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Role || Norio e Shiisa

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    Norio Toda
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    Con l'arrivo dell'autunno in quel periodo dell'anno la temperatura ricominciava ad abbassarsi dopo la torrida estate giapponese, e con esso il dramma vecchio quanto il mondo di non sapere come vestirsi. Meglio vestirsi caldi che la mattina fa freddo; ma non troppo, che magari il pomeriggio fa caldo e sudi. E porta sempre un ombrello, casomai piove. Era però anche la stagione perfetta per ritirarsi in un bel luogo al caldo a leggere qualcosa, e nonostante la spopolamento di Tokyo di quei mesi, i book cafè restavano comunque una meta preferita da molti per farlo. Lo erano anche per Norio; personalmente non gli dispiaceva ritirarsi in un angolo a rotazione tra alcuni dei suoi locali preferiti, dove ormai lo staff lo conosceva, ordinare qualcosa di caldo da bere e ritirarsi nella lettura o ascolto di un audiolibro per qualche ora.
    Soprattutto in quel periodo, quando una buona metà dei suoi studenti di pianoforte aveva lasciato la città, e si ritrovava spesso e volentieri con interi pomeriggi senza nulla da fare, e sua figlia Seki ormai impegnata all'università.
    Non gli piaceva ammetterlo neanche a sè stesso, ma probabilmente lo faceva anche per avere un po' di compagnia; sarebbe potuto benissimo restare a leggere a casa, ed era ciò che faceva in altre giornate senza problemi, ma a volte la consapevolezza di essere a casa da solo si faceva piu' insistente e sentiva il bisogno impellente di uscire. Fosse anche solo per avere la compagnia indiretta di altri clienti, gli bastava essere circondato dal chiacchiericcio della gente. Ed era esattamente ciò che aveva fatto quel pomeriggio: un book cafè vicinissimo ad una delle stazioni della metropolitana di Bunkyo, facile da trovare anche per lui; le prime volte aveva usato il navigatore gps con comandi vocali dello smartphone - l'avvento degli smartphone era stata una rivoluzione per lui, almeno finchè il gps non ti spediva in un vicolo cieco o attraverso un cantiere... era successo -, ma ormai conosceva così bene la strada da trovare a colpo sicuro la porta di ingresso. Circa una cinquantina di passi dopo l'attraversamento pedonale, una piccola rientranza con un gradino, sulla destra. Ovviamente non lo faceva per ogni singolo luogo in cui doveva recarsi, ma ormai dopo anni gli veniva naturale crearsi piccoli riferimenti mentali per luoghi importanti che si trovava a navigare spesso.
    Era entrato e lo staff gli aveva assicurato che il "suo" tavolo era fortunatamente libero. Tendeva a prendere sempre lo stesso se possibile, non solo perchè gli era più familiare, ma perchè banalmente era uno dei più grandi a quattro posti, vicino alla parete, e aveva bisogno di un po' di spazio dove posare il bastone e mettersi comodo. Si era quindi sistemato; sedia più lontana dalla finestra, dove invece aveva appoggiato la borsa a tracolla, la giacca e il lungo bastone bianco, in modo da averli a portata di mano e non essere d'intralcio a chi doveva passare. D'altronde "ammirare il panorama" non rientrava nei suoi interessi, e sedersi vicino alla finestra spesso gli portava solo spifferi freddi provenienti dal vetro non perfettamente isolato. Aveva ordinato "il solito" - del tè caldo e un assortimento di dolcetti mochi vari-, poi aveva tirato fuori la sua lettura di quel periodo dalla borsa, preso in prestito alla Nippon Tenji Toshokan, la biblioteca nazionale in Braille per i non vedenti più grande del Giappone, situata a Shinjuku. Con un catalogo ampio e completamente gratuito e fornendo svariati altri servizi di aiuto a chi aveva problemi di vista, non poteva comunque ovviamente vantare di avere tutto. Quella volta, però, era stato fortunato, e aveva trovato ciò che gli interessava. Erano piuttosto generosi con i tempi, e avrebbe dovuto restituire il libro al massimo alla fine del mese. Tempo più che sufficiente per finirlo, se si ritagliava un po' di tempo ogni giorno. Tirò fuori il libro dalla borsa, con attenzione, non prima di aver controllato passandovi un fazzoletto che il tavolo fosse completamente pulito, senza gocce o briciole di clienti precedenti, e lo aprì al segnalibro che vi aveva lasciato. Piccolo problema dei libri in Braille, e altro motivo per cui preferiva quel tavolo; tendevano ad occupare un po' di spazio. Non si poteva esattamente ridurre la dimensione dei caratteri senza che diventassero impossibili da "leggere". Niente edizioni tascabili da leggere comodamente in metropolitana per lui, insomma, ma con gli audiolibri e tutti gli altri servizi di lettura a voce del testo che c'erano ormai a disposizione, la cosa non gli pesava piu' di tanto.
    Con la mano sinistra che teneva traccia di un angolo del libro, scorse lentamente la pagina con l'indice destro per ritrovare traccia di dove era arrivato la sera prima, poi riprese a leggere. Da lontano o ad una occhiata distratta, sapeva benissimo che la scena doveva apparire quantomeno singolare: un uomo, ad occhi chiusi, che leggeva un libro dalle pagine apparentemente tutte bianche, non fosse per i piccoli puntini in rilievo che le coprivano. Ogni tanto quando leggeva in pubblico gli capitava di sentire dei passi avvicinarsi lentamente, solo per poi allontanarsi in tutta fretta borbottando un "aaah ok" imbarazzato a bassa voce, reazione che aveva sempre trovato piuttosto divertente.

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    Shiisa Tsubasa
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    Oggi Helena era impegnata.
    Diceva di dover andare a litigare con il proprietario del negozio di musica perché aveva fatto un casino con il suo basso. Le avevo anche chiesto se voleva che la accompagnassi per fargli vedere che eravamo persone decise, ma aveva rifiutato. Chissà perché poi. Ke-kekek.

    « Uhhh... »

    Avevo deciso di regalarmi una mattinata in biblioteca, quindi. O meglio, in un book café - non mi andava di separarmi dal mio giornaliero carico di zuccheri. Avevo raccolto una serie di libri, che avevo letto più e più volte, ma erano delle edizioni particolari e con una copertina diversa, che quindi dovevo assolutamente visionare al meglio delle mie possibilità.

    In particolare, sulla cima della pila c'era Il ragno nero di Gotthelf, seguito da un certo volume sui Nega-Quirk, continuando con La vera storia di Jack lo Squartatore per terminare con i due classici delle sorelle Brontë. Nella mano libera, invece, avevo una grossa tazza di tè caldo, nero. Tipicamente inglese, insomma, giusto per mantenere il personaggio.

    Ah, dettaglio.
    Ero vestita da scolaretta.
    Senza un motivo apparente.
    Avevo sistemato i capelli in due code, mi ero procurata un paio di occhiali finti con la montatura rossa e avevo fatto in modo di trovare una divisa scolastica della vicina scuola superiore. Vista la mia statura, potevo dire con un certo orgoglio che la mia pantomima doveva funzionare abbastanza. La motivazione?

    La noia.
    Mi annoiavo. E non c'era nessun altro motivo dietro. Mi piaceva il look e volevo farmi una risata con Helena una volta tornata a casa. Poi c'era la possibilità di dare una testata a qualcuno in metropolitana. Sarebbe stato troppo divertente. Ma per fortuna, sembrava che non sarebbe stato questo il caso, in libreria. Guardai verso il tavolo con solo un uomo lì seduto, ad occhi chiusi.

    Oh, che bello! Avrei potuto sedermi senza timore che mi guardasse le gambe! Senza doverlo ammazzare di botte per uno sguardo storto! Che bello!
    Mi avvicinai al suo tavolo, schiarendomi appena la voce.

    « Mi perdoni, le spiace se mi s-siedo di fianco a lei? Vorrei stare tranquilla e ci sono dei ragazzi che mi sembrano poco raccomandabili più in lì. Ke-kekek»

    Non avevo detto una bugia - solo, quei ragazzi più in là non mi facevano davvero paura. E non erano neanche poco raccomandabili. Ero semplicemente incuriosita da quell'uomo, volevo sapere cosa stesse leggendo. E probabilmente la mia recita da scolaretta non era così convincente come pensavo.
    Ma andiamo, ero inoffensiva! Davvero!

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    Norio Toda
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    Seduto tranquillamente su quella sedia dal comodo schienale leggermente imbottito, scorreva con il dito a velocità costante rigo per rigo le pagine del romanzo che aveva preso in prestito, attendendo nel frattempo l'arrivo del suo ordine. Anni e anni di pratica lo avevano reso piuttosto rapido, salvo l'occasionale parola poco usata o arcaica che ogni tanto gli davano un attimo di pausa.
    Continuò così per qualche minuto finchè non udì dei passi avvicinarsi al suo tavolo: inizialmente pensò fosse uno dei camerieri venuto a portare il suo ordine, d'altronde non conosceva nessun altro che per quanto ne sapesse frequentasse quel book cafè in particolare, ma quando la figura si schiarì la voce gli fu chiaro che era probabilmente un'altra cliente. Suonava... giovane, voce indubbiamente femminile. Non altissima considerato più o meno da dove era venuto il suono, a meno che non si fosse chinata leggermente in avanti per qualche motivo - atteggiamento che avrebbe trovato un po' accondiscendente, a dirla tutta -, e dalla leggera pausa che aveva mostrato suonava un po' esitante. E... poi una sorta di colpetto di tosse, probabilmente.
    L'uomo alzò la testa e voltò il capo nella sua direzione, per quanto non dovesse effettivamente farlo nè per smettere di leggerle ne per parlarle. Era solo... semplice educazione, quella di voltarsi verso chi ti si stava rivolgendo.
    « Ah sì? Di solito è un luogo così tranquillo... ma prego, faccia pure.» rispose dopo un attimo, indicandole con un cenno della mano sinistra le due sedie di fronte a sè.
    « Cosa intende per poco raccomandabili, se posso chiedere? Dall'aspetto, intendo.» chiese a voce più bassa se l'altra avesse preso posto. Era genuinamente curioso, al punto che la mano destra aveva fermato il suo movimento a metà frase. Non ne sapeva molto di mode e tendenze giovanili, come si decideva tra i giovani di oggi se qualcuno sembrava "poco raccomandabile"? Un certo tipo di vestiti? Acconciature? Postura? Nei suoi anni di scuola c'erano i pompadour e - gli avevano detto, almeno- i capelli biondo ossigenati, c'erano ancora?
    Dopo poco udì dei passi avvicinarsi nuovamente al suo tavolo e dal ritmo riconobbe uno dei camerieri; passi rapidi ma attenti, misurati, come potrebbero esserli quelli di chi ci è abituato ma sta comunque reggendo un vassoio con una bevanda bollente in mano. Ringraziò il membro dello staff e fece posare il vassoio nel posto vicino alla finestra, occupato dalle sue cose. Continuando a tenere l'indice destro sulla pagina, staccò la mano sinistra dal libro e la avvicinò al vassoio per sfiorare prima la tazza - decisamente ancora troppo calda, avrebbe fatto raffreddare un po' il tè prima di berlo - e poi il vassoio con i dolcetti a vari gusti leggermente appiccicosi.
    « Se vuole favorire, faccia pure... come si chiama, signorina?» chiese prendendo uno dei dolci e staccandone un morso, facendo attenzione a stare ben lontano dal libro appoggiandosi allo schienale della sedia. Il sapore di quei dolcetti era sempre una sorpresa visto che variavano spesso gli ingredienti in base alla stagione, altro piccolo motivo per cui gli piaceva quel posto. Quello sembrava essere alla zucca.

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    Edited by Sisthra - 17/12/2020, 11:11
     
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    Shiisa Tsubasa
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    Beh, a onor del vero, forse avevo un pochino esacerbato la situazione. Erano semplicemente ragazzi giovani, che ridevano e scherzavano tra di loro. In maniera educata, tralaltro. Ma ai miei occhi, erano potenzialmente delle brutte persone. Brutto il giudizio a priori, eh?

    Cartesio pensava che le idee fossero indipendenti dall'esperienza, portando come esempio il concetto di divinità. Ma nel tempo, Locke, Hobbes e Hume hanno confutato questo pensiero, riconducendo invece la totalità delle idee all'esperienza, quindi alla sensibilità e alle impressioni. Non starò a tergiversare sul tema, ma vi basti sapere che se il primo pensiero che quei ragazzi mi ispiravano era sfiducia, non era di certo solo e unicamente per colpa mia.

    « Uhhh... diciamo che non mi ispirano fiducia. Lei invece... beh, può immaginare di essere una presenza molto più tranquillizzante, per una ragazza sola e indifesa. Ke-kek. »

    Avevo detto cose vere. Anche se quando parlavo di ragazze indifese, non mi riferivo a me. La società, il senso morale, avrebbero portato qualsiasi scocciatore lontano da un uomo cieco - del resto, nessuno è un mostro a tal punto. Ad ogni modo aveva chiesto com'erano dall'aspetto, quindi...

    « Non so metterglielo bene in parole. Forse è perchè sono un gruppo di ragazzi che scherzano tra di loro, sembrano complici. Forse è l'aria di complicità che hanno, che li rende poco raccomandabili ai miei occhi. Mi scusi, parlo troppo in astratto, forse. Kek-ke. »

    Lanciai uno sguardo ai dolci, subito dopo. Feci un largo sorriso, che probabilmente sarebbe andato nel vuoto, per poi rispondere a voce alta sia alla sua domanda che alla sua offerta. Il tono della mia voce era gentile ma allo stesso tempo allegro. L'ombra di tristezza che avevo finto - appena appena - poco prima, sparita del tutto.

    « Mi chiamo Shiisa Kamikawa, come i cani-leone del periodo edo. E accetto volentieri la sua offerta, gentile sconosciuto! Se vuole condividere il suo nome con me, oltre che questo splendido dolcetto alla zucca? »

    Chiesi, prima di prendere con cautela il dolcetto in questione, aspettando per cortesia a mangiare che facesse lo stesso anche il mio compagno di tavolo.

    « Le offro il prossimo dolcetto però. Sia mai che passi per ingrata. Ke-kek. »

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    Al commento della ragazza si lasciò sfuggire una breve risata.
    « Ah sì? Beh, mi fa piacere sentirlo.» commentò. Forse non avrebbe potuto difenderla se qualcuno le rivolgeva attenzioni indesiderate come purtroppo sembrava accadere così spesso in Giappone, ma aveva intuito più o meno cosa intendeva l'altra con "presenza tranquillizzante." Non poteva dire che qualcuno gli avesse attivamente mai dato fastidio, in effetti... al massimo ignorato. Il che rendeva il fatto che in realtà la ragazza avesse davanti un membro di Deep Void abbastanza ironica, come cosa... non che fin'ora gli "Uomini in nero" gli avessero ancora mai chiesto di fare chissà cosa, oltre al tenere le orecchie aperte se sentiva parlare di opere interessanti. Non era esattamente parte della sezione più "minacciosa" e "famosa" di Deep Void, era solo uno dei tantissimi informatori.
    Se solo avesse saputo
    Restò poi in ascolto della risposta, tamburellando leggermente con l'indice destro sulla pagina ancora aperta. Gli occhi chiusi rendevano un po' difficile interpretare la sua espressione, ma sembrava in ogni caso interessato da come piegò leggermente la testa di lato.
    « Capisco... immagino che vederli in gruppo compatto a quel modo possa mettere qualcuno in soggezione, sì.» concordò. Si sentiva un po' allo stesso modo a volte se un gruppo di persone stava parlando tra di loro tutte insieme vicino a lui, senza sapere se si stessero rivolgendo anche a lui o meno.
    Alla richiesta di presentarsi della ragazza - che sembrava essersi animata quando le aveva offerto quei dolci- rispose alzandosi appena dalla sedia ed eseguendo un rapido inchino.
    « Toda Norio. Immagino fosse venuta qui per leggere, prima di venire... disturbata? Cosa stava leggendo?» chiese, riprendendo posto.

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    Edit: Modificato solo il colore del parlato per renderlo più leggibile


    Edited by Sisthra - 17/12/2020, 11:10
     
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    Shiisa Tsubasa
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    Era meraviglioso come la mente umana funzionasse. Da dove nasceva l'idea che le persone disabili fossero più fragili? Che fosse sbagliato trattarle male? Nel senso, da dove viene generata? Si potrebbe aprire un discorso sulla natura delle idee, che ha fatto impazzire Locke, Hume, Hutchinson e chi altro. Ne ho già parlato altrove? In caso, mi scuso.

    « Felice che ci siamo capiti. »

    Sì, descrivere non era semplice, specialmente quando la persona davanti a te non può vedere.
    Avevo così tante domande sulla situazione che... semplicemente decisi di non farle. Per quel senso morale descritto da Hume. Generato chissà da dove, che non nasceva dalla ragione ma semplicemente dai sentimenti. Meraviglioso, meraviglioso quanto nebuloso.

    « Esatto, stavo leggendo. Ho qui dei libri. »

    Istintivamente glieli mostrai, salvo rendermi conto che era stupido. Quindi semplicemente glieli avvicinai un pochino, mettendoli di fianco ai suoi.

    « Glieli ho sistemati di fianco ai suoi, sono in brossura con la copertina molto decorata. Sono delle belle edizioni. Il ragno nero, il volume sui nega-quirk di cui si parla tanto, Jane Eyre e Cime Tempestose. Ha già avuto modo di leggere qualcuno di questi titoli? »

    Rimasi ad ascoltare la sua risposta, chiedendomi quando scomodo potesse essere leggere un mattone come Jane Eyre tutto in braille. Probabilmente quello che per me era semplice, viste tutte le tecniche di lettura rapida che adottavo inconsciamente, non doveva esserlo per lui. Come si fa ad applicare il fill the gaps in braille? Devi per forza leggere tutto, non puoi semplicemente fare glancing. Me la sto tirando? Forse.

    Ma amavo leggere - era solo naturale che avessi sviluppato inconsciamente questo tipo di meccanismi per poter affogare ancora di più nel mondo fatto di estetismo e fantasia. Per sfuggire dalla realtà così opprimente. Dissociazione, si chiama? No, quella è un'altra cosa. Come se ora iniziassi a usare la terza persona per scrivere questo post. Ke-kekek.

    Tirai un piccolo sorso di tè, osservando a quel punto meglio l'uomo con cui avevo a che fare. Aveva un aspetto... rassicurante, in qualche maniera. Chissà se la sua cecità era una conseguenza del suo quirk? Magari ero stata indelicata a nominare i nega-quirk in sua presenza. Whoopsie. Speravo che non ce l'avesse con me per questo, non volevo metterlo a disagio.

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    Rimase in ascolto della risposta della ragazza mentre finiva il primo dolcetto, sentendo poi il rumore di uno... no, diversi libri che venivano posati vicino a lui.
    « Aveva intenzione di leggerli tutti?» chiese, con una punta di sorpresa nella voce. Capiva il voler decidere sul momento cosa si aveva voglia di leggere, però gli sembrava comunque curioso volersene portare dietro così tanti tutti insieme. Si pulì accuratamente le mani con un altro fazzoletto tirato fuori dalla tasca, in modo da rimuovere tutte le tracce di zucchero appicicoso dalle dita; in ogni caso, avrebbe comunque usato per sicurezza la mano destra per esaminare con cautela i libri che la ragazza gli aveva posato di fianco, mentre la sinistra sfiorava di nuovo la tazza di tè, cercando il manico per controllare non fosse ancora bollente. Era più che altro interessato alla copertina, passandovi sopra le dita cercando di tracciare il titolo in rilievo che a volte avevano alcuni libri, e allo spessore di ognuno. Erano anche belli grossi.
    « Belle edizioni... non trova curioso che si dice sempre di "non giudicare un libro dalla copertina", e poi si ristampano continuamente libri per dare loro una copertina diversa? Più bella o più accattivante, che "catturi l'occhio"... mi è sempre parso un controsenso interessante.» commentò infine con una punta di divertimento nella voce, ritirando la mano per riportarla sul suo volume e appoggiandosi di nuovo allo schienale della sedia mentre prendeva un sorso di tè. Ancora piuttosto caldo, ma andava benissimo.
    « Le piacciono i classici stranieri, mi pare di capire. Ho letto... anzi, ascoltato, Cime Tempestose parecchi anni fa. Era tra i primi audiolibri di opere straniere tradotte che ho seguito. Gli altri li ho solo sentiti nominare. Il volume sui nega-quirk...» a quelle parole fece una leggerissima smorfia.
    « Mi interessava, ma non l'ho trovato in un formato adatto.» disse semplicemente. Farselo leggere ad alta voce da qualcuno non gli piaceva come idea, e se anche giravano versioni digitali (piratate o meno che fossero) avrebbe comunque dovuto farsele leggere da un software apposito, e per quanto la tecnologia avesse fatto progressi, la voce robotica e monotona che ne risultava bastava a mettergli i brividi visto l'argomento di cui doveva trattare.
    Meglio tornare a parlare semplicemente di libri. Posò di nuovo la tazza e chiuse il grosso volume che aveva davanti a sè. La copertina era per ovvie ragioni completamente bianca, in netto contrasto con quelle riccamente decorate dei libri di Shiisa di fianco. Il titolo e l'autore erano riportati in braille in fondo alla copertina, a caratteri piu' grandi e più accentuati, ma anche in stampa normale in alto. I caratteri stampati probabilmente tornavano utili più che altro ai bibliotecari per controllare rapidamente di che volume si trattasse senza dover scannerizzare sempre il codice identificativo sul retro.
    « Moeyo Ken, di Ryōtarō Shiba. E' una biografia un po' romanzata, ma accurata, di Hijikata Toshizō, vicecomandante della Shinsengumi. Personaggio interessante... sapeva che aveva un fratello maggiore nato cieco? Per questo motivo non potè ereditare la proprietà della famiglia. Chissà come sarebbe cambiata la vita di Toshizō e la storia giapponese se solo quel piccolo dettaglio fosse stato diverso.» riflettè ad alta voce con aria genuinamente curiosa, prendendo poi un altro dolcetto dal piatto con la mano sinistra.

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    Shiisa Tsubasa
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    Oh, era molto carino da parte sua parlare in quella maniera delle copertine. Chissà come viveva da parte sua tutta quella situazione sulle copertine e quant'altro. Per quel che mi riguardava...

    « Le ristampe avvengono principalmente perché ci sono tante case editrici. Nel caso dei classici, si trova l'edizione un po' per qualsiasi casa editrice: le copertine sono fondamentali per la vendita, però. Fattura, immagine, questioni di coerenza nella collezione... ke-kekek. »

    Ad esempio, avevo il pallino di comprare tutti i volumi di un libro della stessa casa editrice. Non era importante quale. Ma guai se la mia copia di Waverley fosse stata più bassa della mia copia di Ivanhoe. Avrei potuto uccidere. Vabbeh, ho ucciso per molto meno.

    « Certo. Studio letteratura inglese. Lo trovo molto stimolante e credo che la loro eredità culturale sia immensa. Certo, non come la nostra. Ma la trovo meravigliosa. Così esotica, particolare, unica. Quindi, no, non voglio leggerli tutti. Solo rileggere alcuni capitoli che ho già letto. »

    Mi permetteva di viaggiare lontano.
    Andare in posti sconosciuti. Lontano dalla violenza di ogni giorno. Poggiai la testa sulla mia mano, osservando meglio l'uomo. Non vedeva, quindi? Proprio niente? Farsi leggere un libro era un'esperienza strana, per quanto mi riguardava: un'arte, persino.

    Rimasi in silenzio sulla sua consideraizone sui nega-quirk. Era un volume che mi interessava ed era stato ficcato lì in mezzo per un articolo che avevo letto sul rising sun e quindi... volevo documentarmi. Ma non era qualcosa su cui avrei voluto spendere troppe parole.

    « Oh; non l'ho ancora letto, ma dovrei averne una copia da qualche parte in casa. La mia ragazza mi odia, per tutti i libri che spargo in giro. Magari se riesco a leggerlo le dico com'é. E no, non sapevo di questo dettaglio, ma lo trovo molto interessante. Ke-kek. »

    Feci un sorriso contento a quel punto. Questa persona sembrava interessante!
    Leggeva cose belle, mi ascoltava contento. Chissà se l'avrei reincontrato?

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    Trovava sempre interessante confrontarsi con i punti di vista - ah- di altre persone, perciò restò ad ascoltare in silenzio la spiegazione di Shiisa.
    « Ah sì... come per la musica, i classici dove ormai non si applica piu' il diritto d'autore possono essere stampati da chiunque. Quindi in sostanza la vendita diventa comunque una gara a chi ha la copertina piu' "bella".» commentò, annuendo. Sapeva per esperienza che non sempre gli era facile, soprattutto per chi non lo conosceva, comunicare il suo interesse al suo interlocutore. Il contatto visivo era fondamentale in quello, istintivo. Qualcuno che non ti guarda mentre parli appare automaticamente disinteressato, forse perfino annoiato, e la cosa soprattutto da giovane a scuola gli era stata fatta notare più volte dagli insegnanti, che non erano mai sicuri se stesse effettivamente ascoltando o fosse perso nelle sue riflessioni. Per questo aveva imparato a compensare come poteva con tanti piccoli gesti che ormai gli venivano automatici. Di contro, non poteva ovviamente essere invece certo del contrario, ovvero se qualcuno lo stesse effettivamente ascoltando.
    « Letteratura inglese, capisco.» commentò a mezza voce, quasi tra sè e sè mentre prendeva un sorso di tè. Quando era andato a scuola lui lo studio dell'inglese era ancora meno diffuso nelle scuole di ora, perciò la trovava una scelta quantomeno curiosa. Anche se, effettivamente, qualcun altro avrebbe potuto dire lo stesso della sua scelta di studi.
    « E che piani ha per il futuro conclusi gli studi, se posso chiedere? Vuole insegnare qui, o specializzarsi in altro, o andare all'estero...?» chiese, dopo un attimo, rialzando appena la testa per fissarla - per così dire, gli occhi restavano sempre completamente chiusi, il viso rilassato -
    Al silenzio che seguì dopo quel breve scambio ricominciò a sorseggiare lentamente il suo tè, inconsapevole che l'altra lo stesse osservando. Forse stava bevendo anche lei, o si era messa a leggere qualcosa, anche se non aveva sentito nessun rumore che indicava l'aver aperto uno di quei libri piuttosto voluminosi che si era portata dietro. Forse stava semplicemente controllando il telefono per leggere qualcosa; non poteva saperlo mai con certezza, ma era qualcosa a cui era abituato. Posò nuovamente la tazza quando la studentessa riprese parola, le sopracciglia che si alzarono brevemente con una punta di sorpresa nel sentirla nominare "la sua ragazza". Non avrebbe fatto commenti a riguardo, ma trovava curioso che l'avesse detto così apertamente.
    « Mi farebbe sicuramente piacere, e...» esitò un attimo, indeciso, poi parve convincersi ad andare avanti.
    « Le piacerebbe leggermi qualcosa dai libri che ha con sè? Non importa se sono in inglese, sono solo curioso... un suo passaggio preferito da uno qualsiasi tra quelli che non conosco... ovviamente può rifiutare, se non vuole.» aggiunse dopo un attimo, riappoggiandosi sullo schienale della sedia con la tazza di tè.

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    Shiisa Tsubasa
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    Annuii piano alle parole dell'uomo - aveva un pochino semplificato il mio discorso, ma aveva compreso la base di quel che volevo dire.

    Il discorso successivo toccò una nota dolente.
    Infatti poggiai il volto sulla mano, guardando verso l'alto. Già, cosa avrei voluto fare da grande? Se non mi fosse successo... beh, quello che mi è successo? Abbiamo già esplorato questa possibilità, ma io non lo so, in effetti. Non ho dato un'occhiata oltre lo schermo del pc. Schermo del pc? Scossi appena la testa.

    Ogni tanto mi capitava.
    Di fare pensieri strani.
    Dire cose folli. Pensare che siamo tutti in mano a esseri che ci guardano ballare stanchi per il loro divertimento. Per finire un giorno buttati via da qualche parte, schiacciati, magari guardati con disprezzo e vergogna.

    « Mi piacerebbe diventare una professoressa. Ma in una scuola pubblica - non ho la disponibilità economica per diventare ricercatrice. Ke-kek.
    Ma vedremo. »


    Rimasi in silenzio, come avevamo detto.
    In attesa che la conversazione andasse da qualche parte.
    E poi successe.
    Quando quell'uomo mi chiese di leggergli qualcosa, quasi potevo sentire le lacrime che arrivavano ai miei occhi. Quasi potevo emozionarmi. Alla sola idea di poter condividere in minima parte il mio entusiasmo verso ciò che mi aveva liberato, che mi aveva dato la forza di andare avanti e non lasciarmi andare. Di spezzare le catene di quella prigionia.

    « Ne sarei onorata. »

    Scorsi sulla pila di libri fino ad estrarre Jane Eyre. Praticamente quasi alla cieca lo aprii per cercare un passaggio specifico. Avevo consumato quel libro, nel corso degli anni. Ancora di più nell'ultimo periodo, sforzandomi di non disturbare Helena per mostrarle dei pezzi di quel libro in cui veniva professato l'amore puro e provvidenziale che Jane provava nei confronti di Rochester. Il pezzo che volevo leggere, tuttavia, riguardava più...

    « Le leggo qualche frase da Jane Eyre, della Bronte. Per il contesto, le basti sapere che la giovane Jane, appena tredicenne, sta per essere mandata in collegio perché la zia la ritiene ingiustamente impossibile da gestire. I due personaggi che parlano sono Jane e l'uomo che si occupa del collegio. »



    « Sai dove vanno i cattivi quando muoiono? »
    « Vanno all'inferno! » fu la mia risposta pronta e ortodossa.
    « E che cos'è l'inferno? Puoi dirmelo? »
    « Un pozzo pieno di fuoco » Ke-kek.
    « E ti piacerebbe cadere dentro quel pozzo e bruciarvi per sempre? »
    « No, signore. »
    « Che cosa devi fare per evitarlo? »
    Riflettei un istante, poi diedi una risposta discutibile. « Devo conservami in buona salute e non morire. »



    Ridacchiai appena al termine di quel breve dialogo, sforzandomi per non rendere la mia voce troppo noiosa. Subito dopo alzai lo sguardo, ansiosa di vedere una reazione in quell'uomo. Pensavo che questo breve passaggio, per quanto semplice, condensasse tutto il personaggio di Jane Eyre, con una potenza incredibile. Con una semplicità magistrale, Charlotte Bronte aveva mostrato come la sua eroina rifiutava parzialmente l'ordine stabilito, pur aderendovi. Un intero saggio potrebbe essere scritto sulla cristianità di Jane Eyre - diamine, decine di saggi.

    « Per quanto il tema principale di questo libro sia la provvidenza e l'amore, oltre che il classico contrasto tra classi sociali, trovo che la ribellione di Jane contro ogni cosa e la sua determinazione siano d'ispirazione per tutti noi, anche oggi. »

    Mi zittii a quel punto, per lasciare spazio anche all'uomo. Avevo parlato tanto, non volevo sommergerlo di informazioni.


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    Norio Toda
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    La sua domanda venne accolta inizialmente con del silenzio, e Norio non seppe inizialmente se aveva fatto o meno una domanda indiscreta. Forse non era qualcosa a cui l'altra amava pensare o era semplicemente troppo personale come domanda per lei, ma la risposta arrivò infine dopo qualche attimo.
    « Ah, vuole insegnare! Un sentimento ammirevole, serve tanta passione per la materia e pazienza.» approvò annuendo leggermente prima di aggiungere.
    « Anche io insegno sa, pianoforte... purtroppo non sempre gli studenti che ho sono recettivi o appassionati davvero allo strumento, alcuni sono chiaramente costretti dai genitori e preferirebbero fare altro... altri però sono genuinamente appassionati e ripagano tutti i tuoi sforzi.» illustro' brevemente tra un sorso di tè e l'altro.
    Perfino lui se n'era accorto più volte, nonostante non potesse nemmeno vederli in viso: c'erano gli studenti svogliati che concludevano la lezione l'esatto istante che finiva l'ora, che ovviamente lo facevano solo perché costretti ed eseguivano meccanicamente gli esercizi sulle scale o qualsiasi brano o passaggio che stavano studiando al momento, senza passione, e poi c'erano invece quelli che lo trattenevano qualche minuto in più, gli facevano domande, era evidente si esercitavano anche al di fuori delle ore di lezione e un paio di volte gli avevano perfino chiesto di ascoltare piccoli brani o arrangiamenti che avevano composto.
    « Sono sicuro che sarà una ottima insegnante, le auguro buona fortuna.» aggiunse poi.
    Alla sua successiva richiesta di leggergli qualcosa, si aspettava tutto sommato un rifiuto. Era una richiesta un po' particolare da fare a chi si è appena conosciuto, per non parlare del fatto che magari qualcuno si vergognava qualcosa così ad alta voce in un luogo come quello, di punto in bianco. Perciò non poté non sorridere leggermente alla sua risposta - suonava genuinamente contenta - , mettendosi poi comodo sulla sedia.
    Ascoltò attentamente, la testa leggermente piegata in avanti e la mano che ancora reggeva la tazza sospesa a pochi centimetri dal viso, il vapore che ancora saliva un po' dalla tazza a sfiorargli i capelli leggermente brizzolati.
    Al termine della lettura del dialogo tra i due personaggi posò lentamente la tazza sul tavolo, restando in silenzio per qualche momento.
    « Molto particolare, sì... soprattutto considerando il periodo in cui è uscito e ambientato il romanzo rispetto alle azioni della ragazza. Dovrò recuperarlo. Grazie per avermelo letto.»[/white] commentò, accompagnando le parole con un cenno della testa, un inchino di riconoscenza giusto accennato. Prese un altro sorso di tè dalla tazza che si stava rapidamente svuotando.
    [color=white]« Ha mai pensato di farlo come attività di beneficenza? Leggere ad alta voce a qualcuno, intendo.»
    aggiunse dopo un attimo.
    « Faccio parte di una associazione che si occupa di sensibilizzare su chi ha problemi di vista, e tra le varie attività organizziamo spesso pomeriggi di lettura collettiva, per vedenti e non... in librerie, sale conferenze, anche ospedali a volte, per i bambini. Si legge qualcosa ad alta voce, generalmente un capitolo o un certo numero di pagine, e lo si commenta tutti insieme. I bambini soprattutto, sono sempre molto appassionati... spesso sentono parlare di un nuovo libro o serie da amici a scuola ma passano mesi se non anni prima che esca una versione in audiolibro o in Braille.» commentò, il viso che tuttavia mantenne la sua espressione neutrale. Lasciò la presa sulla tazza e allungò la mano a frugare per qualche secondo nella tasca interna della giacca posata al suo fianco, insieme alla borsa e al bastone. Impiegò una decina di secondi buoni a trovare la tasca, e ne sfilò quello che sembrava un biglietto da visita. Lo porse a Shiisa con entrambe le mani, alla maniera giapponese.
    « Se è interessata, qui trova i contatti per saperne di più.» disse solo.
    Il biglietto non era troppo diverso da un comunissimo biglietto da visita che tanto si usavano in Giappone, se non per due particolari: il primo era l'essere completamente nero con scritte in bianco, e il secondo l'essere stato ingegnosamente stampato sia in Braille, con dei caratteri in rilievo, che in normali kanji proprio sopra i caratteri puntiformi, in modo da essere ovviamente leggibile da chiunque. Entrambe le scritte recitavano la stessa cosa: il nome dell'associazione, Makkurayami ("Buio assoluto"), con relativi contatti di account Babel e un sito web dove informarsi su prossimi eventi e altre info dell'associazione.
    « Sono sicuro che molti lì sarebbero felici di avere qualcuno di così appassionato a ciò che legge. Se ha tempo e interesse, ovviamente.»

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    Shiisa Tsubasa
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    Lasciai scorrere in silenzio la sua considerazione sull'insegnamento, visto che avevo una gran voglia di leggere. Avrei rimandato ogni commento a un secondo momento, per ora ero concentrata sul brano che volevo esporgli.

    « Sono contenta che abbia apprezzato. »

    Ero sincera. Speravo di essere riuscita a comunicare almeno un minimo del mio amore per quel romanzo in particolare. Rimasi inizialmente stupita da come l'uomo mi aveva proposto quella simpatica iniziativa, ma subito dopo mi incupii leggermente. Quel genere di vita mi era precluso. Non potevo aspirare a fare qualcosa del genere, anche se magari mi sarebbe potuto piacere. Non avevo avuto alcuna formazione come lettrice, e sapevo che era un percorso che richiedeva tanti anni di studio. Ma al di là di quello -- come minimo avrebbero voluto dei documenti e sarebbero stati altri legami con un mondo al quale non appartenevo. Quello delle persone normali.

    Una vita normale mi era preclusa.
    E tutto ciò che mi veniva dato - la mia vita con Helena, ogni sprazzo di felicità - era lì per essere distrutto, prima o poi. Era la vita nella quale mi ero imbarcata e anche se avrei fatto di tutto per proteggerla, prima o poi sarebbe tutto andato in fiamme.
    Ke-kek.

    C'era da vedere quanto alto sarebbe stato il falò della mia felicità.

    « Credo sia un'iniziativa bellissima. Ma come può immaginare, non sono una persona... troppo adatta a parlare in pubblico. Anche se la gente che mi ascolta non può vedermi, scusi la franchezza. Conto di lavorare su questo con il tempo, magari durante gli ultimi anni di studi. »

    Guardai con sguardo vacuo il bigliettino.
    Sembrava il biglietto per un altra dimensione.
    Per un mondo in cui non avrei dovuto uccidere nessuno, per viver.e
    In cui non avrei dovuto strozzare Helena nel sonno, se Aogiri me l'avesse chiesto.

    Tutto perse di colore per un istante.
    Bianco e nero, bianco
    nero
    nero
    nero
    nero

    prima di tornare al solito rosso che aveva
    inondato la mia vita.

    Prendigli la mano.
    Scaraventalo dall'altra parte della stanza.
    Vedi di che colore sono i suoi occhi,
    mangiali, sputali.


    Colpo di tosse.

    « M-mi scusi. »

    Sbattèi le palpebre un paio di volte, cercando di riprendere il controllo.
    Sentivo voci che vorticavano nella testa a una velocità impressionante. E facevano male ogni volta che sbattevano contro i lati del mio cranio.

    « full of sound and fury »

    Dissi sottovoce, cercando ancora una volta di aggrapparmi a quel barlume di normalità.
    Era quasi doloroso farlo. Ma tornai a guardare verso quell'uomo. E mi obbligai a fargli un sorriso.

    « La mia ragazza suona, comunque. E' una bassista. Non so se apprezza il suo genere di musica. Ma diceva anche lei di voler prendere qualche allievo, prima o poi. Ha qualche consiglio da darle? »

    Cambiare argomento mi poteva fare bene. Speravo mi potesse fare bene.
    Inspirai a fondo, per lasciarmi andare in un nuovo sospiro.

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    Norio Toda
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    Shiisa suonava genuinamente soddisfatta di aver trovato qualcuno con cui condividere, per quanto fosse stato solo un breve pezzetto, parte di quello che era evidente doveva essere un romanzo che le piaceva molto. Quando prese il bigliettino dalle sue mani però, tra i due calo' nuovamente il silenzio, e dopo qualche attimo, non potendo vedere l'espressione della ragazza, Norio temette di aver fatto un errore. Forse l'aveva messa in imbarazzo con quella proposta? ... le aveva dato il bigliettino giusto, sì? Ma certo, aveva controllato rapidamente passandoci il dito sopra mentre lo tirava fuori dalla tasca... gli altri suoi biglietti da visita, quelli da pianista, erano stampati in modo più tradizionale e completamente lisci, non poteva essersi sbagliato. Spero solo di non averla in qualche modo offesa con quella proposta.
    Restò per un attimo in silenzio alla spiegazione della ragazza, le sopracciglia che si aggrottavano appena in una espressione di leggera confusione.
    « Temo di non capire sul non essere adatta... per chiarezza, la maggior parte dei volontari che partecipano sono persone comuni, senza nessuna particolare qualifica.» rispose cercando di fugare i dubbi della ragazza, ovviamente ignaro che era invece proprio la parte sulle persone comuni ad essere il problema.
    Forse non si reputava abbastanza "capace?" Per quel poco che sapeva di lei poteva essere qualsiasi motivo. Forse semplicemente era timida e non le piaceva l'idea di leggere davanti a tante persone, forse banalmente voleva concentrarsi sugli studi universitari e non aveva tempo, perciò si affretto' ad aggiungere.
    « ... ma se non vuole, ovviamente nessuno può costringerla. Se cambia idea o vuole semplicemente venire ad ascoltare qualche volta, sa chi contattare. » aggiunse.
    Dopo qualche altro secondo di silenzio Shiisa tossi' di nuovo, quel colpetto di tosse particolare che le aveva sentito fare ormai diverse volte. Forse era anche quello il motivo per cui non voleva partecipare a quell'iniziativa, magari se ne vergognava.
    La ragazza si scuso', ma un attimo dopo mormorò qualcosa che fece aggrottare le sopracciglia all'uomo. Il suo udito non era ovviamente paragonabile a chi aveva veri e propri Quirk che potenziavano i propri sensi, però era più affinato rispetto agli altri, o meglio, era più abituato a usarlo appieno. Viveva in un mondo fatto quasi completamente di suoni, odori e tatto, almeno nella vita di tutti i giorni, e l'udito era ovviamente quello su cui faceva più affidamento insieme al tatto. Come una persona in grado di vedere poteva scorgere istintivamente un movimento improvviso anche con la coda dell'occhio (o almeno, così gli era stata descritta la cosa da chi ci aveva provato), lui era più prono a focalizzarsi automaticamente su suoni poco familiari o interessanti. Non riuscì a capire appieno il senso di quelle parole, ma la parola sound per lui che era un musicista gli era ovviamente conosciuta.
    « ... va tutto bene?» chiese a voce quasi altrettanto bassa, un po' confuso. Quello era uno dei suoi timori, il non potersi facilmente rendere conto se qualcosa non andava nella persona che aveva di fronte. Poteva capire molte cose dalla voce, ma altre... gli era ovviamente impossibile.
    Quando Shiisa optò per il cambiare argomento - un po' troppo repentinamente per essere un caso -, l'uomo decise semplicemente di rispondere alla sua domanda.
    Forse voleva distrarsi da qualche pensiero improvviso, un ricordo poco piacevole forse.
    ... non poteva dire di non capirla, in quel caso.
    « Ah, eccola lì.» sorrise appena, rimettendosi più comodo contro lo schienale della sedia e intrecciando le mani sopra la copertina del libro ancora chiuso, poco sotto il titolo.
    « L'assunzione che siccome suono il pianoforte sia amante solo della musica classica. Chissà perché lo pensano quasi tutti quelli che incontro.» ridacchio'.
    « Seguo molti generi di musica in realtà, mi piace tenere una mentalità quanto più aperta al riguardo... tutta la musica è arte per quanto mi riguarda, un modo per comunicare. Mia figlia mi aiuta proponendomi artisti e generi nuovi ogni tanto, e mi diverto anche a fare cover di canzoni più moderne. È divertente vedere come è possibile adattare una melodia pensata per strumenti completamente diversi» spiegò, pagato. Grazie a Seki aveva scoperto un mucchio di artisti di cui invece difficilmente avrebbe sentito parlare per semplice gap generazionale, come quell'idol a cui si era appassionata quando era un po' più giovane, di cui aveva tutti i suoi cd.
    « Umm, vediamo... nel caso del basso direi di postare annunci in luoghi dove è più probabile li vedano i ragazzi. Università, licei... poi le consiglierei di informarsi su possibili differenze nel suonarlo per destri o mancini, visto che potrebbe trovarsi a insegnare ad entrambi. Molti strumenti hanno modelli appositi, visto che non basta ruotare semplicemente lo strumento, o ci si ritroverebbe con le corde "invertite". Alcuni musicisti imparano a suonare anche così ovviamente, quindi dovrà vedere caso per caso. Il pianoforte ovviamente non ha questi problemi. Per il resto, beh... immagino abbia più esperienza di me con lo strumento vero e proprio, quindi non me la sento di dare consigli tecnici su dove iniziare. » si scusó quasi con quelle parole, come dispiaciuto di non poter dire di più.
    Poi ok... lui suonava l'ukulele, ma quello era per ridere e molto meno complicato di un basso.

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    Shiisa Tsubasa
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    Va bene, va bene - il mondo stava smettendo di girare. Poco alla volta, stavo riacquisendo controllo su tutta la situazione intorno a me - nonostante fosse sempre più difficile.

    « Le prometto che ci penserò, magari passo come spettatrice le prime volte. Sembra un'iniziativa meravigliosa, dico davvero. Ke-kek. »

    Beh, era comprensibile che avesse notato che qualcosa non andava.
    Sembrava una persona molto dolce, pronto a preoccuparsi per una povera ragazza che aveva bisogno di compagnia per non farsi assalire dagli sconosciuti lì vicino. Quindi, feci del mio meglio per assumere un tono di voce più normale, più... tranquilla. Non facile, ma ci avrei almeno provato.

    « Sì, tutto a posto. Ho avuto un piccolo giramento di testa. »

    Che per certi versi era vero. Non stavo mentendo, solo che giramento di testa era un eufemismo per l'istinto omicida che era nato dal mio stomaco e quasi mi aveva soffocato, tentando di fare la stessa cosa con le preoccupazioni per la mia situazione.

    Feci un piccolo sorriso,
    Mentre parlava mi sembrava di sentire Helena, quando si lamentava che considerassi la musica che ascoltava un po' particolare. E lei, pazientemente, metteva su qualche cosa di più commerciale, tuttavia sempre scelta con gran gusto. Era vero, il musicista esperto sa apprezzare più o meno ogni genere di musica. Ed ero stata un tantino corta di vedute, nel dare per scontato che facesse musica "classica".

    « Beh, mi scuso per essere stata così narrow-minded. Kekek. »

    Il termine in inglese che avevo fatto scivolare lì in mezzo non era troppo complicato, ma sul momento non riuscivo a trovare una traduzione adatta in giapponese. Ah, i drammi dei poliglotti. Incrociai le braccia sotto il mento, a quel punto.

    « Allora le riferisco questi consigli. Sicuramente mi sgriderà perché ci aveva già pensato. Ma almeno ho fatto del mio meglio per rendermi utile. »

    Era uno scenario che probabilmente non si sarebbe consumato proprio come l'avevo descritto, ma... volevo davvero fare di più per Helena. L'avevo obbligata a rivoltare la sua vita per me ed era il minimo che facessi tutto il possibile per renderla felice. O almeno, provarci.

    « Magari restiamo in contatto, sono sicura che posso trovare qualche bel libro che non ha ancora avuto modo di leggere e consigliarglielo. Che dice? Le darebbe fastidio? »

    Chiesi con un tono di voce completamente distante da quello che avevo usato nel mio momento di crisi, ormai allegra e squillante come sapevo fare di solito. Brutta cosa, quando il tuo umore somiglia più a un percorso di montagne russe che a qualcosa di equilibrato e solido. Ke-kek, gli artisti del periodo sentimentale sarebbero fieri di me. Sympathy? Production of Society? Tch. Avrei fatto accapponare la pelle a Smith e reso la giornata di Locke molto migliore.

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    Non poteva vedere l'espressione di Shiisa, perciò si limitò a sorridere leggermente alla sua risposta di provare ad assistere qualche volta.
    « Aspetterò di vederla a qualche incontro, allora.» ridacchiò, non senza una punta di autoironia. Lo divertiva sempre molto quando alcune volte la gente cercava inevitabilmente di evitare di usare termini come "vedersi", "punto di vista", "ci vediamo" e simili in sua presenza, pensando forse che la cosa gli desse fastidio o lo mettesse in imbarazzo. La verità era che non c'era nulla di più lontano per lui, ci era abituato da tutta la vita e sapeva benissimo che erano semplici espressioni del linguaggio; se si erano radicate a quel modo nel parlato era perchè erano prima di tutto efficaci e lui per primo le usava spesso senza pensarci. Fare mille giri di parole cercando di girarci attorno enfatizzava la sua condizione molto di più di farsi scappare un "ci vediamo" che usciva naturale, a suo parere. Però la ragazza suonava effettivamente più tranquilla, forse era davvero timida e l'idea di leggere davanti ad altre persone l'aveva inizialmente spaventata.
    Nel sentire del giramento di testa tuttavia aggrottò appena le sopracciglia, non potendo fare a meno di provare una punta di preoccupazione. Gli veniva naturale, se studiava all'università doveva avere al massimo qualche anno più di sua figlia.
    « Un calo di zuccheri, forse? Soprattutto se sta leggendo da molto sforzando gli occhi.» commentò, sfiorando il piattino con i dolcetti con la mano sinistra e facendolo scorrere sul tavolo verso di lei di una decina di centimetri, invitandola silenziosamente a prendere ciò che vi era rimasto.
    Ecco, lui non poteva dire di avere quel problema; poteva leggere in qualsiasi luogo e anche al buio senza problemi, finchè aveva un posto abbastanza comodo in cui sistemarsi. Giusto quando faceva freddo e doveva indossare guanti non poteva mettersi a leggere all'aperto, ma in quel caso c'erano sempre gli audiolibri.
    « Come si chiama il gruppo della sua ragazza, se posso sapere? Se suonano in qualche locale, non mi dispiacerebbe assistere qualche sera.» commentò in risposta; ora che ne aveva accennato, era genuinamente curioso, per poi assumere un'aria leggermente sorpresa, ma non in negativo, alla proposta di tenersi in contatto. O almeno, quella era l'impressione che sperava di dare; aveva istintivamente sollevato la sopracciglia in un'espressione sorpresa, ma gli occhi rimasti chiusi rendevano le sue espressioni più... soffuse, pacate. Aprirli non avrebbe aiutato, anzi, lo sguardo fisso avrebbe potuto dare una impressione completamente diversa.
    « Ah, assolutamente no, mi farebbe piacere.» frugò di nuovo brevemente (questa volta a colpo un po' più sicuro) nella tasche della giacca e e ne tirò fuori un altro biglietto da visita, questa volta più simile a quelli tradizionali con su stampato il suo nome, la sua professione e contatti vari di numero di telefono e Babel in caratteri semplici ed eleganti, nero su bianco. Lo lasciò sul tavolo di fianco al piattino; dalla tasca aveva estratto anche quello che sembrava un orologio da taschino vecchio stile. Lo aprì, rivelando che non c'era nessun vetro a proteggere le lancette e quelli che erano ovviamente segni in braille incisi sulla superficie. Lo tastò con la mano destra con un gesto che era tanto cauto per non spostare accidentalmente le lancette quanto compiuto con la sicurezza e velocità di chi lo ha fatto migliaia di volte, poi lo richiuse con uno scatto secco e se lo infilò nuovamente in tasca. Aveva ovviamente anche metodi più moderni e rapidi per leggere l'ora, ma non sempre aveva voglia di farsi annunciare l'ora a voce alta dal telefono, e ormai ci era abituato. Finchè non si fermava la batteria quell'orologio era rapido, discreto, silenzioso, e gli era stato detto che "aveva stile".
    « Devo iniziare ad avviarmi, mia figlia studia qui nei dintorni e torniamo a casa insieme. Ci terremo sicuramente in contatto per le rispettive letture.» si scusò mentre si alzava e metodicamente si reinfilava la giacca, rimetteva a posto il libro nella borsa a tracolla e afferrava infine il bastone bianco al suo fianco. Con un ultimo saluto e un rapido inchinò si accomiatò dalla ragazza e poi procedette nell'operazione di uscire dal tavolo e navigare il locale fino alla cassa e l'uscita. Rifiutò l'aiuto di uno dei camerieri che si era avvicinato con un cenno della mano sinistra, la destra che tastava solo ogni tanto davanti a sè con il bastone, dando quasi solo un colpetto rapido, evidentemente familiare con quell'ambiente abbastanza da non averne troppo bisogno, fino a pagare semplicemente con una carta di credito e svanire attraverso l'uscita.

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    CITAZIONE
    Grazie mille per la role, è stata un sacco rilassante e mi ha aiutato tantissimo a definire Norio in questi primi post :<3:
    Spero ovviamente di farli re incontrare prima o poi
     
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16 replies since 3/12/2020, 17:43   341 views
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