Nothing to Lose but Time

Role || Kimama & Yuya

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    Dall’auricolare appoggiato sul tavolo si diffondevano le note di una canzone abbastanza cupa, di un ritmo pressoché assente nella cultura musicale di Yuya. E con ogni probabilità cantata in svedese. Da quando si era trasferito da Yami, la giovane non aveva fatto altro che bombardarlo con musica di dubbia natura e provenienza, grazie all'impianto stereo che aveva in casa, e lui, per contro, non aveva mai desiderato così tanto diventare sordo in vita sua. I loro gusti musicali stavano agli antipodi della terra, ma - incredibilmente - nella valanga di cose con cui la ragazza lo tormentava almeno una volta al giorno, era riuscito a trovarne finalmente una che ascoltava volentieri.
    Al momento però, non poteva permettersi di indossare le cuffie. Le aveva tenute fino a quel momento ed i risultati erano stati decisamente scarsi. La biblioteca dell'università era piuttosto affollata, sebbene fossero passate da poco le undici di mattina, ed era lì che si trovava il corvino al momento. Era quel tipo di persona che piuttosto che arrivare in ritardo preferiva arrivare con largo anticipo, e dato che quella mattina aveva appuntamento con un suo professore aveva deciso di recarsi lì con svariate ore di anticipo, approfittandone per studiare, sì, ma anche per essere certo di non avere problemi coi mezzi pubblici.
    Ormai erano i primi giorni di febbraio e, come tanti altri dalla fine dell'emergenza, anche Yuya aveva ripreso ad affrontare la sua vita normale senza troppe conseguenze atipiche.
    Certo, aveva letteralmente perso casa sua e quella non era una cosa da poco, ma tutto sommato si riteneva fortunato rispetto a moltissime altre persone. Yami lo aveva accolto a braccia aperte ed alle spalle aveva comunque Eternium. Aveva scelto di stare da Yami, non perché la Eternium House non gli piacesse, ma Daisuke e Ryo si erano ritrovati nella sua stessa identica situazione, visto che abitavano a Shinjuku come lui, ed aveva preferito non fare il... terzo incomodo.
    Non sapeva di preciso cosa ci fosse tra quei due, ma qualunque rapporto avessero era probabilmente sacro.
    Tamburellando annoiato le dita sulla superficie del tavolo, Yuya si fece sfuggire uno sbadiglio, continuando a sfogliare il suo manuale di pneumologia. Per quanto gli piacesse vantarsi delle sue capacità di concentrazione, era in grado di rendersi conto da solo quando stava solo facendo finta di studiare. Era arrivato a quel punto della sua carriera universitaria in cui i libri non gli bastavano più, anche perché stando da Teruko aveva capito che alcune cose semplicemente non si imparavano solo leggendo. Yuya si sentiva portato per quelle materie e quella professione, ma ciò non gli impediva di annoiarsi a morte quando doveva rileggere diciassette volte sintomi e conseguenze di sinusite e pertosse, cose che tra l'altro già virtualmente sapeva.
    Però era importante che si presentasse preparato dai professori.
    Togliere le cuffie non aveva granché, ma almeno ora poteva dire di star leggendo quasi seriamente.
    La verità, era che quello era un giorno piuttosto particolare. Era il cinque febbraio. Un giorno privo di significato per molti, ma non per lui. Perché esattamente un anno fa, alla cattedrale, quel giorno, Yuya aveva ucciso il Sagrestano Homura.
    Ormai ci era passato sopra, nell'ultimo anno erano successe così tante cose che quell'evento pareva finito nel dimenticatoio.
    E forse era così. L'unico ad averci perso, quella notte, era stato lui. Ora gli faceva solo un po' strano la sensazione di esser lì, a studiare, come nulla fosse. Ma d'altronde non aveva più toccato il suo costume dopo quell'avvenimento, volutamente lasciando svanire la figura di Nocturne, perché il giorno in cui avrebbe di nuovo vestito quei panni sarebbe tornato un assassino e doveva ancora capire se era spaventato da sé stesso oppure no.
    Non era quello il fulcro della sua scarsa concentrazione, ad ogni modo. Era davvero sola annoiato e quasi si stava pentendo di aver rifiutato la proposta di due colleghi universitari che si erano offerti di accompagnarlo per studiare insieme.
    Dalla messa in quarantena di Shinjuku c'era stato anche un altro problema secondario. Molte biblioteche erano chiuse ed i libri stavano pian piano venendo ridistribuiti nelle altre, compresa la biblioteca universitaria, che ora rimaneva aperta non solo per gli studenti ed il personale scolastico, ma anche per tutti gli altri.
    Era per quello che c'era più gente in giro, ed anche un brusio di fondo più fastidioso del normale: i tavoli erano quasi tutti occupati, ed anche trovare un posto qualunque per mettersi a sedere a leggere sembrava un'impresa degna di nota. Yuya al suo tavolo era da solo, ma siccome voleva anche rimanerci, ogni qualvolta che qualcuno passava di lì e gli chiedeva se era occupato, il corvino sorrideva ed annuiva, lasciando ondeggiare la coda appuntita dietro la schiena, da perfetto egocentrico egoista qual era.
    La vibrazione del proprio cellulare posto sul tavolo lo riscosse da quel flusso di pensieri, e le sue iridi saettarono verso di esso. Posò la matita con la quale si stava appuntando le cose sui lati del libro e lo prese, giusto per vedere chi fosse lo scocciatore che osava disturbarlo dallo studio. No, lo abbiamo già detto, non era concentrato, ma era l'apparenza quella che contava, no?

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    Kimama Evans
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    Erano state delle settimane davvero caotiche, sembrava quasi che il mondo stesse cercando di trovare ogni genere di scusante per impazzire un poì di più con ogni giorno che passava, ma a Kimama questo non importava! Quando diverse centinaia di persone sono rimaste sfollate a causa del gas annulla-quirk lei fu tra le prime a presentarsi ai campi eretti dal governo Giapponese per accogliere quelli che a prima vista non sembravano tanto diversi dai profughi di guerra. Lo aveva fatto principalmente perché era la sua natura, e soprattutto perché quattro braccia riempiono il doppio delle ciotole e trasportano molte più ballette di riso di due! Ma non era sciocca, sapeva che tutto quel terribile caos aveva generato sfiducia in molte persone, non era strano che in quei campi vi fossero individui che forse per leggerezza o ingenuità avevano pensato che il piano di quelle Farfalle avesse un triste senso, ignorando forse volutamente le conseguenze dello stesso. Gli insegnamenti del Popolo però vengono prima di tutti, e nessun viaggiatore deve essere abbandonato a se stesso quando c'è modo di aiutare. E forse non tutti erano felici di essere aiutati da qualcuno come lei, ma non era quello il punto. Forse non c'era neanche un punto, non serve un vero motivo per fare del bene al di fuori del bene stesso.
    "E questo... e questo... oh!" Ma adesso era lontana dal campo, collezionava libri su libri dagli scaffali di una biblioteca universitaria. "E anche questo, si!"

    Parlottava tra se e se ogni volta che un titolo coglieva il suo sguardo prima di essere ghermito dagli scaffali, aveva già una decina di libri impilati uno sopra l'altro, poggiato sulle mani degli arti inferiori: La Cucina Economica, Piatti Semplici per Palati Raffinati, il Mille e Due Modi di Cucinare il Riso, i Cento Volti del Pollo e altri libri dediti tutti al semplice argomento del creare piatti gustosi con ingredienti semplici o persino inaspettati. Aveva alcune conoscenze della cucina locale, ma ora aveva ogni motivo al mondo per approfondirla e quale miglior modo che cominciare dalla semplicità e dall'utilità? Dopo aver collezionato un'altra mezza dozzina di libri finalmente la falena si allontana dagli scaffali, tenendo la colonna di sapere culinario con tutte e quattro le mani, il mento che spinge sulla sua cima per un'ulteriore misura di sicurezza. Camminava con insolita lentezza, guardandosi bene attorno e stringendo le spalle il più possibile per evitare di urtare qualcuno in quella libreria incredibilmente affollata, cercando con lo sguardo un singolo posto a sedere per poter riprendere fiato ed essere certa che non avrebbe calpestato qualcuno nel suo tormentato girovagare. Ci vuole qualche minuto prima che i suoi occhi si fissino su di una sedia vuota, le antenne ritte come corni mentre con passi affrettati si dirige verso quell'oasi di salvezza in compensato, disponendo sul tavolo i libri in tre pile da sei, divisi per categorie tra riso, pollo e pesce. Poi fissa la sedia con sospetto, vi poggia sopra una mano e spinge con forza prima di sedervisi, le antenne che scattano e vibrano ad ogni impercettibile scricchiolio ed un'espressione sollevata quando il peso non sembra compromettere l'integrità del mobilio. E dalla sua borsa estrae un grosso quaderno ed una penna, aprendolo e tenendolo sotto la mancina inferiore mentre con la destra superiore prende il primo libro sulla colonna del riso e facendo riferimento all'indicce sembra memorizzare alcune specifiche pagine che va ad aprire con metodica precisione, trascrivendo con gran velocità punti salienti dei contenuti con quella penna che nella sua grande mano a quattro falangi sembrava quasi un grissino di plastica.
    "Mhmm... hmmm? Ah!" Ogni tanto si sofferma su alcune righe, si ferma per riflettere, per comprendere il senso logico dietro quelle informazioni. Ma sta di fatto che in tutto questo non sembra aver nemmeno registrato la figura umana che stava seduta dall'altra parte del tavolo. "Ah! Mhm... ha senso."

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    Alla fine, sul cellulare, non era nessuno di importante: Yuya lo ripose sul tavolo dopo aver dato un sguardo veloce allo schermo senza nemmeno sbloccarlo. C'erano le solite notifiche dei social e qualcuno che aveva commentato la sua ultima storia, niente a cui non avrebbe potuto rispondere più tardi.
    In compenso, c'erano tante cose che gli davano fastidio, ed una di queste era certamente l'essere ignorato. Un poco controvoglia fece per mettersi di nuovo a sfogliare le pagine del manuale che aveva di fronte, per appuntarsi le ultime cose di cui avrebbe dovuto discutere con il professore tra un'ora circa. Nel caso ve lo steste chiedendo, sì, Yuya era una di quelle persone malefiche che scrivevano gli appunti anche a lato dei libri. Tuttavia non fece neanche in tempo a cominciare che un tonfo sul tavolo, sul suo tavolo, irruppe nella sua falsa concentrazione facendo in modo di non lasciare manco quella. Yuya sollevò lo sguardo allibito, chiedendosi esattamente chi e cosa diavolo avesse osato piantarsi lì senza nemmeno chiedere il permesso, già pronto ad inventarsi le solite scuse sul fatto che il posto fosse occupato, perché non voleva banali scocciatori intorno, ma il suo sguardo incontrò dapprima tre ordinate pile di libri (di cucina?) e poi un... dannato gigante.
    O meglio no.
    A dire il vero era una ragazza, Yuya ci mise qualche secondo a capirlo, unicamente perché era un attimo rimasto abbagliato dalla spropositata altezza di quella... cosa, altrimenti ci avrebbe messo meno, ma era davvero altissima. E lo diceva lui dall'alto del suo metro e ottantasette che in Giappone era quasi un miraggio. Ma a farlo rimanere qualche secondo incantato non fu solo quello, perché la ragazza era un... insetto. Una farfalla, forse, per la precisione. Aveva la pelle diafana, i capelli chiari e lunghi, quattro braccia, qualcosa di non troppo dissimile ad un paio d'ali sulla schiena e delle voluminose antenne sulla fronte. Ora, per quanti mutant avesse incontrato nel corso della sua vita - ed un po' ne aveva incontrati, si ricordava ancora quello strano leoncino del centro commerciale - rimase comunque vagamente sorpreso. Ed offeso, almeno parzialmente.
    La ragazza spostò la sedia e, senza fare nemmeno una domanda, si mise a sedere, imbastendo - dopo qualche secondo - il suo accampamento con tanto di quaderno, penne e libri da sfogliare.
    Cos'era? Lassù in cima era nuvoloso e non l'aveva visto?
    Era buona educazione chiedere, anche per gentilezza. Yuya la scrutò, un po' perplesso. Una farfalla, uh. Era alquanto ironico trovare un mutant farfalla in giro in quel periodo. Sospirò.
    Non gli piaceva essere ignorato. Ma soprattutto non gli piaceva che la gente ignorasse il suo spazio personale. Ed invadere il suo prezioso tavolo con un cumulo di libri di cucina era un affronto abbastanza personale. Innanzitutto chi li prendeva in biblioteca dei libri di cucina nel 2023? Ormai le ricette erano più aggiornate su internet, no? Così Yuya si sporse appena in avanti sulla superfice sul tavolo e sorrise.
    «Ehh, certo che devi avere un bel coraggio per farti vedere in giro così dopo tutto quello che è successo.» mormorò, meschino, muovendo appena la coda dietro la schiena, da destra verso sinistra.
    Probabilmente se fosse stato al suo posto non sarebbe uscito di casa per altri due o tre mesi. Chissà quante persone avevano sviluppato la fobia delle farfalle dopo l'attentato terroristico. Non era il suo caso, per fortuna. Ma era sicurissimo che potesse avesse schiere di persone che le parlavano alle spalle ora come ora.
    Yuya era una persona gentilissima quando voleva. Il punto era quello. Voleva? Assolutamente no. Volendo era perfettamente in grado di far piangere una persona solo per fargli capire qual era il suo posto. Non era intenzionato a cacciare via quella falena, insomma, ormai si era messa lì e non credeva sarebbe riuscito a far spostare una tizia di due metri nemmeno con l'aiuto dei kami, ma almeno al momento voleva lanciarle un messaggio abbastanza chiaro, ovvero che non era la benvenuta.
    «Comunque, non dico che dovresti per forza chiedere se è occupato, ma almeno leggere a bassa voce?» aggiunse, dopo un attimo di pausa, gli occhi dorati e sottili fissi sulla massiccia figura della ragazza dagli occhi neri.

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    Kimama Evans
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    La tendenza a concentrarsi di Kimama era al contempo una benedizione ed una maledizione degna di nota, quando si fissava su qualcosa riusciva ad isolare tutto il mondo attorno a se anche a discapito del suo udito raffinato. Non sarebbero bastate le dita delle sue mani per tutte le volte in cui da giovane aveva accidentalmente causato fastidio o danni ad altri per quel suo tratto a doppio taglio, e si che di mani su cui contare ne aveva anche il doppio! Però con il tempo era migliorata, dapprima nel camminare senza andare a sbattere ad ogni sporgenza o spalla che le passasse troppo vicino e poi a dare attenzione a chi le stava vicina onde evitare di causare sconforto a chi le stava vicino. Era grossa, lo era sempre stata dopo quell'improvviso sviluppo durante la pubertà, una vera e propria falena rinata dal suo bozzolo che doveva prendere familiarità con un corpo tutto diverso da quello di prima. Ma si era applicata, era diventata molto brava a non dar fastidio, o così pensava. Questo finché la voce della sagoma indefinita che stava oltre il muro di libri si sporge per dirle qualcosa di tremendo. Era successo due settimane fa, quando era venuta per la prima volta in quella libreria per prendere in prestito un paio di libri sulla storia del Giapone e rinforzare la sua conoscenza sull'argomento, non c'era nulla di più affascinante della storia altrui! Eppure in quel fatidico giorno la sua grossa mole la mandò a sbattere contro uno degli addetti alla libreria, facendo cadere a terra un gran numero di libri di argomenti scientifici. Kimama ne fu mortificata, ed aiutò il povero addetto a portare tutti quei libri ai loro scaffali, e questo le disse che non aveva nulla di cui preoccuparsi. Ma a quanto pare quel ragazzo li davanti doveva aver visto tutto!
    "Oh, ma l'addetto mi ha detto che non era successo nulla di grave, ansi mi ha ringraziata dell'aiuto!" Esclama Kimama sollevando la testona dai libri, alzando le mani superiori in segno di innocenza. "Se fosse stato qualcosa di davvero terribile non mi avrebbero permesso di tornare!"

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    Non aveva collegato le parole di quel ragazzo agli accadimenti ben più drammatici e terribili che si erano consumati negli ultimi mesi, del resto cosa aveva fatto lei per contribuire alle azioni di quel culto? L'unica cosa che le aveva provocato grande dispiacere fu scoprire che uno dei terroristi catturati dalle autorità era proprio lo stesso uomo che le aveva dato la possibilità di intraprendere la via dell'eroina, il Signor Elfin che tanto ammirava per quel suo bellissimo quirk che gli permetteva di salvaguardare la vita di tante piccole preziose creature. I suoi occhi si fanno assenti mentre pensa a quelle bellissime farfalle blu che erano scappate dal suo polsino, che fossero quelle le farfalle dalle quali avevano creato quel terribile gas? E se le aveva già indosso allora, se già quando aveva sovrainteso al suo test stava pianificando quell'orribile attentato, allora quanto valore poteva davvero avere il suo giudizio? Forse avrebbe dovuto chiedere di rifare il test d'ingresso, o ancora meglio voleva poter parlare con lui ma in quel momento doveva trovarsi in quel genere di luoghi dove non gli fanno vedere nessuno. Sbatte le palpebre un paio di volta, rinsavendo dai suoi pensieri per guardare con più attenzioni il ragazzo davanti a se, con quel genere di attenzioni che un pittore dedica al quadro di un altro artista. Si sofferma sulle sue parole e guarda il grosso tavolo, i molti posti ancora liberi, cercando persino una targhetta o un sorta di segnaposto che lo marchiasse come prenotato. Ma in fondo era una biblioteca pubblica, si poteva prenotare un tavolo? Forse in Giappone si, ma se così fosse stato di certo lo avrebbe notato. Si fa appena rossa sulle goti alla menzione del suo leggere ad alta voce, era qualcosa che faceva perché le era stato insegnato, sentirsi quando si legge qualcosa aiuta la memoria e l'assimilazione delle informazioni. Con un sorriso si scusa con lui.
    "Scusa, cercherò di non fare troppo baccano." E fece per calare lo sguardo sui libri, fermandosi per guardarlo un'ultima volta e soffermarsi sul dettaglio che continuava a risaltarle agli occhi. "Hai degli occhi davvero belli!"


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    Per qualche assurdo motivo, il corvino trovava le persone come Kimama estremamente divertenti. Forse perché gli ricordavano un po' Yami con quella genuina innocenza che gli brillava negli occhi e che si rifletteva loro sul viso. Essendo lui una persona della peggior specie, una di quelle che si crede una spanna sopra tutto il resto della popolazione umana per qualsivoglia ragione (studiava medicina, capitelo), trovava mediamente appagante imbattersi in qualcuno in grado di tenergli testa o che cogliesse e rispondesse a tono alle sue provocazioni, ma trovava ancora meglio scontrarsi con chi che non era in grado di farlo, perché in qualche modo erano quegli individui che nutrivano il suo ego e gli facevano pensare che aveva proprio tutte le ragioni e le carte in regola per ritenersi superiore. Ed onestamente aveva proprio bisogno che qualcuno nutrisse il suo ego, ultimamente. Per cui, quando la ragazza-falena sollevò lo sguardo dalla mole di libri che aveva di fronte per giustificarsi e Yuya comprese che non aveva colto il suo tentativo di essere fastidioso, un sottile sorriso gli affettò il viso.
    «Pff. Molto divertente.» rise sottovoce, poggiando i gomiti sul tavolo ed incrociando le braccia. Era corretto presupporre che Yuya fosse un assiduo frequentatore della biblioteca, ma era uno studente universitario, come tre quarti delle persone lì presenti, quindi era piuttosto normale. No, non aveva visto la grandiosa figuraccia di Kimama la settimana prima, quindi non aveva di che preoccuparsi, anche perché anche se l'avesse vista con ogni probabilità se ne sarebbe dimenticato il giorno successivo.
    Quanto al resto... beh, pazienza.
    Yuya sciolse la sua posizione e si passò le dita della mano sinistra fra i capelli, scostandosi un ciuffo corvino dalla fronte, reclinando la schiena all'indietro e poggiandosi contro la spalliera della sedia. Abbassò la coda e poggiò il mento sul palmo della mano opposta.
    «Grazie, tesoro. — esordì, affibbiandole un soprannome di comodo come faceva di solito con le persone di cui non sapeva il nome, non molto stordito o sorpreso dal complimento. Era piuttosto certo che non fossero l'unica cosa bella addosso a lui, ma ehi, era meglio tenere il narcisismo per un altro momento. — Ma io parlavo di te, non dei libri.» sottolineò, scrutando sornione la ragazza da capo a piedi, o meglio, dalle antenne fino a mezzo busto, ovvero fin dove poteva vederla. Non che la stesse punzecchiando di proposito, era genuinamente curioso di vedere fin dove potesse arrivare quel suo essere ingenua.
    Poi lo sguardo di Yuya slittò sulle pile di libri che la giovane aveva di fronte a sé. Già ribadito, il corvino era quel tipo di individuo che credeva che lo studiare medicina lo elevasse ad una sorta di divinità scesa in terra, per cui gli veniva naturale guardare con un po' di superbia chiunque non facesse altrettanto o, insomma, chiunque non studiasse materie scientifiche.
    «Mh, è uno strano posto dove mettersi a studiare... cucina.» mormorò, fingendosi vagamente disinteressato.
    Non era detto che Kimama stesse studiando, magari era lì per semplice piacere personale, e fosse stato quello il caso la cosa non lo riguardava minimamente, ma a vedere le pile di libri che aveva con sé ed il modo in cui si stava comportando Yuya dubitava che se ne sarebbe andata tanto presto, tanto valeva sfruttare la sua "non-voglia-momentanea-di-studiare" per non far studiare nemmeno lei, visto che nella sua distorta visione delle cose era venuta a disturbarlo.

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    Kimama Evans
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    C'era qualcosa di familiare in quel ragazzo, qualcosa che dava a Kimama un senso di già visto. Era sicura di non aver mai visto lui nello specifico, eppure quei suoi modi di fare, il modo che aveva di parlare persino, era sicura di aver visto qualcosa di simile. E mentre abbassa la testa per continuare a prendere appunti -mentre lui le stava parlando- la sua mente continua a rimuginare laboriosa su quel senso di deja-vu. Ed anche se non lo esprime a parole le antenne di Kimama vibrano come corde di violino e si irrigidiscono improvvisamente. Le ricordava quel ragazzaccio belloccio di quella soap opera messicana che piaceva tanto a sua madre, in realtà ce ne era più di qualcuno di quel tipo di ragazzacci ma lui glie ne ricordava uno in particolare. Il nome le sfugge dal pensiero, e pensosa porta la penna alle labbra, cruccia appena lo sguardo e fa scorrere le dita artigliate lungo le pagine del libro, muovendolo a quella successiva contando i pizzichi delle stesse sulla punta fine della falange. Ed anche quando risponde al ragazzo lo fa continuando nel suo laborioso atto di copiatura, le antenne che si muovevano all'unisono lievemente a destra e appena in basso ogni qualvolta la penna scorreva impeccabile sulla carta.
    "Oh, non ' che stia studiando, no no! E' che da quando è successa quella brutta cosa delle farfalle e del Gas la UA permette agli studenti di aiutare ai campi temporanei dove molti stano ancora aspettando che le loro case siano purificate da quel brutto gas. Ed io cucino! Ma... il Governo non pecca per la quantità di viveri ma sono tutte cose molto semplici, e mangiare sempre riso per tutto questo tempo credo sia brutto anche per un Giapponese! Quindi..." E solo dopo aver trascritto altri punti salienti da quel manuale Kimama alza lo sguardo per guardare di nuovo il suo interlocutore, sorridendogli con il candore di una nuvola di seta. "... e quindi mi sto appuntando tutto quello che posso da questi libri, per imparare ricette con sapori elaborati senza aver bisogno di condimenti esotici o ingredienti costosi, per dare ai rifugiati del campo un senso di normalità e di speranza! Sono sicura che presto le cose si rimetteranno a posto, ma fino a quel momento ogni piccolo gesto conta, e poi ho quattro braccia quindi posso cucinare il doppio delle cose rispetto a molti altri!"

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    Non c'era una singola increspatura di falsità o di doppio fine in Kimama, non un senso di fare per volere, no. Era in buona parte colpa delle sue origini, il Popolo accoglie tutti e aiuta tutti senza pregiudizi o dubbie motivazioni, il Popolo antepone l'altruismo e l'unione tra i suoi più alti e sacri principi. Non era strano che a qualcuno questa attitudine potesse infastidire, persino risultare eccessiva, in fondo quanti eroi o aspiranti tali esibiscono una facciata di sfacciato altruismo mentre inseguono le luci della ribalta e la fama da difensore dei deboli? Sono posizioni di potere, glie lo spiegò tempo fa suo nonno paterno che aveva lavorato come sponsor di eroi nella sua gioventù. C'erano eroi che lo facevano per principio, ma la fama ed il denaro sono anche la luce di molti che li desiderano ben più del ruolo dal quali questi provengono. E Kimama non li giudicava per questo, facevano comunque del bene per molti altri, anche se lo facevano per ricever bene per loro stessi. Ed il suo sguardo va al libro che stava leggendo l'interlocutore, argomenti di natura medica certamente troppo complessi per Kimama che la medicina l'aveva imparata dalla vecchia sciamana del Popolo! Eppure qualcosa brilla nei suoi occhi mentre apre un nuovo tomo ricolmo di sapere culinario, e la peluria sul suo collo si rizza rendendola quasi un'elegante criniera color neve.
    "Ci sono molti volontari anche al di fuori dell'UA ai campi, in particolare hanno bisogno di medici e praticanti che possano aiutare con i malanni dell'inverno! Se ti va potrei portarti li, sono sicura che riusciresti ad aiutare molte persone!" E come un lampo a ciel sereno le prime parole dette dal ragazzo la raggiungono, e le antenne si afflosciano appena mentre si indica con l'indice della mano superiore sinistra. "Cosa intendevi con il parlare di me?"


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    Ma dai, si disse mentalmente il corvino, allora non viveva del tutto con la testa in mezzo alle nuvole, nonostante la sua altezza spropositata. Sapeva cosa era successo un paio di mesi fa ed era pure una studentessa della Yuuei, da non credere. Buffo che non avesse colto la battuta sul suo aspetto fisico allora, dato che era una farfalla - letteralmente. La sua considerazione di Kimama aumentò di appena una spanna, che non era molto, ma era pur sempre qualcosa, soprattutto considerando il ragazzo: un po' di cervello doveva avercelo per essere entrata nella "prestigiosa" accademia per aspiranti eroi, no? Certo, se Yuya avesse saputo di star venendo paragonato ad un personaggio di una soap opera messicana si sarebbe ricreduto all'istante e si sarebbe anche indispettito parecchio, ma ancora per fortuna non era in grado di leggere nel pensiero.
    «Ehh, un'aspirante eroina. — mormorò, sottovoce, inarcando appena un sopracciglio, perplesso. Era un bizzarro incontro da fare in biblioteca a quell'ora della giornata, ma almeno adesso sapeva di non essersi imbattuto in un'aspirante cuoca. — Che strano. Non so, credevo avessero smesso con lo sfruttamento minorile.» osservò, neutro, tamburellando le dita sulla propria guancia. Era rimasto a fissarla senza muoversi di un millimetro.
    Non voleva essere un'osservazione cattiva, anche perché non sapeva quanti anni avesse la giovane, più una constatazione... ovvia. Precisazione importante, in generale Yuya non ce l'aveva particolarmente né con gli eroi né con la famosa scuola dove essi si formavano. Le sue vicissitudini con la Yuuei erano state quelle che erano state ed era meglio che rimanessero segregate nel passato. Non gli importava del modo in cui avevano deciso di gestire l'emergenza, però in televisione aveva sentito tali discorsi e notizie che, in fin dei conti, non aveva potuto fare a meno di trovare ridicolo l'impiego degli studenti in una situazione delicata come quella dei mesi passati. Poteva capire dei tirocinanti come quelli che si erano trovati di fronte Hanzo Takashi, ma... studenti normali?
    Che magari erano ancora al primo o al secondo anno senza aver completato nemmeno tutto il loro corso di studi? Ci credeva che poi si ritrovavano con l'aeroporto inagibile. Sarebbe stato come se avessero preso lui al primo anno di università e gli avessero detto di operare una persona al cuore senza manco affiancargli un professionista. Comunque, davvero, non erano fatti suoi. Era abituato a tenersi lo sdegno per sé. Poteva comprendere che magari alcune situazioni che si erano verificate non erano state previste, ma col sennò di poi, se non ce li avessero mandati non si sarebbero verificate in primis.
    Al di là di quelle considerazioni, Yuya non era esattamente il tipo di persona adatta a fare volontariato. Kimama ovviamente non poteva saperlo, ma aveva pur sempre di fronte un assassino alquanto egoista, per cui quando la giovane ne fece parola, il corvino si lasciò sfuggire uno sbuffo e sogghignò.
    «Woah, non dovresti almeno chiedermi il nome prima di invitarmi ad uscire con te?» esordì, raddrizzando le spalle, piuttosto ironico. Ma a quel punto non era nemmeno sicuro che la ragazza-falena non lo avrebbe preso sul serio.
    Perso interesse per il discorso del suo aspetto fisico - continuare ad insistere non lo avrebbe reso solo antipatico - Yuya si spostò su quell'argomento che di sicuro gli era più congeniale.
    «Lascia perdere, sweetie. Una battuta di cattivo gusto. — replicò, sornione, osservando le sue antenne afflosciarsi come girasoli all'ombra. — Cos'è, non vi danno lezioni di primo soccorso alla Yuuei?» incalzò, prima di riportare lo sguardo sul proprio libro per una frazione di secondo. Beh, non era proprio primo soccorso, quello che stava studiando.
    Nonostante il tono saccente con cui aveva pronunciato la frase, si poteva dire che fosse mediamente curioso della risposta. Chissà quanto del suo percorso di studi rientrava nelle competenze da eroe. A sensazione avrebbe detto molto poco. Del resto non credeva nemmeno dessero lezioni di cucina alla Yuuei, ma Kimama aveva detto di cucinare lo stesso.

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    Kimama osservò il ragazzo con non poca confusione a quella strana menzione dello sfruttamento minorile, le antenne che si afflosciano mente il cervello di lei lavora ancora ed ancora su quella specifica frase. La UA era una scuola e molti degli studenti erano di fatto minorenni, in effetti quelli come lei che avevano superato la maggiore età costituivano una buffa minoranza, soprattutto per qualcuno particolarmente alto come lei. Eppure la cosa non le dava fastidio, anzi era piacevole essere spesso quella a cui venivano chieste cose in virtù della differenze seppur non così grossa di anni. Per lo più le chiedevano della sua casa essendo la maggior parte degli studenti Giapponesi, della sua cultura e di quello che la sua gente le aveva insegnato. Eppure anche dopo aver rivangato su quella frase per diversi secondi proprio non riusciva a pensare a costa c'entrasse lo sfruttamento minorile con quello che aveva visto a scuola. Poi un bagliore che saetta tra i neuroni, che fa vibrare e rizzare le antenne come due soldati sull'attenti.
    "Oh, devi riferirti all'addestramento! Si, gli addestramenti alla UA sono davvero difficili, i professori non smettono mai di ripetere quando il mestiere dell'Eroe sia estremamente difficile e pericoloso, soprattutto dopo il grande incidente avvenuto diversi anni fa! Ci fanno sempre mettere alla prova contro i nostri stessi limiti, alle volte ci facciamo persino male, ma se dobbiamo prepararci ad affrontare certi tipi di Villici-... hmmm... Villains, allora dobbiamo essere pronti anche ad affrontare le nostre stesse debolezze!" Quella risposta sovviene con brio, ma non era priva di una certa calma serietà. La UA era una scuola difficile, i professori sapevano essere persino spietati nei loro addestramenti. Ma quello che faceva li era probabilmente nulla a ciò che avrebbe affrontato. "E... non credo che nessuno sia costretto a rimanere. In verità accade con una certa frequenza che alcuni studenti capiscano quanto sia difficile fare l'eroe e dopo aver ottenuto la licenza per il loro quirk si limitino ad usarlo per cose mondane, molti con una mutazione simile alla mia a casa lavorano come postini e fanno consegne, riuscendo a volare sopra le fitte foreste per tagliare i tempi di spedizione!"


    Solo poi si soffermò su quello che a lei suonava come un fraintendimento, era certa che in Giappone il volontariato non equivalesse ad una proposta di appuntamento, col senno di poi che Kimama pensava poco o nulla a quel genere di cose. Però si rese conto di una cosa molto più importante, era talmente presa dal suo incessante copiare e dal parlare che aveva tanto scordato di presentarsi quanto di chiedere al suo interlocutore il suo nome. La corona di morbida pelliccia attorno al collo si rizza come un cespuglio di candidi aghi quanto la realizzazione la coglie appieno, e la sua espressione sino a quel momento contenta e rilassata si fa buffamente seria mentre guarda il ragazzo con più attenzione. Le due mani superiore vanno sulla morbida peluria per farla abbassate con le dita che agiscono come denti di due grandi pettini, e Kimama riacquista altrettanto rapidamente la serena calma che aveva perso pochi attimi prima.
    "Mi chiamo Kimama, e ci sono dei corsi ma quello che so l'ho imparato principalmente dalla Sciamana del Popolo e da alcuni corsi opzionali che offrivano quando andavo a scuola in Canada." E andando erroneamente contro le politiche sociali Giapponesi estende l'arto destro superiore verso il ragazzo, come volesse stringergli la mano. "Piacere di conoscerti!"


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    E ti pareva che quella stana doveva beccarla lui. Sembrava un po' quando ti trasferivi per cambiare vicini e ne beccavi uno più singolare dell'altro. Almeno ora sapeva il nome della gigantessa e anche perché sembrava così staccata dal resto del mondo.
    «Sciamana... del Popolo?» chiese, perplesso, assottigliando appena le iridi colo topazio. Non era mica una di quelle persone che pensava che andava bene curarsi dalle malattie andando a raccogliere bacche nel bosco, vero? Yuya – che era un ragazzo che aveva di base un sacco di pregiudizi persino contro gli otaku e i nerd, ed era nato in Giappone – la guardò con sospetto, afflosciando la coda verso terra. Non si fidava di quelle persone, non è che ora da un momento all'altro gli avrebbe chiesto se voleva entrare a far parte della sua setta religiosa, vero? Perché di sette religiose ne aveva anche abbastanza.
    «E sei venuta fin qua dal Canada per frequentare la Yuuei?»
    Purtroppo per lui conosceva abbastanza bene le dinamiche di ammissione della famosa scuola per eroi perché... beh, avrebbe dovuto frequentarla nella vita ideale che avrebbe dovuto vivere. In realtà gli era sempre piaciuta l'idea di poter fare il medico, ma suo padre aveva sempre considerato la licenza da eroe una cosa indispensabile da avere perché, a detta sua, spalancava più porte di quante ne chiudeva. I suoi genitori non gli avevano mai impedito di formarsi come voleva, ma lo avevano fatto crescere con la consapevolezza che quella licenza sarebbe stata una delle tante lastre di pietra che avrebbe dovuto aggiungere alla strada che voleva percorrere. Andava benissimo se voleva fare il medico, ma certo un medico che può operare sullo stesso campo di un eroe era più utile di uno che non poteva. Poi, beh, le cose erano andate come erano andate, adesso era lì senza quella dannata licenza del cavolo ed il quirk lo usava lo stesso.
    In verità era convinto di usarlo anche meglio, perché era certo che se avesse frequentato la Yuuei avrebbero finito per inculcargli in testa cose stupide come il rispetto delle regole e che non poteva usare il suo quirk manco per arrivare a scuola in tempo, ma questo non era proprio il caso di dirlo a Kimama.
    Inoltre capiva che forse la sua visione era un po' distorta dal vivere in chissà che posto sperduto in Canada, ma lo statuto del Giappone era sicuramente diverso e tanto per cominciare non c'era nessuna foresta da sorvolare lì.
    Intanto aveva capito che ad essere sarcastico non ci guadagnava granché, avrebbe provato a trattenersi, ma non credeva di poter promettere. Non si scompose troppo quando Kimama gli porse una mano, sua madre era tedesca e aveva imparato che quelle giapponesi non erano le uniche tradizioni esistenti al mondo, e sorrise appena, di sbieco: chissà come era avere quattro mani.
    «Yuya. Piacere mio, suppongo.» rispose, andando a stringerle la mano per presentarsi a sua volta, prima di mollarla e tornare a poggiare il mento sul palmo della mano. Velocemente, sbloccò un attimo lo schermo del cellulare poggiato al suo fianco sulla superficie del tavolo e controllò che ore fossero: non voleva far tardi all'incontro con il professore, ma aveva ancora un po' di tempo. «Comunque non credo serva la licenza da eroe per fare il postino, sai? Almeno, non qui, ovviamente non so in Canada.» rimarcò scrollando le spalle. Quando ci pensava ogni tanto gli veniva in mente Yami ed i discorsi di Eternium: era davvero necessaria una licenza per usare il proprio quirk? Non sarebbe stato più comodo non averla affatto ed essere più liberi di usare i quirk per le cose più normali? Onestamente a lui non importava molto, il suo quirk aveva utilità unicamente per lui e per nessun altro, quindi non gli cambiava nulla.

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    La Sciamana del Popolo era la leader spirituale della sua gente, o perlomeno della parte della sua gente che viveva nella medesima comunità. Ed ognuna aveva la sua, ed i loro compiti variavano dall'istruire i giovani all'essere guide spirituali sino ad operare come medici quando era necessario, ed in passato questo era fatto tramite le antiche conoscenze di erbe e parti di animale capaci di curare buona parte dei malanni. Questo era molto tempo fa, adesso ogni Sciamana degna del suo titolo doveva avere anche una riconosciuta Laurea almeno come medico di base per poter diagnosticare ed aiutare la sua gente. Un percorso per nulla semplice, soprattutto quando il quirk della tua gente di rende una falena che si fa torre sull'altezza dei molti. Se non altro il doppio delle mani ed una sorprendente capacità nella coordinazione occhio-mano significava anche capacità chirurgiche ben fuori dall'ordinario, così come poter volare a lavoro in caso di un'emergenza. Kimama aveva sempre avuto un forte interesse nella medicina, semplicemente era stato seppellito sotto tutti gli altri venendo ridotto a letture interessanti su Wikipedia nelle tarde ore notturne.
    "Si, sono le nostre guide spirituali e sono tutti molto talentuosi nella medicina! Ormai non ne sono rimasti molti, la mia comunità è una delle poche ad avere ancora una Sciamana, durante l'arrivo dell'uomo bianco molto tempo fa molta della mia gente fu costretta a convertirsi al cristianesimo. Ma ora con i quirk mutant ed il forte legame alle bestie sacre della mia gente le antiche tradizioni hanno cominciato a riapparire e ad unificarsi con quello che sta succedendo alla nostra gente!" Kimama era solare nel fornire il resconto culturale del suo popolo, anzi sembrava particolarmente felice di come il suo quirk mutanto e quello di molti avesse così forti vicinanze con quella cultura.. "No, la UA è stata una grande opportunità, ma la mia famiglia si è trasferita qui perchè papà ha trovato posto come disegnatore in un famoso studio d'animazione qui a Tokyo! All'inizio voleva trasferirsi qui e tornare a casa ogni tre o quattro mesi, ma mamma ha deciso che non se ne parlava assolutamente e quindi ci siamo trasferiti tutti per rimanere assieme! All'inizio è stato strano, qui è tutto così caotico e... rumorso. Ma mi piace questa città, e tutte le zone rurali così vicine ad essa, e le spiagge e il nettare dei fiori di ciliegio! E mi piace anche l'accademia, non è semplice ma ho cominciato a conoscere un sacco di persone interessanti anche lei!"


    Ed era stata anche triste, in fondo tutto il suo mondo sino al momento del trasloco era esistito nei limiti di Sawlog Bay e nelle sue dirette vicinanze, nonostante le sue grandi ali non si era mai davvero allontanata da quella che era stata la sua casa, tutto il suoi passato sino al viaggio in aereo dove si vergognò a morte per la necessitò di un doppio posto a causa delle sue ali e della sua consistente stazza. Ed i primi mesi li spese uscendo poco o nulla se non di sera, leggendo libri, osservando da lontano come una piccola falena che teme un colpo di vento possa spazzarla via e portarla ancora più lontana. I primi mesi furono davvero tristi, ma questo non lo ha ammesso mai a nessuno, e forse mai lo farà per timore di rattristare i suoi genitori. Anzi, è stato solo unendosi all'accademia che le sue ali hanno finalmente cominciato a spiegarsi di nuovo, seppur timidamente, con forte senso di circostanza per timore di andare a sbattere in chissà quale nuovo inaspettato accadimento. Era passato più di un anno, ma ancora non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di essere un'albero d'acero in una foresta d'alberi di ciliegio. Ma quelli erano i suoi pensieri, di quelli tristi di cui non doveva fare carico a nessuno all'infuori di se stessa. Quel povero ragazzo studiava medicina probabilmente, chissà quanti problemi doveva avere tra notti insonni ed esami!
    "Non saprei, ma in Canada era necessario almeno un corso preparatorio per attestarne l'idonietà. I Mutant Volanti erano tra i corsi più severi, chi non viene preparato appositamente rischia di schiantarsi a causa di un vuoto d'aria o volare in condizioni non ottimali a rischio suo e di altri! Chi può incanalare i poteri della natura come il fulmine invece deve impararea misurare il proprio voltaggio per lavorare in luoghi come centrali energetiche e simili. I quirk sono molto utili, ma anche molto pericolosi se mal utilizzati." E a foirza di parlare di Quirk una domanda sorse inevitabile nella mente di Kimama, che non si fece alcuno scrupolo a chiedere. "Che cosa fa il tuo quirk?"


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    Onestamente Yuya pensava che avrebbe ricevuto un'altra risposta criptica e poco utile a comprendere la falena, che ormai, suo malgrado, nella testa del corvino si era guadagnata l'appartenenza sicura a qualche strana setta religiosa. E invece alla risposta di Kimama gli toccò ricredersi, perché quella fu abbastanza gentile da spiegargli per fila e per segno ciò su cui stava avendo dubbi. Il corvino ebbe modo di chiedersi come fosse finito a parlare di religioni, guide spirituali e cultura del Canada, e si chiese anche perché gliene dovesse fregare qualcosa, ma - in fin dei conti - si poteva dire che fosse la risposta che si meritava per essere stato troppo scettico. Non era comunque il tipo di persona che rifiutava di imparare qualcosa di nuovo per partito preso, quindi se ne stette in silenzio, il mento appoggiato sul palmo aperto della mano destra, ad ascoltare il racconto della giovane mutant.
    «Da che parte del Canada vieni? Sembra molto diverso da qui, da come ne parli.» domandò, mentre la coda nera continuava ad ondeggiare enigmatica dietro la sua schiena. Gli interessava veramente? No, ma non si poteva nemmeno dire che non gli interessasse. È che Yuya era un po' ruffiano per natura, oltre ad essere tante altre cose sgradevoli.
    Non faticava a credere che fossero tutte persone talentuose con la medicina, se erano tutti come Kimama. E con "come Kimama" non si riferiva al fatto che la falena sembrasse più con la testa fra le nuvole che sulla terra, ma più al suo aspetto fisico. Poteva ovviamente immaginarsi l'utilità di un chirurgo con quattro braccia, senza contare il naturale istinto di cui erano provvisti grazie ai loro sensi animali. Anche lui poteva vantare una precisione molto sviluppata grazie alla diversa percezione che aveva dello spazio, e nel suo futuro sarebbe stato sicuramente un vantaggio. Ad ogni modo, in realtà Yuya non sopportava quelle persone che sostenevano che senza un'unicita curativa o qualcosa di simile che ti avvantaggiasse nel campo medico non si dovesse nemmeno pensare di voler fare i dottori. Era estremamente presuntuoso, e se lo diceva lui c'era da crederci, quindi sperava che Kimama non fosse una di quelle persone.
    Per quanto riguardava il resto, Yuya non era mai uscito dal Giappone in vita sua a dispetto del fatto che sua madre fosse europea. Da Tokyo era uscito un po' più spesso, da piccolo e da ragazzino per andare in vacanza, o dopo in occasione di gite scolastiche e ricorrenze simili. Era abbastanza abituato a trovare normali tutte le cose di cui Kimama parlava con grande ammirazione, ma poteva comprendere perché in uno straniero suscitassero tanto stupore, visto e considerato la mole di turisti che ogni anno veniva a far visita nella terra del sol levante anche solo per assistere alla fioritura dei ciliegi.
    Beh, forse quell'anno ne sarebbero venute un po' meno visto in che stato era il parco di Ueno.
    «Ah, qualcosa come la licenza civile, immagino. Beh, non è difficile da credere, probabilmente in America sono di vedute un po' più ampie per quanto riguarda l'uso dei quirk, mh? Qui i mutant non stanno tanto simpatici.» ribadì, poco dopo, sospirando e rendendosi conto che forse era l'ora che cominciasse a mettere a posto le sue cose.
    Chiuse il libro, e cominciò a mettere a posto alcune penne e matite che aveva lasciato sparpagliate sul tavolo. Fu all'improvvisa domanda della falena che si bloccò con il braccio a mezz'aria, mentre si accingeva a riporre l'astuccio nella tracolla con la quale era venuto fin lì.
    «Il mio quirk?» chiese, stupito. Più che stupito dalla domanda era stupito dalla neutralità e dalla naturalezza con cui la falena gli aveva posto la domanda. Che persona curiosa, doveva essere. Yuya sorrise, ridacchiando appena e voltò il viso a guardare dietro di sé, posando gli occhi sulla propria coda.
    «Niente. Come vedi, ho una coda.» riprese, muovendola e tornando a guardare la falena. La attorcigliò attorno all'astuccio che teneva in mano, mollandolo con quest'ultima, e lo ripose nella borsa con la coda. Beh, non era proprio come avere un paio di braccia in più, ma ci andava abbastanza vicino come concetto.
    «Magari se fossi stato un po' più fortunato con la genetica a quest'ora potevo essere un tuo compagno di classe. — osservò e, finite di recuperare le sue cose, si alzò in piedi. Bugia enorme perché in realtà lui era molto soddisfatto di ciò che la genetica gli aveva regalato. — Oppure no, ormai ho quasi ventisei anni dopotutto.»
    Chissà, se il fato non si fosse messo all'opera Yuya sarebbe sicuramente andato alla Yuuei e a quest'ora avrebbe avuto la sua bellissima licenza da Pro-Hero da sfoggiare. Gli dispiaceva che fosse finita così? No. Certo, c'erano scelte di cui si pentiva, ma ormai era ad un passo dalla laurea e - nonostante tutto quello che gli era successo - non sarebbe tornato indietro. Nessuno gli poteva garantire che sarebbe andata meglio se avesse intrapreso la strada dell'eroe.
    Magari non avrebbe dovuto mentire sul suo quirk, ma erano piccoli compromessi che poteva accettare. O meglio, non era nemmeno mentire, la coda ce l'aveva eccome, si vedeva piuttosto bene. Era solo non dire tutta la verità. Era meglio che la sua facoltà di teletrasportarsi rimanesse conosciuta solo a chi lo conosceva anche come Nocture. Del resto di unicità che regalavano una coda come la sua a Tokyo ce ne erano a migliaia, era una mutazione piuttosto comune, di teletrasporti che sanno di zolfo... beh, forse un po' meno.
    «Comunque, è stato un piacere. Ti lascio il tavolo. Ho un incontro con un professore a breve. — disse infine, recuperando anche auricolari e cellulare, pronto ad indossarle, e caricandosi la tracolla in spalla, facendo per amdarsene. — Ah sì, aggiungimi sui social se ti va. Sono Yuya Mirokuji. Almeno puoi raccontarmi lì del Canada se hai voglia. Mi interessa molto~ Goodbye mormorò, e le fece un occhiolino per salutarla.
    Eh sì, la verità era proprio troppo labile per lui.

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    Il Canada era diverso dal Giappone? Molto, ma al contempo ben meno di quel che Kimama aveva inizialmente immaginato. Certo da un punto di vista culturale alle volte sembrava di essere in un altro mondo, ma da quello della geografia e dell'ambiente ben meno. Se si escludono città di una considerevole dimensione come la mondialmente notoria Tokyo buona parte della nazione è rurale, con grandi foreste e molteplici fiumi, catene montuose e un clima invernale piuttosto freddo. Però al contrario del Canada che era ben largo il Giappone invece era lungo, andando dall'estremo nord sino al profondo sud il clima poteva variare drasticamente, ed inoltre c'era il mare ovunque vi si volgeva. Il mare, questa era la cosa che Kimama apprezzava del Giappone più delle sue foreste, la possibilitò di volgersi in ogni direzione e sapere che il mare non era poi particolarmente distante.
    "Molto a nord in verità, in una piccola cittadina che da sul mare, circondata da foreste e montagne! Sono contenta che anche in Giappone nonostante la presenza di qualche metropoli ci siano ancora così tante aree rurali appena toccate dall'avanzare del progresso, sembrano tutti luoghi molto pacifici." Kimama non faceva segreto di quanto quel paese l'avesse sorpresa in modo positivo, sicuramente ben più di quanto quello che ne aveva letto avrebbe potuto suggerirle. E le persone che aveva incontrato, seppur poche, avevano lasciato su di lei una buona impressione, anche se alcune non si erano rivelate poi buone come sembravano. "In Canada all'inizio la situazione era ben simile, più una persona era diversa e più le altre persone non si fidavano di loro. Dicono tutti che il Canada sia il paese con le persone più cordiali del mondo, e credo sia vero, ma in passato il Popolo ha subito molte angherie dallo stesso governo perché anche dopo così tanto tempo la mia gente e l'uomo bianco avevano ancora cose di cui discutere! E... in realtà i Quirk hanno migliorato tutto questo, perché chiunque può nascere Mutant, non importa la tua religione o la storia della tua nazione. E quando tante persone diverse possono avere dei figli e delle figlie così simili allora la parola Diverso comincia a perdere un po' di significato, e forse in certe circostanze questo è un bene!"


    Quel commento sulla genetica però lasciò Kimama ben perplessa, intristita quasi, a discapito della facciata rilassata di quel ragazzo c'era qualcosa di davvero triste in quelle parole. Chi non sognava di diventare un'eroe? Ogni bambino che li vede combattere nelle news, che legge dei loro racconti e della loro strada sogna ad un punto della sua vita di poter essere uno di quei coraggiosi figuri in strani vestiti che si gettano nel pericolo per poter salvare la gente comune da ogni sorta di pericolo. Ma come spesso accade crescendo i sogni vanno a cozzare con la realtà che circonda ogni individui, la realizzazione che alle volte per pura sfortuna o per necessità del fato la carriera dell'eroe non sia poi quella che si possa prendere. Ed è su quella parola che Kimama finisce con il soffermarsi, Eroe, e forse come per il Diverso la concezione aveva finito col mutare con la comparsa dei Quirk. In fondo gli eroi una volta erano solo dei vigilantes che si opponevano a dei villain, Elkalicious era appartenuto ad entrambe le categorie prima di diventare un'eroe con un'interessante storia ed un libro che aveva venduto sin troppo bene.
    "Oh, io devo farne ventuno, saresti ancora in tempo! E non credo sia solo una questione di genetica... o una questione di professione in realtà. Certo, forse un giorno lancerò un Villain giù da un palazzo o userò la mia seta per impedire ad un ponte di crollare, e magari tu sarai seduto a tavola con la tua famiglia e mi vedrai e mentre io ero li a fare le mie cose da Eroe tu potresti essere appena tornato a casa dopo un difficile intervento e potresti aver salvato una vita. E credo... che questa sia l'unica cosa che importi davvero, salvare vite non è una gara, non c'è un grosso tabellone luminoso o una lista colorata con nomi e numeri! Essere un'eroe ed essere eroico non sono cose che coincidono, ed essere un medico che si impegna ogni giorno per aiutare le persone e rendere le loro vite migliori non è meno eroico del prendere a pugni un cattivone con una maschera. E'... come quella frase sul coraggio, quella che dice che solo i vigliacchi possono esserne davvero capaci!" E Kimama sembra aver ritrovato rapidamente il sorriso, rizzando le antenne e guardando quel ragazzo in procinto di allontanarsi. "E se sei disposto a spendere ore ad imparare così tante cose per diventare un medico, allora probabilmente sei molto più eroico di me, non serve una licenza per questo."

    png

    E con un'ultimo sirriso saluta il ragazzo, una mano alzata che ondeggia a destra e a sinistra.
    "Bye bye, e buona fortuna!"




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    Hello :sparks:
    La role in sé è stata piuttosto carina, ma mi vedo costretto a dare una penalità in exp a Kimama per il notevole ritardo non comunicato accumulato su più di un post, con l'ultimo addirittura arrivato a correzione già richiesta.

    Yuya: +50exp +50exp (bonus livello)
    Kimama: +40exp

    Passo e chiudo--
     
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