Listening to the Trees

SQ - Sakiko Yumeno

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    Vigilante » Scheda » Quirk
    Sakiko Yumeno

    Liv. 3 | Exp 270| Età 25 | 👗 | |
    Status: Normale | Peso 0/4 | Energia 175 |
    Forza 45 | Quirk 50 | Agilità 55




    Narrato - << Parlato>>



    Il cigolio della pesante porta d’ingresso risuonò nel cortile deserto recintato da alte mura in pietra.


    Il portone era piuttosto vecchio e usurato e Sakiko fu costretta a spingere con entrambe le mani per riuscire ad aprirlo abbastanza per poter entrare. Alle sue spalle la idol poté sentire il rumore dell’auto che l’aveva appena accompagnata fare manovra sul terreno sterrato di fronte alla vecchia villa e avviarsi sulla strada del ritorno. Il suo autista di fiducia Tatsumi-san l’aveva aiutata a scaricare la valigia per poi essere congedato da Sakiko – salvo imprevisti sarebbe tornato a prenderla fra una settimana.

    Varcando la soglia del cortile d’ingresso la idol bionda si ritrovò di fronte ad un giardino in stato di completo abbandono: sterpaglie ed erbacce avevano invaso tutto il prato e le siepi erano cresciute in maniera libera e scomposta, invadendo il vialetto ciottolato che conduceva alla casa. Tirandosi dietro il trolley, le cui ruote rimbalzavano e sterzavano maldestramente sui ciottoli del suddetto vialetto, e portando uno zainetto alle spalle, Sakiko si lasciò sfuggire un piccolo sospiro, tipico di chi è consapevole di avere molto lavoro da fare di fronte a se. Ma si trattava di una fatica già presa in previsione, in fondo questo era quello che succedeva praticamente ogni anno.

    Ogni anno che lei tornava casa.


    Raggiunta la porta scorrevole dell’ingresso Sakiko si soffermò a rovistare nelle proprie tasche esibendosi nel classico balletto de “dove-ho-messo-quelle-maledette-chiavi-ah-eccole-qua”. Emergendo vittoriosa da quella breve ricerca la idol selezionò con cura la chiave corretta dal corposo mazzo di chiavi di cui almeno la metà la idol ignorava l’utilità. La porta scorrevole oppose brevemente resistenza quando Sakiko provò ad aprirla e l’idol fu costretta a strattonarla per riuscire finalmente a sbloccarla e ottenere quindi accesso all’abitazione. Prima di fare la sua entrata trionfale però la ragazza si soffermò momentaneamente sull’uscio per dare un ultima occhiata al paesaggio circostante. Dietro le alte mura di pietra si potevano vedere svettare le cime degli alberi che circondavano quasi interamente il perimetro esterno della villa – e oltre la cima di quegli alberi era possibile scorgere l’immancabile monte Fuji. Una fredda brezza autunnale soffiò agitando gli alberi e facendo venire un breve brivido di freddo a Sakiko rammentandole quanto facesse freddo da quelle parti verso la fine di Ottobre malgrado il pesante giubbotto, la sciarpa e i guanti che stava indossando.

    La idol cercò rifugio dal freddo entrando in casa e chiudendo la porta dietro di se. Ad accoglierla trovò un regno di polvere e silenzio. Una volta dentro Sakiko si spogliò di guanti e giubbotto riponendoli nell’apposito ripostiglio situato all’entrata. Si rimosse anche gli scarponi lasciandoli nello spazio dedicato per le scarpe all’ingresso. Sostituì le scarpe indossando delle vecchie pattine rosa che aveva portato con se recuperandole dallo zainetto che si portava dietro.

    Prima di fare un ulteriore passò dentro la casa la ragazza si soffermò un istante in una breve contemplazione nostalgica e mormorò mestamente << Tadaima...>>
    La giovane idol seguì ad avventurarsi fra le mura familiari di quella che un tempo era stata la sua casa nella quale viveva con quella che un tempo era la sua famiglia.
    La villa era una vecchia abitazione nobiliare costruita su tipico modello architettonico giapponese. Questa era stata la prima casa che i genitori di Saki avevano comprato agli esordi del successo delle loro rispettive carriere. Oh, ovviamente all’effettivo abitavano in un appartamento al centro di Tokyo. Ma l’appartamento era solo un luogo dove vivevano.

    Questa.. questa era loro casa.

    La madre di Sakiko, Emma, aveva riversato molta passione nel progettare la restaurazione e la re-decorazione di quello che era in origine un edificio vecchio e malandato decisamente non adatto per essere abitato da nessuno – tantomeno da una famiglia con una bambina piccola. La villa diventò il rifugio per la famiglia di Sakiko, la loro roccaforte. Non importava che fosse tagliata fuori dalla grande metropoli e che per raggiungere la città era necessaria almeno mezz’ora di viaggio in auto – tutto quello che serviva loro era già lì.



    Tutt’ora Sakiko la considerava un po’ un suo rifugio. Una sua oasi di tranquillità dove veniva nascondersi quando cominciava a sentirsi stressata dalla sua serrata routine di lavoro e dalle sue vicende personali o quando semplicemente aveva bisogno di prendersi del tempo per pensare in pace. Stare lì a risistemare la casa lasciata per mesi interi all’intemperie dell’abbandono l’aiutava a sgomberare la mente e riordinare le idee.
    Era questo infatti il motivo per cui si trovava lì al momento. Gli ultimi mesi era stati piuttosto intensi e colmi di eventi – nuove esperienze, nuove persone e nuove prospettive avevano preso parte a questo inusuale periodo della sua vita. Aveva iniziato un nuovo capitolo della sua vita approcciandosi alla pratica illegale del vigilantismo in cerca di affermare la sua libertà e allo stesso tempo di provare nuove emozioni. Aveva avuto un avventura di una notte con un affascinante quanto misteriosa donna di nome Eve. Aveva incontrato il piuttosto scostante e arcigno Joshua che dopo averle dato una lezione in più sensi aveva stretto un insolita ma inaspettatamente genuina amicizia con lei. E poi c’era stato l’evento che più l’aveva turbata – il suo incontro con l’amorale figura di Yanagi, che l’aveva portata a mettere in dubbio i suoi principi e la sua idea di giustizia e moralità.

    L’intera faccenda sconvolta, sopraffatta e con un angosciante senso di amarezza che partiva dalla bocca e s’insinuava giù fino alla bocca del suo stomaco.
    In più ovunque imperversavano notizie e discussioni sull’ormai celebre gruppo di terroristi “delle Farfalle” capeggiato da un certo Hanzo che aveva pubblicamente minacciato di voler fare fuori metà della popolazione per curarla dai Quirk. Qualche mese prima Sakiko non avrebbe dato molto credito a questa storia – le motivazioni di questo Hanzo le sarebbero sembrate quelle di uno scenziato pazzo da cartone animato, troppo assurde e incoerenti per lei e avrebbe sminuito la faccenda considerandola come un bluff, il tentativo di un gruppo di fanatici di attirare l’attenzione su di se. Salvare l’umanità eliminando la metà di essa? Eliminare milioni di uomini, donne e bambini innocenti? Che salvezza sarebbe mai potuta esserci a seguire una simile ecatombe?


    Ma adesso… se al mondo c’erano persone come Yanagi. Forse potevano anche esistere persone come Hanzo che pensavano di poter salvare il mondo sporcandosi le mani di milioni di vite umane.

    Improvvisamente il mondo Sakiko aveva sentito che il mondo stava diventando più inverosimile delle sue più sregolate fantasie. Improvvisamente il mondo le era sembrato più cupo e minaccioso di quanto potesse sopportare.
    Cosi, non molto eroicamente, Sakiko aveva deciso di fuggire e rifugiarsi qui nella sua vecchia casa.

    La idol cercò rifugio dalle sue angosce e dai suoi tormenti interiori nel semplicità e nella concretezza del lavoro manuale. La casa in disuso richiedeva diverso lavoro per essere pulita e sistemata. Andava eliminata la polvere, bisognava spazzare e lucidare i pavimenti in parquet, le finestre andavano spannate e ripulite, l’impianto elettrico e i pochi elettrodomestici presenti andavano rimessi in funzione ed eventualmente andavano sfrattate tutte le creature, schifose o meno, che si erano intrufolate nella casa cercando riparo dal freddo. Era un lavoro duro e faticoso, ma le dava un senso di soddisfazione e calma. C’era qualcosa di inerentemente gratificante nell’attività di pulizie. Era un lavoro che ti dava soddisfazione permettendoti di constatare subito i risultati.

    Aveva relativamente poco controllo sugli eventi che la vita aveva in serbo per lei, le sue scelte erano spesso limitate da una miriade di fattori e spesso i risultati non riflettevano l’impegno che lei aveva riversato nell’intraprendere un determinato cammino. Ma almeno qui – anche solo vedere una superficie ritornare lustra e pulita le dava l’impressione di avere almeno in quel contesto un minimo di controllo.



    Il lavoro era tanto e, benché fossero appena le nove del mattino, sicuramente sarebbe stata impegnata a pulire tutta la giornata… e questo solo per quanto riguardava l’interno della casa. Sistemare il giardino avrebbe richiesto almeno un giorno di lavoro tutto per se.
    Ovviamente la idol avrebbe potuto permettersi di assumere una squadra di camerieri e giardinieri a fare tutto il lavoro per lei nel giro di un ora. Ma questo avrebbe vanificato il senso di quell’esercizio e in più a Sakiko non piaceva l’idea di avere estranei a girare per quel luogo. Si trattava per lei un luogo un po’ sacro a cui potevano accedere solo lei e suo padre. Il che all’effettivo implicava unicamente lei perché suo padre si era sempre categoricamente rifiutato di visitare quel luogo da quando la madre di Sakiko era morta. In qualche modo lo considerava un monumento legato a ricordi troppo spiacevoli e dolorosi.


    Sakiko passò ore a spazzare il pavimento e stare china a lucidarlo iniziando già a sentire le dita già doloranti. Giunta l’ora di pranzo era giusto arrivata a ripulire il corridoio d’ingresso e la cucina dove avrebbe fatto una pausa per mangiare. Ovviamente il frigo era completamente vuoto, ma Saki si era portata un abbondante bento vegetariano nello zaino. Prese posto al tavolo in cucina appena pulito e ripose la scatola rosa del suo bento sulla superficie lucida di marmo. Sul coperchio era raffigurato il musetto sbarazzino di un coniglietto.
    Accanto a se Sakiko aveva una vecchia scatola. L’aveva recuperata rovistando in uno degli armadi in cerca dei detergenti per pulire. Conteneva vecchi documenti, foglietti volanti, promemoria e foto ingiallite.
    Spilluzzicando metodicamente il contenuto del suo bento che consisteva in generale di verdure lessate, riso, omelette e tofu, la idol esaminò distrattamente ad esaminarne il contenuto. Era un pò un tuffo nel passato. Fra le prime cose che attirarono lo sguardo smeraldino della idol fu una vecchia foto dei suoi genitori – dovevano essere piuttosto giovani quando era stata scattata, non sembravano avere molto più dell’età che aveva lei adesso. Erano vestiti in maniera piuttosto elegante, forse ripresi insieme prima che si recassero a qualche evento mondano.
    Suo padre aveva la sua tipica espressione seriosa… eppure si stava prestando ad una posa giocosa probabilmente istigata dalla madre Emma. Si era sempre chiesta come lei e suo padre fossero finiti insieme con due caratteri cosi differenti.

    In uno dei rari momenti in cui era stato incline a parlare della madre, suo padre le aveva raccontato che Emma era una persona che compensava la sua statura minuta con una personalità esplosiva. Ovunque andava era impossibile non notarla era sempre quella che parlava di più e rideva più forte di tutti i presenti. Era uno spirito vivace e irrequieto che viveva la sua vita con la freneticità di un colibrì. Completamente l’opposto del carattere calmo e composto di suo padre.
    Sakiko ripose la foto sul tavolo e fra un boccone e l’altro continuò a rovistare con curiosità dentro la scatola che per lei era un po’ come uno scrigno colmo di un tesoro fatto di nostalgia e ricordi.

    Si ritrovò in mano un piccolo foglio svolazzante un po’ spiegazzato. Era scritto in inglese e Sakiko riconobbe la scrittura sfarfallante di sua madre. Emma era avvezza a mettere idee, pensieri e promemoria, tutto per iscritto. La sua mente era sempre in continuo movimento e quindi utilizzava carta e penna per non ancorare ciò che voleva conservare alla realtà.
    Lo scritto in questione sembrava una sorta di poema o forse una semplice riflessione – non era chiaro se fosse rivolta a se stessa o magari fosse un dialogo immaginario fatto con Sakiko.

    Il foglio recitava cosi:
    Pensieri sulla creatività "My inner sparkling twin."

    Hai mai preso in considerazione che la tua creatività possa essere una stronza volubile?

    Ti è mai capitato di avere un idea giusto appena stavi per addormentarti e sei stata costretta fare un rapido calcolo mentale per soppesare la probabilità che tu ti scordassi l’idea al tuo risveglio contro la seccatura di dover rotolare giù dal letto e appuntare l’idea?

    Hai mai dovuto trascinare la tua creatività ammosciata durante le ore del giorno e giusto quando si fa ora di andare a dormire la tua creatività decide con una scarica di energia che quello è il momento migliore per imparare a fare origami?

    Hai mai imparato qualcosa di nuovo e poi improvvisamente quel qualcosa sbuca e risalta su tutto il mondo che ti circonda? Riesci a vedere i punti di giuntura e i pattern. Quello strumento adesso siede sulla superficie della musica nella tua prospettiva del mondo e con questo dono viene la triste e felice realizzazione che non potrai più percepire il mondo come era prima – integro e omogeneo.

    Ti è mai capitato che la tua creatività ti mostrasse in immagini e potenziale un idea meravigliosa ma quando provi a spiegarla le parole sembrano inglobarla in una forma triste e abbozzata come una coperta tirata sopra un cucciolo?

    Hai mai incontrato qualcuno con un istinto cosi profondo e naturale per la cosa che ami di più che sembra fluire da esso senza alcuno sforzo o difficoltà – e hai mai provato quella scombussolante sensazione di venire sollevata e schiacciata allo stesso tempo e desiderare davvero, davvero, davvero tanto vedere quella persona commettere un errore?

    Ti è mai capitato che la tua creatività ti bisbigliasse in un sussurro che dovresti davvero ricominciare tutto da capo, ma tu l’hai ignorata e persistito con quella disperazione sempre meno speranzosa che si ha quando si prova a salvare una relazione finita?

    Hai mai provato un dolore nella tua vita cosi forte che sembra averti intorpidito le dita e gli sfoghi creativi che un tempo ti davano vita e gioia sembrano diventati morti e vacui?

    E hai mai provato una forma differente di dolore, magari da un lutto o una rottura, che ti squarcia l’anima aprendoti al mondo e alla sua terrificante bellezza – e hai mai creato in questo stato crudo e puro con la consapevolezza che come l’anti-materia questa energia non può esistere a lungo a contatto con questo mondo senza distruggerlo?

    Hai mai dovuto consolare una debole piccola voce che bisbiglia “Vi prego amate quello che faccio, quello che creo, quello che sono… sempre e incondizionatamente. Vi prego…”?

    Hai mai perso la tua creatività per un lasso di tempo a causa di paura, rabbia o una dipendenza, e hai dovuto riabilitarla gentilmente all’inizio attraverso i gesti più piccoli e semplici?

    Hai mai dovuto in un momento di difficoltà rammentare alla tua creatività cosa è in grado di fare, accoccolandoti a rivisitare i lavori del passato, sorridendo alla tua giovane audacia che ti faceva da capitano, supportato dalla tua goffa e immatura manualità come timoniere, mentre solcavi i mari inesplorati del processo creativo?

    Hai mai spostato un oggetto, cambiato un colore o aggiunto una nota finché non hai ottenuto il risultato che ti ha dato l’innegabile ma inspiegabile sensazione di qualcosa di perfettamente al suo posto ?

    E hai mai pensato in quei momenti di poter uno spiraglio della tua reale forma interiore – e sei mai stata grata di avere questo brillante gemello muto dentro di te?

    Un gemello che non potrà mai esistere o avere una voce nel mondo reale se non attraverso te, a prescindere dalle tue capacità o da quanto vieni apprezzata. Qualcosa dentro di te che conosce istintivamente la forma della bellezza e della perfezione.”



    Solo al termine della lettura Sakiko si rende conto di aver smesso di mangiare e che le lacrime le stanno rigando le guancie.

    La ragazza sussultò nella realizzazione e lasciando cadere le bacchette si strofinò gli occhi lucidi con la manica della felpa che stava indossando. Dannazione, le succedeva sempre. Ogni volta che ridestava i ricordi di sua madre una matassa di emozioni si srotolava dentro di lei e le lacrime cominciavano a scorrere. Non era sicuro se fosse una cosa sana o meno, rivangare continuamente i fantasmi del passato – forse era qualcosa da evitare come il grattarsi la crosta di una ferita. Ma anche cosi fosse stato non era sua intenzione smettere – questo era l’unico modo in cui poteva ancora sentirsi in contatto con sua madre.

    Mise da parte il foglio e la foto e terminò il suo pasto, riponendo il contenitore del bento nel lavandino. Aveva un secondo bento per la cena e il giorno dopo sarebbe uscita a visitare il piccolo centro abitato poco lontano da lì per fare scorta di alimentari necessari per il resto della sua settimana di permanenza. Il luogo dove si trovava seppur non tagliato fuori dal mondo era piuttosto distanziato dalla presenza della civiltà moderna.

    La connessione del cellulare era quasi inesistente, le persone che abitavano nei paraggi erano piuttosto poche e riservate, e in generale il ritmo di vita era più lento e quieto. Questo era uno dei motivi per cui Sakiko veniva qui a ritirarsi in cerca di tranquillità. Era proprio qui che in fondo lei aveva passato intero anno della sua vita isolata dal mondo a seguito dello scandalo che l’aveva coinvolta e della morte di sua madre. Era stato il periodo più buio della sua vita durante il quale si era sentita oppressa dal senso di colpa e dall’angoscia.

    Specialmente il senso di colpa nei confronti di sua madre.


    Mentre rimugina su questi pensieri Sakiko si rimise al lavoro continuando a pulire la casa. Tira a lucido, il corridoio, il bagno, il salone, lo sgabuzzino e quella che un tempo era la stanza da letto dei suoi genitori. Inconsciamente c’è una stanza che evita fino all’ultimo: la sua stanza.
    Si sofferma per un momento davanti alla porta d’ingresso – su di essa è affisso un cartello con la sgargiante scritta [SAki] segnata con una pastelli e decorata con un generoso ammontare di fiori disegnati da una mano poco esperta. La idol afferrà la maniglia ed esita giusto un istante prima di aprila…

    …all’interno ad accoglierla trova se stessa. Una moltitudine di Sakiko la osservano dalle pareti mentre entra. Ogni singolo centimetro di parete o mobilio in quella stanza è coperto da foto, articoli di giornale o ritratti di Sakiko. Era come vedere il proprio riflesso su uno specchio infranto e moltiplicato in maniera smisurata.

    Questa era stata opera di sua madre – era stato il suo modo di cercare di colmare il vuoto di una figlia assente.



    Era cominciato tutto quando Sakiko aveva più o meno dieci anni. Sua madre Emma era sempre stata una persona dal carattere sopra le righe e piuttosto eccentrico. Alcuni ipotizzavano che facesse parte del suo estro creativo – altri invece pensavano che fosse semplicemente un po’ lunatica. Forse avevano ragione entrambi.

    Il problema sorse quando la lunaticità cominciò a crescere esponenzialmente. Improvvisamente Emma cominciò a soffrire di repentini e frequenti cambi d’umore, un momento prima si sbellicava dalle risate quello dopo era in lacrime. Questo era anche il periodo in cui il matrimonio con Itsuki, il padre di Sakiko, cominciò ad andare in crisi. Con il passare degli anni la situazione si purtroppo terminò con un divorzio.

    ...e persistito con quella disperazione sempre meno speranzosa che si ha quando si prova a salvare una relazione finita?

    La vita di Sakiko venne spezzata a metà.


    Il padre Itsuki lasciò la casa ad Emma e si trasferì perennemente nel centro di Tokyo. Sakiko cosi cominciò a dividere il suo tempo fra i due genitori.
    La madre sembrava soffrire molto – e Saki divenne consapevole che il passare tempo con lei diventava sempre più difficile. Aveva l’impressione che la mente della madre stesse gradualmente perdendo contatto con la realtà e la angosciava non trovare il modo per aiutarla.


    Poi… Emma iniziò a parlare con gli alberi.

    Inizialmente Sakiko pensò che fosse qualcosa di poca rilevanza – un semplice vezzo passeggero. Ma questa strana attività della madre non sparì con il tempo ma anzi s’intensificò. Non si trattava di un semplice approccio de “parlare con le piante” – Emma sembrava intrattenere vere e proprie conversazioni con quegli alberi. E non si trattava di tutti gli alberi – ma specificatamente di tre alberi che erano piantati in giardino. Si trattava di un trio di alberi apparentemente come tanti altri che la madre aveva fatto piantare circa una decina di anni prima più o meno ad un anno di distanza l’uno dall’altro. Emma aveva perfino assegnato ad ognuno di loro un nome: Diane l’albero di ciliegio, Joseph la quercia e Hideo il castagno. La situazione sembrava diventare gradualmente più assurda e irrecuperabile. Emma non sembrava realizzare cosa ci fosse di sbagliato in quello che stava facendo. Sakiko poteva rammentare quando una volta cerco di confrontare la madre al riguardo sperando di farla rinsavire, ma tutto quello che ottenne fu un mesto sorriso e la risposta “Ho bisogno di sentirmi amata.”

    “Vi prego amate quello che faccio, quello che creo, quello che sono… sempre e incondizionatamente. Vi prego…”

    Inutile dire che Sakiko non comprese mai cosa intendesse con quelle parole – forse non si sentiva amata da lei? Forse non stava facendo abbastanza come figlia? Era forse delusa o risentita nei suoi confronti?

    Emma però sembrava però intenzionata a coinvolgere anche Sakiko in questa sciarada – invitandola a parlare con gli alberi a sua volta. Ed invitandola ad ascoltarli.
    Un giorno la madre arrivò perfino ad insistere che Sakiko indossasse un vestito elegante e si mettesse in posa con lei per una foto… insieme agli alberi.


    Sakiko aveva quattordici anni quando, preoccupata per la salute e il benessere della madre, decise di confidare questo comportamento anomalo al padre sperando che lui potesse intervenire per aiutarla. Purtroppo però il padre Itsuki agì ben diversamente da come lei si aspettava – invece di cercare di aiutare la madre presentò una richiesta per ottenere l’affido esclusivo di Sakiko facendo riconoscere la madre come mentalmente instabile. Sakiko poteva ancora ricordare l’espressione affranta e disperata della madre quando si separarono.

    Hai mai provato un dolore nella tua vita cosi forte che sembra averti intorpidito le dita e gli sfoghi creativi che un tempo ti davano vita e gioia sembrano diventati morti e vacui?

    Quello fu l’inizio della fine.

    L’anno seguente la carriera di Sakiko prese il decollo con il suo debutto nella serie di "Zombieland Saga”. Fra gli impegni di lavoro e le proibizioni del padre che cercava di tenerla lontana, per Sakiko divenne sempre più difficile poter visitare la madre e ad ogni visita diventava sempre più difficile. Emma sembra sempre più assente e immersa nel suo mondo di alberi parlanti. Fu in quel periodo che la sua stanza iniziò a tappezzarsi di foto e ritagli.

    Il rapporto con la madre si assottigliò sempre di più riducendosi a giusto qualche visita sporadica durante l’anno.
    Poi tre anni dopo – Emma morì. Venne ritrovata dalla badante che si occupava delle pulizie nella casa. La trovarono in giardino stesa sul prato vicina ai suoi amati alberi.

    Uccisa da un aneurisma celebrale.

    Fu un duro colpo per Sakiko. Una parte di lei aveva sempre pensato che un giorno avrebbe trovato il modo e il tempo per risanare il rapporto con la madre. Ma adesso la madre non c’era più e tutti i buoni propositi di Sakiko diventarono solo scuse. Scuse per non voler ammettere di sentirsi a disagio in compagnia di sua madre. Scuse per scappare da lei. Scuse perché temeva che in qualche modo rischiasse di diventare come lei.

    In un momento della sua vita in cui si trovava già in difficoltà questo senso di colpa emergente portò Sakiko oltre il bilico e la portò ad un completo crollo mentale. Per un anno intero la idol al centro dello scandalo si nascose dal mondo lì nella casa della madre – forse sperando di poter espiare la propria colpa con l’esilio.

    Ormai erano passati tanti anni da allora – Sakiko era stata recuperata dall’esilio grazie alle costanti pressioni di suo padre. Le ci erano voluti un paio di anni prima di riuscire a ritrovare un effettivo equilibrio. Solo compiuti i venti anni la idol trovò la forza di tornare quel posto per fare visita alla madre defunta. Nel testamento di Emma c’erano solo due condizioni degne di nota: la prima era che voleva essere seppellita vicina ai suoi alberi. La seconda chiedeva a Sakiko di passare un po’ di tempo con loro.

    Inutile dire che Sakiko non si sentì mai in grado di assecondare la seconda richiesta. Anche adesso non riusciva a passare più tempo del minimo necessario in presenza di quegli alberi che in qualche modo le avevano sottratto la madre.

    Allo stesso modo non riusciva a passare più tempo del necessario in quella stanza che ormai sembrava diventata più un santuario dedicato a lei. L’intensità dell’amore e la sofferenza che la madre aveva riversato in quella stanza impregnavano l’aria e Sakiko aveva l’impressione di soffocarci dentro. Piuttosto che dormire lì preferiva passare la notte nel salone dove aveva sistemato un futon per lo scopo. Sakiko chiuse con sollievo la porta della stanza lasciandosi alle spalle i mille sguardi di accusatori delle sue effigi.


    Stava per ormai per tramontare il sole. Sentendosi ormai provata sia fisicamente che emotivamente Sakiko decretò di aver fatto abbastanza per quel giorno. Era ora di pensare alla cena, ma prima di cenare decise di volersi fare un bella doccia per rilassarsi e scaricare un po’ di stress. Si recò quindi in bagno spogliandosi nell’ante-bagno ed entrando svestita nella stanza rivestita con mattonelle in ceramica bianche. Il bagno era dotato di un ampia vasca da bagno nella miglior tradizione giapponese che senza troppo indugio Sakiko fece riempire di acqua calda. Mentre il vapore si alzava dalla superficie dell’acqua Sakiko rimirò la propria figura svestita allo specchio con espressione critica – il suo riflesso attuale era ben lontano da quello delle foto glamour che addobbavano la sua stanza. Aveva un espressione stanca e tirata, i capelli scompigliati e arruffati e i suoi occhi erano piuttosto spenti.

    Senza attardarsi oltre a rimirare quella vista deprimente la ragazza s’immerse nell’acqua calda dove rimase immersa per parecchio tempo a rimuginare in silenzio. Ad un certo punto riprese a piangere – ma questa volta lascio che le lacrime scorressero liberamente lasciandole congiungersi con l’acqua della vasca.



    Terminato il bagno, dopo essersi asciugata e cambiato in un cambio pulito e confortevole Sakiko si diresse finalmente in cucina per consumare il secondo bento che aveva portato con se. Questo era in un contenitore giallo e il coniglio raffigurato sul coperchio sfoggiava baldanzosamente un paio di sproporzionati occhiali da sole.
    Il contenuto variava un po’ da quello del bento che aveva mangiato a pranzo: tempura di verdure, peperoni gialli grigliati, sushi sandwich di avocado, tofu saltato e basilico, con l’aggiunta di spicchi di mandarino per dessert.

    Ma prima ancora di iniziare a mangiare il suo pasto ben bilanciato gli occhi di Sakiko si posarono nuovamente sulla scatola che aveva lasciato lì. Sapeva che non le avrebbe fatto bene rincarare la dose di emotività nostalgica e altri sentimenti affini ad essa legata. Ma i contenuti di quella scatola era un richiamo troppo forte per lei…
    …cosi la giovane idol allungò la mano per scavare un po’ nella fantomatica scatola e… invece la urtò maldestramente facendola cadere giù dal tavolo e riversare tutto il suo contenuto sul pavimento << AH- diamine! >> – imprecò ad alta voce la idol per poi seguire a chinarsi a terra per sistemare il pasticcio.
    Fu mentre risistemava cimeli, foto e scarabocchi del passato che il suo sguardo si posò su qualcosa che era vagamente fuori posto lì in mezzo. Si trattava di una carpetta trasparente che sembrava contenere dei documenti dall’aspetto piuttosto ufficiale al suo interno.


    La curiosità di Sakiko ebbe la meglio e senza molta esitazione estrasse i fogli dalla carpetta. Quel che trovò al suo interno erano certificati. Tre certificati di morte pre-nascitura.

    I certificati erano intestati a tre bambini.


    Diane.

    Joseph.

    Hideo.


    E hai mai provato una forma differente di dolore, magari da un lutto o una rottura, che ti squarcia l’anima aprendoti al mondo e alla sua terrificante crudele bellezza?

    Un lungo grido lamentoso risuonò dentro tutta la casa mentre Sakiko correva in preda al panico e all’orrore fuori dalla casa catapultandosi fuori nel giardino in una corsa scoordinata e scomposta, perdendo nel tragitto entrambe le pattine rosa e arrivando cosi scalza allo spiazzo dove si trovavano i fantomatici alberi.

    La ragazza cadde in ginocchio di fronte agli alberi e i suoi occhi che trasbordavano di lacrime si posarono su un alberello relativamente giovane più giovane – alle sue radici erano seppellite le ceneri di sua madre. Si trattava di un albero d’arancio – il frutto preferito di Emma.

    Fra un lamento incoerente e l’altro si potevano cogliere alcune parole biascicate dalla bocca di Sakiko e intervvallate da violenti singhiozzi << Mi spiace, okaasan, mi spiace… io non… non sapevo… non avevo capito. Ti prego perdonami…>>. Era un brutto pianto, non il tipo che si vede nei film che comporta una bocca imbronciata e degli occhi lacrimanti. Era il tipo di pianto che deformava e arrossava tutto il volto, che trascinava inconsulti suoni dalla gola e faceva colare in maniera tutt’altro che lusinghiera il naso.

    Sakiko rimase lì a piangere a lungo, ignorando il freddo gelido serale che attanagliava il giardino al punto da condensarle il respiro in piccole esalazioni di vapore. Rimase lì anche quando non riuscì più a proferire più parole persistendo a piangere nel silenzio con la testa prostrata contro il terreno. E rimase lì anche quando non ebbe più lacrime da versare.

    Difficile dire quanto tempo prima che Sakiko trovasse la forza di rialzarsi se di forza si poteva parlare. Il viso segnato dal pianto, gli occhi arrossati e irritati.
    Si accasciò in posizione seduta sul terreno – incurante ormai che i suoi jeans puliti fossero sporchi di terra ed erba. Lanciò uno sguardo vacuo all’albero di sua madre… poi osservò con espressione sofferente a quelli dei suoi fratelli mai nati.
    Sakiko rimase in silenzio a fissare l’albero d’arancio – un inferno di emozioni le bruciava in petto.

    << I’m listening now… mother.>>




    …e rimase cosi sotto il cielo stellato ad ascoltare gli alberi.



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    Questa è una cosa grevissima.

    Sakiko: 25 exp

    ... I complimenti te li ho già fatti in pvt.
     
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