Tanabata, Takoyaki, Tanzaku and...Gundam! Part II

Tanabata Festival Part II | Role libera - Yoshito Amaterasu [role extra] & Mirai Ishigami

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    Mirai Ishigami
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    La festa del Tanabata non era ancora giunta al termine, mancavano delle ore ai fuochi d’artificio e i due ragazzi che passeggiavano l’uno accanto all’altra in mezzo alla folla avevano tutto il tempo per andare a vedere prima il Gundam, poi ad appendere i propri Tanzaku ed infine a godersi i botti verso sera.
    Mirai era felice, e non riusciva a togliersi il sorriso radioso che le illuminava il volto poiché il suo desiderio quell’anno si era avverato prima ancora di appendere il suo foglietto colorato al bambù.
    Tutto era iniziato con uno strano incidente avvenuto ad un banco che vendeva Takoyaki dove Mirai si era seduta a gustare il suo cibo preferito.
    Qualcosa o qualcuno poi aveva allineato gli astri in modo che Yoshito Amaterasu si scontrasse con lei, lì in quel posto e in quel momento.
    Si era così convinta che quello che era successo fosse frutto del suo desiderio che non riuscì a lasciarlo andare via quando egli in tutta fretta la lasciò da sola fuggendo via per le strade affollate.
    Fu così che Mirai presa dall’istinto e da un impulso incomprensibile che andava quasi oltre la sua umana natura, decise di fare una cosa folle che mai si sarebbe aspettata da sé stessa: lo rincorse e lo pedinò.
    Non sapeva perché stesse facendo tutto questo ma era convinta che il fato avesse messo lei sulla strada del cavaliere per una ragione: che quell’inchiostro sul foglio colorato non sarebbe stato quindi soltanto una parola scritta, e quello scontro sarebbe stato dono che avrebbe dovuto guadagnarsi.
    E così fu.
    Era una strana sensazione quella, sapeva di averlo conosciuto da poche ore eppure si sentiva bene, si sentiva a suo agio come non mai le era capitato prima di allora, come se fosse un amico di vecchia data: una cosa inspiegabile per lei.
    Nel loro viaggio verso la destinazione “Gundam” (fu molto contenta in effetti di sapere che il giovane cavaliere aveva la stessa sua intenzione di andare a vedere il grande Gundam – segnando un altro punto in suo favore -) Mirai Ishigami si fermò a pensare a tutto questo come se volesse analizzare le sue emozioni non riuscendoci proprio per nulla.
    Non aveva mai provato imbarazzo, felicità, divertimento, formicolio allo stomaco, e desiderio che il tempo si fermasse o meglio che si allungasse per molte molte altre ore ancora come in quel momento..
    Era una cosa positiva tutto ciò, senza spiegazione logica, e proprio per questo motivo decise di smetterla di pensare e di vivere quel momento lasciando il resto scorrere come il vento.
    Da quel vicolo e dal suo salvataggio, le cose erano cambiate e la tensione e distacco che aveva avvertito dal ragazzo si erano letteralmente spente fino a scomparire del tutto.
    Questo avvenne nel momento in cui la ragazza dallo strano corno –involontariamente- gli aveva affibbiato non solo un nomignolo (il nome per intero era troppo difficile da pronunciare tutto insieme) ma lo aveva pure appellato con un suffisso che non poteva certo essere stato ignorato da Yoshito.
    Si era presa la briga di dargli una confidenza che probabilmente non avrebbe dato a nessuno; non sapeva come ma l’istinto fu a guidarla verso questa scelta.
    E quelle poche parole furono la chiave di volta per sbloccare il cavaliere e abbattere quel muro di compostezza, di forma e di rigidità che portava dentro e questo le riempì il cuore di gioia.
    Essa, però, non fu di certo non potè battere quell'esplosione in petto che avvenne dopo che il ragazzo pronunciò quelle parole che per lei furono come il primo raggio di sole dopo anni di oscurità.
    Sarebbe stato il suo cavaliere per quel giorno.
    Niente in quel momento poteva essere più bello di questo. L’universo poteva anche smettere di esistere, non le sarebbe importato tanto quanto quelle parole.
    Le aveva appena aperto le porte di un paradiso mai avuto.
    Nessuno le aveva mai detto nulla di simile in tutta la sua vita e quasi si commosse perché non credeva di poterle mai vedere pronunciate da qualcuno.
    Fu così che assieme uscirono dal vicolo e come prima tappa della giornata decisero di mettere qualcosa sotto i denti e passare a prendere i Takoyaki con un sacco di patate dolci ad uno dei banchi vicini a loro e sebbene non fossero tanto buoni quanto quelli che aveva preso in precedenza, quelli avevano tutto un altro sapore: mangiarli in compagnia era decisamente un’altra cosa, mai provata prima, ma decisamente una gran bella cosa.
    Aveva cercato inutilmente di chiedergli di dividere la spesa -come era giusto dal suo punto di vista- ma trovò un rifiuto netto e così Yoshito le offrì il pranzo – rivangando il fatto che doveva comunque sdebitarsi per averla letteralmente investita – e si rimisero a passeggiare poco dopo.
    Non era mai uscita con qualcuno, figurarsi con un ragazzo. A dire la verità di amici ne aveva ben pochi – anzi nessuno – perché non era facile per lei riuscire ad instaurare una conversazione con chiunque, si sentiva molto spesso a disagio e non tutti riuscivano a sbloccarla e a farla sentire come una persona normale.
    Figurarsi uscire con lei e rimanerci per più di qualche ora! Per questo molte volte fingeva di poterci sentire – nonostante per lei fosse faticoso. Perché era sempre straziante venire esclusi.
    A scuola era sempre riuscita a farsi amare da tutti e da nessuno in particolare (perché era l’unica che si prestava a dare mano a chiunque ne avesse bisogno senza distinzione).
    Niente uscite con le amiche, niente party, niente gite in montagna, niente disco, niente cene, niente shopping, niente ragazzi.
    Yoshito Amaterasu era la prima persona che aveva accettato di passare una giornata con lei.
    Per questo per Mirai era tutto così nuovo, per questo era al settimo cielo.
    Dopo essersi rifocillati lungo il tragitto per andare a vedere il grande Gundam dapprima camminavano l’uno distanziato dall’altra e in silenzio ma questo durò sì e no circa 5 minuti.
    Mirai poi non riuscì più a contenere la gioia del momento e lo trascinò subito con sé - tirandolo per un braccio – verso il primo stand a disposizione, ovvero uno che vendeva maschere di ogni genere commentando tutte quelle che vedeva in una lunga sequela che non finiva più su come erano state fatte, sui dettagli che vi erano dipinti sopra da mani di esperti artisti del mestiere.
    Da una parte la cosa l’affascinava molto, dall’altra non ne comprò neanche una perché le maschere le mettevano inquietudine.
    Poi via di nuovo lungo la strada a vedere artisti, soffermarsi a gruppetti di bambini che venivano intrattenuti da numerosi giochi colorati, banchini di oggettistica di ogni tipo, bolle di sapone che si innalzavano nel cielo, lanterne di ogni tipo e dimensione e così via dicendo fino a che il sole non iniziò la sua strada per il tramonto.
    Mancava poco per la statua gigante del Gundam.
    Mentre passeggiavano l’uno accanto all’altra Mirai osservò una coppia poco più avanti a loro. Li guardò tenersi le mani a vicenda e non poteva immaginare come fosse provare una sensazione simile anche se per un breve periodo di tempo Yoshito gliel’aveva tenuta tra le sue ed era stata una cosa bella e profondamente romantica.
    Sbuffò mentre i suoi occhioni ambrati vennero avvolti da una leggera nota di malinconia.
    In quel momento le sovvenne una curiosità che si era insinuata dentro di lei già dal suo inseguimento, e non pensò due volte a chiederglielo…visto che era lì… poteva non cogliere l’occasione di domandarglielo?
    « YoshiKishi-kun? Posso chiederti una cosa? » in effetti avevano parlato della festa o per lo meno le parole che si erano scambiati erano veramente poche e riguardavano ogni genere di altra cosa «… il bento che…beh quel bento… sei riuscito a consegnarlo alla fine? » per lei era un altro modo per provare a ricevere una risposta alla domanda: ”hai una ragazza?”perché effettivamente non avrebbe mai avuto il coraggio di chiederglielo direttamente a visto aperto. In fondo poi era solo da poche ore che si erano conosciuti.
    Inoltre. Le interessava davvero saperlo? E dato che la risposta era un sì, perché le interessava davvero saperlo? Non lo conosceva neanche un po’, sapeva il suo nome, sapeva che poteva fare cose strane con le stoffe – tipo una copia esatta di un pezzo del suo corredo- e poi? Null’altro.
    Poteva chiedergli qualsiasi cosa in quel momento ma non fu così.
    Era troppo incuriosita dal sapere il perché era fuggito così di fretta da lei e a chi doveva consegnare quel bento e il perché con così tanta cura aveva scelto gli ingredienti da sostituire a quelli che caduti per terra.
    Non si era in effetti resa conto, nell’ingenuità della sua domanda che forse l’avrebbe sgamata sul fatto che lo aveva pedinato e l’aveva visto comprare cibo e correre per consegnarlo….ma in quel momento non ci pensò o meglio ci pensò ma oramai era troppo tardi per tornare indietro e cercò una scappatoia per cambiare discorso e per fortuna … solo per fortuna – strano – notò un piccolo furgoncino che vendeva zucchero filato poco più in là e con una certa fretta nella voce lo richiamò all’attenzione per evitare che si facesse pensieri a riguardo «Ah!! Guarda! Zucchero filato! Ti piace? Stavolta offro io. Sisi. Dai vieni! A-a-ndiamo! » stavolta non lo trascinò, semplicemente si mosse velocemente verso il grosso signore che vendeva il vaporoso zucchero e ne ordinò due.
    Colore rosa pastello per lei e azzurro per lui, appiccicoso, dolce e morbido proprio come piaceva a lei. «Awww… non sai da quanto non lo mangio! Da piccola mio padre mi portava a prenderlo poi crescendo gli è passata la voglia di venire a festeggiare al Tanabata. Preferisce stare sul divano! Ahahah.» disse strappando un morso di zucchero filato che si sciolse non appena si posò sulla sua linguetta « E’ la prima volta dopo tanto tempo che lo prendo… con qualcuno.» oramai erano passati anni in cui da sola se ne andava per il Tanabata e avere qualcuno con cui condividere anche piccole gioie e sfizi come quello era tutta un’altra musica «e sono felice di farlo con qualcuno che ama il Gundam come me! » sghignazzò cercando di rimediare alla gaffe che aveva fatto prima col bento. Non voleva perdere ciò che aveva guadagnato fino ad ora.
    Anche perché Yoshito Amaterasu in quel momento sembrava tutta un’altra persona rispetto a come lo aveva visto prima del vicolo.
    Una persona più serena, più libera.
    Non voleva che si annoiasse con lei, voleva che potesse passare una serata magica e fantastica come quella che stava passando lei. Voleva che si divertisse.
    Devo trovare qualcosa da fare... pensò. Voleva in effetti trovare un passatempo, o meglio voleva guadagnare altro tempo con lui e così si mise ad osservare in giro cercando qualche fonte di ispirazione.
    Un’idea. Un’insegna e una vasca gigante per terra. Tanti bimbetti e tante famiglie e anche qualche coppia intorno con retini di carta che cercavano di agguantare i pesciolini rossi e neri che sguazzavano frenetici nell’acqua.
    Ho trovato!! E … in effetti ho sempre voluto un animaletto domestico…! Khihihi pensò.
    Non era un Tanabata se non esisteva almeno un posto dedicato al Kingyo Sukui e pensava - anzi sperava - che il ragazzo avesse accolto la sua proposta credendo che sarebbe stato divertente come passatempo.
    «Yaaaay!!! Sarà divertente!!» sbottò così dal nulla seguendo il flusso dei suoi pensieri per poi rivolgersi a Yoshito con un grandissimo sorrisone sulle labbra « Finiamo lo zucchero filato… e poi … preparati!! Andremo a caccia di pesciolini rossi!» disse mettendosi a saltellare sul posto.
    «Vedrai sarà uno spasso!! »

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    Role Part II ~ il seguito di questa
     
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    Yoshito Amaterasu
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    Era lunga l'attesa che li separava dalla fine di quella serata, con un spettacolo pirotecnico che li attendeva per incoronarla. E così, come promesso, Yoshito si prestò a far da cavaliere alla ragazza dai capelli di sakura, rimanendo al suo fianco per tutto il tempo. Nessuno dei due osò mai afferrare la mano dell'altra, ma visti dall'esterno i ragazzi apparivano come una vera e propria coppia che passeggiava spensierata tra le bancarelle del Tanabata.
    Le mani del ragazzo erano immerse nelle larghe maniche del suo yukuta e seguì Mirai ovunque volesse, con gli occhi sempre vigili e sgranati e sfoggiando il suo immancabile sorriso rassicurante.
    E pensare che il destino avesse in serbo per me una simile giornata.
    Gli fu d'istinto rivolgere i suoi pensieri allo scontro all'incontro fortuito che aveva fatto conoscere i due; probabilmente se non avesse dormito troppo quella mattina, ora non sarebbe qui ad affiancare un splendida fanciulla. Senza contare il loro accidentale secondo incontro in cui Yoshito le ha prestato soccorso. Era per questo che nei suoi pensieri iniziò a considerare il tutto come una volontà del fato.
    Mantenendo un passo simile a quello di Mirai, Yoshito le camminò affianco cercando di mantenere il suo solito contegno e celando il più possibile il suo disagio; ciò che non poteva controllare però era il rossore dei suoi zigomi, dettato dall'imbarazzo. Il suo impaccio non era dovuto dalla presenza di lei, ma dal fatto che lui stesso iniziò a considerare quella situazione come una sorta di appuntamento e, completamente privo di esperienza in merito, cominciò a tormentare se stesso sul come dovesse comportarsi per non poter dare una cattiva immagine di se.
    Cosa si dovrebbe fare in queste situazioni? Dovrei dire o fare qualcosa di particolare? Dovrei tenerle la mano? E se le desse fastidio?
    Tormenti che non ebbero mai una risposta e che il ragazzo decise di ignorare. La sua mente cauta e calcolatrice era insicura su "quale fosse la cosa giusta da fare" e decise dunque di mantenere la situazione su toni più e non invadere gli spazi personali di lei, lasciandole le redini quasi tutto il tempo e imponendosi solo quando lo riteneva necessario. Ad esempio, per mantenere fede a quanto già detto, non volle sentir ragione quando Mirai chiese di pagare la sua quota del pranzo; l'onore del giovane Amaterasu ne avrebbe risentito se le avesse concesso un simile capriccio.
    Apprezzo la tua gentilezza di farti carico di parte delle spese, ma ne andrebbe del mio orgoglio se permettessi a me stesso di farti pagare dopo averti promesso che ti avrei offerto il pranzo. E poi devo ripagarti per l'onta che ti ho inflitto questa mattina.
    Seduti ad uno dei banchi del festival, mangiarono takoyaki e patate dolci a volontà. Eran i piatti preferiti da entrambi e, per quanto differenti, Yoshito pensò che si sposavan bene tra loro quelle due pietanze... Anche se quelle patate non eran nulla rispetto a quelle che gli preparava la madre.
    Ripresero a camminare, mai abbandonato dall'imbarazzo. La vita di Yoshito girava attorno al dojo di famiglia, tra allenamenti, pulizie e il dover badare al fratello mino e ad una madre cagionevole, e non aveva tempo per alimentare amicizie o altro tipo di relazioni. Era ormai abituato a vestire i panni del ragazzo sempre composto ed educato che quella situazione a lui estranea lo aveva spiazzato. Tuttavia non avrebbe mai smesso di sorridere e d'esser solare; aveva votato la sua vita ad una missione: voler portare sicurezza ed il sorriso nel prossimo. Era quello il genere di persona che voleva essere, per questo non gli pesava indossare una maschera... Perché era quello il genere di eroe che voleva diventare.
    Ma l'incertezza sul come agire portò a silenzi ancor più imbarazzanti del semplice starle accanto e che iniziarono a creargli un malessere interno, dispiaciuto nei confronti di Mirai per la situazione che s'era venuta a creare. Ma fu lei a spezzare la quiete e con essa l'imbarazzo. Wow! Strattonò per un braccio uno Yoshito distratto ed impreparato, rapendolo e trascinandolo ad un negozio di maschere. Era uno stand dall'incredibile fornitura e, con occhi carichi di entusiasmo, la giovane Ishigami si prodigò a commentar una ad una le maschere in esposizione, esaltandone la fattura, i dettagli e raccontando l'arte che vi era dietro la loro realizzazione. Incapace di interromperla o distogliersi da lei, il cavaliere non poté far altro che rimanere rapito dagli occhi ambrati della sua dama, come se un incantesimo lo avesse vincolato a lei.
    Alla fine non comprarono nulla, ma la fermata fu piacevole per entrambi; Yoshito partecipò persino alla discussione, sfoggiando il suo sapere sulle maschere da samurai in esposizione. Da quel momento in poi la situazione si fece più rilassata. I ragazzi osservarono e commentarono gli artisti di strada che intrattenevano i bambini con balocchi e giochi di prestigio; ammirarono le lanterne che si alzavano alte nel cielo e, man mano che si allontanavano e più il tempo passava, più il ragazzo iniziò a sentirsi a suo agio, come ci si sentirebbe con una persona che si conosce da tempo.
    Il sole stava tramontando e la strada che li separava dal Grande Gundam non era ormai tanta. E mentre passeggiavano col sorriso in bocca, lo sguardo di lui cadde su una coppia che si teneva per mano davanti ai due.
    Dovrei farlo anch'io? È il momento giusto?
    Si domandò tra sé e sé arrossendo dolcemente, mentre la sua mano si allargava per afferrare quella di lei; aveva ormai preso coraggio e le loro dita quasi si sfiorarono quando un intervento di Mirai lo portò a tirarsi indietro.
    « YoshiKishi-kun? Posso chiederti una cosa? »
    E-Ehm.. Esclamò alzando velocemente la mano e portandola sopra il capo strofinandolo con fare impacciato; girò per un momento il capo, per celare il volto colpevole ed imbarazzato di chi è stato scoperto con le mani nel sacco.
    Certo, dimmi pure!
    Le rispose tornando a guardarla, mentre il volto era mascherato con la sua solita espressione.
    Diamine, cosa faccio? Che mi ha abbia scoperto e si sia offesa?
    Da lì a poco Mirai esordì domandandogli del bento che aveva con se al loro primo incontro e, per quanto distratto dai propri pensi, Yoshito afferrò comunque il soggetto del discorso. Mmh...? Il bento? Avrebbe voluto risponderle, ma desistette. Il suo sguardo si fece più serio quando scrutò l'espressione imbronciata di Ishigami.
    Qualcosa sembra turbarla...
    Contemplò a se stesso per comprendere come meglio rassicurarla, era il suo spirito protettivo ad imporgli di farlo. Ma non ebbe il tempo di trovare una risposta che la sua mente venne risvegliata dalla voce della fanciulla che gli indicava lo zucchero filato tutta estasiata; non modo di replicare né di opporsi che i due eran già giunti difronte alla bancarella incriminata. Lei era partita senza esitazione e lui non poté far altro che seguirla.
    Che me lo sia immaginato?
    La fanciulla si concedette di offrirgli una porzione e questa volta il giovane non si sentì nella posizione di poter rifiutare la richiesta.
    E va bene. Esclamò con un tono allegro e rassegnato. Questa volta permetterò questa concessione. Accetto con solenne gratitudine. Con le mani sui fianchi, si esibì in un inchino di ringraziamento.
    Afferrò lo stecco di legno con la palla azzurra di zucchero filato, l'odore dolce della leccornia gli risalì su per il naso. Lo fissò e lo studiò per qualche attimo, rigirando lo stecco su stesso tra l'indice e il medio della sua mano. Poi, senza ulteriori indugi, lo addentò e ne strappò un pezzo, così grosso che dovette usar l'altra mano per finir di imboccarlo.
    Delizioso! Tuonò tutto estasiato.
    Anche Mirai, dal canto suo, sembrava soddisfatta del pasto; era felice di condividere con lui quel momento e lo si poteva intuire dall'espressione gioia sincera che esprimeva in volto. Ma anche il ragazzo decise di concedere qualche parola per incoronare il momento.
    Sai, Mirai-san... Era la prima volta che la chiamava per nome e un po' arrossì nel farlo. Anch'io ho avuto poche occasioni per concedermi un simile svago. Ero solito condividere certi momenti solo con la mia famiglia ma ultimamente anche con loro il mio tempo sembra esser tiranno...
    Solo per un attimo lo sguardo si fece basso, celando il suo volto rattristato. Quindi... Ma quando la testa si rialzò il suo viso era vispo e solare come il solito, sfoggiando un grosso sorriso e un'espressione contenta. Sono davvero felice di poter spendere questo momento con una splendida ragazza. Ahaha. Seguì una risata, non di beffa ma di gioia sincera. E poi... Anch'io non vedo l'ora di andare a vedere il Gundam!
    Rispetto ad inizio mattinata, Yoshito era più sciolto e rilassato, addolcitosi anche nella parlata forse proprio per via dello zucchero filato(?). Si stava lasciando andare un po' e questo lo aveva reso visibilmente più sereno, come se non curarsi più dell'etichette lo avesse liberato da un peso. E con gli occhi chiusi continuò ad addentare quella palla azzurra con un'espressione fanciullesca, come se una magia lo avesse scaricato di tutti i pensieri; ma l'incanto non durò per sempre, finito lo zucchero filato una nuova proposta si fece avanti all'orizzonte.
    Oooh! Il Kingyo-sukui!
    Su suggerimento di lei, i due si volevano prodigare alla cattura dei kingyo: i pesciolini rossi. Si rinfoderò le maniche dello yukata e poggiò la mano sul bicipite sinistro e, mettendosi in posa mostrando le braccia nude e muscolose alla ragazza, Yoshito esordì verso di lei con una faccia esaltata.
    Osu! Ottima idea Mirai-san! È il momento di far pesca grossa!
    Ho deciso. Questa volta non mi tirerò indietro.
    Si avvicinarono allo stand e fece un cenno alla donna dietro alla vasca. Questa volta di fece lui carico delle spese.
    Va bene, Mirai-san lascio a te l'onore per il primo tentativo.
    Il piano di Yoshito era semplice: l'avrebbe lasciata tentare da solo un paio di volte e dopodiché l'avrebbe aiuta. Le si sarebbe posizionato affianco ed avrebbe avvolto le sue mani attorno a quelle di lei, accompagnandola e guidandola mentre immergeva il poi. Infine, le avrebbe sussurrato qualcosa. Una qualche frase, con tono quasi paterno. Qualcosa del tipo: Il segreto è tutto nel tocco: dev'essere delicato... Mentre i lori visi era paurosamente vicini e gli occhi puntati sulla vasca piena d'acqua...


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    Mirai Ishigami
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    Mirai Ishigami era consapevole di aver detto una parola di troppo su quel bento che poteva aver gettato sospetti sul loro secondo fortuito incontro. Addentò un pezzetto di zucchero filato dal paffuto ammasso rosa sul bastoncino con fare un po’ nervoso E poi… perché mi dovrebbe importare se ha un-… aaaaaah! i suoi pensieri si accalcarono gli uni sugli altri finchè non decise di darci un taglio netto non appena i sui denti sbatterono gli uni sugli altri su un’altra manciata di zucchero.
    Perché rovinarsi una serata, e dei momenti piacevoli qualcosa che non aveva senso? Eppure…. eppure un senso ce l’avevano nella sua piccola e ingenua mente da sedicenne alle prese con la sua prima uscita con un ragazzo.
    Forse era proprio questo il punto: che stava vivendo quella serata come se fosse un vero e proprio appuntamento, anche se in realtà non lo era. Mirai comunque sentiva di vivere qualcosa di molto simile, per questo le importava. Le importava sapere se lui le facesse da cavaliere solo per redimersi e quindi magari aveva qualcun altro/a per la testa o perché c’era in qualche modo una sorta di piacevole intesa -o interesse-.
    Uff… perché penso a queste cose… alla fine neanche ci conosciamo affatto. Come posso chiamarlo appuntamento? Quanto sono scema… però… pensò mentre lo vide esclamare un “delizioso!” - dalle sue espressioni sembrava davvero che la ragazza avesse fatto centro con l’idea dello zucchero filato - Io non so perché… ma è così bello vederlo sorridere… quanto è carinooooo! socchiuse gli occhi per un attimo e un gridolino soffocato le fuoriuscì dalle labbra come quello che farebbe qualsiasi ragazza alle prese con un gattino batuffoloso e tenero.
    «Awww sono così contenta che ti piaccia! » sorrise, un sorriso tenero che divenne imbarazzato un secondo dopo che Yoshito la chiamò per nome.
    Lo…lo ha fatto davvero?... divenne rossa come un peperone, più o meno come lui, e a lungo andare se avesse continuato così probabilmente sarebbe svenuta in mezzo di strada.
    Lo ascoltò col cuore che le batteva così forte che lo sentì pulsare nelle sue tempie e nella sua gola, così forte che neanche il suo silenzio sarebbe bastato per metterlo a tacere.
    Poi lo vide un solo attimo rattristarsi mentre parlava della sua relazione con la sua famiglia, sembrava mancargli? Forse non aveva tempo per stare con loro?
    Avrebbe voluto dirgli qualcosa a riguardo ma quell’espressione un po’ cupa si dissolse come nubi al sole in pochi istanti e le mostrarono di nuovo un volto raggiante e un grosso sorriso come quelli di sempre.
    Per un attimo Mirai si fermò a guardarlo mentre si portava alle labbra l’ultimo pezzo di zucchero filato rimastole, pensando a quanta forza d’animo aveva quel ragazzo che le stava di fronte per essere così.
    Quel momento di malinconia fu spezzato dalla frase che seguì subito dopo quel sorriso.
    Ha… ha … ha appena detto “ splendida ragazza”? i pezzi della frase che comprendevano che era felice di essere lì con lei e che non stava più nella pelle per vedere il Grande Gundam andarono persi nel vuoto cosmico.
    Non perché non le interessava quello che aveva detto, non perché quella risata che ne uscì fuori da quelle due semplici parole non fosse sincera… ma perché nessuno prima di allora le aveva detto nulla di simile.
    Che io… abbia interpretato male? la risposta era un semplice “no” e Mirai lo sapeva, e quello sguardo e quel sorriso non potevano mentire.
    Sentì una morsa allo stomaco farsi pressante e percepì uno strano e fastidioso prurito sopra il naso mentre gli occhi si fecero lucidi e riuscì con molta fatica a ricacciare indietro le lacrime di gioia che le stavano per rigare le guance.
    Tirò sul col naso e si asciugò l’occhio destro sorridendo impacciata « P-per me è lo stesso… s-s-ei davvero un g-gentile…» balbettò mentre le parole non riuscivano a risalire la gola « E g-g-grazie… n-nessuno mi aveva mai d-detto qualcosa d-d-i così carino. » si schiarì la voce per ritrovare una qualche sorta di contegno che non esisteva.
    Si sentiva lusingata, accettata, al centro dell’attenzione e allo stesso modo sentiva mancare la terra sotto i piedi. Era una sensazione bellissima che la coglieva impreparata su tutti i fronti e questo la metteva un po0 a disagio.
    Fu così che decise che la cosa migliore da fare al momento era cercare di trovare qualcosa per intrattenersi.
    Trovò nel Kingyo-sukui la risposta che cercava: un modo simpatico e carino per divertirsi e fermare il tempo finchè poteva.
    La proposta fu ben accolta da Yoshito che mostrando le sue braccia muscolose in una posa da classico macho la spronò a farle strada per andare alla cattura di pesci rossi.
    E’….E’ davvero troppo… carino, simpatico, carismatico, col sorriso raggiante, un cavaliere in tutto e per tutto e perfino muscoloso: tutto questo in un solo individuo.
    Alzò gli occhi al cielo e con un veloce colpo di mani espresse ciò che aveva nel cuore Arigatou e lasciò che questa parola arrivasse a chi stava osservando dall’alto le loro gesta e che quella sera aveva lasciato che si scontrassero.
    Arrivarono allo stand, e fu il turno di Yoshito ad offrire la pesca e stavolta Mirai non potè obiettare, lo ringraziò con un profondo inchino e armata di retino di carta di riso si avvicinò alla grande vasca che brulicava di pesciolini di ogni genere.
    Rossi, neri, bianchi e rossi… tutti sguazzavano qua e là pronti ad evitare la cattura.
    «Mmh… ok, ci proverò.» disse in risposta a Yoshito che le aveva dato l’onore delle prime mosse. Così rimboccandosi le maniche dello Yukata, Mirai si concentrò sulle bestioline e tentò un approccio molto repentino, con movimenti di polso che sembravano più delle stoccate che delle leggiadre movenze di una ragazzina.
    «Awww….questi cosi scappano tutti via!» esclamò constatando che la sua strategia non stava funzionando per niente, infatti i pescetti fuggivano tutti impauriti e più tentava di raccoglierli e più questi sguizzavano via.
    « Mpf… » si stava leggermente alterando, anche se si divertiva lo stesso nel tentare di prenderne almeno uno, uno solo per portarselo dietro con sé in memoria di quella splendida giornata ma sapeva che se avrebbe continuato così non ne avrebbe preso neanche uno solo.
    « YoshiKishi-kun… tu sai come fa-….ah » si bloccò di colpo nella domanda che stava per fare perché qualcosa di totalmente inaspettato accadde.
    Percepì un lieve spostamento accanto a lei, alla sua destra. Dapprima sentì le sue mani avvolgersi dolcemente sulle sue guidando i suoi movimenti, facendole immergere il retino nell’acqua che in quel momento aveva perso qualsiasi significato.
    Si sentì avvampare di calore e poi, quando percepì che il volto di lui era stramaledettamente vicino al suo tanto da sentirne il fiato sulle guance (rosse come quei pesci che stava guardando – senza realmente guardarli perché era completamente rapita da tutt’altra cosa -), in quel momento sentì quasi esploderle il petto.
    …I….io….che f-faccio? Che invento? ... Mi volto?... Non lo faccio?... O sì? Che... che cosa succede se mi volto?… sapeva perfettamente cosa sarebbe successo se si fosse voltata, ma lo voleva davvero? Era sicura al diecimila per cento di sapere cosa l'attendeva se avesse girato la sua testolina verso Yoshito?
    Non aveva risposte, solo domande su domande ma una cosa era certa: se davvero stava per accadere qualcosa da classico film romantico Mirai non era del tutto pronta.
    Cosa ancora più importante è che le sembrava stesse accadendo tutto troppo velocemente e non lo voleva.
    «Y---» provò a chiamare il nome del ragazzo ma le morì in gola.
    Non sapeva cosa fare, non sapeva come muoversi, non sapeva se dare retta alla poca ragione che le era rimasta o al suo istinto.
    Che faccio adesso? Aaaaaaaaawww…. Mi volto? Non mi volto? Ma se mi volto i nostri visi saranno molto molto molto ….assai vicini… e …e… forse l’ha fatto apposta per … nuuooo! E se invece non lo faccio non posso vedere cosa dice… magari sono solo pensieri i miei o forse no… ma come faccio? Che situazioneeee era andata in tilt. Nel vero senso della parola.
    Voltarsi o non voltarsi. Questo era il problema.
    Avrebbe voluto avere un Unicità che potesse congelare qualsiasi forma di vita per poter avere il tempo necessario per pensare a cosa fare e come agire.
    E nel mentre i suoi pensieri si facevano sempre più ridondanti non si accorse che il suo corpo involontariamente - preso dall’imbarazzo, dalla gioia, dalla carica di emozioni che le passavano in tutto il corpo come scariche elettriche - iniziò a tremare.
    Allora sì che tutti i pesci iniziarono a fuggire in preda al panico.
    E quella cosa la risvegliò in parte dal suo stato di “film mentali da giovane ragazza alle prese con una prima cotta che ci prova spudoratamente con lei… o forse no… o forse sì? Ma non lo so quindi che invento? To be continued…” e guardando quelle povere creaturine sospirò non riuscendo a smettere di tremolare.
    «I-Io-…non… credo d-d-di--- ess-s-esserne… c-capace…» ogni parola sembrava essere pesante come un elefante e le ci volle un notevole sforzo per tentare di mascherare quel turbinio di emozioni e sensazioni che la scombussolavano in quel momento.
    Non era capace di prendere quei pesciolini… o di seguire quell’istinto che le diceva di lasciarsi andare e di buttarsi di nuovo in una cosa che mai avrebbe fatto; mettere da parte la mente e voltarsi verso il ragazzo che le stava a fianco poteva essere un azzardo troppo grosso per lei.
    No… non fare cose stupide e avventate Mirai! Ci conosciamo da poche ore in fondo no?... Sarebbe una cosa sconsiderata… osservò le sue mani tremolare dentro quelle del ragazzo …e bella allo stesso tempo… e se avessi torto e lui non sta facendo quello che penso… io…io non voglio rovinare tutto questo…non me lo perdonerei … aveva paura. Una paura matta di rovinare tutto. Quell’amicizia nata da poco e ancora non del tutto formata non poteva essere mandata all’aria da una sua decisione troppo avventata basata su una semplice (?) e dolce premura.
    «Sc-Scusami… mi sono un po’ fatta pren-ndere dall’emozione… N-non mi c-capita mai di poter divertirmi con qualcuno…» cercò di trovare una scappatoia per giustificare il tremolio. Una mezza verità, così decise di non voltarsi e offrire – con molta probabilità - le sue labbra – e il corno in fronte – al giovane Amaterasu.
    Un po’ a malincuore Mirai si convinse di avere fatto la scelta giusta. Se ne sarebbe pentita? Molto probabile, ma per il momento sapeva che quello che aveva fatto era la cosa "giusta"; "Ogni cosa a suo tempo" diceva un vecchio in un videogioco di mostriciattoli.
    Rimase a guardare le mani di lui che chiudevano a conchiglia le sue che ancora tremavano un poco mentre sul suo volto tentò di stampare un sorriso lieve.
    In fondo la serata non era neanche iniziata, aveva tutto il modo di imparare a conoscerlo e poi chissà... una cosa era certa.
    Non avrebbe permesso a nessuno e a nulla al mondo di rovinare tutta quella bizzarra e perfetta magia.
    Lei compresa.

    SCHEDA | VIGILANTES | ‹ LIV1 › | Ssh!~ (SweetSilentHollow)

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    ph76 © Grazie Red per avermi fornito un'immagine di Mirai per questa role
     
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    Yoshito Amaterasu
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    Yoshito e Mirai non erano mai stati così vicini da quando s'erano incontrati quella mattina; il viso di lui l'era così poco distante che la ragazza avrebbe persino potuto sentire la folta chioma del ragazzo solleticarle la guancia. Le mani congiunte del giovane attorno a quelle della fanciulla, percepirono il disagio e la paura di quest'ultima; le mani le tremavano e guidavano il poi con foga ed insicurezza, agitandolo quasi rompendolo, in quelle acque folte di pesci rossi.
    Il suo animo è chiaramente inquieto. Probabilmente teme il mio giudizio e questo le causa agitazione.
    L'udire poi le parole di imbarazzo della giovane dai capelli di sakura, non diedero altro che conferma della verecondia di lei al sorridente Yoshito che, stringendo la presa con cura per trasmetterle sicurezza, pronunciò delle parole di conforto che però non sarebbero mai giunte a Mirai se non sotto forma di un caldo respiro sulla sua guancia destra.
    Non aver timore di mostrare vergogna. Come per l'arte della spada, nel Kingyo-sukui sono calma, delicatezza ed esperienza a far da chiave per giungere al successo. Non aver timor alcuno, il fallimento non è una meta ma solo un'inizio.
    Yoshito non contemplò nemmeno per un momento che forse, e ripeto "forse", fosse proprio lui la causa di cotanto imbarazzo. E quindi, a rigor di questo ragionamento, non vi fu alcuna malizia o secondo fine nel gesto che ne susseguì di seguito. Per fornirle ulterior supporto, la mano sinistra del ragazzo si sollevò abbandonando la presa; dopodiché, si allungò assieme al braccio dietro il collo di lei per afferrarla dal suo di braccio.
    Tranquilla Mirai-san, ogni prima volta vien percepita dal nostro corpo come sgomento ed esitazione. Io stesso cado vittima di una simile emozione.
    Cercherò di guidarla nei movimenti. Spero che questi miei tentativi le possano donar sicurezza.
    Ancora all'oscuro della sordità della ragazza, Yoshito continuò a rassicurarla, ignorando che per lei le sue parole non eran altro che, letteralmente, mero fiato che gli usciva dalla bocca sulla guancia di lei. Ah! E non temere. Aggiunse di seguito. Anch'io mi sto divertendo un sacco!
    Con le sua mani attorno a lei, in una posa che dall'esterno sarebbe sembrata un abbraccio, iniziò a accompagnarla nei movimenti, guidandola come se fosse un burattino, nell'uso del poi, con la mano destra, e della ciotola semisferica, con la mano sinistra.
    Ecco... Ci siamo quasi!
    Il viso del ragazzo si sporse maggiormente verso la vasca e, Mirai, avrebbe potuto percepire il peso di lui gravarle addosso, non come zavorra troppo pesante da sopportare ma avrebbe percepito il corpo di lui farsi sempre più vicino, come se la stesse tirando a se. Con la coda dell'occhio, la fanciulla avrebbe potuto scorgere i lineamenti del viso di Yoshito che si affacciava verso il basso, sfoggiando in volto il suo classico sorriso, un leggero rossore a colorargli gli zigomi ed uno sguardo intenso e concentrato su quel che stavano facendo.
    Percepisco ancora insicurezza nei suoi movimenti, la paura di fallire e di mettersi in cattiva luce deve pesarle molto. Ma è mio compito di cavaliere liberarla da questo disagio e guidarla verso il successo!
    Con l'aiuto di del ragazzo, un pesciolino era quasi caduto vittima del loro retino. E più ci provavano, più lui si abbassava; e più lui si abbassava e più i loro visi si avvicinavano. Le guance dei due era oramai quasi a contatto tra di loro, quando all'improvviso...
    Ehi, aspettate un attimo voi due!
    Una voce ammonitiva da dietro il bancone interruppe il momento e, a causa di un movimento improvviso, il poi finì per essere infranto.
    Non sapete leggere le regole? Non è permesso dare una mano. Ogni persona deve giocare singolarmente!
    Agitando dapprima il braccio verso un cartellone a loro vicino, per poi portare le braccia sui fianchi in una posa stizzita, la proprietaria del bancone, una giovane donna sulla trentina in divisa nera, rimproverò la coppia con una faccia contrariata ma non veramente arrabbiata. Ma il richiamo bastò per interrompere Yoshito e la loro attivitò, facendolo balzare velocemente indietro, rilasciando Mirai dall' "abbraccio" in cui la teneva prigioniera.
    Gomen-Gomen...! Esclamò sorridendo e con un viso chiaramente imbarazzato, porgendo i palmi aperti in avanti in segno di venia. Ma dopo un respiro profondo, ripristinò il suo contegno e si esibì in un inchino di scusa. Le chiedo umilmente perdono per il mio comportamento. Non era mia intenzione infrangere alcun regolamento. Costui aveva lo sciocco desiderio di prestar soccorso alla mia amica in difficoltà e non si è reso conto della mancanza di rispetto che le stava causando. Le rinnovo nuovamente le mie scuse e le chiedo come possa ripagarla per un simile screzio. E concluse il discorso con un inchino ancor più profondo.
    Sorpresa dall'inaspettata reazione e dal comportamento servile e dimesso del ragazzo, il viso della donna mutò in un'espressione di imbarazzo che tentò di nascondere sotto un'espressione austera chiaramente finta e forzata; e, con un tono più dolce ma che voleva mostrarsi ancora ammonitivo, esordì con la sua risposta a Yoshito.
    E va bene giovincello, sei perdonato. Gli disse mentre abbassava le braccia dai fianchi e esalava un sospiro. Lo sguardo di lei si fece più, e calò sul poi rotto tra le mani di Mirai. La donna iniziò dunque ad armeggiare sotto il bancone e ne tirò fuori due retini nuovi, porgendone uno alla ragazza.
    Tieni signorina, prendi questo. Cercando ancora di emulare un tono adirato, tradito però dal uno sguardo impietosito. Probabilmente si sentiva colpevole di quel danno. Il prossimo giro ve lo offro io, solo perché il tuo ragazzo è stato così educato.
    Dopodiché, porse il secondo poi verso Yoshito. Tieni, questo è per te! Esclamò mantenendo il finto viso arrabbiato. Così adesso non hai più scuse per infrangere le regole. Gli porse il retino e esordì con un ultimo sospiro. Il ragazzo lo afferrò inizialmente con fare un po' indeciso, non capendo il motivo di un simile gesto; ma ben presto riesumò nuovamente il suo sorriso, donando infine, come ringraziamento, un ultimo solenne inchino.
    La ringrazio solennemente per questo dono. Costui non è degno di una simile cortesia.
    Si, va bene, va bene. Cercò di liquidarlo per poi allontanarsi per non mostrare il suo imbarazzo. E Vedi di trattare bene questa fanciulla! ... Questa cosa ha dell'incredibile... A quanto pare esistono ancora dei giovani che sanno cosa sia la cavalleria... E mentre si allontanava verso altri clienti dall'altro lato del bancone, la donna sembrò farfugliare qualcosa fra sé e sé in commento alla situazione.
    Una signora davvero gentile e peculiare.
    Adesso che la quiete era stata ripristinata, Yoshito porse il suo sguardo verso Mirai sventolando il nuovo poi che stringeva nella mano. Inarcò bocca e sopracciglia, mostrandole il suo sorriso e una faccia di gioia.
    Bene Mirai-san. Direi di sfruttare questa seconda possibilità per riprovare a far nostri i Kingyo!
    Le si avvicinò nuovamente ma questa volta stando al suo fianco e lasciandole spazio, anziché avvolgersi a lei in un abbraccio. Allora, innanzitutto partiamo dalla presa... Dopodiché si prodigò a trasmetterle persino e per segno le sue conoscenze sul Kingyo-sukui. Da come dovesse impugnare ed usare poi e ciotola per poter catturare la preda e non rompere il retino, al come dovesse effettuare i movimenti per catturare con efficacia i pesciolini.
    Ora ti mostro come si fa. Osserva.
    Si prodigò dunque in una dimostrazione pratica, esibendo la sua abilità nella pesca ma rilasciando nella vasca tutti i pesci che catturava.
    Desidero che sia lei a compiere la prima cattura.
    Girò la testa un'ultima volta verso la ragazza, fissandola dritta nei suoi occhi color ambra.
    Forza Mirai-san. So che puoi farcela!
    E cercando di trasmetterle fiducia e carica, Yoshito spostò dunque lo sguardo sulla vasca, ed osservò con occhi strabuzzi i movimenti della ragazza.


    SCHEDA | HEROES | CRONOLOGIA | #LIVELLO 2

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    Mirai Ishigami
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    Non sapeva quanto ancora sarebbe resistita a tutte quelle attenzioni.
    Il suo cuore scandiva ogni secondo che passava con le sue mani avvolte delicatamente in quelle calde di Yoshito Amaterasu.
    Mirai non riusciva a smettere di tremolare come una foglia scossa dal vento mentre il suo ventre risuonava come un tamburo a festa No...ti prego no...non svenire! pensò cercando qualcosa per distogliere l’attenzione dai capelli del ragazzo che le solleticavano il collo, dal suo respiro sulle sue guance – che oramai dire rosse era un eufemismo – e da tutta la sua presenza che si faceva ogni secondo sempre più vicina.
    La ragazza già si vedeva, tra qualche minuto, svenuta con la testa nella vasca per pesci a emanare bollicine dalle labbra e dal corno Nooo per favore no… eppure nonostante cercasse qualche istante per riprendere fiato – perché stava pure in apnea la povera fanciulla in alcuni momenti – non poteva ingannare a lungo se stessa con quel no.
    La verità era che si sentiva al sicuro in quello che stava diventando sempre più qualcosa di simile ad un abbraccio.
    Nessuno di estraneo le aveva mai dato questa sicurezza e per questo forse aveva troppa paura di perdere tutto questo con un passo falso.
    Per questo, il suo sguardo era fisso sulle acque la cui superficie si frastagliava in onde concentriche senza lasciarle vedere riflesso il volto del ragazzo che le stava vicino e scorgere cosa le stesse dicendo o cosa stesse facendo.
    E se mi sta dicendo delle cose carine? Che faccioo??? E se… e se sta cercando di …aaaaaaahhhh no…non ce la posso fare… il suo cervello era chiaramente in tilt più o meno come il suo cuoricino e la cosa brutta dell’essere sorda era che non poteva minimamente sentire le parole di Yoshito che erano tutt’altro che lusinghe o piacevoli apprezzamenti.
    Sentì il suo respiro interrompersi, allungarsi, divenire tutt’uno e poi interrompersi di nuovo Sto per svenire… si è fermato? Ha fermato il suo discorso… e… e… adesso? Che faccio? Che farà? i suoi occhi sembravano spiritati e oramai fissavano il vuoto cercando di non voltarsi verso il ragazzo e neanche più ricercavano il riflesso della coppietta sulle acque della vasca.
    N…naaani???!!! Mirai Ishigami si irrigidì. Divenne un blocco di marmo nel momento stesso in cui il ragazzo fermato il suo lungo discorso le passò il braccio dietro il collo per afferrarle il suo «Y-Y-Yoshikishi…» balbettò non sapendo cosa dire o cosa fare.
    Rimase immobile come se qualsiasi movimento o respiro le potesse costare cara la pelle, ma in realtà nel profondo Mirai sapeva quanto avrebbe voluto lasciarsi scivolare tra quelle braccia muscolose.
    Altri respiri, cadenzati come un altro discorso.
    UN.
    ALTRO.
    DISCORSO.
    Io… io devo sapere… non ce la faccio più… glielo devo dire… il cosa dirgli era tutto un altro paio di maniche e andava dal “ti prego lasciami respirare” al “devi sapere che non posso sentirti quindi ti prego guardami mentre parli” al “ anche io!” – quest’ultima era probabilmente riferita nei suoi film mentali a classiche dichiarazioni d’amore tra cavaliere e principessa.
    «Mnh?» Per fortuna non scelse nessuna delle tre poiché in quel momento Yoshito guidò le sue mani nell’utilizzo del poi per catturare un pesce e della ciotola che non ricordava neppure di avere in mano – per sottolineare quanto era andata in botta-.
    Me… me lo sono immaginato? Mi... mi sono inventata...tutto? sentì il peso del ragazzo farsi sempre più presente sulla sua schiena e ne scorse i lineamenti sull’acqua che si era calmata assieme al suo spirito.
    Non tremava più.
    Si stava forse abituando alla cosa o forse la magia era appena svanita?
    Sembrava così concentrato da quel riflesso sulla cattura del pesce che… sembrava davvero che tutto quello che aveva pensato fosse stata tutta una dolce illusione o un fraintendimento continuo.
    Questo la portò a trarre un grosso sospiro di sollievo e la rincuorò donandole una piacevole sensazione di sollievo.
    Tutto doveva avere il suo tempo, nulla poteva essere dato per scontato o avvenire troppo in fretta… altrimenti anche i film d’amore finirebbero al minuto 20 e nessuno andrebbe mai a vederli.
    Mirai Ishigami lo guardò e quel peso che sentiva vicino a sé non fu mai così leggero come in quel momento.
    Le sue braccia si rilassarono e si lasciarono guidare dalla presa salda e delicata di Yoshito che stava sorridendo.
    A forza di provare a catturarne uno di quei poveri pesci erano quasi arrivati a sfiorarsi, guancia guancia quando qualcosa sembrò interrompere bruscamente la pesca e Yoshito – Mirai venne riscossa semplicemente dal movimento brusco del ragazzo e la sua mano seguì quel moto che portò a rompere inavvertitamente il retino.
    «Owww. Mi spiace Yoshikishi-kun, penso di averlo rotto… che frana che sono. E… Ehi… tutto bene? » rimase a fissare il retino con sguardo triste più per il fatto che Yoshito si era spostato da quella posizione che per l’effettiva rottura del poi.
    Mirai si voltò verso il ragazzo che sembrava scambiare delle parole con la giovane donna dietro il bancone che agitava le mani mostrando loro un cartellone che elencava le regole del gioco. Prima tra queste: ogni giocatore deve giocare singolarmente.
    La donna sembrava piuttosto contrariata dall’atteggiamento di Yoshito che non esitò un secondo a mollare la presa su Mirai e tirarsi indietro.
    Awww non è giusto… proprio adesso…perché?? pensò sospirando Non è assolutamente giusto… proprio adesso che… che… stavo bene… se non fosse stato per il suo immenso contegno probabilmente si sarebbe messa a piangere ma si limitò ad osservare il retino rotto tra le sue mani senza prestare la vista al dibattito tra Yoshito e la proprietaria del posto.
    Non bastarono neanche pochi secondi, che la ragazza si ritrovò in mano un nuovo retino per la pesca.
    «Oh?... OH! Grazie! » esordì lasciando alla donna quello rotto e dondolando quello nuovo tra le sue mani felice ASPETTA. HA APPENA DETTO RAGAZZOOO???? Mirai si bloccò di nuovo guardando la proprietaria con uno sguardo allucinato come se le avessero appena detto: “c’è un fantasma dietro di te”.
    Divenne rossa come un peperone di un tratto e non fiatò, non una singola parola uscì dalle sue labbra ma solo un lieve e debole ribollire di lettere e parole senza filo logico.
    Fu riscossa solo da Yoshito che si voltò verso di lei, mostrandole un sorriso radioso e le disse qualcosa come provare a pescare di nuovo… o qualcosa di molto simile che passò come l’acqua ad un mulino.
    Forse… forse non ha capito o non ha sentito quello che ha detto la signora… meno male… sorrise di rimando al cavaliere e sollevò il suo poi annuendo con una goccia di sudore freddo che le calcò le tempie.
    Questa volta le si mise accanto.
    «Mpf…» sbuffò felice di questo. Così poteva guardarlo per bene negli occhi, leggere le sue labbra, non farsi strane idee e niente fraintendimenti.
    Fu così che la ragazza “ascoltò” o meglio prestò attenzione alle sue parole sulle sue conoscenze del Kingyo-sukui e sulle tecniche per non rompere il retino in modo da ottenere il risultato sperato.
    Mirai Ishigami pensò che sarebbe rimasta una giornata intera a pendere dalle sue labbra, riusciva a spiegare tutto alla perfezione e a trasmetterle le sue emozioni senza che potesse ascoltare il suono della sua voce. Come se fosse il suo stesso spirito a vibrare in ogni sua parola.
    Le mostrò come si faceva, rilasciando ogni pesce che catturava per poi guardarla dritta negli occhi e in quel momento Mirai lesse sulle sue labbra parole che suonavano come un incitamento: Yoshito Amaterasu credeva in lei e nelle sue capacità.
    Quelle parole presero vita in lei come nuova fonte di energia e la ragazzina dallo strano corno si sentì rinvigorita. Annuì con un breve cenno della testa, sorridendo.
    In cuor suo sapeva che non era capace di prendere un pesce ma per il solo fatto che riponeva in lei la sua fiducia sapeva che non poteva arrendersi prima di aver ritentato un'ultima volta.
    Si mise quindi in posizione.
    Non poteva, e non voleva darsi per vinta e in un certo qual modo voleva farlo più per lui che per lei stessa e poi... poteva essere un buon modo per calmare i bollenti spiriti e cercare di tornare in sè, dimenticando un po' le figure che aveva fatto fino ad ora...
    Si sporse sulla vasca dove i pesciolini nuotavano in forme caotiche e confuse. Ciotola alla mano, retino nell’altra, Mirai trasse un profondo respiro e si concentrò cercando di riportare alla mente quello che il ragazzo le aveva detto di fare.
    «…» osservò i pesci e portò il retino sotto l’acqua e aspettò il momento propizio. Delicatezza, calma e niente movimenti bruschi erano le regole fondamentali.
    «YoshiKishi-kun? Sei stato davvero gentile... vedrai. Ci riuscirò.» stavolta nella sua flebile voce -come per non disturbare i pesci e farli allontanare da sé - non vi era neanche l'ombra di esitazione o di tremore.
    Fu in quel momento che il suo sguardo cadde su alcune vittime ma i movimenti del polso che ne seguirono furono ancora troppo impacciati e troppo frettolosi e i pescetti sguizzarono via da lei.
    «MMmhhnnn...» il suo sguardo si corrugò solo un attimo preso dalla stizza di non averne afferrato neanche uno e stava quasi per cedere alla voglia di lasciare tutto quanto ma pensò che un altro tentativo non le avrebbe fatto di certo male.
    «Magari...la seconda è quella buona... no?» disse sospirando e cominciando a parlare tra sè e sè a bassa voce ripassando tutte le varie sequenze che le aveva mostrato Yoshito, e i consigli che le aveva fornito in merito.
    «Ok, riproviamoci.»
    Stavolta decise di provare un'altra strategia, ovvero mise la mano con il retino sotto l'acqua e lì attese in silenzio che qualche pescetto stupido o curioso si avvicinasse abbastanza per arrivare fin sopra il poi.
    L'attesta sembrava non finire più ma la ragazza non si mosse e neanche pronunciò alcuna parola, quasi se ne stava in apnea per far sì che la sua presenza passasse il più possibile inosservata dalle creaturine acquatiche.
    Fu solo dopo qualche minuto che lo vide: era un pesce rosso, piuttosto piccino rispetto a quegli altri che sembrava in qualche modo attirato dalla sua mano sommersa nell’acqua Ok...ci siamo... ora...con calma e delicatezza... pensò portando il retino sotto quell’esile corpicino lentamente senza movimenti bruschi e seguì il suo percorso - Mirai era così concentrata in questo che non si accorse neanche delle numerose facce buffe che stava facendo per la concentrazione- fino a farlo quasi risalire in superficie dove infine mosse il polso in maniere lieve nella sua prontezza e …
    « Ce… ce l’ho fatta?...» osservò la creaturina divincolarsi nel retino mentre con una rapida mossa riuscì a gettarlo nella ciotola dove questo si divincolò preso dal panico girando in tondo per un po'.
    Mirai lo osservò come se fosse un trofeo tanto agognato e ancora non riusciva a credere di essere riuscita a fare quello che non credeva possibile.
    « Ce l’ho fatta...» ripetè una seconda volta, incredula di quello che aveva appena fatto.
    Lo osservò boccheggiare nella povera ciotola, probabilmente ancora preso dal panico per quello che gli era appena accaduto - povera piccola creatura - e Mirai poggiando il retino prese il dito e lo infilò nella ciotola per sfiorarlo e sentirne la viscida pelle rossa come se si volesse assicurare che fosse vero.
    Quello che accadde poi fu un escalation che la portò a non trattenere più la gioia che stava reprimendo.
    «Waaahhh!! » esclamò guardando prima il pesce e poi il cavaliere « Yoshikishi-kun l’ho preso! Guarda guarda!! E’ fantastico!!! Ho preso un pesciolino!! Awww quanto è carino!! » sembrava come se le avessero appena preso un cucciolo di cane da quanto sprizzava gioia, ed era così euforica e così felice di essere riuscita in ciò che non avrebbe mai pensato potesse mai fare –come catturare un pesce- che si lanciò – con tanto di ciotola sì, e per poco non rovesciò ogni cosa- al collo di Yoshito abbracciandolo.
    No. Non se ne rese conto da quanto era felice.
    O forse… sì?
    « Ed è tutto merito tuo!! Grazie grazie grazie!!!» continuò per poi allentare la presa sul collo del ragazzo sussurrando «Grazie per aver creduto in me… sei davvero un eroe.» si staccò da quella presa lentamente e si rimise in piedi controllando che il pesce fosse ancora nella ciotola - visto quello che aveva appena fatto era un miracolo che quella bestiolina non fosse rotolata per terra come i suoi Takoyaki.
    «E ora, caro piccolo esserino, sei mio! » no, non si era dimenticata affatto di tutto quello che era accaduto prima ma tentava di sostituire quell'imbarazzo assurdo con qualcosa di diverso per evitare ulteriori problemi di incomprensione - che già ne aveva avuti anche fin troppi -.
    Che ci riuscisse o meno in questo, quello era un altro paio di maniche.
    «Sc-Scusi! Potrebbe avere qualcosa di più...ecco... solido di un sacchetto di plastica? Dovrei tornare a casa tardi stasera... ho paura che si rompa...» sghignazzò portandosi verso il bancone, dalla giovane donna, che guardando la misera cattura quasi trattenne una risata.
    Probabilmente le disse anche qualcos'altro dopo averle preso la ciotola e averne versato il contenuto in un barattolo di marmellata di Azuki ma in quel momento Mirai era immersa nei suoi pensieri che seguì i movimenti della ragazza con distacco. Come se fosse presente solo il guscio di Mirai Ishigami.
    Non sapeva cosa fare. Non sapeva che intenzioni avesse il ragazzo e neanche se effettivamente ci stesse provando con lei o se fossero tutte seppie mentali le sue.
    Eppure. Eppure si trovava bene, si sentiva bene, si sentiva al sicuro dentro quel mondo fantasy di cavalieri e principesse e trofei.
    Avrebbe voluto riprendere il controllo della situazione e cercare di darsi un contegno d'ora in poi ma... c'era qualcosa in lei che non voleva tutto questo, quella parte di lei, quella principessa che rinchiusa perennemente in un castello aveva solo voglia di divertirsi, sbagliare, fare figuracce, imbarazzarsi ancora, sentire i tuffi al cuore e buttarsi senza malizia senza secondi fini in quell'avventura tra le braccia del suo cavaliere per una notte.
    Quindi a cosa le serviva farsi tutti questi pensieri?
    Sorrise ringraziando la donna e portandosi via il barattolo a cui accuratamente avevano fatto due forellini sul tappo e si avvicinò a Yoshito con uno sguardo tenero.
    Poteva anche sembrare una stupida ma scelse di ascoltare quella parte di lei e lasciare perdere il resto.
    «AAAAllora!… La tua pesca invece? Come è andata? » gli chiese mentre si nascondeva dietro il vetro del contenitore per osservare meglio il pescetto « AH!... Sc-Scusami per prima.» gli disse - che si stesse riferendo all'abbraccio o al fatto che stava quasi per svenire grazie a lui evitò di allungare il brodo del discorso - « Comunque sei davvero bravo con questo genere di cose... io ci avrei fatto notte a prenderne uno.» portò davanti a sè il barattolo dove la creaturina con gli occhi sbarrati - come di solito hanno questi pesci - fece un giro del perimetro del vetro e tornò a galleggiare nel mezzo. Stava già detestando la sua umana probabilmente « Chi ti ha insegnato a farlo? O...hai un talento naturale per insegnare e per prendere i pesci? » una flebile risata venne coperta dalla mano libera della giovane che poi tornò a fissare con i suoi occhioni ambrati il cavaliere e si schiarì la voce prima di assumere una posa regale da incoronazione -e sperava di aver azzeccato il suo nome completo -«Sir Yoshito Amaterasu. Vorrei che foste voi a nominare questo pesciolino come suo fedele ... fedele... come nostro fedele compagno di avventure!... In fondo. E’ grazie al vostro coraggio e alla vostra dedizione e alla vostra pazienza e ai vostri insegnamenti se sono riuscita a catturarlo.» disse come se volesse in qualche modo stuzzicarlo parlando in modo simile e ovviamente esagerato rispetto a lui.
    Attese quindi il verdetto tenendo il barattolo in mezzo alle sue due manine portate a coppa sotto il vetro.
    Probabilmente avrebbero preso la stramba coppietta come per pazza in quella stramba recitazione di vestizione, ma Mirai in quel momento se ne fregava altamente.
    Non le importava di niente e di nessuno, e a volte essere sorda poteva essere un pregio.
    « Hihi. Adesso tocca a te. Cosa ti andrebbe di fare adesso? Andiamo a vedere il grande Gundam? Poi se vuoi possiamo fermarci da qualche parte ... e... ah scusa... è giusto che stavolta sia tu a scegliere dove andare no? » propose per poi aggiungere in un tono molto flebile « E' davvero una serata indimenticabile... » forse non era così flebile da essere udita solo dal pesce rosso ma Mirai non se accorse.
    Stavolta fu lei a far sbocciare sul suo volto un grande sorriso raggiante.

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    Edit: Ho editato l'ultima parte. Scusate ma era necessario per dare spunti per il prossimo al mio compagno di role. - Altrimenti erano solo film mentali di Mirai e ciò non facilitava molto le cose -


    Edited by ¬Kinshara - 4/10/2020, 17:36
     
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    Yoshito Amaterasu
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    Coraggio Mirai-san, ricorda che Yoshito Amaterasu crede in te!
    Con le palpebre completamente spalancate, sfoggiando i suoi rossi e dorati, le attenzioni di Yoshito erano completamente riversatte su Mirai e le sue mani. Non gli fu difficile notare e percepire che la fanciulla dai capelli di sakura fosse risentita dall'insoddisfacente riuscita di quella situazione; con troppa foga ed imprecisione nei gesti, l'impresa per lei si stava rivelando più titanica di quel aveva immaginato e, come risultante, la sua pazienza fu quella ad esser sfidata. Il ragazzo intanto, mentre con le braccia continuò a catturare pesci rossi guidato dalla sola memoria muscolare, osservò Mirai per tutto il tempo, rapito dai movimenti di lei e correggendone gli errori nei suoi pensieri.
    Calma Mirai-san. Ricordati cosa ti ho detto: il segreto sono calma e delicatezza.
    E, come se i suoi pensieri fossero entrati in sicrono con quelli di lei, i gesti della ragazza si fecero più dolci e calcolati; lo sguardo le si caricò di determinazione e Yoshito esultò dentro di se quando la osservò afferrare poi e ciotola con fermezza e decisione, volitiva di far suo uno di quei pesci rossi.
    Ora calma... calma... Ci sei quasi...
    Sussurrò il ragazzo a se stesso più che verso la ragazza, ormai incapace di contenere la sua voce tra i suoi pensieri. L'espressione di Mirai era estremamente concentrata, il suo sguardo era completamente assorto nella cattura e anche lui ne fu così immerso che il suo corpo si fermò e smise di far ciò che stava facendo; il retino era ormai sotto il bersaglio, la ciotola si avvicinò faina verso la preda, bastava solo un ultimo decisivo movimento e...
    Ce l'hai fatta!
    La voce di lui risuonò all'unisono con quella di lei e senza rendersene conto, entrambi si lanciarono in festeggiamenti per celebrare il momento, come se la vittoria gli avesse assicurato un qualche genere di grande ricompensa.
    Mirai-san, tu mi colmi il cuore di di gioia. Non avevo dubbi che saresti riuscita della tua impresa!
    Col volto gioioso e soddisfatto, come un genitore che vede muovere il proprio figlio muovere il suo primo passo, Yoshito sprigionò tutta la sua solarità in onore della vittoria della ragazza. Subito dopo, Mirai, presa dalla foga del momento e vittima di un impeto di felicità, si gettò al collo del giovane samurai; sorpreso ed impreparato, il ragazzo si divincolò istintivamente per controbilanciare lo sbalzo, per evitare il ribaltarsi della sua ciotola e prevenire il disastro. Dopodiché, lasciatosi imprigionare da quell'inaspettato abbraccio, la sua risposta a quel così affettuoso gesto fu il completo silenzio.
    Per i cieli! Cosa sta succedendo!?
    E mantenendo le braccia ben larghe tra di loro, stringendo stretti retino e ciotola tra le sue dita, l'impreparato ragazzino si irrigidì di colpo ammutolendosi completamente, mentre una sensazione di calore gli invase il petto. Era il calore generato dal corpo di lei o era l'imbarazzo? Forse entrambi. Quel che era certo è che il volto di Yoshito diventò paonazzo e mille pensieri gli assalirono in capo. Paralizzato da quell'incaglio, iniziò -di nuovo- a far l'unica cosa che gli era possibile: trovare la soluzione più logica per gestire quella situazione.
    Cosa faccio adesso? La allontano? No, non avrei mai il coraggio di interromperla in questo momento... Sembra così felice.
    Un attimo... Che sia questo quello che intendono per approccio romantico? Che ci stia "provando"!?
    Un turbinio di pensieri e seghe mentali domande senza risposte lo assalirono come un fiume in piena, ma che all'esterno vennero ben celati dietro il suo solito grosso sorriso.
    Per i cieli, non so se son pronto per questo.
    Con un volto gioioso come quello di una bimba, la fanciulla ringraziò il suo cavaliere definendolo un eroe e condivise con lui il suo momento felice, mostrandogli trionfante l'opera della sua conquista. Inutile specificare quanto ciò mise ulteriormente in difficoltà il povero ragazzo e che adesso, obbligato ad una risposta, storse le labbra per nascondere il disagio, per poi provare a balbettare qualche parola per distogliere le attenzioni dal suo imbarazzo.
    S-sono davvero entusiasta per te, M-Mirai-san! L'abbraccio della ragazza durò più di quanto si sarebbe aspettato e ormai gli era quasi impossibile nascondere ancora l'emozioni che lo pervasero. Che sia stato io a far fraintendere la situazione? Io volevo solo essere cordiale! Ma... Ma forse... Fu allora che un dubbio lo pervase. Forse dovrei abbracciarla anch'io? Qualcosa dentro di lui si smosse, il coraggio di cui si faceva vanto in combattimento si fece avanti per aiutarlo in quel momento.
    Deglutì sonoramente, ma per sua fortuna la cosa non sarebbe stata udita dalla sua accompagnatrice; dopodiché le sue braccia, ancora larghe, ancora rigide, iniziarono a muoversi timidamente e a chiudersi lentamente verso l'interno e attorno al collo di lei. Ma troppo aveva temporeggiato prima di passare all'azione ed ora la donzella s'era già scossa da lui con un movimento più rapido che si potesse aspettare; con altrettanta lestezza anche le braccia tornarono lontane, scuotendo e rischiando di rovesciare la bacinella piena d'acqua e pesci che reggeva nella mano sinistra, ma per sua fortuna riuscì a risparmiarla dal disastro.
    Era finalmente libero da quella situazione imbarazzante anche se forse in cuor suo ci rimase un po' male. Proprio adesso che avevo trovato il coraggio di agire. Pensò fra sé e sé, ma il momento era passato e ne approfittò per riprendere fiato.
    Mirai si distrasse un attimo per recuperare un nuovo recipiente per il pesciolino da lei catturato e Yoshito si girò, dandole le spalle, per recuperare la calma e il contegno che aveva smarrito. Si chinò in avanti poggiandosi un attimo alla vasca dei pesci e, perdendosi tra i suoi pensieri, rimase con lo sguardo fisso e basso ad osservare i suoi stessi occhi riflessi in quello specchio liquido.
    Ma cosa sto facendo? Si rimproverò. Non è da me avere un comportamento dal così debole contegno. Mi sembra di essere tornato indietro ai miei primi giorni con la spada... No, non permetterò che la mia inesperienza con le ragazze rovini la giornata di questa splendida fanciulla. Il suo riflesso lo osservò con uno sguardo severo e ammonitivo che gli ricordarono il padre. Le ho promesso che quest'oogi le sarei stato accanto nei panni di cavaliere e onorerò la mia promessa. Quindi basta con questa patetica insicurezza e questi atteggiamenti da vigliacco, Yoshito Amaterasu... Nella sua testa alla sua voce venne sovrapposta, mescolandosi, quella dura e autoritaria del suo vecchio. Quindi d'ora in poi non è ti è più permesso mostrar debolezza. Ricorda il bushido: un vero samurai non ha mai incertezze, perché lui agisce sempre nel giusto. È il momento di mostrare di che pasta è fatto un vero Amaterasu. Il riflesso gli sorrise e il viso, prima rossastro, era tornato pallido.
    «AAAAllora!… La tua pesca invece? Come è andata?»
    Ma un intervento inaspettato lo disarmò per un attimo e, rialzandosi di colpo come se richiamato sull'attenti, rovesciò il contenuto della sua ciotola nuovamente nella vasca; la bacinella era letteralmente stracolma di pesci rossi, ora tornati nuovamente liberi in uno spazio più ampio. Lui stesso rimase sorpreso dal loro numero, chiedendosi quando ne avesse catturati così tanti.
    AHAHAH! Rise all'improvviso, tornato nuovamente solare ed euforico come al suo solito. Guarda che sbadato! Esclamò verso la ragazza, col suo tonante tono che non passava mai inudito ed inosservato. A quanto pare ho combinato un pasticcio Mirai-san. Ma per fortuna ci sei tu ad aver compensato al guaio da me appena combinato! Le disse indicandole il barattolo di vetro dove la preda di lei nuotava prigioniera.
    Oh, ma aspetta un attimo... Attirato da un rumore nella ciotola che aveva in mano, lo sguardo gli calò verso il basso, dove al centro della bacinella un ultimo pesciolino di color della neve, si divincolava solitario nella poca acqua rimastagli a disposizione. A quanto pare un piccolo non è riuscito ad evadere. Stava per ricongiungerlo assieme ai suoi fratelli e sorelle quando qualcosa gli fece cambiare idea.
    Perdonami l'audacia Mirai-san. E con la mano libera svitò il tappo e riversò nel barattolo tra le mani di lei il pesciolino. Ecco a te qualcuno per farti compagnia. Disse chinandosi un attimo e parlando al pesce rosso catturato dalla ragazza.
    Mirai era rimasta soddisfatta da quell'esperienza, la si poteva intuire semplicemente guardandola, e di conseguenza Yoshito non poté smettere di sorridere poiché condizionato dall'allegria di lei. La fanciulla lo ringraziò nuovamente e si complimentò con lui, domandandogli la provenienza delle sue abilità di pesca; il giovane condivise con lei sua risata rispondendole con tono scherzoso. Come ti ho già detto, un mago non svela mai i suoi segreti...! E dopo aver ridacchiato assieme, Mirai lo sorprese, esibendosi in una richiesta formale mimando una posa ed un linguaggio soliti di un ceto molto elevato. Probabilmente stava cercando di stuzzicare il giovane imitandone movenze e modo di parlare, ma a Yoshito non dispiacque e decise di reggerle il gioco. Chinò il capo e si inginocchiò dinanzi a lei su un ginocchio; alzò poi la testa per incrociarne lo sguardo, la mano chiusa gli si poggiò sul petto e con tono chiaro e solenne iniziò il suo soliloquio.
    Lady Mirai Ishigami, un umile servo come il sottoscritto non è degno di simili elogi ed è ancor meno degno di adempiere ad un compito dalla simil importanza. Orbene, se tuttavia è la mia padrona a darmi una simil disposizione, costui sarà più che lieto che soddisfare la vostra richiesta, e si permette di informarla che gli si rimpie il cuor di gioia per aver la possibilità di compiacerla.
    Se davvero mi è concessa l'audacia di assolvere tale mansione, costui oserebbe consigliarvi il nome di Orihime per la possente creatura da voi abilmente catturata e domata ed Hikoboshi per l'umile pesce a cui costui ha avuto l'ardire di far condividere lo stesso spazio con la vostra conquista. Codesti sono i nomi che il vostro umile servo ha pensato per i vostri nuovi sudditi, come i nomi dei due amanti che quest'oggi ricordiamo in questa celebrazione.
    Costui si auspica d'aver trovato titoli affini al vostro diletto e, se non così fosse, vi supplico di elargire il giusto supplizio a questo stolto che ha osato offendervi, Oh mia padrona.

    Dopodiché abbassò il capo, in attesa di una risposta da parte di lei. Come i samurai delle storie, Yoshito si rivolse a Mirai con la stessa umiltà e sottomissione che questi grandi guerrieri avevano verso il loro padrone. S'era calato così tanto nella parte che il teatrino che i due avevano appena improvvisato aveva attirato le attenzioni di alcuni passanti fermatesi ad osservare, probabilmente immaginando fosse una ricostruzione preparata e non il gioco fra due adolescenti
    Quando dopo un po' partirono gli applausi degli spettatori circostanti, Yoshito con sguardo sorpreso si guardò attorno e si rialzò.
    Cosa sta succedendo, perché stanno applaudendo?
    Si domando inizialmente confuso. Ma quando capì che quelle ovazioni fossero rivolte a loro due, il ragazzo sorrise al suo pubblico e ringraziò. Grazie, vi ringraziamo di cuore. Disse mentre eseguiva una serie di inchini verso differenti direnzioni.
    Quando il temporaneo scompiglio fu terminato, il ragazzo non poté trattenersi dallo spartire una risata con la sua compagna teatrale. Ahahah, devo dire che è stato piacevolmente inaspettato. Non sapevo fossi così brava Mirai-san, dovremmo farlo più spesso, magari potremmo anche guadagnarci qualcosa mettendo su uno spettacolo!
    Ma adesso che il tempo dei giochi era giunto ad un epilogo, era venuto il momento di decidere il proseguimento di quella giornata.
    Mirai-san, se sei d'accordo, potremmo dirigerci dal Grande Gundam prima che giunga il tramonto. E mostrarlo magari anche ai nostri due nuovi piccoli amici. Si avvicinò con la faccia vicino al barattolo con i due pesciolini e picchiettò dolcemento sul duro recipiento di vetro.
    Bene Yoshito Amaterasu, questo è il momento in cui metter fine alle tue esitazioni.
    Tornò con la schiena retta e, recitando un ultima volta la parte dell'umile servo, chinò il corpo leggermente in avanti verso di lei, allungando e progendole la sua mano destra. Mia signora... Vuol concedermi l'onore di accompagnarla in questo viaggio?
    E senza alcuna paura a frenarlo, il giovane samarai aveva deciso che questa volta l'avrebbe accompagnata tenendola per mano.

    SCHEDA | HEROES | CRONOLOGIA | #LIVELLO 2

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    Edited by ReЙ - 18/10/2020, 19:55
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    Mirai Ishigami
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    La ragazza osservava il pesciolino nel barattolo, fiera di essere riuscita a fare qualcosa che per lei sembrava a dir poco impossibile.
    Ancora in mente aveva il sorriso del giovane e la gioia nei suoi occhi, quasi orgoglio nell'aver visto la sua allieva – nonché compagna di avventure per quella sera – sprizzare di gioia per aver compiuto la sua missione.
    Yoshito... non dimenticherò mai questa serata... pensò con il cuore rigonfio di pura e semplice felicità.
    Gli era corso incontro chiedendogli come era andata la sua pesca - notando che stava ancora tentando di catturare qualche pesce, chino vicino alla vasca - mentre lei era andata a trovare un casa temporanea per il suo.
    Fu così che la voce squillante della ragazza richiamò all'attenzione il povero Yoshito immerso nei suoi pensieri e gli fece rovesciare la bacinella e il suo contenuto nella vasca.
    « I... I pesci!» esclamò portando una mano libera alla bocca per soffocare un gridolino di dispiacere «Sc-scusami! Sono stata io! Non dovevo urlare così... ti...ti ho spaventato scusami! » esclamò con tono di scuse, dispiaciuta dell'accaduto anche se il ragazzo le disse che era stato lui lo sbadato che aveva rovesciato la ciotola nella vasca e anzi... riuscì a strapparle anche una risatina quando le disse che per sua fortuna lei aveva compensato con il suo guaio.
    Mpf... mi domando se è così con tutte le ragazze che incontra... se le fa sentire delle autentiche principesse … quanto è carino. pensò cercando di non tornare sul discorso che era stata lei involontariamente con il suo tono di voce alto a fargli rovesciare il contenuto della ciotola.
    Un po' perchè sembrava riderci su, un po' perchè non sembrava tenerci poi così tanto, almeno non quanto al fatto che lei era riuscita a prenderne uno, e in più...
    Non proprio tutti i pesciolini erano riusciti a fuggire dalla pesca di Yoshito Amaterasu.
    Con grande stupore di entrambi, un piccolo pesciolino candido come fiocchi di neve sguazzava agitato nella poca acqua che era rimasta dentro la ciotola.
    Mirai rimase ad osservarlo e stava quasi per dire al ragazzo di liberarlo assieme agli altri pescetti quando Yoshito Amaterasu, chiedendole perdono ”Perdonami l'audacia”? E che cosa significa?... linguaggio arcaico, o troppo difficile, forse non aveva compreso bene quello che aveva letto sulle sue labbra ma rimase a guardarlo mentre si avvicinava a lei. Svitò il tappo del barattolo e congiunse il suo piccolo bianco pesciolino al quello rosso che Mirai aveva catturato poco prima sotto gli occhi sognanti della ragazza che aveva assai apprezzato quel piccolo e dolce gesto.
    «Oooh...» attese che il ragazzo riavvitasse il tappo per poi osservare le sue due nuove creaturine che imparavano a prendere atto del poco spazio che avevano a disposizione in attesa di una casa più grande... e sua mamma aveva proprio un grosso enorme vaso di vetro che faceva al caso suo. «Grazie...YoshiKishi-kun. E' stato davvero un gesto molto molto apprezzato. » disse continuando a guardare le due creaturine quasi ipnotizzata da quei movimenti di quelle pinne e di quelle code e di quelle boccucce che si aprivano e chiudevano ogni secondo. «Così avrà sempre qualcuno accanto ...» sussurrò come se in realtà la cosa non fosse rivolta al suo pesce rosso ma a lei stessa e non si accorse che erano quasi le stesse battute che uscirono dalle labbra del suo cavaliere.
    E a proposito di re, regine, cavalieri e principesse, Mirai decise di punzecchiare Yoshito tentando di mimare il suo modo aulico di parlare e di proporsi come vero e proprio cavaliere per avanzare una semplice e banale richiesta: che fosse lui a trovare i nomi per i suoi due nuovi animaletti acquatici.
    Con sguardo tenero e quasi giocoso attese, come se fosse la protagonista di uno spettacolo di teatro, attese il responso del cavaliere che decise di stare al suo gioco e di prendere parte all'azione.
    Fu così che Mirai portò in avanti il barattolo come se stesse reggendo una corona di grande importanza e si impettì drizzando la schiena e alzando leggermente il mento con fare regale mentre osservava il cavalier d'oro scarlatto inginocchiarsi di fronte a lei – come un vero e proprio nobile pronto all'incoronazione – mano sul cuore e sguardo riflesso nei suoi occhi.
    Mirai potè osservare il suo monologo degno di un attore shakespeariano – altro che “essere o non essere” - e sorridere alla scena che lei stessa aveva ideato e che aveva sperato che accadesse.
    La cosa la divertiva e non poco, ma nonostante questo il ragazzo ci sapeva fare con i discorsi Che sia un attore di teatro? …. è davvero così bravo e convincente... awww.... inoltre.... sbaglio o mi ha chiamato più volte “padrona”? Ahahaha... sghignazzò sotto i baffi mentre continuava ad ascoltare il giovane Amaterasu decantare ogni bene fino al raggiungimento dello scopo dell'immenso discorso.
    Hikoboshi, Orihime.
    I due nomi erano stati scelti Sono così belli.... ed in effetti ci stanno anche bene... almeno così non posso davvero dimenticarmi di questa serata!
    Già.
    Il Tanabata era anche una festa dedicata agli innamorati, come l'umile Hikoboshi e la sua irraggiungibile e bella Orihime che solo un giorno all'anno possono rincontrarsi e vivere il loro eterno e ciclico amore.
    Solo per un giorno.
    Non voleva che fosse solo il Tanabata il giorno in cui si sarebbero rincontrati di nuovo come i due amanti... forse è un pensiero stupido... ma non voglio che passi un anno prima di rivederti... non ce l'avrebbe fatta a resistere così tanto...ora che aveva trovato un amico, e una persona con cui condividere anche le cose più sceme come giocare al cavaliere e la principessa.
    Scosse la testa e allontanò i pensieri negativi.
    «Sir Yoshito Amaterasu, i ... » parlare come il cavaliere era una cosa non proprio semplice per Mirai che era solita non parlare e basta o dire poche cose senza cercare di impappinarsi « I titoli che voi, mio cavaliere, avete dato ai miei amabili sudditi ... » tentò di copiare, incollare, inventare parole che potessero suonare auliche tanto quanto le sue finchè non notò un gruppo di persone che si erano avvicinate a guardare la scena.
    Lo sguardo di Mirai passò prima su di loro poi su Yoshito e poi sugli occhi strabici dei pescetti che aveva nel barattolo Ma che faccio... continuo? O forse è meglio se ce la diamo a gambe? osservando meglio la piccola folla che era stata attirata dalla loro scenetta sembrava stessero aspettando il responso della principessa e … se questo era quello che volevano... Ok... riprendiamo. Sì... allora dove ero rimasta...? si schiarì la voce.
    Sembrava che avesse tenuto la suspance apposta e tornando a guardare il suo cavaliere con occhioni fermi e quasi severi continuò a pronunciare il suo discorso.
    « hanno allettato la mia persona...e sia, così come avete parlato! Il piccolo pesciolino bianco porterà il nome del buon Hikoboshi e la sua altra metà rossa avrà il nome della bellissima Orihime. Possano gli dei vegliare su di noi e su queste due creature, e su tutti voi amabili spettatori. » disse rivolgendosi alla piccola platea con un ampio movimento di un braccio perchè oramai erano diventati parte della messa in scena e non poteva certo più fare finta di nulla.
    Certo nelle parole non era brava come Yoshito, in fondo probabilmente era grazie a lui se quella gente si era fermata, ma sperava solo di non aver fatto una brutta figura.
    « E adesso... può rialzarsi, mio nobile cavaliere. » concluse tornando a guardare Yoshito e non vide la gente applaudire, osservò solo il ragazzo che sorrise alla gente e ringraziava i presenti.
    E quando tutti i presenti si furono allontanati entrambi scoppiarono in una grande risata per quello che era successo « Ahahah, hai proprio ragione! » sghignazzò portandosi una mano alla bocca per non mostrarsi troppo sguaiata « Chissà! Magari potremo farlo un giorno! Tipo un mini teatro! Ahahaha sarebbe divertente non trovi? Non mi sono mai divertita tanto in vita mia! » e non mentiva.
    Si asciugò le lacrime da quanto aveva riso e si ricompose solo quando il ragazzo le chiese di continuare la passeggiata che avevano prefissato di fare. Lo osservò con sguardo dolce mentre picchiettava sul barattolo e disse semplicemente « Sì, andiamo. »
    Fu così che in quell'istante Yoshito Amaterasu si chinò nuovamente verso di lei allungandole la mano e chiedendole di farle l'onore di essere la sua compagna di viaggio.
    Mirai osservò la mano del giovane, poi il suo volto e pensava stesse ancora scherzando ma a quanto pareva era nel torto.
    Rimase interdetta su cosa fare, e divenne rossa come un peperone mentre timidamente allungò la sua mano verso quella del ragazzo e gliela strinse.
    Non aveva avuto esitazioni, come se quel gesto fosse tutto così naturale e fu così bello e dolce che si sentì struggere e andare in brodo di giuggiole.
    Annuì con la testa e fu lei a tirarlo su da quell'inchino e trascinarlo verso la direzione giusta che avrebbe portato i due ragazzi al Grande Gundam.
    Nessun pensiero entrò nella testa della giovane e nessuna parola uscì dalle sue labbra. Furono le sensazioni a parlare per lei e il suo grande e immenso sorriso sulle labbra.
    Passarono per le bancherelle, mano nella mano come due innamorati anche se non c'era malizia o alcun genere di altro pensiero in lei: semplicemente non le dispiaceva sentire la mano di qualcuno attorno alla sua, si sentiva in qualche modo protetta ed era una sensazione piacevole e nuova.
    In quel momento, osservando le persone e tutto quello che c'era attorno a loro, assaporando i profumi del cibo tradizionale le sovvenne che con tutti i suoi sensi inebriati si era dimenticata di dire a Yoshito che di tutti a lei ne mancava solo uno.
    Lui probabilmente non se ne era accorto.
    Quindi perchè dirglielo? Che fosse quello il momento giusto? Non voleva rovinare un momento così magico... in fondo la stava portando per strada mano nella mano no? E...se poi non gli vado più a genio per questo motivo?... che … che farò?... era indecisa sul dirglielo. Da una parte aveva il timore di un rifiuto e dall'altra le sembrava di nascondere qualcosa e di non essere del tutto sincera con lui.
    Proviamo un'altra via... se lo riesce a capire bene... altrimenti... potrò dire di averci provato e di aver fallito.... ma doveva in qualche modo farglielo capire anche perchè poteva essere che non avesse risposto a qualche sua domanda, che non avesse sentito qualche altro suo discorso aulico proprio per questo motivo.
    Non voleva che pensasse che voleva ignorarlo o fare finta di nulla.
    Era che semplicemente non poteva sentirlo se non poteva leggere le sue labbra.
    «Sai, Yoshikishi-kun? Amo tanto i pesciolini ... sono un po' come me... piccoli carini, morbidosi e buffi e … » come inizio non era affatto male ora veniva la parte più difficile « Sai perchè si dice “muto” e non “sordo” come un pesce? Perchè i pesci in realtà sentono le vibrazioni » sghignazzò deglutendo il groppo che le si era formato in gola cercando di non alludere troppo a sé stessa e sul fatto che, come i pesci, lei poteva sentire solo attraverso le vibrazioni o i movimenti delle labbra.
    Fu suo padre per primo a trovare questa strana somiglianza girando sul web per trovare risposte che avrebbero potuto aiutare Mirai e che poi non la aiutarono affatto. Soprattutto se veniva paragonata ad un pesce.
    «Ho letto che i pesci rossi possiedono un organo interno collegato al cervello formato da due... Cavità » soppesò quella parole come se parlasse di sé stessa e non di un banalissimo pesce «... Che contengono un liquido e dei corpi calcarei.» no in questo caso la sua e la loro anatomia differiva un po'... O forse no? I suoi genitori e neanche lei erano a conoscenza di come funzionava anatomicamente il suo quirk, che fosse davvero simile all'apparato uditivo di un pesce ma con qualcosa di leggermente differente? Tipo il corno...? Continuò a parlare sebbene con imbarazzo e una voce tremolante perché non era mai a suo agio a parlare di lei sebbene fosse tutto molto sottinteso «..e proprio grazie a tutto questo i pesci percepiscono le vibrazioni. » e qui la differenza sostanziale. Quelle cavità permettevano al pesce di "sentire", le sue semplicemente le avevano tolto questa possibilità per cui lei "sentiva" con tutto il resto del corpo le poche vibrazioni (per lo più forti e attraverso superfici solide, anche se non aveva mai provato sott'acqua perché non sapeva nuotare).
    Le sue semplicemente si mangiavano qualsiasi tipo di suono le arrivasse a portata d'orecchio.
    Ora che aveva terminato il suo momento Quark decise di arrivare al nocciolo della questione per non patire ancora e fargli comprendere in modo più simpatico possibile una parte di lei che odiava mettere a nudo di fronte ad altre persone. A pochi aveva detto la sua condizione, sperando che non sarebbe accaduto nulla di più ma sentiva che doveva dirglielo.
    Sentiva che poteva dirglielo.

    « Volevo chiederti scusa se per caso non ho risposto a delle tue domande o se sono sembrata scortese a non prestare... Orecchio alle tue conversazioni. È solo che purtroppo o per fortuna sono sorda. E { che labbra bellissime... Iiihhhk ma che vado a pensare! } e non p-p-posso fare a meno di {... No. Non pensare a ciò che stai pensando no! È una follia} di guardare il movimento delle tue labbra anche se sembro strana perché se no non capirei niente di quello che dici e... {non so cosa darei per poter sentire la tua voce} Non voglio che tu provi commiserazione, tristezza o chissà cos'altro. Volevo dirtelo perché ecco...mi sembri una persona apposto e mi sembrava giusto visto che sei stato così gentile a passare questa serata assieme a me... è che non vorrei sembrare inopportuna, a volte. Non lo faccio apposta. »

    Non glielo disse.
    Di tutto questo gran bel discorso nulla uscì dalle sue labbra.
    Esso rimase a fluttuare tra i suoi pensieri e dentro a questo pensiero vi erano altri pensieri, un inception proprio.
    Si limitò a sorridere e sbuffare « Mpf! Scusami, ti ho annoiato, ne? Solo che avevo trovato questo articolo molto interessante perchè non sapevo che i pesci potevano sentire. Che dici? Non lo trovi divertente? Khihihi » rise sotto i baffi.
    No, non gliel'avrebbe detto fino alla fine o fino al momento in cui lui non avesse avvertito qualche segnale della sua sordità.
    In fondo, che c'era di male a voler essere e sentirsi come una normale principessa per una sola sera?

    SCHEDA | VIGILANTES | ‹ LIV1 › | Ssh!~ (SweetSilentHollow)

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    Yoshito Amaterasu
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    Acclamati tra ovazioni ed applausi, i due improvvisati attori avevan attirato una non indifferente folla con la loro estemporanea esibizione e, per quanto la cosa fosse stata fonte di diletto, era or giunto il momento che la giornata proseguisse. Dandosi coraggio e prendendo l'iniziativa, Yoshito chiese la mano a Mirai... No, non in quel senso, oh maliazioso lettore, ma con un'accezione più letterale: il ragazzo protese la sua mano verso Mirai mentre esibiva una posa da cavaliere inginocchiato e per suo gioia la dama acconsentì a tal gesto.
    Ma quando le loro mani si congiunsero, gli fu impossibile non notare il viso di lei accendersi anche più dei suoi stessi capelli; non v'eran più scuse a riguardo. Ormai era chiaro come il giorno che le sue azioni eran la causa di cotanto imbarazzo.
    Il suo viso è rosso come fuoco. Pensò il ragazzo. Che stia correndo troppo? E nel mentre che quelle parole gli accarenzavan il pensiero, lui stesso, come di riflesso, fu vittima del disagio che ti colorava il volto. No Yoshito. Ti sei ripromesso che non ti saresti tirato indietro. Ed ora, è tuo obbligo andar fino in fondo.
    Voi allietate la giornata di quest'umile servo, Oh mia padrona. Permettetevi di soddisfar il vostro diletto, accompagnando la vostra persona al cospetto del Grande Gundam!
    Ridacchiò sommessamente, divertito dal fatto che il suo parlare aulico non era più per mera etichetta ma anche una fonte d'intrattenimento per la ragazza. Lo sguardo sicuro dei suoi occhi spalancati era riflesso dal suo stesso tono privo di impaccio, come se stesse sfidando il suo stesso imbarazzo.
    Ed ora, l'uno affianco all'altra, i due camminarono mano per mano per il viale di bancarelle del festival degli innamorati, e per quanto pure fossero pure le intenzioni di lui, dubbi sull'equivocità di quella situazione non poterono non farsi incalzanti.
    Ok, ce l'ho fatta. Ho sconfitto la mia insicurezza e sto adempiendo al mio ruolo cavalleresco… Ma se stessi sbagliando tutto? Se stessi correndo troppo? Siam quasi sconosciuti e certi comportamenti potrebbero facilmente esser fraintesi non solo da lei ma anche da chi ci sta intorno...! La passeggiata tra i due continuò per un po' esente di alcun discorso, lasciando tempo e spazio al ragazzo di attanagliarsi l'animo con un monologo interiore. Mirai era chiaramente in imbarazzo quando le ho chiesto di prenderla per mano ed è anche logica come reazione. Un ragazzo le chiede di accompagnarla manifestando una simile intimità, è ovvio che fraintendi le intenzioni di quest'ultimo! Forse non avrei mai dovuto forzarla in questa situazione. Per quanto cercasse di mantener contegno, la mano del ragazzo iniziò a farsi sudata e il desiderio di separarla da quella della ragazza iniziò lesto a farsi avanti.
    Benché dall'esterno Yoshito mantenesse le apparenze, manifestandosi come il più fiero e sicuro di quel duo, la verità nascosta era che probabilmente fosse in realtà proprio lui quello più imbarazzato ed insicuro sul come gestire quella situazione. Ho deciso. Le lascio la mano… E se poi questo mio gesto la offendesse? Per gli Dei, cosa faccio!? Ma proprio quando il suo conflitto interno si stava facendo drastico, fu la voce di lei a liberarlo dalla prigionia dei suoi stessi pensieri.
    Il dover prestare attenzione alle parole di Mirai, soffocò i dubbi e i pensieri che lo stavano attanagliando e, rapito dal racconto, il cuore del ragazzo si acquietò nuovamente e gli permise persino di esprimere commento su ciò che lei stesse dicendo.
    Incredibile Mirai-san, non sapevo fossi così erudita! Esclamò il ragazzo. La tua spiegazione è stata un lieto intrattenimento e mi sento pago nel venir a sapere il tuo amore per i nostri anfibi piccoletti. Concluse picchiettando nuovamente sul barattolo di vetro che la ragazza reggeva nell'altra mano.
    Come è facile intuire, non vi fu modo per il pensoso samurai di cogliere il vero significato nel racconto della ragazza, troppo distratto dal volersi disfarsi delle sue insicurezze per poter intuire ciò ch'era celato dietro quelle parole. Ma tuttavia quella storia aveva conseguito un qualche effetto: era riuscito a distrarlo e salvarlo da se stesso.
    Sai Mirai-san... Esordì a cuor sereno. Un po' li invidio i nostri due amichetti in quel recipiente di vetro. Il viso sempre sorridente iniziò a venir ora deturpato da uno sguardo che si fece carico di rammarico. È vero, adesso son prigionieri di quel limitato spazio vitale, ma gli basta esser riversati in uno stagno o in un lago per tornare le creature libere ch'erano in origine. Prese una breve pausa e continuò a camminar in silenzio, mantenendo lo sguardo fisso sull'orizzonte davanti a se senza mai scostarlo. Noi invece, siam circoscritti al mondo stesso in cui viviamo, vincolati da regole e aspettative che molto volte nemmeno capiamo. Usò il noi nella sua locuzione, ma in realtà inteva se stesso.
    A volte mi sento prigioniero di una bolla di vetro. Anche se cammino solo in un mondo aperto, non mi sento in diritto di definirmi "libero".
    Anche il sorriso perse il suo splendore ed uno più amaro ne venne in sostituzione; la stretta della sua mano si fece più forte, come se cercasse riparo da un pensiero che volesse offuscarne la mente. Ma la cupaggine del giovane non poté perdurare, non ci mise molto il suo spirito solare a tornare e rinsavirlo da quello stato di malessere; gli occhi vispi ed il suo grosso sorriso riapparvero ad illuminarne il volto e, grattandosi il capo con fare imbarazzato, girò il capo verso Mirai per rassicurarla sul suo stato d'animo.
    Perdonami se ho rovinato il momento. È che stranamente sentivo il bisogno di dire ad alta voce quelle parole e dentro di me percesco che con te potrei forse aprirmi in merito… Mi dispiace se il mio farneticare ti rattristato o portato preoccupazione. Gome! Ma per quanto potesse suonar come una scusa, ciò che le disse era la verità. Qualcosa nella ragazza lo faceva sentire a suo agio, abbastanza da rassicurarlo e da fargli abbandonare la maschera da fiero guerriero che ormai indossava da tempo.
    Sai, io vivo in un dōjō… Riprese a cuor più sereno. E son anche il futuro capo famiglia della mia casata! Esclamò ridacchiando e facendo un finto volto meravigliato. E sai… Di solito sono così oberato da regole, etichette ed impegni ch'era tempo che non avevo più spazio per fare... Beh, questo...! Allargò la mano libera per indicare il festival che li circondava e... Loro due. Era da così tanto che non svagavo che mi sento quasi felice di aver sacrificato il tuo pranzo per poter aver avuto occasione di incontrati. Le sorrise a bocca più larga e ridacchiò per punzecchiarla, mentre le ricordava i takoyaki sacrificati dal loro scontro incontro quel mattino.
    Perdonami se sto parlando a vanvera e solo di me stesso. Le regole di una buona conversazione impongono che entrambi i colloquianti abbino il loro spazio. Alzò il dito mentre pronunciò quelle ultime parole e assunse un volto saccente come se stesse imitando un insegnante o un vecchio impegnato in una ramanzina. Perché non approfittiamo di questo tempo per raccontarci a vicenda? Sentenziò porgendole lo sguardo. Ormai so della tua passione sulle maschere e gli abitanti marini, ma forse dovremmo [partire dalle basi.
    Proporrei un gioco se mi è osato dire: io ti farò delle domande e tu ne farai a me e se non uno non vorrà rispondere, dovrà pagar penitenza e far qualcosa che desidera l'altro... Quindi inizio io. Dove abiti e cosa fanno i tuoi genitori, Mirai-san?

    Col volto tornato a sfoggiare il suo solare sorriso, Yoshito aveva ripristinato la sua serenità e la sua usuale carica. E adesso, camminando fianco a fianco alla ragazza dai capelli di sakura, anche i suoi pensieri sembrarono essersi rasserenati.
    Forse mi sbagliavo… Forse non c'è alcun malinteso dietro le mie azioni. Forse nel profondo… Forse nel profondo questo è proprio ciò che volevo...!

    SCHEDA | HEROES | CRONOLOGIA | #LIVELLO 2

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    MIRAI ISHIGAMI
    NARRATO x «PARLATO» x PENSATO x LINGUAGGIO DEI SEGNI


    I due pescetti ondeggiavano nel barattolo sospinti dalla corrente che li portava giù e su nell’acqua ad ogni passo.
    Mirai era riuscita a tenere a freno la lingua e più passava il tempo e più si convinceva che era riuscita a fare la cosa giusta.
    Annuì con un cenno della testa sorridendo al fatto che quella serata magica non si era conclusa e che nonostante quello che aveva appena detto il ragazzo non accennava a lasciarle la mano.
    Già. Mano nella mano.
    Quando mai le era capitata una cosa simile?
    Che qualcuno di carino le prendesse la mano e la portasse in giro per il Tanabata?
    Lo guardò e mai sorriso fu radioso e dolce come quello che si allargò sul volto della giovane Ishigami.
    Era così divertente e così bello poter avere incontrato un cavaliere come Yoshito Amaterasu Certo… un po’ strano, e impacciato… ahaha come la sottoscritta. Però… è piacevole stare con lui… neanche le passò nella mente che cosa potesse pensare la gente che li vedeva andare in giro per strada così, mano nella mano come due fidanzatini, forse non le importava proprio.
    In fondo anche un genitore tiene mano nella mano il proprio figlio, e anche un fratello una sorella, e lo fanno anche gli amici per le penne…no?
    « Hihi…in effetti …mi diletto a…studiare simili curiosità… » disse in replica alle parole del ragazzo che le avevano appena dato dell’erudita senza accorgersi che era riuscita a parlare quasi come lui « E poi… in realtà non sono anfibi. Gli anfibi sono diversi dai pesci… se i pescetti li metti fuori dall’acqua beh… non fanno una bella fine… » sghignazzò osservando il ragazzo che toccava il barattolo come se volesse richiamare l’attenzione delle due piccole bestioline.
    Fu in quel momento che Yoshito iniziò a parlare, e Mirai notò come il suo volto era cambiato in un’espressione leggermente diversa dal solito: era come se si stesse liberando di un peso dal petto.
    Il suo sguardo… sì, il suo sguardo era cambiato e fu proprio quello a trattenerla dal rispondergli subito perché… sentiva che aveva il bisogno di buttare fuori tutto quello che aveva da dire e che interrompere il suo flusso di parole sarebbe stato un gesto crudele e privo di empatia.
    Fu così che lo vide parlare del fatto che invidiava i due pescetti che adesso erano chiusi in un recipiente ma che serviva loro essere rigettati un “contenitore” più grosso che sarebbero tornati ad essere liberi.
    Mirai poteva comprendere un poco quello che diceva ma fu nel discorso seguente che ci si rivide in pieno.
    Una bolla. Yoshito Amaterasu si sentiva prigioniero di una bolla, vincolato a regole e aspettative. Nonostante vivessero in un mondo aperto non si sentiva per nulla libero.
    Mirai lo guardò e stesse in silenzio, e percepì la stretta di mano del ragazzo farsi sempre più salda come quella di qualcuno che cerca aiuto, una speranza e una salvezza.
    E la ragazza non potè fare altro che stringergliela ancora più forte di conseguenza, come se volesse dire Tranquillo… sei qui e non sei da solo. perché forse lei non lo conosceva affondo ma poteva capire come si sentiva.
    Lei in quella bolla ci viveva da sempre.
    Quel piccolo momento che aveva rabbuiato il suo cavaliere venne poi spazzato via in un lampo dal suo solito temperamento gioioso e da quel sorriso splendido che aveva: e mai come prima di allora a Mirai fu chiaro quanto quella felicità nascondesse turbamenti nel cuore di Yoshito.
    Il ragazzo si scusò per le sue parole e per come forse questo potevano essere risultate perfette per rovinare l’atmosfera che si era creata tra i due.
    « Baaaaka! » sbottò lei in rimando a quelle parole e al suo visibile imbarazzo «Non preoccupartene. Anzi…hai fatto bene. A volte sentiamo il bisogno di parlare ma non sempre c’è qualcuno disposto ad ascoltare…» disse e questo lo sapeva benissimo… non aveva mai nessuno con cui parlare e forse Yoshito Amaterasu per lei era il suo unico amico « Con me puoi parlare di tutto quello che ti passa per la testa. Se ciò ti fa sentire meglio… io ci sono. » voleva dirgli “fin quando potrò leggerti le labbra” ma evitò.
    « Sai… hai ragione. » disse abbassando per un attimo lo sguardo al barattolo «Noi viviamo in una bolla e non possiamo uscirne fuori… però può essere meno pesante di quanto sembri se la condividi con qualcuno. No? Soprattutto un buon amico. Ne, YoshiKishi-kun? » era difficile pensare a cosa volesse significare essere amici visto che non ne aveva neanche uno ma questo era un modo che aveva di vedere le cose.
    « Coraggio… sputa il rospo. C’è qualcosa che ti turba, vero? Allora tirala fuori. Puoi dirmi tutto. Con me puoi star sicuro. Manterrò ogni tuo segreto! Yey! » gli disse facendo dondolare la mano avanti e indietro cercando con quelle parole di metterlo più a suo agio possibile, e magari lo avrebbe aiutato a portare il peso che aveva sulle spalle.
    Così Yoshito sentitosi davvero rassicurato si lasciò andare, i muscoli si rilassarono e vuotò il sacco.
    Le disse che viveva in un dojo e che sarebbe stato il futuro capo famiglia della sua casata.
    Mirai lo ascoltò rapita con uno sguardo e una bocca semi spalancata in un “ooooooh!” Che forza!! pensò prima di sentire il discorso che ne seguì di impegni e tempo e etichette da rispettare senza avere tempo per altro.
    Come per quella festa come per loro due.
    Mirai si avvampò di nuovo in un secondo quando con la mano incluse loro due all’interno della festa. Due, non lui da solo. Loro due.
    Avrebbe voluto distogliere lo sguardo ma non voleva perdersi neanche una parola di quello che stava dicendo.
    Awwwwwww quanto è carino…. la sua mente iniziò ad uggiolare alla frase che si sentiva felice per averle rovinato il pranzo perché le aveva dato l’occasione di incontrarla ….e che imbarazzooo!.
    Lo vide sghignazzare tentato di farle ricordare i suoi poveri takoyaki caduti in battaglia per una giusta causa: ne era felice. Ora come ora, non avrebbe potuto chiedere di meglio di questo.
    Ne avrebbe buttati in terra a dozzine se fosse servito a farla scontrare di nuovo con lui.
    « Ehehe… i miei takoyaki…» disse cercando di far calare i bollenti spiriti che le infestavano le guance.
    Prima però che potesse replicare o dire qualcosa in merito a quell’incontro, e a quel pedinamento che ancora lui non sapeva, e di quanto anche lei fosse felice di tutto questo lui sbottò con un’altra sequela di scuse e sul fatto che in pratica non le aveva lasciato spazio per parlare.
    Il fatto forse era che lei di spazio per parlare ne aveva avuto ma aveva deciso di darlo a lui perché sentiva che ne aveva bisogno e infatti adesso lo vedeva chiaramente più sollevato in qualche modo.
    E forse per la prima volta in vita sua, apprezzò il silenzio.
    « Oh! Sì! Mi piace! Che grande ideaa!! Sì! Dai facciamolo!! » sbottò stringendo la sua mano e se non avesse avuto il barattolo con i pescetti rossi probabilmente avrebbe anche saltato sul posto all’idea di Yoshito che aveva tirato fuori.
    Un gioco semplice di domande e risposte.
    « Bene…. Allora… » riordinò la mente e nel frattempo lo vide sorridere con una rinnovata e pura energia « Io vivo a Shibuya, sono figlia unica e casa mia non è proprio un dojo. Non è molto grande. E’ giusta per noi. » disse cercando di descrivere al meglio e in maniera molto spicciola la casa dove viveva « Mia mamma lavora in una pasticceria…lei è bravissima a fare i dolci di ogni genere! Io lavoro alla stessa pasticceria come fattorina. In realtà mia mamma voleva che prendessi lezioni di pasticceria ma non sono proprio un granchè in cucina… » poi abbassò la testa e bisbigliò « a dirla tutta sono un po’ un disastro.» rise sonoramente ripensando all’ultima volta che aveva provato a fare una torta di compleanno per sua mamma – a sorpresa- e che quasi non incendiò la cucina…
    « Mio padre invece lavora in cantieri edili. Fa… un sacco di cose a seconda di quello che richiedono. Solitamente manovra un enoorme e grossa gru. » quel macchinario l’aveva sempre affascinata fin da bambina e da piccola pensava che fosse un drago. Per questo quando era ancora una nanerottola andava in giro dicendo che suo padre cavalcava draghi rossi che alzavano con le loro bocche metalliche pesanti travi di acciaio.
    « Non siamo discendenti da antichi samurai come penso tu lo sia… ma nel nostro piccolo ce la caviamo e restiamo sempre tutti uniti.» disse per poi prendersi un attimo di pausa «Sai… posso capire come ti senti. Impegni, aspettative, problemi… » suo padre voleva mandarla alla Yuuei, sua madre voleva che avesse una vita normale, e la vita normale per lei era diventata una prigione troppo stretta oramai « Io amo il Tanabata per questo. Perché per un giorno posso fare qualsiasi cosa mi passi per la testa e sentirmi libera… per un giorno solo … e, poter condividere questo pensiero e questa giornata con un amico e un cavaliere, YoshiKishi-kun, non sai quanto per me è fonte di gioia. » sì, stava iniziando davvero a parlare come lui « e credimi… anche io non sono mai stata così felice di sacrificare il mio pranzo per poter fare la tua conoscenza… anche se… corri piuttosto veloce. E’ stata dura provare a starti dietro. Sigh… » sbuffò per poi chiudere le labbra a pesce lesso in modo da mandargli un input e lasciargli intendere che se il primo incontro era stato voluto dal caso, il secondo se l’era sudato. Letteralmente.
    « Per poco non stavo per perderti in mezzo a quella folla… ecco! Sì! La domanda…» cercò di deviare il discorso per lasciarlo sulle spine, in fondo… erano ancora in gara no? « A chi portavi quel bento? Hai una ragazza? » sembrava proprio che quelle domande fossero ancora più importanti per lei tanto che non perse l’occasione per punzecchiarlo e chiedergli quello che fino a quel momento le era passato per la zucca « E che cosa fanno invece i tuoi genitori? Avete un dojo, ma praticate pure? Hai fratelli o sorelle o sei figlio unico? » poi si fermò un attimo da quella sequela di domande e con voce dolce e melliflua gli chiese a cuore aperto « Tu, stai davvero bene con me? Adesso? » una domanda che poteva essere alquanto fraintesa ma che per Mirai in quel momento valeva più di mille altre cose.
    Voleva davvero, con tutto il cuore, che quella serata per lui fosse la migliore che potesse desiderare di vivere.
    E per quella sera lei sarebbe stata la sua libertà.
    « let me be your freedom »
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    Edited by ¬Kinshara - 11/11/2020, 00:00
     
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    ❛❛ Yoshito Amaterasu ❜❜
    Probabilmente rapiti dalla serenità del momento, i due sedicenni rallentarono il passo e continuarono a chiacchierare senza interrompere la loro attraversata per il lungo viale del Tanabata. Ai loro la, divise in schiere opposte, le bancarelle gli delineavano la via; tutti quei colori, le luci e la gente vestita a tema, creavano la giusta atmosfera per poter conversare con agio… Quasi romantica si potrebbe osar dire.
    La situazione si fece così intima e familiare che per un momento lo spirito del ragazzo sentì di poter abbassare le sue difese e, aprendosi quasi inconsciamente con la fanciulla, Yoshito si lasciò andare ad un momento di sfogo e debolezza che represse quasi immediatamente, ma fu lungo abbastanza affinché la ragazza dai capelli di sakura, gli donasse delle parole di sollievo e conforto.
    Mirai...
    Esclamò lui senza che lei potesse accorgersene. Chinò leggermente il capo verso di lei e pronunciò quella singola parola con uno sguardo ed un tono di voce dolci e sinceri, sorpreso e commosso dalla dolcezza e dalla premura di Mirai.
    Farò in modo che sia fatto allora...!
    Le rispose solare e sorridente, in risposta alla proposta della ragazza di fargli da confidente anche per il futuro.
    Come ti ho già detto, i miei impegni non mi lasciano molto spazio per svaghi o rapporti sociali. Ad esclusione degli studenti del dojo di mio padre, non ho dialogo alcuno se non con i miei familiari. Si fermò in istante per poterle mostrare il più caloroso dei sorrisi. Devo confessare che è bello sapere di poter aver qualcuno con cui poter condividere i miei pensieri, che non sia mio fratello o mia madre. Ridacchiò vistosamente, divertito dalla sua stessa affermazione. Si portò una mano in petto ed assumendo un atteggiamento pomposo, parlò con ironia usando la sua parlata altisonante Costui le comunica la sua sincera gratitudine nella disponibilità che una nobildonna come voi, offre ad un mero sconosciuto il quale è il sottoscritto. E con altrettanta benignità, costui espone a voi la medesima proposta che gli avete offerto con cotanta generosità.
    Orami, nonostante non era passate nemmeno dodici ore dal loro primo incontro, la confidenza tra i due era tale che quel modo di parlare così formale, e forse antiquato, di Yoshito, era diventato più un motivo di diletto per i due che un rispetto dell'etichetta, e se ciò significa potere condividere qualche risata con la dolce Mirai, al ragazzo non dispiaceva.
    Seriamente Mirai. Apprezzo molto tutte queste tue premure nei miei confronti. E se mai anche tu un giorno avrai bisogno di un confidente, non esitare a chiedere.
    Dopodiché, su proposta di Yoshito, iniziarono il gioco noto come "Obbligo o Verità", in cui i partecipanti rispondono con sincerità alle domande poste dall'altro oppure pagano penitenza eseguendo un comando a scelta da chi ha posto la domanda. Fu il ragazzo ad incominciare e la fanciulla non se ne tirò indietro.
    Mantenendo le braccia incrociate, Yoshito dedicò completamente il suo orecchio e le sue attenzioni verso Mirai; la ragazza gli raccontò dell'attività da pasticciera della madre e degli esperimenti culinari che la fanciulla aveva tentato, fossero stati fallimentari.
    Oh, dovrò fare attenzione a non prendere mai cucinato da te allora! Replicò scherzoso per punzecchiarla un po'.
    La giovane continuò raccontandogli del lavoro del padre: un operaio edile, una mansione più che rispettabile; e continuò poi con un piccolo occhiello sui suoi pensieri sul festival e sul fatto che il sacrificio dei suoi takoyaki non fu invano… E parlò anche di un inseguimento?
    Non ho ben compreso di cosa stesse parlando. Ometterò dal chiederle spiegazioni poiché potrei aver frainteso e non voglio che le mie parole sian poi causa di imbarazzo.
    Strizzò un occhio con espressione un po' confusa, ma il ragazzo era troppo gentile da poter investigare ulteriormente sul significato di quelle parole; fece dunque ciò che gli venne più naturale in quel momento: le ignorò come se non fossero mai state proferite.
    Perché dovrei rovinare il momento con domande stupide ed inopportune?
    Ma mettendo da parte dubbi ed incomprensioni, fu adesso della ragazza il turno di porgere le proprie domande. Con sguardo serio, orecchio attento, ma sempre sorridendo, il giovane samurai era pronto ad ascoltare i quesiti che gli sarebbero stati porti e a rispondergli nel miglior dei modi. Le prime domande gli fu semplice donar risposta.
    Il bentō? Ribatté confuso per un istante come se non avesse capito a cosa si riferisse. Oh, se intendi quello di stamane, era per mio padre. Dopo esserci scontrati l'ho rifocillato grazie alla cortesia dei negozianti del luogo e glielo consegnato poco prima del nostro
    secondo incontro...
    Ed in quell'istante un pensiero, che venne poi ignorato, gli balenò al cervello. Che intendesse proprio quel momento...? Ma la pausa durò un istante e il discorso fu subito ripreso. È uno degli uomini che quest'oggi erano addetti al trasporto in spalla del Mikoshi. Sai, mia madre è molto religiosa e la mia famiglia aiuta con i preparativi della festa da... Beh, sempre che io sappia A pensarci penso questa sia la prima volta che la vivo da semplice "turista". E dato che mio padre era impegnato con la processione, era mio dovere portagli il pranzo. Ovviamente l'incidente non era calcolato, ma sono comunque riuscito a cavarmela! Esclamò chiudendo gli occhi ed alzando il mento, mostrandosi fiero per l'impresa. Mentre per quanto concerne l'altra domanda... Tornò col suo solito portamento e si prese una pausa. Beh... Che volutamente allungò per ternarla sulle spine. Una donna che abbiamo potuto far breccia in questo cuore da guerriero… Non v'è ancora stata. Rispose con tranquillità, senza dar peso ad eventuali secondi fini della domanda, e ciò gli permise di mantenersi sobrio negli atteggiamenti, senza alcun imbarazzo a corromperli.
    Le domande continuarono -ma erano così tante a testa?- ed il ragazzo non ebbe problemi a replicarle anche a quest'ultime.
    A casa siam quattro componenti. Oltre a me c'è mio fratello minore, un piccoletto di dieci anni molto timido che va alla scuola elementare. Bado molto a lui, lo aiuto con i compiti e cerco sempre di incoraggiarlo come meglio posso. Mia madre invece è una casalinga, è una donna molto forte ma con un corpo molto debole. Le devo molto e come figlio il minimo che posso fare è aiutarla come meglio posso con le faccende domestiche e badando a mio fratello. Si prese un breve pausa ed inspirò profondamente, ma non vi fu mutazione nel suo viso o nella sua voce. Ed infine c'è mio padre. Come ti ho già detto la mia famiglia è in possesso di un dojo e mio padre, come capo famiglia, è colui che lo gestisce come unico insegnante. Io, come suo primo genito, lo aiuto durante le lezioni, prendendone parte e sostituendomi a lui alle volte, oltre che a badare al dojo stesso alle volte...
    E questo è il sunto della situazione a casa Amaterasu.

    Fin ora era andato tutto bene, Yoshito era riuscito a rispondere all'interrogatorio a tutte le domande con fredda calma e disinvoltura; stava procedendo tutto alla grande si potrebbe dire. Ma l'ultima infido quesito fu quello che lo fece vacillare; la domanda della ragazza la udì vivida e chiara, e non v'era spazio per malintesi o interpretazioni.
    Strabuzzò gli occhi e il viso gli diventò paonazzo, dovette simulare della finta tosse per nascondere l'imbarazzo; si fece silenzioso, ma le guance eran rosse, in quei pochi istanti mille pensieri gli frullarono in mente in cerca di risposte.
    Per gli dei, cosa le rispondo adesso? Devo esser sincero o svio il discorso? E se usassi le parole sbagliate? E se non le dicessi ciò che vuole sentirsi dire? Più che risposte, furon domande quelle che lo raggiunsero. Quello che riuscì a pronunciare fu un semplice. Beh... Mentre rossore ed imbarazzo erano ben più che visibili sul nostro Yoshito. Io... Io...! C'era una cosa di cui far lode a Mirai Ishigami, quest'oggi la ragazza era più volte riuscita a dimostrare la sua abilità nel lasciarlo privo di parole.
    Inspirò ed espirò profondamente, come se avesse finalmente trovato le parole giuste ed il coraggio di pronunciarle. Spero tu comprenda che non voglio recarti alcun dispiacere con ciò che sto per dire. Ma ahimè, la realtà era ben differente dalle aspettative. Girò il viso completamente paonazzo e in disagio verso di lei, mentre la una mano si posava sul capo per strofinarlo con fare goffo ed impacciato. Al momento mi è davvero difficile trovare le giuste parole per rispondere a questa domanda. Le disse con un grosso sorriso in volto. Perciò penso pagherò pegno per questa qui. Rimase in quella posizione sorridente per un po' di tempo, continuando a strofinarsi nervosamente il capo e ridendo speranzoso che bastasse a sdrammatizzare. Ma Yoshito era preoccupato per come Mirai avrebbe reagito; abbassò il capo e, un po' incupito, rimase silenzioso ed in attesa della risposta.
    Spero con tutto il cuore di non averla offesa. Giuro che se questo sarà motivo di rovina per questo momento, commetterò seppuku seduta stante!
    « Set your heart ablaze! »
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    MIRAI ISHIGAMI
    NARRATO x «PARLATO» x PENSATO x LINGUAGGIO DEI SEGNI


    Odore di mele caramellate.
    Non ne andava proprio matta ma quell’odore era inconfondibile.
    Sapeva di cose buone, di cose dolci e di festa.
    Un odore che la riportava indietro a quando era bambina, suo padre ne mangiava una dietro l’altra di quelle. Anche se sapeva che gli facevano male, le diceva sempre che per il Tanabata tutto era concesso e tutto era possibile.
    Tutto era possibile.
    Percepì il calore e la stretta di mano del giovane Yoshito che camminava accanto a lei e solo adesso sembrava essersi resa conto davvero della cosa e da una parte le piaceva e dall’altra la turbava, più perché in fondo era solo amici e nulla di più e… quella stretta di mano sembrava davvero essere quel qualcosa in più.
    Strinse con l’altra al suo petto il barattolo con i pesci e osservò il cielo caramellato sopra le loro teste. Un tramonto. Presto la luce del giorno avrebbe lasciato spazio alle miriadi di lanterne e ai fuochi d’artificio.
    La strada per il Grande Gundam si faceva sempre più corta man mano che i due proseguivano sul loro cammino.
    Yoshito Amaterasu era un tipo molto riservato e forse non aveva mai avuto modo di parlare con qualcuno e liberarsi di tutti i pesi che si portava nel petto e per questo Mirai si era offerta di alleggerire il suo carico, semplicemente ascoltandolo In fondo non è così che si fa tra buoni amici? sorrise osservando il volto del ragazzo addolcirsi alle sue parole come se non avesse ancora sperimentato cosa significasse avere qualcuno in grado di ascoltarti senza giudicarti.
    Neanche lei sapeva come ci si poteva sentire… chissà se lo avesse scoperto quella sera.
    In fondo le sue parole erano una sorta di dichiarazione di un’amicizia formata e stipulata da quella stretta di mano lunga minuti – o forse ore? Aveva perso la cognizione del tempo -.
    Fu così che nel suo silenzio, Mirai ascoltò o meglio osservò le parole del ragazzo che le spiegarono come fosse complesso per lui parlare con i propri familiari per via dei suoi impegni e che era felice di poterle dire tutto quello che gli passava per la testa.
    Poi iniziò a fare un discorso aulico portandosi una mano al petto come se stesse decantando le sue stesse lodi ma con parole troppo complesse che Mirai fece finta di capire, annuendo con la sua testolina, senza in realtà aver capito nulla.
    Come farà la sua lingua a non intortarsi?! E’ davvero un portento… gli sorrise di rimando continuando ad annuire e sperando che non le chiedesse se aveva capito qualcosa o avrebbe adottato la tattica “ uuuh guarda!” sviando il discorso sulla prima bancherella a portata di mano.
    A quanto pare i suoi desideri erano stati esauditi, una seconda volta – che fortuna! – e notò con la coda dell’occhio che il ragazzo le continuò a parlare dicendole che apprezzava molto la sua premura e che anche lui sarebbe stato felicissimo di poter essere il suo “confidente”.
    Un sorriso dolce si colorò sul volto della ragazza.
    «Grazie Yoshikishi-kun. Non sai quanto ciò possa farmi davvero piacere. Non ho amici su cui contare e tu … in meno di poche ore sei diventato un cavaliere e un amico. Grazie lo dovrei dire io a te… » disse per poi tornare a guardare le bancherelle un po’ a destra e un po’ a sinistra e per poco non si fece venire la nausea.
    Per fortuna Yoshito ebbe l’idea geniale di sfidarla a “Obbligo o Verità”: un gioco che sa essere divertente e imbarazzante allo stesso tempo, come poteva dire di no?
    «Ah. Ah. Molto spiritoso… non saprò cucinare dolci, ma so come si fa un buon piatto di ramen. Certo… non sono proprio brava ma potrei stupirti….» disse prendendo la frecciatina che lui le aveva tirato scherzosamente e rimandandogliela indietro con voce ironica.
    Certo se le davi da fare un dolce i casi erano due: o esplodeva la cucina, o esplodeva il dolce.
    E per questo sua mamma non le dava accesso ai fornelli e neppure al forno e in pasticceria l’aveva messa a fare la fattorina.
    Fu così che Mirai dopo aver risposto a tutte le domande di Yoshito partì al contrattacco con alcune che dopo averci pensato un po’ su le parevano anche fin troppo inopportune.
    Sperava solo che prendesse la cosa sul ridere e che si soffermasse e le rispondesse all’ultima domanda. Quella era una cosa fondamentale per lei.
    Ancora più fondamentale – anche se lei avrebbe smentito simile cosa con tutta sé stessa – era il fatto che quel bentō che Yoshito aveva rovesciato in terra e che con grande furia aveva portato per quasi tutto il Tanabata – riuscendo quasi a seminarla – era per suo padre.
    Quindi non era per una ragazza! …Era per suo padre… oooh… ora capisco… lo osservò mentre il suo cuore sprizzò di gioia come se le avesse dato la notizia del secolo.
    Il padre di Yoshito era uno degli addetti a portare in spalla il Mikoshi, tradizioni che la famiglia di Mirai aveva perso da un bel po’.
    «Oooh capisco…è stato allora gentile da parte tua provvedere al suo pranzo…» non sapeva come ma si sentiva in parte in colpa per quello che era accaduto.
    Lui aveva preparato il pranzo per suo padre e glielo stava portando di gran lena finchè lei non era arrivata ad intralciargli la strada – sebbene non lo avesse fatto di sua volontà -.
    Alla fine però era riuscito a raccattare qualcosa con l’aiuto delle persone che probabilmente lo conoscevano o che comunque conoscevano la sua famiglia.
    « Mi spiace che ti si sia rovesciato tutto in terra… però se hai rimediato… beh… complimenti. Sei davvero un bravo figlio. » disse osservandolo mentre si crogiolava per essere riuscito a portare a termine la sua missione, tenendosi il mento e mostrandosi fiero di quello che aveva fatto.
    «Penso che tuo padre sarà stato felice di quello che hai fatto… devono essere davvero delle brave persone. Sì. » e senza rendersene conto, una cosa tira l’altra, e una domanda tira l’altra, Mirai si ritrovò poco dopo a sparare a raffica sul povero Yoshito non uno, non due ma un sacco di altri quesiti spinta dalla curiosità.
    La prima tra queste era sapere se aveva una ragazza. No non ci aveva girato attorno. Non ce la faceva più a tenersi dentro quella domanda e non sapeva perché ma il fatto che Yoshito stesse indugiando e allungando i tempi di risposta sinceramente non giovava proprio alla cosa e poi arrivò alla risposta.
    «Ooh…» si lasciò sfuggire. Da una parte ne era dispiaciuta perché un così bravo e bel ragazzo sicuramente doveva meritare una dama altrettanto splendida e pura di cuore.
    Si irrigidì un poco e arrossì come un peperone «Sc-Scusa… è stata una domanda inopportuna… ecco… è che … non volevo far ingelosire nessuno… sì…» disse riferendosi al fatto che gli stava ancora stringendo la mano con forza e che si sarebbe chiaramente sentita a disagio se avesse avuto una ragazza… NO. Questa era una menzogna. E Mirai era così scarsa a dire bugie che non ci credeva neanche lei stessa.
    Per fortuna, forse, le sue parole furono semplicemente sussurrate e quindi non erano arrivate alle orecchie del ragazzo che continuò a rispondere a tutte le altre domande che aveva fatto.
    Mirai osservò il cavaliere parlare del suo fratellino di dieci anni Awww è anche un fratello maggiore premuroso!! poi le parlò di sua madre, del fatto che fosse una donna forte e che fosse allo stesso modo fragile nel corpo e di come la aiutava come poteva.
    Non vi erano dubbi sul fatto che il giovane Amaterasu era davvero un cavaliere nell’animo e lo dimostrava ogni giorno aiutando la sua famiglia.
    Mirai non lo perse di vista un attimo e notò come aveva cambiato registro parlando di suo padre. Sembrava essere una persona molto dura, un capo famiglia. Yoshito lo aiutava ma il fatto che avesse usato altre parole estratte da un manoscritto samurai per definire l’ultima parte della famiglia le fece sorgere il dubbio che forse tra i due poteva esserci non un distacco vero e proprio.
    Quanto più un rispetto e una consapevolezza delle posizioni dell’uno e dell’altro. Capofamiglia, primogenito.
    Forse portava dentro qualcosa che non era ancora stato in grado di liberare del tutto.
    Voleva dirgli qualcosa a riguardo ma si limitò a lasciarlo parlare e a non tornare sull’argomento almeno per il momento anche se sentiva il peso di quelle parole rispetto a quelle leggere e spensierate e ricche di amore per la madre e il fratello.
    Forse è meglio per il momento lasciar perdere… sì. in quel momento si sentiva fortunata ad avere una famiglia così amorevole. E lo era, anche se in cuor suo avrebbe voluto avere un fratello o una sorella accanto.
    Adesso però era arrivato il momento della verità. Dell’ultima domanda. E Mirai attese con un accenno di ghigno stampato sul volto.
    Yoshito divenne il riflesso stesso delle lanterne rosse che appese segnalavano un altro banco di takoyaki poco più avanti e si ammutolì.
    Non un fiato o un tremito uscì da quelle labbra.
    “Beh” Si inizia bene … pensò quando uscì quella prima parola.
    Il resto sembrava qualcosa di balbettato che non riuscì a comprendere molto bene… che lo avesse fatto vacillare a tal punto con una semplice domanda?
    In fondo non gli aveva chiesto la luna… voleva solo sapere se stava passando bene quella serata assieme a lei ma a quanto pareva ciò gli procurava parecchio imbarazzo.
    Guardalo poverino… sono stata davvero una persona spregevole a chiedergli questo… ma… in fondo che c’era di male? Era solo una semplice domanda… basta rispondere sì o no… ne? forse non era così semplice come pensava.
    Sembrava agitato, e ponderava su cosa dire forse per non ferirla o per non sembrare inopportuno E andiaaamo… dì qualcosa! e le sue richieste furono esaudite.
    Si voltò verso di lei con il volo completamente rosso, sfregandosi la testa per celare in qualche modo l’imbarazzo crescente e dopo averla lasciata sulle spine con parole come “non voglio recare dispiacere” e “difficile trovare parole giuste per rispondere” Yoshito Amaterasu fece qualcosa che Mirai non potè prevedere.
    «EEEEHHHHH????» si fermò bruscamente trattenendo la mano di lui che, con un sorriso sul volto, cercò di rendere più facile da digerire la pillola di arsenico che le aveva appena dato.
    «Vuoi davvero pagare pegno per questa domanda? » gli chiese un po’ risentita della cosa.
    Ma come? … non un sì… non un no?...semplicemente nulla? … awwww non è giusto però!
    «C-così non è valido YoshiKishi-kun!» sbuffò per poi togliere la mano da quella di lui e puntargli il dito dritto al cuore «Preparati. Perché io so già come fartela pagare. E accadrà quando meno te lo aspetti. Sgrunt» doveva in qualche modo apparire come una minaccia ma come poteva essere lei minacciosa? Non ci riusciva.
    Sì, se l’era un po’ presa ma non le importava più di troppo perché forse qualsiasi cosa le avesse detto sapeva che nel cuore del giovane la risposta era sì.
    O almeno in questo ci sperava.
    «Sei proprio un tipo imprevedibile! Beh… guarda caso che adesso tocca di nuovo a me. Visto che hai deciso di passare la mano… ne? » eccoci pronti alla prossima sequela di domande ma… stavolta Mirai non avrebbe preso di nuovo la mano di Yoshito ma si sarebbe abbarbicata con l’unico braccio che aveva a disposizione a quello di lui riducendo le distanze tra loro a … 0.
    «Sarò magnanima e te ne farò soltanto due di domande.» disse tornando a camminare con aria impettita « La prima è questa: quali sono le tue ambizioni? Insomma… cosa vuoi fare nella vita, o … da grande -se preferisci la versione classica da vecchia zia di campagna-. » gli chiese appoggiandosi alla sua spalla senza timore o imbarazzo, senza neanche pensare alla sua reazione… che se la fosse un po’ presa e che il pegno lo stesse già pagando da adesso?
    Oh no… non era ciò che aveva in mente quella piccola testolina che sembrava tanto dolce e carina ma in realtà nascondeva una mente assai diabolica – no non era vero per niente… era solo una sedicenne punta nell’orgoglio che gliel’avrebbe fatta pagare in un modo assai creativo -.
    « La seconda domanda: se tu avessi un solo desiderio da scrivere sul tuo Tanzaku – anche diverso da quello che scriverai o hai già scritto – quale sarebbe? » chiese, stavolta con voce più curiosa e quasi giocosa, alzando lo sguardo sul ragazzo e immergendo i suoi occhi in quelli di lui.
    « Sì. » gli disse poi con un sorriso sulle labbra senza seguire un filo logico con le domande che gli aveva appena posto «Sarebbe stata la mia risposta.»

    « Yes is the answer »
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    ❛❛ Yoshito Amaterasu ❜❜
    Il cosiddetto "circolo vizioso" è una delle peggiori condizioni in cui ci si possa trovare; per poter preservare qualcosa di noi caro entriamo in un loop di contradditorio di comportamenti autoimposti che portano solo alla concretizzazione di ciò che si vuol evitare. Ed è questo ciò di cui il giovane samurai stava peccando da fin troppo tempo ormai. Per preservare l'immagine che Mirai avesse di lui e per non esserle causa di dissapori, aveva inconsapevolmente creato più volte situazioni che lo costrinsero al disagio e all'errore; e anche questo fu uno di quei frangenti.
    Mi sa che l'ho fatta grossa. Pensò mentre continuò a grattarsi il capo, cercando di distogliere le attenzioni di lei, ma anche le proprie, dal suo essere imbarazzato.
    Il suo rifiuto nel rispondere per incapacità di trovar parole che lo soddisfassero nella forma e nell'etichetta, fu causa dell'indispettirsi di Mirai come vendetta verso il ragazzo. Il contesto era tale da portare la fanciulla a divincolarsi dalla stretta che finora pareva legarli con un dolce affetto e, puntando il dito verso colui che le aveva recato offesa, o comunque così venne interpretata dalla parte sotto accusa, Mirai gli anticipava che la cosa non sarebbe passata impunita.
    Chiedo umilmente perdono. Prometto che assolverò qualsiasi tua richiesta per poter redimermi dall'affronto che ti ho recato col mio fare indeciso. Parole pronunciò con rammarico ma che non sarebbero mai state ascoltate dalla ragazza, poiché vennero recitate a testa bassa con occhi chiudi e puntati verso il pavimento, mentre le mani si ergevano chiuse come se fossero in preghiera, davanti al suo capo tra lui e la destinataria di quelle scuse.
    La ragazza fu più perfida di quel che si poteva immaginare. La penitenza che decise di imporgli poteva esser considerata sia una premio che una punizione.
    Lo afferrò per un braccio, attorcigliando quello di lei attorno a quello di lui, ed azzerò completamente le distanze tra i due; la ragazza ormai gl'era praticamente incollata al fianco e, per quanto questa situazione risultasse piacevole ed affettuosa, quel contatto fisico improvviso ed imprevisto non gli portò altro che uno smisurato imbarazzo.
    Rosso in volto come non lo era mai stato, Yoshito camminò fianco a fianco a Mirai rimanendo però silenzioso e dal volto imperturbabile; la frangia a celarne temporaneamente lo sguardo, ma dietro quegli occhi dal color del fuoco, i pensieri scorrevano incontrollato come un fiume che ha straripato.
    E adesso che faccio? L'ho chiaramente offesa. Ma allora qual è il perché di questa presa? M'ero ripromesso di mantener il sangue freddo e non lasciarmi turbare da impulsi emotivi. MA COME FACCIO A MANTENER LA CALMA IN UNA SITUAZIONE DEL GENERE? Le domande viaggiavano veloci e le risposte facevan fatica a seguirle. La sua evidente inesperienza col sesso opposto si stava esibendo nei suoi fallimentare gestione della situazione, ritrovandosi in un conflitto interno che gli donava più incertezze e preoccupazione che probabilmente un duello mortale gli avrebbe potuto donare. Era stato preparato alla guerra e non all'amore.
    La stringo a me? Mi devo mostrare interessato? Dovrei richiederle scusa? O forse così esagero? Forse potrei risponderle alla domanda di prima? Ma forse è troppo tardi ed è meglio che stia in silenzio? Domande su domande, non v'era altro per altro a perseguitarlo. La mente iniziò a viaggiar veloce, così tanto che lui stesso non riuscì più a star dietro al suo stesso pensiero. Elapunizione?Èquestaoppuredeveancoraarrivare?Chesiaveramentecosìarrabbiatadavolermelafarpagare?
    Gli attimi che lo separarono tra l'abbraccio e le nuove domande della ragazza, gli parvero durare un'eternità; lei non se rese conto, ma quel supplizio fu più duro e duraturo di qualunque altre dolore fisico che una tortura gli potesse affliggere. Ma, per su fortuna la malattia fu anche la sua cura; quando Yoshito sentì le parole di lei raggiungerlo con un quesito, la tempesta che aveva nel cervello sembrò placarsi, ed incerto e balbettando, prese parola con un voce confusa come se si stesse risvegliando da un sonno eterno.
    L-Le... Le mie ambizioni? Domandò il ragazzo più a se stesso che a qualcun altro. Le mie ambizioni… Ciò che desidero realizzare...
    Sembra improbabile, ma bastò così poco per farlo calmare. Mirai se ne sarebbe accorta anche prima di Yoshito stesso; il corpo rigido e disagio del ragazzo, si rilassò di colpo, come se la più ardente delle fiamme avesse sciolto il più duro dei blocchi di ghiaccio. Il volto di lui si rasserenò, ed il rossore e l'espressione inquieta andarono scemando per far posto ad un caldo sorriso.
    Mirai... Esclamò abbandonando titoli e suffissi, come se avesse conquistato una certa confidenza ed intimità. Non so come tu ci riesca, ma le tue parole mi risuonano come un incanto capace di placarmi l'animo.
    Sorrise nuovamente, ancor più vistosamente, e l'istinto lo portò a chiudere il braccio verso l'interno, per stringerla ancor più vicina a sé; sia nei gesti che nella voce ancora una volta pareva riacquisito il solito sé. Ormai era da un po' che questo tira e molla tra calma ed insicurezza andava avanti.
    Finalmente prese coraggio e con tono fiero e chiaro replicò al quesito. Non so cosa abbia in serbo per me il destino, ma posso dichiarar con certezza qual è il mio obiettivo. Inspirò profondamente e, col petto gonfio, pronunciò con orgoglio le parole che susseguirono. Diventerò un simbolo! Lo sguardo gli si illuminò e non per via dei raggi del sole; era come se Mirai avesse scovato quella fiamma che gli bruciava nel cuore ed ora, con le sue parole, pareva pronto a mostrare quanto forte ardesse. Voglio diventare qualcuno capace di portare il calore sorriso anche nel più freddo dei cuori. Qualcuno che porti sicurezza, qualcuno che porti gioia e speranza ai più deboli poiché credo fermamente che sia questo lo scopo dei forti. Sicuro di sé stesso, cadenzò sorridendo quelle parole mentre i suoi ne rispecchiavano la passione. Ho deciso che sarà la via del guerriero ciò che renderà onore a queste mie parole. Diventerò un eroe Scandì stentoreo. Ridarò lustro, in questi tempi moderni, alla figura che un tempo era sinonimo di onore e coraggio. Diventerò un samurai e vestirò i panni del paladino della giustizia che si staglia contro il male. Gli occhi sbarrati pieni d'ardore, si sgranarono un attimo come se si fosse ripreso da un trans creato da quelle parole. Perdonami se ho rubato la scena col mio soliloquio, ma questo è il mio credo e il mio desiderio, per me stesso ed il mio futuro. E... Odio ammetterlo, ma penso di aver risposto ad entrambi i tuoi quesiti con queste parole. Le sorrise dolcemente, per poi arrossire con altrettanta soavità. Ad esser sincero non avevo intenzione di scriver nulla quest'anno sul mio Tanzaku. Non ho aspirazioni particolari da dover scomodare le divinità. Son del pensiero che ciò che si desidera veramente va ottenuto con la fatica del proprio lavoro e delle proprie azioni… Ma se devo proprio scegliere qualcosa da anelare... Titubò per qualche istante e lo sguardo si scostò da quello di lei. No, non è più il tempo per incertezze e rimandi. Tossì nel pugno chiuso e si schiarì la voce. Lo sguardo tornò a incrociarsi a quello di Mirai e col braccio la fece ancor più vicina a sé. Vorrei che quest'incontro voluto dal fato, non veda il suo epilogo una volta che il viaggio sia terminato.
    Era il suo modo criptico per dirle che avrebbe voluto rivederla dopo quel giorno ma, per abitudine o sua volontà, il ragazzo non era capace di esprimersi in un linguaggio più comune e colloquiale. E comunque, sì... Continuò con fare timido. Anch'io ho piacere di stare con te. Dopodiché si zittì con lo sguardo fisso davanti a sé. Finalmente aveva preso il coraggio di rispondere a quella domanda che aveva deciso di evitare; adesso però, forse prima di pentirsene o che i pensieri tornassero a farlo prigioniero, interruppe il silenzio e cercò di cambiar discorso mentre con la mano ripeteva nuovamente quel gesto di distrazione, difficile a dirsi se fosse per lei o per sé stesso, in cui strofinava il capo con fare nervoso.
    Ma Mirai, basta parlare di me. Perché non mi racconti qual è il TUO di sogno? Qual è il desiderio che scriverai sul tuo Tanzaku?
    Un diversivo, non troppo riuscito, ma sempre ciò rimaneva. I due continuarono a camminare l'uno affianco all'altra, così vicini che chiunque li avrebbe scambiati per una coppia. Beh, e ad esser sinceri in quel momento un po' lo erano; passeggiavano e chiacchieravano come due innamorati, scambiandosi informazioni private e momenti di intimità sotto i raggi del sole che tramontava. E mentre spensierati, ed un po' imbarazza, continuavano senza prestar troppe attenzioni la loro scarpinata, la loro meta si avvicinava...
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    MIRAI ISHIGAMI
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    Non lo aveva fatto per metterlo in imbarazzo più del dovuto.
    Non gli aveva stretto il braccio come se fossero una coppia già consolidata per disorientarlo, bensì la ragazzina quello sembrava un gesto alquanto dolce per permettergli di liberarsi del tutto dalle catene che lo tenevano ancorato ad un mondo di tradizioni.
    Lo aveva fatto con le più pure e buone intenzioni. Forse.
    Sghignazzò un po’, divertita dalla cosa perché le piaceva e sapeva che facendo così forse avrebbe stretto ancora di più quel legame che si era creato e chissà… magari le avrebbe permesso di addentrarsi sempre più nella personalità di Yoshito Amaterasu.
    Era un ragazzo semplice, carino, dall’animo nobile ma più si lasciava andare e più Mirai scopriva cose di quel cavaliere che continuavano a stupirla.
    Perchè nella sua pomposità con cui si mostrava agli altri, in fondo in fondo era un ragazzo sensibile e dolce e molto molto premuroso.
    Non avrebbe voluto punirlo per quella mancata risposta solo che avrebbe voluto davvero sapere cosa pensasse di lei. Come persona e come amica ovvio! Quello non era mica un appuntamento!
    Mpf... so già che punizione dare al mio cavaliere…solo che… avrei voluto davvero che tu rispondessi a quella domanda…anzi, forse era l’unica che davvero mi interessava…pazienza… più il tempo passava in sua compagnia, più si accorgeva di quanto stesse davvero bene con lui.
    Quei minuti di silenzio prima che potesse bombardarlo con altre domande le fecero dubitare delle sue azioni F-forse sono stata troppo dura?... troppo scortese? … Mi sembra che sia ancora imbarazzato e che abbia una tempesta nella sua mente… era semplice per una che non aveva mai sentito voci osservare il linguaggio del corpo della persona accanto.
    Gli occhi, la fronte, le labbra, leggeri movimenti, contraddizioni che sembravano tentare di mettere in ordine al caos che vi era nella sua mente.
    Dovrei per caso intervenire? pensò continuando ad osservarlo in quei momenti di silenzio, senza badare alla strada, continuando a tenere i due poveri pesci nel barattolo stretti a sé per non farli cadere.
    Fu così che attese, forse troppo, il momento giusto per continuare la sequela di domande.
    Ambizioni. Questa fu la prima domanda.
    Un quesito che le sovvenne in mente forse perché lei stessa non ne aveva alcuna…fu come se la domanda l’avesse rivolta a sé stessa più che alla persona a cui stringeva il braccio saldamente.
    Una parola strana, per lei ancora astratta: era lo stesso anche per il cavaliere?
    Osservandolo, sembrava che quella domanda gli avesse aperto le nubi scure nella sua mente e lo avesse illuminato nel profondo tanto che il suo volto si distese e sorrise. Un sorriso caldo e avvolgente come i suoi.
    …mh…. non lo pensò. Non pensò a nulla ma in quel momento il cuore sussultò.
    Stavolta non usò alcun titolo per appellarsi a lei, la chiamò semplicemente per nome e le disse che le sue parole erano state capace di quel piccolo miracolo chiamato pace interiore.
    Lei sorrise di rimando a quelle parole e in quel preciso momento sentì il braccio di lui chiudersi verso il suo petto trascinandola ancora più vicina a lui.
    T-T-troppo viciniiiiiiii!!! si sentì urlare in testa mentre il suo volto si ravvivò di rossore …ma… ma… non riusciva a pensarlo e neanche a dirlo ma le piaceva.
    Un simbolo.
    Yoshito Amaterasu voleva diventare un simbolo. Qualcuno capace di fare esattamente ciò che aveva fatto quella sera con lei.
    Portare il suo sorriso, la sua presenza, a fare ardere gli animi anche più gelidi. Voleva diventare qualcuno che potesse portare tutto ciò che aveva da offrire della sua personalità e della sua vita a chi aveva più bisogno di lui. Sarebbe stato un guerriero, un samurai, un eroe per tutti.
    Un paladino della giustizia che si staglia contro le tenebre negli animi delle persone e contro il male che gira in questo mondo.
    Sarebbe stato davvero quel cavaliere che Mirai aveva sempre pensato che fosse fin dal primo istante in cui si erano parlati.
    Mirai rimase incantata da quelle parole, da quel discorso. Aveva i brividi che le correvano lungo tutto il corpo da quanto l’avevano colpita nel profondo andando a sfiorare emozioni profonde.
    «E’… una cosa fantastica. » disse e non si accorse minimamente di avere le lacrimucce agli occhi « E’ un’ambizione… davvero nobile. Ti fa davvero tanto onore, Yoshito Amaterasu. » era riuscita a dire tutta questa frase senza impappinarsi e senza neanche balbettare.
    Soprattutto era riuscita a dire il suo nome al completo. Evento unico e raro, ma era stata trasportata così tanto da quelle sue parole che neanche si accorse di quello che aveva detto.
    Lo disse, lasciò che i suoi pensieri si materializzassero in voce.
    «Diventare un eroe. Ti ci vedo molto bene. P-P-per quello che hai fatto questa sera per me… io ti considero già un eroe.» disse.
    Non aveva una buona reputazione della categoria “eroi” ma nonostante questo non avrebbe interrotto quel momento magico, e poi… lui era decisamente diverso.
    Era molto più simile a lei, che a quelli che nella mente di Mirai sfoggiavano questo titolo.
    Il samurai si scusò, perché questo era il suo desiderio e il suo obiettivo e le aveva risposto quindi ad entrambe le domande che gli aveva posto in un'unica e semplice soluzione.
    «Ah…sì è vero! Ahaha…ma non importa! Hai risposto. E la tua risposta è stata davvero bella… emozionante, direi. Quindi te la do buona. Stavolta.» alzò lo sguardo di fronte a sé come per dire “si dai, per stavolta te la passo questa. La prossima doppia punizione.”
    Fu poi in quel momento che il ragazzo le parlò di quello che voleva scrivere nel suo Tanzaku.
    Nulla.
    Pensava che non sarebbe servito l’intervento di qualche divinità o forza soprannaturale per le sue aspirazioni, preferiva guadagnarsi tutto con il sudore della sua fronte e poi… qualcosa sembrò turbarlo, forse? Rimase in silenzio un attimo tenendo Mirai sulle spine che non riusciva a comprendere la fine della sua frase ed era curiosa di sapere cosa volesse davvero Yoshito.
    Evitò il suo sguardo per un attimo.
    «Yoshikishi-kun?» sussurrò, un po’ preoccupata da quello strano atteggiamento. Sembrò prendere un respiro, tossire forse? Poi il suo sguardo fiammeggiante tornò a fissare gli occhi ambrati della ragazzina e Mirai sentì il cuore saltarle quasi in gola.
    Aveva letto davvero bene quelle labbra? L’aveva davvero fatto nel modo giusto? Non si sbagliava?
    Le aveva appena rivelato che avrebbe voluto che quell’incontro non finisse in quella serata.
    Mirai lo guardò, lo fissò, per secondi interi, in silenzio. Il suo silenzio.
    «B-Baaaka!! Certo che non vedrà l’e-ep-i- l’epli- …la fine il nostro incontro! Non voglio pensarci neanche… non voglio… non… voglio che finisca.» aveva quasi le lacrime agli occhi. Gli aveva dato dello stupido ma in modo alquanto amichevole. Era più che altro perché… quelle parole le avevano fatto ricordare quanto male avrebbe patito alla fine di quella serata.
    Tornare a casa da sola, anche se con due piccoli pesci e il ricordo di una piacevole serata.
    Non voleva vedere la fine di quel viaggio, e non voleva assolutamente che tutto quello finisse con quel viaggio «… lo hai detto tu no? Il fato ci ha messo sulla stessa strada. E quanto ho corso per quella strada… quindi no. Non sarà così. Sarà stato anche il fato a darci una mano, ma siamo noi a scrivere il resto. Ne? Quindi… non ti preoccupare. Non importa scriverlo sul Tanzaku. » disse con un groppo in gola che le era quasi difficile da mandare giù.
    Avrebbe voluto davvero con tutto il cuore che tutto ciò non finisse e aver letto dalle sue labbra che anche lui la pensava ugualmente era una gioia e un’emozione che non riusciva a contenere o a definire.
    Era solo tanto, troppo contenta di questo.
    Perché semplicemente la voleva rivedere ancora dopo quella sera. E questa era la risposta a tutte le sue domande, a quelle che veramente a lei importavano.
    Tutto ciò fu sottolineato dalle parole che susseguirono: aveva anche lui piacere di stare con lei.
    Era una sensazione indescrivibile a parole.
    Sentì una lacrimuccia uscirle da un occhietto e repentinamente se l’asciugò prima che il ragazzo potesse notarla, forse.
    Aveva risposto.
    Aveva risposta anche a quella domanda.
    «Heh… ne sono… davvero felice.» non aggiunse altro.
    Non serviva.
    Tornarono nel silenzio a guardare la strada davanti a loro, e Mirai per la prima volta in tutta la sua vita non riusciva quasi a contenere la gioia che aveva in petto.
    Guardò il suo cavaliere, lasciò perdere la strada davanti a sé: poteva avere anche un mostro alieno alto tre metri pronto a divorarla in un sol boccone ma non se ne sarebbe accorta.
    I raggi del sole, i pochi ultimi che ancora coloravano di lingue rossastre il cielo proprio come i capelli del ragazzo, illuminavano i loro volti e Mirai osservò il suo cavaliere strofinarsi i capelli per poi rivolgere a lei le stesse domande.
    «A-w…. Mmh…» Mirai rimase interdetta per un attimo.
    Non ci aveva mai pensato in effetti.
    Continuavano a camminare verso la meta che si faceva sempre più vicina.
    «Beh.. ecco…io… » voltò lo sguardo vero il tramonto e si fermò a pensare.
    Sogno… io ho davvero mai avuto un sogno? si domandò e pensò, ci rifletteva e più pensava più non le sovvenne niente.
    « I-io… sinceramente non lo so. » disse la verità senza girarci troppo attorno « Sai… ci sono tante cose che vorrei fare. Tipo imparare più cose di pasticceria da mia madre. Avere una casa mia e poi magari studiare? O … provare a capire più di me stessa…» quest’ultima parte fu sottolineata da uno sguardo sul suo corno metallico che sembrava riflettere la luce rossastra del tramonto, non voleva dirgli che voleva capirci qualcosa in più sul suo Quirk ma non poteva specificare più di troppo «Ma… non ho un vero e proprio sogno. Ad essere sincera… non so neanche cosa fare ora che ho finito la scuola. Sì… lavorare per guadagnare qualcosa… ma. Tutto qui? Questo è ciò che mi spinge a svegliarmi ogni mattino? Me lo sono sempre chiesta… e ogni volta che me lo chiedo… n-n-non riesco a trovare risposta alcuna. » disse e questo in parte le faceva male. Più perché in confronto a lui, e alle sue nobili ambizioni il suo nulla la faceva sembrare priva di qualsiasi forma e spessore.
    « Vorrei… e forse potrei essere qualcosa più di quello che sono. Ma suppongo che sto ancora cercando di scoprire qual è il mio sogno… sarà un viaggio lungo ma prima o poi lo troverò. Troverò quella motivazione e chissà. Magari potresti aiutarmi anche tu nel farlo. » tornò a guardarlo e gli sorrise « Mi hai illuminato con il tuo cuore e con le tue ambizioni. Sei davvero un grande esempio da seguire… chissà. Se solo avessi la tua stessa forza d’animo e di … » palpeggiò i muscoli del braccio del ragazzo « …muscolatura. Forse potrei anche io un giorno essere come te. » sorrise.
    Non metteva in dubbio che le parole di Yoshito l’avessero davvero spronata a cercare e scavare in sé stessa e a prenderlo come un vero e proprio esempio di vita. Forte, coraggioso, pronto a tutto per portare pace e gioia a chiunque avesse avuto bisogno di lui.
    E lei… poteva essere questo uno dei suoi tanti obiettivi? Non lo sapeva.
    Era confusa sull’argomento, forse però poteva lavorarci su e Yoshito Amaterasu poteva aver davvero fatto la differenza per lei. Le aveva dato quello di cui forse aveva bisogno.
    Affetto e un esempio da seguire.
    Sorrise.
    « So solo che vorrei fare la differenza per altre persone. Ma… non so come e neanche se ho il coraggio di farlo. Vorrei aiutare chiunque abbia bisogno. Awwwff… è complicato. Per questo ti stimo tanto, sai? Perché hai tutte le idee chiare e sei determinato a portare avanti il tuo credo. Eh sì… vorrei essere davvero come te...» rise tornando a guardare la strada e il tramonto che li stava accogliendo verso la meta. Già si poteva vedere i bagliori del sole che si specchiavano sulla grande e imponente armatura che si stagliava all’orizzonte come se fosse pronta per partire alla volta di mille avventure per salvare il mondo.
    Salvare il mondo. molto spesso si era soffermata a pensare che lei poteva avere la forza di salvare il mondo gesto dopo gesto. Era così sciocca da pensarlo eppure ogni giorno, qualsiasi atto di gentilezza che poteva fare lo faceva senza pensarci due volte proprio perché credeva di poter contribuire ad un mondo migliore in questo modo.
    Che sciocca, che tenera.
    « Io ero partita da casa con il Tanzaku già “compilato”. Avevo desiderato di avere qualcuno per non passare questo Tanabata da sola. E le mie preghiere sono state accolte quindi… non ho bisogno di scriverci più nulla sopra. Sei arrivato tu… sei il mio desiderio esaudito. Hihihi… quindi … anche io, vorrei che non finisse questa sera il nostro incontro. Ma se dovessi davvero scrivere qualcosa sul mio Tanzaku… ciò che desidero stasera per l’avvenire… è che tu sia felice e che tu possa avere la forza per mandare avanti il tuo sogno. Questo è ciò che desidero. Perché so che come hai fatto con me, tu puoi dare speranza e puoi dare gioia a tante altre persone… e per questo rendi tutto questo… un posto migliore. Yoshikishi-kun, grazie… grazie di cuore… » Mirai si accovacciò sulla sua spalla come un gattino in cerca di coccole per poi tornare ad osservare la grande sagoma che come la colonna d’ercole segnava una tappa della loro serata.
    «Siamo quasi arrivati! Uuuhhh che emozione! Dai dai dai! Andiamo! » cercò di non far passare troppo tempo imbarazzante dall’ultimo suo discorso, ponendo l’attenzione sul Grande Gundam.
    Forse le persone guardandoli avrebbero visto in loro una strana coppia che passeggiava come due innamorati tra le vie della città e forse... per un certo senso, anche solo per quella serata lo sarebbero stati. Un po' come Hikoboshi e Orihime.
    Mirai pensava che in fondo non c'era nulla di male, finchè entrambi sarebbero stati bene.
    « Turn my soul into a raging fire. »
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    ❛❛ Yoshito Amaterasu ❜❜
    Gli ci voleva.
    Eran tutti argomenti che probabilmente furon scelti senza un criterio specifico dalla ragazza, per il semplice beneficio della conversazione insomma, ma le domande di Mirai furon proprio ciò di cui Yoshito aveva bisogno; quei piccoli sfoghi, quei brevi momenti di sincera libertà d'espressione che quella chiacchierati gli portò, si rivelarono esser una manna per il giovane. Superato l'imbarazzo e l'impaccio iniziale, il ragazzo risultava ora visibilmente più sereno e rilassato ed ormai si sentiva a suo agio al fianco di lei; tutto quel parlare lo aveva sollevato, anche se di poco, da un peso che da sempre si faceva carico e che ormai quasi s'era dimenticato di portarsi dentro.
    Mirai Ishigami, costui vi porge tutta la sua gratitudine!
    Beh, il disagio di camminare fianco a fianco a una così dolce fanciulla di certo non s'era dissipato, ma in questo momento era decisamente più sopportabile. La ragazza pareva rapita dalle parole di lui ed il giovane Amaterasu non poté non notare gli occhi diventarle lucidi per l'emozione.
    Oh no, ho detto qualcosa di male?
    Ma i dubbi del ragazzo furon presto dissipati. Sentendola parlare capì che non eran di tristezza quelle lacrime ma di gioia, anche se nella sua ingenua sobrietà non ne capiva l'origine.
    Per qualche motivo sembra aver ceduto all'emozione. Forse per lei quelle parole avevan un peso più pesante di quanto lo fossero per me. Lo sguardo del ragazzo si fece dolce e accondiscendente e, sorridendo piano, parve volle trasmetterle conforto con il semplice sguardo. Ma penso che eviterò di far domande in merito.
    Rimase silente ad ascoltare mentre la ragazza riempiva di elogi il ragazzo e il suo fare sicuro e determinato, definendolo più volte con l'appellativo d'eroe. Yoshito non riuscì a trattener l'imbarazzo e con un tono di disagio le replicò mentre si portava ancora una volta la mano dietro al capo. Ti ringrazio per le dolci parole Mirai-san, ma non penso d'esser degno di un simile titolo. Le disse per poi iniziare a strofinar la mano nella bionda chioma con far nervoso.
    Ho solo fatto il mio dovere di cavaliere, non mi sento così eroico! Ahaha!
    Rise per distrarla e per distarsi. Voleva alleggerire la situazione come meglio poteva e si sa, la risata è contagiosa e liberatoria. Rise con ancor più gusto quando la ragazza lo rimproverò con un "baka" che trovò più tenero che ammonitivo. Gomen, gomen! Le rispose allegro. Mi raccapezzerò sin da subito sul tempo e sul luogo in cui avverrà il nostro prossimo incontro! Non vorrei scatenar l'ira funesta delle stesse divinità che tanto si son impegnate per far avvenire questo di incontro!
    Il momento goliardico ebbe decisamente il suo effetto e lo si poteva ben legger sui volti allegri dello spensierato duo. Ma ora Yoshito si fece muto ancora una volta, poiché era di Mirai il turno di rispondere alle domande di quel loro piccolo gioco. Il quesito era semplice: "Qual era il sogno di Mirai Ishigami?", o almeno cos' pensava; la domanda per lei parve più complessa da rispondere di quanto il ragazzo immaginava. Ascoltò con cura e con tacita pazienza le parole che tanto la attanagliavano, donandole sorrisi anziché sguardi di commisarazione che potevan sordire l'effetto contrario.
    A differenza di lui, la ragazza non aveva ben chiaro il cammino davanti a sé e la cosa pareva portarle insicurezza e sconforto; gli occhi di lei si fecero timidi, come se non volessero confrontarsi con quelli del samurai. Conosco quello sguardo... E terminate le parole, Mirai cercò anche di svincolarsi dalla conversazione probabilmente per sfuggire all'imbarazzo; ma questa volta Yoshito decise di non fare l'accondiscendente, questa volte le permise fuggire.
    Calma, calma...! Le disse allegro e sorridente, mentre col braccio la tirava nuovamente a sé. Mirai Ishigami, prima di proseguire, permettimi di scambiare con te alcuni dei miei pensieri. Gli occhi di lui puntavan dritti verso quelli di lei e, anche se non smise mai di sorriderle, il giovane Amaterasu drizzò la schiena, uscì fuori il petto, ed assunse un portamento più composto, vestendo agli occhi di lei i panni di un insegnante, o di un padre, pronto ad elargire i suoi insegnamenti allo studenti.
    Mirai-san, voglio raccontarti di Kiichirō Amaterasu.
    Kiichirō è un giovane ragazzino assai impacciato, ha soli 10 anni ma il suo sguardo è quello di qualcuno che nel cuore ha un nubifragio. È ancora piccolo ma la sua testa è già piena di problemi. Si porge quesiti giusti come: Cosa farò da grande? Sto facendo quel che è giusto? Ma per quanto un quesito possa essere corretto, non bisogna far sì ch'esso stesso diventi il tuo vincolo. Kiichirō è molto insicuro e piange spesso, ma per suo fortuna c'è il suo fratellone che pensa a farlo star meglio!
    Esclamò mettendosi la mano libera sul petto. Sai Mirai, tu un po' me lo ricordi e quindi voglio dire anche te ciò che un giorno dissi a lui. Se il domani ti spaventa, tu non temere! Se il momento lo richiederà, Yoshito Amaterasu promette che sarà lì per te, per risolvere la situazione!
    E anche se non dovessi esseri lì e avrai dubbi su te stessa, ricordati che Yoshito Amaterasu crede in te! Quando ti sentirai persa ed insicura, non credere in te stessa... Ma credi nella Mirai in cui crede Yoshito!

    Con grinta e determinazione, portò il pugno chiuso davanti a sé ridendo vistosamente, forse perché lui stesso non comprendeva bene le sue parole. Tornò di nuovo più serio donandole ancora i suoi occhi color fuoco. Sai, posso sembrarti sicuro di ciò che dico e faccio, ma anche io non ho mi sento incerto nel futuro... A volte l'ignoto può spaventare, ma è proprio quando abbiamo paura che abbiamo un motivo in più per andare avanti!
    Sai, apprezzo molto quando mi chiami cavaliere od eroe... Ma non mi sento di potermi definire in tal modo con troppa leggerezza...
    Poiché per me un eroe non è colui che si qualifica come tale, ma le sue azioni ch'egli compie!
    Rimanendo sempre solare e sorridente, lo sguardo gli si fece intenso, come se fosse importante per lui puntualizzare quel concetto. Personalmente penso che il mondo sia pieno di eroi. Non servono grandi imprese o grandi azioni per definire eroica una persona...
    Una madre che trova la forza di accudire la propria famiglia anche se non ne ha le forze è un eroe. Un ragazzo che sceglie lo studio e se stesso rispetto a droghe ed un guadagno disonesto è un eroe. Chiunque abbia il coraggio di alzarsi e di spingersi a fare la cosa giusta… Chiunque faccia, nonostante le avversità, ciò che c'è bisogno di fare... Non per un guadagno. Non per fama. Ma perché è ciò che va fatto ed è giusto fare… Quello, per me è un eroe.

    Le donò il più solare dei sorrisi ed i riflessi del sole parvero quasi illuminarlo in una cornice di luce.
    Tuttavia non reputo me stesso ancor degno di esser definito, anche per un solo momento, con un così nobile titolo. Non ancora, non adesso. Almeno non finché non avrò raggiunto quella vetta che ho deciso di scalare e che un giorno son sicuro raggiungerò.[color] Con lo sguardo determinato di chi sa quel che vuole, il ragazzo le strinse il braccio per trasmetterle la sicurezza e coraggio, come se volesse dirle "Ricordati sempre che io sono qui". [color=red]E Mirai… Credimi quando ti dico, che anche tu puoi diventare l'eroina della tua storia. Gli occhi color fuoco era puntati fissi su di lei, carichi di un ardore così intenso che pareva volesse infiammarle il cuore.
    So quanto può essere spaventosa quell'oscurità che vediamo guardia volgiamo il nostro sguardo verso il futuro. Ma non dimenticare mai: non importa chi siamo o perché nasciamo. Ciò che conta è la Mirai che sei qui, in questo momento. Devi solo continuare ad essere te stessa e la risposta arriverà da sola. E anch'io continuerò ad essere me stesso. Tutto ciò che possiamo fare è continuare ad andare avanti, un passo alla volta...
    Spero di esser lì quando arriverà il giorno in cui la tua luce risplenderà più forte del sole, illuminando non solo il tuo cammino, ma anche di chi sta accanto!

    E mentre il ragazzo terminava il suo interminabile monologo motivazionale, un'ombra si stagliò sui due, separandoli dalla luce del sole. No, non era il tramonto ciò che li aveva colti di sorpresa. Dinanzi a loro una gargantuesca figura metallica si stagliava sul loro cammino: eran giunti al cospetto del Grande Gundam.
    « Believe in the Yoshito who believes in you! »
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    Edited by ReЙ - 26/11/2020, 22:22
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    MIRAI ISHIGAMI
    NARRATO x «PARLATO» x PENSATO x LINGUAGGIO DEI SEGNI


    Sogni. Ambizioni.
    Mirai non si era mai chiesta se ne aveva, o anche solo una vaga idea su ciò.
    Per questo la domanda di Yoshito le aveva lasciato un po’ di perplessità.
    Era arrivata al punto della sua vita, quell’estate, in cui avrebbe dovuto cosa fare per crearsi un futuro.
    E non si parlava in ambito affettivo ma di aspirazioni.
    L’unica cosa che voleva, ed era certa, era che non si sarebbe iscritta all’Accademia per Eroi. Certo non era molto, ma era l’unico punto di partenza.
    Non amava molto quell’idea, e non riusciva proprio a vedersi tra studenti con i Quirk più sensazionali in eterna lotta contro il male e contro l’illegalità. Non ci si vedeva, a mala pena poi riusciva a capire come funzionava il suo di Quirk, figurarsi ritrovarsi a dover fronteggiare minacce in cui la differenza tra saper controllare e no la propria Unicità poteva equivalere a vita o morte.
    Nono. Proprio no. Non pensava davvero di poter esserne capace.
    E poi… da quella sera sulla spiaggia, aveva compreso che anche atti illegali a volte potevano essere stati spinti da qualcosa di più radicato nel profondo dell’essere umano. Disperazione, mancanza di affetto, mancanza di viveri… lei al posto della ragazza gatto che si era trovata a fronteggiare quella sera cosa avrebbe fatto?
    Per questo l’aveva perdonata. Per questo si era stranamente preoccupata per lei.
    Perché in qualche modo aveva percepito molto più di quello che lasciava intuire con le sue bugie.
    Sebbene si sentisse bene accanto a lui in quel momento, così vicina, e sebbene non si sentisse più sola almeno per quella sera, Mirai iniziò a pensare e rabbuiarsi un poco per l’afflusso di pensieri che in quel momento la stavano trascinando via dal presente.
    E’ tutto così… complicato…
    Si sentì leggermente tirare per il braccio e osservò il ragazzo che le camminava accanto che le disse che avrebbe voluto scambiare qualche pensiero con lei.
    Nei suoi occhi c’era calma, serenità e una certa punto di orgoglio a giudicare anche dalla posizione impettita che assunse prima di iniziare quel discorso che sembrò durare qualche ora…
    «Mh?» Rimase così ad ascoltare, in silenzio, cercando di cogliere tutto il discorso che stava facendo e, fu difficile.
    Seguire i movimenti delle sue labbra che masticavano parole su parole, fu un’impresa a dir poco ardua e non voleva ammettere che aveva perso qualche parola nel mentre… ma almeno era riuscita in gran parte a capire quello che le stava raccontando.
    Iniziò con un racconto, molto tenero e dolce, quello di un fratello più piccolo, di 10 anni soltanto, che si era ritrovato ad avere la piccola testa piena di pensieri anche andavano al di sopra della sua giovane età Eh… posso capire… solo che io ne ho 16… e dovrei prima o poi anche solo farmi quelle domande… e invece… invece era triste ammetterlo da parte sua, e si vergognava alquanto.
    Prima di allora non aveva neanche una sola volta pensato a cosa avrebbe fatto “da grande”.
    Le spiegò che per fortuna per lui c’era il suo cavaliere, il suo fratello maggiore, Yoshito Amaterasu, e che lei gli ricordava molto il piccoletto.
    Fu così che le disse qualcosa che si impresse a fuoco nel suo animo e nel suo cuore.
    Parole profonde che Mirai non si sarebbe mai aspettata di sentire dire da nessuno, neanche da suo padre.
    Qualsiasi cosa sarebbe accaduta, qualsiasi situazione problematica che si sarebbe venuta a creare nella sua vita, qualsiasi cosa la terrorizzasse dell’avvenire non avrebbe dovuto temere nulla perché Yoshito sarebbe sempre stato pronto a correre in suo aiuto.
    «Yo…Yoshikishi-kun.» sussurrò mentre degli occhioni lucidi iniziarono a brillare sul suo volto.
    E quando avrebbe avuto ripensamenti o avrebbe dubitato di sé stessa, doveva solo ricordarsi che il cavaliere credeva in lei, e che avrebbe lei stessa dovuto credere in quella parte di lei che credeva in Yoshito per risolvere qualsiasi situazione.
    Lì per lì ci volle un bel po’ di tempo prima che potesse riuscire a capire e a riformulare nella sua testa quello che aveva detto il ragazzo.
    Poi con un grande sorriso stampato in volto, e gli occhi ancora languidi annuì decisa e rinvigorita da quelle parole che come un fuoco avevano iniziato ad illuminare e dissipare le tenebre che aveva dentro il suo animo.
    Una luce accecante che non pensava potesse appartenerle, e che in qualche modo era stato quel bizzarro cavaliere ad alimentarle e a farle crescere.
    « Si! D’accordo! Lo farò! Grazie…hehe… che tu lo pensi o no, sei proprio un eroe. » esplose senza più paura nella voce, quasi urlando nelle prime battute da quanto si sentiva ricaricata con quell’energia positiva emanata da Yoshito Amaterasu.
    « E’ davvero tanto fortunato ad avere un fratello come te, sai? Sei davvero una roccia, e una pietra portante. Un porto sicuro dove può sempre trovare riparo e… il legame che vi unisce è unico e indissolubile…. Mpf, a volte avrei voluto tanto anche io avere un fratello come te. Non sarei piena di questi… pensieri… però. Per fortuna ti ho incontrato. E forse l’amicizia non è uguale all’essere fratelli ma… il legame è lo stesso. Grazie. Grazie per avermi detto quelle splendide parole. Ora so… che non sarò mai più da sola. » gli disse prima che potesse continuare a parlare.
    Era difficile stargli dietro ma Mirai era attenta e non si lasciava sfuggire neanche un movimento delle sue labbra e del suo sguardo, e per fortuna che le lacrimucce di gioia stavano inondando gli occhi o si sarebbe trovata delle prugne secche.
    Sapeva che se sbatteva le palpebre troppo, di sicuro avrebbe perso qualche parte del discorso e poi se la doveva vedere con Hikoboshi e Orihime in persona – le divinità, non i pesci – per poter ritrovare il filo di Arianna del discorso.
    Fu così che Yoshito iniziò una lunga sequela di discorso sul fatto che non si sentiva un eroe, o un cavaliere, sul fatto che sono le azioni a definire una persona tale e che anche lui si sentiva parecchio incerto sull’avvenire.
    Che strano… eppure sembra così tanto sicuro di sé… pensò restando in silenzio per non disturbare quel flusso di pensieri che si condensava in parole.
    Pensò che forse gli avrebbe fatto bene parlare, che se aveva dei dubbi o delle cose che si teneva dentro quello era il momento giusto per tirare fuori tutto del resto… a che servono gli amici? .
    Eroi.
    Il discorso che per Mirai era molto delicato lui lo prese in pieno a due mani e glielo servì su un piatto d’argento. Stranamente però, anche lui aveva una definizione della parola “eroe” non proprio diversa da quella di Mirai.
    Un eroe è una persona che anche nella vita quotidiana, di tutti i giorni, con le sue imprese, con coraggio e forza di volontà affronta le situazioni più buie e disparate e riesce lo stesso a ritrovare la luce.
    Rimase ad ascoltarlo, annuendo di tanto in tanto, rapita da quelle parole e da quanto esse erano molto simili a quelle che avrebbe pronunciato lei sulla parola “eroe”.
    Papà e mamma… sono i miei eroi. Hanno cambiato la loro vita per me e quanto hanno combattuto… pensò, e ciò era proprio vero.
    Non per guadagnare qualcosa, non per fama, ma perché fanno la cosa giusta nel momento giusto. Questo è essere un vero eroe.
    «Sì… lo penso anche io. E non è quello che hai fatto tu con me? » gli sorrise di rimando al suo caloroso sorriso che il sole in confronto si sarebbe rabbuiato.
    Eppure nonostante questo continuava a non definirsi come tale, sebbene nel cuore della fanciulla lui fosse già un cavaliere e un eroe.
    Una…vetta da scalare?... pensò in seguito a quello che disse, notare che Mirai arrivata a questo punto aveva già gli occhi vagamente rossi e sbattere un po’ le palpebre le procurava fastidio e bruciore ma se ne fregò altamente.
    Voleva continuare a leggere quelle labbra da cui oramai pendeva, mentre il ragazzo le strinse a sé il braccio come se volesse in qualche modo rassicurarla o… rassicurarsi?
    «E…E-roina della mia storia? …dici davvero?» come una ragazzina che si era ritrovata a sentirsi dire che sarebbe diventata una principessa delle favole che leggeva da bambina, Mirai lo guardò con occhioni spalancati di sorpresa e rigonfi di speranza.
    Si imbatterono in quelli di lui e fu come se una nuova vampata risalisse le sue viscere e le scaldasse il cuore. Arrossì, ma non distolse lo sguardo.
    La frase dopo non la colse proprio del tutto, i suoi occhi erano stati magnetizzati da quelli di lui e riuscì solo a capire che avrebbe dovuto continuare ad essere se stessa e che la risposta, o le risposte, che tanto cerca sarebbero arrivate. Prima o poi e che tutto sarebbe arrivato continuando a camminare un passo alla volta lungo il sentiero della vita.
    Poi arrivarono quelle ultime parole che dettero il colpo di grazia al suo cuore.
    “Spero di esser lì quando arriverà il giorno in cui la tua luce risplenderà più forte del sole, illuminando non solo il tuo cammino, ma anche di chi sta accanto!”
    Mirai si fermò e fece fermare inconsapevolmente anche lui.
    Rimase a guardarlo e non sapeva cosa dire, cosa dirgli, cosa pensare.
    « Che belle parole… ti ringrazio. E spero anche io che tu possa arrivare a conquistare quella vetta, qualsiasi essa sia. Beh… so che ci sarai quando sarà il momento ma io quella luce in te già la vedo… e sarà solo questione di vederla più radiante del sole stesso. E spero di esserci anche io quel giorno. Per poter dire che sei diventato quell’eroe che io in te ho sempre visto. » disse regalandogli uno dei suoi sorrisi più luminosi e radianti « Sei riuscito a fare quello che nessuno ha fatto per ora per me. Mi hai dato speranza, e mi hai riempito il cuore di coraggio e di positività. Questo non fa già di te un cavaliere? Grazie Yoshito Amaterasu. Grazie davvero di cuore. » disse per poi sciogliersi momentaneamente da quel tenero abbraccio per stropicciarsi gli occhi che non ne potevano più di seguire i discorsi del giovane a dispetto della ragazza.
    E solo dopo, quando tornò a vederci di nuovo – nonostante fossero leggermente rossi per lo sforzo – il suo sguardo si posò sull’immensa figura che stava di fronte a loro.
    Il Grande Gundam.
    Un colosso alto 18 metri, peso di 25 tonnellate. Una riproduzione in scala 1:1 dell’RX-78-2 della famosa serie sui robottoni giganti. Eroi dentro spesso metallo che combattono per l’umanità, per salvare il mondo.
    «Ooooh… guarda Yoshikishi-kun! Siamo arrivati… » disse puntando il dito della mano che non reggeva il barattolo con i pescetti.
    Gli occhi di Mirai rimasero imbambolati ad osservare l’enorme figura che si stagliava, là, in tutta la sua potenza e in tutto il suo splendore, debolmente illuminata dal tramonto con colori caldi.
    Un simbolo.
    Per Mirai quel colosso era sempre stato un simbolo. Un simbolo di speranza di un futuro migliore, un simbolo di un guardiano che sempre avrebbe vegliato sulla città di Tokyo anche se era parte della finzione.
    Aspirare a simile grandezza poteva essere per lei un sogno, ma sapeva di non poter raggiungere tale magnificenza. Non lo voleva.
    Non per sé.
    «Sai… un giorno anche tu sarai un simbolo per questa città. Magari non ti faranno una statua gigante come quello, magari non sarai sulla bocca di tutti ma… un giorno riuscirai ad essere un simbolo di eroico coraggio, di determinazione e di divampante forza di volontà. Un vero Eroe, un vero Cavaliere. » era riuscita a parlare la sua stessa lingua? Forse… ma era riuscita a dare enfasi sulle due ultime parole perché sapeva che ancora Yoshito stava cercando di diventare quello che in parte era già.
    « Quel giorno io ci sarò e … se avrai bisogno di me, anche solo per tirare fuori quello che senti dentro e che non hai mai detto a nessuno… su di me puoi sempre contare. Sarò come quel Gundam per il suo pilota: qualsiasi cosa accadrà in futuro, sarò sempre un punto fisso fin quando lo vorrai. » disse senza voltarsi verso di lui, per poi prenderlo per un braccio e trascinarlo ancora più vicino, fin quando la folla glielo avrebbe permesso.
    «E poi… io l’ho sempre adorato. MA GUAAAAARDA!!! E’ davvero troppo bello!! Lucente, e smagliante, è così imponente… e poi… sarebbe davvero figo poterlo guidare… e poter salire in alto nel cielo fino a toccare le stelle con un dito… e magari non avere brutti nemici contro ma… sarebbe davvero bello!» parlava come una fan che aveva appena visto il suo grande amore dalla fantasia alla realtà.
    «Sai…» spiegò « Mio padre è sempre stato un grande appassionato della serie. Fin da bambina mi ha sempre fatto vedere gli strani robottoni… e solitamente finivo per addormentarmi. Ma col tempo…guardando quella serie ho capito che l’amicizia è il potere più grande di qualsiasi altra cosa al mondo. Neanche le Unicità possono eguagliare tanta forza. » ed era fermamente decisa in quello che diceva, tanto che non riuscì a balbettare e a trattenere l’euforia. Glielo si leggeva negli occhi: era come se avesse visto in quel Gundam qualcosa di molto di più di un semplice ammasso di ferraglia e sudore.
    « Quando mi portava qui, da piccola mi diceva sempre che lui, il Grande Gundam, ci avrebbe sempre protetto. Si sarebbe sempre svegliato quando più avevamo bisogno di lui e sarebbe corso in nostro soccorso per difendere questa città da chiunque la minacciasse. Ora che sono cresciuta so che erano soltanto storie ma… nonostante questo io conservo ancora questa storia come se avesse un fondo di verità. Perché, forse non è un Grande Gundam, ma ci sarà sempre un eroe disposto a fare del bene e ad ascoltare le richieste di aiuto di chiunque… e ci sarà sempre qualcuno che si alzerà e si risveglierà per combattere per far sì che questa città sia sempre un posto migliore. Sai… io ci credo. E vorrei essere parte di questo, ma non ho la forza… e non ho il coraggio. Per cui… potrei cominciare a fare qualcosa di piccolo. Volontariato? Chissà…ci penserò. Ho tanto a cui pensare… ma grazie a te credo di aver trovato una strada. Forse non sarò un’eroina quanto te, ma so che posso aiutare la gente e so che posso fare anche se minima una differenza. E se sono arrivata a questo… lo devo solo a te. Grazie. » riprese fiato. Non lasciò spazio ad altre parole, a pensieri futili, o ad altro.
    Lasciò che il suo cuore si aprisse in presenza del ragazzo e che finalmente traesse le conclusioni, o che arrivasse almeno ad una risposta alle sue domande.
    «Eh…ups.. scusami… ho parlato troppo. Heheh » disse mentre si grattava nervosamente la guancia destra « E adesso. Domanda! Ma… tu con quel … puufffff….» disse simulando una sottospecie di scoppio sia con la voce che con la mano « Non riesci a fare anche quello? Magari in formato più piccolo? » ok, questa era una cosa al di fuori della legalità, però era curiosa.
    E’ sempre stata curiosa, ma era allegra e di buon umore, e questo lo doveva a lui.
    « The Great Gundam »
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