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Combat || Norio e Robin

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    NORIO TODA

    L'associazione no profit cui faceva parte ormai da diversi anni, Makkurayami, era stata ferma come il resto di Tokyo per ovvi motivi, ma con l'anno nuovo e la ripresa graduale delle attività, si erano pian piano rimessi in moto nell'organizzare i loro eventi. Il primo evento dall'inizio dell'anno nuovo si sarebbe tenuto a Ginza verso l'inizio di aprile, in una serie di stanze prenotate e appositamente allestite in un museo, per la precisione alla galleria Shiseido di Ginza.
    L'associazione era composta sia da membri non vedenti che non, e per iniziare avevano deciso di riproporre una delle loro esperienze più particolari e che aveva avuto più successo negli anni passati. L'evento si svolgeva su prenotazione, pur essendo gratuito, in quanto si sarebbe svolto in coppia tra un partecipante e un membro dell'associazione, come spesso accadeva in eventi simili.
    Un percorso formato da tre stanze in successione era stato completamente oscurato, le luci spente e qualsiasi altra fonte di illuminazione disattivata. Pesanti tende nero scuro erano state piazzate all'entrata del percorso, e venivano aperte di quel tanto che bastava a far entrare una coppia alla volta. All'interno, attraverso l'uso sapiente di microfoni e altri oggetti di scena opportunamente posizionati, venivano riprodotti nel modo più fedele possibile i suoni e le impressioni di una semplice strada affollata, come poteva esserla una qualsiasi strada di Tokyo, perlomeno nelle ore di punta. Suoni di passi, clacson, biciclette, dossi e semafori, l'idea era di dare ad ogni partecipante un'idea di cosa si provava a dover navigare una semplice strada o un attraversamento pedonale senza poter vedere, affiancati da un non vedente che avrebbe spiegato loro come muoversi, a cosa prestare attenzione e muniti a loro volta di un bastone da non vedente. Norio aveva memorizzato ogni particolare del percorso nei giorni precedenti, e si era offerto volontario per fare da guida. Era un compito che svolgeva sempre volentieri, era sempre curioso di sapere che tipo di persone gli sarebbero capitate, e si tendevano a fare conversazioni interessanti in quei brevi minuti. Con alcune era persino rimasto in contatto ed erano diventati amici. Molte persone erano semplicemente curiose di provare qualcosa di particolare, altre capitavano lì per caso perché era gratis, altre ancora avevano parenti o amici non vedenti e volevano capire meglio cosa si provava o semplicemente imparare come aiutare meglio i loro cari. Era sempre piacevolmente sorpreso da queste ultime. Qualsiasi fosse il motivo che le portava lì, comunque, quasi tutti tendevano a definirla un'esperienza "illuminante". Per essere assolutamente sicuri che i partecipanti non potessero vedere, nemmeno nel caso di quirk particolarmente adatti al vedere al buio, i partecipanti venivano inoltre bendati prima di entrare. Norio trovava personalmente la cosa un po' superflua: non sarebbe bastato chiedere di chiudere gli occhi? A che scopo scegliere di partecipare ad una iniziativa del genere per poi "barare" a quel modo? Sarebbe stato indice di una scarsa maturità, in fin dei conti: non era un gioco o una gara, non c'era nulla da vincere se si riusciva a completare il percorso senza problemi.
    Alcuni dei suoi amici avevano però detto che aiutava a concentrarsi sugli altri sensi, e che la prima impressione che ci si faceva della propria guida assegnata senza poterla vedere era una esperienza interessante.
    Per lui era ciò che gli accadeva sempre, perciò immaginava di doversi fidare di quel commento.
    « Quante persone abbiamo questa volta?» chiese a Mori-san, il volontario che si era occupato di gestire le prenotazioni e organizzare le coppie.
    « Umm... 6, meno del solito. »
    Già, meno del solito. I motivi potevano essere molteplici. Norio si aggiusto' il lungo giaccone simile a un parka che indossava quel giorno, tamburellando sul bastone con l'altra mano. Si voltò di nuovo verso Mori-san quando lo sentì balbettare un po' confuso.
    « Um, non so bene come si legge questo nome... Arrarudu? Straniero?»
    Il nome per quanto storpiato smosse qualcosa nella mente dell'uomo.
    Aveva sentito qualcosa di simile da qualche parte... dove?
    « Puoi ripeterlo, per favore?»
    Dopo qualche altro tentativo era arrivato a "Robin Allard".
    Continuava a suonargli familiare... poi finalmente il ricordo riaffioro' alla superficie. Alla villa di Blank. Qualcosa su una delle "figlie" della Madame che era tornata in Giappone dopo parecchio tempo. Jacynthe. Sembravano usare tutti nomi in codice basati sui fiori, nell'organizzazione.
    .... Ovviamente, poteva semplicemente essere un caso di omonimia.
    Ma d'altro canto, soprattutto in quel momento a Tokyo dove trovare un volo per rientrare nella capitale era difficile, quanti "Allard" potevano esserci?
    Poteva semplicemente ignorare la cosa. Ma se era davvero lei... Eden non era esattamente la preoccupazione piu grande di Deep Void al momento in confronto a Phantom, ma proprio per quello Norio era convinto che era meglio, proprio in quel momento cruciale, non perderli di vista (ah).
    Se invece non lo era, avrebbe semplicemente fatto una nuova conoscenza.
    « Oh, Allard. Giusto.» commentò, nel tono di uno che ha improvvisamente ricordato qualcosa.
    « ... la conosco. Mettila in coppia con me, saremo i primi a entrare. Io aspetto dentro, ripassero' il percorso da fare. » aggiunse subito dopo a voce più bassa, prima di voltarsi e dirigersi verso la pesante tenda nera, scostandola con un piccolo svolazzo.
    E restando in attesa di sentirla riaprirsi a qualche metro dall'ingresso, schiena dritta ed entrambe le mani poggiate sul pomello del bastone bianco.
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    CITAZIONE
    Di comune accordo con Whatnot, siccome Robin non ha tecniche che infliggono effettivamente danno, sará equipaggiata anche lei con un bastone virtualmente identico al White Cane di Norio cosí possono bastonarsi vicendevolmente al buio come si deve!
     
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    Robin Allard.

    L'oggettività è una questione di punti di vista.
    Ciò che noi chiamiamo "realtà" non è che una fazione dell'incontenibile Tutto - una gamma estremamente limitata di luci odori suoni colori dimensioni sensazioni filtrata dalla limitatezza dei nostri sensori biologici.

    Quando ero bambina ho passato molte serate stesa a occhi chiusi sul letto, cercando di separare la mia coscienza dal mio corpo. Volevo vedere com'era il mondo visto da fuori.
    I miei libri sui viaggi astrali sono finiti nel cestino da tempo, ma l'ossessione per le percezioni (in)umane mi è rimasta. Per questo ho deciso di buttare un pomeriggio della mia vita partecipando ad una "passeggiata al buio" che simula le condizioni e le difficoltà delle persone non vedenti. Nessun improvviso senso di empatia verso il prossimo: voglio solo percepire il mondo da un punto di vista diverso dal solito.
    Ascoltarlo meglio. Questa città sa essere così caotica.

    Avevo letto la descrizione dell'evento su Babel prima di effettuare la mia prenotazione. Sapevo che mi avrebbero bendato, dato un bastone e affidato alle cure di una persona non vedente che mi avrebbe accompagnato lungo il percorso.
    Sapevo perfettamente cosa aspettarmi. Eppure, ciò non ha impedito al mio cuore di accelerare appena il volontario mi ha coperto gli occhi.
    Nervosismo?

    Ah.
    Dev'essere per via di questo senso di... Vulnerabilità.
    Del sapere di non essere in grado di cavarmela da sola in questa situazione.
    Il dover dipendere dagli altri.

    "C'è nessuno?"

    Ed è forse per quello che la mia voce nello scostare la tenda suona così esitante.
    La stanza in cui mi hanno detto di andare dista solo un paio di metri in linea retta. Distanza coperta con una mano tesa in avanti, passi lenti, il bastone stretto contro il petto.
    So che se lo poggiassi a terra riuscirei a capire meglio cosa ho intorno, invece di brancolare nel buio. Eppure, il mio istinto è quello di aggrapparmici come se fosse una spada - l'unica mia difesa contro un mondo tenebroso e pieno di nemici.

    Sciocco, lo so. Cosa dovrei temere, di venir presa a bastonate da un cieco? Ma il corpo non reagisce sempre in maniera razionale a stimoli inaspettati, e a volte l'unico modo per minimizzare fastidiosi impulsi è quello di assecondarli.
    Dunque, stringo il mio bastone.

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    Se fino a poco prima si era trovato a trovare inutile il bendare i partecipanti a quell'evento, in quel momento fu grato a chi aveva avuto l'idea. Se anche l'altra persona si fosse tolta la benda una volta entrata, non avrebbe comunque visto molto... a meno che non fosse cosí sfortunato da aver incrociato qualcuno in grado di vedere al buio. Quello era un altro di quei concetti che aveva un pó di difficoltá ad elaborare: un quirk o semplicemente un animale in grado di vedere al buio... come funzionava esattamente? Il paragone piú immediato che gli veniva in mente era che doveva essere un pó come l'essere in grado di sentire suoni normalmente inudibili all'orecchio umano, come i pipistrelli con gli ultrasuoni... ma il fatto che gli occhi di quasiasi persona potessero, chi piú e chi meno, "abituarsi al buio" in misura maggiore o minore continuava a lasciarlo perplesso. Forse era un pó come quando ci si abituava a sentire un determinato suono al punto che nemmeno ci si faceva piú caso, ma in modo piú... attivo?
    Beh, non che avesse molta importanza in questo momento. A meno che non fosse stato davvero sfortunato, quell'incontro sarebbe stato alla pari. Lui non avrebbe visto il suo "cliente", e il suo cliente non avrebbe visto lui. L'unica cosa che poteva mettere l'altra persona un pó in svantaggio era che lui ci era abituato.
    Sentí finalmente le tende scostarsi e si voltó verso l'ingresso nel sentire la voce esitante alzarsi da dove era entrato poco prima. Un dettaglio inusuale lo colpí immediatamente, e cioé che la persona che era appena entrata non sembrava aver usato il bastone. La maggior parte della gente che se lo trovava in mano la prima volta lo usava o istintivamente come una sorta di bastone da passeggio o da trekking piú lungo, o facendolo strusciare tutt'attorno senza alzarlo da terra per spazzare il terreno come una sonda alla ricerca di ostacoli, timorosi di sbattere contro un qualche ostacolo. Stavolta invece non c'era stato nessun suono.
    Umm... dubitava si fossero scordati di darglielo, i membri dell'associazione presenti quel giorno erano tutti esperti nell'organizzare quegli eventi. Lo stava tenendo in mano?
    Si schiarí la voce per annunciare la sua presenza.
    « Se ci fosse "nessuno", non otterrebbe risposta, temo. » fu il suo primo commento leggermente divertito, prima di tornare serio. Picchiettó il bastone da non vedente davanti a sé un paio di volte, in modo che il suono risuonasse tutt'attorno.
    « Sono esattamente davanti a lei in linea retta, segua la mia voce. Le hanno dato il bastone, prima di entrare? Lo usi dando un colpo davanti a sé prima di ogni passo, alternando destra e sinistra, e si fermi pure quando toccherá il mio. La prenderó sotto braccio una volta che ci siamo incontrati e le spiegheró meglio la situazione.» illustró, calandosi nella sua parte di guida. Era inusuale, essere lui quello che poteva guidare qualcuno e non viceversa, un altro motivo per cui offrirsi volontario per quegli eventi non gli dispiaceva poi molto.
    « L'addetto all'ingresso ha avuto qualche problema con il suo nome... signore, o signora... Allard, giusto? » chiese poi, continuando a parlare... sia per estrarre informazioni che per fare come promesso e dare una voce da seguire.
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    Robin Allard.

    Il detto "non giudicare un libro dalla copertina" è, se non del tutto errato, perlomeno riduttivo: l'aspetto esteriore è solo uno dei tanti fattori che influenzano il nostro giudizio di una persona.

    Giudichiamo gli altri dalle loro apparenze, ma anche dal modo in cui si muovono; dalle loro espressioni facciali, il modo in cui ci guardano negli occhi, dai gesti che fanno senza nemmeno accorgersene. Gran parte della comunicazione è non-verbale e non conscia, ma si tratta principalmente di comunicazione visiva.
    Immaginate dunque lo sconcerto del trovarsi in una stanza con uno sconosciuto, e non riuscire a farsi una prima impressione di questa persona.

    " ... signore, o signora... Allard, giusto?"

    Seguito dalla piacevole realizzazione che la confusione è reciproca.
    Nel buio di questa stanza, io non sono che un'essenza totalmente distaccata dal corpo, priva di caratteristiche e generalità. Un nulla che trascende i confini materiali.
    Ed è un gran sollievo fingere, per un istante, di esistere solo a metà.
    Illusione che si infrange appena apro nuovamente bocca.

    "Allard. Robin. È un nome francese."

    Perché la mia voce non passa. È una voce femminile, e non è qualcosa che il buio, né anni di esercizi per abbassarne il tono, possono nascondere. Una voce che dà una forma, seppur vaga, al mio incorporeo, che incasella e strozza in un oceano di preconcezioni reciproche.
    Io sono una donna. E tu sei un uomo, a giudicare dalla tua voce. Una bella voce, suadente e sicura.
    Il resto è ancora vuoto. Due fantasmi, appena più palpabili.

    Mi hanno dato un bastone, sì. Annuisco alla sua domanda - per poi rendermi conto che non è in grado di vedere il gesto. Ma di certo sentirà il modo in cui ho appena poggiato la punta del bastone a terra, verticalmente, con un bel "toc" per annunciarne la presenza.
    "Lo usi dando un colpo davanti a sé prima di ogni passo," ha detto. Seguo le sue istruzioni, procedendo a piccoli passi e agitando il bastone a destra e a sinistra - sentendomi un po' sciocca, invero, come un bimbo che agita un ramo trovato durante una gita in montagna.

    Altri lati positivi dell'assenza di visione: non può vedere la smorfia che m'incrina il volto, il vago disgusto che accompagna l'idea di venir presa a braccetto da uno sconosciuto. Una reazione istintiva, che in altri frangenti mi sarei curata di nascondere. Ma in questo spazio privo di visione, le uniche informazioni che possiamo scambiarci sono intenzionali. Sono ben pochi i suoni che il corpo umano è in grado di emettere in maniera non intenzionale: gorgoglii di stomaco, starnuti, peti, un accellerare del respiro prima di un attacco di panico. La parola è forse l'unico mezzo di espressione su cui abbiamo totale controllo.
    Un mondo più semplice, quello del puro suono. Uno in cui poter semplicemente esistere.

    "...Lei come si chiama?"

    Ed è un concetto a cui potrei quasi abituarmici, realizzo, un attimo prima che la punta del mio bastone tocchi quella della della mia guida.

    Robin Allard • Villain • Eden's Thorn • Livello 2 •

     
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    La voce che si alzò in risposta confermò due cose: la prima, ora che la sentiva meglio non offuscata dal rumore della tenda, che si trattava di una donna. La seconda, confermata dalle sue stesse parole, che era un nome francese. Di per sé ciò non confermava ne smentiva nulla, anche se a quel poco che sapeva Madame de Steal amava(o aveva amato) "adottare" i suoi figli dall'estero, nemmeno fossero dei souvenir da portarsi dietro dai suoi viaggi. Era qualcosa che disgustava profondamente Norio; nulla contro l'adozione di per sé, trovava anzi ammirevole chi riusciva ad amare come un figlio o una figlia pur qualcuno che non lo era... lui non sapeva se ci sarebbe mai riuscito allo stesso modo. Seki era tutto per lui, ma non sapeva se sarebbe riuscito a provare gli stessi sentimenti per qualcun altro se non lo avesse preso in braccio da appena nata, stretta a sé e assunto la consapevolezza che era sua figlia, sua e di Namiko.
    Era quel dettaglio a riempirlo di disgusto verso l'ormai dipartita Madame De Steal: da come gli era stata descritta la cosa (e per quanto il punto di vista di qualcun altro di Deep Void potesse non essere esattamente imparziale), non sapeva se la donna aveva davvero amato i suoi "figli" o se gli aveva trattati come poco più di interessanti soprammobili. Con la dipartita della donna ormai qualche anno prima, non lo avrebbe mai saputo... e non era poi tanto sicuro che gli interessasse davvero, se non per capire meglio la mentalità del resto dell'allargata famiglia De Steal.
    « Ooh, francese. Mi sarebbe sempre piaciuto visitarla, la Francia, ma non ho mai avuto occasione. Lei c'è mai stato stata?» fu invece il suo commento, continuando a parlare per guidarla. Meglio non dare per scontato che solo perché aveva un nome straniero lo fosse effettivamente, o che non fosse semplicemente nata e cresciuta in Giappone.
    Dopo qualche secondo sentì i primi colpi di bastone da davanti a sé, segno che la donna si stava avvicinando.
    Proprio quando con un tock legnoso i due bastoni entrarono in contatto, la donna riprese parola, chiedendo il suo nome. Una domanda lecita, normale.
    « Toda Norio.» rispose dopo un attimo. Un nome e un cognome comuni, con solo una voce nel buio da associargli. Cercare di evitare la domanda o dare un nome falso sarebbe stato inutilmente rischioso, rendendola solo sospettosa se lo avesse scoperto.
    Lui vi era abituato, ma dalla sola voce gli era comunque difficile riconoscere una persona, soprattutto se l'aveva incontrata una sola volta.
    « La prenderò sottobraccio ora, se non le dà fastidio, in modo da guidarla.» aggiunse. Scostando leggermente il bastone, si spostò come per girare attorno alla donna fino ad affiancarla, per poi alzare una mano e sfiorarle con cautela il braccio fino a trovare il gomito, prendendola sottobraccio. Come era successo con Fumio, era più in alto di quanto si aspettava (e non indossava tacchi, o ne avrebbe sentito il rumore), lasciandolo un attimo sorpreso.
    « Iniziamo pure. Come saprà l'idea è di provare a navigare una normale strada urbana. Io non le dirò cosa ci attende, ma lungo il percorso sono presenti piccoli ostacoli e... imprevisti. » iniziò, iniziando a camminare a passo lento. Già solo dai primi passi Robin si sarebbe resa conto che camminare dritti era sorprendentemente difficile se non si aveva un riferimento visivo. Per chi ci era abituato, si usava istintivamente un qualsiasi punto di riferimento, che fosse la linea dell' orizzonte, oggetti vicini, persone... poi c'era, ovviamente, l'incertezza del non sapere se c'erano ostacoli finché non entravano in contatto con il bastone. Mentre camminavano, improvvisamente dalle loro spalle si udì uno scampanellio forte e improvviso, seguito da una folata di vento vicinissima alla loro sinistra e un rumore di ruote che andò scemando.
    « Una bici.» spiegò, pacato.
    « Come mai ha voluto provare questa esperienza, signora Allard... o signorina?» chiese.
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    Robin Allard.

    La casa è dove è il tuo cuore, si dice.
    Ma dov'è casa tua se un cuore non lo hai? Se ti è sempre sembrato rotto ancora prima che te lo trafiggessero con una pallottola?
    Mi chiede se sono stata in Francia, e se da una parte vorrei dire che non sono francese, dall'altra sono quasi offesa che non l'abbia dedotto dall'accento.
    Io ce l'ho ancora, un accento?

    "Ci ho vissuto qualche anno, per motivi di studio."

    Sì, in realtà mi dà fastidio che il signor Toda Norio mi prenda a braccetto, ma mi darebbe ancora più fastidio brancolare nel buio seguendo la sua voce, aggrappata al mio bastone.
    Le dimensioni che sono solita visitare da sola non sono così buie.

    Mi chiedo se sia in grado di immaginare la camicia che indosso basandosi sul tipo di stoffa che sente tra le dita. Sottigliezze tattili che a me sfuggono: tutto quel che percepisco è il suo braccio intorno al mio, rigido come una sbarra di ferro.
    Non sono nervosa - non ancora. Ma anche un cieco sarebbe in grado di percepire che sono a disagio.

    "Iniziamo pure. Come saprà l'idea è di provare a navigare una normale strada urbana. Io non le dirò cosa ci attende, ma lungo il percorso sono presenti piccoli ostacoli e... imprevisti."

    Annuisco di nuovo. Abitudine. "Va bene."
    Iniziamo a camminare, un passo alla volta, ed è così difficile stare in piedi, rimanere dritta, cercare di adattarmi al passo di una persona che non puoi veder-

    RUMORE. Quasi balzo all'indietro, confusa, trovandomi a stringere il braccio dell'uomo come un cucciolo spaurito.
    Robin Allard, impaurita da una bici.

    "Mi scusi."

    Profondi respiri. Raddrizzo la schiena, tornando a poggiare il bastone a terra.

    " Come mai ha voluto provare questa esperienza, signora Allard... o signorina? "

    Una domanda che paralizza. "Non signora né signorina," vorrei dire. Urlare. 無性です. Ma non mi va di divulgare simili informazioni. Di farmi riconoscere anche quando non mi si può vedere.

    "Signorina." Una risposta che gocciola rassegnazione. "Ho studiato psicologia, e pianifico di specializzarmi in neuroscienze. Sono interessata al modo in cui il cervello umano interpreta gli stimoli sensoriali per ricreare un'approssimazione della realtà."

    Nel modo in cui il cervello inventa mostri e incubi lì dove non batte il sole.
    Mi sento così vulnerabile. A livello razionale so che in questa stanza non c'è nessun nemico, ma... Il fatto di non potermene assicurare provoca in me reazioni fastidiose, come l'accellerazione del battito cardiaco, del respiro, e aumento della perspirazione.

    "Perdoni la domanda indiscreta, ma... Lei è non vedente fin dalla nascita? Mi piacerebbe farle qualche domanda sulla sua condizione, se non le dispiace."

    Così che il suono delle nostre parole possa riempire questo vuoto.

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    Quindi era stata in Francia relativamente poco, qualche anno, il tempo di finire i suoi studi, e dal fatto che parlasse comunque il giapponese poteva dedurre che aveva invece trascorso piú tempo in Giappone... o che comuque avesse avuto contatti con chi parlava giapponese? Umm... da quel poco che sapeva, il profilo sembrava combaciare. La signora, o signorina Allard sembrava comunque una persona di poche parole, da come aveva risposto alla sua domanda, dicendo solo lo stretto necessario... forse era solo nervosa in quella situazione. Sicuramente sembrava a disagio: non gli era sfuggita la rigiditá del braccio che aveva sfiorato e attorno al quale aveva stretto il suo. Non sapeva se fosse per tutta la situazione in cui si trovava o per il contatto fisico in sé... ma se era la seconda, prenotandosi per quell'esperienza avrebbe dovuto aspettarselo.
    Era anche vero che era difficile immagine quanto ci si sentiva vulnerabili quando si veniva toccati a quel modo da un perfetto sconosciuto finché non lo si sperimentava sulla propria pelle... lui ci era abituato, con tutti i passanti per strada che si offrivano di "aiutarlo" prendendolo per mano. Lo facevano ovviamente in buona fede, ma a volte finivano piú per intralciarlo facendogli perdere la concentrazione o tempo per spiegare che sí, sapeva benissimo cosa stava facendo che altro.
    ... ora che ci pensava, quello avrebbe potuto essere un altro evento interessante da proporre per l'associazione. Avrebbe dovuto parlarne con gli altri soci.
    Per un attimo mentre muovevano quei primi passi si chiese che impressione avrebbero dato se, invece di un ambiente chiuso e isolato, quel piccolo esperimento si fosse condotto all'aperto, sotto gli occhi di tutti. Un signore cieco dagli occhi chiusi a braccetto con una signora - o signorina- bendata, entrambi con in mano un bastone bianco con cui proseguivano piú o meno brancolando. Era sicuro che a qualcuno - un certo ragazzo di nome Haru fu il primo candidato che gli venne in mente - sarebbe venuto da ridere a quella scena.
    Allard gli si avvinghió improvvisamente al braccio, sussultando per il rumore improvviso della bici; anche se non poteva vederlo, a Norio venne da sorridere leggermente a quella reazione.
    « Non c'é problema. Ovviamente nella realtá un evento come questo non sarebbe cosí improvviso, ma con tutti gli altri rumori e sensazioni a cui bisogna prestare attenzione - rumori di passi, se ci si sta avvicinando ad una strada, macchine, cosa si sta toccando con il bastone -, capirá non é impossibile accada con relativa facilitá.» spiegó in tono pacato. Mentre parlava, un singolo hari emerse dal braccio avvolto attorno a quello di Robin e sfioró la donna. Per impulsi piú complessi gli veniva piú istintivo e naturale farli emergere dalle mani, ma erano dopotutti impulsi nervosi. Percorrevano e potevano in teoria emergere da tutto il suo corpo. Un istante dopo ricevette un flash di sensazioni dal corpo della donna.

    Il cuore batte rapido in petto. Il respiro é accelerato. Sudore.


    Sí, era nervosa. Continuó a mantenere il singolo ago, innocuo e impercettibile se non fosse per la leggera luminiscenza al buio - ma l'unica persone che avrebbe potuto percepirla era bendata-, a contatto con il braccio della donna mentre continuavano a camminare.
    Pian piano, attorno a loro iniziarono a farsi sentire altri suoni: un cane abbaió in un punto imprecisato davanti a loro, seguito dal rumore di un collare che si tirava e una voce che diceva il classicissimo (e a suo parere irritantissimo) "Tranquillo non fa niente". Tranquillo non fa niente lo decideva lui, soprattutto quando iniziava a starnutire non appena uno di quei botoli gli si avvicinava troppo, o ancora peggio gli saltavano addosso. Era successo un paio di volte. Nessuno era uscito felice da quell'esperienza.
    Grazie al cielo in quell'evento il cane era soltanto un microfono abilmente piazzato con un sensore di movimento che riproduceva la traccia audio appena si avvicinavano.
    La risposta di Allard alla sua domanda lo distolse dai suoi pensieri: oh, quello sí che era interessante.
    « Affascinante. Cosa intende per "approssimazione della realtá", in particolare? Che percepiamo solo parte di ció che ci circonda?» chiese. L'argomento lo interessava effettivamente, ma subito dopo rammentó il vero motivo per cui si era fatto mettere in coppia con lei. Beh, carpirle piú informazioni possibili sarebbe comunque tornato utile.
    Il bastone di entrambi avrebbe improvvisamente toccato qualcosa di diverso: Norio aveva memorizzato il layout del percorso, ma quei discorsi lo avevano effettivamente distratto abbastanza da fargli momentaneamente dimenticare cosa li attendeva. Se ne ricordó un attimo dopo, fermandosi giusto in tempo di finire contro l'ostacolo imprevisto. Prima di proseguire con la sua spiegazione, rispose alla domanda della donna. Questa volta era stata lei a prendere parola. Forse non era di cosi poche parole come pensava.
    « Praticamente sí. Sono nato con una grave malformazione del nervo ottico, e ho perso completamente la vista in ogni caso nei primissimi anni di vita, ben prima di avere ricordi ben definiti. Chieda pure tutto ció che vuole.» rispose, nello stesso tono pacato che aveva assunto fin'ora.
    Subito dopo, Robin avrebbe sentito il braccio dell'altro sfilarsi dalla presa e l'uomo allontanarsi di qualche passo di lato - ma non l'hari luminescente ancora a contatto con il suo braccio.
    « Come avrá percepito con il bastone, abbiamo di fronte un ostacolo. Riesce a capire di cosa si tratta e ad aggirarlo?» chiese.
    Per la cronaca, il misterioso "ostacolo" era banalmente... una serie di cespugli. Di quelli che si trovavano a dividere in corsie dei viali, posti uno di seguito all'altro in bassi vasi per una lunghezza di circa cinque metri. Strinse con piú forza il bastone che reggeva, restando in ascolto dei movimenti - e sensazioni, anche se normalmente ovviamente non lo faceva- dell'altra. L'idea di colpirla in quel momento lo sfioró, per giudicare la sua reazione... d'altronde, anche se piú esperto, lui stesso doveva aggirare l'ostacolo. Chi poteva biasimarlo se per sbaglio l'avesse colpita?
    Avrebbe potuto farlo passare come parte dell' "evento"... ma per ora restó in attesa.
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    Robin Allard.

    Non è che non mi piaccia parlare.
    È che mi piace essere ascoltata.

    Non vedo perché dovrei sprecare fiato, tempo e attività neurale per pronunciare parole che gli altri non sono in grado di capire, di considerare con rispetto, o che non sono veramente interessati a sentire. Persone che chiedono "come stai?" per pura consuetudine, senza alcun reale interesse nei confronti delle condizioni psicofisiche altrui. Gente che chiacchiera di tutto e niente giusto per riempire il vuoto.
    Non pensate quindi che mi stia degnando di rispondere alla domanda di Toda perché lo ritengo un buon ascoltatore. È che concentrarmi sul suono della mia voce e sul filo del mio pensiero mi aiuterà, spero, a prestare meno attenzione all'ambiente circostante fatto di nero, strani suoni e sensazioni.
    Di sussultare meno ad ogni bicicletta.

    "Esattamente. Ad esempio... Ah, mi spiace usare un paragone legato alla vista, ma il primo che mi viene in mente è la radiazione ultravioletta," spiego, con voce molto più sicura della mia camminata. "Un tipo di radiazione dalla lunghezza d'onda immediatamente inferiore allo spettro visibile dall'occhio umano. In parole povere, significa che anche un umano dalla visione perfetta è di fatto cieco ad alcuni tipi di colori che ci circondano. Certi animali sono in grado di vederli - e lo stesso vale per certi tipi di odori e suoni che non siamo in grado di percepire. I nostri sensori biologici sono piuttosto limitati."

    Sto entrando in modalità spiegone? Scusate, è che - come detto sopra - sto cercando di distrarmi.
    Contraddittorio, lo so, cercare volutamente di attenuare un'esperienza che ci tenevo a sperimentare in prima persona. Un meccanismo di difesa. Evitamento. L'ho passato a pieni voti, il mio esame di psicologia cognitiva. Vedete perché ci tengo tanto a raggiungere la sublimazione dell'essere? La biochimica è così frustrante. Sapere perché sono spaventata non mi aiuta a ridurre la mia agitazione. Posso solo cercare di ignorarla, di camminare piano, di stringere il braccio di Toda più di quanto vorrei.
    Di battere il tempo col metronomo del mio bastone.

    "L'occhio umano è piuttosto recettivo, ma le creature viventi dall'apparato visivo più avanzato che conosciamo sono gli stomatopodi, un piccolo ordine di crostacei. L'occhio umano è composto tre diversi tipi di fotorecettori. Gli stomatodi, di contro, ne hanno sedici, e sono in grado di percepire una gamma di colori che va dall'ultravioletto alla radiazione infrarossa." Pausa. "Il mondo che loro vedono è un caleidoscopio di tinte che non siamo nemmeno in grado di percepire - o immaginare. Una realtà più vera del nostro reale."

    Ed è forse crudele, cercare di spiegare tutto ciò ad un uomo che non può vedere.
    O forse, proprio per questo sarà in grado di capire.

    "L'altra particolarità degli stomatopodi è la loro incredibile violenza: sono in grado di estendere le loro chele con tanta velocità da far ribollire l'acqua intorno a loro, creando delle onde d'urto." Una pausa. "Non si trovano spesso negli acquari. Spaccano i vetri."

    Sorrido nel buio.
    Alla mia domanda successiva, l'uomo risponde di buon grado, spiegando di essere cieco fin dalla nascita. Interessante. Di domande in verità ne avrei, ma il mio bastone tocca un ostacolo improvviso, facendomi sussultare.
    Che tipo di ostacolo, mi chiede Toda. E non so se ad ansiarmi è più il fatto che l'uomo si sia allontanato, o il fatto che mi sia ansiata quando si è allontanato.
    Mi sento così debole in questo posto. Sperduta.
    Un lungo respiro.

    "...Penso che sia una pianta." Dichiaro, dopo aver pungolato per qualche istante l'oggetto di fronte a me. La base è dura, ma poggiando il lato del bastone contro l'oggetto e sollevandolo piano, ho potuto seguire il contorno di un vaso, e poco più in alto, la punta del mio bastone ha incontrato una massa molto men definita, solida, e più frusciante. Vegetazione.

    "Sono abbastanza sicura di avere davanti un qualche tipo di vegetale in vaso, ma non so se sia un cespuglio, un albero o un qualche tipo di arbusto decorativo, magari con rami bassi e che si estendono in larghezza. Il mio istinto sarebbe quello di sollevare il bastone per determinarne meglio la forma ed evitare di prendermi un ramo in faccia..." Abbasso la punta del mio bastone, poggiandolo nuovamente sul pavimento con un toc. "...Ma se questa fosse una vera strada, sarebbe il mio bastone a rischiare di finire in faccia a qualcuno."

    Mi prendo qualche attimo per pensarci in silenzio, mordicchiandomi un labbro.

    "Onestamente non saprei cosa fare." Ammetto. "Suppongo potrei provare a fare un giro largo intorno all'oggetto, estendendo un braccio per essere sicura di non venir colpita da un ramo."

    Un'altra pausa.

    "Ma non mi piacerebbe il modo in cui i passanti mi guarderebbero, anche se non potrei vederli."

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    Onestamente non si aspettava che Allard rispondesse alla sua domanda con una spiegazione cosí lunga ed esaustiva; l'uomo restó in silenzio, cercando non tanto di immaginare lo strano animale descritto dalla donna quanto il punto del suo discorso. Ridacchió al suo commento sul come quei crostacei fossero a quanto pare in grado di frantumare il vetro degli acquari.
    « Una realtá piú vera del nostro reale...» ripeté poi a bassa voce, pensieroso.
    « ... non so quanto sono d'accordo con questa affermazione. E' un animale stupefacente, senza dubbio, ma sta implicando che piú o meno qualsiasi animale percepisca allora una realtá "piú vera" della nostra solo perché hanno generalmente sensi piú sviluppati. Un cane ha un fiuto che gli permette di trovare vittime sotto la neve o addirittura diagnosticare malattie, ma comprende davvero il mondo che gli sta attorno meglio di un essere umano? Sará anche in grado di percepire di piú, ma non di capirlo. Piú che una realtá piú vera, direi semplicemente diversa. E' una differenza che trovo molto importante. » commentó, lapidario.
    « ...con l'esempio che ha fatto mi fa pensare che, secondo il suo ragionamento, io dovrei percepire una realtá "meno vera" di chiunque é in grado di vedere... come lo stesso succederebbe ad un sordo rispetto a chi é in grado di sentire... cosa che, perdoni la franchezza, troverei piuttosto offensivo. » il tono dell'uomo era rimasto pacato, aveva perfino incurvato le labbra in un sorriso istintivo mentre parlava, ma non era riuscito ad impedire ad una punta di freddezza di insinuarvisi.
    Era la prima volta che gli capitava durante uno di quegli eventi. Percepí la donna al suo fianco sussultare e si staccó di qualche passo da lei, restando ad ascoltare i suoi ragionamenti e movimenti. Il rumore del bastone che tastava di fronte a sé, qualche fruscio... stava esaminando la pianta. Le sue successive parole furono molto analitiche; aveva esaminato come poteva l'ambiente circostante, tratto le sue conclusioni e ora stava cercando una soluzione o modo per confermare la sua impressione.
    L'uomo restó in attesa, le mani sul bastone.
    « Interessante considerazione, quella sul poter fare male ad altri. » commentó. Anche quella era la prima volta che la sentiva; si, tecnicamente avrebbe potuto farlo, e la maggior parte delle persone si sarebbe anche mostrata comprensiva, ma ovviamente non voleva dire che aveva il diritto di andare in giro a menare bastonate a casaccio con la scusa di orientarsi.
    L'ultima considerazione della donna lo portó a riprendere parola, questa volta la freddezza nella voce ben piu accentuata. Normalmente, avrebbe guidato la persona e offerto la "soluzione" al dilemma, ma quell'ultima frase aveva fatto scattare qualcosa dentro di lui.
    « .. e come mai questo, signorina Allard? » chiese a voce bassa, girandosi di novanta gradi alla sua destra e tornando sui suoi passi. La donna avrebbe sentito la voce dell'uomo spostarsi prima dalla sua sinistra e poi alle sue spalle. Le stava girando attorno, a passo tranquillo, il bastone che puntualizzava ogni passo - ed ogni frase.
    « ... perché, anche se non puó vederle, saprebbe benissimo che i passanti la starebbero guardando con dispiacere? Con pietá, per l'avere difficoltá a fare una cosa cosí semplice? » scandí senza aspettare una risposta . Mentre parlava, udiva la sua stessa voce provenire da due direzioni diverse: la prima era ovviamente da sé stesso, la seconda dalla direzione che stava percependo Allard, grazie all'hari ancora a contatto con il braccio. Strinse piu forte il bastone impugnandone il pomello con una sola mano, mentre scorreva lungo la sua lunghezza con l'altra, la posa un pó simile ad un giocatore che impugna una mazza da biliardo... solo che, invece di puntarla contro il tavolo, la punta del bastone era puntata contro la schiena di Allard. « Per la cronaca, la sua intuizione é corretta. E' una pianta in vaso.»
    Una pausa.
    « Giacinti. »
    Non era vero, non ne aveva idea, ma non aveva importanza: rimase in attesa di una reazione da parte della donna a sentire improvvisamente quello che, se davvero era chi pensava fosse, era il suo nome in codice. Poteva controllare la sua voce, ma non le sue reazioni istintive. Il battito accellerato, un tremito, un sussulto di sorpresa... se avesse percepito una qualsiasi di queste reazioni dal contatto che aveva con lei, in quel momento avrebbe saputo.
    E in quel caso, avrebbe mosso un singolo passo in avanti insieme alle braccia, e il bastone sarebbe scattato in avanti con forza, in un affondo diretto contro la schiena della donna.
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    Robin Allard.

    La dote più importante per uno scienziato è la capacità di analizzare i fatti con una mente cristallina, senza lasciarsi influenzare da opinioni personali, pregiudizi e desideri. Senza inventare implicazioni dove non ce ne sono, come sta facendo invece il mio interlocutore.

    Così estenuante, comunicare. Mi sforzo sempre di scegliere termini più chiari possibili, di non lasciare spazio ad ambiguità, ma i miei ascoltatori ci tengono sempre a dare una loro interpretazione creativa delle mie parole. Mi sta praticamente dando ragione, il signor Toda, ma ha deciso di rigirare le mie parole nella maniera più crudele possibile - implicando che lo ritenga una persona limitata, inferiore, perché incapace di percepire quel che la stragrande maggioranza degli esseri umani riesce a vedere.
    Una realtà diversa, non meno vera, ci tiene a sottolineare. Oh, non sono disabile, sono diversamente abile.

    "Non ho mai implicato che animali con una visione più completa della realtà siano in grado di interpretarla. Io mi limito a studiarne le percezioni," ribatto stancamente, ben decisa a chiudere lì la conversazione.

    Sì, signor Toda, la sua realtà è meno vera del reale: ciò che percepisce è una parte molto limitata dell'enormità che la circonda. E non ci vedo nulla di offensivo, perché non è una fallacia personale o qualcosa che sminuisce quella dignità a cui voi umani tenete tanto: è solo una limitazione dei suoi sensori biologici. Così come i miei sensori sono al momento limitati, incapaci di percepire appieno la figura della pianta che mi si trova di fronte. Mi sta girando intorno mentre parla, il signor Toda, ed è una cosa che mi scombussola. È alla mia destra? Sinistra?

    "... perché, anche se non puó vederle, saprebbe benissimo che i passanti la starebbero guardando con dispiacere? Con pietá, per l'avere difficoltá a fare una cosa cosí semplice?"

    La sua voce sembra provenire da più direzioni. È questo corridoio a riecheggiare in maniera strana, o sono io a non essere in grado di ascoltare?
    Perlomeno nel buio non mi vedrà ruotare il capo qua e là come un uccellino confuso.

    "Beh, ovvio. Non è forse per questo che organizza eventi simili, signor Toda? Per portare gli altri a empatizzare con la sua condizione affinché realizzino che è un essere umano loro pari, e non un pietoso disabile?"

    Parole brusche, forse - ma il tono con cui lui mi si è rivolto è altrettanto freddo, ben poco adatto alla professionalità che mi aspetterei da una guida. Deve averlo veramente irritato, il mio discorso di prima.

    "Giacinti."

    O forse è qualcos'altro di me ad irritarlo, ed è una realizzazione che arriva insieme alla pressione di un bastone piantato contro la mia schiena.

    Rido.
    Non una risata a bocca aperta, ma un risolino che mi scuote le spalle, tutto campanelle e soddisfazione. Perché era anche ora che le bestie di Deep Void (e chi altro potrebbe essere, a volermi morta?) mi mandassero contro qualcuno. Iniziavo quasi a preoccuparmi.
    A temere che non mi considerassero più un problema.

    Sento il bastone premere contro la mia schiena, e semplicemente mi piego per evitarlo. E con "mi piego", intendo dire "il mio busto scompare perché mi sto piegando seguendo l'asse spaziale di una dimensione che non riuscite a vedere". Ma tanto chissenefrega delle descrizioni complicate, no? Siamo al buio. Tutto quello che Toda percepirà è una mancanza di pressione, il suo bastone che sprofonda nel nulla come se la persona di fronte a lui fosse appena scomparsa.
    Quel che io percepisco io invece è dolore, e il sussulto di una pallottola fantasma che mi preme contro il cuore.

    "Quindi il Nero Vuoto impiega ciechi tra le sue file, ora?"

    Parole pronunciate da qualcuno di fronte a lui, per confermare che sì, ci sono ancora, anche se il bastone è appena sprofondato nel vuoto dove prima c'era il mio busto.
    Piego la testa, torcendo il collo per far svanire il mio capo nel nulla e farlo riapparire due metri alle mie spalle, dietro il mio attaccante.

    "Così tematicamente appropriato," sibila la mia testa disgiunta.

    Sono arrugginita. Fanno male, tutte queste contorsioni, come muscoli che urlano dopo una spaccata fatta senza prima riscaldare le gambe. Ma questo e altro, pur di far pisciare sotto il signor Toda. Mi rimetto dritta, tornando ad essere una figura meramente tridimensionale, totalmente immobile di fronte a lui.
    Trattengo il respiro.

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    Sfruttando la mia capacità di muovermi in una quarta dimensione spaziale, sono in grado di effettuare movimenti del tutto impossibili per un normale essere umano. Agli occhi altrui, è come se io fossi in grado di "scomporre" il mio corpo - facendo sparire un braccio per poi farlo riapparire due metri più in là, ad esempio. Come se usassi un portale! Solo che in realtà non è un portale, mi sto solo piegando in maniera un po' strana.

    Posso applicare questo effetto ad un singolo arto (o la testa), facendolo riapparire in un punto a scelta fino a due metri di distanza dal resto del mio corpo: un singolo utilizzo equivale un singolo spostamento nello spazio. Utile per schivare colpi, o per raggiungere oggetti fuori dalla mia portata.

    Tecnica di scomposizione - 2 metri




    Avvisato in privato e in assenze della mia assenza, I'm back now.
     
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    Sentí il bastone premere contro la schiena della donna, poco sotto le scapole, ma dopo un attimo quella pressione svaní all'improvviso. Sbilanciatosi di colpo, dovette muovere un piede per sostenersi e non cadere in avanti mentre il bastone incontrava solo l'aria per poi affondare tra le foglie della pianta in vaso con un fruscio.
    Norio esitó, confuso. Era sicuro Allard fosse davanti a sé, aveva sentito il bastone premerle contro... si era sbagliato? Un attimo dopo udí la risata dell'altra, e il suo quirk gli trasmise una delle sensazioni piú aliene che avesse mai provato. La sensazione di essere... scomposto, spezzato, in piú punti contemporaneamente con lo stesso corpo. Non riusciva a capira cosa stesse provando, e l'unico modo con cui il suo corpo sapeva reagire a quell'impulso era un'intensa ondata di nausea e vertigini. Barcolló, ritirando il bastone e posandolo nuovamente a terra per appoggiarcisi con forza, il respiro pesante mentre si sforzava di ricacciare il sapore di bile che gli era risalito dallo stomaco. Cosa era successo? Cosa aveva fatto l'altra?
    Si lasció sfuggire un gemito di dolore e posó istintivamente la mano libera sul petto ad un nuovo impulso doloroso ricevuto dall'altra -non l'aveva colpita al petto, perché le doleva? Non poteva essere un vecchio livido, non aveva sentito nulla, poco prima -, poi sussultó quando sentí improvvisamente la voce di Allard ora alle sue spalle, resistendo all'impulso istintivo - e inutile per lui - di girarsi a "guardare".
    Era davanti a lui fino ad un attimo fa... era un quirk di teletrasporto?
    Altri piccoli aghi luminosi uscirono dal suo corpo e si allargarono alle sue spalle, cercando il bersaglio, poi iniziarono a vorticare tutt'attorno a lui mentre l'uomo cercava di capire cosa era successo.
    Almeno aveva la conferma che era davvero lei, le sue parole gliene avevano dato la certezza.
    « Appropriato davvero, non trova?» si ritrovó a ridacchiare in risposta, le labbra stirate in un sorriso teso. Se aveva risposto con la prima cosa che gli veniva in mente era per un solo motivo.
    « Chi puó muovercisi meglio di chi ci vive?»
    Continuó a parlare, prestando attenzione al suono della sua voce... dal punto di vista di Allard.
    Se si era teletrasportata o davvero spostata dietro di lui... perché per Allard la voce dell'uomo veniva da dietro di lei?
    "É ancora li."
    Poteva non sapere come interpretare alcuni segnali delle persone che toccava, ma il suo quirk non poteva mentirgli.
    Aveva cercato di confonderlo?
    Carina
    Un altro colpo di bastone, questa volta una spazzata orizzontale reggendolo con entrambe le mani, sarebbe partito fulmineo verso il fianco destro della donna.
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    Immagino a questo punto vi aspettaste una massima sulla percezione del dolore, sul buio, o sulla natura fragile delle relazioni umane. Il fatto è che qualcuno mi ha appena tirato una bastonata sulle costole, e persino io fatico a filosofeggiare in un contesto simile.

    "Putain!"

    La mia prima reazione, dopo l'imprecare e il recuperare il fiato, è quella di ruotare il fianco, cercando di afferrare il bastone che mi ha colpito. Se potessi vedere sarebbe così facile neutralizzare quell'arma improvvisata, facendola scivolare in una piega dello spazio con un semplice tocco delle dita. Invece eccomi qui ad agitare un braccio alla cieca (ha, ha) dietro di me, contorcendomi e digrignando i denti per il dolore. Un gesto stupido, inefficiente e lento, ma che mi fa realizzare una cosa:
    il dolore di una bastonata alle costole non è quello di una coltellata.

    "...Non sei qui per uccidermi o l'avresti già fatto."

    Sarebbe stato così facile per questo sgherro di Deep Void puntarmi un coltello alla gola, o replicare il gesto del suo collega che mi sparò al cuore. Se ancora sono viva, significa che è veramente cieco e non possiede armi o Quirk offensivi - o almeno non è intenzionato ad usarli.

    Digrigno i denti e mi spingo in avanti, buttandomi contro il vaso. Tasto il bordo con la mano libera e corro dal lato opposto, tenendo la testa bassa per evitare di prendermi un ramo in faccia. Una difesa così miserabile, questo vaso frapposto tra me e... Un uomo cieco.
    Tutta questa situazione è ridicola.

    "Cosa vuoi da me?"

    Perché attaccarmi, per mandare un messaggio? Intimidirmi? Testarmi? Cercare di scoprire come funziona il mio Quirk?
    Se la mia ultima ipotesi è quella corretta, ho già mostrato fin troppo... Anche se da una parte sarei curiosa di spedirlo in uno spazio quadrimensionale con uno spintone, giusto per studiarne le reazioni. Farmi raccontare cosa riuscirebbe a percepire.
    Il progresso scientifico non si ferma davanti al pericolo.

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    Questa volta la bastonata andó inconfondibilmente a segno, confermato anche dall'imprecazione (era francese, supponeva?) della donna. E la breve fitta di dolore che percepí improvvisamente al fianco destro. Trattenendo una smorfia, subito dopo la bastonata avrebbe ritirato il braccio e poggiato nuovamente il bastone a terra al suo fianco, proprio per evitare che l'altra glielo afferrasse. Per quanto... inconveniente, doveva ammettere che percepire anche il dolore altrui con il suo quirk lo aiutava a capire se un suo colpo era andato effettivamente a segno. Dopo quel gesto restó fermo, all'erta, i rumori simulati del traffico cittadino che continuavano a risuonare attorno a loro anche se nessuno dei due ci stava piú prestando attenzione. La sua preoccupazione piú grande era che l'altra potesse spostarsi di nuovo improvvisamente alle sue spalle come aveva fatto poco prima.
    Alla considerazione dell'altra restó un attimo in silenzio. Doveva misurare attentantemente le parole, ma voleva anche cercare di raccogliere piú informazioni possibili su di lei. Nel suo caso, la cosa non era esattamente facile: non poteva nemmeno descrivere l'aspetto fisico di una persona, perció doveva cercare di raccogliere informazioni su qualsiasi altra cosa; capire il suo Quirk, qualcosa che si era lasciata sfuggire, perfino le sensazioni che riceveva da lei, doveva prestarvi la massima attenzione. C'era qualcosa che poteva carpire da quei piccoli impulsi?
    ... oltre ai flash di dolore che gli arrivavano al fianco destro.
    Allard non aveva torto, e un attimo dopo la sentí muoversi in avanti, accompagnata da un frusciare di foglie. Stava cercando di allontanarsi, anche se la cosa lo lasció un attimo perplesso. Se il suo quirk era davvero un qualche tipo di teletrasporto o di movimento rapido, perché non aggirare direttamente quel vaso? Aveva qualche regola? Un limite di tempo o di utilizzo? Con i quirk le possibilitá erano cosí ampie che cercare di indovinare era quantomeno futile.
    « Mi piace raccogliere informazioni sui fiori rispose, pacato, mentre a passi lenti iniziava a sua volta ad aggirare il vaso, tenendosi peró a debita distanza per il momento. Voleva prima studiare la reazione dell'altra. Gli hari si allargarono tutt'attorno a lui alla distanza massima che riuscivano a raggiungere, in cerca del loro obiettivo dopo che era momentaneamente uscita dal suo raggio d'azione girando attorno alla pianta in vaso.
    « Come crescono, dove, le loro caratteristiche...» la sua era piú che altro una provocazione: poteva indurla a pensare che avesse giá molte piú informazioni su di loro e farsi sfuggire qualcosa? Impaurirla?
    « Anche se ahimé, Tokyo non é nella situazione migliore per approfondire questo mio hobby al momento, non con tutto questo gas in giro.»
    45 y/o | PIANIST | SCHEDA
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    Tecniche, Equipaggiamento & Status
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    • Status: Illeso.
    • Tecniche usate:
    ⢃⠼/Hari [Livello 1] [15 + 5 mantenimento]
    L'uso più basilare del quirk. Vengono evocati un gran numero di piccoli costrutti a forma di aghi sottili che vengono inviati tutt'attorno all'utilizzatore, a raggio, ad una altezza di circa un metro e mezzo dal suolo fino ad un massimo di tre metri di distanza. Quando incontrano un bersaglio gli aghi ritrasmettono le sensazioni fisiche provate dal bersaglio all'utilizzatore sotto forma di impulso nervoso, permettendendo in particolare all'utilizzatore di "vedere" per un istante attraverso gli occhi del bersaglio. Sono altrimenti assolutamente innocui ed indolori.
    Effetto: //
    Raggio: Tecnica ad area (360°), 3 metri

    • Energia: 150- 5 = 145
    • Forza: 40
    • Quirk: 74
    • Agilitá: 36

    • Equipaggiamenti:
    - White Cane
     
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    And if I show you my dark side
    will you still hold me tonight?

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    Robin Allard.

    Il moderno essere umano si è ormai abituato alla banalità del buio.
    L'oscurità è qualcosa che intimorisce solo i bambini; un vecchio spauracchio associato nelle storie alle forze del Male per pura tradizione. La luce elettrica ha permesso all'umanità di colonizzare il reame della notte, dimostrando che stare svegli in mancanza di sole non è poi così spaventoso - soprattutto non a Tokyo, città dove cartelloni pubblicitari e lampade al neon risplendono con fierezza 24 ore al giorno.
    Ma in questo momento, inizio a capire perché i miei lontani antenati avessero tanta paura del buio. Uomini delle caverne che si rannicchiano tremando intorno a un fuoco, circondati da rumori misteriosi e bestie che si annidano tra le ombre.
    Anche se la bestia, nel mio caso, è un tizio cieco armato di bastone.

    "Mi piace raccogliere informazioni sui fiori. Come crescono, dove, le loro caratteristiche..."

    "Ma non come sono fatti," mormoro. "Peccato non possa vedermi, sono molto bella."

    Un commento fatto così, tanto per guadagnare tempo. Confonderlo. Bella è un'aggettivo che verrebbe istintivo associare ad una figura più femminea della mia, dai capelli più lunghi e dalle fattezze più delicate. Magari è la volta buona che qualche sicario confonde Moumoku per me, così ce la leviamo di torno. O Shion. Lui sì che è una bella ragazza.

    Il signor Toda è qui per raccogliere informazioni, dice; ma il cieco è una macchina imperfetta, dai sensori ancora più limitati di quelli di un normale essere umano. Sarebbe semplice chiudermi a riccio, rifiutando di rivelare altri dettagli su me o sul mio Quirk.
    Ma mi è venuta un'idea.

    "Ha mai letto - no, ascoltato - Il Giorno dei Trifidi, di John Wyndham?"

    Se il mio avversario la smetterà di girare intorno al vaso, allora mi fermerò anch'io per parlare. In caso contrario, continueremo a fare girotondo, e io continuerò a sentirmi estremamente stupida.
    Devo tenere il conto dei giri, per non perdere l'orientamento. Quanto sarà largo, questo tunnel? Potrei capirlo dal modo in cui la mia voce riecheggia, forse, tra le pareti, ma la traccia sonora coi finti rumori del traffico confonde le mie orecchie e il mio pensiero.

    "È un romanzo di fantascienza in cui gran parte dell'umanità, diventata cieca dopo un evento misterioso, deve cercare di sopravvivere a un'invasione di piante carnivore semoventi.
    I trifidi sono piante che camminano utilizzando le loro radici come se fossero lunghe...
    "

    Inizio a piegarmi in quel modo che mi è difficile da spiegare, separando le mie gambe dal resto del corpo. Anziché far scomparire una parte del corpo per poi farla ricomparire all'improvviso come prima, però, muovo le mie gambe in maniera graduale, facendole camminare sempre più lontane mentre il resto del mio corpo rimane fermo, cercando di dare l'impressione che i miei arti si stiano allungando.
    Anziché nascondere la mia natura al signor Toda, voglio cercare di fornirgli informazioni sbagliate.

    "...lunghe, lunghe..."

    Poggio il bastone a terra e, senza volerlo, mi trovo a stringere il bordo del vaso con la mano libera.
    Non ho veramente bisogno di quel supporto per restare in piedi: le mie gambe rimangono connesse al mio corpo, anche se agli occhi di un comune essere umano appaiono staccate dal busto. Ma non sono più abituata a queste sensazioni; alla discrepanza tra quello che so, e quelle parti schifosamente umane del mio cervello che insistono che ciò non sia possibile.

    "...lunghe gambe," concludo, tenendo alta la voce per confermare al mio nemico che sì, la mia testa è ancora davanti a lui anche se le mie gambe sono a due metri di distanza.
    Un paio di secondi per studiare la sua reazione.
    Poi ricompongo il mio corpo e mi metto a correre verso quella che spero sia la direzione della porta, il bastone stretto contro il petto.

    Robin Allard • Villain • Eden's Thorn • Livello 2 •


    Tecniche, Equipaggiamento & Status
    Forza 35 | Quirk 30 | Agilità 10 | ©
    • Status: Danni lievi al fianco.
    • Energia: 40/100
    • Equipaggiamenti: //

    Donna tagliata a metà [Livello 1] [15 PE] x 2 (una volta per gamba)
    Sfruttando la mia capacità di muovermi in una quarta dimensione spaziale, sono in grado di effettuare movimenti del tutto impossibili per un normale essere umano. Agli occhi altrui, è come se io fossi in grado di "scomporre" il mio corpo - facendo sparire un braccio per poi farlo riapparire due metri più in là, ad esempio. Come se usassi un portale! Solo che in realtà non è un portale, mi sto solo piegando in maniera un po' strana.

    Posso applicare questo effetto ad un singolo arto (o la testa), facendolo riapparire in un punto a scelta fino a due metri di distanza dal resto del mio corpo: un singolo utilizzo equivale un singolo spostamento nello spazio. Utile per schivare colpi, o per raggiungere oggetti fuori dalla mia portata.

    Tecnica di scomposizione - 2 metri



    Edit rapido perché Sis mi ha fatto notare che erano due post che non menzionavo il bastone che Robin teoricamente ha ancora in mano.


    Edited by Whatnot - 21/7/2021, 16:47
     
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    Per un attimo si chiese come dovesse apparire quella scena a qualcuno di esterno, se quella stanza non fosse stata completamente immersa nel buio. Due persone impegnate a girare attorno ad un vaso con aria minacciosa, scambiandosi frasi sui fiori in tono serissimo... forse ne avrebbe concluso che c'era una qualche competizione agguerrita tra fioristi in corso, o qualcosa del genere.
    « Ne sono sicuro, ma lascerò il giudizio ad altri meglio equipaggiati di me per farlo... giudico la bellezza secondo altri canoni.» ribatte', pacato.
    Le sue parole successive lo lasciarono un attimo perplesso. A cosa voleva arrivare...? Perché quel cambio di argomento improvviso?
    « Non ne ho avuto il piacere, ma me lo segnero' »
    Ah no giusto, Shinjuku e la libreria Braille erano fuori uso a causa del gas. Avrebbe dovuto aspettare... magari ne esistevano audiolibri online da acquistare. Continuò a muoversi a passo sicuro, la mano che non reggeva il bastone a sfiorare il fogliame per ripararsi dai rami, mentre alcuni hari continuavano a girare cautamente attorno a lui, come un piccolo sciame di insetti che stava cercando di aggirare insieme un ostacolo per percepire il loro obiettivo.
    Allard continuò a parlare, e gli aghi gli inviarono un'altra sensazione incomprensibile: una nuova ondata di nausea lo assalí e l'uomo si sforzo' di reprimere un conato di vomito dissimulandolo con un colpo di tosse. Inghiotti' con il sapore della bile in bocca, cercando di trovare un senso in ciò che stava provando: la voce di Allard era inconfondibilmente vicina a lui, appena dall'altro lato del vaso, ma aveva sia sentito che percepito le sue gambe muoversi, allontanarsi... cosa stava facendo? Forse non era un quirk di teletrasporto, ma uno di allungamento degli arti...? Quello avrebbe effettivamente spiegato anche il fenomeno di prima, se aveva... allungato il collo fino a farlo girare attimo a lui, avrebbe potuto benissimo parlargli alle spalle mentre restava di fatto davanti a lui. Gli sembrava strano che non facesse il minimo rumore, ma con i quirk tutto era possibile... e la nausea che provava poteva essere il suo corpo che non sapeva come elaborare qualcosa che non era fisicamente in grado di fare.
    Venne brutalmente strappato a quelle riflessioni dal rumore di Allard che aveva iniziato a correre; non sentiva il bastone per terra, quindi lo stava probabilmente tenendo in mano. Per chi non ci era abituato, doveva essere più un impiccio che altro, o istintivamente non aveva pensato ad usarlo.
    ... il rumore però lo confuse di nuovo, se aveva davvero allungato le gambe perché il rumore dei passi era iniziata di nuovo da così vicino...?
    Lasciò perdere le riflessioni sul quirk dell'altra a dopo; con una mano a sfiorare i rami girò rapidamente attorno al vaso. Doveva innanzitutto fermarla, soprattutto se stava cercando di fuggire verso l'esterno. Si lanciò in una breve corsa di qualche passo, puntando solo a chiudere la distanza tra loro due. Contemporaneamente attorno al suo corpo gli hari si radunarono a formare tre grandi frecce che lanciò tutt'attorno a lui. Una dritto davanti a lui seguendo la sua mano tesa, le altre due a destra e sinistra di 90' da quella centrale.
    Gambe estremamente lunghe o meno, non avrebbe potuto correre se riusciva a paralizzargliele come aveva fatto in passato contro Haru.
    45 y/o | PIANIST | SCHEDA
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    Tecniche, Equipaggiamento & Status
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    • Status: Illeso.
    • Tecniche usate:
    ⢃⠼/Hari [Livello 1] [15 + 5 mantenimento]
    L'uso più basilare del quirk. Vengono evocati un gran numero di piccoli costrutti a forma di aghi sottili che vengono inviati tutt'attorno all'utilizzatore, a raggio, ad una altezza di circa un metro e mezzo dal suolo fino ad un massimo di tre metri di distanza. Quando incontrano un bersaglio gli aghi ritrasmettono le sensazioni fisiche provate dal bersaglio all'utilizzatore sotto forma di impulso nervoso, permettendendo in particolare all'utilizzatore di "vedere" per un istante attraverso gli occhi del bersaglio. Sono altrimenti assolutamente innocui ed indolori.
    Effetto: //
    Raggio: Tecnica ad area (360°), 3 metri

    ⣑⠊/Yumi [Livello 1] [20]
    Vengono generate tre grandi frecce e lanciate in tre direzioni diverse: generalmente una davanti all'utilizzatore, una alla sua sinistra, una alla sua destra. Nel colpire un bersaglio infliggono una fortissima sensazione di formicolio alla zona/arto colpito, simile in tutto e per tutto a quella che si prova quando un arto si "addormenta", rendendolo insensibile e difficile da muovere. E sì, ovviamente può accidentalmente colpire alleati se non fa attenzione. Però ha la scusa perfetta,"non ti ho visto"!
    Effetto: Paralisi (2 turni)
    Raggio: Tecnica di status, 1,5 metri

    • Energia: 145 - 5 - 20= 120
    • Forza: 40
    • Quirk: 74
    • Agilitá: 36

    • Equipaggiamenti:
    - White Cane

    Inviato tramite ForumFree Mobile

     
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