How can it be wrong if it feels so good

Role | Shoya x Hisoka

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    Ricordo che faceva male. Guardarla stare male.

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    Shoya Ishida
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    Il sole filtrava attraverso le strette fessure delle tapparelle formando delle lame di luce che aiutavano a mantenere la stanza leggermente visibile e non completamente al buio. Fuori faceva ancora molto caldo e nonostante fosse tardo pomeriggio il sole scaldava le pareti della stanza e le finestre, per questo motivo Shoya preferiva tenere tutto chiuso e rimanere quanto più possibile al fresco.
    Il ragazzo era vestito in pantaloncini e maglietta, era seduto sul letto ancora disfatto, teneva la schiena ben appoggiata alla parate e con le gambe incrociate stringeva tra le mani il suo telefono cellulare, un fascio di luce led biancastro gli illuminava il volto dal basso verso l’alto sottolineando un’espressione preoccupata, corrucciata, dubbiosa.
    Che sia questa la cosa giusta da fare?
    sul display del telefono era stato composto un numero, ma il contatto non era stato salvato in rubrica quindi risultava come “sconosciuto” ed effettivamente era la realtà, il giovane aspirante eroe stava per contattare telefonicamente una persona che non conosceva e di cui aveva solo letto sui giornali e nei rapporti della polizia. Ottenere quelle cifre non era stato facile, ma il presunto criminale amava farsi notare e aveva lasciato parecchie sue tracce in giro, a Shoya era bastato trovarsi da solo presso gli uffici di Lifeline per curiosare in giro su qualche rapporto di salvataggio dell’agenzia e della polizia, infine dopo un po' di tempo e stando attento a non essere beccato aveva definito quello che al 99% doveva essere il numero di telefono di un villain schedato come Hisoka Morrow.
    Ed eccolo qui, seduto sul letto a contattare direttamente un suo potenziale acerrimo nemico, come era arrivato a quel punto? Shoya non faceva altro che domandarselo da settimane, se non da mesi. Era profondamente insoddisfatto del suo percorso accademico all’interno della U.A. e questo si era palesemente capito, aveva legato con pochissime persone all’interno della scuola e non aveva ricevuto un granché sostegno da loro, anzi era rimasto da solo con le sue convinzioni e i suoi ideali, non voleva cedere di un millimetro, non poteva cedere.
    Compierò la mia giustizia, ciò che gli altri ora non comprendono verrà capito e allora la mia visione verrà condivisa e otterrò il posto che mi spetta
    disse a bassa voce a se stesso. Questo non era un pensiero era un’affermazione e pronunciarla con il suono delle parole la rendeva reale.
    Aveva deciso, doveva entrare in contatto con quel mondo di criminali, sporcarsi un po' le mani per ottenere informazioni. Il ragazzo era consapevole che tutto quello avrebbe avuto un prezzo e che sarebbe stato molto rischioso per la sua carriera da futuro Eroe, però sentiva che doveva rischiare per un bene superiore, per ciò che lui stesso vedeva come il bene ultimo. La giustizia definitiva.
    Perché dunque contattare questo Hisoka? Beh aveva capito che rispetto agli altri criminali lui era più instabile, più facile avvicinarsi senza doversi uccidere a vicenda, e poi non sembrava essere alla cima di qualche piramide gerarchica malvagia.
    Ok adesso doveva tentare la telefonata.
    Le mani iniziarono a sudare leggermente, il battito cardiaco era accelerato e il fiato si fece più profondo e ripetitivo.
    Maledizione mi devo dare una calmata
    Shoya chiuse gli occhi e provò a contare fino a dieci molto lentamente concentrandosi sul ritmo del respiro. Poi riaprì le palpebre puntò le pupille sullo schermo e rilesse il numero, ormai lo conosceva a memoria. Con il pollice destro premette sullo schermo il simbolo della cornetta e così avvicinò il telefono all’orecchio destro. La stanza tornò in penombra perché la luce biancastra del LCD si spense in prossimità del volto del giovane.
    Du… Du… Du…
    il telefono squillava, buon segno, il numero esisteva davvero.
    Aveva immaginato quella conversazione mille volte nella sua testa, ma tutto sarebbe potuto andare in modo diverso. Non appena qualcuno avesse risposto ecco Shoya avrebbe parlato in maniera apparentemente tranquilla, cercando di mantenere un tono di voce stabile e deciso. Non doveva dilungarsi molto, aveva già in mente dove incontrarsi, doveva solo convincere l’interlocutore a palesarsi.
    Hisoka Morrow, dobbiamo incontrarci, potrebbe essere interessante per entrambi quello che abbiamo da dirci.
    Si sa, chiamare per nome una persona ti conferisce un grande potere su di essa, perché non c’è suono più bello al mondo che quello del proprio nome. Shoya sperava in questo modo di spiazzare il suo interlocutore, incuriosirlo e portarlo ad accettare l’incontro senza dover presentarsi.
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    Hisoka Morow

    Un Jester che perde il sorriso può continuare a dirsi tale? L'espressione che gli aveva adornato il viso notte e giorno per anni era diventata parte di lui, identificabile più del suo stesso volto. E adesso? Le labbra erano troppo pesanti per incurvarsi, i muscoli troppo rigidi. Ogni tentativo di costringersi ad essere Hisoka falliva.

    Senza quello, cosa gli rimaneva?

    Giaceva a letto da qualche giorno ormai, confinato tra le mura del suo appartamento, nudo e avvolto soltanto dalle coperte. A volte doveva alzarsi per sopravvivere bevendo dal rubinetto e mangiando le poche cose che teneva in casa, ma per il resto era rimasto... Docile. Fissava nel vuoto interminabilmente, a tratti distratto da uno dei gatti che gli si avvicinava per annusargli il volto o dargli qualche zampata. Stavano controllando se fosse morto? O forse percepivano in qualche modo il suo umore?

    Dempsey e Haley. Orgoglioso e astuto. A volte soltanto posarci gli occhi sopra lo irritava e finiva per spingerli giù dal letto con poca grazia. Gli ricordavano colei che li aveva nominati. La notte al Festival di Tanabata, l'inizio dei suoi malori. Incontrarsi con la rosea ragazza fu uno dei più grandi errori della sua vita, era ridotto in quello stato per colpa di ella. Cosa gli aveva fatto?

    Perché.

    Sperava lo aiutasse a sentirsi meglio, far ordine di tutti quei pensieri invadenti, ma aveva soltanto peggiorato ogni cosa in maniera esponenziale, causandogli un dolore che nemmeno credeva possibile. Bastarda. Bastardo anche lui stesso. Bastardo il mondo.

    Non poteva nascere un Mutant rettile a sangue freddo?

    Se potesse andare indietro... Avrebbe cambiato qualcosa? Chissà. Una parte di lui voleva prendere possesso di se la notte del loro incontro, e far esplodere la donna molto più forte. Ucciderla e togliersela dai piedi. Liberarsi di ogni tentazione e fattore confusionario, tornare ad un tempo più semplice. Forse era ancora in tempo. Poteva invitarla nuovamente da qualche altra parte e finire il lavoro. Spazzarla via e con lei le tenebre che gli attanagliavano la mente, da quando gli aveva avvelenato l'anima con quel bacio–

    Drrriiiiiiiing.

    Scattò fuori dal letto con una velocità che ai gatti faceva invidia, e questi sobbalzarono anche per la sorpresa di movimenti così rapidi dal loro padrone che di recente era un sacco di patate. Quasi si lanciò a terra chinandosi allo Yukata steso al pavimento, rimasto lì sin dalla festività. Se ne era liberato appena entrato in casa, assieme a questo anche il cellulare in tasca, che ora squillava.

    « Morrigan! »

    Urlò esaltato rispondendo di fretta alla chiamata, estatico che l'avesse contattato... Ma non era lei. Come poteva esserlo? Non era il tipo da contattarlo per chiamata senza preavviso. Stava per disconnettersi e gettare il cellulare al suolo appena dopo aver sentito che il timbro vocale non era ciò che s'aspettava...

    « Hisoka Morrow, dobbiamo incontrarci, potrebbe essere interessante per entrambi quello che abbiamo da dirci. »

    Questa frase lo paralizzò. Non perché fosse preoccupato, tutt'altro. Era qualcosa di estremamente interessante da ricevere... Si sentiva bene. Aveva dimenticato come fosse sentire qualcosa che fosse positivo, rinchiuso in quello stanzino. Fece una lunga pausa. Il suo respiro l'unica indicazione che fosse ancora alla cornetta.

    Chi era? La voce non gli era familiare, era una delle rarissime volte dove qualcun altro veniva da lui sapendo più sul suo conto del contrario. Un uomo di Jane? Una trappola di qualche tipo, forse delle autorità? C'erano tante cose che voleva scoprire... E Hisoka, in circostanze normali, avrebbe investigato. Avrebbe tenuto l'individuo misterioso sulla linea per giocarci un po', portarlo a tradire le proprie intenzioni in qualche modo, siccome tanto domande dirette valevano meno di zero.

    ...

    « Presentati al Kagejikan, di Ueno, tra tre ore. Parliamo. »

    Nella voce la leggera modulazione di un sorriso che gli sporcava il tono, e chiuse. Non gli importava chi fosse, cosa volesse, perché l'avesse contattato. Si sarebbero incontrati. Ne aveva bisogno. Chissene fregava se volessero mitragliarlo da ogni direzione? Era qualcosa di diverso. Di divertente. A quel punto, gli bastava essere troppo occupato su qualcun altro per pensare a ciò che lo tormentava. Stava pensando fin troppo, doveva spegnersi, distrarsi.

    L'occasione gli era caduta tra le mani come una manna dal cielo.

    ♦ ♣ ♥ ♠

    Aveva vestito i suoi capi soliti, il mezzo-busto giullaresco con pantaloni e scarpe sulla stessa linea, ma non perché fosse particolarmente in quella vena. Erano i capi più comodi per lui, tutto qui. Ancora non riusciva a mantenere un sorriso convincente, figurarsi essere spettacolare e scenico come solito, non aveva manco avuto la voglia di tirarsi i capelli col gel. Mai era stato così scialbo in pubblico. Capelli spettinati, profonde occhiaie, espressione neutra ma stanca.

    La cosa più terrificante era che non gli importasse, nonostante incontrare una potenziale persona curiosa nuova richiedesse una presentazione impeccabile e ben manipolata... Ma non riusciva a sentirsi motivato. Era il meno Hisoka che Hisoka fosse mai stato sotto gli occhi del pubblico.

    Tanto che l'attenzione era più sui gatti legati alla gamba del tavolo che lui. Si sentivano così i padroni normali? Non lo sorprendeva che fosse una tattica popolare portarsi il cagnolino per rimorchiare, se era un pass gratis ad avere sguardi in tua direzione. Persino in un locale come quello la clientela non nascondeva un certo apprezzamento. Era seduto ad un tavolino in fondo alla sala, con le spalle al muro e una buona visuale dell'entrata e i dintorni. Il posto ideale dove sedersi se si era potenzialmente nel mirino di qualcuno.

    Si soffermò sull'orologio appeso sopra il bancone degli alcolici, a quel punto il suo interlocutore sarebbe dovuto essere al Kagejikan... Che non era dove stava sedendo Hisoka, però. Era molto improbabile avrebbe mai messo piede come un normale cliente in quel ristorante.

    Estrasse il telefono e andò a selezionare l'ultimo numero che l'aveva chiamato. Brr. Brr. Brr. A quel punto chiunque fosse si sarebbe chiesto dove diamine fosse Hisoka, si sarebbe sentito stupido per essersi fidato della sua parola. Ma il meeting era ancora nei piani, se avesse risposto.

    « Oh, ho detto Kagejikan di Ueno? Scusa. Intendevo il Kuroshinju appena fuori Setagaya. Che sbadato che sono. »

    Giusto giusto venti chilometri in linea d'aria da Shin. Se davvero tutto fosse un'imboscata per Hisoka, avrebbero fatto preparativi per beccarlo al Kagejikan, mentre ora li stava costringendo ad improvvisare. Mai andare dall'avversario, fallo venire da te.

    « Hai quaranta minuti per farti vivo, be there or be square. »

    E chiuse ancora una volta, senza possibilità di obiezione. In macchina ce la si poteva fare appena in tempo mettendoci una certa fretta, per i mezzi pubblici era impossibile, il minimo tempo di viaggio attorniava l'ora... Ma Hisoka non aveva intenzione d'andarsene, almeno non prima che passasse un'ora e mezza. Quella deadline era per stuzzicare un po' chi fosse all'altro capo.

    Si sarebbe presentato lo stesso, sapendo di dover fare una corsa folle? O anche peggio, sarebbe venuto comunque "per sicurezza" anche oltre lo scadere del tempo? Era un modo per iniziare a conoscersi.

    Nell'attesa avrebbe ordinato un paio di bicchieri di limonata, giusto per fare delle consumazioni e non essere sbattuto fuori. La qualità era ciò che s'aspettava dato il calibro del posto. Erano praticamente fuori da Tokyo, in una delle zone più rurali. Quel quartiere in specifico non era tra i più tranquilli, e il bar di scelta era quasi trasparente nella poca legittimità del tutto.

    Probabilmente Hisoka non era nemmeno l'unico criminale seduto ai tavoli.
     
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    Chi diavolo è Morrigan? Fu il primo pensiero che balzò alla mente del giovane studente. Il cuore batteva ancora a mille e tenere il telefono saldo nella mano destra stava diventando un’impresa tutt’altro che semplice, era visibilmente in balia di un leggero tremolio, ma fortunatamente in questi anni era diventato un abile dissimulatore del suo stato d’animo e la sua voce risultava calma, decisa e anche abbastanza profonda.
    Dall’altra parte della cornetta si sentì un sospiro e una pausa silenziosa che durò per troppo tempo, o forse pochi secondi, in quel momento il tempo era relativo, tutto dipendeva dalla risposta che averebbe ricevuto. Shoya ripensò quindi al copione che si era figurato in mente, a come proseguire la conversazione e come eventualmente far perdere le sue tracce se qualcosa fosse andato storto.
    Hisoka o il presunto tale, ancora non ne aveva la certezza al cento per cento, parlò con un tono completamente diverso da quello con cui aveva risposto alla telefonata: “Vediamoci al Kagejikan tra tre ore”, questo fu quello che pronunciò per poi chiudere il telefono così rapidamente che Shoya d’istinto urlò, come se volesse farsi sentire a distanza da questo sconosciuto.
    No! Cazzo! Il Kagejikan no!
    Hisoka non poteva sentirlo, la telefonata era stata interrotta e le lancette dell’orologio avevano iniziato a muoversi più rapidamente di prima. Il ragazzo doveva ritrovare la calma e la lucidità, non poteva lasciarsi spiazzare da un cambio di programma così repentino. Ok non stava andando secondo i suoi piani, però il criminale aveva acconsentito ad incontrarlo anche non sapendo chi fosse; la descrizione posta sui registri di Lifeline era coerente con quanto stava succedendo, il soggetto era una persona instabile che amava apparire.
    Shoya dunque balzò giù dal letto aprì il secondo cassetto in legno posto subito a destra e iniziò a frugare tra alcune carte ingiallite per estrarre delle caricature in bianco e nero che aveva fotocopiato in ufficio, quei disegni erano stati fatti dalla polizia ed erano la descrizione dei testimoni e delle persone che avevano affermato di aver visto Hisoka. Li guardò l’ennesima volta, ormai ne aveva memorizzato ogni dettaglio, eppure non se ne era ancora sbarazzato. Beh lo avrebbe fatto molto presto per evitare che qualcuno perlustrando la sua stanza trovasse tracce simili che potessero ricondurlo al criminale che stava per incontrare.
    Molto astuto, maledettamente astuto, ma non mi freghi
    piegò quei fogli e li infilò in tasca poi si diresse verso lo specchio. La luce nella stanza era appena sufficiente per far sì che potesse vedere il suo riflesso.
    Al Kagejikan c’è Shinjiro… potrebbe riconoscermi… però è un cuoco non penso giri per la sala… però ci sono gli studenti della scuola che lavorano lì… no, devo trovare un altro modo.
    Balzò rapidamente verso l’armadio e appena mosse l’antina facendola scorrere verso sinistra un led bianco si accese attivato da un sensore posto all’interno della struttura così che potesse vedere il colore e quali abiti scegliere anche al mattino presto senza tirare su le tapparelle.
    Le pupille rimbalzavano da destra a sinistra e dall’alto al basso in cerca di una nuova strategia, un nuovo abbigliamento e un nuovo piano.

    ***

    Camicia bianca abbottonata fino al collo, cravatta nera ben annodata, giacca e pantalone scuri dello stesso completo definivano la figura di Shoya appostato appena fuori dal Kagejikan. Perché aveva deciso di vestirsi in maniera così elegante? Beh prima di tutto voleva sembrare molto più grande di quanto in verità già non fosse e secondo si sarebbe presentato come un membro della scuola U.A. non un attuale studente qualora fosse stato necessario presentarsi. Nulla era dato per scontato.
    Si trovava in piedi dall’altro lato della strada e fingeva di avere una conversazione al telefono mentre con gli occhi puntava l’ingresso del ristornate. L’immagine di Hisoka era ben impressa nella sua testa, più o meno sarebbe dovuto combaciare, voleva vedere se aveva davvero il coraggio di presentarsi in un locale come il Kagejikan.
    Allo scadere delle tre ore però nessun uomo da solo si era addentrato dentro il ristorante, qualcosa non stava andando come doveva andare.
    Shoya iniziò ad innervosirsi e prese a camminare per allontanarsi rapidamente da quel posto, con gli occhi puntava attorno a sé per verificare di non essere seguito.
    Se mi avesse voluto attaccare lo avrebbe già fatto… ma come fa a capire che sono io? È impossibile, mi sto preoccupando per nulla...
    Decise di fermarsi e prendere fiato. Proprio mentre stava per riporre il telefono nella tasca ecco che la vibrazione si attivò. Brr. Brr. Brr. Era il numero di Hisoka che era tornato attivo, il criminale aveva ri acceso il telefono.
    Shoya rispose in silenzio e lasciò parlare il suo interlocutore, che anche questa volta fu rapido, veloce e molto preciso. “Intendevo il Kuroshinju appena fuori Setagay. Hai quaranta minuti per farti vivo, be there or be square.”
    non ci fu modo di replicare.
    Shoya stette in silenzio, strinse forte il telefono e digrignò i denti.
    Maledetto, mi hai preso per il culo
    disse sottovoce in modo che comunque nessuno potesse sentirlo. Odiava sentirsi preso in giro e soprattutto odiava non avere il controllo della situazione, doveva ristabilire la gerarchia e lo avrebbe fatto direttamente al locale, faccia a faccia senza ulteriori stupidi scherzi.
    Incurante del fatto che tutto potesse essere un’imboscata Shoya corse lungo il marciapiede e fermò un taxi; non diede l’indirizzo giusto, ma bensì una via poco distante, in modo che sarebbe sceso dal mezzo e poi avrebbe proseguito a piedi.
    Vado di fretta, si affretti
    disse all’autista in maniera scortese, era troppo incazzato per le buone maniere.
    L’orologio che aveva al polso segnava che erano appena passati quaranta minuti quando mise piede su un altro marciapiedi dopo aver svuotato il suo portafoglio per pagare un costosissimo taxi.
    Mi farò rimborsare da questo pazzo, in un modo o nell’altro
    si sistemò la giacca e distese bene i pantaloni fino alle scarpe in vernice nera.
    Shoya conosceva quella zona, era sorvegliata dalla polizia e da alcune agenzie di eroi perché pullulava di criminali. Eppure si sentiva al sicuro, vestito in quel modo poteva benissimo essere scambiato per qualche membro della yakuza o qualche cosca mafiosa.
    Infine arrivò Kuroshinju con circa quindici minuti di ritardo, ma almeno era sicuro di non esser stato seguito da nessuno.
    All’esterno del locale non vi era nessuno, ma appena Shoya bussò per tre volte sulla porta una fenditura scattò e degli occhi neri come la pece lo fissarono per qualche secondo, poi il chiavistello scattò e la porta cigolando si aprì facendo fuoriuscire il calore del locale. Il giovane dai capelli neri non disse nulla, varcò l’uscio e buttò un’occhiata rapida ai membri che popolavano quella stanza. Non c’erano molti tavoli circa una decina e la struttura era rivestita in legno, il pavimento cigolava perché le assi si erano visibilmente inarcata per colpa dell’alcool rovesciato per terra. Alle pareti delle lanterne emanavano una luce giallastra che rendeva l’ambiente abbastanza accogliente e caldo. Il bancone era lungo tutta una parete e gli alcolici riflettevano la luce in mille colori diversi.
    Shoya sentiva il cuore battere a livello inverosimile, si sforzò per non tremare e cedere scappando via quando il suo sguardo incrociò quello di Hisoka, sì era lui, dalle foto combaciava perfettamente, tranne per i capelli, era stato descritto con dei capelli curati, invece quel ragazzo aveva i capelli spettinati e delle occhiaie parecchio evidenti. L’abito però era ciò che più lo contraddistingueva, un mezzo busto da giullare, ecco la sua firma.
    Il giovane dai capelli neri e dal vestito elegante si apprestò a muoversi verso il bancone. Si sedette su di una sgabello libero e chiamò l’oste con un cenno della mano.
    Prendo del Nikka, e il mio conto lo paga quel ragazzo lì, vada pure da lui per i soldi.
    disse Shoya a bassa voce ma in maniera decisa indicando con il pollice destro la posizione di Hisoka.
    Lo studente infatti era seduto al bancone, mentre il criminale si trovava in fondo al locale seduto esattamente alla sua sinistra. Hisoka poteva benissimo vedere il fianco sinistro e il profilo del giovane, ma non il suo volto per intero, perché Shoya teneva gli occhi fissi davanti a sé osservando il bancone degli alcolici e attendendo la sua mossa. L’idea era quella di essere invitato al tavolo a consumare il Nikka gentilmente pagato e offerto.
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    Tecnicamente Hisoka è stato arrestato e schedato una volta, Shoya potrebbe anche avere direttamente i mugshot che gli hanno fatto dopo il combattimento con Fuyuko invece che semplici sketch. Non che cambi molto~

    Hisoka Morow

    Il ragazzo appena entrato al locale indossava un completo anche più strano di Hisoka, per il loro contesto. Camicia e cravatta in un quartiere come quello? Tanto valeva annunciare al pubblico che non si fosse della zona, manco lontanamente. Anche fosse stato un malvivente, da quelle parti era meno "yakuza", e più "ubriaco al pub che ti accoltella con una bottiglia rotta".

    Inizialmente non ci fece troppo caso... Poi incrociarono gli sguardi, e notò l'espressione dell'altro, che diceva l'avesse riconosciuto. Seriamente era stato un tizio come quello ad invitarlo? La voce era giovanile, ma quello era proprio un adolescente. Avrà avuto sedici anni a valutarne il volto bambinesco.

    Mai giudicare dalle apparenze, però.

    Pregava solo non si fosse fatto speranze per essere deluso da un ragazzino con poco senso d'auto-preservazione. Per incontrarsi volontariamente con Hisoka bisognava essere a propria volta "diversi", o coraggiosi, o stupidi. Soltanto due di questi ne valevano la pena.

    Tenne lo sguardo fisso sull'ospite elegante, ma questo non gli fece la stessa cortesia. Aww, se l'era presa. Doveva essere il suo tentativo di riafferrare le redini delle dinamiche, dopo esser stato costretto ad attraversare mezza Tokyo per il divertimento di Hisoka. Poggiò la testa sul palmo aperto e seguì l'altro con gli occhi, accennando un sorriso divertito, lo guardò sedersi al bancone e sussurrare qualcosa indicando in sua direzione.

    Per un attimo fu preoccupato che in qualche modo fosse caduto comunque nella trappola, e che adesso tutti i presenti al locale si sarebbero alzati per pestarlo. Ma non accadde... Peccato, sarebbe stato divertente doverli far saltare tutti in aria per uscirne.

    Anche dopo l'ordinazione lo sconosciuto non si girò. Doveva esser molto importante per lui "costringere" il Jester ad approcciarlo per primo. Proprio per questo non sarebbe successo, o almeno non in un modo che gli avrebbe ridato il controllo della situazione.

    « Sai, ero incredulo quando sono riuscito a chiamarti. Prevedevo saresti stato tu a chiamare me, ci ho provato giusto per curiosità senza aspettarmi risultati. »

    Disse ad alta voce, alzandosi sopra il mormorio del bar per raggiungere il suo bersaglio.

    « Pensavo per certo saresti stato abbastanza furbo da contattarmi con un numero usa-e-getta, siccome lo user id non era anonimo... E invece adesso ho il tuo numero di cellulare, lmao. Ti tocca cambiarlo. »

    Si era rivolto a lui, ma sminuendo ulteriormente il suo approccio. Togliendo l'aria inscrutabile che voleva crearsi attorno. Hisoka non era il più esperto di tecnologia, anzi ne capiva molto poco, ma persino lui sapeva che fosse buona prassi chiamare con una SIM apposita di cui disfarsi poco dopo. Avere lo stesso numero reperibile dopo tre ore tradiva una certa inesperienza, anche fosse stata una scheda secondaria.

    Detto ciò, Hisoka non si prendeva certe brighe perché voleva essere raggiunto... Lui era lo stesso?
     
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    Hai perfettamente ragione sui Mugshot non ci avevo pensato, va beh comunque più o meno regge la storyline. Comunque ho mosso io l'oste come PNG visto che tu non l'hai fatto nella tua risposta eheh vedi tu se continuare a giocarlo o lo lasciamo morire lì


    Shoya Ishida
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    L’oste sembrò esitare qualche secondo, osservò dalla testa ai piedi il suo elegante interlocutore, poi scuotendo il capo con evidente seccatura prese la bottiglia di gin con sopra riportata la scritta “Nikka” e ne versò il contenuto in un piccolo bicchierino da shot per poi porgerlo al giovane dai capelli neri che lo aveva richiesto.
    Come hai detto? Paga quel tizio lì?
    Disse l’oste muovendo gli occhi verso la posizione di Hisoka, dal tono era chiaro il suo scetticismo visto come si presentava completamente trasandato e con i capelli spettinati.
    Shoya non rispose, annuì con la testa continuò a recitare la sua parte cercando di mantenersi calmo e deciso il più possibile, non poteva far trasparire alcuna esitazione. L’odore del gin gli era appena entrato nelle narici e dovette veramente sforzarsi per non contorcere il volto dal disgusto, fino ad ora non aveva mai provato una bevanda alcolica e quella sera doveva giocarsi tutte le sue migliori arti attoriali per tenere in piedi quel teatrino. Il nervosismo e la rabbia provati poco prima per essere stato preso in giro lentamente stavano svanendo lasciando spazio all’adrenalina nel sangue, quella giusta dose di coraggio e forza che aveva bisogno.
    Il criminale sembrava avere in qualche modo fretta e come preso da uno scatto di follia iniziò a parlare ad alta voce sovrastando il brusio del locale provocando un movimento d’aria di alcune teste che si voltarono ad osservarlo.
    Shoya d’istinto chiuse gli occhi e alzò il viso verso l’alto, visibilmente sconsolato più che spaventato o irritato. Ascoltò ogni singola parola senza voltarsi, ma era chiaro che stesse parlando a lui visto la direzione della voce e notando con la coda dell’occhio il suo posizionamento.
    Certo che questo è veramente un pazzo, come gli viene in mente di urlare così...
    il discorso di Hisoka verteva sul fatto che ora aveva il numero di cellulare dell’aspirante eroe in incognito e che era stato stupido a non nascondere l’id. Certo questo ragionamento sarebbe stato più che corretto vent’anni fa, adesso un numero di telefono si poteva cambiare in meno di un giorno e per di più la vera identità di una persona era quella online su social network come Babel, quel profilo era la vera identità, un numero di telefono ormai non identifica più nessuno. Quale malsana idea gli era balzata in testa al criminale di pensare che questo potesse essere un deterrente per ribaltare la realtà di quella situazione.
    L’oste si intromise immediatamente, non diede tempo al ragazzo elegante di voltarsi a rispondere.
    La sua voce era profonda, l’uomo aveva circa una cinquantina d’anni, quindi abbastanza giovane, pochi capelli, vestiti sporchi e una leggera pancetta che si intravedeva appena sopra il bancone.
    Ehi tu! Vedi di far parlare anche il portafoglio, ti ricordo che stai occupando un posto a sedere all’interno del mio locale.
    Era irritato, ma ancora non arrabbiato, si poteva capire che era abituato a sceneggiate del genere.
    Shoya riaprì gli occhi e tornò a fissare davanti a sé, aveva diverse strade da poter percorrere, però non aveva nemmeno molto tempo per starci a pensare, quindi ruotò di un quarto di giro sullo sgabello e si voltò a fissare il criminale dritto negli occhi. Quel gioco gli stava piacendo, urlare per farsi notare era forse il miglior modo per nascondersi, entrambi sarebbero stati visti come folli, criminali, uomoni d’affari, mafiosi o chissà altro.
    Con un immenso sforzo il ragazzo cercò di rendere la sua voce un po' più profonda spingendo con il diaframma e con la gola, il tutto cercando di rimanere credibile.
    Sai ero incredulo anche io quando sono riuscito a contattare un uomo che è stato arrestato, dovresti imparare dagli errori e nasconderti meglio.
    Shoya d’istinto aveva alzato di mezzo tono la sua voce così da attirare l’attenzione non solo di quei pochi che si erano voltati alle parole di Hisoka, no, così facendo il giovane ragazzo aveva azzittito tutta l’intera osteria e gli sguardi di tutti erano puntati su loro due.
    Come faccio io, non cambio numero, eppure non mi hanno mai beccato.
    continuò disinvolto per far capire a tutti anche alle peggiori fecce di quel locale che seduto su quello sgabello c’era un professionista, non una persona qualunque e l’aspetto esteriore aiutava sicuramente a rendere l’idea.
    Detto questo Shoya afferrò il suo shottino e si mise in piedi pronto a dirigersi verso il tavolo di Hisoka, il quale era ancora seduto e si era limitato ad usare un tono di voce poco più alto, ma nulla di più. Era una sfida, avrebbe osato di più? Andare oltre?
    Vogliamo continuare a disturbare l’oste e i suoi ospiti o parliamo d’affari?
    questa volta il volto di Shoya da serio divenne provocatorio, alzò il bicchierino di gin in direzione del criminale e attese che rispondesse alla provocazione per vedere come si evolveva la situazione. Era davvero curioso di conoscere questo sconosciuto che l’aveva chiamato al telefono oppure era un pazzo che amava vaneggiare e gozzovigliare nei bar.
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    EDIT DEL POST:
    A seguito di conversazione con Stan ho corretto alcune cose come il fatto che Hisoka non stesse consumando quando invece ha preso della limonata; Hisoka non si è alzato in piedi e non ha urlato a squarciagola all'interno del locale. Shoya si

    Edited by the saxofonist - 23/9/2020, 12:18
     
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    Hisoka Morow

    « Dovresti nasconderti meglio. »

    Hisoka soppresse una risatina portandosi il bicchiere mezzo-vuoto di limonata alle labbra. Il ragazzino aveva palesato di non aver idea chi il Jester fosse. Chiunque c'avesse avuto anche soltanto una conversazione sapeva nascondersi era l'ultima cosa che voleva. Ma quindi chi era? Perché invitare in tale maniera qualcuno che non si conosceva più a fondo della superficie?

    « Non cambio numero, eppure non mi hanno mai beccato. »

    Finito il sorso, si limitò a guardare sorridente l'avvicinarsi del misterioso adolescente... Che aveva preso da bere. Quindi almeno l'età legale l'aveva?? Quella sì che era una sorpresa. Anche se era possibilissimo che uno stabilimento come quello avrebbe servito anche un bimbo delle medie per puro menefreghismo.

    « Forse non ti hanno ancora beccato perché non vali la pena d'essere inseguito, mai considerato? »

    All'Èclipse era circondato da criminali ogni singolo giorno lavorativo, distribuiti per i campi più disparati ma tutti riuniti a lavorare per quel Casinò corrotto. E origliando le giuste conversazioni ne sentiva di tutti i colori. Spacciatori, hitmen, e anche esperti di sicurezza tecnologica. In quell'ambito non era mai riuscito a seguire il filo di un discorso, ma sapeva che il numero di qualcuno era molto più prezioso di quanto si pensasse. Si poteva collegare al GPS o altri account associati, per esempio.

    Vabbeh, magia nera per il giullare.

    « Oh, quindi è per questo che mi hai chiamato? Affari? »

    Rispose, stravaccandosi sulla sedia con il gomito sullo schienale e le gambe incrociate, giochicchiando con una ciocca di capelli nella mano. Sembrava d'un tratto fosse stato investito da un'onda di noia. E gli occhi un po' delusi lo confermavano.

    « Sono più tipo da svago che lavoro, se devo essere onesto. »

    Magari quelli che per il ragazzo erano affari per lui sarebbero stati fonte di divertimento. O così sperava... Già sentiva il volto di Morrigan farsi più nitido nella sua mente, sempre più libera da ciò che voleva distrarla. Se l'individuo davanti a se non fosse riuscito a intrattenerlo con la sua proposta avrebbe dovuto farlo difendendosi dalle esplosioni, senza dubbio. Non sarebbe rincasato a mani vuote.

    « Perché non cominci presentandoti, innanzitutto. Se non sapessi già chi sono l'avrei fatto anch'io~ »

    Chiederlo era più una formalità, si aspettava un alias e una copertura di qualche tipo. Sembrava divertirsi dandosi arie quindi sicuramente si sarebbe crogiolato ancor più nella superiorità dell'anonimato... O percepita tale.

    « Poi apprezzerei anche sapere cosa ci porta qui ♥ »
     
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    Impassibile il ragazzo dai capelli neri osservava come il volto del criminale era mutato, prima curioso adesso annoiato, quasi deluso; la parola “affari” gli aveva smorzato l’entusiasmo che sembrava avere fino a pochi secondi prima, e la conferma arrivò subito dopo, quando Hisoka rispose dicendo che era più favorevole allo svago che al lavoro.
    Shoya sentì un leggero brividino d’irritazione corrergli lungo la schiena e arrivargli dritto al cervello, ma si sforzò di non mutare il suo volto o la sua espressine, voleva risultare sicuro di quello che stava facendo e a suo agio in quello stallo alla messicana.
    il ragazzo spettinato si stravaccò sulla sedia con le gambe incrociate e assumendo una posizione quasi da disinteressato, distaccato. La locanda lentamente stava tornando al suo brusio classico, piano piano tutti tornavano ai loro affari e nessuno diede più peso ai due giovani che fino a poco prima stavano urlando per farsi sentire.
    L’oste si girò e tornò alla sua postazione dietro il bancone grugnendo qualcosa di incomprensibile, probabilmente qualche insulto o qualche maledizione, beh sicuramente sarebbe tornato per riscuotere il prezzo del Gin.
    Shoya a questo punto fece qualche passo in avanti, non era stato ufficialmente invitato a sedersi pertanto appoggiò il bicchiere di Gin sul tavolo affianco a quello di Hisoka, prese una sedia la spostò leggermente e si sedette andando ad occupare quindi un secondo tavolino. Era seduto di fronte al criminale ma sfalsato lateralmente alla sua sinistra, questo perchè appunto fisicamente stavano sedendo a due tavoli diversi, ma comunque abbastanza vicini da potersi sentire comodamente senza urlare. Il locale era parecchio piccolo e le sedie sbattevano quasi una contro l’altra da come era sistemate.
    Sistematosi in maniera composta, Shoya tolse la giacca e la sistemò esattamente sullo schienale rimanendo in camicia e cravatta muovendosi con fare lento e curato. Aveva sentito benissimo la domanda che gli era stata fatta, cioè di presentarsi, ma aveva preferito perdere tempo a sistemarsi e sedersi piuttosto che rispondere subito.
    Infine appoggiati entrambi i gomiti sul tavolino, incrociò le mani a mezz’aria e iniziò a parlare con un tono chiaro, ma che lasciava trasparire un pò di delusione.
    Che senso ha chiedermi di presentarmi, potrei dirti un qualsiasi nome, anche il mio vero nome, ma tu ci crederesti? Direi di saltare i convenevoli... se tu sei d’accordo.
    Scoccò un’occhiata dritto nelle pupille del criminale.
    Sto cercando una persona che mi introduca nelle organizzazioni criminali di Tokyo.
    Veloce rapido e secco
    Ma prima di continuare con le richieste voglio farti una domanda: se io fossi un eroe, quanto saresti disposto a collaborare con me?
    Domanda a trabocchetto, questo avrebbe suscitato diverse sensazioni nel suo interlocutore, però serviva a dimostrare quanto Hisoka avrebbe collaborato con un eventuale eroe in cambio di pari informazioni. Shoya avrebbe potuto condividere segreti della scuola e Hisoka invece segreti delle orgnizzazioni criminali, se entrambi erano sulla stessa linea d’onda probabilmente avrebbero potuto collaborare senza pestarsi i piedi a vicenda.
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    Edited by the saxofonist - 3/10/2020, 11:23
     
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    Hisoka Morow

    Faceva sul serio? Stava impiegando un sacco di tempo prezioso a tenere su il teatrino dell'uomo troppo importante, quando a malapena era maggiorenne. Forse. Anche Hisoka era solito impiegare gli stessi trucchetti, ma di solito su qualcuno che aveva buona ragione per temerlo, non chi l'aveva appena abbindolato scegliendo il posto dell'incontro e facendogli correre metà Tokyo.

    Gli andava bene che facesse il pomposo – era soltanto più facile sgonfiarlo – però poteva almeno darsi una mossa. Diamine. Era così che si sentivano le persone quando era Hisoka a fare il teatrale? Quell'incontro gli stava facendo riconsiderare molte cose...

    Si prese il suo bel tempo per sedersi, per svestirsi, per mettersi comodo, in un palese tentativo di farlo innervosire. Se con Shion era come guardarsi allo specchio nei suoi tratti più veri, quel ragazzo ne rappresentava ogni sfaccettatura artificiale.

    « Non mi aspetto un nome vero, ma almeno un nome. Non posso continuare a chiamarti L'Ignoto per sempre~ Hm... »

    Si mise un dito alle labbra, guardando il soffitto mezzo-marcio di quella locanda. Erano fortunati non stesse piovendo quella sera o l'avrebbero sentito anche al chiuso. Poi schioccò le dita, come una lampadina gli si fosse accesa sopra la testa!

    « Ecco! Ti chiamerò Shorty ♥ »

    Un ovvio riferimento alla differenza in statura tra i due uomini. Un po' difficile farsi grossi e imponenti quando si doveva squadrare qualcuno dal basso verso l'altro.

    « Sto cercando una persona che mi introduca nelle organizzazioni criminali di Tokyo. »

    Hisoka sbuffò prima ancora la frase fosse completa, era davvero un meeting d'affari quello. Se c'era qualcosa che non gli interessava erano gli intrighi e la "politica" della sfera criminale. Per questo una parte di lui quasi rigettava l'idea di farsi strada nei ranghi di Aogiri, perché avrebbe significato sempre più responsabilità logistiche di quel tipo.

    Che razza di introduzione si aspettava Shorty da un toro scatenato come Hisoka?

    Era pronto ad alzarsi, salutarlo, e aspettarlo fuori per tendergli un agguato e divertirsi in maniera più attiva... Ma poi disse qualcosa che rischiava di ribaltare la situazione. Un Eroe? Lui? Non stava facendo riferimento a se stesso, certamente. Ma quindi era un test di qualche tipo, una domanda per sondare il terreno?

    « Heh ♣ »

    Ridacchiò il Jester, visibilmente più di buon umore rispetto ad un momento prima.

    « Direi che se fossi un Eroe sarebbe l'unica maniera in cui potrei aiutarti~ Un John Doe che vuole fare il Villain è banale, un Hero birichino è tutt'un altro paio di maniche ♦ »

    Come un pesce che segue l'esca, Hisoka non poteva non farsi attrarre da una prospettiva simile. Lui che si era distrutto il corpo nel tentativo di scoprire i lati oscuri dell'Eroismo. E ora gli stava venendo offerta su un piatto d'argento l'opportunità di sperimentare un po' di più.

    Ma dove stava andando a parare l'altro, esattamente?

    « Quindi dimmi, sei un Eroe, Shorty? O stai chiedendo per un amico? ♦ »
     
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    Non rivelare il proprio nome sortì l’effetto desiderato, il criminale era visibilmente scocciato, deluso da quella risposta, voleva disperatamente dare un nome ad un volto e perciò decise di adottare un soprannome “Shorty”.
    Shoya conosceva un po' d’inglese, non era di certo esperto ma i termini base li aveva studiati e sapeva benissimo che quella parola pronunciata da Hisoka era un riferimento alla sua bassa statura. Il giovane si finse immediatamente scioccato, spalancò gli occhi e alzò le sopracciglia come a dire “ma quanti anni hai?”. Era abituato a essere preso in giro per la sua altezza, aveva imparato a dissimulare perfettamente l’espressione di stupore e sdegno; in verità era contento di aver ricevuto un soprannome di questo tipo perché voleva dire che il criminale lo stava sottovalutando e alla grande, aveva dato per scontato che essendo più basso di lui probabilmente era anche più debole e questo lo metteva in una situazione di netto vantaggio in caso mai si fosse arrivati ad uno scontro.
    Bene un altro che casca nella trappola della mia altezza, gli auguro solo di non doversi mai misurare con le mia abilità, potrebbe uscirne più sconvolto psicologicamente che fisicamente.
    non indugiò oltre, altrimenti la sua copertura sarebbe saltata, doveva reggere il gioco e dargli quel piccolo contentino. Era chiaro che il soprannome era provocatorio.
    Non che questo soprannome mi faccia impazzire, ma penso che sarebbe inutile cercare di convincerti a chiamarmi in un altro modo, quindi chiamami come ti pare.
    disse fingendosi offeso e spostando lo sguardo verso destra come a non volerlo più guardare negli occhi.
    Shoya comunque non aveva alcuna intenzione di battersi con il criminale, almeno per ora, adesso l’importante era trovare un punto in comune, un partner più o meno di fiducia.
    Hisoka cambiò umore quando si palesò la possibilità che di fronte potesse avere un eroe un po' alternativo, e non soltanto qualcuno che giocava a fare il misterioso; le carte in tavola si stavano lentamente iniziando a scoprire.
    A questo punto il giovane dai capelli neri tornò seduto ben composto, appoggiando la schiena sulla sedia e tenendo il busto dritto. Ruotò la testa e incrociò nuovamente lo sguardo del criminale.
    No, non chiedo per un amico.
    disse deciso e con tono fermo, aveva in un qualche modo ammesso di essere un eroe senza dirlo ad alta voce. Shoya pensava ormai di aver compreso con chi stesse dialogando e probabilmente questo gioco di parole del detto non detto avrebbe divertito e intrigato il suo interlocutore.
    Ti risparmio anche la fatica di andarmi a cercare su qualche lista ufficiale, non mi troverai, come ti dicevo prima, so nascondermi bene.
    Tutto ciò che il ragazzo aveva pronunciato prima sul numero di telefono, sul fatto che non fosse mai stato beccato serviva anche a reggere il fatto che voleva dimostrare di essere un eroe senza essere ufficialmente registrato. Tutto combaciava con un senso logico e un filo conduttore perfettamente studiato, a Hisoka restava solo la scelta di continuare ad ascoltare o alzarsene perché la situazione si faceva troppo rischiosa per lui.
    Visto che mi sembri interessato continuerei con lo spiegarti il motivo per cui ti ho chiamato, poi starà a te decidere se alzarti e non vedermi mai più o continuare questa conversazione.
    attese qualche secondo, se Hisoka si fosse alzato, beh avrebbe interrotto lì, altrimenti Shoya avrebbe preso fiato e avrebbe continuato spiegando più o meno nel dettaglio la sua idea concretizzando quello che ultimamente stava macchinando nella sua testa.
    Ho un forte interesse ad essere introdotto nelle organizzazioni criminali… molto più di quanto io sia interessato ad introdurmi nel sistema degli eroi. Questo mondo si divide in chi fa il criminale e in chi fa l'eroe, beh io non mi rispecchio in questa società, ho delle ambizioni personali che mi portano a voler sconfinare da questa gerarchia imposta. Ecco perché ti ho chiamato, ho bisogno di qualcuno che sappia andare oltre le regole e le gerarchie e che non abbia paura delle conseguenze.
    Si fermò in silenzio ad osservare Hisoka.
    Questo soddisfa i tuoi gusti?
    finì con un tono divertito e sinceramente curioso. I due avevano appena intavolato una trattativa per qualcosa che potenzialmente poteva essere molto pericoloso. Mettersi contro il sistema degli eroi e le gerarchie criminali poteva costare caro ad entrambi.
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    Hisoka Morow

    Tirando in ballo la sua altezza Shorty sembrò quasi diventare un'altra persona. Se n'era andata la facciata impenetrabile dell'uomo deciso, lasciando spazio al ragazzo messo in imbarazzo... Ma qual era la sua vera natura? Una delle due, o nessuna?

    Tornò calmo e composto – senza tradire se si fosse riassestato la maschera caduta, o mostrasse il vero volto – e proseguì confermandogli fosse un Hero. Che però convenientemente gli diceva sarebbe stato impossibile da tracciare. Un malizioso avrebbe potuto trovarlo anche troppo comodo.

    Ovviamente non si alzò. Attese il presunto Eroe proseguisse, mantenendo un silenzio attento e un sorriso che oscurava il rimuginare. L'intero contesto rendeva molto probabile il ragazzetto non fosse chi diceva. Sia perché non ne poteva dar dimostrazione, che per il principio della richiesta, specialmente sapendo di Hisoka e il suo interesse verso i Giustizieri.

    Aveva senso qualcuno nella sua posizione non volesse identificarsi... Ma una mancanza totale di credenziali era solo controproducente.

    Mentre l'altro finiva il soliloquio, Hisoka incontrò lo sguardo di una cameriera, probabilmente la moglie del proprietario. Non brillava per fascino o figura snella ma ciò non sembrava un problema per i clienti abituali che le fischiavano dietro, squadrati con intento assassino dall'uomo al bancone. Il Jester ne approfittò per farle cenno e farsi un refill di limonata, quasi come Shorty non ci fosse.

    Voleva ridargli un po' della sua stessa moneta. Anche lui si prese un lungo sorso di metà bicchiere mentre il discorso si chiudeva, tenendo il compagno sulle spine.

    « Well... Da dove cominciare ♦ »

    Incalzò dopo la rinfrescante bevuta.

    « Dici di non ritrovarti nelle gerarchie degli Eroi o in quelle dei Criminali... Eppure vuoi fare l'Hero e il Villain assieme? ♠

    Esistono vie distinte da queste due, gente che non lavora nella legalità ma lo fa a fin di bene, perché non hai approcciato uno di loro? Se vuoi ho alcuni contatti anche tra i più gentili dei mascalzoni ♥

    Ci sono organizzazioni illecite di tutti i tipi. Non so che idea ti sei fatto di me, ma ti assicuro che non ho compagnie raccomandabili~ ♣ »


    Gli tornavano in mente Aragaki e Desmond, che avevano sventato i piani di Aogiri (?) agendo anche senza il supporto delle autorità, o così sembrava. Shorty non aveva bisogno di essere un Hero per fare il buon uomo, così come non doveva sporcarsi le mani di sangue e droga.

    « E anche se fosse, dubito i miei avrebbero piacere nell'intrallazzarsi con un Eroe... Il che significherebbe dovrei agire nella stessa segretezza che dovresti avere tu, e al contrario della Hero Association che ti sbatterebbe al massimo in cella, io ci perderei il collo ♠ »

    Per cosa, poi? Shorty gli aveva spiattellato i suoi piani e i suoi ideali, ma questo non invogliava uno sconosciuto ad esporsi a certi rischi senza un tornaconto personale. E per quanto a Hisoka avrebbe divertito solo fare da spettatore alla discesa di un Hero nel degrado, non ne valeva così tanto la pena.

    Se aveva un'offerta allettante da fargli, quello era il momento.
     
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    Una cameriera si avvicinò e riempì il bicchiere semivuoto di Hisoka con del liquido giallastro dal forte odore di limone, purtroppo non si riusciva a capire se fosse alcolico o meno in quanto l’aspro odore copriva ogni eventuale altro profumo. Il ragazzo dai capelli neri osservò con calma i gesti e i movimenti del suo interlocutore, lo aveva fatto fin dal primo momento che aveva messo piede in quella locanda e già un’idea su di lui se l’era fatta, non ancora definita al cento per cento ma quasi.
    Con quel gesto di refill del bicchiere era evidente che il criminale non aveva alcuna intenzione di alzarsi e anche lui con questo gioco del detto non detto stava comunicando le sue intenzioni quasi ad imitare Shoya in ogni singolo step di conversazione.
    O mi sta prendendo in giro oppure anche lui è un abile dissimulatore proprio come me… mi pare di percepire che abbiamo diversi punti in comune...
    pensò tra se e se mentre aspettava che Hisoka aprisse bocca per dare una risposta alla sua domanda. Purtroppo però il responso non fu chiaro come ci si poteva aspettare, anzi il ragazzo spettinato tra un sorso di limonata e l’altro sembrò quasi preoccupato e con premura iniziò a parlare di diverse soluzioni quali fornirgli dei contatti di persone che facevano del bene senza essere per forza eroi oppure altre organizzazioni più o meno illecite.
    Questa volta non si poté trattenere e abbassando leggermente lo sguardo Shoya iniziò a sogghignare con evidente divertimento, ma avendolo fatto a bassa voce non interruppe il discorso di Hisoka che concluse con delle giustificazioni sul fatto che non era sicuro di intraprendere questo percorso perché era rischioso per la sua vita.
    Il finto eroe si portò la mano destra alla fronte e poi con un gesto rapido si tirò indietro i capelli passando il palmo su tutta la testa alzandola per tornare a fissare il criminale con sguardo divertito.
    Sei premuroso, ti ringrazio.
    si stampò un sorriso finissimo in faccia e chiuse leggermente gli occhi nel compiere quel movimento muscolare del volto.
    Sono strade che ho valutato ma che non voglio intraprendere.
    finì la sua risposta in modo secco, breve e coinciso, voleva comunicare la sua sicurezza, il fatto di non essere uno che perde tempo o che fa perdere tempo agli altri, se aveva chiamato proprio Hisoka c’era un motivo, era l’unico che poteva introdurlo in quel mondo, gli altri non potevano fare lo stesso.
    Mi sono fatto un’idea su di te, ma è ancora troppo presto per dire che io abbia ragione o meno. Ti reputo comunque una persona bizzarra e folle al punto giusto per comprendere il mio punto di vista… magari mi sbaglierò.
    tornò a osservare il criminale con lo sguardo divertito di prima, senza più finti sorrisi, solo divertimento, aveva ancora in mente le parole di prima, i consigli e la preoccupazione di trovare una soluzione alternativa.
    Prese fiato. E finì il suo discorso.
    Non ho mai detto che sarebbe stato facile o privo di rischi e mi sembra di essere stato molto chiaro sulle mie intenzioni… tu invece non sembri molto sicuro di voler percorrere una strada pericolosa, eppure hai accettato di incontrare un perfetto sconosciuto che si è rivelato essere un eroe… cosa manca in questa ricetta folle per convincerti?
    incuriosito Shoya afferrò il bicchiere con il gin e giochicchiò un po' con il liquido all’interno facendolo roteare prima piano e poi velocemente. Qualche goccia cadde sul tavolo sudicio e impregnato da mille altri liquidi sversati negli anni dai commensali.
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    Hisoka Morow

    Cosa c'era di così divertente nelle sue parole? Gli sembravano dubbi abbastanza legittimi. Fare il vigilante era una strada che aveva "valutato" ma non voleva intraprendere, quindi era proprio la malvagità a interessarlo? Il crimine nel vero senso della parola, volto al danno altrui.

    « No, mi sa proprio che non sono folle abbastanza da comprenderti, per ora ♥ »

    Anche se il fatto che Shorty ritenesse fosse necessaria una certa follia per allinearsi al suo punto di vista... Diceva forse anche troppo.

    « Forse è meglio se smetti di parlare per indovinelli e mi dici che diamine vuoi da me~ ♠

    Dovresti sapere che c'è un certo equilibrio tra il tenere sulle spine giocando col vago, e aspettarsi una risposta chiara da qualcuno perso nel buio ♦

    Cos'è che ti manca dalla vita Eroistica? ♣ »


    Capire chi fosse Shorty e a cosa puntasse era il primo step, ma comunque non risolveva il problema di: A Hisoka perché doveva importare? Ricordava l'ultima volta che si era affiliato ad un'ente esterno ad Aogiri – la sua discussione con Edward e Viktor – aveva ricevuto un reclamo dai piani alti e si era guadagnato tre giorni di tortura in un magazzino.

    Non fremeva dalla voglia di ripetere una situazione simile.

    Con quei due di Deep Void inoltre non si era mai concluso nulla di utile, alla fine erano soltanto idealisti capaci di farsi castelli per aria senza mai imboccarsi le maniche per costruirli. Per adesso l'Eroe gli stava dando la stessa impressione.

    « È praticamente tutta la vita che vago per Casinò e nel giro dei giochi d'azzardo, e se ho imparato una cosa è che "rischiando" si finisce sempre fregati, prima o poi ♠

    Mi espongo spesso al pericolo, è vero. Ma c'è sempre qualcosa che ne posso trarre. Sia nel bene che nel male, che vinca o perda, mi assicuro che abbia sempre una certa ricompensa, anche solo il thrill della sfida ♦

    Tu mi stai chiedendo di scommettere quando nemmeno so le regole del gioco ♣ »


    Se pensava di potersi guadagnare la sua "assistenza" tenendosi completamente immerso nel mistero, aveva letto troppi manga sulla criminalità. Dove la gente faceva affari loschi con individui che conosceva soltanto per nomi in codice. Nella vita vera ogni relazione, anche la più malsana, partiva da una base di comprensione reciproca e di... "Fiducia", per quanto potesse esistere in quel campo.

    Oltre a offrirgli qualcosa, Shorty aveva ancora da schiarire le proprie motivazioni, se voleva convincerlo.
     
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    Era ormai evidente che il criminale si stava un po' spazientendo, il modo di fare spavaldo e sicuro tendeva ad affievolirsi, adesso egli ricercava risposte sicure e certe, voleva che le carte messe sul tavolo fossero tutte girate e anche in fretta. Nemmeno il ragazzo vestito elegante era un giocatore di Poker, però sapeva cosa voleva dire girare le carte una alla volta e se necessario non girarle proprio.
    Gli occhi di Shoya si spensero leggermente e di conseguenza anche il suo entusiasmo iniziò a calare, pensava di aver più o meno capito con chi aveva a che fare, invece no, si stava sbagliando di grosso, Hisoka non sembrava minimamente aver pazienza o quanto meno il coraggio di avanzare anche lui delle proposte: infatti si manteneva ancora verbalmente a distanza accennando che non era ancora così folle da seguire una strada ignota e che comunque voleva conoscere le regole del gioco per poter scegliere se continuare a giocare o dichiarare Fold.
    Il brusio nella locanda non cessava, ormai erano seduti da un po' di tempo, il loro scambio di parole era stato lento e aveva preso già un po' di tempo, forse era il momento davvero di iniziare a parlare con chiarezza.
    Shoya ci pensò su, lasciò riecheggiare le parole di Hisoka nell’aria e rispose al suo primo quesito: cosa ti manca della vita eroistica?
    Inizierò ad essere più sincero e diretto visto che mi sembra di capire tu non abbia molta pazienza a riguardo.
    pronunciò quelle parole con un leggero tono di delusione e amarezza.
    [color]Della vita da Eroe non mi manca nulla, ma perché precludermi la possibilità di conoscere anche un altro tipo di vita?[/color]
    non era facile concretizzare a parole quello che era solo nella sua testa come pensiero e come sensazione. Shoya parlò con tono sincero e voce cristallina, era innegabile che il suono prodotto dalle sue corde vocali fosse sincero. Puntava gli occhi verso il bicchiere di gin mentre ormai semivuoto veniva appoggiato nuovamente sul tavolo di legno. Liberate entrambe le mani le strinse a pugno con forza e batté contro il tavolo con abbastanza forza, probabilmente qualcuno dei tavoli vicini se ne sarebbe accorto e avrebbe voltato lo sguardo verso di loro, fortunatamente l’oste era indaffarato da tutt’altra parte altrimenti sarebbe stata la volta buona che li avrebbe sbattuti fuori ad entrambi. Quel piccolo scatto d’ira era dovuto al fatto che non riusciva ad esprimere tutte le sue sensazioni e doveva veicolare in qualche modo il messaggio di quel disagio psicofisico che stava vivendo.
    Shoya riprese subito a parlare.
    Fin dal primo istante ti ho trattato come mio pari, anche se non ti ho rivelato il mio nome, vorrei che alla fine di questa conversazione potessimo considerarci soci.
    adesso fissava con ardore gli occhi di Hisoka per fargli capire quanto avesse bisogno di questo accordo, di intraprendere questo percorso.
    Sono disposto a fare per te quello che tu potrai fare per me: se avrò bisogno di un’informazione me la darai e io te ne darò una in cambio. Se ti chiederò di organizzare un incontro con altre persone della malavita tu lo organizzerai e io farò lo stesso per te. Senza mai calpestarci i piedi l’uno con l’altro.
    prese fiato e si buttò nuovamente con la schiena sulla sedia liberando le mani da quella morsa e gettando le braccia lungo in fianchi a peso morto.
    Aveva appena rivelato quasi tutto quello che era nei suoi intenti. Non aveva specificato cosa ci avrebbe fatto con quelle informazioni o cosa ci avrebbe fatto con gli incontri con determinate persone, però era sicuro che voleva provare un po' di quella vita lì, vedere come si stava dal lato opposto della giustizia.
    Stava chiedendo alla persona giusta?
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    Hisoka Morow

    L'esplosione d'ira suscitò per la prima volta una spontanea sorpresa in Hisoka. Per un attimo anche lui aveva le sopracciglia innalzate come altri clienti del locale, chiedendosi cosa passasse per la testa di quel ragazzino. Aveva ripensato a qualche evento traumatico?

    In ogni caso, la muraglia stava cedendo.

    Il Jester fece l'aria un po' imbarazzata e rivolse alla platea il cenno giapponese per "ha bevuto un po' troppo", e ciò avrebbe dovuto liberarli di eccessive attenzioni indesiderate. Poi tornò su Shorty... E lo fissò. Ragionando tra se e se.

    Per quanto ne sapeva ogni singola parola uscita dalle sue labbra poteva essere una menzogna. Anche con quelle uscite apparentemente sincere, ci voleva poco a simulare vera emotività. Diceva d'essere un Eroe, ma non poteva essere tracciato. Diceva di voler collaborare, ma gli si doveva tirar fuori le parole con le pinze. E tutto ciò con quel facciotto da ragazzino che si ritrovava.

    Gli serviva qualcosa di più sostanzioso per decidere.

    « Premetto col dire che se – ed è un grosso "se" – decidessi di accettare questa proposta, ovviamente non permetterei conflitti d'interessi con la mia gente

    Quindi il mio range d'assistenza potrebbe essere molto ridotto rispetto a quello di un freelancer~ Ti andrebbe bene lo stesso? ♦ »


    Non sprezzava di lealtà verso Aogiri, però non era manco un suicida. E per un ragazzino come quello non valeva la pena potenzialmente inimicarsi con la sua stessa organizzazione. Ovviamente non avrebbe esitato a pugnalarlo alle spalle nel caso venisse a sapere stesse pianificando qualcosa ai danni dell'Albero, cosciente o meno.

    « Ciò che mi preoccupa però... Is your attitude ♥ »

    Disse, assottigliando lo sguardo.

    « Forse sono io che ancora non riesco a conciliare i tuoi desideri ♠

    Vedi il crimine come un'altra via da esplorare, quando è in netto contrasto con tutto ciò a cui un Eroe giura guerra. Non so se sei ipocrita o semplicemente ingenuo ♦

    Collaborando con me senza arrestarmi stai tacitamente acconsentendo a spaccio, torture, omicidi, terrorismo... Non che abbia qualcosa da ridire su queste cose ♣ »


    Intermezzò con una risatina malevica.

    « Ma vale la pena sporcarsi di questi peccati, dal tuo punto di vista? Sento mi machi una parte fondamentale del puzzle per comprenderti ♠ »

    Il mestiere di un Hero era combattere questi "mali"... Sfruttare Hisoka e dargli informazioni era dare vita e supporto al mondo del crimine, lo stesso mondo che si voleva combattere. Con una mano li accoltellava, con l'altra li curava. Era futile siccome progredire era impossibile.

    Che non fosse quello a cui davvero puntava Shorty?
     
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    Ricordo che faceva male. Guardarla stare male.

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    Profondi e silenziosi respiri ecco quello di cui Shoya aveva bisogno in quel momento; si era sforzato fin troppo di rimanere calmo e diplomatico, il suo vero carattere non era quello, soprattutto durante una conversazione. Erano passati anni dall’ultima volta che aveva cercato di convincere una persona con le parole, di solito passava subito ai fatti alle dimostrazioni pratiche, ma quell’incontro era diverso da tutti gli altri. Doveva comportarsi in maniera totalmente differente, rivoluzionare il proprio pensiero e andare oltre la propria visione.
    Hisoka non perse tempo a reagire al breve scatto d’ira del giovane dai capelli neri, si scusò con i commensali quasi imbarazzato e continuò a fare dei piccoli passi indietro verso la sua trincea di sicurezza affermando che non avrebbe ammesso conflitti con la sua gente.
    Indubbiamente queste ultime parole erano qualcosa che Shoya non si aspettava, pensava di aver contattato un criminale un po' diverso, un visionario pronto a sovvertire le sorti del sistema e non un operaio timbra cartellino fedele al datore di lavoro.
    Ma ripeté a se stesso che era ancora troppo presto per giudicare il suo interlocutore che ora sembrava davvero intimorito dalla potente personalità del ragazzo dai capelli neri, che non riuscisse davvero a reggere il confronto?
    Infatti Hisoka ammise che non riusciva ancora a comprendere bene la situazione, come era possibile che un eroe si stesse accordando con un criminale per acconsentire tutto ciò cui il sistema eroistico si batteva contro.
    L’interrogativo era normale, ma come prima quello era un eccesso di preoccupazione per qualcuno che davvero si definiva un criminale professionista.
    Shoya assecondò la risata malefica di Hisoka e reagì con leggerezza a quelle parole, non voleva far spaventare il suo interlocutore ancora una volta, ma fossero stati in un’altra situazione si sarebbe alzato di scatto e avrebbe iniziato ad urlare: “Ma sei un vero criminale o lo zerbino dei tuoi capi?”
    perciò stette calmo con le braccia rilassate e cercò di non incrociare lo sguardo di Hisoka in modo che non potesse capire tutto il casino che gli stava passando per la testa.
    Mi ripeto, apprezzo la tua premura e se non fosse che questa taverna è piena di gente ti darei anche un bacetto… e un abbraccio... visto come ti stai comportando.
    alzò di scatto la testa e fece un occhiolino molto provocatorio. Il suo volto diceva: sii uomo dannazione! E smettila di preoccuparti per me. Il cuore riprese a battere forte e stava nuovamente per perdere la calma se non che iniziò a contare fino a dieci nella sua testa e si concentrò sul suo respiro.
    Accetto che tu non voglia conflitti con la tua gente, garantisco la tua protezione se deciderai di associarti a me, non la loro... ma sarai libero di reclamare la mia testa quando vorrai nel momento in cui deciderai di porre fine al nostro accordo.
    Non avevano ancora siglato nessun patto eppure sembrava giusto chiarire le condizioni, Shoya non poteva garantire non avrebbe fatto nulla agli altri criminali, avrebbe mantenuto la parola data con il suo informatore, gli altri che fine avrebbero fatto? Chissà! Eppure gli stava lasciando la libertà di recidere dal patto quando voleva e vendicare eventualmente i suoi colleghi.
    Ma visto che è evidente che non mi consideri una minaccia così grande, direi… perché preoccuparsi tanto?
    accennò un rapido sorriso. Fino a cinque minuti fa lo stava sottovalutando e adesso si preoccupava per l’incolumità della sua gente. Hisoka probabilmente iniziava ad aver paura.
    Ho i miei ideali e se questo implicherà aiutarti a commettere qualche tortura, spaccio o omicidio così sia. Sono convinto che il conto lo pagherò alla fine... quando avrò compiuto...
    alzò lo sguardo al cielo e rimase in silenzio. Non continuò quella frase.
    ...Ma adesso, tu hai pensato cosa poter guadagnare da un accordo con me?
    ritornò improvvisamente serio e abbassò lo sguardo.
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