. Era legittimo che nel parlarne si fosse messo a fissarlo, no? -Beh... ho finito, comunque.- Alzò leggermente la ciotola in direzione di Desmond poiché l'inglese potesse scrutare il fondo lucido e liscio del piatto, dunque terminò ciò che rimaneva del suo boccale di birra con un paio di sorsate. -Ci avviamo?- Propose, alludendo a quei cosini da appendere al bambù.



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    Scheda: The Unsung
     
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