God forgives, I don't

Però cos'era la giustizia, secondo Aya Nakamura? Venir cresciuta da due poliziotti che avevano lavorato duramente, combattendo contro le ingiustizie e chi sfruttava la propria influenza in un determinato ambito per prevaricare sui più deboli, le aveva permesso di plasmare un ideale. Lo stesso ideale che l'aveva portata inizialmente a voler diventare una Pro-Hero professionista. Ad allenarsi duramente per spiccare ed entrare in una delle prestigiose accademie per eroi del Giappone. Solo così poteva permettersi di affrontare legittimamente le battaglie portate avanti dai genitori adottivi, servendosi di un'unicità che era inevitabile venisse vista come pericolosa e portatrice di distruzione anziché essere un faro di speranza. Lo stesso ideale che l'aveva spronata a provare a far cambiare idea ai suoi compagni circa l'unicità delle vibrazioni, conferendole un'accezione che poteva essere positiva. Sbriciolare le ingiustizie, abbattere i Villain prima che potessero mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini, avere occhi e orecchie ovunque per salvare i più deboli. Un ideale di questo genere non poteva che concretizzarsi nel corso del tempo, man mano che procedeva nel suo sentiero per diventare una Pro-Hero professionista. Ma, un giorno, l'universo le aveva servito la verità sui suoi genitori biologici su un piatto d'argento. Erano stati fermati da dei vigilanti, per il bene di tutti, laddove i veri Pro-Hero professionisti non erano riusciti ad intervenire. Da quel giorno in poi, lo stesso ideale, di cui si era vantata più volte, non nel senso più negativo ma portandone alto il concetto di "plus ultra", le si era sbriciolato e non poteva che osservare, impotente e incredula, mentre ciò che conosceva perdeva ogni senso, ogni sfumatura. Era come svegliarsi da un lungo sonno e realizzare che tutto ciò che aveva visto, provato, vissuto sulla propria pelle, si fosse rivelato solo inutile, infantile, stupido. Una menzogna. Continuare a perseguire quel sogno tanto ridicolo quando aveva perso ogni certezza non le sembrava giusto, aveva realizzato che non fosse più la strada giusta per lei. Gettata via la licenza provvisoria, era tornata alla sua vita di prima, diventando una persona normale e rifuggendo l'idea di usare le proprie capacità nel nome delle leggi che... non avevano senso. Erano limitate, non si poteva agire correttamente, non si poteva assicurare il bene di tutti. Ci sarebbe stato sempre qualche morto, qualche "ma", qualche "mi dispiace... abbiamo fatto il possibile". E il tutto sarebbe stato sepolto sapientemente sotto il tappeto, modificando l'opinione pubblica per mezzo delle parole che di concreto non avevano niente e servivano solo ad infondere una vana speranza e dei gesti simbolici. Quale... plus ultra? Era rimasta in silenzio ogni tanto che aveva visto un Pro-Hero professionista giungere sul posto dove si era consumato un accaduto, che fosse dal vivo o grazie a un televisore, e qualcosa dentro di lei era cominciato a crescere. Un nuovo ideale, che avrebbero portato con sé le briciole del primo ideale come se fosse un'armatura. C'erano i Pro-Hero e c'erano i vigilanti. Era un sentiero rischioso, ne era sempre stata consapevole ma non l'aveva mai intrapreso sul serio, questo finché non avvenne la morte dei suoi genitori adottivi per mano di un criminale, che a conti fatti la giustizia avrebbe dovuto già mettersi in moto per prevenire anziché portarsi sulle spalle le morti di tutti quei civili che avevano preso la metro, chi per tornare a casa, chi per andare a lavorare, chi per andare a trovare qualcuno di caro. Il desiderio di rivalsa, di vendetta, di spezzare ciò che era effimero e portare ciò che era concreto, cresceva a dismisura. Si era impuntata di lavorare oltre le leggi, operando in una zona che non si limitava al "bianco" e al "nero" ma si andava ad approfondire ogni sfumatura, permettendole di impartire la vera giustizia. Aveva imboccato il sentiero dei vigilantismo, seguendo i passi dei primi veri eroi. Come loro, sarebbe diventata un Angelo della Giustizia. Con una mano avrebbe offerto la possibilità di ravvedersi, invece con l'altra avrebbe sferrato il pugno duro. Eppure, ultimamente, sembrava non vedersi più in quel ruolo quando era nei panni della vigilante. Le cose sfuggivano al suo controllo, aveva odiato come si fosse sentita di fronte a Foxgloves e il detective Kimura, che in un modo o nell'altro l'avevano fatta franca nel modo più ingiusto. Non era questione di star vacillando o altro, voleva ancora essere un faro di concreta speranza, doveva solo riprendersi il controllo della situazione. E alla fine il Clown sarebbe stato il suo primo passo per tornare ad essere l'Angelo della Giustizia.
« Mh... » se inizialmente aveva dubitato circa quell'affermazione di Gabriel, come tutto potesse essere frutto di una semplice incomprensione, poi aveva allentato un po' la tensione della situazione nel sentire la risposta alla propria domanda, la prima della serata. Sembrava essere diventato un'altra persona, non vi erano dubbi, ma si stava mostrando perlomeno collaborativo, cosa che non si poteva dire lo stesso per quelle persone in cui si era imbattuta e avevano preferito filarsela a gambe levate anziché chiarire, molto probabilmente consapevoli di aver agito scorrettamente. Bisognava riconoscerglielo, passato del Clown o meno. Forse non ci sarebbe stata più necessità di andarci pesante procedendo col pugno duro della giustizia. « Ti credo. Potrebbe essere stato frutto di una semplice incomprensione. » asserì lei, riallacciandosi al discorso aperto prima da Gabriel. Per come si era comportato all'inizio del loro incontro, non sembrava effettivamente che volesse spacciare, bensì solo ritirare qualcosa che poteva aver ordinato da qualcuno. Proprio lì doveva intervenire, cioè risalire a chi li spacciava. Aveva sentito parlare qualche volta di quelle pasticche XSQ, il che era inevitabile se si seguiva la strada del vigilantismo, bisognava procurarsi certi materiali per lavorare al massimo delle proprie capacità. E Gabriel ne era diventato dipendente, poteva essere la colpa di quelle pasticche ad averlo portato su quella strada che molti conoscevano come "Clown attaccabrighe"? « Se tu meritassi di meglio? » chiese ad un tratto, come speranzosa, quando aveva sentito l'altro parlare di come fosse al pari di un cadavere senza quelle pilloline. Le era semplicemente scappata quella domanda man mano che lo sentiva giustificare il motivo per cui dovesse vivere in quello stato. Stava a lui se rispondere o meno, la vigilante non avrebbe fatto una questione di stato, non in quel momento. Continuò ad ascoltarlo e si ritrovò a sospirare appena, s'erano semplicemente incontrati nel momento sbagliato e voleva davvero credere al fatto che Gabriel ci stesse provando ad uscirne, dandogli così la possibilità di ravvedersi. Peccava purtroppo di ignoranza circa quella droga, pensando più al ripulire le strade minacciando gli spacciatori che prenderne una, esaminarla e pensare eventualmente a un modo per contrastarla. Tutto ciò che sapeva di chimica lo doveva alla Shiketsu High School e non era mai stata sua intenzione diventare una chimica professionista. Perlomeno una possibilità gliel'avrebbe offerta, se avesse fallito in qualche modo si sarebbe venuto a sapere: il Clown amava esibirsi da quel che sapeva e non ci sarebbe voluto molto tempo. In quel caso, avrebbe conosciuto effettivamente il pugno duro.
« D'accordo, a patto che tu ci metta tutto il possibile per dimostrare che uno può vivere senza dipendere dalle droghe. » sentenziò lei, imponendosi con più decisione, non come per obbligare l'altro a rispettare quanto appena enunciato, piuttosto per dargli una possibile certezza, da cui costruire possibili fondamenta per un futuro ancora migliore. Se lo meritava, a suo dire. Maledetta infatuazione. Distolse le iridi da quelle altrui quando comprese che non ci fosse probabilmente altro da aggiungere.

Ad Aya, in quel momento, non importava molto vincere. Non era più una questione di fare le mosse con i pezzi della scacchiera e decretare così la vittoria grazie alle strategie ben pensate, aveva offerto al Clown una possibilità, stava a lui cosa farsene, anche illudendosi e pensando di averla spuntata contro lei. Da quando aveva abbracciato il sentiero del vigilantismo, aveva compreso di avere un punto di vista molto particolare, vedeva molto più in là dove gli altri non riuscivano a cogliere, fin troppo nascosti nel terriccio, facendosi bastare di vermi da mangiucchiare. Giacché operava in una zona non definita, con le sue esperienze vissute prima nel mondo degli eroi e poi in quello dell'illegalità, poteva arrogarsi il diritto di riuscire a vedere il mondo sotto tantissime sfumature. « Mai dire mai, purché si tratti di un percorso graduale. Volere è potere. » fece lei, con una tale convinzione nella voce che sembrava essere possibile ciò che aveva detto. Era una visione forse troppo sciocca, ma era davvero una questione di volere. Tutto stava lì. Hai un obiettivo e desideri raggiungerlo? Lo fai con dedizione, senza mai demordere, nessuno nasce preparato. Come aveva detto la vigilante, era un percorso graduale, composto da diversi step. Già superarne uno era un risultato ammirevole. Se uno si lasciava abbattere appositamente, senza mai provarci, era tutto un altro discorso. Lì si trattava di un caso palesemente perso, dove mancava un po' di spina dorsale, oltre all'amor proprio.
Quella domanda da parte di Hisoka Clown Gabriel la incuriosì parecchio a dire il vero, a guardarsi inizialmente l'aveva fermato perché si era comportato in maniera troppo sospetta. A chi fosse non ci aveva ancora pensato, in quell'istante voleva solo prevenire un possibile caso di spaccio, seppur la fine l'avesse portata a pensare il contrario. Era quello che stava in mezzo tra l'inizio e la fine ad aver cambiato le carte in tavola, l'altro non si era dimostrato per niente collaborativo, così aveva provato ad immobilizzarlo con la Fluid Gun e questo aveva reagito negativamente liberandosi della calce con un'esplosione, concludendo con una minaccia. « Sorvolerò su questo fatto che ti sei dimenticato di avermi minacciata di morte. » continuò lei, in un tono che più neutrale non poteva essere, che le costò parecchi sforzi. Sarebbe stato contradditorio da parte sua rimangiarsi ciò che aveva detto prima, compresa la possibilità di ravvedersi, tuttavia aveva fatto tesoro di una cosa. Gabriel ci sapeva fare solo con le parole e le minacce, non aveva più senso dilungarsi troppo in una conversazione con lui, avrebbe solo significato dargli il contentino. Di conseguenza tagliò corto alla successiva domanda, dopo essersi schiarita la voce. « Non penso ti riguardi, per quanto suoni assurdo detto da me. » non aveva altro da aggiungere in merito a quell'argomento, decidendo anche di sorvolare sulla seguente affermazione dell'altro. In realtà avrebbe potuto dire molto, d'altronde era una persona diversa dalle altre per via delle sue vicissitudini ma... quasi poteva giurare di sentire il sig. Urahara da qualche parte nella sua testa, che le diceva di defilarsi subito prima di dire cose compromettenti e rischiare di esporsi troppo. Alzò il capo per qualche breve momento, intenta a scrutare il cielo, riportando successivamente l'attenzione su Gabriel. « Si è fatta una certa ora, credo sia il caso di tornare alla propria vita per entrambi. » concluse, almeno definitivamente per lei. Non avrebbe dato qualche cenno come a voler proseguire quella conversazione che sapeva non portasse a buoni frutti, limitandosi a serrare le labbra in un religioso silenzio. Beh, salvo mosse all'ultimo momento da parte di Gabriel.