End Of The Night

Jason & Desmond || Slot extra (entrambi)

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    Desmond P. Archisorte
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    Con tutte le cose con cui potevano scrivere, proprio col sangue dovevano farlo? Che schifo, gli venivano i brividi al solo pensiero.
    «Mi piace questa linea di pensiero, accamperò la scusa del disturbo nelle comunicazioni interdimensionali.»
    Poi l'incompatibilità linguistica, i disturbi nella comprensione reciproca, un casino insomma.
    «E stai scherzando, vero? Il Ringraziamento è fantastico, è il preludio del Black Friday
    Era decisamente una festa importante, i videogiochi non si comprano di certo in sconto da soli e quella era l'occasione per dilapidare interi stipendi in acquisti assolutamente inutili indispensabili alla sua sopravvivenza psicofisica.
    In ogni caso comprendeva lo stress dell'altro di fronte a quel tipo di festività in famiglia: dopo qualche bicchiere di troppo i vecchi rancori trattenuti troppo a lungo emergevano sotto forma di frecciatine e battute, si finiva inevitabilmente a parlare di politica e religione con annessi battibecchi e tentati omicidi, si scaldavano gli animi, partiva il solito nostalgico su quanto fossero cambiati i tempi e gli oramai onnipresenti "Ma un lavoro più serio non te lo sei ancora cercato?", "Perché non provi a ricontattare quella brava ragazza con cui stavi? Magari potete tornare assieme", "Ma lo sai che la figlia della vicina che ha la tua età ha sfornato il terzo figlio?"
    Chissà come mai a Natale finiva sempre per essere troppo ubriaco per stare sveglio.
    «Il fatto è che non puoi nemmeno scappare o inventare una scusa per non esserci, l'ultima volta che ho provato a dire che stavo lavorando a un documento importantissimo e dalla scadenza imminente è quasi scoppiata una guerra fredda in famiglia.»
    Almeno in quel caso aveva la scusa di essere dall'altra parte del mondo.
    E... ogni tanto sentiva di odiare Jason e la sua scherzosa accondiscendenza, diceva davvero quando affermava che tra lui e Shinjiro non c'era niente, ma nemmeno riusciva a comprendere perché la cosa lo infastidisse così tanto, dopotutto Jason poteva credere qual che voleva, no?
    Sì, avrebbe solo dovuto sopportare le sue battutine.
    «Oh, mi dispiace» Mormorò sentendo le parole dell'altro, in qualche modo grato che si fosse aperto con lui «Immagino sia stato un momento difficile, soprattutto perché quando si è alla prima cotta ogni cosa sembra enorme e insormontabile.»
    Senza contare le pressioni sociali date da un qualcosa di assolutamente naturale che però ancora suscitava scandalo e disgusto in certi individui dalla mente ristretta, l'ingiusta diffidenza di quel tal Alex nei suoi confronti e... chissà com'era Jason, allora, un giovane più allegro e socievole rispetto al presente o era sempre stato un individuo... particolare come lo conosceva ora? Per un attimo, gli venne la folle idea di contattare Castiel e domandarglielo.
    Qualcosa gli diceva che il ragazzo dal viso d'angelo avrebbe adorato rivelare dettagli imbarazzanti sul conto del cugino.
    "Che bizzarro."
    L'uomo si strinse nelle spalle, per quanto non fosse un esperto di mitologia giapponese sua madre l'aveva abituato alle storie di ombrelli che prendono vita e di strane creature che ingannano gli umani e li uccidono in modo raccapricciante, ma si rendeva conto che agli occhi di uno che non era mai stato in contatto con quella realtà la faccenda potesse sembrare bizzarra.
    «Non che le basi della civiltà occidentale si basino su storie migliori, Crono ha letteralmente divorato i suoi figli e tre quarti dei casini mitologici nascono dall'incapacità di Zeus di tenerselo nelle mutande.»
    Poi c'erano tante altre storie simpatiche di divinità offese perché battute dagli esseri umani, tradimenti, omicidi e ripicche degne della miglior soap opera.
    «E onestamente ti preferisco vivo, cerca di rimanere tale.»
    Non che l'idea dell'altro fosse così terribile, non dover badare a un corpo fragile come quello umano poteva essere un vantaggio ma... no okay, era una cosa terrificante, essere perseguitato per sempre da Jason preannunciava un esaurimento nervoso in piena regola.
    Già era fastidioso così (da che pulpito).
    "Accidenti. Spero dal tuo amico Shinjiro ci siano perché mi è venuta voglia di provarli."
    Si guadagnò un sogghigno in risposta, ben intenzionato a non cadere nella sua trappola.
    «Gli dirò di prepararli solo per te, sei contento?»
    E a proposito di cibo, finì ciò che aveva nel piatto prima di rischiare di strozzarsi con un sorso di birra, intenzionato com'era a non avanzare nulla. Non si era aspettato i complimenti, né era quello l'obiettivo delle sue parole dirette all'altro.
    «Ah, ti ringrazio, non credo di rendere pienamente giustizia a questi abiti ma sono contento che... uhm...» Insomma, non sembrasse così terribile come invece si sentiva indossando quel capo al quale non era minimamente abituato «Lo yukata tiene fresco ma me lo sento strano addosso, sembra debba aprirsi da un momento all'altro... mi sembra di andare in giro in accappatoio.»
    Lo guardò per un attimo.
    «Non dirlo a Shiori, ti prego, come minimo diventerei il suo prossimo pasto.»
    Ma che ci poteva fare, voleva tornare a pantaloni e camicia.
    In ogni caso si alzò sistemando il tanto odiato indumento, attento che i laccetti non si fossero allentati e l'obi non stesse perdendo presa.
    «Per non parlare dei geta, sono terribilmente scomodi... secondo te va bene se l'anno prossimo indosserò sotto le scarpe da ginnastica?»
    Poteva lanciare una nuova moda che univa comodità e tradizione, fantastico.
    «Andiamo e mi raccomando, pensa bene al tuo desiderio.»
    Che ci credesse o meno, certe cose era meglio non sottovalutarle... non si sa mai.

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    Storse istintivamente il labbro quando Desmond gli citò il Black Friday. Certo, il lato virtuale di quest'ultimo era molto gradevole nella sua facile fruibilità (salvo esaurimenti scorte). Ma per un newyorkese - o forse più che altro per un newyorkese anomalo come Jason - il Black Friday scatenava dei veri e propri flashback di guerra.
    -Già, ha anche quel difetto. Stupido Ringraziamento e stupido Black Friday.- Borbottò, corrugando la fronte. Se qualcuno aveva ancora qualche dubbio che gli umani discendessero veramente dalle scimmie o che fosse tutto un complotto di una qualche lobby per privarci della luce di Nostro Signore... beh, sarebbe bastato osservare le strade dei quartieri commerciali americani durante il Black Firday. No, creature del genere non potevano essere state create ad immagine e somiglianza di una qualche divinità, era impossibile, ed era altrettanto impossibile che discendessero dalle scimmie. Persino le scimmie si sarebbero schifate di un comportamento del genere, sì, anche quelle che si lanciano abitualmente le feci addosso. La verità era che quelle creature non si erano mai evolute. Batteri, ecco cos'erano, organismi a malapena pluricellulari che si avventavano sul loro nutrimento consumandolo a testa bassa guidati da pochi, basilari istinti: infettare, replicarsi, e mangiare ancora. -Insomma, stupidi americani in generale, via.- Concluse, scuotendosi da flashback di cotale bruttura e dedicando a Desmond una fugace linguaccia, sottolineando l'ironia che una cosa del genere uscisse proprio dalla bocca di uno stupido americano.
    -I feel you. Rinnovo, sono lieto di aver deluso tutti prematuramente. Non sento mia madre da... oddio, non ricordo nemmeno più da quanti mesi. Era tipo, febbraio, credo?- Suo padre non lo citò nemmeno. Quel bastardo non aveva mai chiamato. -Le famiglie sono... un disastro.- Sospirò, con un sorrisetto quasi maligno dipinto sulle labbra, lo stesso che lo caratterizzava ogni volta che pensava ai suoi genitori. La parola famiglia, però, gli riportò alla mente degli altri volti, cosa a cui non era troppo abituato. La chioma smeraldina di Castiel fece capolino, seguita dagli affabili visi dei coniugi Fujiwara, e quando Jason abbassò lo sguardo si ritrovò di fronte anche quello di Desmond, altra persona che ormai era entrata stabilmente nella sua routine. Forse in fin dei conti, il sangue era l'ultima cosa da guardare quando si cercava una famiglia. Certo, con Castiel lo condivideva in parte, ma aveva sicuramente parenti più prossimi che non considerava importanti tanto quanto lui.

    Avrebbe potuto giurare di vedere l'espressione di Desmond contorcersi in una breve smorfia di disapprovazione quando gli volse quell'ultima, ironica frecciatina riguardo la sua presunta cotta, ma il discorso si spostò rapidamente sulle cotte adolescenziali in generale. Ridacchiò alle parole di Desmond, rievocando i sentimenti del momento.
    -Ah, ovviamente! Non me ne capacitavo. I ragazzini sono davvero crudeli, e al tempo non avevo nemmeno questo hobby di rendermi insopportabile, quindi sono sicuro di non avergli dato nessun motivo per odiarmi.- Scrollò le spalle. Era acqua passata, anche se un cazzotto ad Alex forse glielo avrebbe dato se ne avesse avuto occasione. Ai tempi l'aveva presa piuttosto male, i suoi problemi di autostima già li aveva visto che doveva costantemente convivere col fatto che la sua stessa esistenza era una delusione per le persone che gli davano da mangiare, e quella storia fu un bel boccone amaro da mandar giù. Sapeva che Alex non ricambiava, con la sua confessione sperava solo di liberarsi di un peso e proseguire senza intoppi un'amicizia diventatagli un po' difficile a causa di questo segreto. E invece, evidentemente aveva deluso anche Alex, in qualche modo, e questi l'aveva prontamente abbandonato.

    L'inglese reagì con naturalezza alle sue parole sugli yokai, stringendosi nelle spalle, evidentemente più abituato di lui a quei miti che per un occidentale di cultura medio-bassa erano davvero molto bizzarri. Pose dunque un'obiezione, e fu il turno di Jason di riflettere su una risposta. Perché i miti occidentali gli sembravano più... naturali? Semplice abitudine, probabilmente, ma abitudine a cosa? Quali determinati pattern gli facevano identificare un mito come "classico" ed un altro come "bizzarro"? Ci pensò e ci pensò, ma alla fine la cosa che gli venne in mente fu una sola.
    -Però vedi, sono personaggi. Persone, aldilà della loro natura divina o meno chiaramente, con personalità definite che... boh, fanno cose. Cioè, non dico che il concepimento del minotauro sia più normale o plausibile di una scopa che prende vita e picchia una vecchina, dico solo che siamo abituati ad un determinato metodo di narrazione in cui ad un'azione di un determinato personaggio noto, segue una ripercussione sul resto del mondo.- E sì, aveva inavvertitamente iniziato a parlare di personaggi per deformazione professionale, sebbene in quel caso fosse tutto sommato azzeccato. -Poi sicuramente ci sono delle analogie anche con la mitologia giapponese, ad esempio proprio la storia di Orihime e Hikoboshi che hanno "generato" questa ricorrenza con le loro azioni.- Argomentò poi, indicando le bancarelle intorno a sé. -Però ci sono alcune cose, ad esempio questi oggetti che prendono vita, che sono un po' più strane, ecco.- Terminò, scrollando le spalle. -Nel senso che ci sono meno abituato, chiaramente, poi sono tutte strane uguali queste storielle.- Aggiunse infine, sminuendo forse in maniera eccessiva l'intero argomento della mitologia, relegato a semplici storielle. Un sorrisetto comparso sul suo volto, però, sottolineava ancora una volta che in fondo stesse solo scherzando.
    -Tsk, make me.- Lo sfidò, quando Desmond gli intimò di rimanere vivo.

    Okay, Desmond aveva reagito in maniera decisamente più imbarazzata di quel che pensava al suo complimento, lo vide inghiottire malamente un sorso di birra e farselo andare di traverso e, non appena questi riacquisì facoltà oratorie, lo sentì mormorare qualcosa riguardo al non rendere giustizia a quel vestito e cambiare in fretta discorso. Un sorrisetto genuino e stranamente gentile gli si dipinse sulle labbra nel rendersi conto di averlo imbarazzato, dunque Jason decise di accantonare la questione e proseguire l'argomento portato dall'altro. Rise un po' quando seppe che Desmond sarebbe potuto diventare il pasto di quell'adorabile vecchina.
    -Oh, sono sicuro che proverò la stessa cosa, non preoccuparti, non volevo dirlo ma questi cosi sembrano dei lussuosi accappatoi anche a me. Non farò la spia con Shiori, sto già iniziando a riservarle il giusto timore reverenziale in previsione di un'eventuale conoscenza futura.- Jason rabbrividì alla questione geta: non aveva pensato che se avesse provato l'abito tradizionale avrebbe dovuto indossare anche quei... cosi, sinceramente. -Oh no, non avevo pensato ai sandali. Io non porto sandali.- Sentenziò, categorico: mai ne aveva messi e mai ne avrebbe messi, un vero e proprio affronto al suo senso dello stile. -Ci porteremo un cambio di scarpe per quando saremo fuori portata da Shiori.- Suggerì, incrociando le braccia con fare serio. Assolutamente no, quei cosi non li avrebbe visti nemmeno col binocolo, e su quel punto non transigeva.
    Al massimo un paio di mocassini.
    Si alzò dunque dal tavolo, a pasto terminato, e fece nuovamente cenno a Desmond di proseguire, con un mezzo inchino meno marcato rispetto al primo che gli aveva rivolto ma comunque piuttosto signorile.
    -Dopo di lei. Mi dovrà mostrare l'iter al completo perché non me lo ricordo.- Era una mezza bugia, ma in fondo era divertente che Desmond lo pensasse uno stupido turista yankee totalmente estraneo alle tradizioni giapponesi. E poi, sinceramente, si stava divertendo a farsi scarrozzare in giro dall'inglese, forse la sua attitudine al mestiere di guida turistica era più marcata di quel che si poteva pensare.


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    In effetti Desmond non aveva tenuto in conto che certe persone – forse un po' tante, per non dire troppe – acquistavano i prodotti in sconto di persona, addirittura alzandosi dal divano ed andando fisicamente ad assaltare i negozi come orde di barbari saccheggiatori.
    Quanta energia sprecata, evviva gli acquisti online.
    «Oh sì, sono veramente la peggior specie.»
    Poi l'altro nemmeno si offendeva e parte del divertimento andava perso, ma ci si deve accontentare.
    "Le famiglie sono... un disastro."
    Lui tutto sommato andava d'accordo con i propri genitori, ma si ritrovò ad annuire di fronte alle parole dell'altro: legami di sangue o meno, le famiglie erano un insieme di individui di generazioni differenti con punti di vista diversi e spesso drammaticamente discordanti, quindi la reciproca sopportazione in nome della "tranquillità domestica" poteva funzionare fino ad un certo punto. Quello di rottura, solitamente.
    «No, un attimo» Lo guardò con aria improvvisamente seria, come se Jason avesse appena rivelato una grande verità della vita «Mi stai dicendo che non sei sempre stato così? Che una volta eri addirittura una persona simpatica
    Sul suo volto si fece strada un sorriso, dimostrando come lo stesse prendendo in giro.
    «Non riesco proprio ad immaginarti in altro modo... mi dai il numero di Castiel? Sento la necessità di farmi raccontare qualcosa di imbarazzante sulla tua giovinezza.»
    Ora era difficile dire se stesse scherzando, ma conoscendolo era probabile che fosse mortalmente serio.
    Quando poi l'altro cominciò a spiegare il proprio punto di vista riguardante la stranezza dei miti e dei personaggi che li popolavano, si limitò ad ascoltarlo in silenzio, attento, senza interrompere né obiettare.
    «Credo che il perno del discorso sia proprio questa differenza tra la visione occidentale e quella orientale, per i giapponesi non è strano che in racconto un ombrello, uno shamisen, un gong o una scatola porta tè possano prendere vita» Poi non che in certe favole europee ci fossero eventi meno... assurdi o traumatici, ma appunto era dell'idea che fosse una questione di "abitudine" del fruitore «Sono abbastanza sicuro che se raccontassi ai ragazzi dell'ospedale di Leda che depone un uovo dopo essere stata... sedotta da un cigno condividerebbero la tua perplessità.»
    Comunque aveva apprezzato l'analisi dell'alto, era evidente che trovasse interessante l'argomento e fosse ben informato al riguardo.
    «L'unico modo per sopravvivere qui è prendere per buone un sacco di stranezze della popolazione e della cultura di cui sono figli.»
    Si lasciò scappare una risata, pur essendo per metà giapponese certe cose comunque gli risultavano un po' strane, ma aveva imparato che accoglierle con una scrollata di spalle ed un "sono fatti così" era l'unica opzione valida per non perdere il sonno.
    Tipo i kimono e capi d'abbigliamento similari, come diamine avevano fatto a indossarli per millenni senza sentirsi scomodi? A lui sembrava che lo yukata dovesse lasciarlo nudo da un momento all'altro, per non parlare di quelle terribili calzature scomode e dure che gli avrebbero fatto rimpiangere quella serata.
    "Non farò la spia con Shiori, sto già iniziando a riservarle il giusto timore reverenziale in previsione di un'eventuale conoscenza futura."
    Bravo Jason, quello era lo spirito giusto.
    E... davvero voleva conoscerla? Giusto per rientrare in tema, i coniugi Nishimura rientravano nel suo concetto di famiglia pur non avendo alcun legame di sangue con loro ed era una cosa davvero carina da parte sua, era sicuro che l'avrebbero apprezzato.
    «Sarà felice di sapere che ho degli amici veri che può conoscere e che non mi sono inventato tutto.»
    Desmond era sempre stato un individuo particolarmente socievole e pieno di amici, sì.
    «Beh dai, i geta non sono propriamente sandali... non come quelli che intendiamo noi perlomeno.»
    Nemmeno lui era fan delle scarpe aperte, anzi le schifava con decisione, ma i geta erano parte integrante dell'abbigliamento tradizionale e soprattutto era socialmente accettato portarli con i calzini.
    ...
    Okay, forse quello non era un punto a loro favore, meglio tralasciare quel dettaglio.
    «Però approvo l'idea delle scarpe di ricambio, anche se da una parte sarebbe estremamente divertente vederti alle prese con quelle trappole mortali.»
    E voleva seriamente che facesse strada? Erano secoli che non metteva piede al Tanabata, pretendeva davvero che si ricordasse dove andare al primo colpo? Ricambiò l'inchino e imboccò una direzione scelta a caso con aria sicura: se la strada era quella giusta tutto a posto, mentre in caso d'errore bastava tenergli il gioco e annunciare che era tutto calcolato in modo che potesse vedere per bene la fiera.
    Era un genio, un dannato genio.
    «Prego, da questa parte.»
    Un sorriso affabile e un gesto con la mano per indicargli la direzione, se lo voleva in modalità guida turistica non l'avrebbe di certo deluso, era pronto a snocciolare tutte le conoscenze e le curiosità sulla festa, compresi l'utilizzo e tradizione dietro ai tanzaku, ovviamente.
    Poi dovevano solo arrivare al punto giusto prima dell'alba, ma quello era un altro discorso.

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    -Piano con le parole.- Desmond si sarebbe visto additare. -Ho solo detto che ero ancora un ragazzo ingenuo e non avevo ancora scoperto quanto fosse divertente tormentare il prossimo. Non che ero attivamente simpatico.- Sminuì. In realtà, sebbene quella fosse palesemente una frase ironica, Jason non si era mai considerato una persona particolarmente simpatica, era in realtà abbastanza serioso, per non dire un po' riservato. Partecipava sempre volentieri agli eventi sociali e rideva con gli altri, ma era difficile che prendesse quel iniziative di quel tipo, non raccontava aneddoti spiritosi e in generale non era particolarmente memorabile. Guardò storto Desmond quando gli chiese il numero di suo cugino, ma prima che potesse rispondergli la sua mente si perse di nuovo nei ricordi. Gli piaceva la famiglia di suo cugino, quando era giovane, ma non gli era concesso di passarci molto tempo. -Dubito Castiel ti sarebbe molto d'aiuto. Sai, i nostri nuclei familiari non andavano molto d'accordo, eravamo cugini ma non ci vedevamo tanto. Ironicamente, non lo conoscevo così tanto prima di trasferirmi in Giappone.- Più che ironico era quasi ridicolo, che servissero delle circostanze del genere per far legare due cugini, tutto perché i suoi genitori erano degli stupidi bigotti. Le famiglie erano davvero un disastro. Non riprese il discorso del numero telefonico di Castiel, del resto se Desmond si sentiva a disagio ad essere trascinato in party di semi-sconosciuti, l'invadenza di Castiel lo avrebbe semplicemente ucciso. Se poi lo avesse voluto sul serio, per quanto riguardava Jason poteva anche averlo, a suo rischio e pericolo, tanto aveva passato la fase inizile in cui temeva che suo cugino gli facesse fare brutta figura.

    -Sì, assolutamente, è solo questione di abitudine.- Ridacchiò poi alla faccenda dell'uovo, non conoscendo quello specifico mito ma non mettendone in dubbio l'esistenza. Era più che altro divertente immaginare lui che raccontava una cosa del genere a dei bambini orripilati. -Come sta andando, lì all'ospedale? Ti piace?- Si bagnò un po' la gola con il fresco e frizzante liquido ambrato. -Sarebe per la 30MINUTES questa cosa del volontariato, giusto?- Domandò poi, curioso: gli era già capitato di parlare di quell'attività, ma Jason non ricordava se gli aveva già chiesto chi fosse il mandante. La 30MINDUSTRIES, di recente, per un motivo o per l'altro era sempre sulle bocche di tutt: il nostro seguiva le notizie in maniera un po' passiva, non particolarmente interessato, o perlomeno non più che in maniera ragionevole: se ne interessava come di un qualunque altro fatto di cronaca. Gli piaceva Matsumoto, sembrava una persona piuttosto affabile ed ammirava la sua dedizione alla -seppur personale- causa. Del resto lui era un pioniere del trasformare le cause personali in una lotta... beh, nel suo caso era al crimine, nel caso di Matsumoto ai negaquirk, ma poteva certamente percepirlo come affine. Chiaramente sapeva di essere ben più fortunato del 30 Minutes Man, la sua vita non era scandita, appunto, da minuscoli intervalli regolari. Alzò lo sguardo verso Desmond ed istintivamente si chiese... se avesse avuto una condizione come quella di Matsumoto, l'amico avrebbe avuto la pazienza di mettere in pausa la serie TV o il film di turno ogni trenta minuti per aspettare che lui rinvenisse? La prospettiva era tragicomica, ma l'umorismo di cattivo gusto era il suo forte e non poté evitare di esserne divertito.

    Desmond erse una pallida difesa nei confronti di quell'ingiustificabile affronto alla comodità e allo stile che erano i geta, ed al sentirlo Jason si ritrovò ad alzare un sopracciglio.
    -No, hai ragione, più che sandali sono delle tavolette con uno spago.- Concesse, facendo ben attenzione a descriverli nel peggior modo possibile per far risaltare che... no, il fatto che non fossero specificatamente sandali non aiutava. E meno male che al momento a Jason non venne in mente dei calzini, altrimenti la situazione sarebbe precipitata. -Beh, rimarresti molto deluso temo: li ho portati in almeno tre spettacoli, i capitomboli mentre imparavo a farlo te li sei già persi. Probabilmente ti batterei in una gara.- Terminò, incrociando le braccia e dedicando a Desmond un sorriso che... sì, se l'inglese l'avesse colta, quella poteva benissimo essere l'ennesima stupida sfida fra i due. C'era ancora quel famoso whiskey in ballo - sebbene fosse più per un continuo dimenticarsene, a quel punto.
    Sinceramente non aveva idea che Desmond non si sapesse orientare, lui una vaga idea di dove andare ce l'aveva ma era più che sicuro che il suo Cicerone sarebbe stato all'altezza e non si pose minimamente il problema, lasciandosi guidare senza prestare attenzione al percorso.
    I due si avventurarono nel fitto delle bancarelle, e Jason si guardò intorno con aria divertita: infilò le mani in tasca e sfiorò il pennuto che gli aveva regalato Desmond prima di cena: le sue gote si colorarono di rosso per qualche istante, dunque decise di infilare il pollice nella cintura e lasciar penzolare la mano sul fianco, fuori dalla tasca, tutto voleva tranne far cadere il prezioso pupazzetto. Ogni tipo di profumo inebriò le narici dei due: fritti, dolci, salati, frutta, ce n'era per tutti i gusti; le voci dei negozianti che tentavano di attirare clienti alle loro bancarelle risuonavano, più alte del seppur assordante mormorio delle centinaia di persone che si affollavano su quel percorso. Tiri al bersaglio, il kingyo sukui ed altri giochini da fiera erano presi d'assalto al momento perlopiù da adolescenti e coppie, poiché l'ora iniziava ad essere tarda per i bambini. Jason osservava il clima festoso con un sorriso stanco e sereno stampato sulle labbra, con una vocina che partiva dal retro della sua testa che gli chiedeva se sarebbe mai tornato a godersi il festival - o il resto della vita - con quella spensieratezza.
    Probabilmente no, vocina, ma grazie per aver chiesto. Sempre sul pezzo.
    -Quest'anno è davvero carino il festival.- Probabilmente era uguale a tutti gli anni passati, i giapponesi erano molto tradizionalisti, soprattutto su quel tipo di cose, però per qualche motivo a Jason sembrava più... colorato. Forse, semplicemente, perché era da tanto che non condivideva un momento così con qualcuno a cui teneva, un amico come Desmond. Per qualche istante ebbe il pericoloso desiderio che anche Castiel fosse lì con loro (cosa che avrebbe negato fino alla tomba) e, perché no, anche quel Shinjiro: in fondo se Desmond ci andava così d'accordo ci sarebbe andato d'accordo anche lui quasi sicuramente. -Avevi già fatto un giro, prima di venire allo spettacolo?-
    Di lì a meno di dieci minuti di cammino, un fitto gruppetto di bambù iniziava a scorgersi sul lungomare, illuminati dalla fioca luce artificale di alcune lanterne di carta poste nei dintorni ma tutto sommato in una suggestiva penombra che gli donava un appeal decisamente più magico rispetto a delle normali canne di bambù.
    -Secondo te possiamo scrivere in inglese? Non vorrei gli spiriti mi maledicessero per la mia calligrafia scadente.- Domandò, ridacchiando ed indicando il luogo con il pollice. Ad essere sinceri, stava anche prendendo tempo: non aveva ancora la minima idea di cosa ci avrebbe scritto.





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    Si lasciò scappare uno sbuffo tra il divertito e il seccato, lo stava facendo apposta, vero? Sembrava proprio mettersi d'impegno a rovinargli il divertimento dandogli ragione senza protestare o cercare di difendersi dalle sue parole.
    «Però ora sei attivamente insopportabile, è comunque stato un bel passo avanti.»
    E davvero non erano così uniti, da bambini? Vedendoli tanto affiatati si era convinto avessero condiviso numerose esperienze e momenti di vita quotidiana, in passato, mentre ora quelle parole gli sbattevano in faccia la dura realtà.
    «Oh, peccato.»
    Disse a mezza voce, dispiaciuto più per la mancata prospettiva di qualche storiella stupida che per vero dispiacere nei confronti dei due.
    Però poteva comunque fare un tentativo, doveva pur trovare nuovo materiale per prenderlo in giro, no?
    Quando poi il discorso si spostò sulle sue attività di volontario, sul suo volto si dipinse un mezzo sorriso.
    «Sembra strano, visto che è un'attività legata alla... sofferenza degli altri, ma mi piace molto» Si portò istintivamente la mano destra al braccio opposto, massaggiandosi la ferita coperta da bende e nascosta dalla lunga manica dello yukata «Posso finalmente essere utile a... qualcuno come lui.»
    Le ultime parole erano state un mormorio appena udibile, mentre la presa sul proprio stesso bracco si strinse ancora. Non aveva ancora trovato una spiegazione razionale riguardante il perché avesse cominciato, forse per controbilanciare l'enorme senso di colpa che si portava dietro dopo gli avvenimenti allo studio medico di PL o forse perché sentiva di meritare di vivere in una sorta di sadico contrappasso terreno per non essere riuscito a salvare Hisashi, ma aveva finito per apprezzare davvero le attività da volontario e si era rapidamente affezionato ai ragazzi.
    «Sì, è un ospedale gestito da 30MIN e nel reparto in cui lavoro ho a che fare con giovani che per motivi legati al proprio Nega-Quirk non possono vivere fuori da lì o stare troppo a lungo senza analisi... però anche loro hanno diritto ad una parvenza di vita normale con lezioni e attività extrascolastiche.»
    Poi il suo metodo d'insegnamento era tutt'altro che normale, anzi poteva tranquillamente essere definito caotico ed imprevedibile, roba da far mettere le mani nei capelli ai professionisti, ma finché i suoi giovani allievi imparavano un po' d'inglese e non si annoiavano troppo, per lui era da considerare un successo.
    «Le ultime rivelazioni hanno gettato scompiglio, diciamo così, nell'intera organizzazione, ma non ho intenzione di abbandonarli proprio ora, che sia vero o meno sarebbe assurdo lasciare un progetto che fa davvero qualcosa di positivo.»
    Rimase in silenzio qualche attimo, per poi posare lo sguardo sull'altro.
    «Scusa, che discorsi deprimenti.»
    Non voleva rovinare l'atmosfera di festa che li circondava, le bancarelle variopinte e le mille attrazioni popolate da persone sorridenti erano troppo belle per essere messe in secondo piano da quel genere di discorsi, soprattutto perché tanto per cambiare l'americano aveva fatto una domanda per cortesia e lui si era lasciato trascinare un po' troppo.
    E... Jason lo stava sfidando? Sapeva benissimo che non si sarebbe mai tirato indietro di fronte ad una di quelle sfide idiote che ogni tanto tiravano fuori, un po' era una questione d'onore e un po' era scemo come l'altro.
    «Mi spiace essermi perso il momento della tua caduta» Da intendersi in senso letterale e metaforico, veder capitombolare un individuo tanto orgoglioso dava quel tocco di soddisfazione in più «E ti puoi essere esercitato finché vuoi, ma comunque non puoi vincere.»
    Le sue doti fisiche non erano minimamente paragonabili a quelle dell'altro, ma tirarsi indietro a priori voleva dire lasciargliela vinta a tavolino e quello era un affronto che non era in grado di sopportare.
    «Ammetterai la sconfitta in ginocchio e con i piedi doloranti!»
    Soprattutto con i piedi doloranti, considerando quanto erano scomodi i geta.
    In ogni caso, ricambiando l'occhiata di sfida quello strambo patto era stato suggellato, pronto a essere dimenticato in breve tempo come era successo per la precedente.
    "Avevi già fatto un giro, prima di venire allo spettacolo?"
    Desmond scosse la testa in un cenno di diniego, aveva giusto acquistato il peluche antistress ad una bancarella che aveva trovato lungo la strada che conduceva al palco, ma non si era addentrato ulteriormente per la fiera.
    «Te l'ho detto, passare il Tanabata da solo è un po' troppo triste anche per i miei standard, poi come avresti fatto senza la mia guida esperta?» L'importante era continuare a sembrare convinti, che fosse tutto voluto e che quel giro era stato organizzato espressamente per il suo gaijin preferito «Vuoi mangiare altro? Un dolce magari?»
    Poi sapeva quanto l'altro tenesse alla propria forma fisica, ma magari aveva voglia di sgarrare, per una volta.
    «E no, per quanto sono sicuro che la globalizzazione sia arrivata sin da loro assieme all'utilizzo dell'inglese come lingua comune, scrivi in giapponese» Il suo sorriso si allargò vedendo i bambù carichi di bigliettini con sopra scritti i desideri dei visitatori, felice come un bambino «Anche la mia calligrafia è terribile, alcuni dicono che sia quasi illeggibile, ma come noi facciamo questo sforzo lo faranno anche loro, okay?»
    Tono gentile e appena accondiscendente, cercando di convincerlo come faceva con i suoi studenti più reticenti gli fece poi un cenno col capo, spronandolo ad avvicinarsi ancora a quel luogo carico di magia.
    «Mi era mancato così tanto...»
    Si concesse qualche momento di contemplazione dei bambù e delle persone che si affaccendavano attorno a quelle piante, pronte ad appendere il proprio desiderio e con la speranza di vederlo realizzato, mentre attorno a sé la baia di Tokyo, le bancarelle, il vociare allegro dei presenti, la fievole luce delle stelle e quella più decisa delle attrazioni e una persona a cui teneva rendevano quella festa così bella.
    Qualcosa in lui gli diceva che quel momento corrispondesse all'esatta definizione di felicità.
    «Vieni, avviciniamoci.»
    Aveva pensato a lungo al proprio desiderio ed era pronto a trascriverlo sul foglietto che ora stringeva tra le mani affinché gli dei se ne facessero carico.
    Non era troppo ingenuo chiedere che le persone che amava fossero felici, no?

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    ♦️ JASON LEROY ♦️
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    Sorrise gentilmente alla pessima parafrasi di Desmond, forse vagamente autoironica o semplicemente un'istintivo tentativo di sminuirsi.
    -Probabilmente ti piace perché non è un'attività "legata alla sofferenza degli altri".- Citò testualmente, facendo il segno delle virgolette con le dita. -Piuttosto è un'attività legata all'alleviare la sofferenza altrui.- Desmond non aveva motivo di credere che il fatto che il trovare soddisfazione in un'attività simile fosse strano. -Quei ragazzini soffrono con o senza di te. Stai... facendo una bella cosa.- Sbuffò infine, cercando di non suonare troppo smielato. Fortunatamente Desmond lo distrasse parlando di un fantomatico lui, e Jason si trovò a rifletterci. Lui chi? Era qualcuno di cui avevano parlato e si era dimenticato? Forse gliene aveva parlato durante uno spettacolo e lui, ovviamente, nemmeno lo aveva sentito e gli aveva detto di sì per zittirlo? Maledizione Desmond, chiedere poteva essere indelicato, ma lo sapeva benissimo che non poteva parlargli durante gli spettacoli. Doveva sicuramente essere andata così, non si erano mai presi delle sbronze memorabili da giustificare amnesie di quel tipo.
    -Uh, lui...?- Azzardò, tentando di mantenersi sul vago e sperando Desmond non si offendesse troppo. Oh, in fin dei conti si raccontavano stronzate da mattina a sera, poteva capitare di dimenticarsi qualcosa.
    Annuì, poi, alla spiegazione leggermente più approfondita di Desmond, ora aveva un'idea un po' più precisa di cosa facesse lì. Al sentir nominare la parola Negaquirk, il suo pensiero volò alla prima notte in cui lui e l'inglese si erano conosciuti e alle considerazioni relative all'ereditarietà dei Quirk. Il fatto che avesse due ali enormi e non riuscisse comunque a volare era una sfortuna relativa rispetto alla prospettiva di vivere come un gigantesco piccione di cristallo. Chissà, in un'altra vita poteva anche esserci lui in uno di quegli ospedali, in fin dei conti anche il suo Quirk non era privo di ripercussioni: se si fosse fatto crescere i quarzi lungo il corpo, avrebbe poi dovuto staccarseli da solo, dolorosamente. Certo, non era paragonabile a ciò che quei ragazzini dovevano sopportare ogni giorno, ma era una sorta di monito che i suoi geni una vaga impronta di incompatibilità con il suo corpo l'avevano. Forse, se avesse avuto figli suoi, in loro sarebbe peggiorato sino a richiedere l'ospedalizzazione. Meno male che non erano nei programmi.
    -Uh? Ma no, è giusto, qualunque cosa sia non sono i ragazzi dell'ospedale a doverne scontare le conseguenze. E a prescindere da tutto, per quanto siano una succursale e sicuramente facciano riferimento alla loro azienda madre per finanziamenti e quant'altro, credo sia un progetto abbastanza indipendente.- Protestò l'ex-attore, senza trovare oggettivamente nessun motivo per cui Desmond avrebbe dovuto mollare. Anzi, a maggior ragione, una figura fissa e rassicurante in più a quei poveri ragazzi non poteva che fare bene. -... E poi da tutta questa situazione la 30MIN mi sembra ne esca tutto tranne che colpevole. Semmai sembra che quel pover'uomo di Matsumoto sia perseguitato dalla sfiga. Poi chiaramente chi urla al complotto c'è sempre, è anche un'azienda farmaceutica, l'opinione pubblica adora prendersela con le aziende farmaceutiche.- Anche se forse era più un'abitudine americana, il giovane uomo non era particolarmente informato sui nemici dell'opinione pubblica nipponica. Sorrise poi gentilmente a Desmond, quando questi si scusò per aver portato in tavola discussioni infelici.
    -Nah.- Sminuì, senza voler insistere più di tanto. In realtà non gli dispiaceva affrontare argomenti più seri, ogni tanto, scherzare era divertente ma non si poteva scherzare per sempre.
    D'altro canto, la prospettiva di una gara con i geta era esilarante, soprattutto perché era sicuro di vincere.
    -Finché non me lo farai vedere sono solo parole. Se ti metti le ginocchiere sotto lo yukata non mi arrabbio, per inciso.- Rassicurò, alludendo al fatto che sarebbe stato l'altro a cadere. In tutta onestà non sapeva se sarebbe davvero successo, l'amico gli sembrava tutto sommato stabile sui propri piedi, ma usare quei sandali per correre sinceramente avrebbe potuto dare dei risultati imprevedibili. Non fosse altro perché erano anche relativamente fragili e potevano rompersi o incastrarsi praticamente ovunque.
    -Urgh... semmai più tardi. Ho ancora quegli spaghetti che fanno su e giù nello stomaco. Facciamo due passi fino al lungomare e poi ci penso.- Mormorò, sincero, reggendosi lo stomaco. Quella porzione era stata davvero micidiale, e per uno stomaco chiuso che non mangiava da ore come il suo era stata una bella sfida. Chiaramente, per "il lungomare" intendeva quel rigoglioso agglomerato di bambù adornato dai foglietti di carta che rappresentavano i desideri degli abitanti di Tokyo - o perlomeno di molti di loro, ed infatti dopo qualche minuto di cammino erano finalmente giunti a destinazione.
    Desmond lo ammonì, suggerendogli di scrivere in giapponese, e Jason gli fece una linguaccia.
    -Okay, okay. Per favore spiriti, siate misericordiosi. Magari se avete dubbi lasciatemi un messaggio col sangue in salotto che vi scrivo un altro bigliettino.- Pregò, rivolgendosi beffardamente con lo sguardo verso l'alto per comunicare con questi... esseri? Potevano definirsi così? Chissà, non indagò. Udì l'inglese mormorare quanto quella tradizione gli fosse mancata, e fece finta di nulla, fingendo di concentrarsi sul proprio bigliettino, ma in cuor suo fu felice di sentire che stesse passando una bella serata. Sorrise con aria un po' nostalgica e scribacchiò qualcosa in maniera abbastanza sbrigativa sul biglietto, per poi appenderlo avendo cura di non farsi vedere. Non voleva che sembrasse che ci aveva pensato troppo, in realtà, ma in fondo ciò che desiderava era una cosa sola.
    Un po' di pace.





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    Desmond P. Archisorte
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    Guardò l'altro con aria vagamente sorpresa, sentendo le sue parole, realizzando che per quanto potesse sembrare una cosa assurda, non aveva mai pensato al proprio lavoro di volontario in quei termini poiché troppo preso dall'idea della propria punizione.
    «Uhm» Gli era decisamente sfuggito e non era dell'umore giusto, ma con la giusta dose d'alcol (e Jason disposto a sopportare la sua successiva sbornia triste) prima o poi avrebbe potuto raccontargli ciò che era successo allo studio medico di PL «Ho... ecco, cominciato a fare il volontario dopo aver conosciuto una persona.»
    E basta, il suo tono non ammetteva ulteriori domande al riguardo.
    «Ho pensato la stessa cosa, i ragazzi non hanno alcuna colpa e per quanto legato a 30MIN quello dell'ospedale è un progetto importante che deve andare avanti... che le accuse siano vere o meno loro comunque rimangono in quelle condizioni e non avrebbe senso abbandonarli per... non so, ciò che forse hanno fatto altri.»
    Quanto alla presunta colpevolezza di Matsumoto era certo che quella faccenda avesse assunto un tono torbido e alquanto inquietante, ma nuovamente la pensava come l'americano.
    «Eppure non tutti la pensano così, da quanto mi è stato riferito dai colleghi alcuni se ne sono andati per non essere associati in nessun modo all'azienda o ai gruppi derivati... non saprei dirti se per motivi lavorativi o per qualche assurda idea personale.»
    Si strinse nelle spalle, ogni tanto la gente sapeva essere semplicemente assurda e rimetterci erano ovviamente i pazienti, non loro.
    «Onestamente non riesco a comprendere perché la gente abbia così tanta paura delle aziende farmaceutiche e di ciò che avviene nei loro laboratori... l'umanità ha subito una tale mutazione da permettere la comparsa di ali, code e gente fatta di roccia e il problema sono vaccini ed aspirine.»
    Erano strane priorità, indubbiamente.
    «Però lo sai che hanno inventato una lozione per le ali che le rende più morbide? Te ne posso regalare un flacone a Natale?» Non era un mistero che gli piacesse il Quirk dell'altro, lo aveva ampiamente dimostrato durante il loro primo incontro, e a pensarci bene chissà se quel prodotto funzionava anche sulle ali "a scomparsa"di Jason «Così più che un corvo diventerai un... uhm, quali uccelli hanno le penne morbide? Un corvo da esposizione, ecco.»
    Poi non aveva idea se esistessero davvero, però l'idea di Jason dalle penne belle lucide era adorabile.
    Gli rivolse un sorriso angelico di fronte al puntualizzare dell'altro riguardo le regole della stupida sfida, per poi avvicinarsi a lui con fare da cospiratore.
    «Sarò pronto a medicarti, non aver paura di farti male» Ribatté dunque, alludendo al fatto che era disposto ad utilizzare il proprio debole Quirk pur di rimetterlo in sesto dopo un capitombolo spettacolare «E sono parole vane come le tue, ancora non ho visto un goccio di whiskey né la tua aria sconfitta mentre paghi il conto.»
    Probabilmente si sarebbe addormentato prima di arrivare a quel momento, vinto dall'alcol, ma era meglio non puntualizzarlo o la faccenda avrebbe perso la giusta dose di pathos.
    Sentendo poi che aveva mangiato troppo, per il momento, annuì con fare vagamente apprensivo – non voleva forzarlo, quanto essere sicuro che fosse pienamente soddisfatto del pasto, dolce incluso – e continuò a camminare ignorando i banchi che proponevano dolci per qualsiasi palato.
    Gli dedicò una fugace occhiata sperando che stesse davvero scrivendo in giapponese il desiderio e poi, una volta appeso il proprio ad un bambù non troppo distante dall'altro, lo attese con tranquillità. Come per un tacito accordo, non avrebbe letto né chiesto il contenuto del tanzaku di Jason perché farlo sarebbe equivalso a... invadere la sua privacy? Essere eccessivamente invadente e indelicato? Non sapeva definire bene quella sensazione, ma andava bene così.
    «Spero che tu abbia apprezzato la mia bravura nel farti da guida.»
    Dichiarò poi fingendo di darsi aria d'importanza, lasciando sottintesa la speranza che l'altro avesse apprezzato la serata quanto lui.

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    ♦️ JASON LEROY ♦️
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    Non fu difficile percepire il tono categorico di Desmond nel citare questa fantomatica "persona" che aveva conosciuto. Jason avrebbe potuto farci qualche battuta sopra, insistere o fare una delle solite cose da Jason che lo rendevano l'insopportabile individuo che era. Avrebbe potuto, sì, ma per qualche motivo non se la sentì di infierire su Desmond: la faccenda sembrava seria, e l'inglese pareva essere una delle poche persone disposte a sopportarlo nonostante tutti i suoi difetti, si sentiva in un certo senso quasi in debito nei suoi confronti. Ad essere sinceri, si era talmente abituato alla sua presenza che gli sembrava di conoscerlo da una vita: talvolta si sorprendeva a pensare com'era possibile che lui e Ken non si fossero conosciuti, salvo realizzare che lui stesso aveva incontrato Desmond per la prima volta quando Ken era già morto da più di un anno.
    -Uhm. Capito.- Mormorò infine, inclinando il capo di lato leggermente. Ovviamente non aveva capito un tubo, se non che quell'argomento in qualche modo era un taboo per Desmond, ma se l'altro non ne voleva parlare se ne sarebbe dovuto fare una ragione. Sperò solo non fosse nulla di grave.
    -No, infatti. Ora più che mai, dovreste rimanere uniti.- Confermò, con una certa veemenza. Da poco aveva imparato quanto la famiglia fosse importante, e come questa non fosse necessariamente costruita dai legami di sangue: chissà che, per quei bambini, Desmond non fosse stato quasi una sorta di zietto, ormai, che li visitava portando le sue storie. Ne consegue che la sua espressione si incupì profondamente quando sentì che alcuni dei colleghi dell'inglese se ne erano andati per non essere associati alla 30MINDUSTRIES in alcun modo. -Tch. Gente a cui del volontariato importava molto poco, in realtà, suppongo. Forse lo facevano per una questione di immagine, o chissà perché altro.- Ed ora le ripercussioni della loro inettitudine le avrebbero subite quei ragazzini. A Jason non piacevano i bambini, ma erano prima di tutto persone, non doveva essere stato bello sapere che uno scandalo mediatico con cui non avevano nulla a che fare era stato sufficiente a far sì che alcune delle persone che si occupavano di loro li abbandonassero. Non era bello sentirsi abbandonati, e questo l'americano lo sapeva molto bene. La cosa lo aveva destabilizzato abbastanza, e quando Desmond si lasciò andare a quel discorso sull'ingiustificata diffidenza verso le aziende farmaceutiche Jason si era limitato a scrollare le spalle ed incrociare le braccia sul diaframma. A malapena gli aveva prestato attenzione, sebbene avesse afferrato il senso generale di ciò che aveva detto. -Mah. Non capisco, sinceramente, e non mi va nemmeno tanto di provare a capirli. Hanno torto e basta.- Sentenziò, duro.
    E poi Desmond, come solo lui sapeva fare, distrusse completamente il clima lugubre che si era impadronito della conversazione, e gli bastò una sola frase. Jason si ritrovò a ridere di nuovo di gusto.
    -Una lozione per le piume? Oh, wow. Credo mio cugino ne faccia uso ora che ci penso, sì.- Finse di assumere un'aria sognante. -Oh, le sue ali sono indubbiamente morbide e meravigliose al tatto.- Decantò, per poi tornare alla sua solita espressione beffarda. -Ma temo che su di me sarebbero soldi sprecati, te lo specifico nel caso fossi serio.- Alzò un sopracciglio, chiedendosi fino a che punto l'inglese scherzasse: non si sarebbe stupito se avesse già avuto la lozione nel carrello di Amazong, conoscendolo. -Le mie ali non sono sempre le stesse quando le, uh, faccio uscire. Vengono generate al momento, e quando le ritiro vengono riassorbite completamente. Se estraessi un'ala e colorassi le piume di rosso, poi la ritirassi e la estraessi di nuovo... le piume non sarebbero rosse, sarebbero di nuovo nere, perché sarebbero nuove piume. Sai, per questo...- Arrossì leggermente, rendendosi conto che stava per dire una cosa forse un po' imbarazzante, ma ormai aveva iniziato la frase e non voleva lasciarla a metà. -Per questo sono tutte arruffate. Tipo, uh... hai presente, un pulcino appena nato.- Concluse, mormorando appena.
    -Umpf. Non ho ancora trovato il whiskey giusto.- Asserì, incrociando di nuovo le braccia sul petto - sebbene in questo caso giocosamente - ed annuendo con aria convinta alla stupidaggine che aveva appena detto. Ad essere sinceri, tendeva a dimenticarsene puntualmente, ma ora che sapeva che Desmond se ne ricordava ancora avrebbe fatto un appunto mentale gigantesco. Magari se lo poteva scrivere sul muro del salotto con il sangue. Basta pensare al sangue, Jason. -Ma non pensare mi sia tirato indietro.- Concluse infine, con finta aria minacciosa.
    La cerimonia dei tanzaku, a dirla tutta, fu più intima e toccante di quanto Jason avrebbe pensato. Forse era solo un effetto della nostalgia, o forse dopo la morte di Ken inconsciamente si era ritrovato a pensare che non avrebbe mai più appeso quegli stupidi bigliettini, eppure l'atmosfera del piccolo allestimento di biglietti e bambù, le luci soffuse e il chiacchiericcio delle persone fattosi più basso - forse per rispetto della tradizione - gli fecero salire quasi il nodo alla gola. Era una cosa stupida, insignificante, ma in quel momento si ritrovò a desiderare di tornarci anche l'anno dopo, e quello dopo ancora. La voce di Desmond lo richiamò al presente.
    -Ah, sei stato una guida brillante.- Canzonò, per poi farsi un po' più serio. -Mi sono divertito molto.- Concesse poi, abbassando leggermente il capo. Strano, era partito con l'idea di svagarsi tra alcool ed attrazioni del festival tutta la notte, ma in quel momento si sentiva tranquillo ed in pace, come se il desiderio che aveva espresso poco prima stesse iniziando immediatamente ad avverarsi. Ebbe la sensazione che qualunque cosa in più avrebbe spezzato quell'equilibrio perfetto che si era creato quella sera. Si passò una mano sulla nuca, nervosamente, cercando un modo carino per introdurre il discorso.
    -Io... ti va se ci avviamo? Inizio a sentire la stanchezza. Mi dispiace di essere un guastafeste.- Concluse, ridacchiando un po' in imbarazzo. -Dura la vita dei quasi-trentenni, huh.- Aggiunse poi, sebbene al momento non stesse pensando all'incombente compleanno di Desmond che rendeva ciò che aveva detto ancora più vero.






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    Desmond P. Archisorte
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    Modestamente, quella di parlare di cose assolutamente poco serie con aria convinta era una delle sue migliori qualità, assieme a quella di riuscire a sdrammatizzare in modo inaspettato e l'abilità nel vedere serie TV.
    Perché è chiaramente una qualità, mica son tutti capaci a ricordare così tanti dettagli di così tante puntate.
    In ogni caso, la risata spontanea di Jason gli riportò il sorriso, ben felice di essere riuscito nel proprio intento: gli piaceva passare ad argomenti più seri, di tanto in tanto, anche la loro incapacità di rimanere su argomenti importanti aveva un limite, ma come dice un famoso professore C'è un luogo e un momento per ogni cosa! Ma non ora e il Tanabata non era né il luogo né il momento per dei discorsi tanto tristi.
    «Oh, capisco.»
    Mormorò con un'aria che non voleva sembrare delusa ma che lo era comunque perché sì, era serio quando diceva di volerlo vedere con delle ali soffici e sì, aveva davvero preso in considerazione di regalargli un prodotto del genere.
    «Non conoscevo questo dettaglio, lo terrò a mente» Insomma doveva rivalutare un'intera gamma di regali per l'altro, la faccenda cominciava a farsi complessa «E l'importante è far credere agli altri che siano arruffate e poco curate perché fa parte del look da bad boy che non ha tempo per queste frivolezze.»
    Non era dato sapere se stava cercando di consolarlo o lo prendeva in giro.
    E più ci pensava e più si rendeva conto che quel peluche a forma di piccolo corvo torvo era perfetto per Jason.
    "Mi sono divertito molto."
    Desmond si aprì in un lieve sorriso, quelle erano le parole che più aveva voluto sentire, quella sera, era contento che come lui anche l'altro avesse trovato piacevole quel momento passato assieme. Sapeva di essere un individuo strano che poteva non andare a genio a tutti e... era onestamente felice che quel momento di festosa normalità non avesse annoiato l'altro.
    «Questi anziani guastafeste.»
    Dichiarò in una risata, sentendo le parole dell'altro, come se il cambio delle decine nell'età non incombesse su di lui e toccasse prima all'altro. Mancava pochissimo al suo compleanno e non voleva nemmeno pensarci, cominciava seriamente a sentirsi vecchio.
    «Ma te l'ho detto che mi sento buono questa sera, no? Ti concedo di andare a dormire e guai a te se punti una sveglia, domattina» Che recuperasse tutto il sonno di cui aveva bisogno dopo quelle giornate frenetiche passate ad organizzare lo spettacolo di quella sera «Vieni, torniamo verso il palco.»
    Magari Jason doveva recuperare qualcosa di proprio lasciato lì dopo lo spettacolo o magari voleva farsi riaccompagnare a casa da qualcuno della troupe, in ogni caso sarebbe stato comodo per entrambi fare tappa in quel punto centrale prima di tornare a casa.
    In quel silenzio che riusciva a non metterlo a disagio, naturale e non di peso, si incamminò verso la meta prefissata avendo cura che l'altro gli rimanesse al fianco.

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    ♦️ JASON LEROY ♦️
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    Ridacchiò alle parole di Desmond. Non era sicurissimo che la delusione che gli aveva letto sul volto fosse reale, ma come anticipato dall'amico non sarebbe stata una cosa totalmente inaspettata. Un momento, non è che gli aveva già comprato qualcosa ed ora se ne era pentito? Valutò quasi se ripetere che suo cugino quella roba la usava, invece, in modo che i regali di Desmond non andassero sprecati, ma si rese conto di star viaggiando forse un po' troppo con le ipotesi.
    -Fortunatamente, di solito, chi vede il mio Quirk sta per essere picchiato.- Era molto raro che Jason facesse sfoggio della sua Unicità in modo casual, non aveva arti prensili o altri espedienti che lo aiutassero nella vita di tutti i giorni ed era incredibilmente ingombrante, e chi pensava potesse usare le proprie ali come copertina quando aveva freddo e se ne stava disteso sul divano non aveva idea di quanto pesavano. -In effetti, sei una delle pochissime eccezioni.- Chi aveva visto il suo Quirk in maniera pacifica? Forse qualche medico, i suoi genitori e al massimo qualche amichetto alle elementari o alle medie, quando ancora si era nella fase di "fammi vedere il tuo". Infine, ovviamente, Castiel e Desmond, che coincidentalmente erano anche gli unici ad averlo visto durante le sue attività di vigilantismo (chiaramente, se lo usava solo in quelle occasioni, veniva da sé). Non si era chiesto troppo spesso cosa ne pensassero delle sue scorribande ma, se Castiel ogni tanto lo rimproverava, Desmond era totalmente un'incognita: non si era mai espresso al riguardo, a parte un generico "essere felice se c'erano meno criminali in circolazione". Certo, quello era ovvio, ma Jason ebbe quasi l'impulso di chiedergli se era felice che fosse lui ad andare in prima persona a ripulire, perché certo lui sarebbe morto dall'ansia se avesse saputo che Desmond faceva la stessa cosa. Meno male che non sembrava un'ipotesi molto concreta, insomma, si schifava del sangue.
    Alla fine, l'ex-attore non chiese nulla, bollando la questione come troppo controversa. Perché me lo stai chiedendo? Già udiva l'obiezione, e già sapeva che non avrebbe saputo cosa rispondere. "Non lo so, Desmond, sono solo un uomo debole in cerca di rassicurazioni, niente di che". In fondo poteva vivere anche senza saperlo, e quale che fosse il pensiero dell'inglese a riguardo evidentemente non era così importante da far sì che gliene volesse parlare.
    Pazienza, per ora avrebbe piegato, imbustato ed archiviato la faccenda nell'archivio delle questioni irrisolte su cui interrogarsi a tempo perso.

    Alla sua dichiarazione di essersi divertito, vide Desmond sciogliersi un po', ma alla fine non commentare nulla a riguardo. Beh, si era divertito anche lui? O lo aveva semplicemente sopportato? Jason si era abituato a non chiedersi più questo tipo di cose con Desmond perché si conoscevano da un po', poteva leggergli nello sguardo che si era divertito, ma certe volte si chiedeva chi dei due era più ossessionato dal mantenere la sua immagine composta e beffarda. Inutile dire che la cosa lo divertiva assai, perché era il primo ad utilizzare certi espedienti e gli riusciva relativamente facile smascherarli.
    -Pfft. Toccherà anche a te.- Ammonì Jason, alla giocosa lamentela dell'amico. A dirla tutta, non si sentiva così vecchio, né nel fisico né nella mente. In realtà, gli sembrava di essere più o meno lo stesso da quasi dieci anni, traumi a parte. Lo spaventava un po' la prospettiva del proprio corpo che invecchiava, e si chiese quando ne avrebbe avuto le prime avvisaglie: forse sarebbe successo al compimento dei fatidici trenta, chissà, per ora gli piaceva pensare che la cosa non lo riguardasse.
    -Oh, ti ringrazio giovanotto. Più tardi ti pizzicherò le guanciotte.- Promise, con aria grata, come se fosse un grande onore. -E... no, niente sveglia.- Rassicurò, più serio, assolutamente deciso a godersi del meritato riposo.
    Desmond propose di avviarsi verso il palco, e Jason si rese conto che era una tappa obbligata poiché ivi era rimasta la sua giacca nel backstage, indumento di cui sinceramente si stava per dimenticare, avviandosi direttamente verso la strada per chiamare un taxi.
    -Sì, andiamo.- Acconsentì, infilando le mani in tasca ed incamminandosi assieme all'altro. Probabilmente qualcuno della troupe poteva dargli un passaggio, ma avrebbe cortesemente rifiutato: non voleva costringerli a tornare dalla festa prematuramente solo per portare a casa lui e non gli andava di parlare di lavoro durante il viaggio di ritorno - cosa che sarebbe inevitabilmente successa. No, sarebbe tornato a casa in taxi, e probabilmente avrebbe offerto un passaggio anche a Desmond, se questi avesse accettato.





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    Grazie per la role :sparks:
     
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    Hello,

    è stata una role molto divertente da leggere ed avete scritto entrambi bene e senza particolari errori.
    In realtà non pensavo che i caratteri dei due PG fossero così compatibili, è stata una piacevole sorpresa :neko:. Naturalmente il GDR si dissocia dalle opinioni politiche di Desmond e Jason :zizi:.

    Desmond: +50 EXP + 25 EXP bonus post
    Jason: +50 EXP + 25 EXP bonus post

    Chiudo qui!
     
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