Ambushed from Ten Sides

Role Libera | Gin & Tobi

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    TOBI FUKUDA
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    Terminato il suo turno a Providence, quel giorno, Tobi Fukuda si diresse verso casa. Era lunedì sedici gennaio, il primo giorno in cui non andava a trovare la madre appena finito il turno a dire il vero, e per questo si sentiva un po' in colpa e continuava a chiedersi e se si risvegliasse proprio oggi? Beh, sarebbe stata una bella notizia ma in fondo un pochino si sarebbe seccato, aveva avuto tutto il tempo per farlo e se lo avesse fatto proprio quando lui non c'era poi sarebbe sembrato lui quello assente che non c'era mai e che si era perso il momento del risveglio della madre.
    Fortunatamente per lui, la signora Fukuda aveva intenzione di starsene a dormire anche quel giorno. Tre giorni prima, il giovane aveva saputo dal medico che le probabilità di un risveglio nel pieno delle sue facoltà sarebbero diminuite di ora in ora da quel momento, e la sera stessa aveva telefonato a suo fratello Daichi ed era rimasto con lui al telefono per quasi un'ora. Nessuno dei due aveva il coraggio di arrivare al dunque in maniera esplicita, ma erano gli unici familiari vivi di Asako Fukuda e presto sarebbe spettato a loro prendere una decisione. Si erano sentiti anche la sera successiva e quella dopo, e non avevano raggiunto alcun tipo di conclusione, era solo un susseguirsi infinito di se che non portava da nessuna parte: l'unica cosa che erano riusciti a stabilire era che Daichi sarebbe tornato in Giappone per qualche settimana e ne avrebbero discusso di persona, il quando era un po' incerto per via dei sopraggiunti problemi negli spostamenti aerei verso la capitale dell'arcipelago che si riflettevano anche sulle località limitrofe.
    L'idea di potersi trovare costretto a staccare la spina a sua madre era agghiacciante, una cosa contro cui non si sarebbe mai aspettato di doversi scontrare se non di lì a trent'anni, quando la madre avrebbe avuto un'età coerente con il poter fare una fine del genere. E a quel punto magari Tobi - o suo fratello per lui - avrebbe potuto prendere quella decisione con la consapevolezza che si trovava dinanzi ad una signora anziana che aveva vissuto una lunga vita esattamente come l'aveva voluta e che anche se prima o poi si fosse risvegliata sarebbe potuta morire di lì a qualche anno comunque, di vecchiaia. Insomma, magari non avrebbe esattamente staccato la spina a cuor leggero, ma comunque sarebbe stata una situazione molto diversa da quella che gli si parava ora. Perché ad oggi, nel duemilaventitré, la signora Fukuda aveva appena cinquant'anni: non era la stessa cosa, ed infatti lavorava regolarmente e non aveva bisogno di aiuto per fare nulla, era totalmente attiva ed indipendente su ogni fronte. Non sembrava il tipo di signora che poteva morire così, da un momento all'altro, senza spiegazione. Men che meno per mano sua o di suo fratello - la scelta in realtà ricadeva (almeno legalmente) su quest'ultimo poiché aveva raggiunto la maggiore età e risultava ancora residente con la signora Fukuda, sebbene il suo domicilio poi fosse altrove. Non che Tobi volesse realmente prendere una decisione simile, ma in un certo senso lo infastidiva, perché Daichi se n'era andato da anni, com'era possibile che avesse più diritto di lui di scegliere per la vita di una persona con cui non conviveva più? C'era stato Tobi, per lei, negli ultimi anni, non Daichi, lui non sapeva nulla nemmeno dei litigi fra lei e Tobi a dire il vero. Suo fratello ovviamente lo coinvolgeva, non voleva prendere nessuna decisione che non fosse di comune accordo con lui, era solamente il principio ad infastidire Tobi, non aveva senso funzionasse così.
    Il giovane Fukuda aveva perso ogni traccia di quel fallace buonumore che lo aveva sopraffatto nel giorno della vittoria contro i terroristi, ed ora proseguiva le sue giornate quasi per inerzia, pratica dopo pratica, pensare che Providence lo aveva anche informato che volendo poteva fare richiesta per ottenere la Licenza da Eroe e che ormai aveva tutti i requisiti per sostenere l'ultima prova, ma Tobi si stava prendendo il suo tempo. Non aveva lasciato intuire ai suoi colleghi e ai suoi superiori quanto stesse soffrendo (anche se probabilmente loro sapevano in qualche modo dei suoi problemi personali), si era semplicemente nascosto dietro l'aver bisogno di riposo dopo aver fronteggiato Takashi ed Ichinose all'Imperiale. Cosa che, per inciso, era anche vera, ma era innegabile che non fosse tutto.
    Seduto sul divano di casa Murakami ad osservare un qualche programma non troppo interessante, Tobi sapeva che lei aveva un appuntamento con Gin di lì a poco - non aveva capito se sarebbero andati in giro o se il ragazzo doveva semplicemente venirla a trovare a casa, ma tutto sommato non gli interessava e non aveva indagato, aveva semplicemente deciso che sarebbe uscito a sua volta: sapeva che Yuya suonava da qualche parte quella sera e, perché no, poteva andarla a sentire e cenare direttamente al locale. Fattasi dunque una certa ora, spense la TV, afferrò il sacchetto di immondizia scuro lasciato fuori in terrazzo poco prima poiché non impregnasse la casa del suo sgradevole odore e si diresse verso l'uscio.
    -Scendo, buona serata.- Congedò Sumire salutandola a voce alta, senza nemmeno vederla a dire il vero - probabilmente era in bagno a prepararsi o qualcosa del genere. Richiusa la porta dietro di sé scese le scale a piedi e, spalancando il portone, il basso e tenue sole della prima serata lo accolse e gli scaldò leggermente il viso. Allungò leggermente verso i cassonetti a pochi metri da casa, dove avrebbe fatto scivolare il sacco scuro. Il giovane era avvolto in un piumino nero leggermente lungo e con un lungo colletto tirato su. Indossava inoltre una sciarpa di un rosso molto tenue con una fittissima fantasia di quadretti, dei jeans attillati grigi un po' sdruciti sulla coscia e degli stivaletti senza lacci neri un po' vintage.
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    GIN NAKANO
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    Se l'incendio al Parco di Ueno e la lenta ma inesorabile morte delle farfalle che offuscavano l'ampia vetrata del suo appartamento in affitto avevano segnato la fine degli incubi di Gin non si poteva tristemente dire lo stesso del periodo di isolamento a cui l'accaduto lo aveva costretto— così come aveva costretto praticamente tutti gli abitanti di Tokyo. Non si era mai reso conto prima d'ora, ora che si trovava lì completamente da solo, di quanto fosse davvero grande quell'appartamento. Quelle mura non erano mai state così silenziose: non avrebbe mai pensato di poter rimpiangere il casino che i suoi coinquilini facevano quando aveva voglia di studiare o riposarsi e ora avrebbe fatto di tutto per avere anche solo qualcuno con cui parlare.
    Nel primo periodo le comunicazioni andavano e venivano e poteva ringraziare solo il suo essere un maledetto nerd per avere numerosi dischi con cui cercare di diluire il fitto silenzio che si era impadronito di quella casa. Un giorno erano le Hitsujibungaku, un giorno i Ling Tosite Sigure, le Shonen Knife, Kaneko Ayano... Gin era un avido collezionista di musica giapponese in barba a tutti quelli che dicevano che l'analogico era morto e che il digitale era il futuro.
    Ogni tanto dei membri delle forze dell'ordine passavano per il palazzo e lasciavano del cibo per tutti gli inquilini. Molto spesso li vedeva da quella stessa ampia vetrata andare in giro con dei lanciafiamme per cercare di eliminare le farfalle rimaste. Era quasi triste pensare che potessero permettersi di farlo con tale leggerezza dato che ormai il parco era già andato di per sé. Dopo qualche settimana di isolamento ebbe la fortuna di essere scortato a casa dai suoi genitori da una pattuglia di polizia: avevano dato priorità alla zona perché da lì a poco sarebbero dovuti iniziare i lavori di ricostruzione di Ueno e sarebbero stati decisamente rumorosi.
    Era strano, abbracciare la sua famiglia con così tanta foga dopo che aveva fatto di tutto per cercare un posto dove andarsene a vivere da solo e allontanarsi da loro. Mai come allora era stato felice di essere ritornato a casa.
    I mesi di isolamento passarono lenti come se fossero immersi in del miele per nulla dolciastro. Passava le sue giornate a studiare e i tempi vuoti a tatuare delle arance per cercare di non perdere la mano. Se non altro a casa dei suoi genitori, che si trovava praticamente sopra al loro negozio, aveva tutto il materiale necessario. Chissà quanto ci avrebbe messo la città a tornare alla normalità. Aveva questo pensiero a grattare il retro del suo cervello che gli faceva notare che probabilmente tatuarsi sarebbe stata l'ultima preoccupazione delle persone per tanto, tanto tempo.
    Quanto a Sumire, come al solito aveva deciso di lasciarle i suoi spazi. Aveva saputo che gli aspiranti eroi andavano in giro ad aiutare le persone e quei trasferimenti da una zona all'altra della città e così via. Anche se il pericolo principale era passato ciò non significava che la città fuori fosse sicura. Tra i criminali che cercavano di approfittare della situazione e quel gas nero che permaneva ancora in molte zone della città non poteva certo dire di sentirsi al sicuro. Quando aveva messo il muso fuori di casa per tornare dai suoi genitori, pur scortato da due poliziotti e con una maschera antigas ben fissa sul volto, un senso di totale impotenza e timore aveva scosso il suo corpo. Era quasi come se non si sentisse minimamente sicuro a mettere un piede fuori casa. Quella sensazione fastidiosa gli ricordava ben da vicino quello che aveva provato dopo l'incidente al SALEM e, gira che ti rigira, alla fine aveva avuto tutto inizio lì. Proprio per questo motivo ora, dopo così tanto tempo, era in grado di tenerla a bada... Ma non stava per nulla bene.
    Aveva provato però cosa si sentiva a lasciarsi trascinare sul baratro e ne era uscito anche e soprattutto grazie a Sumire, per questo ora non poteva permettersi di finire di nuovo sul fondo. Aveva deciso che si sarebbe fatto forza e avrebbe cercato di vivere la sua vita normalmente, non negando tutto ciò che era successo e cercando di nasconderlo come polvere sotto il tappetto ma accettandone l'accaduto e pensando che, nonostante tutto, bisognava andare avanti.
    Quando avevano riaperto la città erano praticamente mesi che non vedeva la ragazza dai capelli bianchi. Era quasi assurdo che tutto si fosse fermato così, dopo quella notte al Tanabata: sembrava quasi un orribile scherzo del destino. Aveva deciso di andarla a trovare ogni volta possibile, anche e soprattutto per spronarsi ad uscire di casa. Ogni volta che respirava all'aria aperta sentiva quasi i polmoni riempirsi di un orribile peso invisibile ma era fiducioso che prima o poi, forse, sarebbe passato.
    Quel giorno era passato all'università per richiedere alcuni documenti per conto dei suoi coinquilini. Quando avevano deciso di abbandonare la città non si sarebbero certo aspettati che, per rientrarvi, avrebbero dovuto dichiarare un buon motivo per farlo e così via e ora avevano bisogno di un sacco di scartoffie dall'università che dichiaravano lo stato del loro percorso di studi, la necessità di presentarsi fisicamente per le lezioni e così via.
    Indossava quindi l'uniforme scolastica, una camicia bianca e una giacca beige, cravattino e pantaloni eleganti di colore nero e lo stemma dell'università ben ricamato su tutto. I tatuaggi si vedevano appena oltre i polsini abbottonati e l'ultimo bottone della camicia che era aperto ora che non si trovava più all'interno degli edifici dell'istituzione scolastica.
    Quando aveva un appuntamento Gin era preciso e questo significava non arrivare né in anticipo né in ritardo. Giunto sotto casa di Sumire ben un quarto d'ora in anticipo decise quindi di aspettare che quei minuti passassero prima di suonare al suo campanello. Poggiò quindi la schiena sul muro a fianco all'ampia vetrata che descriveva il palazzo con le cuffiette nelle orecchie a finire di ascoltare un po' di musica, per la precisione il suo telefono stava riproducendo School Fiction dei Kinoko Teikoku.
    I suoi occhi gialli vennero attratti da un movimento mentre le orecchie erano troppo stimolate dalla musica per sentire nulla. Dal palazzo era uscito un ragazzo vestito decisamente più adatto alla temperatura di lui che aveva deciso di scommettere un po' troppo sul tiepido sole che aveva scaldato quella mattinata. Non gli ci volle molto per riconoscerlo mentre si attingeva a buttare la spazzatura.
    Il suo sguardo si aggrottò in fretta, ma a rifletterci non sarebbe stato in grado di spiegare il perché. Aveva molte cose da dirgli, molte ancora di più da fargli, ma lì per lì un nodo prese possesso della sua gola come se qualcuno avesse chiuso abilmente un pacco regalo nel giro di due secondi. Era una vita che Gin non lo vedeva anche se conviveva con Sumire: se all'inizio gli era perlomeno grato di dileguarsi quando si dirigeva a casa loro ultimamente gli sembrava quasi il giovane "studente di ingegneria" lo stesse evitando di proposito. Sapeva bene che era una sorta di mania di persecuzione rivoltata al contrario come un calzino e che non era quello il caso, ma a volte è difficile togliersi di dosso certi sentimenti e certe sensazioni.
    Yo. - disse con semplicità togliendosi le cuffiette mentre si muoveva verso il ragazzo che, di spalle, stava buttando dei sacchi neri a qualche metro dall'ingresso del palazzo. E per ora decise di fermarsi lì, ancora intenzionato ad avere un dialogo pacifico. Per ora la sua parte razionale riusciva ancora a prevalere.
    ❖ don't point your unloaded gun at my head cause i'll pull the trigger ❖


    CITAZIONE
    Edit: Ho modificato il livello nel codice per i problemi elencati qui. :neko:


    Edited by exquisite†corpses - 26/2/2021, 20:34
     
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    Sua madre, Daichi, la spina, l'ospedale, il coma, sua madre, Daichi, la spina, l'ospedale, il coma, la sua mente continuava a rimbalzare in questo loop di concetti senza riuscire a trarre alcuna conclusione - senza nemmeno provarci, in realtà, come se stesse solo vagando in attesa di esaurire l'energia inerziale che la spingeva, agognando la pace dei sensi che si sarebbe trovata al termine del movimento. Non si dava pace, il giovane Fukuda, eppure era stanco di riflettere e stava semplicemente lasciando che quel ronzio lo tormentasse in background mentre faceva la strada per uscire di casa senza nemmeno vederla.
    Yo.
    Un suono fu captato dalle sue orecchie, abbastanza vicino da far presagire che fosse rivolto a lui e proveniente da una voce tutto sommato familiare. Gli rimbombò nelle orecchie ed in qualche modo fu sufficiente a scuoterlo dal torpore che lo aveva avvolto, in quanto elemento estraneo a cui la sua mente non era preparata. Si rese conto in quel momento di quanta poca attenzione avesse prestato al mondo intorno a sé: i colori sembrarono farsi improvvisamente più vividi ed i suoni meno ovattati. Avvertiva una presenza alle proprie spalle, probabilmente semplice suggestione associata a quel brusco e giovanile saluto rivoltogli poco prima. Lasciò scivolare il sacco nero nell'apposito bidone, si strofinò le mani fra loro come per dargli una ripulita sommaria e si rivolse verso il suo interlocutore. Aveva già capito di chi si trattava, ma la lenta realizzazione che accompagnò la cosa lo colse solo poco per volta mentre lo stomaco gli si stringeva e l'esofago sembrava annodarglisi.
    -Konbanwa.- Lo salutò, educatamente, accompagnando tuttavia la parola con un cenno della mano invece del canonico inchino, come a volersi inconsciamente conformare ai toni giovanili e poco formali dell'altro. Gin Nakano, a dire il vero molta dell'antipatia che provava inizialmente nei suoi confronti era sfumata con il passare del tempo. Come aveva riassunto a Sumire quasi un anno prima, riconosceva anche da parte sua un comportamento anomalo che poteva aver stuzzicato il ragazzo tatuato durante quel loro primo, burrascoso incontro. Ma non era nemmeno quello, in realtà, la cosa che aveva calmato le acque era stata sicuramente il tempo per la maggior parte. Gli sembrava semplicemente stupido continuare a serbargli rancore dopo tutto quel tempo, per via di un singolo episodio, e probabilmente era così. Ora gli era... neutrale. Non poteva dire di conoscerlo particolarmente bene in realtà, quindi gli era difficile considerarlo un suo amico, ma aveva accettato la sua esistenza e cercava di concedere a lui e Sumire tutti gli spazi di cui avevano bisogno - in cuor suo perfettamente cosciente del fatto che la ragazza lo stesse praticamente ospitando nel suo appartamento, cosa a cui ormai si era abituato ma che non poteva fare a meno di metterlo sempre in una condizione di doverle qualcosa, almeno mentalmente. Infatti era sempre celere con le pulizie e con il bucato e cucinava quasi sempre per entrambi salvo quando gli era fisicamente impossibile per un motivo o per l'altro. E, appunto, era sempre rapido a dileguarsi quando il suo ragazzo tatuato capitava da quelle parti o quando sapeva che doveva arrivare di lì a poco, per un puro e semplice desiderio di fare un riguardo all'amica, verso cui dopo il fattaccio all'Imperiale nutriva anche dei profondi sensi di colpa. Ma questa volta, l'attenzione del giovane dagli occhi felini era tutta per Tobi, almeno sembrava, dato che gli si era avvicinato apposta per salutarlo e si era fermato dinanzi a lui come aspettandosi una sorta di interazione, nonostante il portone d'ingresso del condominio di Murakami fosse alle sue spalle a diversi metri di distanza. Eppure, per ora, non gli aveva rivolto nessuna parola che non fosse quello striminzito saluto, e la cosa un po' innervosiva Tobi.
    -... Sono ricominciate le lezioni, allora?- Vomitò la prima cosa che gli venne in mente per rompere il ghiaccio quando gli cadde l'occhio sulla divisa universitaria che l'altro indossava ed ormai aveva iniziato a riconoscere. Era più che plausibile fossero ricominciate, erano ormai passati diversi giorni dalla riapertura ufficiale della città di Tokyo e - salvo strutture edificate su zone ormai perdute al gas tossico - la vita sembrava ricominciare come prima, seppure in modo un po' timido. D'altro canto non si era interessato alle università nello specifico e non ne aveva la certezza, ma in fondo una cosa valeva l'altra, sempre di rompere il ghiaccio si trattava.
    La verità era che più gli inesorabili secondi passavano, più si rendeva conto di quanto gli fosse difficile sostenere lo sguardo dell'altro. Un'orribile realizzazione lo stava pian piano attanagliando, si sentiva in colpa anche nei suoi confronti. Non quanto si sentiva in colpa con Sumire, chiaramente, ma anche Gin avrebbe avuto i suoi ottimi motivi per avercela con lui: aveva messo in pericolo la sua ragazza, se le fosse capitato qualcosa sarebbe stata colpa sua, e Gin non avrebbe avuto modo di sapere nulla finché non fosse stato tutto finito, né tantomeno di avere una qualsivoglia voce in capitolo. Sumire era testarda e probabilmente nulla e nessuno le avrebbe fatto cambiare idea, ma se fosse morta o in coma Gin avrebbe dovuto convivere con il fatto che non era nemmeno riuscito a provare a fermarla. E tutto per colpa di uova-di-pesce-volante.
    Il nodo alla gola di Tobi si fece più importante mentre questi ricambiava lo sguardo del suo interlocutore solo ad intermittenza, per pochi istanti, per poi tornare a concentrarsi sul suo cravattino.
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    Era passato tanto tempo dalla prima e ultima volta in cui i due si erano incontrati, vari incroci inevitabili esclusi. Ma era normale quando qualcuno abitava assieme alla tua ragazza, e quel qualcuno non eri tu. Al di là di tutto, però, Gin non provava particolare astio nei confronti del giovane aspirante eroe, se non altro non per quel motivo. Farlo avrebbe significato due cose: non fidarsi di Sumire in primis e, soprattutto, offrire a Tobiko l'onore di considerarlo persino una minaccia, e non era certamente così.
    Era bizzarro, però, come funzionasse la vita. Un giorno incontri uno strambo tizio che ti insegue per centri commerciali e decide di sedersi a pranzo con te, il giorno dopo è il coinquilino della tua fidanzata. E non è più strambo.
    Gin aveva passato probabilmente più tempo del dovuto a riflettere sul loro primo incontro, specialmente dopo aver conosciuto Sumire e aver scoperto che i due erano compagni di scuola. Ricordava fermamente il momento in cui il giovane si era spacciato per uno studente del corso da ingegneri parlando con lui e, in seguito, aveva scoperto che non era decisamente così. Non aveva mai capito perché avesse deciso di fingersi tale, non importava quanto ci avesse rimuginato. Il Nakano non era uno stupido e non era neanche così tanto pieno di sé da credersi infallibile, per cui dopo aver chiacchierato con la giovane dai capelli bianchi al loro primo appuntamento aveva iniziato davvero a pensare che, forse, poteva essere stato lui in errore. Questo però non gli impediva comunque di considerarlo uno stramboide.
    Da quando aveva iniziato a frequentarsi con la studentessa, però, aveva iniziato a captare in giro sempre più notizie legate al loro ambito. Il normale fenomeno di quando ti interessi a qualcosa e mai prima di allora avevi notato quanto se ne parlasse in giro. Aveva iniziato a leggere di qualche altro tizio con problemi che andava in giro ad aggredire studenti della UA ed era persino finito in televisione. Ricordava di aver pensato, osservando quel servizio, che doveva esserci un qualche tipo di stramba convenzione sui vestiti da pagliaccio e da prestigiatore nel mondo criminale, perché ricordava fermamente l'arresto di un importante criminale truccato da clown qualche anno prima e che anche uno degli assassini di un'importante madrina del crimine di Tokyo vestiva i panni di quel tipo di personaggio. Aveva dimenticato in fretta i dettagli viste le cose molto più importanti che erano accadute ma ricordava di aver pensato, in quell'occasione, che forse un motivo per fingersi "persone normali" in fondo in fondo poteva esserci.
    Meh, commissioni più che altro. - rispose quindi alla domanda dell'altro. Molte scuole avevano riaperto, sì, ma per la sua ci sarebbe probabilmente voluto del tempo. Si trovava a Ueno, motivo per il quale aveva cercato appartamento lì, e certamente il terreno bruciato e i cantieri perenni non rendevano la zona il posto migliore per concentrarsi o dare esami. La sede amministrativa, in ogni caso, aveva ripreso lentamente a mettere in moto i suoi ingranaggi.
    Le tue invece, Meijin? - non era Endeavor, ma col fatto che era stato l'ultima persona ad osservare Hanzo Takashi il suo nome aveva avuto una discreta visibilità sulle televisioni nazionali. Difficilmente la sua faccia sarebbe risultata memorabile o riconoscibile a chiunque altro, specialmente dietro la maschera antigas, ma Gin non ci mise molto a fare due più due. Avrebbe riconosciuto Sumire anche tra mille persone e sapeva benissimo che le persone di cui la ragazza si fidava abbastanza da fare quel che aveva fatto si contavano sulle dita di una mano, forse persino mutilata. Anche se lei non amava parlare di quanto accaduto e lui avrebbe probabilmente vissuto più felicemente nell'ignoranza, almeno quel ragionamento era riuscito a farlo - Ci vai ancora? E su che progetti stai lavorando ora?
    Aveva posto una domanda normalissima, ma nel suo cuore quella aveva lo stesso valore di una fucilata. Aveva utilizzato quel nome invece di prenderlo in giro per un preciso scopo, e quello scopo era fargli capire che non sarebbe riuscito a fuggire da quella discussione. L'intento provocatorio era abbastanza palese, aveva deciso di riprendere la sua bugia sul frequentare il corso per ingegneri ma allo stesso chiamarlo col nome che ipotizzava - beh, al 99.9% - fosse il suo nome da eroe. Non che si sentisse particolarmente intelligente ad aver fatto quell'associazione così banale, ma come un buon oratore quello decisamente sì. Erano cambiate decisamente tante cose dal loro primo incontro, ma quella no: il giovane tatuato continuava ad utilizzare le parole come fossero la sua lama più affilata, anche se ormai era decisamente arrugginito.
    Ad onor del vero, Gin non voleva necessariamente essere aggressivo. Gli si era avvicinato per un colpo di testa e non sapeva neppure bene a che cosa volesse arrivare con quella discussione... Ma forse lui era l'unica persona da cui poteva davvero sapere cos'era successo quel giorno. Sumire era andata lì di sua volontà o era stata costretta? Perché si trovavano lì? Per quanto odiasse ammetterlo il giapponese non ci capiva assolutamente nulla del mondo degli eroi, per lui erano come delle webstar a cui non si era mai appassionato, una sorta di idol che non riuscivano a trasmettergli lo stesso interesse. Beh, Tobiko non sembrava certamente Castiel in ogni caso, questo era poco ma sicuro.
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    Nakano non si scompose minimamente alla domanda di Tobi, conservò la sua vaga aria di strafottenza e rispose con ciò che poteva essere considerata un'alzata di spalle verbale. Si sottointendeva commissioni che avessero a che fare con la scuola, ovviamente, altrimenti non vi sarebbe stato motivo di indossare la divisa, ma era comunque una risposta che significava tutto e nulla. Non che a Tobi interessasse particolarmente approfondire, a dire il vero, specie se davvero si trattava di commissioni scolastiche era probabile che si sfociasse nella burocrazia e non era una gran cosa su cui conversare.
    Un sorrisetto triste e vagamente imbarazzato gli si dipinse sulle labbra quando Gin lo chiamò Meijin. Ricordò come fino al giorno prima fosse stato noto a tutta Providence semplicemente col suo nome, ma quando i suoi colleghi avevano fatto pressioni perché desse alla stampa un nome più memorabile (per quanto Tobiko fosse, a modo suo, memorabile) aveva avuto un momento di panico e blackout ed aveva finito per dare quello. Era nato da una semplice idea ed alla fine non ne aveva mai più avute di migliori, lo aveva proposto a Ren Okada durante quella sua famosa ultima lezione e questi lo aveva approvato solo a metà, poi il giovane aveva smesso di pensarci: era diventato il suo nickname su Babel e si era abituato ad esso più come una specie di inside joke con sé stesso (o al massimo con Sumire che poteva conoscerlo). Ed ora si ritrovava ad averlo dato in pasto ai giornalisti, ed anche se non fosse stato il nome che avrebbe adottato una volta conseguita la licenza sarebbe comunque stato il primo nome con cui sarebbe stato conosciuto. Del resto, di recente anche la celebre Rocket Girl aveva deciso di cambiare il suo alias, e se poteva farlo qualcuno che aveva una visibilità del genere sarebbe stato sicuramente concesso anche ad un nessuno come lui.
    Fu lì lì per rispondere alla curiosità espressa da Gin, ma questi aggiunse un altro pezzo alla sua domanda che spiazzò un pochino Tobi. Progetti? A che progetti stava lavorando? Intendeva nel senso, "piani per il futuro"? Eppure da come aveva posto la domanda sembrava quasi che-
    Oh, dunque era che voleva andare a parare. In effetti era un equivoco che con Gin non aveva mai chiarito in tutto quel tempo, a dire il vero aveva dato per scontato che ormai sapesse in un modo o nell'altro che non frequentava davvero il corso meccanici bensì quello eroi, e la cosa era stata implicitamente confermata dal suo riferirsi a lui con il suo nome da hero. Dunque ecco il motivo dell'articolata costruzione, naturalmente, l'infido non si sarebbe mai lasciato scappare l'occasione di prenderlo in giro sul suo nome bizzarro a meno che non avesse avuto qualcosa di più grosso in serbo. Quella domanda era stata costruita a quel modo appositamente, e a Gin non interessava nulla della risposta, la sua domanda era in realtà un'indiretta accusa: ti ho beccato, non puoi mentirmi. Quasi si ricordò del perché lo odiasse così tanto, salvo poi realizzare che tutto ciò nasceva comunque da una bugia sua. In fondo, Tobi non aveva fatto nulla per tenere nascosto che corso frequentasse ed anzi, aveva detto anche a Sumire che non era costretta a mantenere il segreto, quindi sapeva che prima o poi il discorso sarebbe tornato a galla: magari avrebbe preferito un approccio più maturo e diretto, ma Gin era Gin ed in fondo non poteva aspettarsi nulla di diverso da lui. E poi, allontanandosi ogni volta che lo vedeva, non gli dava materialmente l'opportunità di un eventuale confronto anche se l'altro lo avesse voluto, quindi era anche colpa sua.
    Insomma, se l'era cercata, e poi Gin aveva comunque tutti i motivi per avercela con lui anche per quella faccenda dell'Imperiale, quindi se voleva sfogarsi su di lui in quel modo Tobi lo avrebbe lasciato fare. Poteva andargli peggio, in fondo.
    -Ah, certo.- Esordì, con aria vagamente colpevole ma ancora perlopiù neutra e il tono basso. -Immagino di doverti delle scuse per averti mentito, quel giorno.- Scrollò le spalle, come a non voler dare troppo peso alla cosa, dunque pensò a come riassumere efficacemente la faccenda. -Ero un bimbo stupido e ansioso e ho pensato che il bulletto che avevo di fronte mi avrebbe sicuramente preso in giro se avesse saputo che frequentavo il corso eroi, visto che ero palesemente inadatto. Quindi boh, ho pensato che spacciarmi per qualcosa di più ordinario ti avrebbe dato meno pretesti, tanto non ti avrei più rivisto.- Allargò le braccia, come a sottolineare come nessuno dei due poteva prevedere quella situazione. Non voleva dare a Gin l'impressione di sentirsi tremendamente mortificato, era vero che si sentiva in colpa nei suoi confronti ma per ora la conversazione viaggiava su dei toni piuttosto ordinari ed amichevoli, non aveva senso appesantirla fin da subito con solenni e sofferte scuse.
    E poi, di tutte le cose per cui Tobi si sentiva in colpa, non riusciva ancora a sentirsi in colpa per quel giorno. Aveva sicuramente sbagliato, ma il suo errore più grande era stato importargli dell'opinione altrui tanto da costringerlo a mentire, non certo quella stupida bugia in sé, nata dal puro istinto di autoconservazione.
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    Logicamente, in realtà, a Gin non poteva importare di meno di quella piccola bugia, se non altro non abbastanza da estrapolarla da tutto il contesto. Erano due sconosciuti a quel tempo - non che ora fosse particolarmente diverso in ogni caso - e se non fosse stato per qualche bizzarro scherzo del destino non si sarebbero mai più incontrati nuovamente in una città enorme come la megalopoli di Tokyo. Tobi avrebbe anche potuto dirgli di essere un modello o un ricchissimo giocatore di poker che poco gli sarebbe importato, in fondo non stavano cercando di costruire un rapporto ma semplicemente di fare un po' di conversazione per superare la noia della pausa pranzo. Il giovane dal corpo tatuato, poi, aveva un rapporto molto aperto con le bugie: se aveva accettato che Sumire lo avesse preso in giro con un nome falso fino al loro primo appuntamento sarebbe decisamente stato da pazzoidi prendersela per la bugia di uno sconosciuto. Ora come allora, Gin era totalmente d'accordo con le bugie che permettono alle persone di sentirsi meglio con sé stesse purché non feriscano nessuno.
    No, non me le devi mica. - rispose semplicemente scrollando le spalle all'introduzione del suo discorso. Non gli importava nulla delle sue scuse e non perché fosse lui, in questo caso, ma semplicemente perché non lo riteneva qualcosa di rilevante. Ciò che era rilevante, invece, era che la realtà celata da quella piccola bugia aveva messo in pericolo una persona a cui teneva davvero tanto, e quello era solo l'inizio - Come dici tu, non ci saremmo mai— ehi aspetta, bulletto? - inarcò un sopracciglio, ma la sua reazione non era tanto aggressiva quanto semplicemente confusa. Lui, un bulletto? Se l'era presa per quella storia del nome? Non che non comprendesse che si sarebbe potuto risparmiare quella reazione, ma avrebbe probabilmente fatto meglio a lamentarsi con i suoi genitori piuttosto che con lui. Se trovava una cosa divertente non poteva fare a meno di sottolinearla, tutto qui.
    Se c'era una cosa che Gin aveva imparato in tanti, tanti anni in cui era sempre stato il weirdo del gruppo era di lasciarsi scivolare i commenti altrui addosso, quindi oltre a quella naturale reazione stupida decise di lasciare semplicemente scivolare il discorso via a meno che l'altro non avesse deciso di insistere. Criminale, teppista e non-ci-sono-più-i-giovani-di-una-volta erano epiteti che gli venivano rivolti continuamente solo perché aveva deciso di tatuarsi, fortunatamente aveva un ego abbastanza resistente da non badare troppo ai commenti altrui. Non avevano avuto chissà quanti contatti ma era evidente, ora come allora, che gli stili di vita dei due fossero decisamente incompatibili per permettere una reciproca comprensione.
    Per quello che mi riguarda puoi fare quello che vuoi della tua vita. - disse, muovendo un paio di passi verso di lui e fissandolo - Anzi, no. - alzò per un secondo gli occhi giallognoli al cielo, per poi fissarli nuovamente su di lui - Ripensandoci, ti rispetto per quello che hai deciso di fare. - aggiunse quindi. Per quanto Gin non fosse proprio il più grande fan dell'ordine costituito e dei corpi di polizia predisposti a mantenerlo, per quanto avesse idee completamente differenti dal sistema riguardo alla regolamentazione delle unicità (e di tantissime altre cose), pensarla in modo diverso sarebbe stata una mancanza di rispetto in primis verso la sua fidanzata e poi, in generale, verso centinaia e centinaia di persone che, nonostante tutto, avevano deciso di rischiare la loro vita per salvare le persone di quella città. Forse ciò che era accaduto a Tokyo aveva cambiato un po' la sua visione e, anche se ancora riusciva a comprendere solo l'urgenza di dedicarsi alle altre persone e non la voglia di sottostare a centinaia di regole che spesso mettevano quella stessa salvezza in discussione, non poteva mancare di rispetto a chi si era messo in prima linea con tutti quei rischi per provare a salvare anche una sola persona in più.
    Anche se il parco di Ueno era bruciato o uno degli aeroporti era ormai in disuso Gin sapeva che qualcuno lì c'era stato e aveva fatto del suo meglio. Poteva odiare il sistema, poteva odiare anche il ruolo volendo, ma non poteva odiare le persone che vi erano dietro. Ironicamente, probabilmente rivelargli la verità sin da subito avrebbe aumentato il suo rispetto piuttosto che diminuirlo. Gin, in fondo, non era una ragazzina delusa per non aver passato il test o qualcosa di simile, l'errore di Tobiko ai tempi era stato affidarsi alle reazioni altrui per provare a dedurre quelle di altri sconosciuti completamente a caso.
    Ciononostante... - ciononostante, c'era un motivo se aveva tirato fuori quella storia, e non era certo per ricevere delle scuse per una bugia del cavolo di più di un anno prima.
    ... Perché ci hai portato Sumire, Tobi? - i suoi occhi si assottigliarono cercando quasi di penetrare quelli dell'altro ragazzo, mentre la sua voce tremava leggermente. Non aveva tempo né voglia di sfoggiare chissà quale costruzione piccata e affilata, quella domanda era quasi un'urgenza primordiale piuttosto che un'arma per ferire l'altro. Perché lo aveva fatto? E come faceva a guardarla ancora in faccia dopo quello che era successo? Chiaramente la sua idea che fosse stato lui a portarla lì derivava dalla sua pochissima conoscenza in materia, sapendo ad esempio che Sumire non aveva ancora iniziato il tanto famigerato tirocinio e basandosi sull'idea che non poteva essere una coincidenza se si trovava lì proprio col suo coinquilino invece che con una persona qualsiasi.
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    TOBI FUKUDA
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    Come immaginava Tobi, Gin sminuì a sua volta quelle scuse. Ad essere sincero Tobi non sapeva se prenderlo sul serio o meno, in fondo se davvero non gli interessava nulla qual era il motivo di fare quel preciso e tagliente rimarco per sottolineare che lo aveva "scoperto"? E perdipiù come battuta d'inizio dopo che non si parlavano da Dio solo sa quanto. Insomma, forse era vero che non gli importava ed era stato solo uno dei suoi modi vagamente ostili e provocatori di iniziare una conversazione, ma Tobi fu lieto di essersi levato quel peso fin da subito.
    Ma ovviamente aveva parlato a sproposito, il Nakano non aveva ancora terminato di commentare che si era reso conto di essere stato definito un bulletto, termine che Tobi aveva usato un po' per semplificare sebbene potesse avere un'accezione ben più forte di quanto non avesse inteso. Inoltre, ad essere sinceri non vedeva più l'altro come una qualsivoglia minaccia, si sentiva ormai un suo pari e non temeva più le sue parole affilate come coltelli o il suo giudizio - probabilmente meno spietato di quanto credesse all'inizio.
    -Uh... Intendevo sempre dal punto di vista del "bimbo stupido e ansioso".- Sminuì, scrollando le spalle, riprendendo le parole con cui aveva definito sé stesso poco prima per sottintendere che era lui ad avere una visione delle cose distorta e viziata dalle sue paure e dalla sua inettitudine sociale. Non che ora si reputasse un maestro delle relazioni, ma quantomeno aveva imparato a rilassarsi un po' e lasciarsi scivolare addosso molte cose che un tempo lo avrebbero tormentato. -Acqua passata, per me.- Aggiunse, senza volersi scusare esplicitamente per non appesantire inutilmente il clima. Stavano ancora conversando in maniera cool e rilassata come due adolescenti qualunque, no?
    Vide l'altro avvicinarsi di un paio di passi ed alzò lo sguardo d'istinto, come a volerne leggere gli occhi per capirne le intenzioni, sentendosi vagamente minacciato ma senza volersi spostare. Lo sentì dapprima asserire che non gli importava come decideva di impiegare la sua vita, per poi correggersi dicendo invece che lo rispettava per la sua scelta. Non me lo merito, fu il pensiero che fulminò il ragazzo dai corti capelli scuri. Non meritava il rispetto di nessuno, tantomeno quello di Gin, la cui fidanzata era viva e vegeta solamente grazie alla benevolenza di Takashi e di quella Kamiya, certamente non grazie a lui. Non gli rispose, ma non riuscì a sostenere il suo sguardo e si ritrovò ancora una volta ad abbassarlo. Forse sarebbe stato più semplice se si fosse preso per la collottola e gettato da solo in uno di quei bidoni in cui stava gettando il secco non riciclabile.
    Quel ciononostante richiamò Tobi alla realtà, la sua mente stabilì piuttosto in fretta che sarebbe arrivata una nuova stoccata di lì a poco, perché aveva appena detto di rispettarlo, dunque a livello linguistico il ciononostante era l'introduzione a qualcosa che coesisteva con la nozione precedente ma che aveva accezione opposta, e dunque negativa. Ma nessuna accortezza di questo tipo avrebbe preparato Tobi alla domanda che gli fu posta: visto quanto alla lontana aveva preso la faccenda della bugia di poco prima e visto quanto in generale avesse notato che all'altro piaceva provocare e stuzzicare le persone, non si sarebbe mai aspettato un quesito diretto come quello. Se solitamente le parole di Gin erano simili a taglienti coltelli, quella era una vera e propria cannonata agli addominali a tradimento.
    Gli salì un nodo alla gola che quasi lo soffocò.
    Perché ci hai portato Sumire?
    Perché mi avevano chiesto di farmi affiancare da qualcuno di cui mi fidavo.
    Perché volevo avere con me un volto familiare e rassicurante.
    Perché ho avuto poco tempo per decidere.
    Perché non volevo andare da solo.
    Perché ho avuto paura.
    -Perché...- Nessuno dei perché che aveva pronunciato nella sua mente reggeva. Quando finiva di articolarne uno, una seconda voce aggiungeva uno sprezzante e allora? E purtroppo funzionava benissimo con qualunque cosa la sua mente provasse ad obiettare. Del resto Gin non gli aveva chiesto perché non fosse andato da solo, gli aveva chiesto perché avesse portato proprio Sumire nello specifico, e non c'era davvero nessun motivo a parte che erano stati sorteggiati insieme Tobi aveva appositamente scelto lei, fra tutti, perché lo faceva sentire più al sicuro. Era stato un egoista ed aveva pensato al proprio benessere, incurante di che tipo di situazione stava costringendo Sumire ad affrontare. E lei aveva tutto il diritto di odiarlo, e Gin aveva tutto il diritto di odiarlo. -Perché sono uno stronzo.- Sospirò, rilassò le spalle e la sua posizione si incurvò leggermente e distolse lo sguardo spostandolo sui cassonetti. -Non ero pronto, ho avuto paura e ho scelto lei perché mi fa sentire al sicuro.- Scrollò le spalle. -Sarei dovuto andare da solo.- Aggiunse, sottovoce, mettendo le mani in tasca.
    Ovviamente non si era nemmeno reso conto che quella di Gin fosse stata un'ipotesi tirata più o meno a caso, aveva semplicemente immaginato che Sumire gliene avesse parlato. Perché non avrebbe dovuto, in fondo, era il suo fidanzato ed era giusto che conoscesse i dettagli. Era giusto che fosse libero di vedersela a quattr'occhi con il brutto muso del coinquilino di merda che l'aveva costretta a quella follia.
    Ed ecco perché lo aveva avvicinato, quel giorno, naturale, già Tobiko non era una persona con cui chiunque avrebbe potuto aver voglia di conversare normalmente, figurarsi Gin Nakano e figurarsi Gin Nakano in quel preciso momento storico. Non era una conversazione, era un processo, e lui era colpevole.
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    GIN NAKANO
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    Ascoltò la prima risposta del ragazzo che stava portando fuori la spazzatura con non molto più che placido disinteresse: come detto, nonostante la sua reazione stupita non se l'era presa particolarmente per quella definizione. Aveva imparato a farsi scivolare addosso il giudizio altrui col tempo, facendoselo scivolare addosso come l'acqua scivola su una roccia... ma senza logorarla. In realtà per quanto gli piacesse l'idea di associare quel principio alla sua vita non era proprio vero al cento per cento: c'erano comunque persone di cui gli importava il giudizio, ad esempio Sumire e i suoi temibili genitori. Aveva mostrato lei le sue insicurezze quella notte in spiaggia al Tanabata, solo pochi giorni prima di quell'orribile annuncio sui social.
    A ripensare a quella serata di qualche mese prima gli sembrava piuttosto di guardare indietro di anni, come se stesse osservando dall'esterno un mondo diverso rispetto a quello dove si trovava ora a vivere. Un po' come in qualche film post-apocalittico gli anziani raccontavano ai giovani nipoti di un mondo profondamente differente riguardando diverse foto, sebbene l'esito non fosse stato assolutamente così disastroso, riguardare ai mesi precedenti l'orribile Halloween dell'anno appena passato era quasi come osservare un altro pianeta. Uno dove il parco di Ueno era ancora intatto, dove Tokyo non era una città fantasma (sebbene ancora oggi, nonostante tutto, fosse una delle città più popolose al mondo la differenza era ben palpabile), dove lui e Sumire avevano continuato ad uscire e di conseguenza non stava avendo quella conversazione con lo studente della UA in quel preciso momento. Un mondo migliore, forse. E' pur vero che, in assenza della capacità di osservare gli universi alternativi, era abbastanza comune pensare che si può star meglio invece che pensare che si potrebbe anche stare peggio.
    Mentre l'altro ragazzo pensava di non meritarsi il suo rispetto, Gin non si faceva problemi a credere a ciò che aveva detto. Lui era Gin Nakano e, persona fastidiosa esperta quale era, forse persino sopravvivere e farsi aiutare da Hanzo Takashi e Reiki Kamiya sarebbe stato difficoltoso per lui. In un mondo dove i due erano più amici e soprattutto più spensierati e dediti al black humor forse avrebbe potuto valutare le frecciatine che il ragazzo in tirocinio sotto Providence aveva provato a lanciare a quello scienziato pazzo e avrebbe potuto insegnargli qualche trucchetto per colpire maggiormente nel segno. Fortunatamente non era questo il caso.
    La risposta di Tobiko riguardo a quella questione seria... lo deluse molto e lo obbligò ad alzare un sopracciglio a metà tra lo stupito ed il contrariato. Per quanto potesse aver dato una prima impressione diversa quando si erano conosciuti, o forse era semplicemente maturato nel tempo, Gin non amava particolarmente sparare sulla croce rossa nel suo tempo libero.
    Oi. - disse monotono, sporgendo il pugno mancino verso l'altro ragazzo e premendolo sulla sua spalla destra per spingerlo. Non era un gesto dalla natura violenta, alla base, semplicemente il frutto della parziale incapacità del Nakano di comprendere il contesto, leggere la stanza e, soprattutto, rispettare le consuetudini sociali che richiedevano il minor contatto possibile tra due persone, specialmente se sconosciute e specialmente se brusco - Quella dovrebbe essere la mia battuta, sennò non so più cosa dire.
    La risposta era forse un po' contorta, ma decisamente sentita. Se il giovane studente si dava dello stronzo da solo lui cosa avrebbe mai potuto aggiungere? Dargli ulteriormente dello stronzo sarebbe stato ridondante, ma non aveva neppure intenzione di rassicurarlo come fanno le amiche delle ragazze che postano delle foto sui social sottolineando quanto siano brutte solo per raccimolare qualche complimento in giro. Non lo avrebbe comunque potuto fare per due motivi: loro non erano amici e Gin non lo conosceva.
    Magari Tobiko era davvero uno stronzo... o magari no, e in quel caso non sarebbe comunque stato suo il compito di rassicurarlo. E a quel punto, privato persino della possibilità di insultarlo, non poteva fare molto se non cercare di indagare maggiormente su quanto accaduto. Nonostante il disastro successo al parco di Ueno, se non altro la zona era stata una delle prime ad essere liberate. In breve tempo il suo appartamento vuoto era stato riconnesso al mondo esterno e lui era potuto tornare a scrivere a Sumire... senza ricevere risposta. Quando questo era successo, ormai dotato di segnale televisivo ed internet, Gin sapeva bene in che condizioni versava la città. Oltre alle farfalle che ogni giorno in numero sempre maggiore perdevano aderenza dalla vetrata del suo salotto cadendo verso un'inesorabile morte, oltre alla coltre di fumo che aveva ricoperto molti quartieri, c'erano tante, tante notizie. I giardini di Hama rikyu congelati, il fantasma di Ginza. Tutte quelle notizie affollavano la sua mente sapendo che probabilmente, prima o poi, Sumire avrebbe dovuto fare qualcosa. E una di quelle notizie era quella sorta di triangolo delle Bermuda rappresentato dal Palazzo Imperiale. In molti lo avevano esplorato, nessuno era tornato. In televisione le autorità sminuivano la cosa dato che c'erano obbiettivi più palesi da trattare con maggiore importanza ed interesse.
    Alla luce dei fatti, Gin onestamente non sapeva se convenire con la polizia o considerarli degli sconsiderati. Se da un lato era vero che la mente dei terroristi si trovava proprio lì, dall'altro era anche vero che, alla fine, la zona si era rivelata come quella dalla mortalità minore tra le aree ricoperte dal gas e anzi, la persona che pareva averne pagato maggiormente lo scotto stando alle dichiarazioni era proprio il dottor Hanzo Takashi. Certo, in molti avevano perso l'unicità o erano stati in coma, ma chi potrebbe garantire che fermandolo subito le cose non sarebbero semplicemente andate peggio di così?
    Nonostante tutte queste elucubrazioni però, e la storia non si fa né coi se né coi ma, il fatto che Tobiko avesse deliberatamente scelto di portare la Murakami in un posto simile lo infastidiva non poco. Con quel poco di comprensione che aveva sul sistema degli eroi, il ragazzo doveva in qualche modo essere una sorta di senpai della ragazza dato che era stato presentato come tirocinante. Questo non significava che lei fosse stata obbligata a farlo, anzi. Conoscendola, forse, era stata persino lei ad insistere per andare.
    Hai almeno la minima idea di dove stavi andando...? - aggiunse ritraendo a sé la mano, con la voce leggermente tremolante - Ti fa sentire sicuro? Nemmeno dei professionisti sono stati sicuri in quel posto! - aggiunse ancora spalancando le braccia. Forse in quel preciso momento quello era sparare sulla croce rossa, ma le parole del giovane gli erano sembrate così da sconsiderato che, almeno per quel momento, non sapeva davvero che altro dire. Il fatto che a posteriori se ne rendesse conto da solo di certo non cambiava l'idea di Gin che stava sentendo ora quella storia per la prima volta.
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    TOBI FUKUDA
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    La mano sinistra di Gin Nakano si chiuse a pugno e si alzò, dirigendosi verso Tobi, che si costrinse a distogliere lo sguardo. Va bene lasciarsi picchiare, ma se lo avesse fissato mentre lo faceva era sicuro che gli sarebbe istintivamente venuto da difendersi - non sapeva quanto fosse allenato Gin ma lui era pur sempre un aspirante Hero che non faceva altro che allenarsi ogni giorno da tre anni, più esperienze pregresse nelle arti marziali: doveva stare attento a come si muoveva, sapeva di essere potenzialmente pericoloso per un civile qualunque e di doversi comportare in maniera responsabile. Poi magari Gin sarebbe stato in grado di metterlo facilmente a tappeto, ma era una situazione che non doveva presentarsi a prescindere.
    Non avendo seguito con lo sguardo il tragitto del pugno si stupì un po' di sentire quanto fiacco fosse in realtà stato, a malapena una piccola spinta, sembrava quasi uno di quei pugnetti amichevoli che Yumeru adorava tirargli ogni tanto, non che ci fosse nulla di male ma da Gin sicuramente non si aspettava un contatto del genere. Rialzò istintivamente lo sguardo e gli sembrò di scorgere confusione e vago disagio nello sguardo di Nakano, che finì per accusarlo di avergli rubato la battuta. Tobi abbassò lo sguardo e ridacchiò debolmente. Non era sua intenzione farsi compatire ed un po' si dispiacque se ciò che aveva detto aveva spiazzato l'altro, forse sarebbe stato più semplice comportarsi effettivamente da stronzo ed attirare il suo odio per espiare, ma era troppo tardi per diventare il suo capro espiatorio a quel punto, tanto valeva perseguire la strada della sincerità.
    -Liberissimo di ripeterlo a parole tue.- Mormorò. Forse era questo ad averlo spiazzato? Si aspettava che Tobi avrebbe provato a difendersi? Purtroppo le difese del giovane aspirante eroe non reggevano nemmeno con sé stesso, era da quando erano usciti quell'infame mattina di novembre che provava a difendersi dalle ingiurie che la sua stessa mente gli gettava contro, ma nessuna giustificazione lo salvò dall'aspra sentenza che aveva espresso, ed ora non riusciva nemmeno più a guardare Sumire negli occhi senza pensare a come fosse quasi morta per colpa sua. Aveva la tentazione di andarsene ma lasciarla da sola dopo ciò che le era successo (ciò che lui le aveva fatto) gli sembrava ancora più egoista e meschino: chissà, forse ora che si poteva ricominciare a girare per la città poteva contare di più sul fatto che Gin le tenesse compagnia e poteva sentirsi meno in colpa a defilarsi e rifugiarsi in quella fortezza della solitudine che era diventata la sua casa a Hinode.
    Rifletté sulle domande di Gin. Aveva la minima idea di dove stava andando? Non proprio, sapeva solo della sparizione di numerose persone, ma sebbene lì fosse un fenomeno particolarmente accentuato non era nemmeno l'unico posto dove stesse succedendo. Aveva ragioni per sospettare della presenza del capo dei terroristi in persona featuring uno dei boss di Aogiri? No, quello decisamente no.
    -Non proprio. Sapevamo delle sparizioni ma non si sapeva nient'altro.- Sospirò amaramente. -Credo che se l'agenzia avesse anche solo sospettato chi e cosa potevamo trovare, non avrebbero mandato me, l'ultima ruota del carro, dicendomi di portare un'amichetto a scelta.- Indicò sé stesso con un pigro gesto dell'indice mentre parlava. -Doveva essere solo una ricognizione, e io volevo andarci molto cauto, avanzando di pochi metri per volta, ma purtroppo siamo stati avvistati praticamente subito e non so se potevamo fare qualcosa per evitarlo. E ci è stato impossibile fuggire fin da subito, ti garantisco che è la prima cosa a cui ho pensato.- Concluse, chinando il capo nuovamente. Alle successive accuse di Gin, non sapeva cosa rispondere: lì per lì gli era sembrato semplicemente naturale, lo faceva sentire al sicuro per centinaia di motivi, primo fra tutti la loro familiarità l'uno con l'altra. E poi era Sumire Murakami, l'allieva migliore del suo anno, perfetta in ogni suo movimento ed ogni suo respiro: sebbene ormai Tobi avesse sfatato quel mito, evidentemente in quel caso gli aveva fatto comodo pensarlo ancora un'ultima volta.
    -Non lo so, non so a cosa pensavo.- Certo, si sarebbe sentito più al sicuro con Whisper, ma non era fra le opzioni. In fin dei conti se avevano chiesto a due ragazzini di andarci poteva potenzialmente essere alla loro portata, no? Almeno, questo era ciò che Tobi aveva pensato, la presenza di Takashi ed Ichinose era stata solo un gigantesco imprevisto. Poteva davvero reggere come giustificazione? Aveva tenuto la bocca chiusa e ancora ora rifiutava di prendersela esplicitamente con l'agenzia, ma sinceramente un po' l'amaro in bocca gli era rimasto per com'era stato mandato al macello. -Credevo potesse essere alla nostra portata, se mi era stato chiesto di andare.- Mormorò, a mezza voce.
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    GIN NAKANO
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    Fece del suo meglio per ascoltare le parole dell'altro con interesse. In un modo o nell'altro, in fondo, gli stava dando quelle informazioni che stava cercando, informazioni giustamente considerate poco interessanti dai media in una situazione in cui usciva fuori un nuovo scoop ogni ora: quando l'intera città è sotto attacco e immersa in del fumo nero e ci sono continue operazioni militari in ogni angolo di certo non si può narrare il retroscena di ogni singolo avvenimento e, dall'altro lato, farlo sarebbe probabilmente rivelare ogni singola mossa a quei terroristi che si sta cercando di abbattere.
    Le parole di Tobiko filavano con quel poco che sapeva a riguardo e la semplice logica. Ovviamente sarebbe stato da folli mandare due novellini contro il cervello dell'operazione: da quanto aveva capito il professor Takashi non era stato ostile ma nel caso in cui lo fosse stato sarebbero probabilmente caduti nel giro di due secondi. Non era certo uno stratega militare ma fermare la mente centrale di un'operazione gli sembrava il modo più efficace per gestire una crisi. In quel senso, lo studente della UA sembrava aver evitato la sua domanda forse in modo conscio o forse senza farlo apposta. Quando Gin aveva chiesto se aveva capito dove si stava dirigendo non si riferiva alla presenza del capo dei terroristi che lo rendeva un posto estremamente rischioso - anche perché per quale strano miracolo si era rivelato essere uno dei più sicuri - ma al semplice fatto che tutti quelli che si erano diretti lì fossero spariti. Quello era già l'elemento di rischio necessario per far arrabbiare il ragazzo tatuato.
    Da quando aveva conosciuto Sumire, il Nakano era ben conscio di trovarsi in una posizione estremamente egoista. Rispettava il lavoro e il ruolo degli eroi ma, al contempo, avrebbe preferito la ragazza dai capelli bianchi non volesse dedicarsi proprio a quel mestiere. Sì, difendevano la popolazione dai rischi, proprio come era successo in questo caso. Sì, in un mondo di unicità, per quanto Gin odiasse l'idea di aver bisogno di una licenza per utilizzare la sua unicità, erano probabilmente necessari. Ma era un lavoro rischioso e, nonostante tutto, nonostante tutti gli sforzi, non aveva ancora imparato a vivere in pace con sé stesso pensando che, in qualsiasi momento, avrebbe potuto ricevere quella brutta notizia. La cosa peggiore, poi, era che probabilmente a dargliela sarebbe dovuto essere lo stesso Tobiko, poiché Sumire soleva tenerlo all'oscuro di tutto ciò che riguardava la sua carriera e anche dopo un anno di frequentazione il giovane Meijin era l'unica persona di quel microcosmo che poteva dire di conoscere anche solo alla lontana.
    Quando dici alla nostra portata intendi alla tua portata, no? - aggiunse quindi quando l'altro concluse il suo discorso, su cui non aveva molto da dire - Sumire non aveva ancora iniziato il tirocinio o che diavolo fate. - nuovamente, Gin non era molto ferrato sulle dinamiche della società degli eroi, ma gli veniva abbastanza facile analizzare la situazione con un corrispettivo col suo percorso: un tatuatore non viene messo immediatamente a tatuare le persone quando inizia l'apprendistato presso uno studio, indipendentemente da quanto è bravo a disegnare. Allo stesso modo in linea generale uno studente universitario non viene mandato in tirocinio al primo anno. La Murakami era certamente forte, aver ottenuto la Licenza Provvisoria dimostrava le sue capacità, ma quello non sembrava - almeno allora - sufficiente per essere qualificati adatti al lavoro sul campo. Ironicamente le cose sarebbero cambiate di lì a poco ma, in fondo, ciò che Gin non capiva era perché scegliere proprio lei tra, forse, tanti altri che si qualificavano per il ruolo.
    A conti fatti quel discorso era sterile e quel che era successo era successo, ma se Gin fosse stato nei suoi panni e fosse stato trascinato in una situazione simile da un amico si sarebbe forse sentito più tradito che lusingato. Ammirava il coraggio della ragazza e di tutti coloro che anche senza una preparazione tecnica adeguata avevano fornito la loro disponibilità per gestire la situazione di crisi ma, almeno da quel punto di vista, non poteva dirsi invece soddisfatto della gestione dell'accaduto, una mossa forse troppo rischiosa per quanto necessaria. I fatti avevano dimostrato che anche un semplice giro per consegnare del cibo ad un love hotel o la scorta di dei pazienti all'ospedale si erano dimostrati molto più rischiosi di quanto preventivato.
    ... Da quanto tempo frequenti la UA, Tobiko? - domandò quindi assottigliando le palpebre. Forse gli era venuta un'idea... una pessima idea.
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    TOBI FUKUDA
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    Si sentiva gli occhi di Gin puntati addosso, silenziosi, glaciali. Non credeva di aver mai sentito l'altro così silenzioso, così attento, anche se forse era semplicemente perché lui per primo non si era mai soffermato a dargli troppe attenzioni. Ma a questo al momento Tobi non pensava, pensava solo al muto giudizio dell'altro, e non gli importava di esso come gli era importato quando si erano incontrati un anno e mezzo prima, gli importava perché sapeva che qualunque cosa orribile stesse pensando di lui aveva ragione, e desiderava che Gin facesse qualcosa, che infierisse in qualche modo (chissà che idea si era fatto dell'universitario), che lo picchiasse, qualunque cosa. E invece Gin Nakano se ne stava zitto a fissarlo con il suo sguardo felino, e Tobi lo sentiva su di sé come se bruciasse. Forse lo stava in qualche modo torturando col suo Quirk, ricordava che faceva tatuaggi alla gente ma non escludeva di conoscerne solo un aspetto superficiale.
    No, non era così, l'unica persona dei due che stava infierendo su Tobi era Tobi stesso, Nakano si stava dimostrando stranamente comprensivo - non perché fosse strano immaginarselo in quei termini, ma perché il giovane tirocinante della UA sapeva di meritare ben poca comprensione dopo quello che aveva fatto, ed era quello a far male.
    Quando Gin parlò, dopo quello che a Tobi parve un silenzio durato ore intere, fu solamente per sottolineare una cosa che invece Tobi aveva dato per scontata e a cui non aveva nemmeno pensato: tecnicamente lui era più avanzato nel percorso di studi. Non ci aveva nemmeno pensato, ecco un'altra cosa per cui sentirsi in colpa servita su un piatto d'argento. Sumire era in gamba, no, era davvero forte, molto più di quanto lui potesse mai sperare di diventare, era nella A, ed in realtà nonostante Tobi fosse "in vantaggio" si passavano a malapena pochi mesi a livello accademico. Però tecnicamente era lui il senpai, non erano una semplice coppia di amici che fanno cose insieme, lui doveva essere in qualche modo responsabile anche per lei. Ed aveva fallito.
    Decise comunque di provare ad argomentare con Gin, giusto per fargli capire che non è che non avesse minimamente valutato la cosa, Sumire era certamente una sua amica ma l'aveva scelta anche perché era una delle persone più capaci che conoscesse e semmai temeva di essere lui l'ostacolo, fra i due.
    -Non è che che ci sia poi così tanta differenza. In tutta onestà, sono convinto che Sumire sia molto più brava di me, ho solo qualche mese di vantaggio.- Scrollò poi le spalle, cercando un esempio che gli sovvenne lampante. -Pensa che io la Licenza Provvisoria non la ho nemmeno presa, lei invece sì.- E letteralmente tutte le altre persone che conosceva, a dire il vero, eppure non aveva mai pensato potesse servirgli. Chissà, forse con un po' di esperienza pratica le cose sarebbero andate diversamente? Forse aveva ragione quel bulletto esaltato di Shoya quando diceva che la UA era troppo permissiva e nessuno aveva idea di cosa volesse davvero dire combattere il crimine? Ma del resto, come poteva essere normalizzata una cosa del genere? Erano solo ragazzini, era solamente normale che nessuno sapesse combattere il crimine. Eppure, da quel che aveva sentito, Shoya se l'era cavata: sì, Ueno era bruciata e forse in parte era anche colpa sua, ma aveva fermato e scacciato ben tre criminali insieme secondo i rapporti, sabotando il loro piano ed il diffusore di gas. Il parco alle fiamme poteva essere stata solo una coincidenza sfortunata, del resto Tobi e Sumire erano stati completamente in balìa degli eventi e se nulla era andato a fuoco ed il diffusore di gas era stato spento era solo perché nessuno aveva dato fuoco a nulla e Takashi aveva volontariamente spento il macchinario dopo l'intrusione di Ichinose. Le cose potevano andare molto diversamente, e Tobi non si prendeva nessun merito, salvo forse quello di aver salvato Benjamin Miller dalle grinfie di Aogiri. Chissà come se la passava? Chissà se sapeva di essere stato salvato da lui nello specifico o se gli era solo stato riferito di Providence? Non che il Meijin ci tenesse particolarmente ad essere riconosciuto e ringraziato, era solo curioso, perché se Miller avesse saputo di lui nello specifico sarebbe stato carino passare a trovarlo. Ammesso che fosse possibile, era comunque una specie di celebrità in fondo.
    -Comunque sì, lo so, non avrei dovuto chiederglielo. Per quanto poco ho più esperienza e non avrei dovuto mettere a rischio...- Una mia kouhai? Gli suonava così strano dirlo di fronte a Gin, specie ora che si era messo ben dritto e con le braccia incrociate, come se si stesse atteggiando (mentre invece si stava solo istintivamente proteggendo la pancia che si rimestava per l'agitazione). -Qualcuno che non ha nemmeno iniziato il tirocinio.- Concluse, con un vago colpo di tosse.
    Tobi rialzò lo sguardo verso Gin quando questi gli pose quella domanda inaspettata. Dove voleva andare a parare? No, non aveva tempo per rifletterci, doveva prima dargli una risposta. Dunque, da quanto tempo frequentava la UA? Per qualche motivo per orientarsi tornò a quando aveva conosciuto Laguna, perché ricordava fosse successo più o meno sei mesi dall'inizio della frequentazione scolastica, e doveva essere Maggio. Quindi, contando sei mesi a ritroso, aveva iniziato a Dicembre? Sì, gli sembrava coerente, ora che ci pensava ricordava di aver svolto il test d'ingresso quasi precisamente due settimane dopo il suo quindicesimo compleanno, appena arrivato a quella che al tempo era considerata l'età minima di iscrizione (poi aumentata a sedici anni), quindi dovevano essere gli ultimi giorni di Novembre ed i conti quadravano.
    -Ho iniziato a Dicembre duemilaventi, quindi... due anni e qualcosa. Perché?- Il perché gli era scappato un po' ingenuamente, ma in fondo era curioso di dove volesse andare a parare Gin. Per non dire ansioso, visto che temeva in qualche modo avesse a che fare con le brutte faccende di cui avevano discusso fino a poco prima.
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    GIN NAKANO
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    Le idee di Tobiko e Gin riguardo a Sumire coincidevano, ed era abbastanza ironico considerando che il Nakano non aveva la minima idea di cosa la ragazza dai capelli bianchi sapesse fare — ed era la sua fidanzata, quindi figuriamoci cosa potesse saperne delle capacità di Meijin. Eppure sapeva che la ragazza era in grado di manipolare le onde e generare terremoti, ed era un potere che onestamente considerava temibile nonché uno dei motivi per cui aveva timore di litigare con lei; il ragazzo invece aveva un'unicità che gli permetteva di comprendere il funzionamento degli oggetti con cui entrava in contatto. Se lo ricordava bene, perché lo aveva trovato curioso e soprattutto al loro primo incontro il ragazzo lo aveva indicato come ottimo aiuto nel suo percorso di studi da ingegnere, quella bugia per cui poco prima si era scusato. Per quel che ne sapeva poteva essere benissimo una bugia anche quella, in fondo perché rivelare la propria unicità e nascondere invece il proprio percorso di studi, ma si era in qualche modo convinto ai tempi che il suo interesse per le unicità altrui fosse genuino. Era passato del tempo però e, forse, il Tobiko che aveva davanti non condivideva più passioni e interessi con quel timido ragazzino incontrato da Mandarake.
    Quella, però, era l'unica notizia che aveva riguardo alla sua unicità e se doveva prenderla per vera allora sì, Sumire sembrava decisamente superiore al ragazzo che aveva di fronte, almeno da quel punto di vista. Era sicuro che prendere immediatamente padronanza con qualsiasi oggetto fosse figo, probabilmente possedere quell'unicità gli avrebbe risparmiato molte rogne e molte pelli di maiale su cui si era esercitato per prendere la mano con la macchinetta per tatuaggi, ma quanto poteva essere davvero utile per fare l'eroe di professione in un mondo con le unicità? Probabilmente con chi non era stato altrettanto fortunato, ma dubitava che qualche sciocco simile si sarebbe dato ad una vita di criminalità. Era abbastanza sicuro però che chiunque in grado di sparare palle di fuoco, in possesso di superforza o perché no, con la possibilità di scatenare terremoti lo avrebbe messo in seria difficoltà sul campo.
    Un eroe, però, non è solo la sua unicità. Se così fosse, non ci avrebbero costruito un intero percorso scolastico e professionale, no? C'era molto altro dietro, anche oltre agli sponsor, alle leggi e alle classifiche di gradimento. Perché anche lo studente di medicina dalle mani più ferme non potrà mai davvero sapere cosa vuol dire essere un chirurgo finché non deve mettere le mani su un corpo caldo e che respira. E questo, in quel caso, lo aveva fatto solo Tobiko. Era lui quello con esperienza, al di là delle unicità, delle lezioni e della Licenza ottenuta da Sumire.
    Quella parte, tra l'altro, lo stupì tanto da fargli alzare un sopracciglio: era davvero possibile andare avanti ed accedere al Tirocinio senza essere in possesso della Licenza? Se quello che aveva davanti era un esempio doveva immaginare di sì. Forse aveva a che fare con la stramba natura della sua unicità, difficile da valutare. Se i suoi stessi geni lo rendevano abile di utilizzare al meglio un oggetto aveva davvero bisogno di una conferma per essere ritenuto idoneo a manovrare quell'oggetto? Ne era automaticamente in grado. Dilemmi filosofici a parte, si chiese tra sé e sé se esistevano altri casi particolari, come ad esempio i mutant che, per forza di cose, non potevano scegliere se utilizzare o meno la loro unicità e quando farlo. Si chiedeva comunque se, in base a come aveva esposto la frase, non avesse invece tentato di ottenerla ma avesse fallito. In quel caso però, immaginava, non lo avrebbero fatto passare allo step successivo senza prima ottenerla.
    Certo, Sumire è molto forte. - esordì quindi senza nascondere una certa fierezza nella voce. Era davvero convinto di ciò che diceva pur non avendone alcuna prova dato che l'albina preferiva tenere separata la sua vita privata dalla scuola e non aveva mai avuto occasione di vederla all'opera - Ma essere forti non è tutto, no? Chi meglio di te dovrebbe saperlo? - se Gin non se ne intendeva particolarmente della formazione dei Pro-Hero, la sua ignoranza non era così sviluppata invece sul mondo degli eroi in generale. La televisione aveva detto che Meijin era un tirocinante presso Providence e sebbene Gin non fosse un fan accanito e non conoscesse la Classifica degli Eroi per filo e per segno bisognava davvero vivere sotto una roccia per non conoscere almeno gli eroi in Top 10.
    L'agenzia della giovane eroe francese era l'emblema del fatto che la forza e la bravura non erano le uniche doti richieste ad un eroe e che il dialogo, l'empatia e la capacità di gestione di una situazione anche senza dover ricorrere all'unicità erano altrettanto importanti. E dubitava che quelle doti venissero insegnate alla Yuuei e si potessero imparare in altro modo se non sul campo. O il sistema era errato oppure il fatto che solo ad un certo punto gli studenti fossero riconosciuti idonei per il tirocinio doveva pur significare qualcosa. Non che ce l'avesse con Tobiko in quel caso, l'intera questione di mandare in azione degli studenti impreparati era stato un errore ma non poteva neppure dire che non fosse comprensibile vista l'orribile situazione in cui Tokyo si era ritrovata.
    Non necessariamente il miglior cecchino al campo di addestramento è preparato per la guerra. - cercò di spiegarsi, forse con una metafora un po' infelice. In ogni caso, ascoltò la sua risposta successiva ed annuì. Giustamente essendo in tirocinio era alla fine del suo percorso, era stata una domanda quasi ovvia. Si chiese, se davvero la sua unicità era quella che gli aveva rivelato, cosa avesse imparato a scuola. Come si poteva allenare un'unicità simile? Spingersi oltre il limite per diventare più meglio ad impugnare ed utilizzare un oggetto? Farsi sudare di meno le mani per evitare scivolasse via in azione?
    Mosse la mancina verso il braccio destro e tirò su la manica, mostrando l'inchiostro colorato che ricopriva la sua pelle, rivelandolo fino al gomito. Sfiorò poi la sua pelle con le dita: una serie di piccole bombe di inchiostro iniziarono a formarsi su di essa, incrociandosi col tatuaggio del dragone. Avevano tutte una piccola miccia che si consumava accorciando le linee di inchiostro, fino ad esplodere come dei piccoli petardi.
    Tch. - borbottò quindi agitando il braccio a causa del calore e del pizzicore che le piccole esplosioni avevano causato. Non era comunque nulla rispetto a ciò che aveva fatto in quel bizzarro incubo la notte del SALEM - Questa è la mia unicità, se te la ricordi. Posso imprimere tatuaggi che... - diavolo, era sempre così difficile da spiegare - Che realizzano ciò che sono, insomma. - aggiunse. Gin non aveva mai avuto particolare pudore nell'utilizzare la sua unicità in piccoli modi simili in pubblico, tanto che Tobiko era il secondo aspirante eroe a cui la mostrava. La prima era stata ovviamente Sumire al loro primo appuntamento. Poco gli importava della reazione del giovane, tanto cosa avrebbe dovuto fare, arrestarlo? Era sicuro che con un'unicità simile lui fosse il primo ad utilizzarla impropriamente, magari per truccare ai videogiochi o per curare meglio, e aveva candidamente ammesso di non possedere una Licenza. E se anche l'avesse fatto, sticazzi.
    Voglio... voglio diventare forte, per proteggere Sumire e la mia famiglia. - disse quindi stringendo il pugno e puntando i suoi occhi gialli sull'altro. Quei mesi in casa e la sua impotenza davanti a tutto ciò che era successo gli avevano fatto realizzare tante cose, ma quella conversazione gli aveva dato la spinta decisiva. Sembrava che lui e Tobiko potessero in qualche modo andare d'accordo, e questo gli bastava. Non voleva più farsi scorrere la vita addosso come aveva fatto da dopo l'incidente al SALEM. Se aveva paura tutto ciò che doveva fare era diventare abbastanza forte da sconfiggere quella paura, era giunto il momento di andare oltre.
    Voglio che mi alleni. - disse con risoluzione guardando l'altro - Qualcosa in tre anni avrai pur imparato a farlo, no? - ridacchiò, tornando almeno momentaneamente il solito provocatore. Certo, probabilmente Tobiko non era la miglior persona per aiutarlo a stimolare la sua unicità, ma doveva almeno capirne di combattimento o di come comportarsi in una situazione di pericolo - So benissimo che potrebbe essere pericoloso per te, un po' per la tua carriera e un po' se Sumire lo viene a scoprire. Ma giuro che so tenere un segreto. - annuì, per poi abbassarsi la manica che aveva precedentemente alzato per mostrare all'altro l'unicità - ... ci stai?
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    TOBI FUKUDA
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    -Sì, hai ragione.- Non c'era fuga dalle parole di Gin. Aveva provato a svincolarsi, ma l'altro ci teneva a lasciare quel pugnale ben conficcato nella piaga, senza rigirarlo per carità ma senza che Tobi potesse provare a sottrarvisi. Lui e Sumire potevano anche passarsi pochi mesi di di esperienza, ma se li passavano e lui in quanto studente più maturo avrebbe dovuto tenere la cosa in considerazione. Aveva finto un'ultima volta di credere alla favoletta dell'inscalfibile Regina di Ghiaccio Sumire Murakami, quando ormai sapeva benissimo che era solo una facciata che la ragazza usava per nascondere tutte le debolezze che si era trovata costretta a reprimere a causa della sua famiglia. -Vorrei che fosse più arrabbiata con me, è così comprensiva che non riesco nemmeno a guardarla in faccia.- Sottointeso, senza che gli salisse il nodo alla gola. Non meritava comprensione, né da lei né da Gin, si sentiva solamente come se non stessero cercando di fargli pesare i suoi errori perché notavano che era già fin troppo giù di corda. In parole povere, non solo era tutta colpa sua, aveva anche bisogno di essere consolato.
    Ok, basta Tobi, basta.
    Calmati, fai un bel respiro. Non è d'aiuto a nessuno se ti tormenti così, finisci solo per fare peggio.
    Inspira, espira, solleva lo sguardo verso Gin e cerca di non fargli credere che ti stia venendo una crisi di nervi. State solo parlando, al sicuro, sotto casa tua. Takashi se n'è andato, Ichinose se n'è andato, va tutto bene.
    Improvvisamente, petardi. Qualcosa era appena scoppiettato sul braccio di Gin, Tobi aveva seguito tutti i suoi movimenti e dunque aveva testimoniato il formarsi di quelle piccole bombe di inchiostro sulla pelle dell'altro, ma la cosa lo aveva colto troppo alla sprovvista perché potesse capire cosa stesse succedendo, specie perché Nakano evidentemente era troppo cool per dichiarare le proprie intenzioni come un normale essere umano e doveva partire in quarta con una dimostrazione pratica. Capendo di cosa si trattava, istintivamente, Tobi si guardò intorno con aria furtiva e sollevò le braccia lievemente intorno a Gin, come a volerlo nascondere, ma rimase come paralizzato a metà realizzando la stupidità di quello che il suo corpo gli suggeriva. Avrebbe voluto dirgli di fare attenzione, ma non gli andava di fare la persona adulta e responsabile quando il dialogo dai due era praticamente nato da una sua gigantesca leggerezza che poteva portare alla morte di Sumire. In fondo a lui non importava di chi usava la sua Unicità in maniera innocua a quel modo, specie se si trattava di persone che conosceva, il Nakano era libero di rischiare quanto voleva in pubblico.
    -Oh.- Balbettò Tobi, incerto. -Mi mancava la seconda parte, credevo fossero solo semplici tatuaggi. Che figata.- Si lasciò sfuggire, incurvando leggermente gli angoli della bocca verso l'alto per qualche istante prima di tornare serio. L'argomento era uno dei suoi preferiti, come sempre, ma al momento si sentiva troppo provato fisicamente e mentalmente per essere entusiasta e scoppiare nelle mille domande che gli sarebbero altrimenti sovvenute.
    Si ritrovò invece a chiedersi dove volesse andare a parare l'altro, ma la risposta - o almeno parte di essa - arrivò a Tobi di lì a poco, quando vide il pugno dell'altro stringersi con aria determinata ed il suo penetrante sguardo posarsi sul proprio. Voleva proteggere le persone a lui care, voleva diventare più forte.
    -Ma essere forti non è tutto, no?- Gli riciclò le stesse parole che si era sentito rivolgere poco prima, in maniera piuttosto meccanica a dire il vero, non che ci avesse messo particolare malizia. Il sorrisetto che aveva accennato gli si spense in faccia quando sentì la conclusione del discorso di Gin, che a dire il vero non avrebbe mai indovinato.
    -Oh.- Aveva più o meno intuito che Gin volesse, appunto, diventare forte in qualche modo, ma non aveva idea che avrebbe provato a rivolgersi a lui perché gli insegnasse qualcosa. Perché persino uova-di-pesce qualcosa in tre anni avrà pur imparato a farlo, dopotutto, ed in fondo era vero: il ragazzo non si riteneva particolarmente in gamba, ma se diversi professori lo avevano ritenuto in grado addirittura di condurre decine di test d'ingresso e di svolgere piccoli esami per studenti più giovani di lui in fondo doveva significare qualcosa. Quantomeno una certa serietà e responsabilità. D'altro canto, Gin Nakano gli stava chiedendo qualcosa di letteralmente illegale, non riusciva a dire di sì così, a cuor leggero. -Beh, qualcosa dovrei averlo imparato, sì. Mi sono occupato anche di test d'ingresso e di prove per studenti più indietro quindi immagino di sì.- Mormorò, per dare dapprima una sorta di rassicurazione a Gin che in fin dei conti non era proprio il primo che passava. -Ciononostante, insomma... Sicuro? Io?- Voleva davvero che lo stalker di Mandarake diventasse il suo sensei?
    Dal canto suo, Tobi non si sentiva particolarmente nella posizione di rifiutare, la sua principale speranza al momento era che Gin cambiasse semplicemente idea, ma del resto se il tatuato non si sentiva più al sicuro doveva essere anche colpa sua e di come aveva gestito la faccenda all'Imperiale. Di come aveva messo in pericolo la sua fidanzata. Ok Tobi, basta così. Forse avrebbe dovuto farsi più problemi relativi all'illegalità della cosa, ma non gli era mai importato più di tanto ad essere sinceri, era palese che non fosse esattamente l'eroe più ligio al dovere che ci fosse. Ricordò quasi con nostalgia quella volta che aveva incontrato il Vigilante in Bianco ed aveva completamente omesso la sua presenza dal rapporto fatto all'agente di polizia, sperando di rendergli la vita almeno un po' più facile. Perché a dire il vero lo stimava, e credeva ci fosse bisogno anche di gente come lui in fondo. E poi, per quanto fosse pericoloso per la sua carriera (e per la sua vita se Sumire fosse venuta a saperlo), al momento non riusciva a fregargliene di meno: avrebbe lasciato a Gin un'ultima possibilità per cambiare idea, ma se era convinto lo avrebbe assecondato.
    -... Sumire non deve nemmeno sospettare nulla o siamo morti entrambi.- Non si illudesse di poter scappare alla sua furia, se fosse venuta a sapere di una cosa del genere la testa di Tobiko non sarebbe stata l'unica a rotolare.
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    Gin non volle aggiungere parole inutili a quanto già detto dal tirocinante di Providence, si limitò semplicemente ad annuire. Forse sarebbe parso strano ad un occhio esterno, ma Sumire era sì, decisamente comprensiva nonostante tutto. Si ricordava quando le aveva confidato le sue paure in riva al mare nero del Tanabata, forse la prima volta che si era aperto così tanto con una persona. Aveva sempre cercato di mostrarsi come una persona forte e sicura di sé agli altri, ma era solo una delle tante maschere che si è obbligati a vestire in contesti sociali. Ogni sguardo che gli arrivava a causa dei suoi tatuaggi o dei suoi capelli eccessivamente lunghi era pur sempre una lama, semplicemente aveva imparato a farsele scivolare addosso. Se si trattava del giudizio di qualcuno a cui teneva, però, non poteva certo dirsi impassibile. Aveva imparato a fingersi tale, ma per quanto si possa nascondere una coltellata agli sguardi altrui non per questo inizia a fare meno male o smette di sanguinare. La sua unica fortuna era che, in fondo, gli importava di ben poche persone: "it probably won't get easier, just easier to hide" recitava una canzone a lui sconosciuta. Aveva avuto un simile momento di debolezza proprio all'inizio di quella conversazione ma, tutto sommato, poteva dirsi soddisfatto di come aveva gestito le sue emozioni. Non si vergognava di quei sentimenti che provava, non era sicuro Tobiko avesse davvero capito quale fosse il suo punto, forse troppo impegnato ad incolparsi da solo, ma tutto sommato non gli aveva tirato un pugno in faccia quindi il risultato era stato ampiamente positivo per i pronostici.
    Cercò di rimanere impassibile alla stramba reazione che lo studente della UA ebbe osservando la sua unicità. Poteva riferirsi anche a quello strano scatto che aveva fatto con le braccia, ma intendeva in realtà più il sorrisetto e il commento fatto a voce. Non voleva insultarlo ma doveva immaginare che qualsiasi cosa fosse straordinario quando la tua unicità è usare le cose bene. O, magari, la sua unicità era davvero così interessante ed eccitante, semplicemente lui si era abituato col tempo. Suo padre aveva praticamente lo stesso potere in fondo, quindi Gin non l'aveva mai considerata davvero un'"unicità". Era fiero di suo padre e del suo sangue però, e anche quel sentimento era all'origine del suo desiderio d protezione. Se fosse successo qualcosa ai suoi genitori mentre lui era bloccato nel suo appartamento a farsela addosso steso sul futon? A conti fatti era solo fortunato che i loro nomi non fossero nell'elenco di chi aveva subito gli effetti del farmaco del dottor Takashi e ancora non si era svegliato. Non potevano escludere che non sarebbe successo di nuovo, o che non ci fosse qualcosa di ancora peggio all'orizzonte. Da quella sera al SALEM aveva iniziato ad avere paura, paura di sé stesso e del mondo che lo circondava. Col tempo però, tra rimpianti e incubi, era giunto ad una semplice realizzazione: quello che aveva fatto quella sera, ancora non aveva capito se era vero o solo un sogno, lo aveva fatto per sopravvivere. Questo non lo rendeva meno orrido o meno sbagliato, ma perlomeno non rendeva lui un criminale.
    Heh. - sorrise alla controbattuta del coinquilino della sua fidanzata - Non ho intenzione di fare l'eroe, io. - aggiunse - Non credo che combattere terroristi e sventare rapine faccia per me, ma voglio essere pronto se mai qualcosa dovesse succedere. - e quello, probabilmente, non necessitava di una preparazione diversa dal semplice essere forte a differenza della carriera che l'altro aveva scelto. Era ben conscio dei suoi limiti e di certo non si sarebbe messo a patteggiare con dei criminali rinchiusi in una banca, perché non era il suo lavoro. Ma c'era qualcosa che anche lui poteva fare e qualcosa che aveva fatto: aveva sventato qualche aggressione o sedato qualche rissa ogni tanto, lo riteneva semplicemente il suo dovere da cittadino e non da eroe improvvisato. E se avesse sbagliato qualcosa o infranto qualche legge, no, se lo avessero beccato ad infrangere qualche legge avrebbe pagato ciò che c'era da pagare senza vergogna. Quella era la sua filosofia: ogni scelta richiede di assumersi le proprie responsabilità e fronteggiare le conseguenze, anche se questo fosse significato finire in prigione o essere decapitato da Sumire. Di certo non si aspettava di diventare come lei o il Meijin, quello era da escludere a priori.
    Non vantarti troppo. - ridacchiò rifilando un altro pugno alla sua spalla, ora più convinto - Sei semplicemente l'unica persona che conosco nell'ambito. Beh, a parte Sumire. - aggiunse - E inoltre sono sicuro non potrai farmi chissà quanto male con quell'unicità che ti ritrovi, quindi è tutto apprendimento. - sorrise in modo quasi sadico. Non che ci credesse davvero, anzi, era abbastanza sicuro avrebbe ricevuto molteplici bastonate sulle costole, ma Gin era pur sempre Gin. Al di là delle provocazioni l'altro aveva di sicuro più esperienza e anzi, probabilmente non ne necessitava neppure vista la sua unicità. Il Nakano dal canto suo era una persona molto sportiva ma al di là della palestra e qualche sport occasionale non aveva mai praticato arti marziali o sport di combattimento. Tutto ciò che conosceva a riguardo giungeva da film e videogiochi e non avrebbe mai neanche minimamente pensato di applicare quelle cose nella vita vera, non era ancora un folle.
    In mancanza di altre capacità e talenti avrebbe dovuto fare affidamento sulla sua unicità, un'unicità che però richiedeva di toccare gli avversari per funzionare. Probabilmente non era la miglior materia prima sulla quale lavorare ma era sicuro che, in un modo o nell'altro, sarebbero giunti da qualche parte. Come applicare la sua unicità, però, sarebbe spettato a lui, Tobiko gli avrebbe dovuto insegnare il resto, o almeno così sperava. E, in fondo, la Murakami non poteva arrabbiarsi troppo per questo, no? Sarebbe stato come andare a lezione di arti marziali fondamentalmente. Solo un pelo più illegale.
    Beh... è stato facile. - inarcò un sopracciglio osservando l'altro, felice che avesse accettato la sua richiesta - Non so quanto mi sentirò sicuro quando troverai lavoro, sapendo che sei così facilmente corruttibile. - gli fece un occhiolino - Guarda che lo so meglio di te, con chi credi di star parlando? - rispose poi alla questione riguardante la ragazza dai capelli bianchi - Le ragazze mostrano il loro peggio ai fidanzati e cercano di mantenere il viso pulito con gli altri, ricordatelo. - beh, forse. Era indubbio che, in qualità di coinquilino, Tobiko passasse più tempo di lui con lei. Chissà se parlavano di lui ogni tanto, o se parlavano e basta dopo quello che era successo. Avrebbe pagato per avere un compagno e non essere rimasto da solo coi suoi pensieri in quei giorni di buio ma chissà, forse quello che avevano passato assieme aveva fatto cadere un gelido imbarazzo in quell'appartamento nei giorni successivi.
    Quindi... - prese quindi parola, tirando fuori il cellulare da una delle tasche dei pantaloni per osservare l'orario e vedere quanto mancasse al suo appuntamento - Quando, dove e come? - per perdere tempo aveva visto molti video di sedicenti seducenti dating coach e aveva imparato che per non farsi scaricare era meglio organizzare un appuntamento serio il prima possibile invece di decidere più tardi. Bisogna battere il ferro finché è caldo, si suol dire.
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    TOBI FUKUDA
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    Il giovane tatuato non commentò il "complimento" che Tobi fece alla sua Unicità, in realtà lo studente della UA era perlopiù affascinato dalle implicazioni: semplificando all'estremo, Gin emetteva una sostanza scura che si insinuava sotto la cute, ed era ovvio che il semplice cambiare forma e diventare una bomba stilizzata non poteva fisicamente donarle proprietà esplosive, significava che tali proprietà erano già della sostanza, e a sentire Gin non era nemmeno l'unica cosa che poteva fare. Tobi immaginò che potesse, ad esempio, anche disegnare un fiore e da esso sarebbe scaturito un dolce profumo, o altre cose su quella falsa riga: significava che si trattava di una sostanza con una quantità enorme di proprietà nascoste, intrinseche, che si attivavano solamente tramite l'autosuggestione che Gin applicava collegando una determinata forma ad un determinato effetto. Ammesso fosse corretta, era un'implicazione affascinante, altroché, poi che il Quirk in sé magari all'atto pratico non facesse nulla di particolarmente eclatante era un altro discorso e di quello a Tobi importava relativamente poco. Ad ogni modo, fortunatamente per entrambi, quel discorso non fu approfondito e tutto ciò rimase solamente una farneticazione astratta in un angolo del cervello del Meijin.
    -Essere pronto, huh.- Abbassò istintivamente lo sguardo ed incrociò le braccia. Era proprio così che non si era sentito quando si era trovato dinanzi ai terroristi. Ricordò il lungo discorso che aveva avuto con quel cuoco, Aragaki, che aveva sfiorato anche quella spinosa questione del sentirsi pronto, ed anche allora non aveva saputo dare una risposta universale. -Mi piacerebbe che bastasse essere forte.- Scrollò poi le spalle, tornando ad una posa e ad un'espressione più rilassata. -Comunque, immagino di poterti aiutare con l'Unicità, almeno.- Concluse, infilando le mani in tasca e rivolgendo il suo sguardo pacato vagamente apatico su Nakano.
    Arrossì vagamente, si accigliò e gli sorse naturale una protesta alle parole di Gin.
    -Non mi sto vant...- Capì che lo prendeva in giro e sbuffò, lasciandosi sfuggire un sorriso vagamente divertito dietro la gestualità offesa. -Oh, se preferisci posso presentarti a Shinso-kun.- Con quei due caratteri che si trovavano, probabilmente si sarebbero presi a pugni nel giro dei primi venti secondi. Era più che sicuro che Sumire glielo avesse menzionato almeno una volta, faceva pur parte della stessa compagnia e per di più aveva con lei nello specifico quello storico rapporto di non-troppo-amichevole rivalità. Non rispose alla provocazione inerente la sua Unicità, era abituato a frecciatine del genere in fondo, avrebbe lasciato che la sua proposta di presentargli Yumeru rispondesse anche alla seconda osservazione. Sapeva che Gin non era (troppo) serio e che si stava solo divertendo a stuzzicarlo un po', e non aveva intenzione di dargli troppe soddisfazioni: i tempi del fast food e Mandarake erano lontani ed ora che ci si spostava verso temi meno spinosi il tirocinante di Providence era più che intenzionato a dimostrarglielo.
    A quel punto Tobi si chiese più o meno come potesse essere messo il Nakano dal punto di vista fisico e dandogli una rapida occhiata gli sembrò sufficientemente tonico ed atletico: per quanto potesse importare in maniera relativa quando si parlava di Quirk, era bene avere una base.
    Gin riprese la parola dopo qualche istante, asserendo con sguardo un po' beffardo che era stato piuttosto facile convincere Tobi, presunto protettore della legge, a fare qualcosa di illegale. Certo che era piuttosto insistente nelle sue provocazioni per essere qualcuno che aveva bisogno di aiuto, lo studente fu quasi tentato di tirarsi indietro solo per dargli contro a quel punto. Hai ragione, è illegale, non dovremmo farlo, ciao ciao.
    -Magari voglio tenderti una trappola con Providence per farti una bella multa.- Suggerì, incrociando le braccia, meravigliandosi di sé stesso per essere riuscito a pensare ad una cosa così cattiva, di cui quasi si pentì. Non era bello scherzare su cose del genere, specie se davvero aveva il potere di farlo, non voleva che Gin perdesse la poca fiducia che sembrava avere nei suoi confronti. Quando però parlò di Sumire sottintendendo che se la sarebbe presa solo con lui e riferendosi a dei modi in cui le ragazze presumibilmente si comportano, non poté evitare di avere un risolino nervoso.
    -Le ragazze, forse, ma la tua ti garantisco che ne ha abbastanza per tutti.- Sumire Murakami non era mai stata avida di rimproveri con nessuno: amici, nemici o sconosciuti che fossero, tutti meritavano una ramanzina prima o poi, ad un certo punto delle loro vite. In fondo era anche per questo che si aspettava che lei fosse arrabbiata o seccata con lui in qualche modo, ed il fatto di essere lasciato in pace a rimuginare sui suoi errori da solo era terribile. Non c'era più nessuno a punirlo per i suoi sbagli, nemmeno sua madre. Tobi basta, non andare lì.
    Le domande più "pratiche" del Nakano lo scossero dalle sue elucubrazioni ancora una volta, ed egli tirò un sospiro: gli era già venuto in mente un luogo perfetto, ma tristemente era stato reso perfetto da una di quelle sfortune che ossessionavano Tobiko negli ultimi tempi.
    -La casa di mia madre in campagna è rimasta vuota. Ha un bel giardino ed è isolata. Non dovremmo avere problemi. Ti, uh... ti passo l'indirizzo su Babel?- Propose, con un'alzata di spalle. -Io sono libero praticamente tutti i weekend, nel pomeriggio non ho mai nulla da fare, la sera a volte vado a vedere Yuya ma non vedo perché dovremmo vederci al buio quindi suggerisco sabato o domenica pomeriggio. O anche tutti e due i giorni, fai tu.- L'ultima domanda era un po' più complicata: come? Tobi sinceramente non ne aveva idea, non aveva nessun programma, probabilmente avrebbe ripensato ai vari test che aveva svolto per la scuola verso gli allievi più inesperti e si sarebbe fatto venire in mente qualcosa. Sicuramente ci sarebbe stato da picchiarsi un po', ad un certo punto. -Il come non lo so, ci devo pensare.- Concluse, serio, rimettendo le mani in tasca con aria accigliata, sebbene fosse in realtà solamente molto concentrato nella creazione di un percorso di allenamenti.
    Ad essere sinceri, era contento di avere qualcosa a cui pensare che lo distraesse dal resto della sua vita. Gin non era il suo migliore amico, ma paradossalmente l'essere "estraneo" alla quotidianità di Tobi rendeva a quest'ultimo più facile concentrarsi su altro. Perché nelle facce dei suoi amici e di Yuya ormai rivedeva solamente la propria inettitudine.
    ❖ « ONLY LOOKING UP WHEN MY HEAD'S DOWN. » ❖
     
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